capitolo vi - elettrotecnica · immaginiamo ora di trovare un insieme di grandezze, ... anche...

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I r egimi sinusoidali Siamo dunque alla ricerca di una tecnica che ci con- senta di semplificar e le operazioni sulle grandezze sinu- soidali. Osser viamo che nelle equazioni relative alla LKC ed alla LKT intervengono essenzialmente le seguenti operazioni: a) moltiplicazione per una costante, come nella caratteristica di un resistore. b) somma, come nella somma dei vari termini in una equazione. c) derivata, come nelle caratteristiche di induttori e condensatori. Immaginiamo ora di tr ovare un insieme di grandezze, che chiamer emo insieme delle - mentre chiamere- mo "a" l'insieme delle funzioni sinusoidali di pulsazio- ne - e supponiamo che esista una cor rispondenza biu - nivoca che metta in relazione ogni elemento di a con uno di . Supponiamo anche che tale corrisponden - za conservi le operazioni che abbiamo in pr ecedenza elencato; con questa affer mazione intendiamo che se il "A" "A" Capitolo VI

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Page 1: Capitolo VI - Elettrotecnica · Immaginiamo ora di trovare un insieme di grandezze, ... Anche l'ammettenza è dunque un numer o complesso la ... Proviamo ad applicare il metodo dei

I regimi sinusoidali

Siamo dunque alla ricerca di una tecnica che ci con-senta di semplificar e le operazioni sulle grandezze sinu-soidali. Osser viamo che nelle equazioni relative allaLKC ed alla LKT intervengono essenzialmente leseguenti operazioni:

a) moltiplicazione per una costante, come nellacaratteristica di un resistore.

b) somma, come nella somma dei vari termini in unaequazione.

c) derivata, come nelle caratteristiche di induttori econdensatori.

Immaginiamo ora di trovare un insieme di grandezze,che chiamer emo insieme delle - mentre chiamere-mo "a" l'insieme delle funzioni sinusoidali di pulsazio-ne - e supponiamo che esista una corrispondenza biu -nivoca che metta in relazione ogni elemento di a conuno di . Supponiamo anche che tale corrisponden-za conservi le operazioni che abbiamo in precedenzaelencato; con questa affermazione intendiamo che se il

"A"

"A"

Capitolo VI

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risultato di una determinata operazione - per esempiola somma - fatta su elementi di "a" è un certo elemen-to c, cioè:

e se il risultato della operazione corrispondente - sim-bolo - fatta sugli elementi corrispondenti di è

:

allora risulta anche che è l’elemento associato a cnella corrispondenza in esame. Dunque, se esiste untale insieme ed una tale applicazione, e se operaresu risulta più agevole che operare su "a", si potràin ogni caso trasformare tutte le grandezze di "a" nellecorrispondenti di , operare su queste e, una voltaottenuto il risultato, ritornar e in "a" mediante l'appli-cazione inversa.Orbene, facciamo vedere che l’insieme di tutte le fun-zioni complesse di variabile reale del tipo Ae j( t+ ) è unpossibile candidato insieme . Infatti, dato che ognielemento di "a" del tipo a(t) = AM sen ( t + ) dipen-de da tre parametri, e precisamente AM, ed , e chelo stesso accade per ogni elemento di (perché

= Aej( t+ ) ), è evidente che tra gli insiemi "a" edescritti esiste una corrispondenza biunivoca se ad

ogni valore AM facciamo corrispondere un opportunovalore A. Naturalmente la scelta più immediata sareb-be di porre A = AM. Per motivi che saranno chiari inseguito, si preferisce porre A = AM/ , cioè pari alvalore efficace della corrispondente grandezza sinusoi-dale invece che al suo valore massimo.Notiamo che, per la formula di Eulero,

si può affermare che l'applicazione introdotta fa corri-

Aej t + = A cos t+ + j A sen t+ ,

A = AM 2

"A"A

"A"

"A"

"A"

"A""A"

C

A B = C,

C"A"

a + b = c ,

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spondere ad ogni elemento di un elemento di "a"che, a meno del fattore , coincide con il coefficientedella parte immaginaria di .Che una tale applicazione conservi le operazioni cheabbiamo elencato in precedenza, è cosa semplice dadimostrare. Per quanto riguarda la somma e la molti-plicazione per una costante, il fatto è di per sé eviden-te. Per quel che riguarda l'operazione di derivazione,notiamo che:

Anche in questo caso, quindi, il coefficiente della deri-vata è, sempre a meno del fattore , uguale alla deri-vata dell'elemento di partenza, a(t) = AM sen ( t + ).È facile verificare, invece, che l'operazione di prodotto,come è usualmente definita nei due insiemi in esame,non viene conservata dall'applicazione introdotta. Si hainfatti:

Il coefficiente dell'immaginario dell'espressione trova-ta non coincide con il prodotto delle due funzioni sinu-soidali cor rispondenti.In conclusione in regime sinusoidale si può così opera-re: in primo luogo si trasformano tutte le grandezze -tensioni e correnti che variano con legge sinusoidale -nelle corrispondenti funzioni complesse del tipoAej( t+ ); d'ora in poi useremo il termine fasori per taligrandezze e conserveremo il simbolo per indicarle.Successivamente si scrivono le equazioni che rappre-sentano le condizioni imposte dalla LKC e dalla LKT,tenendo conto delle caratteristiche dei singoli bipoli -

A

Aej t + Bej t + = AB ej 2 t + + == AB cos 2 t + + + j sen 2 t + + .

2

ddt

Aej t + = j Aej t + = = j A cos t+ - AM sen t+ .

A2

"A"

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espresse in termini di fasori - e ricordando che ognioperazione di derivazione equivale ad una moltiplica-zione per j . Così facendo le equazioni differenziali sitrasfor mano in equazioni algebriche ed è, dunque, sem-plice risolverle, ricavando i fasori rappresentativi dellegrandezze incognite. A questo punto si può ritornarealle funzioni sinusoidali e determinare le grandezzeincognite nel dominio del tempo.Proviamo ad applicare questo metodo al circuito RLserie già risolto in precedenza. L'equazione all'unicamaglia presente si scrive

da cui si ricava immediatamente:

Il modulo del numero complesso rappresentativo dellacorrente è, dunque, il rapporto tra i moduli

e la sua fase è la differenza tra le fasi del numeratore edel denominatore:

Il che è in perfetto accordo, se si tiene conto della rela-zione tra valor massimo e valor efficace di una funzio-ne sinusoidale, con i risultati già trovati.Come si vede, la tecnica che abbiamo costruito sempli-fica notevolmente tutte le operazioni. In pratica, per uncircuito in regime sinusoidale, basterà scrivere diretta-mente le equazioni relative alla LKC ed alla LKT in ter-mini di fasori, esprimendo anche le caratteristiche deibipoli presenti nella rete come relazioni tra fasori.In particolare, per il resistore, v=Ri si trasforma in:

= arctg LR

.

I = ER2 + L 2

, (VI.3)

I = ER + j L

. (VI.2)

E = RI + j L I , (VI.1)

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per l'induttore, v=Ldi/dt si trasforma in:

per il condensatore, i C dv/dt si trasforma in:

Il rapporto tra i due fasori rappresentativi della tensio-ne e della corrente prende il nome di impedenza everrà indicato d'ora in poi con il simbolo :

L'impedenza è dunque un numero complesso; la suaparte reale conserva il nome di resistenza, mentre ilcoefficiente della parte immaginaria è detto reattanza.Si noti che, coerentemente alle definizioni date, si puòaffermare che l'impedenza caratteristica di un indutto-re è pari a jX=j L e che la sua r eattanza è X= L, posi-tiva per definizione. Un condensatore invece presen-terà una impedenza -jX=-j/ C, ed una re a t t a n z aX=1/ C. Infine chiameremo ammettenza l'inversodi una impedenza. In questo caso:

Anche l'ammettenza è dunque un numero complesso lacui parte reale è una conduttanza mentre il coefficien-te dell'immaginario prende il nome di suscettanza.Come tutti i numeri complessi, anche l'impedenza el'ammettenza possono essere rappresentate in formapolare,

Si ha, quindi:

Z = Z ej ; Y = Y e- j ,

Y = 1R + j X

= R

R2 + X2 - j X

R2 + X2. (VI.4)

Y

Z

Z = R + j X . (VI.3)

Z

I = j C V .

V = j L I ;

V = R I ;

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La corrente i(t) è dunque sfasata di un angolo - rispetto alla tensione e(t), dove è l'angolo di fase del-l'impedenza. Osserviamo che, nella equazione (VI.1),sia il fasore rappresentativo della tensione, a primomembro, che il fasore rappresentativo della corrente,presente a secondo membro, contengono come fattoreil termine ej t; tale fattore è dunque inessenziale e puòessere eliminato. È evidente che ciò si verifica in ogniequazione scritta in termini fasoriali. In pratica questascelta equivale a utilizzare, come grandezze simbolicherappresentative delle funzioni sinusoidali, numeri com-plessi del tipo Eej e non funzioni complesse del tipoEej( t+ ). Il fattore ej t è comune a tutti i termini.Sarebbe giusto riservare simboli diversi per le grandez-ze Eej( t+ ) ed Eej , ma in pratica si è soliti utilizzare lostesso simbolo per le due grandezze, dato che il conte-sto, in generale, chiarisce l'oggetto del discorso. Ilsenso di questa scelta sarà ancora più chiaro quando sii n t ro d u r rà una rappresentazione grafica dei fasori.Questa lunga introduzione al metodo simbolico puòsembrare un po' eccessiva, data la semplicità dell'argo-mento. Essa ha un unico scopo: mettere bene in evi-denza che l'insieme delle "a" e quello delle sonodue insiemi completamente distinti, ognuno dei qualipuò essere usato per rappresentare l'altro. Non è lecitoperò mescolare elementi dei due insiemi; non è lecito,per esempio, sommare una funzione sinusoidalea = a(t) ed un fasore rappresentativo = A ej( t+ )!

Esercizi

Per l'esercizio proposto precedentemente, le equazioni

A

"A"

I = Eej t +

Z ej = E

Z ej t + - .

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alle maglie forniscono:

Mentre l'equazione ad uno dei due nodi è:

Con facili passaggi si ricava l'unica equazione:

L'altro esercizio proposto richiede di calcolare le reat-tanze di alcuni bipoli assegnati. Notare il ruolo giocatodalla frequenza angolare: al suo aumentare la reattanzadell'induttore aumenta mentre quella del condensatorediminuisce in valore assoluto.

Il circuito RLC con forzamento sinusoidale

Proviamo ad applicare il metodo dei fasori per calcola-re la soluzione di regime in un caso più complesso: ilcircuito RLC serie con forzamento costante.La soluzione dell'omogenea associata è già nota; limi-tiamoci quindi a calcolare la soluzione a regime con ilmetodo dei fasori. L'equazione alla maglia è:

Si ricava immediatamente:

Da cui:

Vc = - j 1C

I = - j 1

C E

R + j L - j 1C

. (VI.7)

I = ER + j L - j 1

C . (VI.6)

E = RI + j LI - j 1C

I. (VI.5)

ERCL

= d2iLdt2

+ 1RC

diLdt

+ iLCL

.

i = ic + iL.

E = vL + vR ; vL = vc.

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Ricordando che

la VI.7 può anche essere scritta:

dove è la fase iniziale del generatore di f.e.m. e ,

è l'angolo di sfasamento tra la tensione del generatoree la corrente:

In conclusione abbiamo:

Dove

e:

Aggiungendo questa soluzione di regime all'integralegenerale della omogenea associata, si ottiene l'integralegenerale della equazione completa.Anche in questo caso abbiamo i tre regimi caratteristi-ci del circuito RLC, sopracritico, critico e subcritico:

vc(t) = k1e t+k2te t+ 2Vc sen t + . (VI.15)

vc(t) = k1e 1t+k2e 2t+ 2Vcsen t + . (VI.14)

= - - 2 . (VI.13)

Vc = 1C

E

R2 + L - 1C

2 , (VI.12)

vcp(t) = 2 Vc sen t + . (VI.11)

i(t) = IMsen t+ - = 2Isen t+ - . (VI.10)

=arctg L - 1

CR

, (VI.9)

Vc = 1C

E ej t + - - 2

R2 + L - 1

C

2

, (VI.8)

- j = e- j 2,

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Nelle immagini a lato sono mostrati alcuni tipici anda-menti.Naturalmente, per determinare la soluzione del parti-colare problema in esame, occorre imporre le condi-zioni iniziali e determinare le costanti di integrazione.Per il caso subcritico, per esempio, con facili passaggisi ha:

Dalle (VI.17) si ricavano i valori di k e .Si osservi ancora una volta che le condizioni inizialivanno imposte all' integrale generale dell'equazionecompleta, e non a quello dell'omogenea associata,anche se, e questo può indurre in errore, le costanti dadeterminare sono tutte contenute in quest'ultimo.Le formulazioni (VI.14),(VI.15) e (VI.16) della soluzio-ne sono tutte del tipo “termine transitorio + termine diregime”; come abbiamo visto non è questo l'unicopunto di vista dal quale guardare a tali espressioni.Infatti, dalla (VI.17) si vede che le costanti k e nondipendono soltanto dalle condizioni iniziali, ma anchedal forzamento e(t), attraverso ed E, che è contenutoin Vc (vedi la VI.12). Si può quindi guardare alla solu-zione (VI.16) immaginando di separare il termine chedipende esclusivamente dalle particolari condizioni ini-ziali da quello che dipende dal forzamento e che sareb-be nullo in sua assenza. Ma, a differenza del casodiscusso nel capitolo V, questa volta una tale separazio-ne non è immediata. Che essa sia sempre possibile, incondizioni di linearità, lo assicura, però, il principio disovrapposizione degli ef fetti. Infatti, possiamo immagi-

V0 = ksen - 2 Vc cos - ,

I0C

= k sen + k cos + 2 Vc sen - .

(VI.17)

vc(t) = ke tsen t+ + 2Vcsen t+ . (VI.16)

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nare che la dinamica del circuito sia in realtà determi-nata dalla sovrapposizione di due fenomeni: l'evolu-zione libera del circuito, dovuta alle assegnate condi-zioni iniziali, e la dinamica con cui il forzamento, par-tendo da condizioni iniziali tutte nulle, porta il circuitoal suo regime.I due diversi punti di vista sono graficamente mostratinelle due ultime immagini a lato, per il caso in esame.L'evoluzione libera si sviluppa indipendentemente dalforzamento ed è destinata comunque ad estinguersi perla presenza di una causa dissipativa e di una energiadisponibile limitata. Il generatore, invece, disponendodi energia illimitata, potrà imporre alla lunga il suoregime.Queste considerazioni portano, ancora una volta, allaconclusione che bisogna aspettarsi che, per particolaricondizioni iniziali che assicurano la completa compati-bilità tra regime “voluto” dal forzamento e "tendenzaspontanea" del circuito, il fenomeno transitorio nonabbia luogo ed il regime si stabilisca istantaneamente.Dalla VI.16 si vede che ciò effettivamente si verifica,nel nostro caso, per k=0. Perché ciò accada le condi-zioni iniziali debbono essere:

Si noti che la frequenza di oscillazione a regime è, natu-ralmente, quella imposta dal forzamento, diversa, ingenerale, da quella alla quale il circuito èin grado di oscillare in evoluzione libera, in assenza diuna causa dissipatrice (R=0). C'è da attendersi un com-portamento singolare, e quindi interessante, quandotali frequenze coincidono!

0 = 1 LC

V0 = 2 Vc cos - ,I0C

= - 2 Vc sen - .(VI.18)

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Esercizi

Per il circuito mostrato, scrivere l'equazione risolventein ter mini della incognita vc.

È utile prendere dimestichezza con il passaggio dall'in-sieme delle grandezze sinusoidali a quello dei fasori,come è indicato negli esercizi proposti a lato.

