cannatà fera.pdf

Upload: porfirio

Post on 14-Jan-2016

15 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • Fabrizio Serra editore and Accademia Editoriale are collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access toQuaderni Urbinati di Cultura Classica.

    http://www.jstor.org

    Accademia Editoriale

    Gli dei sfuggiti all'Acheronte: Un frammento pindarico in Plutarco Author(s): Maria Cannat Fera Source: Quaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 40, No. 1 (1992), pp. 57-64Published by: Fabrizio Serra editoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20547127Accessed: 04-03-2015 10:40 UTC

    Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

    JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of contentin a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship.For more information about JSTOR, please contact [email protected].

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • Gli dei sfuggiti alPAcheronte: un frammento pindarico in Plutarco

    Maria Cannat? Fera

    In De superstitione 6, 167F Plutarco cita, attribuendoli a Pindaro, i versi seguenti

    xe?voi y?g x'&voooi xai ?yrJQaoi jt?vcov x'ajreiQoi, ?aQv?oav jtoQ?^iov neyevyoxec 'Ax?qovto?1 (fr. 143 Maehler).

    La citazione ritorna, senza alcuna attribuzione, in De communibus notitiis adversus stoicos 31, 1075A, con un riferimento gen?rico a "filo sofi" in Amatorias 18, 763C. Su un punto pero i tre passi convergono: soggetto di tali versi son? gli dei.

    Ma proprio questo, sinora mai posto in dubbio, sembra discutibi le. E naturale dire degli dei che sono "immuni da malattia e vecchiaia,

    inesperti di affanni" (cfr. Bacch. fr. 23 Snell-Maehler ol [i?v ??iifyte? ?eixeXictv t vovocov eloi xai t avatoi, oti??v ?v^Q jtot? txeXoi); ma perch? mai dire che sono "sfuggiti al vareo di Acheronte", perifrasi per indicare la morte, cui non erano certamente destinati2? La stessa

    1 Cfr. Ale. fr. 38,8 Voigt ?iwaevx' 'Ax?oovx' ?ji?oaioe, equivalente all'omerico

    jruX,a? 'Ai?ao Jieorjoeiv (//. 5, 646). L'Acheronte, fiume infero gi? in Hom. Od. 10, 513, indica sempre in Pindaro l'Ade nel suo complesso: Pyth. 11, 21 (Clitennestra fece andar?

    "presso la spiaggia ombrosa dell'Acheronte Cassandra, insieme con l'ani ma di Agamennone"), Nem. 4, 85 (il morto Callicle, "che abita presso l'Acheronte", riceve la celebrazione del poeta).

    2 Alcune traduzioni tendono ad appianare il problema, eliminando il verbo (M. Adriani, Opuscoli di Plutarco, Napoli 1841, pp. 169, 1091; R. Flaceli?re, Plutarque. Dialogue sur l'amour, Paris 1980, p. 86), o rendendolo con un presente (F. Duebner, Plutarchi scripta moralia Graece et Latine II, Parisiis 1890, p. 1315; A. Puech, Pinda re IV. Isthmiques et fragments, Paris 1923, p. 212; V. Longoni, Plutarco. SulVamore,

    Milano 1986, p. 84). Naturalmente il verb? pu? esser reso con il presente, ma senza obliterare l'aspetto del perfetto, che indica il risultato di un'azione passata.

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • 58 M. Cannat? Fera

    forma verbale, con an?loga perifrasi, esprime bene la sorte dei Greci

    scampati alla morte in naufragio nei racconto del messaggero di Aesch.

    Ag. 667: "Ai?riv Jt?vtiov Jtecpevyote?. Il peggio che potesse capitare agli dei, invece, era di essere allontanati dall'Olimpo e scagliati nei

    T?rtaro3, che si trova sotto l'Ade, "distante da esso quanto la terra dal

    cielo", in nessun caso di morir?4. I versi si spiegherebbero meglio se riferiti a degli uomini privile

    giati, esclusi da tutto ci? che di negativo comporta la natura umana. II frammento era accostato dallo Schroeder5 ad alcuni versi simonidei tramandati da Stobeo:

    fov?? y?q o? t?q?xeq?v Jtot5 ?jt?Xovto, dec?v ?' ?| ?vaxx v ?y?vovd' vle? f|[xideoi, ajtovov o??' ?qpftixov o??' ?xiv?wov ?iov ?? yf\Qa?, ?^ixovto xeX?aavte? f (fr. 523 Page).

