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I linguaggi della sostenibilità. Evoluzione di una cultura progettuale consapevole.
Carola Clemente
abstract
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un consolidamento, molto lento e graduale dell’evoluzione
della cultura progettuale energicamente consapevole grazie ad alcuni drivers particolarmente
stringenti ed efficaci. Questo fenomeno è stato più o meno fisiologico e spontaneo al variare dei
contesti regionali e produttivi da cui si è sviluppato, ma i fenomeni che lo hanno sostenuto e
incentivato sono generalmente gli stessi a livello continentale. Sicuramente hanno contribuito
l’aumento del costo dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili e il conseguente
impoverimento degli utenti finali tenuti a sostenerne gli oneri, lo sviluppo di tecnologie per la
migliore e maggiore integrazione dei sistemi per la produzione di energia negli elementi tecnici
degli edifici, il miglioramento prestazionale in termini energetici di materiali, prodotti
componenti edilizi. In questo contesto si sono affiancati negli ultimi anni numerosi provvedimenti
di indirizzo sia a scala continentale che nazionale, che hanno portato allo sviluppo di un corpus
normativo, articolato a livello territoriale in modo assolutamente capillare, che ha provocato una
drastica revisione delle prassi progettuali e realizzative del sistema edificio/impianto nel suo
complesso.
I primi strumenti normativi pubblicati successive alla Direttiva Cee 2002/91/Ce sul rendimento
energetico dell’edilizia, non sempre armonizzati tra loro, hanno affrontato in maniera frontale il
problema della riduzione dei consumi energetici relativi alla gestione della fase invernale, ovvero
alla riduzione delle dispersioni energetiche dovute alla scarsa efficienza degli impianti di
produzione e distribuzione del calore e soprattutto al cattivo isolamento degli elementi tecnici
dell’involucro edilizio. Successivamente si è cominciato anche a pensare alla riduzione dei consumi
energetici relativi alla fase estiva, ovvero alla riduzioni dei costi connessi al raffrescamento estivo
e, di conseguenza alla riduzione dei consumi energetici dei paesi membri ricadenti nelle regioni
temperate calde. Questi apparti normativi, più o meno ambiziosi nei loro obiettivi, al variare del
contesto in cui si trovavano ad operare, non hanno generato immediatamente gli effetti sperati,
neanche nelle realtà maggiormente virtuose, per due fattori ineludibili: il primo è la tradizionale
resistenza degli operatori del settore edilizio alla sperimentazione di tecnologie innovative, il
secondo, ben più importante, la pesantissima dote rappresentata dalle dimensione e dalle
condizioni dello stock edilizio esistente. Nei maggiori paesi europei, la percentuale di edilizia di
nuova costruzione in un anno non supera il 5% in rapporto all’esistente, in alcuni come la Francia,
l’incidenza economica degli interventi sul costruito rappresenta il 50% del volume d’affari
complessivo del settore delle costruzioni. Questo ha comportato un’affermazione molto lenta di
una nuova cultura operativa connessa alle rinnovate indicazioni o prescrizioni date dalle normative
europee e nazionali, che fortunatamente negli ultimi anni sta cominciando a dare i primi frutti
visibili e verificabili in termini di prestazioni e di valutazioni di qualità architettonica e urbana delle
realizzazioni portate a termine.
È possibile individuare anche un altro tipo di driver indiretto, che ha condizionato fortemente
l’allargamento della base della diffusione commerciale di alcune soluzioni tecniche e
impiantistiche, ovvero la richiesta di livelli di comfort più alti e diffusi all’interno degli edifici,
siamo essi residenziali che destinati alle attività produttive. Quindi una nuova domanda di
qualità che presuppone una non soddisfazione degli utenti nei confronti dell’attuale stock edilizio
e visto che, quando si parla della qualità di un progetto architettonico o urbano, si deve parlare del
suo livello di qualità, del livello di rispondenza al bisogno che lo ha generato, questa distanza tra
domanda e offerta è principalmente dovuta all’evoluzione dei bisogni e delle esigenze degli utenti
finali che non sono state raccolte ed interpretate per tempo dagli operatori della produzione.
