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I linguaggi della sostenibilità. Evoluzione di una cultura progettuale consapevole. Carola Clemente abstract Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un consolidamento, molto lento e graduale dell’evoluzione della cultura progettuale energicamente consapevole grazie ad alcuni drivers particolarmente stringenti ed efficaci. Questo fenomeno è stato più o meno fisiologico e spontaneo al variare dei contesti regionali e produttivi da cui si è sviluppato, ma i fenomeni che lo hanno sostenuto e incentivato sono generalmente gli stessi a livello continentale. Sicuramente hanno contribuito l’aumento del costo dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili e il conseguente impoverimento degli utenti finali tenuti a sostenerne gli oneri, lo sviluppo di tecnologie per la migliore e maggiore integrazione dei sistemi per la produzione di energia negli elementi tecnici degli edifici, il miglioramento prestazionale in termini energetici di materiali , prodotti componenti edilizi. In questo contesto si sono affiancati negli ultimi anni numerosi provvedimenti di indirizzo sia a scala continentale che nazionale, che hanno portato allo sviluppo di un corpus normativo, articolato a livello territoriale in modo assolutamente capillare, che ha provocato una drastica revisione delle prassi progettuali e realizzative del sistema edificio/impianto nel suo complesso. I primi strumenti normativi pubblicati successive alla Direttiva Cee 2002/91/Ce sul rendimento energetico dell’edilizia, non sempre armonizzati tra loro, hanno affrontato in maniera frontale il problema della riduzione dei consumi energetici relativi alla gestione della fase invernale, ovvero alla riduzione delle dispersioni energetiche dovute alla scarsa efficienza degli impianti di produzione e distribuzione del calore e soprattutto al cattivo isolamento degli elementi tecnici dell’involucro edilizio. Successivamente si è cominciato anche a pensare alla riduzione dei consumi energetici relativi alla fase estiva, ovvero alla riduzioni dei costi connessi al raffrescamento estivo e, di conseguenza alla riduzione dei consumi energetici dei paesi membri ricadenti nelle regioni temperate calde. Questi apparti normativi, più o meno ambiziosi nei loro obiettivi, al variare del contesto in cui si trovavano ad operare, non hanno generato immediatamente gli effetti sperati, neanche nelle realtà maggiormente virtuose, per due fattori ineludibili: il primo è la tradizionale

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Page 1: Buildings energy

I linguaggi della sostenibilità. Evoluzione di una cultura progettuale consapevole.

Carola Clemente

abstract

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un consolidamento, molto lento e graduale dell’evoluzione

della cultura progettuale energicamente consapevole grazie ad alcuni drivers particolarmente

stringenti ed efficaci. Questo fenomeno è stato più o meno fisiologico e spontaneo al variare dei

contesti regionali e produttivi da cui si è sviluppato, ma i fenomeni che lo hanno sostenuto e

incentivato sono generalmente gli stessi a livello continentale. Sicuramente hanno contribuito

l’aumento del costo dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili e il conseguente

impoverimento degli utenti finali tenuti a sostenerne gli oneri, lo sviluppo di tecnologie per la

migliore e maggiore integrazione dei sistemi per la produzione di energia negli elementi tecnici

degli edifici, il miglioramento prestazionale in termini energetici di materiali, prodotti

componenti edilizi. In questo contesto si sono affiancati negli ultimi anni numerosi provvedimenti

di indirizzo sia a scala continentale che nazionale, che hanno portato allo sviluppo di un corpus

normativo, articolato a livello territoriale in modo assolutamente capillare, che ha provocato una

drastica revisione delle prassi progettuali e realizzative del sistema edificio/impianto nel suo

complesso.

