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Breve storia della questione israelo-palestinese

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Breve storia della questione

israelo-palestinese

Breve storia della questione israelo-palestinese

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Israele e Territori oggi

Breve storia della questione israelo-palestinese

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La Palestina attorno al 1000 a.C. (regno di

Salomone)

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Premessa: dalla diaspora al mandato inglese

La Diaspora indica la dispersione nel mondo degli Ebrei avvenuta a partire dal 70 d.C. (conquista di Gerusalemme) e dal 135 d.C. (soffocamento dei moti ebrei per l’indipendenza).

A partire dalla conquista romana, la Palestina fu sempre in mani straniere:

Bizantini (IV sec. d.C.-636) Arabi (636-1099) Crociati (1099-1291) Mamelucchi (1291-1517) Ottomani (1517-1917) Inglesi (1917-1948)

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Alla fine del XIX sec., in Palestina vivevano circa 45.000 Ebrei a fronte di 450.000 Palestinesi; nel resto del mondo, pur integrati, gli Ebrei costituirono una “nazione nelle nazioni”.

Il giornalista Theodore Hertzl, inviato a Parigi nel 1894, dopo avere osservato e descritto l’antisemitismo che ormai dominava l’Europa, scrisse un libro, Lo stato ebraico, che conteneva un vero e proprio progetto di creazione di uno stato ebreo in Palestina.

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Nacque così il Sionismo*, l’ideologia secondo cui gli Ebrei

avevano il diritto di riappropriarsi delle terre che erano appartenute ai loro avi.

T.Herzl (1860-1904)

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Nel 1917 il movimento sionista ottenne

il primo significativo risultato: LA DICHIARAZIONE BALFOUR,

con la quale il ministro degli esteri britannico esprimeva l’auspicio che il popolo ebreo potesse costruirsi una “National Home” (focolare nazionale) in Palestina.

Tra l’800 ed il 900 il movimento

sionista portò in Palestina migliaia di Ebrei da ogni parte della terra con uno sforzo assecondato dalle autorità inglesi, cui nel 1917 la regione era stata affidata in mandato.

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La Palestina* durante il Mandato Britannico (‘17-’48)

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La nascita della questione palestinese

Fino al 1948 furono un milione i profughi palestinesi costretti a lasciare le loro case e a rifugiarsi nei paesi confinanti per l’arrivo in massa degli Ebrei.

Questi, a loro volta, erano scampati alla peggiore mostruosità della storia: il genocidio nei campi di sterminio. Il risarcimento della comunità internazionale (la concessione di una patria) faceva degli Ebrei degli ex oppressi che nel contesto specifico diventavano degli oppressori.

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Dunque: - gli Ebrei chiedevano all’ONU di

esercitare il proprio diritto a tornare in quella che era stata la loro patria;

- i Palestinesi chiedevano di rimanere in quella che da tempo immemorabile era la loro terra.

Nessuna delle due comunità era disposta ad essere governata dall’altra, né a condividere lo stesso spazio. La contesa avveniva nell’ambito della spartizione del globo tra USA e URSS: dietro a Israele c’era l’America, dietro i paesi arabi la Russia.

Gli Ebrei ritenevano che il problema sarebbe stato risolto dall’integrazione dei Palestinesi nei paesi confinanti.

MA COSI’ NON FU:

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Secondo gli Israeliani, toccava agli Arabi risolvere il problema dei profughi loro connazionali, mentre essi avevano il diritto a conservare la biblica Terra Promessa.

Secondo gli Arabi, gli Israeliani erano una potenza colonizzatrice, simile ai Francesi in Algeria, che doveva essere semplicemente cacciata via con ogni mezzo.

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Il comportamento inglese fu sostanzialmente ambiguo (doc: Dichiarazione Balfour): da un lato si permise agli Ebrei di immigrare senza limitazione di numero (almeno fino al 1939); contemporaneamente si prospettò ai Palestinesi la costituzione di un loro stato entro dieci anni.

Incapaci di affrontare la situazione dopo la Seconda Guerra Mondiale e il grande afflusso di Ebrei a seguito della Shoah, gli Inglesi abbandonarono la zona e affidarono la questione palestinese all’ONU, che con la risoluzione 181 (doc.) del 29 novembre 1947 propose il seguente piano di spartizione:

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Il piano ONU del 1947 Risoluzione 181

1) Evaquazione delle truppe britanniche entro il 1 maggio 1948; 2) Spartizione tra: - uno Stato palestinese (circa 1mln di unità); - uno Stato ebraico (ca. 600.000 unità); - una terza zona di regime internazionale per la città di Gerusalemme.

Le organizzazioni ebraiche accettarono la proposta, i paesi arabi circostanti la rifiutarono.

