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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 27 – 28 giorni.

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Luglio – Settembre.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare per l’andata un volo intercontinentale che

vi porti (anche con scali) ad Ottawa e da qui di pervenire a Iqaluit. Per il

ritorno se non passerete dal Torngat Park fate il medesimo percorso a ritroso,

se invece opterete per il viaggio completo da Saglak volate alla volta di

Kuujjuaq e da qui a Montreal. Giunti nel suo aeroporto intercontinentale

potrete quindi volare alla volta dell’Europa e dell’Italia.

FUSO ORARIO: - 6 ore ad Iqaluit e nell’Auyuittuq National Park. – 5 ore nel Torngat National

Park.

DOCUMENTI NECESSARI: Passaporto, possibilmente con validità residua di sei mesi all’ingresso nella

nazione. Dal 2016 non è più necessario il visto turistico ma dovrete essere in

possesso dell’ eTA (electronic Travel Authorization) rilasciata su richiesta

online preventiva dalle autorità canadesi. All’atto dell’entrata e dell’uscita in

questi parchi nazionali è fatto obbligo di registrarsi e deregistrarsi alle autorità

del parco stesso.

PATENTE RICHIESTA: Non vi è necessità di mezzi autonomi una volta giunti in loco.

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RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Non vi sono rischi per la sicurezza in loco se non legati all’ambiente

estremamente selvaggio che andrete ad incontrare. Freddo rigido e neve anche

in piena estate, improvvisi mutamenti climatici, venti impetuosi e

problematiche legate all’orientamento in caso di scarsa visibilità sono comuni.

Prestare particolare attenzione alla fauna selvatica, in primis gli orsi polari,

che possono attaccarvi senza preavviso: munitevi pertanto di adeguati mezzi di

dissuasione. E’ sempre fortemente consigliato muovervi con guide del posto.

Visto quanto sono remote le aree che andrete ad esplorare ricordate che il

primo soccorso puo’ non essere immediato e che gli ospedali più vicini distano

ore se non giorni di volo di distanza. Si consiglia pertanto di fare estrema

attenzione e di stipulare un’assicurazione sanitaria che preveda le spese

mediche e le spese per un eventuale rimpatrio sanitario. Infine data la quasi

nulla copertura della rete per i cellulari è obbligatorio dotarsi di apparecchi per

telefonia mobile satellitari.

MONETA: DOLLARO CANADESE.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 1,50 Dollari Canadesi.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Iqaluit

Raggiungere questi desolati e bellissimi territori del Nunavut, il profondo e selvaggio Canada settentrionale, non è di certo né agevole né

economico, specie se partirete dall’Europa o dall’Italia nello specifico. Nonostante il fuso orario in regressione dovrete quindi mettere in

conto di dedicare al minimo due giorni completi per atterrare a Iqaluit, il capoluogo del Nunavut collocato sull’enorme Isola di Baffin. A

complicare le cose ci si mette il fatto che i collegamenti aerei nazionali canadesi verso Iqaluit (gestiti per lo più da First Air o da Canadian

North) esistono in maniera diretta solo dalla capitale Ottawa, la quale però non ha nessun volo diretto che la collega all’Italia. Mediamente

quindi dovrete fare un primo scalo a Montreal, Londra, Francoforte, Toronto o New York, prendere quindi un altro velivolo verso Ottawa e

da qui raggiungere il Nunavut. Complessivamente calcolate dalle 30 alle 34 ore per atterrare a Iqaluit e almeno una nottata spesa in una

sistemazione presso i principali aeroporti nordamericani. Espletate le formalità doganali e raggiunta l’agognata meta dedicate quindi tutta

la rimanente parte della seconda giornata all’ozio e al recupero delle energie, nonché a registrare il vostro fisico con il nuovo fuso orario e

la costante presenza quasi perpetua del sole anche di notte, vista la latitudine molto elevata.

