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Cambiare sguardo per incontrare giovani fuori dai luoghi comuni Incubatori di futuro Trento 25 settembre 2015

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Cambiare sguardo per incontrare giovani fuori dai luoghi comuni

Incubatori di futuro Trento 25 settembre 2015

Senza volto

Un difetto dello sguardo ?

“I gatti non hanno facce.[…]Gli animali non hanno caratteri proprio come non hanno dei volti. Tu ti aspetti troppo da loro. Sono dotati di anima, ma non di carattere. Per dirla correttamente, gli animali non hanno dei volti perché non hanno ricevuto in dono la sottile muscolatura attorno agli occhi e alla bocca che invece noi esseri umani possediamo a e grazie a cui siano in grado di esprimere la nostra anima. Le loro anime devono rimanere invisibili. Ma l’invisibilità è una qualità ? No, non esiste essenza invisibile. Essere invisibile non è una qualità delle essenze. E’ una qualità, una capacità, un’incapacità di chi osserva”

(J.M Coetzee)

Luoghi comuni: nessuno è immune

Di cosa si nutre il nostro sguardo sui giovani ?

Ci possiamo ritenere immuni dagli stereotipi mediatici ?

Quando incontriamo un giovane siamo sicuri di NON anteporre un simulacro, un’icona ?

I HP Cambiare sguardo per incontrare giovani fuori dai luoghi comuni

“…il desiderio si abbozza nel

margine in cui la domanda si strappa dal bisogno” (J.Lacan)

Disertare i simulacri

Sospendere la volontà di sapere

Ascoltare le domande

II HP Cambiare sguardo (smetterla di inquadrare attraverso uno specchietto retrovisore)

“That is what you are. That's what

you all are...All of you young people who served in the war.

You are a lost generation” (G.Stein, 1924)

Congedare scale novecentesche per

misurare la partecipazione,

l’attivazione, l’apprendimento, la

progettualità

III HP Cambiare sguardo – riconoscere la cifra di una pluralità diseguale

“…una distribuzione

diseguale della vulnerabilità” (J.Butler)

Poligamia, pluri-appartenenze,

identità biodegradabili

Non classificabilità (Neet)

Disparità e diseguaglianze

Stupendi, stupefacenti, stupidi

Ripensando agli incontri fatti e alle esperienze condivise negli ultimi 6 mesi, c’è qualcosa che ti ha stupito, che ti ha un po’ spiazzato, che non ti aspettavi ?

Mi ha stupito…

• Il racconto di un 25enne che si sente vecchio di fronte ai 15enni youtuber

• Il traguardo delle 50.000 visualizzazioni • Chi partecipa ad un campo di Libera e frequenta la

discoteca più cool di Milano • Il boom di iscritti ad Agraria (e il ritorno alla terra) • “Genny vive” • Il modo di chiedere aiuto e consigli attraverso i social • Cosa si scatena di fronte ad una stampante 3D • Gli angeli del fango nel piacentino • L’entusiasmo pragmatico di una volontaria di EXPO

Cambiare approccio

Cosa ho provato a lasciarmi alle spalle: • La ribalta e lo specchio ovvero la logica della promozione

del “PROTAGONISMO”

Quali DERIVE ho cercato di fronteggiare:

• L’enfasi sulla RELAZIONE (Il Mentore)

• Il ritorno delle strategie OCCUPAZIONALI (il Laboratorificio)

• L’accettazione dello sguardo patologizzante (Lavoriamo sui “casi”)

LA RIBALTA…

La ribalta aveva in passato lo scopo di nascondere al suo interno le luci che occorrevano per illuminare la scena: lo stesso nome, ribalta, indicava l'asse che, ruotando su degli appositi perni, serviva ad oscurarle.

Allestire la ribalta:

• Favorire la messa in scena da parte del gruppo

• Strutturare un setting nel quale il gruppo si possa esprimere, raccontando qualcosa di sé

• Dare una scena a chi sta facendo il suo apprendistato espressivo

(dalla video-narrazione all’open mic, dal teatro alla giocoleria)

…e LO SPECCHIO

• La funzione restitutiva dell’educatore (come vi ho visti)

• La funzione di rispecchiamento nel gruppo (come ci siamo visti)

• La funzione riflessiva (come mi vedo, come vedo l’altro, come penso che mi vedano gli altri…)

PRIMA (AUTO)CRITICA (le strategie)

Se lo SPECCHIO non funziona e rimane solo (e si rimane soli) la RIBALTA….