Il mercato delle costruzioni si evoluto per molto tempo senza prestare attenzione ai reali bisogni
degli utenti finali, proponendo prodotti edilizi banalizzati su modelli tradizionali, poco innovativi e
assolutamente conservativi rispetto ad una capacità e cultura sia progettuale che realizzativa
consolidata e mai tecnicamente rischiosa. Si è continuato a mettere sul mercato edifici misurati
dalla produzione solo in termini di rapporto tra il costo di costruzione e il valore di posizionamento
di mercato, senza valutarne il costo di gestione e di esercizio. In molti contesti il fattore ad incidere
maggiormente sul valore di scambio della proprietà immobiliare non è stato la sua qualità
intrinseca, sia realizzativa che ambientale o funzionale, ma la sua rendita di posizione, ovvero la
sua localizzazione.
Questo trend ha retto fino all’esplosione della recente crisi economica e finanziaria che ha colpito
più o meno direttamente tutti i settori produttivi delle economie più sviluppate, operando una
selezione feroce degli operatori sul mercato, decretando in Italia la chiusura di un ciclo edilizio
positivo che durava dal 1995.
In Italia questo fenomeno è stato particolarmente evidente nel settore dell’edilizia residenziale;
nonostante il mercato dell’abitazione denunci sempre una situazione di emergenza dovuta alla
grande distanza tra domanda e offerta di alloggi - in particolare del mercato dell’housing sociale -
a fronte di un fabbisogno di abitazione sociali a basso costo molto rilevante, capace di generare
situazioni di nuova povertà e marginalità sociale profonda, il mercato dell’edilizia residenziale di
medio e alto livello ha prosperato con fattori di crescita molto rilevanti guardando al mercato
privato e ad una fascia di fabbisogno e di domanda comunque solvibile, proponendo edifici con
profili prestazionali tecnologicamente ed energeticamente mediocri.
Sia a fronte del fabbisogno sociale di carattere quantitativo, sia nel caso della domanda
qualitativamente più articolata del privato, il mercato risponde con una offerta banalizzata e
appiattita su definizioni tecnologiche molto tradizionali e con soluzioni tipologiche bloccate – in
parte anche dalla normativa vigente - offrendo come unico valore aggiunto extra-dotazioni di spazi
o di attrezzature. A fronte di questo quadro di rapporto tra domanda e offerta di abitazioni sul
mercato è possibile definire che i bisogni di quantità scaturiscono dalla percezione della
inadeguatezza quantitativa dello stock edilizio esistente, mentre la domanda di qualità scaturisce
dalla consapevolezza della necessità di instaurare un nuovo rapporto anche con l’ambiente
circostante, a scala di edificio e di complesso insediativo. Questa distanza tra domanda e offerta
ha generato negli ultimi anni un notevole aumento dello stock edilizio invenduto, perché non
assorbito dalla domanda di mercato per inadeguatezza prestazione, funzionale, localizzativa o per
un errato posizionamento di mercato, o ancora per l’impossibilità da parte dei potenziali
acquirenti di accedere al credito al momento dell’acquisto.
La crisi economica generale ha raffinato la capacità critica di selezione di chi compra e la
consapevolezza dell’aspettativa di qualità riposta nel bene che si acquista, sia esso l’abitazione o
una struttura strumentale alla propria attività produttiva. L’indagine svolta dal Cresme per la
redazione dei Rapporti SAIENERGIA, ha dimostrato come fattori quali l’isolamento termico, il
benessere acustico, l’orientamento degli edifici, la dotazione di soluzioni impiantistiche evolute,
non rappresentano più elementi estranei alla cultura diffusa degli utenti finali e che soprattutto
questi fattori cominciano a condizionare le scelte di mercato e di vita di chi si accinge a scegliere la
propria abitazione o il proprio luogo di lavoro.