3° giorno: IQALUIT

Il Nunavut è una regione enorme e pressoché disabitata, una terra dove il clima è l’arbitro dei destini di genti e animali, basti pensare che gli

unici nativi originari del Nord America che scamparono agli stermini perpetrati dagli europei in avanzamento nei loro storici territori furono

proprio gli Inuit, non per particolari meriti militari ma perché protetti da un clima così ostile che non invogliò nessuno a inoltrarsi in queste

lande. Ancora oggi nonostante la modernità abbia dilagato nelle comunità locali gli abitanti del posto seguono ritmi antichi e non è raro

vedere diverse attività chiuse perché i loro proprietari sono andati a caccia di balene o caribù che appaiono con i primi tepori tardo

primaverili. Le enormi distanze da colmare per la sua esplorazione e dei prezzi ancora davvero proibitivi per i più fanno ancora oggi del

Nunavut una terra misconosciuta ed ancestrale, ma questo è anche il suo pregio più grande: questo è infatti uno dei pochissimi angoli

americani ancora rimasti simili a come dovettero apparire agli occhi dei primi pionieri vichinghi o di Martin Frobisher che nel 1576 fu il

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primo europeo moderno a sbarcare sulle coste dell’isola di Baffin alla ricerca del mitico Passaggio a Nord-Ovest. Iqaluit è l’improbabile

capoluogo di questa regione che ottenne di distaccarsi dalla provincia dei Territori del Nord Ovest nel 1999, sancendo di fatto i confini della

storica area di influenza degli Inuit sulle terre canadesi. La città in sé non è davvero nulla di che, con problemi legati allo smaltimento dei

rifiuti e più palazzi amministrativi popolati da burocrati che case pittoresche abitate da ex Inuit nomadi convertitisi alla vita stanziale, ma è

l’ingresso obbligato (per via del sistema dei trasporti) al Nunavut e quindi dopo due giorni passati per aeroporti merita comunque la vostra

attenzione. Se le concederete qualche riserva dopo il primo poco rassicurante impatto avrete modo di iniziare però a coglierne alcuni aspetti

di grande importanza sociale. Iqaluit è infatti la fucina della modernità e dei nuovi stili di vita tra i locali che man mano stanno

abbandonando igloo, la vita nomade da cacciatori e i parka (capi di vestiario in pelle di foca) per uniformarsi allo standard internazionale.

Certo questo intristisce un po’ i viaggiatori e dissolve antiche tradizioni e costumi ma in fin dei conti è una cartina tornasole tangibile e

impietosa del XX e XXI secolo. Sotto un profilo di visita il centro della moderna Iqaluit è l’incrocio di Four Corners dove convergono le due

principali arterie stradali cittadine. Qui troverete alcuni ristoranti tradizionali (vietati ai vegetariani poiché la cucina classica degli Inuit si

basa solo e unicamente quasi sulla carne), diversi pub e a breve distanza la Legislative Assembly, ossia il palazzo che ospita il parlamento del

Nunavut, il massimo organo politico della regione. La sezione più interessante di Iqaluit rimane però quella prospiciente il porto dove ancora

oggi si radunano anziani e nostalgici che si adoperano nel riparare motoslitte, macellare foche o pesce appena giunto sulla terraferma e

nella costruzione di barche e slitte, mentre non mancano bancarelle che cercheranno di vendervi stampe, intagli e arazzi tradizionali. A breve

distanza poi sorge il Nunatta Sunakkutaangit Museum che ospita una piccola ma illuminante collezione sull’oggettistica, l’abbigliamento e

l’architettura classica degli Inuit. Nel pomeriggio un buon modo per sgranchirsi le gambe è quello di fare un lemme passeggiata all’interno

del Sylvia Grinnell Territorial Park, un’area protetta che si apre a soli 2km dalla città e nella quale vivono caribù, volpi e diverse specie

artiche tra cascate roboanti e torrenti impetuosi. A sera infine, anche per rilassarvi dopo la camminata, fate quindi una puntata negli animati

bar del centro di Iqaluit, cercando però di non esagerare col bere. Siate consci che da queste parti l’alcolismo è il motore principale dei rari

delitti compiuti e dei ben più comuni suicidi, di cui il Nunavut ha uno dei più tristi primati a livello internazionale.