Se la RIBALTA non funziona e si rimane solo davanti allo SPECCHIO

(o del protagonismo senza attrito

o della restituzione senza esperienza)

Il teatro senza storia

“E’ venuta meno la possibilità di ricorrere all’elemento tragico, perché dove non c’è mondo non ci può essere

collisione con il mondo” (G.Anders)

In scena ci sono solo i soggetti, senza una storia, che si perdono nella rappresentazione di sé stessi attraverso le provocazioni nei confronti dell’adulto

La ribalta del protagonismo improbabile

Non bastano un palco e un microfono…

Per essere protagonisti ci devono essere degli antagonisti, degli ostacoli da affrontare, delle prove da superare,

Il protagonismo si nutre dell’incontro/scontro con oggetti culturali, simboli e segni, da esperienze che lasciano una traccia su di sé, che lasciano un segno

Seconda autocritica (i dispositivi)

Il dispositivo di un C.G è simile all’adolescenza e questo permette a molti adolescenti di scegliere liberamente di accedervi, di riconoscersi, di identificarsi, di trovare un contesto accogliente, non giudicante e non performativo….

MA se la componente materiale, istituzionale e procedurale del dispositivo del CAG è simile all’adolescente, E’ solo L’EDUCATORE A RAPPRESENTARE E A INCORPORARE LA COMPONENTE ADULTA – il PRINCIPIO di REALTA’ e di RESPONSABILITA’ del dispositivo stesso

L’educatore è troppo al centro, nel centro di aggregazione

Molto, forse, troppo dipende da:

Soggettività dell’educatore

Tenuta del setting mentale

Capacità riflessive ed elaborative dell’equipe

IV HP Cambiare approccio: incontrarsi fuori dalla fiction

Pragmatismo, rischio, sfide consistenti, messa alla prova, impatto, lasciare un segno (di sé nel mondo…)

ATTIVISMO e NEURONI A SPECCHIO

“ll fatto che l’uomo sia capace d’azione

significa che da lui ci si può attendere l’inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile” (H.Arendt)

V HP Cambiare approccio: scommettere sulla generatività dell’incontro tra generazioni

“La capacitazione è un processo in cui persone o gruppi che si trovano in una situazione di impotenza apprendono modalità di pensiero ed azione che permettano loro di agire in maniera autonoma…”(G.Scotto)

VI HP Essere disposti a cambiare le nostre organizzazioni

“Il lavoro sociale può creare luoghi di

resistenza insieme all’altro che vive sulla sua pelle l’esperienza della tragicità del mondo”

(M.Benasayag)

Mettersi davvero nel mezzo, come i mediani di una volta, a fare da connettori, da cinghie di trasmissione, interpretando una funzione pubblica di net-working sulla quale c’è stato ammutinamento di chi si confina nei propri recinti…

VII HP Cambiare la posizione della funzione educativa

Un’esperienza alla 2

“..pensare l’esperienza…proporre un’esplorazione di secondo livello della propria esperienza”

(R.Massa)

Apprendere dall’esperienza (e quindi favorire esperienza, presidiarne il clima di possibilità, dischiuderne opportunità…) significa poi prolungare l’esperienza elevandola al quadrato (riflessività, elaborazione, racconto, parola come esercizio: questa è la principale eredità pedagogica)

VIII HP Posizionarsi come adulti che passano il testimone

“La generazione adulta nel tempo dell’incertezza deve re-imparare l’arte del passatore, che accompagna fino al confine, che indica la nuova frontiera, mentre cammina sul sentiero difficile insieme a chi cerca e a chi entrerà nella nuova terra. E sul sentiero mostra che si può reggere il rischio di cadere, la fatica dell’insistere, l’attenzione e la bellezza di interpretare i segni e di guardare i nuovi paesaggi che si aprono. I passatori adulti sono coltivatori di speranza, perché sono donne e uomini di parola, che non lasciano e che poi lasciano andare” (I.Lizzola)

IX HP Cercare insieme, qui e ora, segnali di futuro

“Una vita è fatta con l’avvenire come

i corpi sono fatti con il vuoto”

(J.P Sartre)

Passioni e competenza, piacere ed impegno, autorealizzazione individuale e costruzioni collettive: cerchiamo l’alba dentro l’imbrunire (delle politiche giovanili)

X HP Essere pragmatici ricercando senso dell’agire

….”se devo vivere una vita buona

sarà una vita vissuta insieme agli altri, una vita che non può essere chiamata vita senza gli altri. La nostra comune esposizione alla precarietà non è altro che il terreno condiviso della possibile uguaglianza e dell’obbligo reciproco a produrre insieme le condizioni di una vita vivibile” (J.Butler)