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Cassazione: reato i maltrattamenti della maestra che influiscono sullo sviluppo dei bambini
Per la Cassazione, le condotte delle educatrici vanno valutate anche in relazione alla loro concreta
incidenza sullo sviluppo psicofisico dei minori.
di Lucia Izzo –
Nell'esaminare la vicenda che vede l'educatrice imputata per maltrattamenti in danno dei bambini,
poiché trattasi di soggetti particolarmente vulnerabili, il giudice non dovrà valutare solo il profilo
strettamente "naturalistico-fenomenico" delle condotte, ma anche vagliare accuratamente la concreta
incidenza di tali comportamenti sullo sviluppo fisico-psichico di soggetti bisognosi di cure attente.
1. La vicenda
2. Maltrattamenti: va valutata la concreta incidenza sullo sviluppo psicofisico dei bambini
3. Rinnovazione delle prove dichiarative decisive
La vicenda
Tanto emerge dalla sentenza n. 19931/2019 (qui sotto allegata) della Cassazione, con cui la sesta
sezione penale ha accolto il ricorso di due educatrici di un asilo nido di Sanremo. Le due, dal 2014 al
centro di un presunto caso di maltrattamenti nei confronti di minori ospiti della struttura, erano state
ritenute colpevoli dal giudice di seconde cure, contrariamente a quanto stabilito in primo grado.
Il giudice del gravame aveva valutato la loro responsabilità penale alla luce di una serie di elementi,
quali le dichiarazioni di alcuni genitori e supplenti, le risultanze delle videoriprese effettuate per due
mesi all'interno dell'asilo, nonché dei contributi forniti dai consulenti tecnici e dal nominato perito. Da
qui la conclusione che le imputate, in danno dei minori ospitati nella struttura, avevano tenuto
reiteratamente condotte mortificanti, qualificabili come violenza psicologica e fisica.
In Cassazione, le due contestano la decisione della Corte territoriale, in particolare ritenendo un
travisamento della prova e una mancanza di motivazione rafforzata. Si ritiene che i giudici abbiano dato
rilievo a condotte prive di valenza maltrattante e non continuative.
Maltrattamenti: va valutata la concreta incidenza sullo sviluppo psicofisico dei bambini
Ricorso che trova accoglimento da parte degli Ermellini i quali premettono che, essendo le due imputate
per un reato commesso nella loro qualità di educatrici nei confronti di bambini dell'asilo nido, ha
formato oggetto di analisi l'idoneità, sotto il profilo pedagogico educativo, dei loro comportamenti, la
configurabilità o meno di forme di violenza psicologica o fisica e la ravvisabilità o meno di
comportamenti tali da infliggere ai bimbi una serie continuativa di umiliazioni e sofferenze, così da
integrare il delitto contestato.
I giudici rilevano come, venendo in rilievo soggetti particolarmente vulnerabili, l'approccio
interpretativo dovesse implicare la necessità che le condotte fossero valutate non solo sotto il profilo
strettamente naturalistico-fenomenico, ma anche in relazione alla loro concreta incidenza sullo
sviluppo fisico-psichico di soggetti bisognosi di cure attente, a fronte di quanto sancito anche a livello
internazionale da convenzioni e protocolli (si richiama, fra l'altro, la Convenzione O.N.U. sui diritti del
fanciullo).
Da qui, dunque, deriva l'accoglimento dei ricorsi delle due donne essendosi i giudici di merito limitati a
fornire una lettura differente del materiale probatorio e a formulare una diversa valutazione
sull'attendibilità di alcuni testi e sulle dichiarazioni del perito e dei consulenti.
Rinnovazione delle prove dichiarative decisive
Poichè le educatrici erano state assolte in primo grado, per insussistenza del fatto, la riforma in
appello avrebbe reso necessaria la previa rinnovazione delle prove dichiarative decisive, in ossequio al
principio per cui la penale responsabilità deve essere sancita oltre ogni ragionevole dubbio, dovendosi
dunque a tal fine osservarsi il canone epistemiologicamente più affidabile, rappresentato
dall'escussione della fonte di prova nel contraddittorio tra le parti (cfr. Cass. Sez. U. n. 27620/2016).
Decisive, spiega la Corte, sono quelle prove che "sulla base della sentenza di primo grado, hanno
determinato, o anche soltanto contribuito a determinare, l'assoluzione e che, pur in presenza di altre
fonti probatorie di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano
potenzialmente idonee ad incidere sull'esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo
giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell'appellante, rilevanti - da sole o
insieme ad altri elementi di prova - ai fini dell'esito della condanna".
In sostanza, i giudici di secondo grado avrebbero dovuto rinnovare l'assunzione in contraddittorio di
una serie di prove decisive su cui hanno fondato il proprio giudizio, ovvero le dichiarazioni di alcuni testi
e le risultanze dei periti e consulenti tecnici. Da qui la decisione di annullare il verdetto di condanna e di
rinviare alla Corte d'Appello per una nuova decisione che dovrà essere adottata previa rinnovazione
dell'istruttoria dibattimentale.
Scarica pdf Cass., VI pen., sent. n. 19931/2019
( da www.studiocataldi.it )
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