I primi strumenti normativi pubblicati successive alla Direttiva Cee 2002/91/Ce sul rendimento

energetico dell’edilizia, non sempre armonizzati tra loro, hanno affrontato in maniera frontale il

problema della riduzione dei consumi energetici relativi alla gestione della fase invernale, ovvero

alla riduzione delle dispersioni energetiche dovute alla scarsa efficienza degli impianti di

produzione e distribuzione del calore e soprattutto al cattivo isolamento degli elementi tecnici

dell’involucro edilizio. Successivamente si è cominciato anche a pensare alla riduzione dei consumi

energetici relativi alla fase estiva, ovvero alla riduzioni dei costi connessi al raffrescamento estivo

e, di conseguenza alla riduzione dei consumi energetici dei paesi membri ricadenti nelle regioni

temperate calde. Questi apparti normativi, più o meno ambiziosi nei loro obiettivi, al variare del

contesto in cui si trovavano ad operare, non hanno generato immediatamente gli effetti sperati,

neanche nelle realtà maggiormente virtuose, per due fattori ineludibili: il primo è la tradizionale

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resistenza degli operatori del settore edilizio alla sperimentazione di tecnologie innovative, il

secondo, ben più importante, la pesantissima dote rappresentata dalle dimensione e dalle

condizioni dello stock edilizio esistente. Nei maggiori paesi europei, la percentuale di edilizia di

nuova costruzione in un anno non supera il 5% in rapporto all’esistente, in alcuni come la Francia,

l’incidenza economica degli interventi sul costruito rappresenta il 50% del volume d’affari

complessivo del settore delle costruzioni. Questo ha comportato un’affermazione molto lenta di

una nuova cultura operativa connessa alle rinnovate indicazioni o prescrizioni date dalle normative

europee e nazionali, che fortunatamente negli ultimi anni sta cominciando a dare i primi frutti

visibili e verificabili in termini di prestazioni e di valutazioni di qualità architettonica e urbana delle

realizzazioni portate a termine.

È possibile individuare anche un altro tipo di driver indiretto, che ha condizionato fortemente

l’allargamento della base della diffusione commerciale di alcune soluzioni tecniche e

impiantistiche, ovvero la richiesta di livelli di comfort più alti e diffusi all’interno degli edifici,

siamo essi residenziali che destinati alle attività produttive. Quindi una nuova domanda di

qualità che presuppone una non soddisfazione degli utenti nei confronti dell’attuale stock edilizio

e visto che, quando si parla della qualità di un progetto architettonico o urbano, si deve parlare del

suo livello di qualità, del livello di rispondenza al bisogno che lo ha generato, questa distanza tra

domanda e offerta è principalmente dovuta all’evoluzione dei bisogni e delle esigenze degli utenti

finali che non sono state raccolte ed interpretate per tempo dagli operatori della produzione.

Il mercato delle costruzioni si evoluto per molto tempo senza prestare attenzione ai reali bisogni

degli utenti finali, proponendo prodotti edilizi banalizzati su modelli tradizionali, poco innovativi e

assolutamente conservativi rispetto ad una capacità e cultura sia progettuale che realizzativa

consolidata e mai tecnicamente rischiosa. Si è continuato a mettere sul mercato edifici misurati

dalla produzione solo in termini di rapporto tra il costo di costruzione e il valore di posizionamento

di mercato, senza valutarne il costo di gestione e di esercizio. In molti contesti il fattore ad incidere

maggiormente sul valore di scambio della proprietà immobiliare non è stato la sua qualità

intrinseca, sia realizzativa che ambientale o funzionale, ma la sua rendita di posizione, ovvero la

sua localizzazione.

Questo trend ha retto fino all’esplosione della recente crisi economica e finanziaria che ha colpito

più o meno direttamente tutti i settori produttivi delle economie più sviluppate, operando una

selezione feroce degli operatori sul mercato, decretando in Italia la chiusura di un ciclo edilizio

positivo che durava dal 1995.