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Una vista sulla comunità di Iqaluit, capoluogo dell’immensa regione del Nunavut, tra le desolate e spoglie lande dell’isola di Baffin. Quindi il

palazzo che ospita la Legislative Assembly, il parlamento locale, e alcuni dei più pregiati lavori tradizionali di intaglio del legno Inuit presso

il Nunatta Sunakkutaangit Museum.

4° giorno: trasferimento fino all’Auyuittuq National Park

Dopo una giornata spesa nel capoluogo del Nunavut in quarta giornata giunge quindi l’ora di approcciarsi al primo grande parco del

Canada settentrionale in cui si svolgerà la prima parte del viaggio proposto: stiamo parlando dell’Auyuittuq National Park, una distesa di

ghiacci, fiordi, vertiginose pareti rocciose, laghi alimentati dal disgelo e profonde vallate post glaciali che ricoprono 19.500kmq dell’estremo

lembo orientale dell’isola di Baffin. Auyuittuq in inuktitut (l’idioma locale) significa “la terra che non si scioglie mai” ed effettivamente una

volta qui sarete sorpresi dall’estensione e dalle immani proporzioni delle calotte glaciali qui presenti, sebbene gli effetti esponenziali del

riscaldamento globale si stiano facendo sentire qui con particolare impeto. La porta di ingresso a questa sorta di paradiso per gli

escursionisti è il villaggio di Pangnirtung, un paese insolitamente grande per la sua ubicazione (1400 anime lo popolano tutto l’anno) a soli

40km dal Circolo Polare Artico. Pangnirtung è l’ovvio centro logistico per le esplorazioni dell’Auyuittuq National Park e si raggiunge

comodamente con voli diretti quotidiani della durata di un’oretta da Iqaluit, sfruttando gli aerei della First Air o della Canadian North. Vi

raccomandiamo di scegliere un volo di prima mattina in modo di avere a disposizione tutta la giornata per fare rifornimento dei viveri e dei

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beni di prima necessità per svolgere la successiva escursione in sicurezza, oltre che per registrarvi all’arrivo nell’ente del parco e per

concludere accordi magari con qualche locale che possa farvi da guida nel trekking o anche solo accompagnarvi al termine del fiordo

antistante dove inizia il percorso il giorno successivo in barca. Esistono ovviamente escursioni organizzate che pensano quasi a tutto loro

sotto un aspetto logistico organizzativo ma i costi possono essere davvero proibitivi (ed è obbligatorio prenotarle con ampio anticipo).

Terminate le attività necessarie riservatevi comunque almeno un paio d’ore per aggirarvi in questa singolare località, rinomata localmente

per la raffinatezza e l’elevato livello artistico del suo artigianato, che potrete ammirare appieno visitando l’Uqqurmiut Centre for Arts &

Crafts. Una raccomandazione: per effettuare trekking in autonomia in queste aree è necessario disporre di permessi e della convalida e

dell’autorizzazione dei percorsi che avete scelto di intraprendere da parte dell’ente del parco. Dovrete quindi preliminarmente organizzarvi

da casa via internet mettendovi d’accordo con la direzione dell’area protetta e informandola del vostro livello di capacità e organizzativo,

pena l’impossibilità ad accedere alla zona. Per ogni informazione più dettagliata in merito vi raccomandiamo di visitare il sito internet

dedicato dell’Auyuittuq National Park.