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Fasori e vettori rappresentativi

Come abbiamo visto, in regime sinusoidale è possibilecaratterizzare ogni bipolo attraverso la sua impedenza:un numero complesso con una parte reale, che conti-nueremo a chiamare resistenza, ed una parte immagi-naria il cui coefficiente prende il nome di reattanza.L'impedenza è il rapporto tra il fasore rappresentativodella tensione ai morsetti del bipolo e quello rappre-sentativo della corrente che lo attraversa. Se sul bipolosi è assunta una convenzione dell'utilizzatore, la resi-stenza è necessariamente positiva, almeno per i compo-nenti fin qui introdotti. Analogamente è possibilecaratterizzar e lo stesso bipolo attraverso la sua ammet-tenza: il rapporto tra fasore rappresentativo della cor-rente e fasore rappresentativo della tensione. La partereale dell'ammettenza prende il nome di conduttanza e,con una convenzione dell'utilizzatore, è definita positi-va; il coefficiente della parte immaginaria prende ilnome di suscettanza e può essere positivo o negativo.Resistenze e reattanze si misurano in ohm, mentre con-duttanze e suscettanze si misurano in siemens.Introduciamo una rappresentazione grafica dei fasoriche ci sarà di grande utilità nel seguito. Consideriamoil piano complesso {Re ( ), Im ( )} e seguiamo inesso il punto rappresentativo della funzione Aej t

durante lo scorrere del tempo.All'istante 0 tale punto è sull'asse reale ad una distanzapari al modulo A del numero complesso. Negli istantisuccessivi il punto rappresentativo, essendo il modulodi costante, si muove lungo una circonferenza diraggio pari ad A con una velocità angolare . Il fasore

può dunque essere rappresentato con un vettorerotante che ha un estremo nell'origine delle coordinatee l'altr o nel punto sulla circonferenza. Se rappresentia-

A

A

AA

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mo tutte le grandezze sinusoidali del nostro circuitosullo stesso piano, essendo esse tutte caratterizzatedalla stessa frequenza, i vettori rappresentativi ruote-ranno tutti con la stessa velocità angolare , e si con-serveranno, quindi, tra loro gli stessi sfasamenti che sipresentavano all'istante 0. Se siamo dunque interessatiesclusivamente alle relazioni in modulo e fase tra i varifasori basta prendere in considerazione il diagrammavettoriale rappresentativo all'istante 0, o ad un qualsia-si altro istante t.Tutte le operazioni necessarie nel campo complesso perla soluzione di una rete hanno le loro corrispondentioperazioni grafiche nel piano complesso; per esempio,è immediato rendersi conto che l'operazione di sommadi due fasori corrisponde, nel diagramma vettorialerappresentativo alla consueta somma di vettori (regoladel parallelogramma). L'operazione di derivazione cor-risponde a ruotare il vettore rappresentativo di /2 inverso antiorario (anticipo) oltre che a moltiplicare ilsuo modulo per .Si noti che mentre il fasore Aej( t + ) corrisponde ad unvettore rotante con velocità angolare , il fasore Aej

corrisponde al vettore fermo alla sua posizione all'i -stante 0. In generale è consentito utilizzare lo stessosimbolo per tutte queste grandezze, non potendociò generare alcuna confusione.Il diagramma vettoriale del circuito RLC serie è moltosemplice da costruire. Si parte dall'assegnare il vettorerappresentativo della corrente . La somma della cadu-ta di tensione resistiva R , in fase con la corrente, diquella induttiva j L , sfasata di 90° in anticipo, e diquella capacitiva -1/j C , sfasata di 90° in ritardo, for-nisce il vettore rappresentativo della tensione delgeneratore.È immediato, a questo punto, determinare graficamen-

EI

II

I

A

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te lo sfasamento fra tensione e corrente.Nel caso rappresentato nella prima immagine a lato si èsupposto che il modulo della caduta induttiva sia mag-g i o re del modulo della caduta capacit iva.Naturalmente se accade l'inverso il diagramma prendela forma rappresentata nella successiva immagine.Nel primo caso la corrente è sfasata in ritardo rispettoalla tensione (carico prevalentemente induttivo, > 0);nel secondo caso, in anticipo (carico prevalentementecapacitivo, < 0).Osserviamo che nel caso particolare in cui L = 1/ Cil diagramma vettoriale assume la caratteristica formadescritta nella prima immagine della pagina seguente.In pratica le cadute induttive e capacitive si compensa-no mutuamente con il risultato che al generatore il cari-co appare puramente resistivo; l'impedenza complessi-va si riduce alla sola resistenza ed ha quindi solo parte

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reale. È questo il fenomeno della risonanza che esami-neremo in dettaglio in uno dei prossimi paragrafi.

Per ora limitiamoci a riepilogare il comportamento dei

tr e bipoli introdotti in regime sinusoidale, induttore,

c o n d e n s a t o re e re s i s t o re, mostrandone le re l a z i o n i

caratteristiche nelle diverse formulazioni.

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 173

Bipolo induttore:

Bipolo condensatore:

Bipolo resistore:

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Insieme agli andamenti di tensione e corrente nei trecasi è stato riportato anche l'andamento del prodottov(t)i(t). Per definizione tale prodotto rappre s e n t a ,istante per istante, la potenza assorbita dal bipolo -convenzione dell'utilizzatore. Si noti che solo per ilresistore tale potenza è sempre positiva; per l'induttoree per il condensatore, invece, la potenza è positiva in unsemiperiodo - pari ad un quarto del periodo di tensio-ne e corrente - e negativa nel successivo. Ma questoargomento merita una trattazione a parte.

Potenza nei regimi sinusoidali

Affrontiamo il problema dal punto di vista generale. Lapotenza istantanea assorbita da un qualsiasi bipolo sot-toposto alla tensione v(t) e percorso dalla corrente i(t)è, per definizione, p(t) = v(t) i(t). Nel caso particolaredi un regime sinusoidale si ha:

In altri termini, la potenza in regime sinusoidale è lasomma di un termine costante, pari al prodotto delvalore efficace della tensione per il valor e efficace dellacorrente per il coseno dell'angolo tra i due fasori, piùun termine oscillante di frequenza 2 . Dato che il ter-mine oscillante ha valor medio nullo, il valore mediodella potenza istantanea è pari al termine costanteVIcos :

Ciò giustifica anche la nostra scelta di utilizzare il valo-re efficace anziché il valore massimo quale modulo del

P = 1T

v t i t dt0

T

= V I cos . (VI.20)

p t = v t i t = 2 V sen t 2 I sen t - = = V I cos + sen 2 t - - 2 ,

(VI.19)

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fasore rappresentativo di tensioni e correnti. In parti-colare, con questa scelta, se si dà all'operatore prodottoscalare tra due vettori l'usuale significato di prodottodei moduli dei vettori per il coseno dell'angolo che essiformano, si può affermare che in regime sinusoidale lapotenza media è pari al prodotto scalare del vettorerappresentativo della tensione per quello rappresenta-tivo della corrente:

La potenza media viene anche detta potenza attiva. Ineffetti il valore della potenza media consente di calco-lare agevolmente la quantità di energia, trasferita in undeterminato intervallo di tempo t-t0, come il pr odottodella potenza media per l'intervallo stesso (si presume,naturalmente che l'intervallo t-t0 contenga molti perio-di T).Ci aspettiamo dunque che per la potenza media valga,così come per l'energia, un teorema di conservazione:la potenza attiva fornita dai generatori deve essereeguale a quella utilizzata dagli utilizzatori.

Proprietà delle reti in regime sinusoidale

Come abbiamo visto, a condizione di trasformare tuttele grandezze sinusoidali nei corrispondenti fasori, sipuò operare in regime sinusoidale alla stessa maniera incui si è operato in regime continuo. Ai concetti di resi-stenza e di conduttanza dei bipoli si sostituiscono quel-li di impedenza ed ammettenza. Tali grandezze, a diffe-renza delle precedenti, sono espresse da numeri com-plessi, e ciò naturalmente comporterà inizialmentequalche lieve complicazione. Per superarle basta ricor-dar e le principali operazioni sui numeri complessi,nella loro forma cartesiana:

P = V·I = V I cos . (VI.21)

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ed in quella polare:

Così, per esempio, serie e parallelo di due bipoli porta-no alle stesse formule utilizzate in continua.Serie:

Parallelo:

In generale potremo affermare che tutte le proprietà edi teoremi sulle reti, dimostrati in regime continuo sullabase delle leggi di Kirchhoff, hanno un loro equivalen-te in regime sinusoidale in termini di fasori. Fannoeccezione i teoremi di non amplificazione; ripercorren-do i passi della dimostrazione a suo tempo sviluppata,non sarà difficile evidenziarne il motivo.Il teorema di Tellegen, merita una discussione piùa p p rofondita. Naturalmente tale teorema è validoistante per istante:

v t i tk

= 0, (VI.22)

Z = Z1 Z2

Z1 + Z2

, Y = Y1 + Y2.

Z = Z1 + Z2, Y = Y1 Y2

Y1 + Y2

.

a + jb = A ej , con A = a2 + b2 e tg = ba , A ej B ej = A Bej + , A ej

B ej = A

B ej - .

a + jb + c + jd = a + c + j b + d , a + jb c + jd = ac - bd + j bc + ad , a + jbc + jd

= a + jb c - jd

c2 + d2 =

ac + bd + j bc - ad

c2 + d2 ;

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in quanto le tensioni e le correnti ad ogni istante sod-disfano le leggi di Kirchhoff. La (VI.22) è l'espressionedi un teorema di conservazione delle potenze istanta-nee che avremmo potuto dedurre anche da sempliciconsiderazioni sulla conservazione dell'energia.Ma dato che il sistema dei fasori rappresentativi delletensioni sui lati e quello rappresentativo delle correntinei rami soddisfano anche essi alle leggi di Kirchhoff, sipuò certamente affermare che anche la somma di tuttii pr odotti estesa all'intera rete deve essere identi -camente nulla. Con facili passaggi si può sviluppare ilgenerico termine, ma il risultato non è particolarmentesignificativo.Più interessante è invece il caso in cui al posto dei faso-ri rappresentativi delle correnti si utilizzano i rispettiviconiugati. È evidente infatti che anche tali coniugati -in cui, si ricorderà, cambia solo il segno della parteimmaginaria - debbono sottostare alla prima legge diKirchhoff. Si avrà dunque:

Lo sviluppo del generico termine della sommatoria for-nisce:

Tale grandezza viene detta potenza complessa; la suapar te reale coincide con la potenza media o attiva. La (V.23) esprime un teorema di conservazione per lepotenze complesse: in una rete in regime sinusoidale lasomma delle potenze complesse fornite dai generatorideve essere uguale alla somma delle potenze complesseassorbite dagli utilizzatori. D'altra parte l'annullarsi diun numero complesso implica l'annullarsi della suaparte reale e di quella immaginaria. L'annullamentodella somma delle parti reali delle potenze complesse

Vk Ik = Vk Ik cos k + j sen k . (VI.24)

VkIkk

= Vkej t+ k Ike-j t+ k- k

k

=0.(VI.23)

V I,

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 177

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fornisce di nuovo il teorema di conservazione dellepotenze attive che avevamo già dedotto in base a sem-plici considerazioni energetiche. L'annullamento dellapar te immaginaria, invece, introduce la conservazionedi un'altra grandezza, rappresentata per ogni bipolo daVI sen . A tale grandezza, che ha evidentemente ledimensioni di una potenza, si dà il nome di potenzareattiva, e si usa per essa il simbolo Q. In un resistore,la potenza reattiva assorbita è evidentemente nulla,mentre diversa da zero è la potenza attiva che è pari aVI, dato che cos = 1. Per l'induttore ed il condensa-tor e, invece, la potenza attiva assorbita è nulla, cos =0, mentre la potenza reattiva è rispettivamente pari a VIed a -VI.Una potenza reattiva non nulla in una rete è indubbia-mente indice della presenza di energie immagazzinateassociate al campo elettrico o al campo magnetico; perogni induttore presente nella rete si avrà, infatti:

mentre per ogni condensatore:

La potenza reattiva totale è dunque proporzionale,secondo il fattore , alla differenza tra i valori massimidell'energia associata al campo magnetico e di quellaassociata al campo elettrico nella rete. Ma questa rela-zione non è particolarmente utile.Infine va ricor dato che al prodotto VI viene dato ilnome di potenza apparente. Si noti che tra le tre poten-ze, attiva Pa, reattiva Q ed apparente P, sussiste la rela-zione:

P = Pa2 + Q2 . (VI.27)

Qc = - VI = - C V2 =

= - 12

C VM2 = - WEM.

(VI.26)

QL = VI = L I2 = 12

L IM2 = WBM. (VI.25)

178 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Tale relazione può utilmente essere rappresentata gra-ficamente in un cosiddetto triangolo delle potenze.Il fatto che la potenza reattiva sia una grandezza che siconser va può essere di grande utilità nella risoluzionedelle reti. Si consideri per esempio il caso di due cari-chi in parallelo di cui siano note le potenze attive e reat-tive assorbite da ognuno di essi; si può affermare che ilcomplesso dei due carichi è equivalente ad un unicocarico che assorbe una potenza attiva e reattiva chesono la somma algebrica (la potenza reattiva può esse-re negativa!) delle rispettive potenze dei singoli carichi.A riprova del fatto che questo non è un risultato bana-le, si osservi che la stessa affermazione non può esserefatta per le potenze apparenti, come è facile verificarecon i semplici calcoli mostrati nella successiva immagi-ne a lato.

Esercizi

Per il circuito proposto in precedenza l'equazione

risolvente è:

con:

Si noti che Re è il parallelo tra le due resistenze R ed R0.Per la rete nella successiva immagine si calcolino lepotenze attive, reattive ed apparenti assorbite dai sin-goli bipoli e quelle erogate dal generatore e si verifichi-no i teoremi di conservazione.

Si risolva la rete mostrata nell'ultima immagine.

Re = R R0R + R0

.

d2vc

dt2 + 1

ReC dvc

dt + vc

LC = 1

R0C dedt

,

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 179

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Il circuito risonante

Abbiamo visto che in un circuito RLC serie, alimenta-to da un generatore di for za elettromotrice sinusoidaledi frequenza angolare , si può verificare la condizioneper cui la caduta capacitiva compensa perfettamente lacaduta induttiva ed il circuito appare al generatorecome puramente ohmico. Per assegnati valori di L e C,ciò accade per una frequenza del generatore pari ad 0,

che è proprio la frequenza alla quale il cir cuito, inassenza di cause dissipative (R = 0), è in grado di oscil-lare liberamente. Siamo dunque nella già menzionatacondizione di risonanza tra la fr equenza del forzamen-to e quella propria del sistema. Un circuito di tal gene-re è detto anche circuito risonante.Del tutto equivalente è il caso del circuito RLC paral-lelo, a volte detto anche antirisonante. In esso la cor-rente erogata dal generatore, che è somma delle tre cor-renti rispettivamente nell'induttore, nel resistore e nelcondensatore, si riduce ad essere uguale alla sola cor-rente nel resistore perché le altre due si compensanoperfettamente, essendo eguali ed opposte.Mentre nel circuito serie, in assenza della resistenza R,l'impedenza risultante è nulla, nel circuito parallelo,sempr e in assenza di resistenza (questa volta R = ),l'impedenza risultante è infinita.Si noti che nel circuito antirisonante senza perdite, cioèper R = 0, pur essendo la corrente totale fornita dalgeneratore identicamente nulla, non sono nulle le cor-renti nell'induttore e nel condensatore, che si calcolanoagevolmente come rapporto tra tensione applicata erelativa impedenza.Per comprendere il fenomeno della risonanza bisogna

0 = 1LC

, (VI.28)

180 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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tener presente che implicitamente si è assunto che larete sia a regime; il che vuol dire che si suppone vi siastato un transitorio - in tempi lontani di cui sembra nonessere rimasto traccia - che ha portato all'attuale situa-zione di r egime. Durante il transitorio il generatore hafornito al complesso dei due elementi con memoriapresenti nella rete una cer ta quantità di energia; d'altrapar te, dato che l'energia immagazzinata nel condensa-tore è proporzionale al quadrato della tensione su diesso e quella nell'induttore è proporzionale al quadra-to della corrente che lo attraversa, è evidente che setensione e corrente non sono in fase, ma in quadratu-ra, come nel nostro caso, accadrà che quando l'energiaassociata al campo elettrico (condensatore) è massima,quella associata al campo magnetico (induttore) è nullae viceversa. Se poi in particolare tali energie massimesono eguali, una volta raggiunto il regime si assisterà adun periodico scambio di energia tra campo elettrico ecampo magnetico che vede completamente estraneo ilgeneratore; esso dovrà solo occuparsi di fornire lapotenza dissipata nel resistore.Il fenomeno della risonanza, caratteristico di qualsiasisistema che abbia la capacità di oscillare su frequenzeproprie, è molto importante anche dal punto di vistaapplicativo, specialmente nel campo dei circ u i t i .Esaminiamolo dunque in maggior dettaglio.Supponiamo che, nel circuito risonante serie, il genera-tor e di tensione sia a frequenza variabile; si possa cioèvariare a piacimento tra 0 ed la frequenza della ten-sione che esso eroga. Riportiamo in un diagramma lacur va del modulo della corrente I in funzione della fre-quenza; evidentemente tale diagramma è anche il dia-gramma dell'inverso del modulo della impedenza. Per

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 181

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= 0, I = 0 perché il condensatore a tale "frequenza"presenta una impedenza infinita; analogamente per che va all'infinito la corrente è nulla, questa volta permerito dell'induttore. Per = 0 il modulo della cor-rente ha un massimo pari ad E/R, così come mostratonel diagramma a lato, dove è riportato l'andamento diI normalizzato al suo valore massimo E/R. Nello stessodiagramma è rappresentata la fase della impedenza alvariare di . Come era prevedibile, per frequenze infe-riori a quella di risonanza il circuito si comporta glo-balmente come un carico prevalentemente capacitivo:l'impedenza offerta dal condensatore prevale. Per fre-quenze invece superiori a quella di risonanza, il caricoè prevalentemente induttivo. Alla frequenza di risonan-za, come abbiamo visto, il carico si comporta come sefosse puramente resistivo. La curva di cui al diagrammaprecedente è, in effetti, la rappresentazione della fun-zione:

Con qualche semplice passaggio, avendo posto

si ottiene anche:

La curva che descrive la funzione f( ) prende il nomedi curva di risonanza ed il parametro Q quello di fatto -re di qualità o di merito del circuito.All'aumentare del fattore di qualità del circuito, lacurva di risonanza diventa sempre più ripida nell'intor-

f = 1

1 + Q2 0 - 0 2

. (VI.31)

Q = 0LR

= 10RC

, (VI.30)

f = R

R2 + L - 1C

2 . (VI.29)