    Ma Simonide dice qualcosa di molto diverso, che "neppure i figli degli dei giunsero alla vecchiaia dopo una vita senza affanni, senza

    pericoli, immortale". Era, questo, motivo ricorrente nella letteratura consolatoria (il frammento simonideo proviene da un threnos), esplici

    3 Cosi in Horn. //. 8, 16 (Zeus minaccia di scagliarvi gli dei, nel caso in cui continuino ad ingerirsi nella guerra di Troia; ib. 478-481, Crono e Giapeto vivono agli estremi confini della terra e del mare, e intorno ? il T?rtaro profondo), mentre nel T?rtaro esiodeo, che si trova "tanto sotto la terra quanto dalla terra il cielo ? lontano", sono relegati i Titani in seguito alla lotta contro le divinit? olimpiche (Th. 713-733). Per Pindaro, nel T?rtaro giace un nemico degli dei, Tifone (Pyth. 1,15), ma un intero pop?lo vi mandarono Zeus e Posidone (Poe. 4,42-44); Gea chiese che fosse relegato nel T?rtaro Apollo, che si era impadronito con la forza di Pito (fr. 55 Maehler); il "fondo del T?rtaro" ? menzionato nel fr. 207 Maehler, di cui ? difficile ricostruire il contesto (per una ipotesi, M. Cannat? Fera, Pindarus. Threnorum fragmenta, Romae 1990, p. 211 n. 6).

    4 Isolata la posizione degli stoici, con cui Plutarco polemizza tra l'altro proprio nel

    passo del De communibus notitiis dove riporta la citazione pindarica (in termini duris simi: 31,1075A "nessun uomo mai, credendo all'esistenza di dei, non li ritiene indi struttibili ed eterni"), in De stoicorum repugnantiis 38, 1052A, dove cita un frammento di Crisippo affermante l'eternit? del solo Zeus, la generazione e distruzione degli altri dei (S.V. F. II fr. 1049) e in De def. orac. 19,420A.

    5 0. Schroeder, Pindari carmina, Lipsiae 19232, ad loc.

    6 Vd. soprattutto Eur. Ale. 989-990 xai de v ox?xioi cpft?vouoi Jia??e? ?v

    dav?xcp, dove qrfKvovai potrebbe indicare una dipendenza da Simonide, tanto pi? che altri motivi simonidei son? individuabili nello stasimo (V. Di Benedetto, Euripide: teatro e societ?, Torino 1971, p. 81); inoltre Antip. Sid. A. P. VII 8, 7-8; G.V. 1249, 15 sgg.; 1941,4 Peek; E.G. 298, 7-8 Kaibel; Sen. Cons, ad Marc. 12,4; etc.

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • Gli dei sfuggiti all'Acheronte 59

    tamente previsto nei trattati retorici7. In forma diffusa, lo si trova in una

    iscrizione coliambica di et? alessandrina8 dove sono ricordati vari semi dei compianti dai divini genitori, Fetonte da Helios, Mirtilo da Her

    mes, Achille da Teti, Sarpedone dal signore degli uomini e di tutti gli dei, Zeus. L'elenco di personaggi mitici si ferma qui, ma da altri luoghi sappiamo di Enomao, figlio di Ares, di Orfeo e molti altri9.