5° - 12° giorno: AUYUITTUQ NATIONAL PARK

Con la quinta giornata di viaggio ha davvero inizio la vostra spedizione, muovendo i primi passi verso il completamento del tracciato noto

come Akshayuk Pass, un percorso noto agli Inuit dalla notte dei tempi che permette di oltrepassare le imponenti calotte glaciali e le pareti

rocciose verticali delle montagne locali letteralmente fese dai ghiacciai fino a raggiungere le gelide acque della Baia di Baffin che separano

l’isola dalla Groenlandia. Il percorso da compiere è abbastanza intuitivo snodandosi in andata e ritorno lungo questa sorta di vallata simile

ad un ampio canyon ma ricordatevi che vi state muovendo in un ambiente potenzialmente ostile, sia per questioni meteorologiche che

faunistiche. L’Auyuittuq National Park è infatti popolato da specie mansuete per l’uomo come i lemmings, gli ermellini, i gufi bianchi, le oche

delle nevi, i falchi pellegrini, i girifalchi, le volpi rosse e i caribù ma anche da specie che possono diventare pericolose e letali, prima tra tutte

quella degli orsi bianchi. Il Nanuq (come qui viene chiamato l’orso polare) è un abitante stabile e itinerante di queste zone e non essendo

stato praticamente mai a contatto con l’uomo in antichità non lo teme e non esita ad attaccarlo come farebbe con qualsiasi altro tipo di

selvaggina. Le sue dimensioni imponenti, la sua forza immane e una spiccata adattabilità al terreno ne fanno un killer letale e silenzioso,

specie se in compagnia dei cuccioli. Che vi muoviate con una guida o in solitaria è bene avere a disposizione armi da fuoco da adoperare in

caso di necessità.

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Una vista panoramica sull’avamposto di Pangnirtung che costiuisce la porta di accesso al remoto e fantastico Auyuittuq National Park.

Quindi i due animali che rappresentano l’apice della catena alimentare locale: l’immenso e pericoloso orso polare (nanuq nella lingua del

posto) e la scaltra e veloce volpe rossa dell’artico.

La prima giornata dell’escursione consta nel trasferimento via barca da Pangnirtung fino al termine del suo fiordo verso l’interno, una zona

denominata Overlord. Lungo la tratta in estate potreste anche imbattervi in branchi di beluga o narvali che nuotano nelle sue gelide acque.

Una volta sbarcati potrete iniziare per davvero a camminare muovendo verso nord alla volta dapprima del Crater Lake e poi del Windy Lake

(15km, 5 ore di cammino) passando tra i primi torrioni di granito del parco come il Tirowa Peak e il Castillo de Arena e contemplando le

acque dal colorito torbido di questi bacini lacustri incastonati da rilievi morenici lasciati dai ghiacciai in arretramento. Giunti al Windy Lake

(dove vi è un posto per richiedere soccorso in casi di emergenza) potrete quindi piantare la tenda e passare la vostra prima notte nella natura

selvaggia.

L’indomani potrete quindi procedere lungo la vallata dell’Akshayuk Pass in direzione est per altri 18km (6 ore di cammino) passando tra

alcune delle formazioni geologiche più estreme di tutto il pianeta. Camminerete infatti sotto le pendici della parete verticale di roccia più alta

del mondo, quella del Monte Thor, e in anfiteatri montuosi di eccezionale bellezza che vi lasceranno davvero senza fiato (da notare il

complesso del Monte Odin). Percorrendo questa tratta dovrete cimentarvi anche in alcuni guadi da brivido (sia per la temperatura che per

l’impetuosità talvolta delle acque) del Weasel River. La conclusione della tappa coincide con l’arrivo al Summit Lake, un grande bacino

lacustre ubicato laddove si spingono le propaggini più basse degli immensi ghiacciai circostanti. Piantate la vostra tenda e attendete le ore

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più tarde, è frequente vedere diversi animali aggirarsi nei paraggi.