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In Italia questo fenomeno è stato particolarmente evidente nel settore dell’edilizia residenziale;

nonostante il mercato dell’abitazione denunci sempre una situazione di emergenza dovuta alla

grande distanza tra domanda e offerta di alloggi - in particolare del mercato dell’housing sociale -

a fronte di un fabbisogno di abitazione sociali a basso costo molto rilevante, capace di generare

situazioni di nuova povertà e marginalità sociale profonda, il mercato dell’edilizia residenziale di

medio e alto livello ha prosperato con fattori di crescita molto rilevanti guardando al mercato

privato e ad una fascia di fabbisogno e di domanda comunque solvibile, proponendo edifici con

profili prestazionali tecnologicamente ed energeticamente mediocri.

Sia a fronte del fabbisogno sociale di carattere quantitativo, sia nel caso della domanda

qualitativamente più articolata del privato, il mercato risponde con una offerta banalizzata e

appiattita su definizioni tecnologiche molto tradizionali e con soluzioni tipologiche bloccate – in

parte anche dalla normativa vigente - offrendo come unico valore aggiunto extra-dotazioni di spazi

o di attrezzature. A fronte di questo quadro di rapporto tra domanda e offerta di abitazioni sul

mercato è possibile definire che i bisogni di quantità scaturiscono dalla percezione della

inadeguatezza quantitativa dello stock edilizio esistente, mentre la domanda di qualità scaturisce

dalla consapevolezza della necessità di instaurare un nuovo rapporto anche con l’ambiente

circostante, a scala di edificio e di complesso insediativo. Questa distanza tra domanda e offerta

ha generato negli ultimi anni un notevole aumento dello stock edilizio invenduto, perché non

assorbito dalla domanda di mercato per inadeguatezza prestazione, funzionale, localizzativa o per

un errato posizionamento di mercato, o ancora per l’impossibilità da parte dei potenziali

acquirenti di accedere al credito al momento dell’acquisto.

La crisi economica generale ha raffinato la capacità critica di selezione di chi compra e la

consapevolezza dell’aspettativa di qualità riposta nel bene che si acquista, sia esso l’abitazione o

una struttura strumentale alla propria attività produttiva. L’indagine svolta dal Cresme per la

redazione dei Rapporti SAIENERGIA, ha dimostrato come fattori quali l’isolamento termico, il

benessere acustico, l’orientamento degli edifici, la dotazione di soluzioni impiantistiche evolute,

non rappresentano più elementi estranei alla cultura diffusa degli utenti finali e che soprattutto

questi fattori cominciano a condizionare le scelte di mercato e di vita di chi si accinge a scegliere la

propria abitazione o il proprio luogo di lavoro.

È evidente che nel momento in cui l’efficienza energetica e prestazionale del prodotto edilizio,

intesa nel senso più esteso del termine, rappresenta uno dei fattori condizionanti del suo

posizionamento di mercato e del suo gradimento, sta a significare che ci troviamo davanti ad un

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contesto ormai maturo e consolidato mantenuto vivo da una crescente cultura diffusa della

sostenibilità energetica ed economica delle scelte che vengono poste in essere da ogni operatore

economico presente sul mercato. Questo vale per il privato che si accinge a scegliere la sua

abitazione, come il soggetto collettivo o pubblico che intraprende un iniziativa edilizia complessa.

Ovviamente non siamo ancora in queste condizioni ma tutto lascia presagire che la progressiva

maturazione della domanda forzerà anche gli operato del settori più restii ad evolversi a lavorare

per una migliore e più qualificata offerta di produzione edilizia.

In questa quadro, il ruolo della normativa, della spinta istituzionale che la pubblica

amministrazione può esercitare attraverso indirizzi guida e prescrizioni di carattere prestazionale

sulla qualità finale del costruito, è fondamentale e strategico per innescare un circolo virtuoso di

miglioramento dello standard medio degli edifici e dell’ambiente urbano costruito.