182 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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no della frequenza di risonanza 0.Le motivazioni di tale terminologia si compr endonofacilmente se si considera la seguente situazione. Siimmagini che la tensione del generatore non sia sinu -soidale ma semplicemente periodica. Come si è visto,una tale tensione può essere scomposta in una sommadi infiniti termini sinusoidali di frequenza diversa (learmoniche della serie di Fourier). Vediamo il circuitocome un doppio bipolo che abbia in ingresso il genera-tore a frequenza variabile e dal quale si prelevi in usci-ta la tensione sul resistore R. Evidentemente, per lasovrapponibilità degli effetti, anche la tensione in usci-ta può essere vista come somma delle risposte alle sin-gole armoniche. D'altra parte ogni ar monica della ten-sione in ingr esso vede una diversa impedenza del cir-cuito a causa della diversa frequenza. Se ne concludeche le ampiezze delle armoniche con frequenze vicine aquella di risonanza risulteranno amplificate rispettoalle altre.Per questo motivo si dice che il circuito si è comporta-to come un filtro, lasciando "passare" di preferenza undeterminato intervallo di frequenze (banda), e atte-nuando le altre. Così, per esempio, se in ingresso abbia-mo una onda quadra, il cui sviluppo in serie di Fourierabbiamo già visto, in uscita avremo un andamento tem-porale che sarà tanto più vicino ad una sinusoide quan-to più alto è il fattore di qualità (curva di risonanza piùripida!). Se la fr equenza di risonanza del circuito è paria quella della fondamentale armonica dell'onda qua-dra, in uscita si avrà una sinusoide a quella frequenza;essa sarà leggermente deformata per la presenza dellearmoniche di ordine superiore che, seppur attenuate,sono sempre presenti. Ma se la frequenza di risonanzadel circuito è uguale a quella della succesiva armonica(di frequenza tripla di quella fondamentale, nel nostro

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 183

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caso) ecco che in uscita comparirà la terza armonica.Coerentemente con tutto ciò, se il circuito è sintonizza -to sulla seconda armonica - se cioè la sua frequenza dirisonanza è pari al doppio di quella della fondamenta-le dell'ingresso - in uscita si avrà un segnale nullo. Losviluppo in serie di Fourier dell'onda quadra, infatti,non prevede armoniche pari!Le applicazioni che sfruttano il fenomeno della riso-nanza nelle reti elettriche sono numerosissime e tutte diimportanza eccezionale; a titolo di puro esempio citia-mo quello del circuito di sintonia di un apparecchioradiofonico o televisivo: quando ruotiamo la manopoladella sintonia di un ricevitore possiamo immaginare dinon fare altro che modificare la capacità di un circuitorisonante, variando quindi la sua frequenza di risonan-za, in modo tale da selezionare l'opportuna banda chedesideriamo filtrare.È interessante notare che l'introduzione del concetto dipotenza media ci consente di dare una interpretazionedel fattore di qualità di un circuito risonante in terminidi energie in gioco. Alla risonanza infatti l'energia tota-le immagazzinata nel condensatore e nell'induttore èpari a:

Essa è dunque costante ed uguale all'energia massimaimmagazzinata nell'induttore (o nel condensatore ) .D'altra parte l'energia dissipata nel resistore in un

W t = 12

Li2

t + Cv2 t = 12

L IM2

sen2 t + + 1

2 C VM

2 sen2 t +

2 = 1

2 L IM

2 sen2 t +

+ 12

C IM2

02C

2 cos2 t = 1

2 L IM

2 sen2 t +

+ 1

2 L IM

2 cos2 t = 1

2 L IM

2 .

(VI.32)

184 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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periodo è pari a R I2T per cui si ha:

Se ne deduce dunque:

Esercizi

Le potenze richieste, nell'esercizio proposto in prece-denza sono:

Per l'esercizio successivo ci limitiamo a mostrare alcu-ni passi della soluzione.

Pa = 5 W; Qc = 10 VAr; QL = - 5 VAr .

Q = 2 energia immagazzinata

energia dissipata in un periodo . (VI.34)

Q = 0LR

= 0LI2T

RI2T = 2 LI2

RI2T . (VI.33)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 185

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La stessa soluzione può anche essere ottenuta appli-cando la regola del partitore di corrente.

Ancora un esercizio sulla verifica della conservazionedelle potenze nella prima immagine in colonna.

Nei due esercizi successivi si chiede il calcolo delleimpedenze equivalenti dei bipoli mostrati.

Infine l'ultimo esercizio richiede la soluzione della retecon il metodo dei fasori.

186 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Gli n-poli e gli N-bipoli in regime sinusoidale

La teoria degli n-poli e degli N-bipoli in regime sinu-soidale si sviluppa in maniera del tutto analoga a quan-to fatto per gli stessi dispositivi in corrente continua.Così avremo una matrice delle impedenze ed unamatrice delle ammettenze del tutto analoghe a quelledelle resistenze e delle conduttanze introdotte per ilregime continuo. Gli elementi delle matrici avrannodefinizioni analoghe a quelle già introdotte per i corri-spondenti parametri in continua; l'unica differenza sarànel fatto che si dovrà operare con fasori e numeri com-plessi piuttosto che con numeri reali. Le pr oprietà deiparametri o sono le stesse già dimostrate per iparametri G ed R, salvo quelle per la dimostrazionedelle quali si è fatto uso del teorema di non amplifica-zione delle tensioni o delle correnti che, come abbiamopiù volte rilevato, non sono validi se non in regime con-tinuo.Per i doppi bipoli, in particolare, abbiamo le due rap-presentazioni, della matrice delle impedenze,

e delle ammettenze,

Nei regimi dinamici ha senso introdurre un particolaredoppio bipolo, che non ha il suo equivalente in c.c.:l'accoppiamento magnetico mutuo tra due circuiti.Vediamo di cosa si tratta.Abbiamo già visto che un induttore altro non è che unavvolgimento di un certo numero di spire su di un sup-porto che, in generale, ha anche il compito di amplifi-

I1 = Y11 V1 + Y12 V2

I2 = Y21 V1 + Y22 V2.(VI.36)

V1 = Z11 I1 + Z12 I2

V2 = Z21 I1 + Z22 I2,(VI.35)

ZY

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care il fenomeno sul quale il sistema fonda le sue pro-prietà: il campo magnetico prodotto dalla corrente checircola nell'avvolgimento. I due estremi dell'avvolgi-mento costituiscono i morsetti del bipolo.Supponiamo che il campo magnetico prodotto dallacorrente in un avvolgimento si estenda anche in unaregione di spazio in cui è presente un altro avvolgi-mento. Avremo, in tal caso, un sistema a quattro mor-setti, e quindi un doppio bipolo. Sarebbe facile dimo-strar e in base alle leggi fondamentali del campo elet-tromagnetico che le relazioni caratteristiche di un taledoppio bipolo sono, in condizioni abbastanza generali:

dove i coefficienti M12 ed M21 prendono il nome dicoefficienti di mutua induzione, e, per contrasto, quel-li L1 ed L2, rispettivamente, di coefficienti di auto indu-zione primaria e secondaria. A differenza dei coeffi-cienti di autoinduzione, i coefficienti di mutua induzio-ne possono essere sia negativi che positivi.Per una introduzione del doppio bipolo mutuo accop-piamento, che metta meglio in risalto il ruolo svolto dalcampo magnetico, si consiglia di legger e l'appendiceA4.Un sistema di questo genere si presenta dunque intrin-secamente come un doppio bipolo e sarà schematizza-to con il simbolo di cui alle immagini a lato, dove i duepuntini neri stanno ad indicare che, se si sceglie comeverso positivo per le correnti quello entrante nel mor-setto contrassegnato con il punto, e si adotta una con-venzione dell'utilizzatore, allora il segno di M è quello

v1 = L1 di1dt

+ M12 di2dt

v2 = M21 di1dt

+ L2 di2dt

,

(VI.37)

188 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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fornito.La semplice applicazione del teorema di reciprocitàinduce a richiedere che: M12 = M21. Infatti M21 di1/dtnon è nient'altro che la tensione prodotta al secondarioper la presenza della corrente i1 al primario, e, vicever-sa, M12 di2/dt la tensione prodotta al primario per lapresenza della corrente i2 al secondario. D'altra parteallo stesso risultato si giunge anche in base a conside-razioni energetiche, che ci aiuteranno a fare ulterioripassi nella comprensione del comportamento di un taledoppio bipolo. Infatti la potenza istantanea assorbita(convenzioni dell'utilizzatore ad entrambe le porte) daldoppio bipolo è:

Quindi l'energia assorbita dW in un intervallo infinite-simo di tempo dt è:

D'altra parte la variazione infinitesima di energia deveessere un dif ferenziale esatto: solo in tal caso infatti lavariazione finita di energia che si ottiene integrandoquella infinitesima tra due "punti" (i1-,i2-) ed (i1+,i2+)del piano delle correnti [i1,i2], sarà indipendente dal"percorso", cioè dal modo in cui si è andati dalla con-dizione in cui le correnti erano (i1-,i2-) a quella in cuiesse erano (i1

+,i2+) - vedi l'immagine a lato. Perché ciò

sia vero occorre che M 12=M21=M e, in tal caso, dW è ildifferenziale esatto della funzione W:

dW = p dt = 12

L1di12 + M12i1di2 +

+ M21i2di1 +1

2 L2di2

2 .(VI.39)

p = v1i1 + v2i2 = L1i1 di1dt

+ M12i1 di2dt

+ + M21i2 di1

dt + L2i2 di2

dt .

(VI.38)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 189

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La VI.40 è l'espressione della ener gia magnetica imma-gazzinata in un accoppiamento mutuo. Essa ci consen-te ulteriori deduzioni; infatti, l' energia magneticaimmagazzinata deve, evidentemente, essere definitapositiva. Tale sarà dunque anche il rapporto tra l'ener-gia immagazzinata ed il quadrato della corrente allaporta primaria

dove si è detto x il rapporto tra le due correnti. Laparabola che la VI.41 descrive nel piano[x,W] è rap-presentata nella immagine a lato. È evidente che, solonel caso in cui la parabola non interseca l'asse delle x,non esisterà alcuna coppia di valori delle correnti percui l'energia immagazzinata è negativa - il che corri-sponde al fatto che l'equazione, che si ottiene annul-lando la VI.41, ha radici complesse. Questa condizionesi verifica quando:

La condizione limite M2 =L1L2 si dice di accoppia-mento perfetto; infatti se tale condizione è verificata,esiste una coppia di valori di i1 ed i2 per i quali risultaW = 0. Ma dato che per annullare l'energia magneticaassociata ad un campo magnetico bisogna necessaria-mente annullare lo stesso campo magnetico in ognipunto dello spazio, l'affermazione precedente equivalealla seguente: se l'accoppiamento è perfetto, è possibi-le annullar e completamente il campo prodotto dallacorrente in uno dei due circuiti, facendo circolare nel-

M L1L2 . (VI.42)

Wi12

= 12

L1 + M i2i1

+ 12

L2 i22

i12 =

= 1

2 L1 + M x2 + 1

2 L2 x .

(VI.41)

W = 12

L1i12 + Mi1i2 + 1

2 L2i2

2 . (VI.40)

190 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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l'altro una opportuna corrente. E ciò giustifica eviden-temente il fatto che tale condizione si dica di accoppia-mento perfetto. Al coefficiente k,

viene dato il nome di coefficiente di accoppiamento;esso varia tra -1 ed 1.

Esercizi

Le impedenze dei due bipoli assegnati precedentemen-te sono, nel primo caso,

e nel secondo caso,

Per l'esercizio successivo diamo il valore della corren-te:

Per risolvere la rete, naturalmente, si sarà utilizzato lasovrapposizione degli effetti considerando i due gene-ratori separatamente; ciò è necessario in quanto i gene-ratori hanno frequenza diversa - uno dei generatori hafrequenza nulla -. Si noti che la rete è in risonanzarispetto alla componente sinusoidale e quindi la cor-rente da essa prodotta è in fase con la tensione. La com-ponente continua della tensione non produce una cor-rispondente corrente per la presenza del condensatoreche non consente il passaggio di una corrente continua.Si noti che la tensione sul condensatore (convenzionedell'utilizzatore), però, ha una componente continua:

Quando i generatori presenti invece hanno la stessa fre-quenza non è necessario utilizzare la sovrapposizionedegli effetti, come nel caso dell'esercizio seguente.

vc t = 10 + 2 0,1 sen 1000 t - 4 . V

i t = 2 sen 1000 t + 4 mA.

Ze = 10 + j 5 .

Ze = 100 - j 90 ,

k = ML1L2

, (VI.43)

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L'accoppiamento mutuo in regime sinusoidale

In particolare, se il doppio bipolo accoppiamentomutuo è in regime sinusoidale, si potrà fare uso del sim-bolismo vettoriale e parlare di impedenza propria oautoimpedenza ed impedenza mutua. Le equazionisaranno:

Il doppio bipolo accoppiamento magnetico in regimesinusoidale è dunque caratterizzato globalmente daivalori delle tre impedenze , corrispon-denti ai tre parametri indipendenti che lo individuanoL1, L2 ed M. È possibile, però, costruire un circuitoequivalente del doppio bipolo in esame, nel quale ladipendenza da tre parametri indipendenti è messa inparticolare evidenza. Cominciamo dal caso dell'accop-piamento perfetto; sarà allora M2 = L1 L2 e quindiL1/M = M/L2. A tale quantità daremo il nome di rap -porto di trasformazione e lo indicheremo con il simboloa. Consideriamo ora le equazioni (VI.44) e riscriviamo-le mettendo in evidenza nella prima equazione il fatto-re j L1 e nella seconda j M. Si ottiene:

Dividendo membro a membro le due ultime equazionisi ottiene ancora:

Mentre dalla prima delle (VI.45) si ha:

V1

V2 = a . (VI.46)

V1j L1

= I1 + ML1

I2 = I1 + I2a

V2j M

= I1 + L2M

I2 = I1 + I2a .

(VI.45)

Z11 , Z22 ed Zm

V1 = Z11 I1 + Z12 I2 = j L1 I1 + j M I2

V2 = Z21 I1 + Z22 I2 = j M I1 + j L2 I2.(VI.44)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 192

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Le due equazioni (VI.46) e (VI.47), essendo equivalen-ti alle equazioni (VI.44), descrivono anche esse il dop-pio bipolo accoppiamento magnetico perfetto.Nella ipotesi che L1 sia molto grande, al limite per L1che tende all'infinito, si ha:

Le equazioni (VI.48) definiscono un doppio bipoloideale che chiameremo trasformatore ideale e che rap-presenteremo con il simbolo mostrato nell'immagine alato; esso è ideale in quanto descrive un doppio bipoloaccoppiamento magnetico perfetto solo nel limite incui l'induttanza primaria di tale accoppiamento vadaall'infinito. Il trasformatore ideale è caratterizzato daun solo parametro: il suo rapporto di trasformazione a. Se ora ritorniamo alle equazioni (VI.46) e (VI.47), chedescrivono il doppio bipolo accoppiamento perfetto,vediamo che mentre la prima di esse afferma che le ten-sioni sono nello stesso rapporto che avrebbero in untrasfor matore ideale, la seconda ci dice che la correnteal primario può essere vista come somma di una cor-rente, che è la stessa che si avrebbe in un trasformato-re ideale, più la corrente che circola nell'induttanza L1quando essa è sottoposta alla tensione primaria. In altritermini le stesse equazioni (VI.46) e (VI.47) caratteriz-zano anche un circuito del tipo mostrato nelle immagi-ni a lato, e quindi tale circuito è equivalente all'accop-piamento magnetico perfetto.Il caso dell'accoppiamento non perfetto si risolve oracon grande semplicità. Supponiamo, infatti, di scom-porre le due induttanze L1 ed L2 in due parti L1' ed L2',e L1" ed L2" tali che L1" L2" = M2:

V1

V2 = a , I1

I2 = - 1a . (VI.48)

I1 = - I2a + V1

j L1 . (VI.47)

193 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Evidentemente, le tre equazioni (VI.49) definiscono iquattro parametri L con un grado di libertà in quantole equazioni che li determinano sono solo tre. Esistonodunque infinite scelte possibili per la scomposizionedescritta; per ottenerne una basterà fissare ad arbitriouno dei parametri ed ottenere gli altri dalle (VI.49).Introduciamo ora le posizioni fatte nelle equazioni(VI.44):

È evidente che i termini in par entesi, per come li abbia-mo costruiti, descrivono un accoppiamento perfetto.Per ottenere il circuito equivalente di un accoppiamen-to non perfetto, basterà aggiungere, a quello di unaccoppiamento perfetto, le due cadute di tensione

e rispettivamente al primario ed al secon-dario, così come mostrato nella seconda immagine alato.Naturalmente, data l'arbitrarietà della scelta di cui alla(VI.49), si possono costruire infiniti circuiti equivalen-ti dell'accoppiamento dato; in particolare sono possibi-li le due scelte L'1 = 0 oppure L'2 = 0: in questo secon-do caso il circuito equivalente che ne risulta è quellomostrato in figura.Si noti che se i morsetti secondari di un doppio bipolotrasformatore ideale sono chiusi su di una impedenza

, il rapporto tra tensione e corrente al primario è datoda:Z

j L2' I2j L1

' I1

V1 = j L1' I1 + j L1

" I1 + j M I2 ,

V2 = j L2' I2 + j M I1 + j L2

" I2 .(VI.50)

L1' + L1

" = L1 ,

L2' + L2

" = L2 ,

L1" L2

" = M2 .