La terza giornata di escursione vi consigliamo di passarla seguendo le sponde occidentali del Summit Lake fino a raggiungere l’anfiteatro di

morene convergenti che costituiscono il suo limitare orientale. La zona ha uno charme incredibile per gli amanti della natura e il percorso di

19km (6 ore e mezzo) di marcia passerà via veloce essendo distratti dall’ancestrale bellezza di questi luoghi.

Tre splendidi scorci che potrete gustarvi percorrendo l’Akshayuk Pass, il più noto tra i tracciati escursionistici dell’Auyuittuq National Park.

In prima immagine il fiordo di accesso provenendo da Pangnirtung, quindi la vallata scavata dai ghiacciai prima e dal fiume Weasel poi in

cui irrompe la parete verticale del monte Thor, la più alta al mondo. Quindi un accampamento presso il Summit Lake.

In quarta giornata vi consigliamo di prendervi una giornata di relax e di aggirarvi in questo luogo dalla bellezza quasi ultraterrena.

Fermarsi sul ciglio di un torrente che gorgoglia acqua di disgelo o scrutare i crepacci e i tormentati profili dei ghiacciai circostanti vi farà

percepire come il respiro della natura ma forse nulla è più appagante e incredibile che avvicinarsi al Monte Asgard, un incredibile monte di

granito dalla perfetta forma a tronco di cono che si eleva tra le vallate coperte da ghiacci poco a nord del Summit Lake. Se siete

accompagnati da una guida potreste farvi accompagnare, con le condizioni adatte, fin quasi ai suoi piedi risalendo per qualche chilometro il

Norman Glacier.

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Nei tre giorni successivi potrete valutare se ripercorre a ritroso il percorso appena compiuto oppure se proseguire lungo l’Akshayuk Pass

fino al suo termine orientale raggiungendo infine le acque del fiordo proveniente dalla Baia di Baffin. In questo secondo caso calcolate che

sussistono ancora tre postazioni con possibilità di chiamate di emergenza nelle località di June Valley, Owl River e North Pangnirtung e che

ogni tappa consta di circa 15-20km (5-8 ore di cammino ciascuna). L’ambiente scendendo verso il mare si fa man mano sempre più solitario

e ampio e rappresenta un vero sogno ad occhi aperti per i più intrepidi. La vera problematica è quella di organizzare a dovere un recupero

navale da parte di qualcuno che vi riconduca dal fiordo a Pangnirtung compiendo il lunghissimo periplo meridionale dell’isola di Baffin

oppure che vi porti da qui a Qikiqtarjuaq, un’altra remotissima località Inuit che però possiede collegamenti aerei diretti con Pangnirtung.

Inutile dirvi che questa opzione aumenterà di non poco i costi e i problemi logistici connessi all’organizzazione del vostro trekking (è quasi

indispensabile affidarsi a tour organizzati). Nel complesso calcolate quindi di spendere otto giorni nell’Auyuittuq National Park prima di

poter rientrare a Pangnirtung paese, lasciandovi così la tranquillità anche di avere un giorno per recuperare eventuali ritardi nella marcia

dovuti a improvvisi episodi di maltempo.

Nelle prime due istantanee la struggente bellezza e le forme praticamente perfette del Monte Asgard, simbolo dell’Auyuittuq National Park in

chiave estiva e primaverile. Quindi un ardito esploratore che si muove sulle distese di neve della Owl Valley in direzione del firodo di North

Pangnirtung per concludere le proprie fatiche lungo l’Akshayuk Pass.