La diffusione di strumenti come linee guida di settore o codici di buona pratica, di protocolli

unificati o raccomandazioni tecniche, permette alla pubblica amministrazione di esercitare,

compatibilmente con le proprie risorse tecniche ed economiche, di esercitare funzioni di controllo

e di indirizzo dell’attività edilizia pubblica di settori strategici come l’housing sociale, la

residenzialità studentesca, l’edilizia sanitaria e scolastica, riuscendo significativamente ad incidere

anche sulla produzione di edilizia privata.

In settori dove la pubblica amministrazione non riesce ad intervenire senza la partecipazione del

capitale privato, o dove è importante indirizzare anche gli interventi privati su standard di qualità

ambientale controllati e coerenti, in assenza di programmi tecnici d’interventi dettagliati (brief) le

amministrazioni sempre più spesso fanno ricorso a documenti di indirizzo e di supporto della

progettazione che, per essere resi efficaci, vengono collegati a strumenti urbanistici attuativi o ai

tradizionali Regolamenti edilizi locali, in modo da radicarne l’efficacia sul territorio.

Da un lato abbiamo alcune, sempre più numerose realizzazioni pilota di livello fortemente

innovativo, frutto spesso di gruppi di progettazione compositi supportati da produttori

particolarmente interessati alla sperimentazione e/o da centri di ricerca operativa interessati a

verificare sul campo le loro opzioni teoriche, che funzionano da riferimento ed esempio per gli altri

operatori e una produzione diffusa che faticosamente insegue le indicazioni e le nuove prescrizioni

di carattere normativo, sposando soluzioni tecniche, materiali e componenti, ormai diffusi sul

mercato, sempre più affidabili e performanti. Per contro una buona parte dei professionisti della

progettazione, non ha ricevuto una formazione specifica su questi temi e si sta formando sul

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campo, in modo molto graduale e molto disomogeneo, all’utilizzo di queste soluzioni tecniche e

alle nuove modalità di sviluppo della progettazione. Questo ha portato per anni alla convivenza di

modelli tipologicamente e morfologicamente tradizionali con soluzioni impiantistiche o funzionali

finalizzate al soddisfacimento di uno o più requisiti di carattere energetico o ambientale.

Il caso della diffusione del solare termico o del fotovoltaico è assolutamente paradigmatico. La

piena integrazione di questi sistemi ha rappresentato il punto di arrivo di un percorso in cui si è

passati dalla semplice sovrapposizione degli elementi captanti su edifici ed elementi tecnici

morfologicamente tradizionali, alla modellazione dell’edificio in funzione della massimizzazione

della produzione di energia, sacrificandone la qualità architettonica e d’uso. Il punto di arrivo di

questo percorso di crescita è rappresentato dal compromesso tra qualità morfologica dell’oggetto

architettonico e efficienza dell’impianto, compromesso che ora comincia a presentarsi in forma

sufficientemente matura.

La necessità di comunicare in maniera molto esplicita e di rendere partecipe l’utente finale del

portato dell’innovazione che vestiva o caratterizzava il suo edificio, ha portato a esporre gli

elementi tecnici più innovativi in modo quasi grottesco, comunque esasperandone le forme, i

colori e la visibilità; se questo da un lato ha creato quasi un folklore sostenibile, dall’altro ha

permesso di creare un immaginario di nuovi riferimenti comuni che hanno radicato anche nel

pubblico non specializzato alcuni elementi fondamentali del vocabolario tecnico e formale della

sostenibilità.

Il radicamento di certe prassi costruttive e di utilizzo consapevole dell’edificio, ma soprattutto

l’obbligo del rispetto di certi standard di prestazione si sta rivelando il modo più efficace per poter

accompagnare la crescita e lo sviluppo di un’idea di città nella quale l’edilizia sostenibile non sia

solo il valore aggiunto episodico di alcune occasioni particolari, ma sia pratica corrente.