(VI.49)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 194

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Cioè il primario vede una impedenza a2 volte più gran-de di quella su cui è chiuso il secondario. Questa osser-vazione fornisce un metodo generale per eliminare gliaccoppiamenti mutui presenti in un circuito e ricon-durre la rete ad una equivalente cosí come mostratonelle immagini a lato.L'accoppiamento mutuo, e a maggior ragione il tra-sformatore ideale, sono, evidentemente, trasparenti perle potenze attive; infatti in tali doppi bipoli non sonopresenti elementi dissipativi e quindi la potenza attivaalla por ta primaria è eguale ed opposta a quella allaporta secondaria - si ricordi che si è assunta una con-venzione dell'utilizzatore ad entrambe le porte - dimodo che la potenza attiva totale assorbita dal doppiobipolo è identicamente nulla.Mentre però il trasformatore ideale è trasparente ancheper le potenze reattive - ed in generale per qualsiasitipo di potenza - l'accoppiamento mutuo invece assor-be una certa potenza reattiva; si dimostri che talepotenza può essere messa nella forma:

Esercizi

Per il primo esercizio a lato, proposto in precedenza,diamo la corrente i1, per verificare i risultati ottenuti:

Si provi a risolvere la stessa rete applicando la sovrap-posizione degli effetti.Nell'esercizio successivo si propone la soluzione con ilmetodo delle correnti di maglia o dei potenziali ai nodi.

i1 t = 100 sen 100t - 4 .

Q = L1 I12 +

V12

M2

L2

. (VI.52)

V1

I1 = - a2 V2

I2 = a2Z. (VI.51)

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Il trasformatore

Il nome "trasformatore ideale" dato al doppio bipolointrodotto per costruire il circuito equivalente di unaccoppiamento mutuo, deriva dal fatto che "trasforma-tor e" viene detto un dispositivo, di larghissimo usonelle pratiche applicazioni, del quale il trasformatoreideale è, appunto, una idealizzazione. Si tratta di unaccoppiamento mutuo realizzato con due avvolgimen-ti, che, con accorgimenti tecnici sui quali non è possi-bile ora soffermarsi, vengono fatti interagire in manie-ra molto stretta (coefficiente di accoppiamento inmodulo prossimo ad 1!). La relazione (VI.46) stabilisceche in tali condizioni le tensioni primarie e secondariesono nel rapporto a, mentre, trascurando la correntederivata dalla induttanza L1 del circuito equivalente, la(VI.47) afferma che le correnti primarie e secondariesono nel rapporto - 1/a. Sarebbe facile dimostrare chetale rapporto di trasformazione altro non è che, conbuona approssimazione, il rapporto tra il numero dellespire dell'avvolgimento primario e quello dell'avvolgi-mento secondario. Un tale dispositivo, dunque, con-sente con grande semplicità di ridurre o elevare unatensione, aumentando o riducendo nel contempo lacorrente; da ciò il suo nome. Si noti che tutto ciò acca-de, almeno nel caso teorico che stiamo qui esaminando,senza nessuna dissipazione di potenza attiva. Il trasfor-matore dunque consente di adattare la tensione allaparticolare applicazione. Ma c'è di più e, per compren-derlo, bisogna sviluppare qualche considerazione ele-mentare sul problema della produzione e della distri-buzione dell'energia elettrica.Motivi di sicurezza degli operatori, e ragioni di ordineeconomico, consigliano l'uso di tensioni relativamentebasse per la distribuzione capillare dell'energia elettri-

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ca. È abbastanza intuitivo infatti comprendere che ildanno prodotto sugli organismi viventi, a parità di con-dizioni, è tanto maggiore quanto maggiore è la tensio-ne. Inoltre gli "isolamenti", sempre necessari in undispositivo elettrico, diventano sempre più costosi edelicati quando la tensione cresce. Nell'Europa conti-nentale, come è noto, il valore efficace della tensionealla distribuzione è di 220 V. D'altra parte il trasportodell'energia elettrica, dal punto di produzione a quellodi utilizzo, avviene mediante conduttori che, natural-mente, non essendo perfetti, presentano una certa resi-stenza. In una situazione schematica di un generatoreG ad una distanza L dal carico che assorbe una corren-te I con un determinato cos , sotto una tensione V, lapotenza dissipata lungo la linea è:

dove è la resistività del materiale di cui i conduttoridi linea sono fatti ed S la loro sezione. Tale potenzadipende soltanto dal quadrato del valore efficace dellacorrente richiesta dal carico! È evidente che se a montedell'utilizzatore disponessimo un trasformatore ridut-tor e di tensione in modo da mantenere bassa la tensio-ne sul carico ma da elevare quella sulla linea di tra-sporto, potremmo nel contempo ridurre la corrente dilinea - vedi le VI.48 - e quindi le perdite su di essa. Sesi pensa ai chilometri e chilometri di linee di trasmis-sione elettrica che caratterizzano il panorama di unqualsiasi paese sviluppato, si comprende la convenien-za del trasportare l'energia elettrica, sulle grandi tratte,ad alta tensione e relativamente bassa corrente.Si potrebbe pensare di produrre l'energia elettricadirettamente a tale tensione elevata. Ma anche questonon è conveniente economicamente perché, come si è

Pd = 2 LS

I2, (VI.53)

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detto, la complicazione ed il costo di un qualsiasidispositivo elettrico - e quindi anche di un generatore -cresce notevolmente al crescere della tensione. Ciòporta al classico schema, rappresentato a lato, che pre-vede un trasformatore elevatore di tensione a valle deigeneratori ed a monte della linea, ed un trasformatoreriduttore a monte del carico. Naturalmente le cosesono in realtà molto più complesse ed articolate diquanto queste semplici considerazioni possano far cre-dere; si pensi, per esempio, al semplice fatto che sup-porre un trasformatore privo di perdite è chiaramenteuna idealizzazione, non foss'altro perché gli avvolgi-menti di cui esso è costituito presentano necessaria-mente una certa resistenza e quindi introducono unadissipazione aggiuntiva. Queste ed altre problematichesono oggetto di studio di altre discipline che si occupa-no in modo specifico delle macchine elettriche e degliimpianti elettrici; a noi basta qui aver evidenziato, inlinea di principio, il fondamentale ruolo svolto nellatecnica dal dispositivo "trasformatore".

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Il problema del rifasamento nelle reti elettriche.

La necessità di lunghe linee di trasmissione dell'energiaelettrica che collegano i luoghi della generazione conquelli della utilizzazione e la presenza di una inevitabi-le dissipazione in linea dovuta alla resistenza dei con-duttori, ha anche altre inter essanti conseguenze checercheremo ora di illustrare in maniera molto elemen-tare.Consideriamo un carico che sotto una determinata ten-sione V, assorbe una potenza attiva P ed una potenzareattiva Q. Supponiamo ancora che la fase della impe-denza equivalente del carico, =arctg(Q/P), sia positi-va (carico induttivo), come in realtà si verifica nellamaggioranza dei carichi industriali. Il diagramma faso-riale cor rispondente alla situazione descritta è rappre-sentato a lato. Nella successiva figura è rappresentataanche una diversa condizione di funzionamento in cuila stessa potenza attiva P è assorbita con una differentepotenza reattiva Q'. La potenza attiva è la stessa neidue casi perché la componente Icos del fasore rap -presentativo della corrente, la sola che entra a determi-nare la potenza attiva, non è variata. Il fatto è ancorapiù chiaro se si considera il triangolo delle potenze neidue casi considerati, così come mostrato in figura. Èevidente però che, nei due casi, è diverso il modulodella corrente I, e quindi diverse sono le potenze dissi-pate lungo la linea che che collega il carico ai generato-ri che lo alimentano. Tali potenze, infatti, sono propor-zionali al quadrato del modulo della corrente secondoun fattore R che rappresenta, appunto, la resistenzaequivalente della linea. Queste perdite potrebbero,dunque, essere ridotte se si disponesse in parallelo alcarico un secondo carico, puramente reattivo - nellenostr e ipotesi, capacitivo - in grado di assorbire una

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potenza reattiva pari a - (Q - Q'); ciò senza variare inalcun modo la potenza attiva assorbita dal carico stes-so. In tali condizioni il carico si dirà rifasato da cos acos '. In pratica con il rifasamento si evita che l'ener-gia immagazzinata nel carico, che, come è noto, oscillatra un punto di massimo ed uno di nullo, venga conti-nuamente trasferita lungo la linea, avanti ed indietro,con le conseguenti perdite; l'aver disposto un "serba-toio di energia" in controfase in prossimità del carico -è questa appunto la funzione che svolgono i condensa-tori posti in parallelo al carico - consente che tale scam-bio di energia avvenga tra il "serbatoio" ed il carico enon tra i generatori ed il carico stesso. Gli Enti produt-tori di energia elettrica, interessati a questo risparmiodi energia, cercano di favorire l'uso di tale tecnica adot-tando opportune politiche contrattuali e tariffarie. Inpratica l'energia utilizzata viene fatturata a prezzi diver-si a seconda del cos , quando esso scende al di sotto diun certo valore. In Italia tale valor e è cos = 0,9.In conclusione il problema del rifasamento si riduce alcalcolo della capacità del banco di condensatori dadispor re in parallelo al carico per ottenere il voluto rifa-samento. Tale banco dovrà assorbire la potenza reatti-va:

Qc = - (Q-Q') = - P(tan -tan ').

Si avrà, quindi:

da cui:

dove è l'angolo di fase del carico non rifasato e 'quello che si vuole ottenere dopo il rifasamento.

C = P tg - tg '

V2 , (VI.55)

Qc = - V2

Xc = - CV2, (VI.54)

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Esercizi

La corrente che circola nel condensatore centrale, dellarete assegnata in precedenza, è nulla. Il circuito ha,infatti, un grafo a ponte - di cui si è già parlato in regi-me continuo - con i lati del ponte che verificano la con-dizione di equilibrio:

Allo stesso risultato si può arrivare rapidamente appli-cando il teorema del generatore equivalente di tensioneai morsetti del condensatore centrale.

L'ultimo esercizio richiede di applicare il teorema delgeneratore equivalente di corrente ai morsetti A e Bdella rete mostrata.

jXL2 -jXC4 = R1 R3 .

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Bipoli e strumenti di misura in regime dinamico

Anche i bipoli introdotti in regime dinamico, nella loroconcreta realizzazione, si discostano in alcuni aspettidalla loro idealizzazione, che fin qui abbiamo preso inconsiderazione. Abbiamo già visto che un condensato-re può essere realizzato con una semplice strutturapiana di due armature conduttrici con un isolante (die-lettrico) interposto. Se S è l'area delle armature, d ladistanza tra le stesse, ed la costante dielettrica delmezzo interposto, la capacità del condensatore è:

Cominciamo con l'osservare che l'unità di misura faradè in realtà molto grande; è facile verificare, per esem-pio, che per ottenere una capacità di un farad con uncondensatore ad armature piane separate da uno spa-zio vuoto - o con aria - di un decimo di millimetro,occorrerebbe una superficie delle armature di diecimilioni di metri quadri. Per questo motivo sono moltousati, come unità di misura delle capacità, i sottomulti-pli del farad: millifarad, microfarad, nanofarad e pico-farad.Come per i resistori, il valore della capacità del con-densatore non è l'unico parametro che caratterizza ilcomponente. Tra gli altri parametri importanti ricor-diamo la tolleranza , il margine di incer tezza, cioè, concui il valore della capacità è dato, e la tensione di lavo -ro che è la tensione per la quale lo spessore di isolanteè stato progettato; tensioni maggiori mettono a rischiol'integrità del componente. A caratterizzare ulterior-mente il componente, intervengono a volte, le modalitàdi costruzione dello stesso; alcuni condensatori, peresempio, detti polarizzati, hanno le polarità dei loromorsetti fissate a priori, nel senso che uno dei morset-

C = Sd

. (VI.56)

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ti, opportunamente contrassegnato, deve necessaria-mente esser e mantenuto nel circuito ad un potenzialemaggiore rispetto a quello dell'altro. Essi sono realizza-ti con particolari tecniche che consentono di otteneresottilissimi strati di dielettrico e quindi capacità moltoelevate. Va osservato infine che nessun isolante, natu-ralmente, è perfetto, e quindi tra le due armature siavrà necessariamente anche un passaggio di ordinariacorrente di conduzione. Ciò implica una dissipazionedovuta alla r esistività del "materiale isolante". È comese esistesse in effetti un'altra via di passaggio in paral-lelo per la corrente; ciò giustifica lo schema equivalen-te spesso adottato che vede connesso in parallelo alcondensatore un opportuno resistore che, naturalmen-te, avrà, in generale, una elevata resistenza, detta resi -stenza di dispersione del condensatore. A volte, pertenere in conto anche gli effetti dovuti alle connessioniinterne alle armature ed alla non perfetta conducibilitàdelle armature stesse, si dispone anche un resistore inserie al condensatore nel suo circuito equivalente; que-st'ultimo avrà, naturalmente, una resistenza moltobassa.Per quanto riguarda il bipolo induttore, si è già dettoche esso può immaginarsi costituito da un avvolgimen-to di un certo numero di spire su di un supporto mate-riale. Tale supporto può avere l'unico scopo di sostene-re semplicemente l'avvolgimento, o svolge esso stessouna funzione, amplificando il valore dell'induttanza,quando è realizzato con particolari materiali detti fer -romagnetici. In tal caso però non si può evitare unacerta non linearità del componente. Essendo l'avvolgi-mento realizzato con un conduttore necessariamentenon perfetto, un circuito equivalente adeguato dell'in-duttore prevede una resistore, di norma di bassa resi-stenza, in serie all'induttore stesso. Uno schema più

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raffinato contempla anche un condensatore, di r elati-vamente bassa capacità, in parallelo alla serie dell'in-duttore e del resistore. Tale condensatore tiene inconto, in modo complessivo, la capacità, detta parassi -ta, che necessariamente viene a stabilirsi tra spira espira dell'avvolgimento. Le singole spire giocano ilruolo delle armature e l'isolante di cui esse sono rico-per te, per impedirne il contatto elettrico, quello deldielettrico interposto. Ciò spiega anche perché si parlaa volte, in alcune applicazioni, del fattore di qualità - siricordi il circuito risonante - di un induttore.Del trasformatore e dei suoi usi abbiamo già fattocenno; possiamo immaginarlo costituito da due avvol-gimenti sovrapposti o comunque messi in condizionedi interagire in modo molto stretto (alto fattore diaccoppiamento) utilizzando particolari strutture realiz-zate con materiali ferromagnetici. Del trasformatoreoccorrerà conoscere la tensione nominale primaria equella secondaria che sono le tensioni per le quali ildispositivo è stato costruito e, di conseguenza, per lequali è stato proporzionato l'isolamento. In luogo diuna delle due tensioni può essere assegnato equivalen-temente il rapporto di trasformazione. Sarà necessarioconoscere anche la corrente nominale che possiamointendere come la corrente per la quale sono stati pro-porzionati i conduttori degli avvolgimenti - si pensi alladissipazione che in essi si produce ed al conseguentesviluppo di calore -. Altri due fattori che caratterizzanoun trasformatore e che fanno parte dei così detti dati ditarga del dispositivo, sono la tensione di cortocircuito ela corrente primaria a vuoto. La prima è la tensione concui bisogna alimentare il primario perché nel seconda-rio, messo in cortocircuito, circoli la corrente nomina-le. La seconda è la corrente che circola nel primarioquando il secondario è a vuoto. Non possiamo, in que-

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sto contesto, appro f o n d i re oltre sull'argomento; cibasti dire che i due ultimi dati citati sono nel comples-so indicativi della qualità del dispositivo, delle sue dis-sipazioni interne e del suo grado di accoppiamento.Daremo ora un rapido cenno agli strumenti di misuradi tensione e corrente in regime dinamico. Come nelregime continuo, voltmetri e amperometri vanno inse-riti il primo in parallelo al carico ed il secondo in serieallo stesso. Trattandosi però di grandezze che varianonel tempo occorrerà stabilire cosa intendiamo in effet-ti misurare. Per il regime sinusoidale, o più in generalealternativo, abbiamo diverse scelte: possiamo averevoltmetri o amperometri che forniscono il valor massi-mo della tensione o della corrente nella lor o evoluzio-ne temporale, o strumenti che forniscano il valor medioin un periodo od in un semiperiodo della grandezza damisurare. Per quanto detto in precedenza sulla poten-za nei regimi sinusoidali, è chiaro però che il caso piùinteressante è quello del voltmetro e dell'amperometroche forniscono il valore efficace della tensione o dellacorrente.Naturalmente, per gli stessi motivi descritti per gli ana-loghi strumenti in continua, occorrerà che il voltmetroabbia una elevata impedenza interna, mentre l'ampero-metro dovrà presentare una bassa impedenza interna.Uno strumento molto diffuso nei laboratori o, comun-que, nella pratica operativa, è il multimetro. Si tratta diun dispositivo molto duttile che può essere voltmetro,amperometro ed altro ancora, semplicemente variandola posizione di opportuni commutatori.In r egime dinamico, però, può sorgere la necessità dimisurare, istante per istante, l'andamento temporale diuna grandezza elettrica; gli oscilloscopi, o anche oscil-lografi, siano essi digitali o analogici, svolgono appun-to una tale funzione. Il risultato della misura è un gra-