    Eppure proprio uno degli eroi ricordati neU'iscrizione, Achille, secondo alcune fonti ebbe sorte diversa: egli condivide il comune desti no dei mortali nell'Ade di Hom. Od. 11, 467 sgg., e della sua morte si

    parla in Pind. Pyth. 3, 100-103 (con funzione consolatoria, a cui molto frequentemente il caso dell'eroe ? finalizzato)10, ma altrove ? nella pia nura Elisia, insieme con Medea (Ibyc. fr. 291 Davies, Simon, fr. 558 Page); nell'isola dei beati (Plat. Symp. 179 e), con Diomede ed Armo dio (Carm. conv. 894 Page); con Peleo e Cadmo, anche nell'isola dei beati pindarica (Ol. 2, 77-78), dove gli uomini possono giungere dopo una lunga vicenda di reincarnazioni11. Corne Achille, partecipano della vita olimpica Dioniso ed Eracle, Semele ed altri12. Ed anche semplici uomini, da s? "incapaci di trovare rimedio contro la morte e difesa dalla

    7 Nella sezione del trattato di retorica attribuito a Menandro di Laodicea relativa

    al discorso consolatorio, si raccomanda di ricordare, insieme con il motivo "la morte

    costituisce la fine della vita per tutti gli uomini", anche che f]Q(oe? xai de?rv Jtat?e? ov

    ?i?qnryov (414,6). 8

    N. 71 in E. Bernand, Inscriptions m?triques de l'Egypte gr?co-romaine, Paris

    1969. Per la cronologia, B. Lavagnini, Riv.filol. class. 16, 1937, p. 376 n. 2. 9

    Per Enomao, Pind. Ol. 1, 88; fr. 135 Maehler = threnos 61 Cannat? Fera. La

    morte di Orfeo, figlio di Calliope, assume funzione consolatoria in Quint. Sm. 3,633 sgg

    10 G.V. 1804,10 Peek o??' 'A/iXe?? ?' eyvyev Mo?Q[a]c? 0?u?o?, 1695, 8 Peek xai 0?ti? Alaxi?nv xXa?oev ?rco

  • 60 M. Cannat? Fera

    vecchiaia"13, potevano ottenere i privilegi di cui in positivo parla il frammento pindarico, in negativo quello simonideo. In gen?rale, agli dei era consentito rendere "immortali e senza vecchiaia"14 chi volesse ro: ? il caso di Arianna (Hes. Th. 949), Ifigenia (Hes. fr. 23a 21 Merk.

    West), Ganimede ([Hom.] H. Ven. 214). La possibilit? di "sfuggire alla morte e alla vecchiaia odiosa" ? offerta da Zeus al figlio Polluce, il

    quale sceglie pero di dividere il suo privilegio col fratellastro Castore, alternando Pesistenza in cielo a quella sottoterra, da comune mortale

    (Pind. Nem. 10, 55-90). Di altri, come Aristeo (Pind. Pyth. 9,63), o Menelao (Hom. Od. 4, 561-565 "o Menelao allevato da Zeus, non ? stabilito tu muoia e subisca il destino ad Argo che pasee cavalli, ma al

    Campo Elisio e all'estremita della terra, dove ? il biondo Radamanto, gli immortali ti manderanno. L? ? facilissima la vita per gli uornini") ? specificata soltanto Pimmortalit?, ma ? impl?cito l'altro elemento, la cui assenza comportava gravi problemi, come nel caso di Titono, per il

    quale la sua divina sposa Aurora aveva omesso di chiedere a Zeus la

    giovinezza, insieme con l'eternit?15. Accanto a questi destini singolari, altri potevano interessare gruppi pi? ampi. Esiodo descrive gli uornini della stirpe d'oro: "come d?i vivevano, con Panimo sgombro da affanni, lontani, senza fatiche e miseria; n? Pinfelice vecchiaia incombeva su

    loro, ma sempre con lo stesso vigore nei piedi e nelle mani gioivano in

    feste, lontani da tutti i mali. Essi morivano, corne domati dal sonno... sono i demoni... buoni sulla terra, custodi degli uornini mortali, che stanno a guardia della giustizia e delle opere inique, che si aggirano sulla terra dappertutto" (Op. 112-125). Essi sfuggivano all'Ade dun que, pur morendo, ma v'era anche chi sfuggiva del tutto alla morte, tra

    gli uornini della quarta stirpe: "alcuni di essi furono avvolti dal destino di morte, mentre ad altri, lontano dagli uornini dando vita e dimora,

    Pind. 01. 2, 25-26 (l'eccezionalit? del caso ? sottolineata con un ossimoro): ?coei... ?jtodavo?oa); Pyth. 11, 1; etc.