L’osservazione dei contesti produttivi più avanzati permette di mettere in evidenza che questa

nuova cultura del progetto socialmente ed energeticamente consapevole sta effettivamente

generando un linguaggio ed un codice costruttivo autonomo, sviluppandosi a partire da forme e

modelli insediativi consolidati, anche mettendone in discussione riferimenti e dinamiche di

sviluppo.

Al livello di impianto urbano si è passati dallo sviluppo di quartieri modello, isolati e protetti dal

resto del tessuto ordinario, a esperimenti di ricucitura e di metabolizzazione di tessuti anche

fortemente degradati, per restituire risorse alla città ed alla cittadinanza in termini di qualità dello

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spazio, della vita e della razionalizzazione dell’uso delle risorse. A livello di edificio, il

consolidamento di un linguaggio nuovo è ancora più evidente; più è consapevole l’uso e la

gestione della soluzione tecnologicamente innovativa, più questa appare meno caratterizzata a

livello morfologico. L’uso della luce naturale, dei sistemi di raffrescamento o ventilazione naturale,

dei sistemi di captazione solare o dei sistemi di produzione di energia tendono a perdere di enfasi

formale nelle realizzazione di questa nuova generazione di edifici perché sono fisiologicamente

integrati some sistema edificio/impianto; non c’è più la necessità di mostrare l’asservimento

dell’edificio alla propria efficienza ambientale o energetica, l’edificio è principalmente il luogo

della vita di qualità, o della buona qualità della vita e non più una efficiente macchina abitabile.

Tutto questo nel panorama della produzione dell’housing è ancora più evidente; la casa è un

concetto ancestrale, con dinamiche di evoluzione molto lente e molto appesantite dalla sicurezza

che da l’immagine della tradizione , e l’approdo a un linguaggio formale e costruttivo nuovo

rappresenta la conclusione di un processo molto faticoso; anche la semplice innovazione

costruttiva è stata in passato costretta a pagare un prezzo alla tradizione, dissimulando il proprio

aspetto sotto forme assolutamente più rassicuranti e consuete, tanto che anche l’introduzione di

un nuovo materiale può costituire un trauma o un elemento di diffidenza da parte dell’utilizzatore

finale.

Un esempio paradigmatico di questa dinamica evolutiva è l’esperienza dell’Agenzia CasaClima

(Klimahaus) e degli edifici che sono stati porteti a termine nei territori che hanno aderito al suo

protocollo di progettazione e realizzazione; il radicamento di questa cultura di progetto, di

realizzazione e di gestione del costruito ha portato ad un graduale allontanamento dai modelli

costruttivi e formali tradizionali che hanno caratterizzato le prime realizzazioni. Inizialmente ci si

trovava davanti a tipi e forme della tradizione dell’architettura alpina, appesantita dagli spessori

dell’iperisolamento, resa goffa dalla sovrapposizione degli elementi dei pannelli solari sui tetti

tradizionali in pietra o in legno, negli ultimi anni, migliorando ulteriormente le prestazioni finali

degli edifici e dei materiali impiegati, si assiste ad un definitivo affrancamento dalle forme della

tradizione che sta portando alla definizione di un nuovo scenario dell’architettura alpina

assolutamente contemporaneo, ma perfettamente integrato nel contesto naturale, culturale e

produttivo in cui si radica e da cui trae ispirazione. L’evoluzione di questo linguaggio nuovo è

anche dovuta al salto tecnologico compiuto da progettisti e realizzatori che, finalmente, non si

limitano a sovrapporre nuove prestazioni su strutture e tecniche tradizionali, ma stanno

sperimentando tecniche costruttive nuove, o stanno interpretando tecnologie e sistemi costruttivi

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tradizionali come quelli in legno, in modo completamente innovativo giungendo alla piena

maturità costruttiva, prestazionale e formale. Il caso di CasaClima è particolare anche perché

radicato in un contesto territoriale chiaramente perimetrato sia geograficamente che

ambientalmente con una cultura tecnica matura, nutrita da una volontà di sperimentazione e di

investimento in innovazione che ha interessato l’intero comparto produttivo, in cui produttori di

materiali e componenti e progettisti collaborano alla definizione di prodotto edilizi

qualitativamente sempre più completi e complessi.