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fico, evidenziato su di uno schermo o tracciato su di unfoglio, che rappresenta appunto l' andamento neltempo della grandezza. Particolare complessità e raf fi-natezza richiedevano, un tempo, gli oscilloscopi ingrado di rilevare anche grandezze non periodiche.Oggi un tale problema è brillantemente risolto conl'uso del calcolatore come strumento di misura o,comunque, di sistemi di acquisizione dati sotto formadigitale. In pratica il segnale viene misurato automati-camente, utilizzando un opportuno trasduttore, in ungran numero di istanti egualmente distanziati neltempo; i risultati delle misure vengono memorizzaticome dati e possono successivamente essere visionatinella modalità desiderata. È chiaro che una voltamemorizzato il risultato della misura sotto forma disequenza di numeri, è possibile immaginare ogni sortadi successiva elaborazione degli stessi mediante calco-latore. Ciò ha fatto oggi del calcolatore - o di dispositi-vi digitali progettati per scopi specifici - lo strumentoprincipe di ogni sistema di misura in laboratorio.Esistono in commercio software molto raf finati ai qualiè possibile demandare, con estrema semplicità, tutta lagestione di un esperimento o di un processo.Un str umento di cui non si sentiva particolare necessitàin continua, ma che è di interesse in regime sinusoida-le, è il wattmetr o: lo strumento che misura la potenzaattiva. In continua infatti, la potenza è data dal prodot-to VI, e può essere facilmente ottenuta con due misure,rispettivamente, di tensione e di corrente. In alternatainvece la potenza attiva è VIcos , e sarebbero quindinecessarie tre misurazioni, avendo però a disposizioneuno strumento in grado di misurare lo sfasamento tratensione e corrente. Fortunatamente esistono strumen-ti in grado di fornire direttamente il prodotto VIcoscon una sola misura. Nel wattmetro dovremo distin-

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guere due coppie di morsetti: i morsetti voltmetrici,che verranno collegati ai punti tra i quali insiste lad.d.p., e quelli amperometrici che dovranno essereattraversati dalla corrente, così come mostrato nelleimmagini a lato. Si parlerà di circuito amperometrico ecircuito voltmetrico del wattmetro.Il wattmetro dunque è, per sua natura intrinseca, undoppio bipolo ed è facile convincersi in base a ragiona-menti simili a quelli già sviluppati per il voltmetro e perl'amperometro, che esso deve presentare, per essereideale, una impedenza infinita ai suoi morsetti voltme-trici ed una impedenza nulla a quelli amperometrici.Esistono anche strumenti che misurano la potenza reat-tiva assorbita da un carico: essi vengono detti Varmetri dal nome della unità di misura che abitualmente si uti-lizza per le potenze reattive, i volt-ampere reattivi.

Esercizi

Per la rete di figura, già proposta, la tensione ai mor-setti A e B, ottenuta applicando il teorema del genera-tor e equivalente di corrente, è:

Nell'esercizio successivo è presente un accoppiamentomutuo; non sarà difficile risolverlo se si utilizzerà il cir-cuito equivalente dell'accoppiamento e si ricondurràl'impedenza secondaria al primario.L'ultimo esercizio proposto richiede di rifasare un cari-co, di cui sono date le caratteristiche, a cos = 1. È uncaso puramente teorico, scelto per semplificare i calco-li, in quanto, per motivi che sarebbe lungo spiegare inquesta sede, non si richiede mai un rifasamento totale.

vAB t = 200 sen t - 4 .

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I sistemi trifasi

Nell'introdurre il regime sinusoidale abbiamo accenna-to a come sia, in linea di principio, molto semplicei m m a g i n a re un generatore di tensione sinusoidalecostr uito in base ai principi generali della interazioneelettromagnetica: una semplice spira rotante in uncampo magnetico ne è stata la concreta esemplificazio-ne. È immediato osservare che, una volta prodotto ilcampo magnetico, appare logico sfruttarlo in manierapiù completa disponendo più spire rotanti nella regio-ne in cui esso agisce. Si osservi che a nulla servirebbedistribuire un unico avvolgimento lungo tutta la perife-ria del rotore; il motivo apparirà immediatamente chia-ro in seguito. Il generatore, che stiamo qui descrivendosolo in linea di principio, produrrà, invece di una sola,più tensioni sinusoidali che risulteranno tra di loro sfa-sate nel tempo di angoli corrispondenti agli angoli cheseparano nella disposizione spaziale le singole spire.Infatti, nella sua rotazione, una spira sperimenterà lestesse condizioni di quella che la precede dopo untempo pari a quello necessario a percorrere l'angoloche le separa.Un sistema di tensioni di tale tipo prende il nome di

Capitolo VII

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sistema polifase; in particolare se le tensioni sono egua-li in modulo (o valor e efficace) e sfasate tra di loro diuno stesso angolo (il che corrisponde ad una disposi-zione spaziale delle spire perfettamente simmetrica) ilsistema si dirà simmetrico; nel caso contrario esso sidirà d i s s i m m e t r i co. Ragioni pratiche consigliano ingenerale di limitarsi al caso di tre sole tensioni; avremo,dunque, sistemi di tensioni trifasi simmetrici o non, asecondo del caso. Se diciamo e1(t), e2(t) ed e 3(t) le tretensioni dei generatori, sarà, in generale:

Se in particolare E1 = E2 = E3 ed 2 = 2 /3, 3 = 4 /3,allora il sistema è simmetrico.È naturalmente ancora simmetrico il sistema con

2=4 /3 ed 3=2 /3. Per distinguerli diremo il primosistema simmetrico diretto ed il secondo simmetricoinverso. Nella rappresentazione vettoriale i due sistemisono descritti dai diagrammi mostrati a lato.Un generatore trifase si può sempre immaginare realiz-zato con tre generatori monofase, del tipo già introdot-to, e disposti come nell'ultima immagine a lato; taledisposizione si dice, per ovvie ragioni, a stella.Si noti che dal punto di vista elettrico un tale sistemapuò anche esser e disegnato come mostrato nell'imma-gine successiva.Le tensioni tra i conduttori di linea prendono il nomedi tensioni concatenate e vengono di regola indicate uti-lizzando la lettera V, mentre si riserva la lettera E per letensioni tra i conduttori ed il punto comune dei tregeneratori che prende il nome di centro stella dei gene -ratori . Tali tensioni vengono dette stellate o di fase. Siavrà evidentemente:

e1 t = 2 E1 sen t , e2 t = 2 E2 sen t - 2 , e3 t = 2 E3 sen t - 3 .

(VII.1)

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Le stesse relazioni sono descritte graficamente nel rela-tivo diagramma vettoriale riportato nella terza immagi-ne a lato: il triangolo delle tensioni concatenate ha pervertici i tre punti 1, 2 e 3, estremi dei vettori rappre-sentativi delle rispettive tensioni di fase.Supponiamo ora di collegare i tre generatori a tre impe-denze di carico, come descritto nella successiva imma-gine. Il sistema così ottenuto si distingue da quello chesi otterrebbe collegando i tre generatori sui rispettivicarichi separatamente, solo per il fatto che il condutto-re di ritorno dei tre generatori è in comune.Supponiamo ora, però, che il sistema, oltre ad esseresimmetrico diretto (o inverso, non ha importanza) siaanche caratterizzato dall'avere le tre impedenze di cari-co eguali tra di loro: un tale sistema si dirà equilibratonelle correnti (o anche nel carico). In queste condizionile tre correnti i1, i2 ed i3 sono:

dove si è indicato con l'angolo di fase comune delletr e impedenze.È facile verificare che nel caso descritto è:

Il fatto è particolarmente evidente nella rappresenta-zione vettoriale mostrata nella seconda immagine dellapagina successiva. I tr e fasori rappresentativi sono

i1 t + i2 t + i3 t = 0.

i1 t = 2 I sen t - ,

i2 t = 2 I sen t - 2 3 - ,

i3 t = 2 I sen t - 4 3 - .

(VII.3)

V12 = E1 - E2 ,

V23 = E2 - E3 ,

V31 = E3 - E1 .

(VII.2)

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eguali in modulo e sfasati di 2 /3 e costituiscono quin-di i lati di un triangolo equilatero: la loro somma è dun-que identicamente nulla. D'altra parte l'applicazionedella LKC al nodo comune delle tre impedenze, O', cidice che, nel dominio della rappresentazione simbolicadeve essere:

Dove 0 è la corrente nel conduttore comune di ritor-no nel verso indicato. Si conclude che, nelle condizionidescritte di tensioni simmetriche e carico equilibrato, lacorrente nel conduttore di ritorno è necessariamentenulla; ne consegue, per una nota proprietà delle reti,che tale conduttore può essere eliminato ed i due puntiO ed O' sono allo stesso potenziale anche se non sonocollegati da un conduttore!Siamo giunti quindi ad uno schema di collegamento asoli tre conduttori di linea che, se il carico è equilibra-to, è del tutto equivalente a quello precedente. Un talesistema verrà detto sistema trifase senza conduttore neu -tro (o filo neutro) perché tale è appunto il nome che siriserva al quarto conduttore.

I

I1 + I2 + I3 = I0. (VII.4)

212 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Immaginiamo ora il complesso dei generatori racchiusiin una scatola chiusa; fuoriescono soltanto i tre fili dilinea tra i quali sussistono le tensioni concatenate. È lasituazione che si può immaginare si verifichi quandol'alimentazione è fornita da un unico generatore trifa-se. Si osservi che lo stesso sistema di alimentazione sipuò immaginare prodotto da tre generatori, di tensionepari alla tensione concatenata e con gli opportuni sfa -samenti, collegati come mostrato nelle immagini; siparlerà in questo caso di sistema di generatori collegatia triangolo perché i generatori stessi possono ideal-mente immaginarsi disposti lungo i lati di un triangoloIn un collegamento a triangolo non c'è spazio per uneventuale filo neutro in quanto manca il punto O a cuicollegarlo.Anche il carico delle tre impedenze può essere collega-to a triangolo, come mostrato in figura, e, naturalmen-te, sono possibili le altre combinazioni: generatori astella e carico a triangolo o generatori a triangolo e cari-co a stella.Nel caso di carico a triangolo le singole impedenzesaranno attraversate da correnti diverse da quelle dilinea; tali correnti verranno dette correnti di fase. Lerelazioni tra correnti di linea e correnti di fase si rica-vano facilmente applicando la prima legge di Kirchhof fai nodi del triangolo delle impedenze e ricalcano quel-le tra tensioni concatenate e tensioni stellate.È facile però rendersi conto che, in una situazione incui non si conosce la ef fettiva disposizione dei genera-tori, deve essere in effetti possibile prescindere da taledisposizione e poter comunque determinare le corren-ti nei conduttori sulla base della conoscenza delle soletensioni concatenate. In effetti, assegnato un triangolo di tensioni concatena-te, possiamo immaginare tali tensioni prodotte da unaqualsiasi terna di generatori disposti a stella con tensio-

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 213

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ni tali che i loro vettori rappresentativi costituiscanouna stella con gli estr emi coincidenti con i vertici deltriangolo delle tensioni.Naturalmente, se la terna di tensioni concatenate è sim-metrica, sarà molto conveniente supporre la terna ditensioni stellate anche essa simmetrica; in tal caso siavrà , dove si è indicato con E e V, rispettiva-mente, il modulo comune delle tensioni stellate e delletensioni concatenate.

Esercizi

Per l'esercizio proposto al capitolo precedente si forni-sce, a scopo di verifica, la corrente cir colante nel secon-dario del mutuo accoppiamento:

Sullo stesso schema si verifichi cosa cambia nel risulta-to se si inverte il segno di M.

Il valore della capacità necessaria per il rifasamentototale del carico di cui al problema già proposto è:

Nel successivo esercizio si propone di calcolare i para-metri Y per il doppio bipolo mostrato.

Infine nell'ultimo esercizio, viene proposto di trasfor-mare una stella di impedenze in un equivalente trian-golo. Le formule sono quelle già dedotte per il regimecontinuo; basta ricordarsi di operare con numeri com-plessi invece che con numeri reali.

C = 1,1 F.

i2 t = - 0,25 2 sen (1000t - 4).

V = 3 E

214 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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La potenza nei sistemi trifasi

Come abbiamo visto, nel caso di carico equilibrato astella e di terna di tensioni simmetrica, anche in assen-za di conduttore neutro, il potenziale O' del centro stel-la del carico coincide con il potenziale del baricentro Odel triangolo delle tensioni concatenate. Ciò vuol direche, se si immagina il sistema di tensioni concatenateprodotto da una terna di generatori a stella che forni-sce una terna simmetrica di tensioni stellate, il poten-ziale di O' coincide con quello del centro stella deigeneratori. In tali condizioni le correnti nelle singoleimpedenze di carico si calcolano agevolmente comerapporto tra le tensioni stellate e le relative impedenzedel carico, proprio come se il conduttore neutro fossepresente

Calcoliamo, in queste condizioni, la potenza fornita dasistema dei generatori. In generale in un sistema trifase,per qualsiasi terna di tensioni concatenate, la potenzatotale fornita al carico è la somma delle potenze ero-gate da tre generatori collegati a stella che siano ingrado di fornire la assegnata terna di tensioni concate-nate; tre generatori, cioè, le cui tensioni soddisfino le(VII.2). Sia ha dunque:

In particolare, se la terna delle V è simmetrica, sce-gliendo anche la terna delle E simmetrica, e se il caricoè equilibrato si ottiene:

p (t) = e1 t i1 t + e2 t i2 t + e3 t i3 t . (VII.6)

I1 = E1

Z , I2 = E2

Z , I3 = E3

Z . (VII.5)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 215

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Nella espressione della potenza istantanea si riconosceancora una termine costante ed un termine fluttuante,come nel caso monofase. Questa volta però il terminefluttuante è identicamente nullo. Se rappresentiamoinfatti i tre addendi di cui è composto in un piano deivettori - che questa volta però ruota con velocità 2 -vediamo subito che la spezzata che essi formano è chiu-sa e quindi essi sono a somma nulla. Si conclude, dun-que, che, nel caso di terna delle tensioni simmetrica eterna delle correnti equilibrata, la sola potenza che sitrasferisce al carico è quella media:

Sulla base delle nozioni introdotte possiamo a questopunto mostrare un altro motivo di convenienza dell'u-so di sistemi trifasi. Confrontiamo due sistemi di ali-mentazione, l'uno monofase e l'altro trifase senza neu-tro, che siano del tutto equivalenti per quello che con-cerne l'utilizzatore, cioè il carico. Supponiamo chedetto carico, nel caso del sistema trifase, sia disposto atriangolo come mostrato nello schema - ad un risultatoidentico si giunge se lo si suppone a stella - e che siainoltre equilibrato. La potenza fornita a tale carico è:

Un sistema monofase che sia equivalente a quello trifa-se deve fornire la stessa potenza sotto la stessa tensionee con lo stesso fattore di potenza; dal confronto tra le

P = 3VI cos .

3 EI cos = 3VI cos .

p(t) = EI sen t sen t- +sen t- 23

sen t- 23

- +

+ sen t- 43

sen t- 43

- = 3EIcos +

+EI cos 2 t- + cos 2 t- 43

- + cos 2 t- 23

- .

216 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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due potenze si deduce che la corrente in tale sistemamonofase deve essere volte più grande di quella nelsingolo conduttore di linea del sistema trifase:

Fino ad ora abbiamo supposto che i conduttori di lineache collegano i generatori al carico siano di resistenzanulla. In ef fetti, come abbiamo già sottolineato, essisono sempre realizzati con materiali a bassa resistività,e quindi tale approssimazione appare ragionevole. Mase pensiamo ad una rete di collegamento di dimensioniragguardevoli, in cui i generatori siano a chilometri echilometri di distanza dagli utilizzatori, come in effettiaccade in una complessa rete elettrica nazionale odinternazionale, si capisce facilmente come anche unapiccola resistività dei conduttori di linea può provoca-re notevoli potenze dissipate lungo la linea stessa.Paragoniamo le potenze dissipate dei due casi prece-dentemente descritti:

Dove è la resistività del materiale dei conduttori dilinea, L la distanza del carico dai generatori ed S1f edS3f le sezioni dei conduttori nei due casi esaminati.Perché le due potenze siano eguali occorre che siaS3f=S1f /2. In termini di volume di materiale impiegato,e quindi di costo della linea, a parità di tutti gli altri fat-tori, ciò significa che:

Con un risparmio globale di un quarto di materiale.Questo semplice confronto basterebbe a giustificare lascelta della trasmissione con sistemi trifasi; natural-mente ci sono altri aspetti del problema che non abbia-

Vol 3f = 3LS3f = 34

2LS1f = 34

Vol 1f. (VII.9)

P3fd = 3 L

S3f I3f

2,

P1fd = 2 L

S1f I1f

2.(VII.8)

I1f = 3 I3f (VII.7)

3

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 217

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mo esaminato in quanto non congruenti con il livello diapprofondimento al quale riteniamo di doverci mante-nere.Ritornando al problema del calcolo delle correnti in unsistema trifase, come abbiamo visto, se le tensioni con-catenate costituiscono una terna simmetrica (direttaper esempio), le correnti si calcolano agevolmentecome se si trattasse di tre circuiti monofasi distinti anzi-ché di un unico sistema trifase.Le cose si complicano leggermente se, pur restando laterna delle tensioni concatenate simmetrica, le treimpedenze di carico non sono più uguali. In tal casoanche supponendo le tre tensioni dei generatori dispo-sti a stella simmetriche, il potenziale del centro stelladei generatori non coincide con quello del centro stel-la del carico; il punto O nella rappresentazione vetto-riale, non coincide con il punto O'. Con O’O indiche-remo il vettore rappresentativo della differenza dipotenziale tra il centro stella del carico e quello deigeneratori; tale vettore individua il cosiddetto sposta -mento del centro stella.D'altra parte, dal diagramma vettoriale, si ottiene:

La conoscenza dello spostamento del centro stella con-sente, quindi, di calcolare le tensioni che insistono suirelativi carichi e, di conseguenza, le correnti:

Il calcolo dello spostamento del centro stella, è, d'altrapar te, molto agevole; basta applicare il metodo deipotenziali ai nodi, scrivendo l'equazione che esprime la

Ir = Er '

Zr

= Er - VO'O

Zr

. (VII.11)

E1 ' = E1 - VO'O,

E2 ' = E2 - VO'O,

E3 ' = E3 - VO'O.