    13 [Hom.] H.Ap. 192-193.

    14 La formula ? riferita ad una dea, a Calipso, in Hom. Od. 5, 218, aile due Gorgoni Stenno ed Euriale in Hes. Th. 277. E Calipso stessa avrebbe voluto far diven tare "immortale e senza vecchiaia" Odisseo (Od. 5, 136 = 7, 257 = 23, 336); all? stesso modo Demetra il piccolo Demofoonte ([Hom.] H. Dem. 242, 260); la condizione ? espressa come un desiderio irrealizzabile da parte di Ettore (//. 8, 539) e Sarpedone (//. 12, 323). Ad oggetti la formula ? riferita in //. 2, 447 (l'egida di Atena), Od. 7, 94 (i cani forgiati da Efesto per il palazzo di Alcinoo), ai cavalli di Achille in //. 17, 444.

    15 [Hom.] H. Ven. 220-238, Sapph. fr. 58 Voigt, Mimn. fr. 1 Gent.-Pr.

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • Gli dei sfuggiti alFAcheronte 61

    Zeus Cronide li pose ai confini della terra. Ed essi abitano, con l'animo

    sgombro da affanni, nelle isole dei beati presso Oc?ano dai gorghi pro fondi, eroi felici" (Op. 166-172)16.

    Ma in termini molto pi? vicini a quelli del frammento tramandato da Plutarco, nella Pitica decima Pindaro descrive gli Iperborei, un

    "pop?lo di uomini beati" (v. 46 ?v?QCOV [?axa?cov ?fiiXov) inaccessib le, dove Perseo giunse con la guida di Atena:

    v?ooi ?' ovxe yf\gaq ov\?\ievov x?xQorcai ieQ?t yevecJL- jt?vcov ?? xai jxax?v axeg

    olx?oioi (pvyovxec im?Q?ixov N?fieoiv (w. 41-44).

    Elementi identici a quelli del frammento sono qui la mancanza di

    malattia, di vecchiaia, di affanni (in pi?, c'? l'assenza di battaglie: ? la descrizione di un pop?lo in pace, caratterizzato da banchetti, cori e

    musiche, sacrifici ad Apollo); ed anche l'ultimo elemento, quello a cui gli Iperborei sono "sfuggiti", potrebbe essere lo stesso del frammento. Nell'unico altro luogo pindarico in cui ricorre, v?|i?oi? sembra abbia il significato etimol?gico di 'attribuzione' (01. 8, 84-88: il poeta, alla fine dell'ode, prega Zeus perch? alla famiglia del vincitore conceda b?ni su

    b?ni, tenga lontane le malattie, ?|icpi xaX v [xotQ?t v?jieoiv oixo?oiAov jjir| d?jxev, non ponga, accanto alla sorte positiva, una di segno diverso). La 'assegnazione giustissima', o 'rispondente a giusti zia' (vjl?Q?ixo?)17 per gli uomini pu? essere dunque proprio la morte18.

    16 Entrambi i passi esiodei erano ben noti a Plutarco, il quale ripetutamente ne

    parla o ne cita qualche verso: De def. oracul. 10,415B (Esiodo per primo divise gli esseri dotati di ragione in quattro cat?gorie, dei, demoni, eroi, uornini: e solo poche anime di demoni, purif?cate, partecipano della divinit?); 39,431E (per Esiodo, qui qualificato de?o?, i demoni, custodi degli uornini, sono anime; ugualmente in De gen. Socrat. 24, 593D-594A; vivono sulla luna: 22, 591C); Dels, et Osir. 26, 361B-C (sono nature intermedie tra gli dei e gli uornini); C. Colot. 30, 1124D. Sul complesso proble

    ma, dopo G. Soury, La d?monologie de Plutarque, Paris 1942, vd. ora F.E. Brenk, In Mist Apparelled. Religious Themes in Plutarch's Mor alia and Lives, Lugduni Batavo