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13° - 14° giorno: trasferimento fino al Torngat National Park

Il trasferimento da Pangnirtung sull’isola di Baffin fino al campo base del Torngat National Park è un’impresa davvero ardua stanti i

collegamenti diretti al momento ancora davvero esigui nel Nunavut canadese. La più valida (e forse unica fattibile) ipotesi di movimento tra

questi due splendidi parchi è quella proposta dalla First Air. Decollando da Pangnirtung di domenica, martedì o giovedì e pernottando a

Iqaluit il tredicesimo giorno di viaggio (un’ora di volo) potrete infatti usufruire l’indomani dei voli diretti dal capoluogo del Nunavut verso

Kuujjuaq (90 minuti di volo), un centro inuit di discrete dimensioni (2500 abitanti) dotato di aeroporto situato sulla costa settentrionale

dell’immensa penisola del Labrador, nella regione del Quebec settentrionale. Qui sarete costretti a un nuovo pernotto forzato ma nel giorno

successivo potrete prendere gli aerei messi a disposizione dai tour organizzati che volano direttamente da qui a Saglek, una pista di

atterraggio situata in prossimità del campo base del Torngat National Park, l’unica base semistabile umana in questa regione recondita e

assolutamente selvaggia posta all’estremità settentrionale della penisola del Labrador (sottoposta al controllo della provincia della

Newfoundland o Terranova). A Kujjuaq in compenso potrete mettere a posto i vostri documenti per l’accesso al parco, fare conoscenza con la

vostra guida e fare incetta di viveri e di tutto ciò che vi occorrerà nei giorni successivi nuovamente da spendersi nella natura selvaggia. Vi

rammentiamo però di organizzare nel dettaglio quest’ultimo spostamento aereo attualmente attivo solo in piena estate e a scadenza

settimanale. Risulta così quasi obbligatorio unirsi a tour organizzati o alternativamente organizzare un volo charter privato di andata e

ritorno, fattore che però ovviamente farà impennare i costi del vostro viaggio.

15° - 25° giorno: TORNGAT NATIONAL PARK

Il Torngat National Park, istituito nel 2005, si estende per 9700km2 in una delle regioni canadesi più ostili e prive di qualsivoglia

insediamento o infrastruttura umana e tutela un ambiente unico fatto di fiordi profondi, bacini idrografici intatti e i rilievi montuosi nord

americani più alti ad est delle Montagne Rocciose. L’unica popolazione che storicamente riuscì a domare quest’intricata natura selvaggia

furono gli Inuit che ciclicamente ogni anno in estate lo raggiungevano per cacciare e pescare e ancora ai giorni nostri rappresenta un

enclave dei nativi nella quale si può visionare come doveva svolgersi la loro vita secondo gli usi e costumi tradizionali (ancora oggi gli Inuit

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presenti si muovono a piedi o con barche rudimentali o su slitte trainate dai cani) . Nulla infatti riuscì a persuadere questi fieri e resistenti

abitanti del posto ad abbandonare il loro modo di vivere, tanto che sia i tentativi di evangelizzazione tentati nel ‘700 o la ricerca di

commutare la popolazione al servizio dell’industria ittica di Terranova nell’800 non ottenne pressoché nessun risultato. Così un aspetto

primario della visita al Torngat è rappresentato infatti dalla compartecipazione alle attività quotidiane dei nativi che in genere sono ben lieti

di farsi aiutare dai viandanti.

Se la mattinata del quindicesimo giorno dovrà giocoforza essere impegnata nel trasbordo aereo da Kuujjuaq a Saglek (90 minuti) non appena

atterrerete nei pressi di questo elaborato sistema di fiordi sarete condotti mediante veloci imbarcazioni (altri 60 minuti) al Torngat

Mountains Base Camp (protetto da una recinzione per evitare scorribande degli orsi polari al suo interno) dove potrete trovare sistemazione

nelle numerose tende e yurte adibite al pernotto dei turisti e dove vi saranno messi a disposizione pasti caldi ed esperte guide locali che

potranno anche allietare le vostre serate raccontandovi leggende e credenze animiste tipiche degli Inuit che da sempre popolano questi

territori.

Una fotografia che ritrae il Torngat Mountains Base Camp situato in una profonda insenatura del sistema di fiordi di Saglek, quindi due dei

principali protagonisti della fauna locale: il pericoloso e affascinante orso bianco e il caribù, l’erbivoro più diffuso nel parco.