È evidente che nel momento in cui l’efficienza energetica e prestazionale del prodotto edilizio,
intesa nel senso più esteso del termine, rappresenta uno dei fattori condizionanti del suo
posizionamento di mercato e del suo gradimento, sta a significare che ci troviamo davanti ad un
contesto ormai maturo e consolidato mantenuto vivo da una crescente cultura diffusa della
sostenibilità energetica ed economica delle scelte che vengono poste in essere da ogni operatore
economico presente sul mercato. Questo vale per il privato che si accinge a scegliere la sua
abitazione, come il soggetto collettivo o pubblico che intraprende un iniziativa edilizia complessa.
Ovviamente non siamo ancora in queste condizioni ma tutto lascia presagire che la progressiva
maturazione della domanda forzerà anche gli operato del settori più restii ad evolversi a lavorare
per una migliore e più qualificata offerta di produzione edilizia.
In questa quadro, il ruolo della normativa, della spinta istituzionale che la pubblica
amministrazione può esercitare attraverso indirizzi guida e prescrizioni di carattere prestazionale
sulla qualità finale del costruito, è fondamentale e strategico per innescare un circolo virtuoso di
miglioramento dello standard medio degli edifici e dell’ambiente urbano costruito.
La diffusione di strumenti come linee guida di settore o codici di buona pratica, di protocolli
unificati o raccomandazioni tecniche, permette alla pubblica amministrazione di esercitare,
compatibilmente con le proprie risorse tecniche ed economiche, di esercitare funzioni di controllo
e di indirizzo dell’attività edilizia pubblica di settori strategici come l’housing sociale, la
residenzialità studentesca, l’edilizia sanitaria e scolastica, riuscendo significativamente ad incidere
anche sulla produzione di edilizia privata.
In settori dove la pubblica amministrazione non riesce ad intervenire senza la partecipazione del
capitale privato, o dove è importante indirizzare anche gli interventi privati su standard di qualità
ambientale controllati e coerenti, in assenza di programmi tecnici d’interventi dettagliati (brief) le
amministrazioni sempre più spesso fanno ricorso a documenti di indirizzo e di supporto della
progettazione che, per essere resi efficaci, vengono collegati a strumenti urbanistici attuativi o ai
tradizionali Regolamenti edilizi locali, in modo da radicarne l’efficacia sul territorio.
Da un lato abbiamo alcune, sempre più numerose realizzazioni pilota di livello fortemente
innovativo, frutto spesso di gruppi di progettazione compositi supportati da produttori
particolarmente interessati alla sperimentazione e/o da centri di ricerca operativa interessati a
verificare sul campo le loro opzioni teoriche, che funzionano da riferimento ed esempio per gli altri
operatori e una produzione diffusa che faticosamente insegue le indicazioni e le nuove prescrizioni
di carattere normativo, sposando soluzioni tecniche, materiali e componenti, ormai diffusi sul
mercato, sempre più affidabili e performanti. Per contro una buona parte dei professionisti della
progettazione, non ha ricevuto una formazione specifica su questi temi e si sta formando sul
campo, in modo molto graduale e molto disomogeneo, all’utilizzo di queste soluzioni tecniche e
alle nuove modalità di sviluppo della progettazione. Questo ha portato per anni alla convivenza di
modelli tipologicamente e morfologicamente tradizionali con soluzioni impiantistiche o funzionali
finalizzate al soddisfacimento di uno o più requisiti di carattere energetico o ambientale.
Il caso della diffusione del solare termico o del fotovoltaico è assolutamente paradigmatico. La
piena integrazione di questi sistemi ha rappresentato il punto di arrivo di un percorso in cui si è
passati dalla semplice sovrapposizione degli elementi captanti su edifici ed elementi tecnici
morfologicamente tradizionali, alla modellazione dell’edificio in funzione della massimizzazione
della produzione di energia, sacrificandone la qualità architettonica e d’uso. Il punto di arrivo di
questo percorso di crescita è rappresentato dal compromesso tra qualità morfologica dell’oggetto
architettonico e efficienza dell’impianto, compromesso che ora comincia a presentarsi in forma
sufficientemente matura.