(VII.10)

VO'O

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LKC ad uno dei due nodi presenti nella rete. Si ottie-ne:

e quindi, mettendo in evidenza il vettore rappresentati -vo dello spostamento del centro stella:

La formula (VII.13), che può naturalmente esseregeneralizzata, come si è già detto, al caso di n rami inparallelo, prende il nome di formula di Millmann econsente di calcolare lo spostamento del centro stella,se sono noti i valori delle tensioni dei generatori e delleimpedenze di carico.Resta da vedere come si tratta il caso in cui anche letensioni concatenate non sono più simmetriche. Ineffetti il procedimento ora esposto basato sulla deter-minazione dello spostamento del centro stella, nonrichiede necessariamente che le tensioni concatenatecostituiscano una terna simmetrica; esso è applicabileanche nel caso di terna dissimmetrica. In tal caso, natu-ralmente, il punto O, rappresentativo del potenziale delcentro stella dei generatori E (non simmetrici), nonsarà più il baricentro del triangolo equilatero delle ten-sioni concatenate, come nel caso precedente, ma unpunto qualsiasi del piano rappresentativo. Esso dipen-de dalla scelta fatta per la terna di tensioni stellate chesi suppone producano le assegnate tensioni concatena-te. Per esempio è possibile scegliere O coincidente conuno dei ver tici del triangolo delle tensioni concatenate;ciò è equivalente a supporre che la terna di tensioniconcatenate sia prodotta da due soli generatori, comemostrato nello schema a lato, dove si è supposto O

VO'O =

Er

Zr

r

1Zr

r

. (VII.13)

Er - VO'O

Zr

= 0r

, (VII.12)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 219

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coincidente con con il vertice 3 del triangolo delle ten-sioni concatenate. In tal caso lo spostamento del centro stella è dato da:

Si osservi infine che non pone alcun problema il calco-lo delle correnti nei singoli lati di un carico disposto atriangolo. In tal caso, infatti, sono note direttamente letensioni sulle singole impedenze, sia nel caso di unaterna simmetrica sia in quello di una terna dissimmetri-ca.

Esercizi

Per il doppio bipolo in figura si ha:

Per la verifica dell'esercizio successivo si fornisce ilvalore della impedenza sul lato (1,2) del triangolo equi-valente:

Z12 = - 10 + j20 .

Y11 = 10 - j60

3700 .

VO'O =

V13

Z1

+ V23

Z21Zr

r

. (VII.14)

220 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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La misura della potenza nei sistemi trifasi

Una qualche particolarità presenta l'inserzione deiwattmetri in un sistema trifase. Supponiamo inizial-mente che esso sia a stella con il neutro accessibilecome schematicamente mostrato in figura. Nella stessafigura è anche indicata l'inserzione di tre wattmetri: èevidente che la somma delle indicazioni dei tre watt -metri fornisce la potenza attiva assorbita dal carico tri-fase. Si ha infatti, indicando con W1 , W2 e W3 rispet-tivamente le tre indicazioni dei wattmetri:

Naturalmente, se il carico è equilibrato e la terna ditensioni simmetrica, si ha:

ed, in linea di principio, un solo wattmetro sarebbe suf-ficiente.Supponiamo ora che il centro stella del carico non siaaccessibile; sembrerebbe, a prima vista, che questofatto introduca una difficoltà insormontabile. In effetticiò non può essere, e non è infatti, come si compren-derà facilmente dalle seguenti considerazioni. Sia O' ilcentro stella (non accessibile) del carico ed O'' il puntocomune delle tre voltmetriche dei wattmetri. Se indi-chiamo con un solo apice le tensioni stellate sul caricoe con due le corrispondenti tensioni alle voltmetrichedei wattmetri, si ha:

D'altra parte la somma delle indicazioni dei wattmetriè per definizione:

Er'' = Er

' - VO'O" . (VII.17)

W1 = W2 = W3 = EIcos = P3

, (VII.16)

W1+W2+W3== E1I1cos 1+E2I2cos 2+E3I3cos 3. (VII.15)

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dove si è usato il simbolismo del prodotto scalare perrappresentare la potenza attiva. Utilizzando la (VII.17)nella VII.18 si ottiene:

dato che la somma dei fasori rappresentativi delle tr ecorrenti di linea è necessariamente nulla per l'assenzadel conduttore neutro. Se ne conclude dunque - teore -ma di Aron - che la somma algebrica delle indicazionidei tre wattmetri è indipendente dal potenziale delpunto rispetto al quale si valutano le tensioni stellate edè uguale alla potenza attiva assorbita dal carico. Si notiche non si è dovuto fare alcuna ipotesi sulle tensioniche alimentano il carico - può anche trattarsi, dunque,di un sistema dissimmetrico - né sulla natura del caricostesso - esso può anche essere non equilibrato; il risul-tato è del tutto generale. Come applicazione immedia-ta di questo risultato possiamo far vedere come sia pos-sibile utilizzare due soli wattmetri, invece di tre, per lamisura della potenza attiva in un sistema trifase senzaconduttore neutro. Se infatti poniamo il punto O'', peresempio, in collegamento con il secondo conduttore dilinea, l'indicazione del secondo wattmetro è identica-mente nulla, perché nulla è la tensione ai suoi morsettivoltmetrici; ciò rende inutile la presenza del terzo watt-metro. Si arriva dunque ad una inserzione del tipodescritto in figura, che prende il nome, appunto, diinserzione Aron. La somma algebrica delle indicazioni- esse, infatti, possono anche essere negative - dei duewattmetri fornisce in ogni caso la potenza attiva assor-bita dal carico.

W1 + W2 + W3 = Er' · Ir

r - VO'O" Ir

r = Er

' · Irr

,

W1 + W2 + W3 = Er'' · Ir

r , (VII.18)

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Va notato infine che nel caso in cui il sistema trifase siasimmetrico ed equilibrato, e solo in questo caso, la dif-ferenza tra le due misure dei wattmetri nell'inserzioneAron è proporzionale alla potenza reattiva. Si ha infat-ti:

Dove Q è appunto la potenza reattiva totale assorbitadal carico:

Nel caso più generale la potenza reattiva è data da:

Si noti che in virtù del teorema di conservazione dellepotenze complesse, anche nel caso di sistemi trifasi, lapotenza attiva e reattiva totale assorbita dal parallelo didue carichi è pari alla somma delle rispettive potenzeassorbite dai due carichi separatamente.Questa considerazione consente di affrontare il proble -ma del rifasamento di un carico trifase alla stesso modoadottato per i carichi monofasi. Nel caso dei sistemi tri-fasi è possibile però una duplice scelta: il banco di con-densatori di rifasamento può essere collegato a stella oa triangolo. Per la stella si ha:

e per il triangolo

A parità di potenza reattiva, la capacità necessaria in uncollegamento a triangolo è minore di quella necessariaper un collegamento a stella. Naturalmente, però, nelsecondo caso i condensatori debbono essere progettati

Q - Q' = Pa tg - tg ' = 3 V2 CT. (VII.22)

Q - Q' = Pa tg - tg ' = 3 E2 Cs, (VII.21)

Q = Er Ir sen rr

. (VII.21)

Q = 3 E I sen = 3 V I sen . (VII.20)

W2-W1= VI cos - 6

- cos + 6

=

= 2 V I sen 6

sen = Q3

.(VII.19)

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per sostenere una tensione minore.Si noti infine che mentre un carico squilibrato posto inparallelo ad uno equilibrato non modifica il potenzialedel centro stella del carico equilibrato, se tra i due cen-tri stella dei carichi si dispone un collegamento, alloraanche il carico equilibrato non potrà più essere trattatocome tale.

Esercizi

Nel primo problema si richiede di calcolare l'indicazio-ne dell'amperometro a valor efficace posto sulla linea 2del sistema trifase assegnato, costituito da due carichiequilibrati in parallelo.

Nel secondo esercizio viene proposto un problemaanalogo; in questo caso, però, uno dei carichi è squili-brato.

Nell'ultimo problema, infine, si richiede di rifasare acos =0,9 un sistema di due carichi in parallelo di cuisono assegnate le rispettive potenze.

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Capitolo VIII

Dinamica dei circuiti di ordine superiore

Nei capitoli precedenti abbiamo già esaminato, parten-do da alcuni classici esempi, gli aspetti salienti dellasoluzione di una rete elettrica in regime dinamico qual-siasi; proviamo qui a riepilogarli.Sia data una rete con l lati ed n nodi, alimentata dageneratori di tensione e corrente con evoluzione tem-porale qualsiasi - ma non controllati - composta dabipoli resistivi, induttivi e capacitivi le cui caratteristi-che non variano nel tempo - si dirà che la rete è tempo-invariante. Desiderando conoscere l'evoluzione tempo-rale delle grandezze elettriche - tensioni e correnti - deisingoli bipoli, a partire da un determinato istante ini-ziale t0 - istante in cui è noto lo stato della rete, e cioèle tensioni sui condensatori e le correnti negli indutto-ri - si procede alla maniera seguente:Utilizzando le leggi di Kirchhoff si scrivono n-1 equa -zioni ai nodi ed l-(n-1) equazioni alle maglie; dato chele caratteristiche dei bipoli, in generale, esprimonolegami differenziali tra tensioni e correnti, il sistemache ne deriva sarà di l equazioni differenziali lineari, sei bipoli presenti sono appunto lineari.Mediante successive operazioni di sostituzione, edeventuale differenziazione, si ricava dal sistema di par-tenza una unica equazione differenziale in una delle

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incognite in precedenza scelta; il grado dell'equazionesarà pari al numero di bipoli "a memoria" - induttori econdensatori - presenti nella rete. Quest'ultima affer-mazione andrebbe dimostrata; noi la consideriamo talesulla base di una semplice considerazione di caratterefisico: se ciò non fosse vero il numero di condizioni ini-ziali assegnate non sarebbe adeguato alla soluzione delproblema. Naturalmente due condensatori in paralle-lo, o due induttori in serie, vanno contati come ununico componente; del resto, nei due casi, la condizio-ne iniziale e unica!La soluzione dell'equazione così determinata si ottieneaggiungendo all'integrale generale della equazioneomogenea associata, una soluzione particolare dellaequazione completa. L'integrale generale dell'omoge-nea associata, se le radici sono tutte distinte, sarà deltipo:

dove le r sono le radici del polinomio caratteristicoassociato all'equazione differenziale; tali radici possonoessere complesse, ed in tal caso si avranno fenomenioscillatori. Nel caso in cui si hanno radici coincidenti,la soluzione dell'omogenea ha una espressione diversa.Ad esempio se la radice k-esima ha molteplicità gk, l'in-tegrale dell'omogenea è del tipo:

In ogni caso la parte reale delle radici non potrà maiessere positiva, in quanto le soluzioni non potrannomai crescere esponenzialmente nel tempo; al limite, inreti prive di resistenze, le radici potranno essere pura-mente immaginarie, dando luogo ad oscillazioni per-manenti.Per quanto riguarda la soluzione particolare della com-pleta, abbiamo già visto come sia possibile determinar-

y0 t = Are rt

r =1

p

+ Bk,r t r-1e kt

r =1

gk

k = 1

m

. (VIII.2)

y0 t = Ar e r t

r=1

n

(VIII.1)

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la quale soluzione a regime nei due casi in cui i genera -tori sono tutti costanti - regime continuo - o di tiposinusoidale, tutti con la stessa frequenza - regime sinu-soidale, correntemente detto anche regime alternativo.Naturalmente il procedimento può essere esteso a regi-mi periodici di altro tipo: basta assumere che la solu-zione di regime abbia lo stesso andamento periodicodei generatori, inserire tale soluzione nella equazionedifferenziale e, imponendo che essa sia soddisfatta,ricavare i parametri da cui dipende la soluzione stessa.La soluzione generale così ottenuta, somma di quelladell'omogenea e della soluzione particolare, dipendedalle costanti Ar presenti nella soluzione della omoge-nea. A questo punto entrano in gioco le condizioni ini-ziali sulle grandezze di stato che, essendo proprio innumero pari al grado dell'equazione differenziale risul-tante, forniscono un adeguato numero di equazioni perdeterminare le costanti Ar. Naturalmente va ricordatoche, non essendo in generale le condizioni iniziali for-nite dir ettamente come valori della grandezza che si èscelta come incognita e delle sue derivate nell'istanteiniziale, ma come valori delle correnti negli induttori etensioni sui condensatori, occorrerà da questi ultimiricavare quelli relativi alla grandezza prescelta. Un pro-cedimento generale che consente di effettuare questopassaggio, consiste nel valutare le equazioni, scritte perimporre il rispetto delle leggi di Kirchhoff, all'istanteiniziale: in tali equazioni compaiono, come termininoti, sia le tensioni e correnti dei generatori che le cor-renti negli induttori e le tensioni sui condensatori; daesse sarà possibile ricavare il valore di ogni altra gran-dezza all'istante iniziale, come abbiamo già fatto vede-re nei casi sviluppati.Questo in sintesi il procedimento generale per risolve-re una rete lineare tempo-invariante in regime qualsia-si. Un esempio chiarirà meglio i vari passi della proce-dura. Ci limiteremo a descriverli riducendo al minimoi commenti.

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Consideriamo la rete mostrata in figura; essa, primadell'apertura dell'interruttore in serie al generatore e1 edella chiusura di quello in serie ad e2, funziona in regi-me stazionario. All'istante t=0 cambia la topologia equindi il funzionamento della rete.

Per determinare le condizioni iniziali occorre risolverela rete a regime per t<0. Utilizzando il metodo fasoria-le si ha immediatamente:

Dove:

sono i fasori rappresentativi delle tensioni dei genera-tori.Introducendo i valori numerici:

E1 = 100 5e - j 0,463 = 100 2 - j ,

E2 = 100 5e j 0,463 = 100 2 + j ,(VIII.4)

Vc = E1 1 - R

R + - j Xc R + j XL

R + j XL - Xc

,

IL = E1

R + - j Xc R + j XL

R + j XL - Xc

- j Xc

R + j XL - Xc .

(VIII.3)

228 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Ritornando al dominio temporale:

Le condizioni iniziali sono, dunque:

Per determinare l'evoluzione per t>0 applichiamo laLCK e la LTK al circuito nella sua configurazione fina-le:

Con alcuni semplici passaggi si ricava l'equazione risol-

e2 = R i2 + L diLdt

, L diL

dt = R ic + vc,

i2 = iL + ic, ic = C dvc

dt .

(VIII.8)

vc 0 = 200 sen - 4 = - 100 2 , iL 0 = - 10 2 sen 2 = - 10 2 .

(VIII.7)

vc t = 200 sen 100 t - 4 , iL t = - 10 2 sen 100 t + 2 .

(VIII.6)

Vc = E1 1 - j2 - j

= 100 1 - j ,

IL = j E1

10 12 - j

= - j 10 .

(VIII.5)

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vente nella tensione sul condensatore:

La VIII.9 è un'equazione differenziale ordinaria delsecondo ordine, lineare, a coefficienti costanti e nonomogenea (si noti che, come previsto, l'ordine dell'e-quazione è uguale al numero di bipoli a memoria pre-senti nella rete).Il polinomio caratteristico associato alla (VIII.9) è:

con radici:

La soluzione dell'omogenea associata è del tipo:

Resta da calcolare la soluzione di regime che si trovafacilmente con il metodo fasoriale:

Inserendo i valori:

e nel dominio del tempo:

L'integrale generale della completa è dunque:

Per determinare le costanti A e occorre sfruttare le

vc t = Ae-50 tsen 50t+ + + 10 2sen 100 t .

(VIII.16)

vcp t = 100 2 sen 100 t . (VIII.15)

Vcp = E22 + j

= 100 , (VIII.14)

Vcp = E2

R+j XL R-j Xc

R+j XL-Xc

jXL -jXc

R+j XL-Xc . (VIII.13)

vc0 t = A e- 50 t sen 50 t + . (VIII.12)

r + j = - 50 ± j 50. (VIII.11)

2 + 100 + 5 103 = 0, (VIII.10)

d2vc

dt2 + R

2L + 1

2RC dvc

dt +

+ 12

vcLC

= 12RC

de2dt

.(VIII.9)

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condizioni iniziali. La prima è data direttamente sullatensione del condensatore e fornisce:

Per la la seconda basta scrivere la LKC e la LKT all'i-stante iniziale; sottraendo infatti la seconda delle(VIII.8), valutata all'istante zero, dalla prima, si ottieneuna relazione da cui è facile ricavare il valore della deri-vata della tensione sul condensatore all'istante iniziale:

Dalla (VIII.17) e dalla (VIII.18) si ricava facilmente:

L'andamento della soluzione è mostrato nell'ultimafigura; dopo alcune oscillazioni transitorie, la tensionesul condensatore si assesta al suo andamento sinusoi-dale di regime.