    rum 1977, pp. 85-112. 17 Per il primo significato, soprattutto R. Hirzel, Agraphos Nomos, Leipzig 1900,

    p. 57 n. 3; per il secondo, tra gli altri, H. Fr?nkel, Dichtung und Philosophie des fr?hen Griechentums, M?nchen 19622, p. 562 n. 15, il quale per? attribuisce un

    diverso significato all'intera espressione. 18

    Cosi, con ampia documentazione, A. Koehnken, Die Funktion des Mythos bei Pindar, Berlin-New York 1971, p. 163 sgg. (importante il confronto da lui evidenziato

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • 62 M. Cannat? Fera

    L'interpretazione trova sostegno dal confronto con YEpinicio terzo di Bacchilide dove ? narrato il mito di Creso il quale, strappato al rogo da

    Apollo per la sua eiJ?e?eia, ? condotto dal dio presso gli Iperborei (vv. 58-62), la cui terra assume dunque la stessa funzione dell'Elisio omeri co o dell'isola dei beati esiodea19. E probabilmente nella stessa direzio ne portano alcune testimonianze che attribuiscono agli Iperborei una vita straordinariamente lunga: Callimaco li definisce JtoX/uxQOVic? TCXTOV al\xa (H. Del. 282), da Strabone XV 1,57 sappiamo che Mega stene "diceva le stesse cose di Simonide, Pindaro ed altri mitologi a

    proposito degli Iperborei millenari"20 (potrebbe essere una interpreta zione razionalistica dello

    'sfuggire alla morte'); in Plinio, che parla di annoso aevo (Nat. hist. 4, 89-91), il tipo di morte loro attribuito, un salto in mare (cosi anche in Solin. 16,4), ? una chiara forma di muta

    mento di esistenza21. In tal caso, i due quadri combaciano perfettamente: soggetto dei

    versi tramandati da Plutarco possono essere proprio gli Iperborei, o

    comunque degli uomini che abbiano ricevuto uguali privilegi dagli dei22.

    tra Hes. Th. 211-212 M?qov xai Kfjoa ... xai 0avaxov e 217-223 Moloa?xai Kfjga? ... xai N?usaiv). Dando cr?dito alla testimonianza plutarchea, egli oppone il passo del

    frammento, dove il participio perfetto indicherebbe la condizione degli dei, a quello della Pitica, dove si ha il participio aoristo: ma, sul valore del perfetto, vd. supra. 19 H. Maehler, Die Lieder des Bakchylides I. Die Siegeslieder, Leiden 1982, ad loc. Non ? probabilmente casuale ehe nell'epinicio bacchilideo, come nella Pitica,

    ricorre una id?ntica presa di posizione dei due poeti sulla cr?dibilit? di ci? che opera no gli dei: Pyth. 10, 48-50 ?uoi ?? daufx?aai fteo?v xeXeaavxcov ov??v jtoxe qpa?vexai ?ujxev ?maxov, Bacch. 3, 57-58 ?juoxov ov??v, ? xi fr[e v ui]Qiuva xeiJxei.

    20 In relazione a Pindaro la notizia, riportata corne un frammento in moite edizioni

    (fr. 257 Schroeder), ? riferita semplicemente al luogo della Pitica gi? da F. G. Schnei dewin, Simonidis Cei carminum reliquiae, Brunsvigae 1835, p. 79. Per Simonide (fr. 570 Page), non escluderei una confusione con Bacchilide, ma ? interessante l'ipotesi di Schneidewin, cit. p. 78, che degli Iperborei il poeta di Ceo parlasse in un contesto relativo alla brevit? della vita umana (vd. fr. 648 Page x? y?g X^ia xaL Ta H-tiQia xax? 2iu.o)vl?t]v ext] oxiy\ir\ ri? ?oxiv ?OQioxo?, \iak\ov ?? u?gi?v xi ?gax^xaxov oxiy\if\?). Secondo J.D.P. Bolton, Aristeas ofProconnesus, Oxford 1962, p. 98 sg., il riferimento alla durata della vita do ve va essere solo in Megastene, il quale assimilava gli Iperborei ad un pop?lo indiano il cui modo di vita ? descritto in termini simili a quello degli Iperborei nella letteratura pervenutaci.