La necessità di comunicare in maniera molto esplicita e di rendere partecipe l’utente finale del
portato dell’innovazione che vestiva o caratterizzava il suo edificio, ha portato a esporre gli
elementi tecnici più innovativi in modo quasi grottesco, comunque esasperandone le forme, i
colori e la visibilità; se questo da un lato ha creato quasi un folklore sostenibile, dall’altro ha
permesso di creare un immaginario di nuovi riferimenti comuni che hanno radicato anche nel
pubblico non specializzato alcuni elementi fondamentali del vocabolario tecnico e formale della
sostenibilità.
Il radicamento di certe prassi costruttive e di utilizzo consapevole dell’edificio, ma soprattutto
l’obbligo del rispetto di certi standard di prestazione si sta rivelando il modo più efficace per poter
accompagnare la crescita e lo sviluppo di un’idea di città nella quale l’edilizia sostenibile non sia
solo il valore aggiunto episodico di alcune occasioni particolari, ma sia pratica corrente.
L’osservazione dei contesti produttivi più avanzati permette di mettere in evidenza che questa
nuova cultura del progetto socialmente ed energeticamente consapevole sta effettivamente
generando un linguaggio ed un codice costruttivo autonomo, sviluppandosi a partire da forme e
modelli insediativi consolidati, anche mettendone in discussione riferimenti e dinamiche di
sviluppo.
Al livello di impianto urbano si è passati dallo sviluppo di quartieri modello, isolati e protetti dal
resto del tessuto ordinario, a esperimenti di ricucitura e di metabolizzazione di tessuti anche
fortemente degradati, per restituire risorse alla città ed alla cittadinanza in termini di qualità dello
spazio, della vita e della razionalizzazione dell’uso delle risorse. A livello di edificio, il
consolidamento di un linguaggio nuovo è ancora più evidente; più è consapevole l’uso e la
gestione della soluzione tecnologicamente innovativa, più questa appare meno caratterizzata a
livello morfologico. L’uso della luce naturale, dei sistemi di raffrescamento o ventilazione naturale,
dei sistemi di captazione solare o dei sistemi di produzione di energia tendono a perdere di enfasi
formale nelle realizzazione di questa nuova generazione di edifici perché sono fisiologicamente
integrati some sistema edificio/impianto; non c’è più la necessità di mostrare l’asservimento
dell’edificio alla propria efficienza ambientale o energetica, l’edificio è principalmente il luogo
della vita di qualità, o della buona qualità della vita e non più una efficiente macchina abitabile.
Tutto questo nel panorama della produzione dell’housing è ancora più evidente; la casa è un
concetto ancestrale, con dinamiche di evoluzione molto lente e molto appesantite dalla sicurezza
che da l’immagine della tradizione , e l’approdo a un linguaggio formale e costruttivo nuovo
rappresenta la conclusione di un processo molto faticoso; anche la semplice innovazione
costruttiva è stata in passato costretta a pagare un prezzo alla tradizione, dissimulando il proprio
aspetto sotto forme assolutamente più rassicuranti e consuete, tanto che anche l’introduzione di
un nuovo materiale può costituire un trauma o un elemento di diffidenza da parte dell’utilizzatore
finale.