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La proclamazione di indipendenza di Israele

14 maggio 1948 Israele proclama la propria indipendenza e si costituisce come stato sovrano.

La reazione dei paesi arabi confinanti è immediata: il giorno successivo tra Israele e paesi Arabi scoppia la prima delle quattro guerre che contrapporranno il nuovo stato ebraico ai paesi confinanti (Egitto, Giordania, Siria, Libano, Arabia) e limitrofi (Iraq).

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Ben Gurion, “padre” dello stato di Israele e primo ministro dal ‘49 al ‘53

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La Lega Araba all’atto della sua costituzione (marzo 1945)

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Le guerre arabo-israeliane (1948-1973)

La Guerra di Indipendenza Israeliana (maggio’48-primavera ‘49)

Il giorno dopo la proclamazione di indipendenza, Egitto, Libano, Siria, Giordania, Iraq attaccano Israele: la Lega Araba dispone di un esercito efficiente che inizialmente conquista Gerusalemme e Tel Aviv; successivamente, anche a causa della divisione interna della Lega Araba, Israele riguadagna i territori perduti e aumenta la propria estensione VIOLANDO IL PIANO DI RIPARTIZIONE DELL’ONU.

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Israele e la Palestina dopo la guerra di indipendenza (‘49)

1) La Transgiordania annesse la Cisgiordania, trasformandosi nel Regno di Giordania. 2) Gerusalemme restò divisa tra Israeliani e Giordani;

3)L’Egitto occupò la Striscia di Gaza

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Negli anni successivi Israele consolidò le proprie strutture istituzionali, fu ammesso all’ONU, varò la cosiddetta Legge del Ritorno (1950), ricevette un sostanzioso indennizzo dalla Germania sotto forma di forniture industriali.

Contemporaneamente, l’Occidente simpatizzava per gli Arabi, sia per le condizioni dei profughi palestinesi, sia per l’intenzione di Israele di spostare a Gerusalemme la propria capitale; inoltre, i paesi ospitanti si rifiutarono di integrare e conferire la cittadinanza ai profughi, sebbene correligionari.

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E i Palestinesi? Nel 1965 nasce l’OLP*, forza politica e

organizzativa che si prefigge il compito di dare voce pubblica all’entità palestinese e combattere con ogni mezzo Israele. Costituita da varie anime, l’OLP trova in Yasser Arafat, leader del movimento Al-Fatah, il proprio capo carismatico.

La contrapposizione al sionismo divenne una vera lotta di liberazione.

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La guerra dei Sei Giorni (5-10 giugno 1967)

Una delle guerre più studiate della storia, per la rapidità tattico-strategica con cui Israele sconfisse i nemici:

nel giro di una mattinata Israele, attaccando di sorpresa, distrusse a terra tutti gli aerei egiziani, siriani e giordani;

nelle operazioni di terra, durate quattro giorni, Israele conquistò il Sinai (Egitto) fino al canale di Suez, la Cisgiordania e Gerusalemme (che era per metà israeliana e per metà giordana) fino al Muro del Pianto e le Alture del Golan (Siria).

Sono questi i cosiddetti “Territori occupati” nei confronti dei quali una parte degli israeliani cominciò a nutrire propositi di definitiva annessione, favorendo l’istituzione di colonie agricole in grado di presidiare il territorio palestinese occupato della Cisgiordania.

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Massima espansione di Israele dopo la guerra dei 6 giorni

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I territori occupati

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Il 10 giugno il conflitto viene interrotto con l’intervento dell’ONU che approva

la Risoluzione 242 (1967): -  prospettava il ritiro di Israele dai “Territori Occupati" in cambio del riconoscimento dello Stato ebraico da parte degli Stati arabi confinanti.

RISOLUZIONE MAI RISPETTA DA ISRAELE

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La guerra del Kippur (6-22 ottobre 1973)

Contemporanea e simile a quella musulmana del Ramadan, la festa del Kippur (espiazione) è una delle feste più importanti dell’ebraismo.

Attaccati di sorpresa dall’esercito siriaco-egiziano, gli Israeliani subiscono l’iniziativa degli avversari perdendo il controllo sul Canale di Suez;

dopo sette giorni di empasse, Israele si riorganizza e sconfigge nuovamente la Siria sul Golan e l’Egitto nel Sinai; Sharon è addirittura pronto ad attraversare il Canale di Suez ma viene fermato dall’ONU su pressioni di USA e URSS.

Israele ha perduto il mito dell’imbattibilità, ma conserva inalterato il proprio territorio, che verrà restituito all’Egitto dopo gli accordi di Camp David del 1978.

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I protagonisti di Camp David: da sinistra, il presidente egiziano Sadat, il presidente degli U.S.A. Carter (Nobel

per la Pace 2002), il primo ministro israeliano Begin.