Esercizi

Le potenze totali assorbite dal carico trifase del primoesercizio sono:

mentre l'indicazione dell'amperometro è:

Per il trifase di cui allo schema successivo, l'indicazio-ne dell'amperometro è:

I 4,73 A .

I = 13,7 A.

Pa(tot) = 8,99 kW,P(tot) = 9,04 kW,

A - 161 V; = 1.1 rad . (VII.42)

ic 0 = C dvcdt t = 0

= e2 0 -vc 0 -RiL 0

2 R. (VII.41)

vc 0 = A sen = - 100 2 . (VIII.17)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 231

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Lo spostamento del centro stella è risultato pari a:

La capacità necessaria per rifasare il carico del terzoesercizio è pari a:

Si è supposto di disporre i condensatori di rifasamentoa triangolo.

Nei due ultimi problemi proposti si richiede di deter-minare l'evoluzione dei circuiti durante un transitorio.Nel primo caso il forzamento è in continua e la chiusu-ra di un interruttore aggiunge, in parallelo al conden-satore, un nuovo resistore.

Nel secondo caso, due interruttori agiscono sincrona-mente, l'uno in apertura e l'altro in chiusura. Un con-densatore viene così aggiunto al circuito.

C = 23 F.

VO'O = 126,8 ej 6 .

232 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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I sistemi trifasi

Nell'introdurre il regime sinusoidale abbiamo accenna-to a come sia, in linea di principio, molto semplicei m m a g i n a re un generatore di tensione sinusoidalecostr uito in base ai principi generali della interazioneelettromagnetica: una semplice spira rotante in uncampo magnetico ne è stata la concreta esemplificazio-ne. È immediato osservare che, una volta prodotto ilcampo magnetico, appare logico sfruttarlo in manierapiù completa disponendo più spire rotanti nella regio-ne in cui esso agisce. Si osservi che a nulla servirebbedistribuire un unico avvolgimento lungo tutta la perife-ria del rotore; il motivo apparirà immediatamente chia-ro in seguito. Il generatore, che stiamo qui descrivendosolo in linea di principio, produrrà, invece di una sola,più tensioni sinusoidali che risulteranno tra di loro sfa-sate nel tempo di angoli corrispondenti agli angoli cheseparano nella disposizione spaziale le singole spire.Infatti, nella sua rotazione, una spira sperimenterà lestesse condizioni di quella che la precede dopo untempo pari a quello necessario a percorrere l'angoloche le separa.Un sistema di tensioni di tale tipo prende il nome di

Capitolo VII

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sistema polifase; in particolare se le tensioni sono egua-li in modulo (o valor e efficace) e sfasate tra di loro diuno stesso angolo (il che corrisponde ad una disposi-zione spaziale delle spire perfettamente simmetrica) ilsistema si dirà simmetrico; nel caso contrario esso sidirà d i s s i m m e t r i co. Ragioni pratiche consigliano ingenerale di limitarsi al caso di tre sole tensioni; avremo,dunque, sistemi di tensioni trifasi simmetrici o non, asecondo del caso. Se diciamo e1(t), e2(t) ed e 3(t) le tretensioni dei generatori, sarà, in generale:

Se in particolare E1 = E2 = E3 ed 2 = 2 /3, 3 = 4 /3,allora il sistema è simmetrico.È naturalmente ancora simmetrico il sistema con

2=4 /3 ed 3=2 /3. Per distinguerli diremo il primosistema simmetrico diretto ed il secondo simmetricoinverso. Nella rappresentazione vettoriale i due sistemisono descritti dai diagrammi mostrati a lato.Un generatore trifase si può sempre immaginare realiz-zato con tre generatori monofase, del tipo già introdot-to, e disposti come nell'ultima immagine a lato; taledisposizione si dice, per ovvie ragioni, a stella.Si noti che dal punto di vista elettrico un tale sistemapuò anche esser e disegnato come mostrato nell'imma-gine successiva.Le tensioni tra i conduttori di linea prendono il nomedi tensioni concatenate e vengono di regola indicate uti-lizzando la lettera V, mentre si riserva la lettera E per letensioni tra i conduttori ed il punto comune dei tregeneratori che prende il nome di centro stella dei gene -ratori . Tali tensioni vengono dette stellate o di fase. Siavrà evidentemente:

e1 t = 2 E1 sen t , e2 t = 2 E2 sen t - 2 , e3 t = 2 E3 sen t - 3 .

(VII.1)

210 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Le stesse relazioni sono descritte graficamente nel rela-tivo diagramma vettoriale riportato nella terza immagi-ne a lato: il triangolo delle tensioni concatenate ha pervertici i tre punti 1, 2 e 3, estremi dei vettori rappre-sentativi delle rispettive tensioni di fase.Supponiamo ora di collegare i tre generatori a tre impe-denze di carico, come descritto nella successiva imma-gine. Il sistema così ottenuto si distingue da quello chesi otterrebbe collegando i tre generatori sui rispettivicarichi separatamente, solo per il fatto che il condutto-re di ritorno dei tre generatori è in comune.Supponiamo ora, però, che il sistema, oltre ad esseresimmetrico diretto (o inverso, non ha importanza) siaanche caratterizzato dall'avere le tre impedenze di cari-co eguali tra di loro: un tale sistema si dirà equilibratonelle correnti (o anche nel carico). In queste condizionile tre correnti i1, i2 ed i3 sono:

dove si è indicato con l'angolo di fase comune delletr e impedenze.È facile verificare che nel caso descritto è:

Il fatto è particolarmente evidente nella rappresenta-zione vettoriale mostrata nella seconda immagine dellapagina successiva. I tr e fasori rappresentativi sono

i1 t + i2 t + i3 t = 0.

i1 t = 2 I sen t - ,

i2 t = 2 I sen t - 2 3 - ,

i3 t = 2 I sen t - 4 3 - .

(VII.3)

V12 = E1 - E2 ,

V23 = E2 - E3 ,

V31 = E3 - E1 .

(VII.2)

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eguali in modulo e sfasati di 2 /3 e costituiscono quin-di i lati di un triangolo equilatero: la loro somma è dun-que identicamente nulla. D'altra parte l'applicazionedella LKC al nodo comune delle tre impedenze, O', cidice che, nel dominio della rappresentazione simbolicadeve essere:

Dove 0 è la corrente nel conduttore comune di ritor-no nel verso indicato. Si conclude che, nelle condizionidescritte di tensioni simmetriche e carico equilibrato, lacorrente nel conduttore di ritorno è necessariamentenulla; ne consegue, per una nota proprietà delle reti,che tale conduttore può essere eliminato ed i due puntiO ed O' sono allo stesso potenziale anche se non sonocollegati da un conduttore!Siamo giunti quindi ad uno schema di collegamento asoli tre conduttori di linea che, se il carico è equilibra-to, è del tutto equivalente a quello precedente. Un talesistema verrà detto sistema trifase senza conduttore neu -tro (o filo neutro) perché tale è appunto il nome che siriserva al quarto conduttore.

I

I1 + I2 + I3 = I0. (VII.4)

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Immaginiamo ora il complesso dei generatori racchiusiin una scatola chiusa; fuoriescono soltanto i tre fili dilinea tra i quali sussistono le tensioni concatenate. È lasituazione che si può immaginare si verifichi quandol'alimentazione è fornita da un unico generatore trifa-se. Si osservi che lo stesso sistema di alimentazione sipuò immaginare prodotto da tre generatori, di tensionepari alla tensione concatenata e con gli opportuni sfa -samenti, collegati come mostrato nelle immagini; siparlerà in questo caso di sistema di generatori collegatia triangolo perché i generatori stessi possono ideal-mente immaginarsi disposti lungo i lati di un triangoloIn un collegamento a triangolo non c'è spazio per uneventuale filo neutro in quanto manca il punto O a cuicollegarlo.Anche il carico delle tre impedenze può essere collega-to a triangolo, come mostrato in figura, e, naturalmen-te, sono possibili le altre combinazioni: generatori astella e carico a triangolo o generatori a triangolo e cari-co a stella.Nel caso di carico a triangolo le singole impedenzesaranno attraversate da correnti diverse da quelle dilinea; tali correnti verranno dette correnti di fase. Lerelazioni tra correnti di linea e correnti di fase si rica-vano facilmente applicando la prima legge di Kirchhof fai nodi del triangolo delle impedenze e ricalcano quel-le tra tensioni concatenate e tensioni stellate.È facile però rendersi conto che, in una situazione incui non si conosce la ef fettiva disposizione dei genera-tori, deve essere in effetti possibile prescindere da taledisposizione e poter comunque determinare le corren-ti nei conduttori sulla base della conoscenza delle soletensioni concatenate. In effetti, assegnato un triangolo di tensioni concatena-te, possiamo immaginare tali tensioni prodotte da unaqualsiasi terna di generatori disposti a stella con tensio-

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ni tali che i loro vettori rappresentativi costituiscanouna stella con gli estr emi coincidenti con i vertici deltriangolo delle tensioni.Naturalmente, se la terna di tensioni concatenate è sim-metrica, sarà molto conveniente supporre la terna ditensioni stellate anche essa simmetrica; in tal caso siavrà , dove si è indicato con E e V, rispettiva-mente, il modulo comune delle tensioni stellate e delletensioni concatenate.

Esercizi

Per l'esercizio proposto al capitolo precedente si forni-sce, a scopo di verifica, la corrente cir colante nel secon-dario del mutuo accoppiamento:

Sullo stesso schema si verifichi cosa cambia nel risulta-to se si inverte il segno di M.

Il valore della capacità necessaria per il rifasamentototale del carico di cui al problema già proposto è:

Nel successivo esercizio si propone di calcolare i para-metri Y per il doppio bipolo mostrato.

Infine nell'ultimo esercizio, viene proposto di trasfor-mare una stella di impedenze in un equivalente trian-golo. Le formule sono quelle già dedotte per il regimecontinuo; basta ricordarsi di operare con numeri com-plessi invece che con numeri reali.

C = 1,1 F.

i2 t = - 0,25 2 sen (1000t - 4).

V = 3 E

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La potenza nei sistemi trifasi

Come abbiamo visto, nel caso di carico equilibrato astella e di terna di tensioni simmetrica, anche in assen-za di conduttore neutro, il potenziale O' del centro stel-la del carico coincide con il potenziale del baricentro Odel triangolo delle tensioni concatenate. Ciò vuol direche, se si immagina il sistema di tensioni concatenateprodotto da una terna di generatori a stella che forni-sce una terna simmetrica di tensioni stellate, il poten-ziale di O' coincide con quello del centro stella deigeneratori. In tali condizioni le correnti nelle singoleimpedenze di carico si calcolano agevolmente comerapporto tra le tensioni stellate e le relative impedenzedel carico, proprio come se il conduttore neutro fossepresente

Calcoliamo, in queste condizioni, la potenza fornita dasistema dei generatori. In generale in un sistema trifase,per qualsiasi terna di tensioni concatenate, la potenzatotale fornita al carico è la somma delle potenze ero-gate da tre generatori collegati a stella che siano ingrado di fornire la assegnata terna di tensioni concate-nate; tre generatori, cioè, le cui tensioni soddisfino le(VII.2). Sia ha dunque:

In particolare, se la terna delle V è simmetrica, sce-gliendo anche la terna delle E simmetrica, e se il caricoè equilibrato si ottiene:

p (t) = e1 t i1 t + e2 t i2 t + e3 t i3 t . (VII.6)

I1 = E1

Z , I2 = E2

Z , I3 = E3

Z . (VII.5)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 215

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Nella espressione della potenza istantanea si riconosceancora una termine costante ed un termine fluttuante,come nel caso monofase. Questa volta però il terminefluttuante è identicamente nullo. Se rappresentiamoinfatti i tre addendi di cui è composto in un piano deivettori - che questa volta però ruota con velocità 2 -vediamo subito che la spezzata che essi formano è chiu-sa e quindi essi sono a somma nulla. Si conclude, dun-que, che, nel caso di terna delle tensioni simmetrica eterna delle correnti equilibrata, la sola potenza che sitrasferisce al carico è quella media:

Sulla base delle nozioni introdotte possiamo a questopunto mostrare un altro motivo di convenienza dell'u-so di sistemi trifasi. Confrontiamo due sistemi di ali-mentazione, l'uno monofase e l'altro trifase senza neu-tro, che siano del tutto equivalenti per quello che con-cerne l'utilizzatore, cioè il carico. Supponiamo chedetto carico, nel caso del sistema trifase, sia disposto atriangolo come mostrato nello schema - ad un risultatoidentico si giunge se lo si suppone a stella - e che siainoltre equilibrato. La potenza fornita a tale carico è:

Un sistema monofase che sia equivalente a quello trifa-se deve fornire la stessa potenza sotto la stessa tensionee con lo stesso fattore di potenza; dal confronto tra le

P = 3VI cos .

3 EI cos = 3VI cos .

p(t) = EI sen t sen t- +sen t- 23

sen t- 23

- +

+ sen t- 43

sen t- 43

- = 3EIcos +

+EI cos 2 t- + cos 2 t- 43

- + cos 2 t- 23

- .

216 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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due potenze si deduce che la corrente in tale sistemamonofase deve essere volte più grande di quella nelsingolo conduttore di linea del sistema trifase:

Fino ad ora abbiamo supposto che i conduttori di lineache collegano i generatori al carico siano di resistenzanulla. In ef fetti, come abbiamo già sottolineato, essisono sempre realizzati con materiali a bassa resistività,e quindi tale approssimazione appare ragionevole. Mase pensiamo ad una rete di collegamento di dimensioniragguardevoli, in cui i generatori siano a chilometri echilometri di distanza dagli utilizzatori, come in effettiaccade in una complessa rete elettrica nazionale odinternazionale, si capisce facilmente come anche unapiccola resistività dei conduttori di linea può provoca-re notevoli potenze dissipate lungo la linea stessa.Paragoniamo le potenze dissipate dei due casi prece-dentemente descritti:

Dove è la resistività del materiale dei conduttori dilinea, L la distanza del carico dai generatori ed S1f edS3f le sezioni dei conduttori nei due casi esaminati.Perché le due potenze siano eguali occorre che siaS3f=S1f /2. In termini di volume di materiale impiegato,e quindi di costo della linea, a parità di tutti gli altri fat-tori, ciò significa che:

Con un risparmio globale di un quarto di materiale.Questo semplice confronto basterebbe a giustificare lascelta della trasmissione con sistemi trifasi; natural-mente ci sono altri aspetti del problema che non abbia-

Vol 3f = 3LS3f = 34

2LS1f = 34

Vol 1f. (VII.9)

P3fd = 3 L

S3f I3f

2,

P1fd = 2 L

S1f I1f

2.(VII.8)

I1f = 3 I3f (VII.7)

3

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 217

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mo esaminato in quanto non congruenti con il livello diapprofondimento al quale riteniamo di doverci mante-nere.Ritornando al problema del calcolo delle correnti in unsistema trifase, come abbiamo visto, se le tensioni con-catenate costituiscono una terna simmetrica (direttaper esempio), le correnti si calcolano agevolmentecome se si trattasse di tre circuiti monofasi distinti anzi-ché di un unico sistema trifase.Le cose si complicano leggermente se, pur restando laterna delle tensioni concatenate simmetrica, le treimpedenze di carico non sono più uguali. In tal casoanche supponendo le tre tensioni dei generatori dispo-sti a stella simmetriche, il potenziale del centro stelladei generatori non coincide con quello del centro stel-la del carico; il punto O nella rappresentazione vetto-riale, non coincide con il punto O'. Con O’O indiche-remo il vettore rappresentativo della differenza dipotenziale tra il centro stella del carico e quello deigeneratori; tale vettore individua il cosiddetto sposta -mento del centro stella.D'altra parte, dal diagramma vettoriale, si ottiene:

La conoscenza dello spostamento del centro stella con-sente, quindi, di calcolare le tensioni che insistono suirelativi carichi e, di conseguenza, le correnti:

Il calcolo dello spostamento del centro stella, è, d'altrapar te, molto agevole; basta applicare il metodo deipotenziali ai nodi, scrivendo l'equazione che esprime la

Ir = Er '

Zr

= Er - VO'O

Zr

. (VII.11)

E1 ' = E1 - VO'O,

E2 ' = E2 - VO'O,

E3 ' = E3 - VO'O.