Un esempio paradigmatico di questa dinamica evolutiva è l’esperienza dell’Agenzia CasaClima
(Klimahaus) e degli edifici che sono stati porteti a termine nei territori che hanno aderito al suo
protocollo di progettazione e realizzazione; il radicamento di questa cultura di progetto, di
realizzazione e di gestione del costruito ha portato ad un graduale allontanamento dai modelli
costruttivi e formali tradizionali che hanno caratterizzato le prime realizzazioni. Inizialmente ci si
trovava davanti a tipi e forme della tradizione dell’architettura alpina, appesantita dagli spessori
dell’iperisolamento, resa goffa dalla sovrapposizione degli elementi dei pannelli solari sui tetti
tradizionali in pietra o in legno, negli ultimi anni, migliorando ulteriormente le prestazioni finali
degli edifici e dei materiali impiegati, si assiste ad un definitivo affrancamento dalle forme della
tradizione che sta portando alla definizione di un nuovo scenario dell’architettura alpina
assolutamente contemporaneo, ma perfettamente integrato nel contesto naturale, culturale e
produttivo in cui si radica e da cui trae ispirazione. L’evoluzione di questo linguaggio nuovo è
anche dovuta al salto tecnologico compiuto da progettisti e realizzatori che, finalmente, non si
limitano a sovrapporre nuove prestazioni su strutture e tecniche tradizionali, ma stanno
sperimentando tecniche costruttive nuove, o stanno interpretando tecnologie e sistemi costruttivi
tradizionali come quelli in legno, in modo completamente innovativo giungendo alla piena
maturità costruttiva, prestazionale e formale. Il caso di CasaClima è particolare anche perché
radicato in un contesto territoriale chiaramente perimetrato sia geograficamente che
ambientalmente con una cultura tecnica matura, nutrita da una volontà di sperimentazione e di
investimento in innovazione che ha interessato l’intero comparto produttivo, in cui produttori di
materiali e componenti e progettisti collaborano alla definizione di prodotto edilizi
qualitativamente sempre più completi e complessi.
Analogamente in contesti meno caratterizzati ambientalmente e archiettonicamente questo trend
si sta manifestando, sempre in corrispondenza di una spinta propulsiva impressa dalla pubblica
amministrazione e da un mercato sempre più articolato, soprattutto nel settore residenziale.
Dopo alcuni anni di generale stallo della produzione di housing sociale e della sperimentazione
tipologica e tecnologica sul tema dell’abitare, in tutti i paesi europei ha ripreso vigore l’attività di
realizzazione e di sperimentazione progettuale sul tema della residenza sociale.
A partire dalla pubblicazione del 2006 da parte della Commissione Europea della comunicazione
sulla “Strategia tematica sull’ambiente urbano” fino alla recente comunicazione dei Ministri
europei della Casa del novembre del 2008 e ai nuovi indirizzi sulla certificazione energetica e
sostenibile, la promozione di una nuova politica della casa e in particolare di una nuova cultura di
un housing sociale e sostenibile è considerato elemento centrale e strategico per la realizzazione
completa di una vera politica integrata di coesione economica e sociale continentale incentrata
sulla qualità della vita dei cittadini europei e sulla qualità dell’ambiente urbano, riconnettendo la
necessità di dare una risposta reale e di qualità ad una vasta parte di cittadinanza in condizioni di
profonda precarietà economica e sociale, riducendo il peso di questo settore edilizio sul bilancio
ambientale ed economico dei singoli paesi.
Alcune amministrazioni locali, in particolare quelle protagoniste di fasi di particolare ed intenso
sviluppo edilizio urbanistico, hanno cominciato ad affiancare ai loro tradizionali strumenti di
controllo e di indirizzo dell’attività edilizia e di pianificazione codici e linee guida a supporto della
pianificazione e della progettazione degli interventi.
Questi strumenti supportano il progettista in due momenti chiave dell’attività di progettazione:
principalmente nella fase preliminare alla vera e propria progettazione, e successivamente nel
momento in cui il progetto passa in fase di definizione tecnica e tecnologica di dettaglio.
Nelle fasi preliminari alla progettazione, momento i cui il progettista affronta la fase conoscitiva
del caso di progetto, in cui rilegge le indicazioni date dalla committenza in modo esplicito ed
implicito sul progetto da realizzare, oltre ad affrontare il progetto partendo dal programma edilizio
di carattere funzionale e quantitativo, il progettista a disposizione un importante supplemento di
informazioni che gli permette di completare il quadro problematico disciplinare dell’edificio o del
complesso edilizio che si trova a progettare, potendo approfondire alcune implicazioni di carattere
prestazionale, tecnico-costruttivo ed impiantistico o anche di carattere distributivo, fin dalle prime
fasi del progetto preliminare.