Analogamente in contesti meno caratterizzati ambientalmente e archiettonicamente questo trend

si sta manifestando, sempre in corrispondenza di una spinta propulsiva impressa dalla pubblica

amministrazione e da un mercato sempre più articolato, soprattutto nel settore residenziale.

Dopo alcuni anni di generale stallo della produzione di housing sociale e della sperimentazione

tipologica e tecnologica sul tema dell’abitare, in tutti i paesi europei ha ripreso vigore l’attività di

realizzazione e di sperimentazione progettuale sul tema della residenza sociale.

A partire dalla pubblicazione del 2006 da parte della Commissione Europea della comunicazione

sulla “Strategia tematica sull’ambiente urbano” fino alla recente comunicazione dei Ministri

europei della Casa del novembre del 2008 e ai nuovi indirizzi sulla certificazione energetica e

sostenibile, la promozione di una nuova politica della casa e in particolare di una nuova cultura di

un housing sociale e sostenibile è considerato elemento centrale e strategico per la realizzazione

completa di una vera politica integrata di coesione economica e sociale continentale incentrata

sulla qualità della vita dei cittadini europei e sulla qualità dell’ambiente urbano, riconnettendo la

necessità di dare una risposta reale e di qualità ad una vasta parte di cittadinanza in condizioni di

profonda precarietà economica e sociale, riducendo il peso di questo settore edilizio sul bilancio

ambientale ed economico dei singoli paesi.

Alcune amministrazioni locali, in particolare quelle protagoniste di fasi di particolare ed intenso

sviluppo edilizio urbanistico, hanno cominciato ad affiancare ai loro tradizionali strumenti di

controllo e di indirizzo dell’attività edilizia e di pianificazione codici e linee guida a supporto della

pianificazione e della progettazione degli interventi.

Questi strumenti supportano il progettista in due momenti chiave dell’attività di progettazione:

principalmente nella fase preliminare alla vera e propria progettazione, e successivamente nel

momento in cui il progetto passa in fase di definizione tecnica e tecnologica di dettaglio.

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Nelle fasi preliminari alla progettazione, momento i cui il progettista affronta la fase conoscitiva

del caso di progetto, in cui rilegge le indicazioni date dalla committenza in modo esplicito ed

implicito sul progetto da realizzare, oltre ad affrontare il progetto partendo dal programma edilizio

di carattere funzionale e quantitativo, il progettista a disposizione un importante supplemento di

informazioni che gli permette di completare il quadro problematico disciplinare dell’edificio o del

complesso edilizio che si trova a progettare, potendo approfondire alcune implicazioni di carattere

prestazionale, tecnico-costruttivo ed impiantistico o anche di carattere distributivo, fin dalle prime

fasi del progetto preliminare.

In questa fase l’affiancamento di linee guida o codici di pratica al programma edilizio contenuto

nei documenti preliminari alla progettazione o nei disciplinari tecnici, permette al progettista una

immediato approccio integrato alla progettazione, quandanche questi non avesse a disposizione

tutte le competenze tecniche necessarie alla gestione della progettazione specialistica richiesta.

Bisogna anche sottolineare che la capitalizzazione di esperienze esemplari messa a disposizione

attraverso questi strumenti, la catalogazione di soluzioni tipiche dal punto di vista costruttivo o

funzionale, possono anche permettere una più attendibile previsione economica degli interventi

da progettare.