    21 A. Lesky, Thalatta, Wien 1947, p. 143. 22

    Si ? spesso ipotizzato che il frammento pindarico provenisse dai threnoi (A. Boeckh, Pindari epiniciorum interpretado Latina cum commentario perpetuo. Frag

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • Gli dei sfuggiti all'Acheronte 63

    Rimane da chiarire l'errore di Plutarco, il quale leggeva i versi al di fuori del loro contesto, o tale contesto non ricordava citandoli a

    memoria23: ? certamente cosi nelYAmatorius, dove la paternit? ? attri buita ad un "filosofo"24. Proprio nelYAmatorius ricorre un caso eviden te di confusione a proposito di un'altra citazione pindarica: in 5, 75ID

    l'espressione ?veu xolq?x?ov di Pyth. 2, 42 ? riferita alia nascita di Efesto da Era invece che a quella del Centauro da Nefele25.

    menta et indices, Leipzig 1821, p. 627; H. W. Smyth, Greek Melic Poets, London 1904, p. 378; Schroeder, cit. ad loc; F. Schwenn, s.v. 'Pindaros', R.E. XX 2, 1950, col. 1685), probabilmente per l'accostamento al frammento simonideo (vd. supra), citato come threnos da Stobeo. Ma dei versi simonidei ? evidente la funzione consolato

    ria, mentre quelli pindarici, seppure ne fossero davvero soggetto gli dei, riporterebbe ro

    all'opposizione dei/uomini fr?quente negli epinici (vd. G. F. Gianotti, Per una

    po?ticapindarica, Torino 1975, p. 129 sgg.). Gli Iperborei, oltre che agli epinici (sono menzionati ancora in 01. 3, 16 corne ??uov ... sA7ioX.Xcovo? degoutovra e in Isthm. 6, 23, dove il loro paese, in coppia con il Nilo, indica le estremit? del mondo), potrebbe ro far pensare invece ad un peana: a proposito del tempio di Apollo a Delfi son?

    ricordati in Poe. 8,63, e il viaggio di Apollo presso gli Iperborei era narrato in un peana di Alceo, fr. 307c Voigt (G. A. Privitera, 'Il peana sacro ad Apollo', Cultura e scuola 11, 1972, p. 45 n. 39).

    23 Lo stesso Plutarco dichiara di aff?darsi alla memoria per un aneddoto narrato in

    V. Per. 24,12: L. Di Gregorio, Aevum 53, 1979, p. 12 n. 5; ibid. p. 13 sgg., le confusioni e discrepanze nelle citazioni plutarchee dei tragici (e alcune anche di Ome ro). Fraintendimenti di passi citati nei De audiendis poetis sono segnalati da A. Philip pon, Plutarque. Oeuvres morales I 1, Paris 1987, p. 71 e n. 2, il quale conclude che l'autore doveva commentare senza av?re presente il contesto. False interpretazioni di un brano di Empedocle sono state individuate in Amat. 13, 765D da H. Martin J., Gr.

    Rom. Byz. Stud. 10, 1969, pp. 57-70, secondo cui Plutarco attingeva le citazioni a una propria raccolta di materiali, gli VJtou.vfju.axa di cui parla in De tranq. an. 1, 464F. Sulle citazioni plutarchee nei loro complesso manca uno studio esauriente (solo Feleneo in W.C. Helmbold-E.N. O'Neil, Plutarch's Quotations, Baltimore 1959; qual che contributo negli Atti del III Convegno della International Plutarch Society, Paler mo, maggio 1989 = Strutture formali dei "Moralia" di Plutarco, Napoli 1991); dei numerosi casi singoli studiati val la pena segnalare, in ?mbito pindarico, G. A. Privite

    ra, Sileno 13, 1987, pp. 228-229. 24

    E non si pu? pensare ad una designazione gen?rica, poich? in quel passo Plutarco distingue le credenze dei filosof? proprio da quelle dei poeti, oltre che dei legislators NelYAmatorius, inoltre, la parte iniziale della citazione ? parafrasata, con

    ?xelvoi invece di xe?voi, la forma del pronome usata costantemente da Pindaro (vd. E. Des Places, Le pronom chez Pindare, Paris 1947, p. 65).