In questa fase l’affiancamento di linee guida o codici di pratica al programma edilizio contenuto
nei documenti preliminari alla progettazione o nei disciplinari tecnici, permette al progettista una
immediato approccio integrato alla progettazione, quandanche questi non avesse a disposizione
tutte le competenze tecniche necessarie alla gestione della progettazione specialistica richiesta.
Bisogna anche sottolineare che la capitalizzazione di esperienze esemplari messa a disposizione
attraverso questi strumenti, la catalogazione di soluzioni tipiche dal punto di vista costruttivo o
funzionale, possono anche permettere una più attendibile previsione economica degli interventi
da progettare.
Nella fase di definizione di dettaglio il supporto di strumenti di analisi preliminari alla
progettazione, permette di prefigurare con maggiore certezza il comportamento degli elementi
tecnici definiti e la risposta d’uso degli spazi progettati. Questo permette anche di introdurre
all’interno dei progetti elementi di innovazione tecnica o funzionale con maggiore sicurezza
rispetto agli esiti finali della realizzazione, aggirando la tradizionale sfiducia degli operatori del
settore verso l’utilizzo di elementi innovativi non consolidati nell’uso e nella cultura tecnica dei
realizzatori o delle amministrazioni deputate al controllo tecnico del progetto e della realizzazione.
Questi strumenti dovranno assumere sempre il ruolo di guida alla progettazione, in modo da poter
accompagnare la configurazione di un’idea di città nella quale l’edilizia sostenibile non sia solo il
valore aggiunto episodico di alcune occasioni particolari ma sia pratica corrente. tutte le
esperienze descritte posso rappresentare il punto di partenza per il consolidarsi di questa cultura e
di questa pratica.
Grazie a questa rivoluzione nella cultura tecnica di committenti, progettisti e consumatori/utenti,
organizzazioni di produttori, soggetti collettivi o cooperativi si stanno consorziando per proporre
un nuovo modello insediativo, realizzativo e abitativo sostenibile socialmente, economicamente
ed energeticamente, basato sulla condivisione e la ottimizzazione dei propri saperi tecnici e della
propria capacità realizzativa, arricchita dagli stimoli innovativi provenienti dalla produzione e dalla
sperimentazione più avanzata. Questo andamento sta portando ad un rinnovamento profondo
anche della cultura tecnica anche della piccola e media impresa (PME) che caratterizza la qualità
diffusa delle nostre città, incidendo anche sul valore di scambio degli immobili, proponendo
l’efficienza ambientale e la sostenibilità delle realizzazioni come valore aggiunto anche di carattere
economico.
Per contro la maturazione della cultura progettuale degli operatori permette di metabolizzare in
maniera compiuta gli stimoli innovativi che arrivano dalla produzione, conciliando qualità della vita
e gestione sostenibile delle risorse energetiche, per effettivamente e compiutamente “ridefinire
gli edifici come centrali energetiche e trasformare le maglie del potere mondiale in reti di servizi
pubblici intelligenti per distribuire quel potere aprirà le porte alla terza rivoluzione industriale che,
nel XXI secolo, dovrebbe avere un effetto di moltiplicatore economico pari a quelli della prima e
seconda rivoluzione industriale dell’Ottocento e del Novecento, (…) con l’obiettivo di consentire a
milioni di persone di produrre energia pulita e rinnovabile propria tramite le loro attività
commerciali, istituzioni pubbliche e abitazioni, e di condividere le eccedenze con altri tramite reti
intelligenti di servizi pubblici, contribuendo di conseguenza a dare avvio alla terza rivoluzione
industriale e a una nuova era post-anidride carbonica dedicata alla democratizzazione dell’energia
e allo sviluppo economico sostenibile”.
Riferimenti
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