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L’indomani, tempo permettendo poiché questa è una delle regioni con il meteo più incostante e piovoso di tutto il Canada, potrete quindi

iniziare le vostre esplorazioni in zona. Vi suggeriamo di dedicare la vostra prima giornata in loco all’esplorazione via mare delle bellissime

isole che compongono il fiordo di Saglek incentrando la vostra attenzione principalmente sull’isola di Sallikuluk (Rose Island) che per secoli

è stato l’avamposto più florido della comunità Inuit nella zona come testimoniano le oltre 600 tumulazioni dei nativi presenti ed i resti delle

tende e delle costruzioni che le popolazioni seminomadi dell’epoca vi costruirono. L’isola in sé poi ha dimensioni tali (5x1,5km) che la rende

perfetta per un’esplorazione a piedi muovendosi tra terreni tipici della zona ammantati da una flora tipicamente artica e della tundra (sono

bellissime le fioriture estive delle migliaia di fiori selvatici presenti) e imbattendosi in diversi esemplari di fauna locale. Siate però sempre

accorti e accompagnati per l’eventuale presenza di orsi polari in zona.

Un’altra splendida escursione giornaliera che si può effettuare dal Torngat Base Camp è quella sempre via mare che vi condurrà nel

profondo del sistema di fiordi di Saglek inoltrandosi in acque spesso infestate da iceberg anche in estate e nelle quali nuotano decine di

balene e foche che potrete ammirare nel loro habitat naturale intatto. La gita si compone anche di approdi nei punti più scenici

dell’anfiteatro geologico locale permettendovi di pranzare all’aria aperta riscaldati da fuochi accesi dalle vostre guide Inuit e anche di

fermarvi presso qualche sperduta spiaggia sabbiosa che si specchia in acque assolutamente trasparenti tanto da invogliarvi quasi a fare un

tuffo in questo contesto incredibilmente spettacolare.

Una delle testimonianze archeologiche delle tumulazioni inuit presso l’isola di Sallikuluk, da sempre l’epicentro delle comunità locali in

zona. Quindi un’immagine delle splendide fioriture estive del Torngat National Park e un iceberg che fluttua nelle acque dei suoi fiordi.

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Infine dalla terza giornata in loco potrete iniziare a compiere il vostro trekking plurigiornaliero nella regione, che costituirà ovviamente

l’esperienza culminante della vostra visita al Torngat National Park. Fatevi consigliare per quanto concerne i tracciati dalle guide locali che

saranno liete di accompagnarvi lungo gli antichi percorsi di caccia Inuit insinuandovi tra balze rocciose composte da alcune delle rocce più

antiche di tutto il pianeta Terra, alcune delle quali raggiungono l’incredibile età di 3,9 miliardi di anni fa (se siete dei geologi esperti avrete

di che saziare la vostra curiosità). Al contempo però siate preparati ad affrontare condizioni meteorologiche variabili ed estreme (prestate

particolare attenzione alle nebbie improvvise e ai venti impetuosi che possono scatenarsi dalle vallate soprastanti raggiungendo picchi ben

oltre i 100km/h che possono far scendere di decine di gradi la temperatura in poche ore) e ad imbattervi in una fauna selvatica non abituata

alla presenza umana e quindi assai pericolosa. Oltre all’ovvio rischio costituito dagli orsi polari, i quali curiosamente rispetto al resto del

mondo stanno aumentando in numero specialmente lungo le coste (peraltro sappiate che se vi muoverete autonomamente non potrete portarvi

armi da fuoco con voi per difendervi, gli unici autorizzati all’uso e al possesso sono le guide Inuit), ricordate che nella zona sono diffusi

anche gli orsi bruni (che vivono anche nella tundra più profonda), i lupi, le volpi, i caribù, le aquile e i falchi pellegrini. Molto meno

spettacolari ma molto fastidiosi e potenzialmente rischiosi sono gli insetti che a migliaia in estate vivono nei pressi delle numerose pozze