    25 Interfer? va forse, come osserva Flaceli?re, cit. ad loc, il ricordo di Hes. Th.

    927 sgg., dove si dice di Era che genero Efesto senza unione d'amore (ov (piA?xnxi [xi yeloa.

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

  • 64 M. Cannat? Fera

    Ma per il sacerdote deifico, seguace del motto yv fri ooux?v26, che esprime l'essenza della divinit? con gli aggettivi ?up?a?TO? xai

    ?t?iog27, non potevano esserci dubbi: immuni da malattia, vecchiaia, morte, possono essere soltanto gli dei28.

    Universit? di Messina

    26 Egli ne parla in De Pyth. orac. 29, 408E, Degarrul. 17, 51 IB, Cons, ad Apoll.

    28, 116C-D, De E Delph. 2, 385D; ibid. 21, 394C, l'interpretazione di Plutarco: {jjt?uvrjo?c ?oxi x?) flvnxcp xfj? t?eqi aux?v qpuaEco? xai ?ofteveia?.

    27 De E Delph. 9,388F; 19,392E; De comm. not. 31,1074F; etc. (vd. E. Valgi glio, 'La teologia in Plutarco', Prometheus 14, 1988, p. 258).

    28 Del resto un altro pop?lo mi tico, in rapporto privilegiato con gli dei, i Feaci

    (Hom. Od. 7, 201-203 "da sempre gli dei ci appaiono col loro sembiante, quando facciamo le famose ecatombi, e banchettano presso di noi, sedendo con noi"), sfuggiva alia comprensione di Plutarco: i Feaci son? per lui un esempio di come i canti immora

    li, quali quello degli amori di Ares ed Afrodite, rendono "i costumi intemperanti, la vita effeminata e gli uomini amanti del lusso, della mollezza, dell'asservimento alia donna" (De aud. poet. 4, 20A; cfr. Non posse suav. 2, 1087B). Per i Feaci omerici come "Vorbild" degli Iperborei pindarici, Koehnken, cit. p. 169 sgg.

    This content downloaded from 159.149.103.9 on Wed, 04 Mar 2015 10:40:30 UTCAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

    Article Contentsp. [57]p. 58p. 59p. 60p. 61p. 62p. 63p. 64

    Issue Table of ContentsQuaderni Urbinati di Cultura Classica, New Series, Vol. 40, No. 1 (1992), pp. 1-166Front MatterProblemi di antropologia anticaLestrigoni [pp. 7-13]Feasting with Ethiopians: Life on the Fringe [pp. 15-33]Slaves and Greek Athletics [pp. 35-42]

    Lirica greca arcaicaLire Sappho dans Dmtrios, "Sur le style" [pp. 45-48]"Pindarica" III. La "Pitica" 2 e il carme iporchematico di Castore (fr. 105 a-b Maehler) [pp. 49-55]Gli dei sfuggiti all'Acheronte: Un frammento pindarico in Plutarco [pp. 57-64]

    Teatro grecoThe Unity of the "Persians" Trilogy [pp. 67-80]Sophocles' "Ajax": The Military "Hybris" [pp. 81-93]Il linguaggio erotico di Cratino [pp. 95-108]

    Prosa grecaParticles, Qualification, Ordering, Style, Irony and Meaning in Plato's Dialogues [pp. 111-126]

    Discussioni e recensioniL'ultimo libro di Albert Lord [pp. 129-133]Omero e la tradizione epica: Riflessioni su uno studio recente [pp. 135-148]Anassagora come test: Una proposta metodologica sulle testimonianze [pp. 149-154]Review: I misteri di Walter Burkert [pp. 155-160]Review: Un modello retorico per una nuova immagine della scienza [pp. 161-165]

    Back Matter