Nella fase di definizione di dettaglio il supporto di strumenti di analisi preliminari alla

progettazione, permette di prefigurare con maggiore certezza il comportamento degli elementi

tecnici definiti e la risposta d’uso degli spazi progettati. Questo permette anche di introdurre

all’interno dei progetti elementi di innovazione tecnica o funzionale con maggiore sicurezza

rispetto agli esiti finali della realizzazione, aggirando la tradizionale sfiducia degli operatori del

settore verso l’utilizzo di elementi innovativi non consolidati nell’uso e nella cultura tecnica dei

realizzatori o delle amministrazioni deputate al controllo tecnico del progetto e della realizzazione.

Questi strumenti dovranno assumere sempre il ruolo di guida alla progettazione, in modo da poter

accompagnare la configurazione di un’idea di città nella quale l’edilizia sostenibile non sia solo il

valore aggiunto episodico di alcune occasioni particolari ma sia pratica corrente. tutte le

esperienze descritte posso rappresentare il punto di partenza per il consolidarsi di questa cultura e

di questa pratica.

Grazie a questa rivoluzione nella cultura tecnica di committenti, progettisti e consumatori/utenti,

organizzazioni di produttori, soggetti collettivi o cooperativi si stanno consorziando per proporre

un nuovo modello insediativo, realizzativo e abitativo sostenibile socialmente, economicamente

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ed energeticamente, basato sulla condivisione e la ottimizzazione dei propri saperi tecnici e della

propria capacità realizzativa, arricchita dagli stimoli innovativi provenienti dalla produzione e dalla

sperimentazione più avanzata. Questo andamento sta portando ad un rinnovamento profondo

anche della cultura tecnica anche della piccola e media impresa (PME) che caratterizza la qualità

diffusa delle nostre città, incidendo anche sul valore di scambio degli immobili, proponendo

l’efficienza ambientale e la sostenibilità delle realizzazioni come valore aggiunto anche di carattere

economico.

Per contro la maturazione della cultura progettuale degli operatori permette di metabolizzare in

maniera compiuta gli stimoli innovativi che arrivano dalla produzione, conciliando qualità della vita

e gestione sostenibile delle risorse energetiche, per effettivamente e compiutamente “ridefinire

gli edifici come centrali energetiche e trasformare le maglie del potere mondiale in reti di servizi

pubblici intelligenti per distribuire quel potere aprirà le porte alla terza rivoluzione industriale che,

nel XXI secolo, dovrebbe avere un effetto di moltiplicatore economico pari a quelli della prima e

seconda rivoluzione industriale dell’Ottocento e del Novecento, (…) con l’obiettivo di consentire a

milioni di persone di produrre energia pulita e rinnovabile propria tramite le loro attività

commerciali, istituzioni pubbliche e abitazioni, e di condividere le eccedenze con altri tramite reti

intelligenti di servizi pubblici, contribuendo di conseguenza a dare avvio alla terza rivoluzione

industriale e a una nuova era post-anidride carbonica dedicata alla democratizzazione dell’energia

e allo sviluppo economico sostenibile”.

Riferimenti

The Urbact II Operational Programme 2007-2013. WG HOPUS - Housing Praxis for Urban Sustainability, De Matteis F. (a cura di) , (2008), Good, Green, Safe, Affordable Housing, ISBN: 978-88-6216-014-8 Ipertesti, Verona Clemente C., De Matteis F. (a cura di) (2010). Housing for Europe. Strategies for Quality in Urban Space, Excellence in Design, Performance in Building. Roma, DEI - Tipografia del Genio Civile, p. 1-227, ISBN: 978-88-496-2511-0 Rifkin J., 2009 “Carta per l'architettura del prossimo millennio”, Venezia, 2009 UNECE, 2006, Guidelines on Social Housing. Principles and Examples, New York-Geneve: United Nations Commission of the Council The European Parliament, 2006. COM(2006)545 final Communication from the Commission of the Council and the European Parliament, Action Plan for Energy Efficiency: Realising the Potential, Bruxelles: Commission of the Council The European Parliament