d’acqua della zona. Siate previdenti e dotatevi di repellenti adeguati. Comunque sia affidandovi all’esperienza delle guide locali potrete

vivere la vostra esperienza in relativa sicurezza visto che le popolazioni locali sono secoli che convivono con i carnivori locali senza quasi

aver mai registrato episodi drammatici. Loro conoscono infatti alcuni trucchi (comportamentali e strategici, come piazzare le vostre tende ad

almeno 8-10km dalla linea di costa) che minimizzano le possibilità di incontri indesiderati specialmente con l’orso bianco. Tra le escursioni

più memorabili dell’area comunque si rammentano quelle che partono dal fiordo di North Arm, risalgono le alture circostanti (da cui si

godono eccezionali viste panoramiche) e si inoltrano verso l’entroterra fino a raggiungere l’immensa valle incontaminata detta Nakvak

Brook Valley, un’antichissima via di comunicazione usata dagli Inuit per muoversi nella regione. I paesaggi sono davvero splendidi e la

presenza del Koroc River assicura anche salmoni e pesci in abbondanza. Muovendosi a ritroso verso il complesso di fiordi di Saglek una

deviazione quasi d’obbligo è quella al Gut Plateau un altopiano disseminato di laghi cristallini e scintillanti dove potrete vedere numerosi

orsi nel loro habitat ma al contempo dovrete predisporre adeguate contromisure per evitare eventi catastrofici. Nel complesso vi suggeriamo

di calcolare una settimana di escursione nella natura selvaggia, con la possibilità eventualmente di mettere in conto anche una giornata

persa completamente a causa del maltempo. Infine predisponetevi un ultimo giorno per abbandonare il Torngat Mountains Base Camp e per

volare a ritroso fino a Kuujjuaq. Complessivamente quindi vi raccomandiamo per una visita appagante e completa di essere stanziali in zona

per non meno di 11 giorni: predisponete quindi i vostri trasporti di conseguenza.

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Tre viste spettacolati che potrete godere inoltrandovi negli ambienti selvaggi del Torngat National Park: dalle sue vallate incontaminate

solcate da fiumi pescosi e impetuosi che si risolvono nei fiordi del Saglek ai trekking di più giorni lungo le antiche piste Inuit per lo

spostamento in questa regione terrestre così eccezionale e impenetrabile.

26° - 27° - 28° giorno: trasferimento fino in Italia

Ancora una volta i movimenti aerei per portarsi dalle remote aree canadesi settentrionali all’Italia non risulteranno veloci, economiche ed

agevoli. Tuttavia se sceglierete l’opzione di rientro via Kuujjuaq e non via Happy Valley-Goose Bay la tratta risulterà parecchio più snella.

Da Kuujjuaq esiste infatti un collegamento diretto quasi giornaliero con Montreal gestito dalla First Air che in due ore e mezza di volo vi

condurrà nuovamente alla civiltà a cui siamo abituati. Da qui per chi dovesse fare rientro a Roma esistono anche voli diretti così da riuscire

a rientrare sul suolo italiano già in ventisettesima giornata. Se però aveste come meta gli aeroporti milanesi del nord Italia dovrete mettere in

conto almeno una giornata in più per il rientro, complice anche il fuso orario in avanzamento, per la necessità di fare scalo in un aeroporto

intermedio. In genere gli scali delle maggiori compagnie aeree avvengono presso gli aeroporti di Reykjavik, Tunisi, Amsterdam, New York,

Toronto, Istanbul, Casablanca, Londra o Parigi. Quale che sia il vostro itinerario di rientro e anche se alla fine di questo lungo tour

probabilmente sarete davvero un po’ spossati le esperienze, gli ambienti, la gente e la natura che avrete incontrato lungo il vostro percorso

saranno però quasi certamente una delle esperienze che più vi rimarranno impresse nella mente a vita.