Accordi tra Egitto e Israele Prevedevano la restituzione all’Egitto

della Penisola del Sinai e il riconoscimento dello Stato di Israele.

Gli accordi di Camp David del 1978

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Israele dopo Camp David

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La prima intifada

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L’8 dicembre 1988 scoppiò un movimento popolare di resistenza a Gaza e in Cisgiordania a sostegno dell’OLP e contro Israele.

L’Intifada (risveglio), che in tre anni causò 800 morti, produsse soprattutto in Israele una riflessione sulla incongruità politica, sociale e morale di una vera e propria situazione colonialista.

Nello stesso tempo, anche la parte più moderata dell’OLP ritenne opportuno modificare la propria strategia.

Così, mentre Hussein di Giordania dichiarava di rinunciare alla sovranità sulla Cisgiordania,

il 15 novembre 1988

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Il Consiglio Nazionale Palestinese proclamò la creazione simbolica di uno stato palestinese in Cisgiordania e Gaza con capitale Gerusalemme; accettò la risoluzione ONU 181, condannò il terrorismo e avviò trattative per una conferenza internazionale di pace.

Lo stesso Arafat all’ONU dichiarò di riconoscere il diritto di Israele a vivere in pace e sicurezza.

• Il proclamato “Stato di Palestina” non è mai stato effettivamente uno Stato indipendente, difettando di sovranità su un territorio.

• Lo “Stato di Palestina” non è riconosciuto dalle Nazioni Unite.

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Gli Accordi di Oslo L’Accordo è ufficialmente firmato il 13 Settembre

1993 da Yasser Arafat (OLP) e Yitzhak Rabin (Israele) a Washington DC.

L’ Accordo stabilisce la ritirata di Israele da alcune

zone della Striscia di Gaza e della Cisgiordania e afferma il diritto dei Palestinesi all’autogoverno all’interno di queste aree, attraverso la creazione dell’Autorità Palestinese.

Deliberatamente la risoluzione delle questioni più

salienti del conflitto come Gerusalemme, i rifugiati palestinesi, le colonie degli Israeliani, la sicurezza e le frontiere verrà affrontata in un secondo momento.

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Oslo, 13 settembre 1993: la storica stretta di mano tra Rabin e Arafat, alla presenza di Clinton. Sono stati appena firmati gli accordi sulla autonomia palestinese; Israele e OLP si riconoscono formalmente per la prima volta.

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20 gennaio 1996 – Si tengono le prime elezioni palestinesi dei due organi principali dell'Autorità Nazionale: il presidente ed il Consiglio dell'Autonomia. Yasser Arafat viene eletto Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese e la sua organizzazione, Al-Fatah, conquista due terzi degli 80 seggi del Consiglio Legislativo Palestinese.

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La seconda Intifada - L’Intifada di Al-Aqsa

•  28 settembre 2000 il leader del Likud, A.Sharon, si recò alla Spianata rivendicando simbolicamente la sovranità israeliana sul sito religioso.

•  29 Settembre: ha inizio la rivolta e alla fine della giornata 7 Palestinesi rimangono uccisi e 300 feriti.

•  Nel giro di quindici mesi fece 1132 morti (872 palestinesi, 238 israeliani)

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Cosa ha portato alla Seconda Intifada

•  Nei cinque anni immediatamente successivi alla firma degli Accordi di Oslo, 405 Palestinesi sono rimasti uccisi. Israele ha costruito colonie e by-pass road, ha confiscato molte proprietà palestinesi e ha continuato a demolire case e a sradicare alberi di olivo e da frutto.

•  Sono imposti checkpoint, chiusure e altri segnali di una forte occupazione; i soldati israeliani bloccano ai checkpoint le ambulanze o le costringono a tornare indietro e riducono continuamente il numero dei permessi di lavoro per entrare in Israele. Frustrazione, rabbia e disperazione aumentano in maniera proporzionale alla violazione dei diritti umani dei Palestinesi e la loro dignità viene ignorata. Molti Palestinesi sono rimasti delusi dagli Accordi di Oslo e si sentono traditi.

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Da un punto di vista politico la seconda Intifada ebbe origine dalla percezione da parte delle masse palestinesi della mancata realizzazione delle promesse di Oslo:

Per i Palestinesi e per i loro leader, l’accordo di Oslo significava una riduzione graduale dell’occupazione , in cambio della fine immediata della violenza e del terrorismo. Sette anni dopo, i Palestinesi si sentono traditi perché vivono ancora sotto l’occupazione. Hanno tentato […] di farsi ascoltare dagli israeliani. Non ci sono riusciti e hanno appoggiato gli attentati contro Israele.