(VII.10)

VO'O

218 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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LKC ad uno dei due nodi presenti nella rete. Si ottie-ne:

e quindi, mettendo in evidenza il vettore rappresentati -vo dello spostamento del centro stella:

La formula (VII.13), che può naturalmente esseregeneralizzata, come si è già detto, al caso di n rami inparallelo, prende il nome di formula di Millmann econsente di calcolare lo spostamento del centro stella,se sono noti i valori delle tensioni dei generatori e delleimpedenze di carico.Resta da vedere come si tratta il caso in cui anche letensioni concatenate non sono più simmetriche. Ineffetti il procedimento ora esposto basato sulla deter-minazione dello spostamento del centro stella, nonrichiede necessariamente che le tensioni concatenatecostituiscano una terna simmetrica; esso è applicabileanche nel caso di terna dissimmetrica. In tal caso, natu-ralmente, il punto O, rappresentativo del potenziale delcentro stella dei generatori E (non simmetrici), nonsarà più il baricentro del triangolo equilatero delle ten-sioni concatenate, come nel caso precedente, ma unpunto qualsiasi del piano rappresentativo. Esso dipen-de dalla scelta fatta per la terna di tensioni stellate chesi suppone producano le assegnate tensioni concatena-te. Per esempio è possibile scegliere O coincidente conuno dei ver tici del triangolo delle tensioni concatenate;ciò è equivalente a supporre che la terna di tensioniconcatenate sia prodotta da due soli generatori, comemostrato nello schema a lato, dove si è supposto O

VO'O =

Er

Zr

r

1Zr

r

. (VII.13)

Er - VO'O

Zr

= 0r

, (VII.12)

Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica 219

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coincidente con con il vertice 3 del triangolo delle ten-sioni concatenate. In tal caso lo spostamento del centro stella è dato da:

Si osservi infine che non pone alcun problema il calco-lo delle correnti nei singoli lati di un carico disposto atriangolo. In tal caso, infatti, sono note direttamente letensioni sulle singole impedenze, sia nel caso di unaterna simmetrica sia in quello di una terna dissimmetri-ca.

Esercizi

Per il doppio bipolo in figura si ha:

Per la verifica dell'esercizio successivo si fornisce ilvalore della impedenza sul lato (1,2) del triangolo equi-valente:

Z12 = - 10 + j20 .

Y11 = 10 - j60

3700 .

VO'O =

V13

Z1

+ V23

Z21Zr

r

. (VII.14)

220 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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La misura della potenza nei sistemi trifasi

Una qualche particolarità presenta l'inserzione deiwattmetri in un sistema trifase. Supponiamo inizial-mente che esso sia a stella con il neutro accessibilecome schematicamente mostrato in figura. Nella stessafigura è anche indicata l'inserzione di tre wattmetri: èevidente che la somma delle indicazioni dei tre watt -metri fornisce la potenza attiva assorbita dal carico tri-fase. Si ha infatti, indicando con W1 , W2 e W3 rispet-tivamente le tre indicazioni dei wattmetri:

Naturalmente, se il carico è equilibrato e la terna ditensioni simmetrica, si ha:

ed, in linea di principio, un solo wattmetro sarebbe suf-ficiente.Supponiamo ora che il centro stella del carico non siaaccessibile; sembrerebbe, a prima vista, che questofatto introduca una difficoltà insormontabile. In effetticiò non può essere, e non è infatti, come si compren-derà facilmente dalle seguenti considerazioni. Sia O' ilcentro stella (non accessibile) del carico ed O'' il puntocomune delle tre voltmetriche dei wattmetri. Se indi-chiamo con un solo apice le tensioni stellate sul caricoe con due le corrispondenti tensioni alle voltmetrichedei wattmetri, si ha:

D'altra parte la somma delle indicazioni dei wattmetriè per definizione:

Er'' = Er

' - VO'O" . (VII.17)

W1 = W2 = W3 = EIcos = P3

, (VII.16)

W1+W2+W3== E1I1cos 1+E2I2cos 2+E3I3cos 3. (VII.15)

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dove si è usato il simbolismo del prodotto scalare perrappresentare la potenza attiva. Utilizzando la (VII.17)nella VII.18 si ottiene:

dato che la somma dei fasori rappresentativi delle tr ecorrenti di linea è necessariamente nulla per l'assenzadel conduttore neutro. Se ne conclude dunque - teore -ma di Aron - che la somma algebrica delle indicazionidei tre wattmetri è indipendente dal potenziale delpunto rispetto al quale si valutano le tensioni stellate edè uguale alla potenza attiva assorbita dal carico. Si notiche non si è dovuto fare alcuna ipotesi sulle tensioniche alimentano il carico - può anche trattarsi, dunque,di un sistema dissimmetrico - né sulla natura del caricostesso - esso può anche essere non equilibrato; il risul-tato è del tutto generale. Come applicazione immedia-ta di questo risultato possiamo far vedere come sia pos-sibile utilizzare due soli wattmetri, invece di tre, per lamisura della potenza attiva in un sistema trifase senzaconduttore neutro. Se infatti poniamo il punto O'', peresempio, in collegamento con il secondo conduttore dilinea, l'indicazione del secondo wattmetro è identica-mente nulla, perché nulla è la tensione ai suoi morsettivoltmetrici; ciò rende inutile la presenza del terzo watt-metro. Si arriva dunque ad una inserzione del tipodescritto in figura, che prende il nome, appunto, diinserzione Aron. La somma algebrica delle indicazioni- esse, infatti, possono anche essere negative - dei duewattmetri fornisce in ogni caso la potenza attiva assor-bita dal carico.

W1 + W2 + W3 = Er' · Ir

r - VO'O" Ir

r = Er

' · Irr

,

W1 + W2 + W3 = Er'' · Ir

r , (VII.18)

222 Luciano De Menna Corso di Elettrotecnica

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Va notato infine che nel caso in cui il sistema trifase siasimmetrico ed equilibrato, e solo in questo caso, la dif-ferenza tra le due misure dei wattmetri nell'inserzioneAron è proporzionale alla potenza reattiva. Si ha infat-ti:

Dove Q è appunto la potenza reattiva totale assorbitadal carico:

Nel caso più generale la potenza reattiva è data da:

Si noti che in virtù del teorema di conservazione dellepotenze complesse, anche nel caso di sistemi trifasi, lapotenza attiva e reattiva totale assorbita dal parallelo didue carichi è pari alla somma delle rispettive potenzeassorbite dai due carichi separatamente.Questa considerazione consente di affrontare il proble -ma del rifasamento di un carico trifase alla stesso modoadottato per i carichi monofasi. Nel caso dei sistemi tri-fasi è possibile però una duplice scelta: il banco di con-densatori di rifasamento può essere collegato a stella oa triangolo. Per la stella si ha:

e per il triangolo

A parità di potenza reattiva, la capacità necessaria in uncollegamento a triangolo è minore di quella necessariaper un collegamento a stella. Naturalmente, però, nelsecondo caso i condensatori debbono essere progettati

Q - Q' = Pa tg - tg ' = 3 V2 CT. (VII.22)

Q - Q' = Pa tg - tg ' = 3 E2 Cs, (VII.21)

Q = Er Ir sen rr

. (VII.21)

Q = 3 E I sen = 3 V I sen . (VII.20)

W2-W1= VI cos - 6

- cos + 6

=

= 2 V I sen 6

sen = Q3

.(VII.19)

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per sostenere una tensione minore.Si noti infine che mentre un carico squilibrato posto inparallelo ad uno equilibrato non modifica il potenzialedel centro stella del carico equilibrato, se tra i due cen-tri stella dei carichi si dispone un collegamento, alloraanche il carico equilibrato non potrà più essere trattatocome tale.

Esercizi

Nel primo problema si richiede di calcolare l'indicazio-ne dell'amperometro a valor efficace posto sulla linea 2del sistema trifase assegnato, costituito da due carichiequilibrati in parallelo.

Nel secondo esercizio viene proposto un problemaanalogo; in questo caso, però, uno dei carichi è squili-brato.

Nell'ultimo problema, infine, si richiede di rifasare acos =0,9 un sistema di due carichi in parallelo di cuisono assegnate le rispettive potenze.

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Capitolo VIII

Dinamica dei circuiti di ordine superiore

Nei capitoli precedenti abbiamo già esaminato, parten-do da alcuni classici esempi, gli aspetti salienti dellasoluzione di una rete elettrica in regime dinamico qual-siasi; proviamo qui a riepilogarli.Sia data una rete con l lati ed n nodi, alimentata dageneratori di tensione e corrente con evoluzione tem-porale qualsiasi - ma non controllati - composta dabipoli resistivi, induttivi e capacitivi le cui caratteristi-che non variano nel tempo - si dirà che la rete è tempo-invariante. Desiderando conoscere l'evoluzione tempo-rale delle grandezze elettriche - tensioni e correnti - deisingoli bipoli, a partire da un determinato istante ini-ziale t0 - istante in cui è noto lo stato della rete, e cioèle tensioni sui condensatori e le correnti negli indutto-ri - si procede alla maniera seguente:Utilizzando le leggi di Kirchhoff si scrivono n-1 equa -zioni ai nodi ed l-(n-1) equazioni alle maglie; dato chele caratteristiche dei bipoli, in generale, esprimonolegami differenziali tra tensioni e correnti, il sistemache ne deriva sarà di l equazioni differenziali lineari, sei bipoli presenti sono appunto lineari.Mediante successive operazioni di sostituzione, edeventuale differenziazione, si ricava dal sistema di par-tenza una unica equazione differenziale in una delle

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incognite in precedenza scelta; il grado dell'equazionesarà pari al numero di bipoli "a memoria" - induttori econdensatori - presenti nella rete. Quest'ultima affer-mazione andrebbe dimostrata; noi la consideriamo talesulla base di una semplice considerazione di caratterefisico: se ciò non fosse vero il numero di condizioni ini-ziali assegnate non sarebbe adeguato alla soluzione delproblema. Naturalmente due condensatori in paralle-lo, o due induttori in serie, vanno contati come ununico componente; del resto, nei due casi, la condizio-ne iniziale e unica!La soluzione dell'equazione così determinata si ottieneaggiungendo all'integrale generale della equazioneomogenea associata, una soluzione particolare dellaequazione completa. L'integrale generale dell'omoge-nea associata, se le radici sono tutte distinte, sarà deltipo:

dove le r sono le radici del polinomio caratteristicoassociato all'equazione differenziale; tali radici possonoessere complesse, ed in tal caso si avranno fenomenioscillatori. Nel caso in cui si hanno radici coincidenti,la soluzione dell'omogenea ha una espressione diversa.Ad esempio se la radice k-esima ha molteplicità gk, l'in-tegrale dell'omogenea è del tipo:

In ogni caso la parte reale delle radici non potrà maiessere positiva, in quanto le soluzioni non potrannomai crescere esponenzialmente nel tempo; al limite, inreti prive di resistenze, le radici potranno essere pura-mente immaginarie, dando luogo ad oscillazioni per-manenti.Per quanto riguarda la soluzione particolare della com-pleta, abbiamo già visto come sia possibile determinar-

y0 t = Are rt

r =1

p

+ Bk,r t r-1e kt

r =1

gk

k = 1

m

. (VIII.2)

y0 t = Ar e r t

r=1

n

(VIII.1)

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la quale soluzione a regime nei due casi in cui i genera -tori sono tutti costanti - regime continuo - o di tiposinusoidale, tutti con la stessa frequenza - regime sinu-soidale, correntemente detto anche regime alternativo.Naturalmente il procedimento può essere esteso a regi-mi periodici di altro tipo: basta assumere che la solu-zione di regime abbia lo stesso andamento periodicodei generatori, inserire tale soluzione nella equazionedifferenziale e, imponendo che essa sia soddisfatta,ricavare i parametri da cui dipende la soluzione stessa.La soluzione generale così ottenuta, somma di quelladell'omogenea e della soluzione particolare, dipendedalle costanti Ar presenti nella soluzione della omoge-nea. A questo punto entrano in gioco le condizioni ini-ziali sulle grandezze di stato che, essendo proprio innumero pari al grado dell'equazione differenziale risul-tante, forniscono un adeguato numero di equazioni perdeterminare le costanti Ar. Naturalmente va ricordatoche, non essendo in generale le condizioni iniziali for-nite dir ettamente come valori della grandezza che si èscelta come incognita e delle sue derivate nell'istanteiniziale, ma come valori delle correnti negli induttori etensioni sui condensatori, occorrerà da questi ultimiricavare quelli relativi alla grandezza prescelta. Un pro-cedimento generale che consente di effettuare questopassaggio, consiste nel valutare le equazioni, scritte perimporre il rispetto delle leggi di Kirchhoff, all'istanteiniziale: in tali equazioni compaiono, come termininoti, sia le tensioni e correnti dei generatori che le cor-renti negli induttori e le tensioni sui condensatori; daesse sarà possibile ricavare il valore di ogni altra gran-dezza all'istante iniziale, come abbiamo già fatto vede-re nei casi sviluppati.Questo in sintesi il procedimento generale per risolve-re una rete lineare tempo-invariante in regime qualsia-si. Un esempio chiarirà meglio i vari passi della proce-dura. Ci limiteremo a descriverli riducendo al minimoi commenti.

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Consideriamo la rete mostrata in figura; essa, primadell'apertura dell'interruttore in serie al generatore e1 edella chiusura di quello in serie ad e2, funziona in regi-me stazionario. All'istante t=0 cambia la topologia equindi il funzionamento della rete.

Per determinare le condizioni iniziali occorre risolverela rete a regime per t<0. Utilizzando il metodo fasoria-le si ha immediatamente:

Dove:

sono i fasori rappresentativi delle tensioni dei genera-tori.Introducendo i valori numerici:

E1 = 100 5e - j 0,463 = 100 2 - j ,

E2 = 100 5e j 0,463 = 100 2 + j ,(VIII.4)

Vc = E1 1 - R

R + - j Xc R + j XL

R + j XL - Xc

,

IL = E1

R + - j Xc R + j XL

R + j XL - Xc

- j Xc

R + j XL - Xc .

(VIII.3)

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Ritornando al dominio temporale:

Le condizioni iniziali sono, dunque:

Per determinare l'evoluzione per t>0 applichiamo laLCK e la LTK al circuito nella sua configurazione fina-le:

Con alcuni semplici passaggi si ricava l'equazione risol-

e2 = R i2 + L diLdt

, L diL

dt = R ic + vc,

i2 = iL + ic, ic = C dvc

dt .

(VIII.8)

vc 0 = 200 sen - 4 = - 100 2 , iL 0 = - 10 2 sen 2 = - 10 2 .

(VIII.7)

vc t = 200 sen 100 t - 4 , iL t = - 10 2 sen 100 t + 2 .

(VIII.6)

Vc = E1 1 - j2 - j

= 100 1 - j ,

IL = j E1

10 12 - j

= - j 10 .

(VIII.5)

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vente nella tensione sul condensatore:

La VIII.9 è un'equazione differenziale ordinaria delsecondo ordine, lineare, a coefficienti costanti e nonomogenea (si noti che, come previsto, l'ordine dell'e-quazione è uguale al numero di bipoli a memoria pre-senti nella rete).Il polinomio caratteristico associato alla (VIII.9) è:

con radici:

La soluzione dell'omogenea associata è del tipo:

Resta da calcolare la soluzione di regime che si trovafacilmente con il metodo fasoriale:

Inserendo i valori:

e nel dominio del tempo:

L'integrale generale della completa è dunque:

Per determinare le costanti A e occorre sfruttare le

vc t = Ae-50 tsen 50t+ + + 10 2sen 100 t .

(VIII.16)

vcp t = 100 2 sen 100 t . (VIII.15)

Vcp = E22 + j

= 100 , (VIII.14)

Vcp = E2

R+j XL R-j Xc

R+j XL-Xc

jXL -jXc

R+j XL-Xc . (VIII.13)

vc0 t = A e- 50 t sen 50 t + . (VIII.12)

r + j = - 50 ± j 50. (VIII.11)

2 + 100 + 5 103 = 0, (VIII.10)

d2vc

dt2 + R

2L + 1

2RC dvc

dt +

+ 12

vcLC

= 12RC

de2dt

.(VIII.9)

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condizioni iniziali. La prima è data direttamente sullatensione del condensatore e fornisce:

Per la la seconda basta scrivere la LKC e la LKT all'i-stante iniziale; sottraendo infatti la seconda delle(VIII.8), valutata all'istante zero, dalla prima, si ottieneuna relazione da cui è facile ricavare il valore della deri-vata della tensione sul condensatore all'istante iniziale:

Dalla (VIII.17) e dalla (VIII.18) si ricava facilmente:

L'andamento della soluzione è mostrato nell'ultimafigura; dopo alcune oscillazioni transitorie, la tensionesul condensatore si assesta al suo andamento sinusoi-dale di regime.

Esercizi

Le potenze totali assorbite dal carico trifase del primoesercizio sono:

mentre l'indicazione dell'amperometro è:

Per il trifase di cui allo schema successivo, l'indicazio-ne dell'amperometro è:

I 4,73 A .

I = 13,7 A.

Pa(tot) = 8,99 kW,P(tot) = 9,04 kW,

A - 161 V; = 1.1 rad . (VII.42)

ic 0 = C dvcdt t = 0

= e2 0 -vc 0 -RiL 0

2 R. (VII.41)

vc 0 = A sen = - 100 2 . (VIII.17)

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Lo spostamento del centro stella è risultato pari a:

La capacità necessaria per rifasare il carico del terzoesercizio è pari a:

Si è supposto di disporre i condensatori di rifasamentoa triangolo.

Nei due ultimi problemi proposti si richiede di deter-minare l'evoluzione dei circuiti durante un transitorio.Nel primo caso il forzamento è in continua e la chiusu-ra di un interruttore aggiunge, in parallelo al conden-satore, un nuovo resistore.

Nel secondo caso, due interruttori agiscono sincrona-mente, l'uno in apertura e l'altro in chiusura. Un con-densatore viene così aggiunto al circuito.

C = 23 F.

VO'O = 126,8 ej 6 .

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