brescia come non l’avete mai vista numero 12 . 2017 … - 12 - maggio... · glia e per tutti i...

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B LEISURE&LIFESTYLE NUMERO 12 . 2017 . MAGGIO . PUBLIMAX EDITRICE . WWW.PUBLIMAX.EU . EURO 10,00 BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA ALDO BONOMI Presidente di 1000 Miglia Srl

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BLEISURE&LIFESTYLE

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BRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA

aldobonomi

Presidente di 1000 Miglia Srl

Joelil peso della leggerezza

in un’antitesi di elementi.

ADV(2017-04-18 Bre Magazine)240x320mm 001.indd 1 18/04/17 17:01

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ANNALISA BONI - [email protected]

BRE EDITORIALE

numero dodici

Non potevo di certo esimermi, nel numero di maggio, di cavalcare a testa alta uno tra i più grandi orgo-gli bresciani ovvero quello che lega la nostra città al mondo dei motori sia a due che a quattro ruote.Per Brescia è stagione di Mille Mi-glia e per tutti i bresciani inizia un nuovo anno targato grandi passio-ni. É proprio su questo tema che l’editoriale e l’intera verve di que-sto numero di Bre Magazine va a piazzarsi. La Mille Miglia oggi alla sua no-vantesima edizione rievoca i mo-tori di ieri concentrandosi su quel fortissimo legame che ci tiene an-corati alla nostra storia e al nostro passato proprio come accade alla “soggettività” di queste strabilian-ti supercars, avi gioielli ma anche tracce di famiglia perchè traman-date di generazione in generazio-ne. Storie di passioni.Un’eredità che diviene quindi ma-estra di vita e non più confinata in polverosi ricordi. In questo caso “scende in piazza” e si racconta attraverso delle grandi passio-ni rappresentando una fra le più grandi espressioni del passato, oggi dall’inestimabile valore.Ed ecco che in un mondo reso

celebre da hashtag e celebrativi-smi da tastiera fortunatamente riemergono circostanze che ci riportano indietro nel tempo ren-dendo prezioso e prestigioso tutto ciò che appartiene alla memoria.Echi scaldati da un attaccamen-to, da una passione che nella sua grandezza riassume i tratti di un racconto di famiglia.Storie, predilezioni e amori, come quelli a due e a quattro ruote che vi raccontiamo in questo numero, non solo fatte di gioielli rombanti ma soprattutto di persone o me-glio dire grandi personaggi che della propria storia hanno lasciato memorabili e stimate tracce che nella favola bresciana rimarranno incise per sempre proprio come la mille miglia “la corsa più bella del mondo”, così come la definì, il Drake, Enzo Ferrari.Questo numero di Bre si prepara ad annunciare un mese di maggio all’insegna dei motori e di quel grande impeto che hanno reso bresciani come tutti noi piccole e grandi leggende nel panorama internazionale, pezzi di vita che ci riempiono di un grande orgoglio, nell’essere bresciani e nell’essere italiani.

Il passato non si dimentica, c’è e dipinge i tratti di ciò che siamo e di ciò che saremo.

Ringrazio i grandi bresciani pro-tagonisti di questa edizione di Bre Magazine, Aldo Bonomi, presiden-te di 1000 Miglia Srl, Franco Bat-taini, pilota motociclistico italiano e collaudatore ufficiale del team Ducati Corse, Emanuel Piona, pilo-ta bresciano di numerose gare tra cui la Mille Miglia, Riccardo Man-fredini, vincitore europeo dell’Infi-niti Engineering Academy 2016 e il Gruppo Saottini Auto per la prima volta al Campionato Italiano Turi-smo TCR e protagonista alla Por-sche Carrera Cup Italia 2017

vincono solcando il traguardomi assale un grande orgoglio

Quando le mie macchine

nell’essere italiano(Enzo Ferrari)

Consumo massimo di carburante, urbano/extraurbano/combinato 7,6/5,4/6,2 (l/100 km).Emissione massima di biossido di carbonio (CO2): 151 (g/km).

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2017SPRINGSUMMER

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Annalisa Boni, da oltre 10 anni è coordinatore editoriale di due riviste nazionali di design e enogastronomia. Trendsetter e attenta osservatrice di tendenze e stili di vita ha il piacere di portare in pagina solo le grandi ec-cellenze del globo proponendo il più autorevole specchio di una società in continua trasformazione.

LIKING: MODA, COSTUME, TENDENZE,HOTELLERIE, AUTO, DESIGN, VINTAGE.

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Claudia Lazzari, cito una frase di Confucio che sento mia: “vivi come in punto di morte vorresti aver vissuto”.Ogni giorno vivo la vita, gli affetti e il lavoro con lo stesso entusiasmo e gratitudine, come se fosse l ‘ultimo...

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Laura Sorlini, vanta un’esperienza giornalistica competente e versatile maturata in anni di redazione. Appassionata di enogastrono-mia e turismo e aspirante som-melier, è alla continua ricerca di aspetti ed eventi da raccontare nelle rubriche che cura perio-dicamente per alcune delle più autorevoli riviste di settore.

LIKING: FOTOGRAFIA, VIAGGI, CUCINA, CINEMA, TEATRO, ENOGASTRONOMIA, DESIGN, ARTE, SPETTACOLO, NUOVE TECNOLOGIE, SPORT, AUTO D’EPOCA.

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Emanuela Serughetti, dall’esordio biografico america-no, è autrice di diversi romanzi, editor e giornalista, una penna che persegue l’arte di mostrare attraverso la parola tutto ciò che è dotato di valore, di efficacia e di spessore, con occhio attento alla realtà delle cose.

LIKING: LETTERATURA, SCRITTURA, DESIGN, ARTE, MODA, COSTUME, VIAGGI, CUCINA, FOTOGRAFIA

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Francesco Salvetti, Da sempre appassionato alla carta stampata entra nel mondo dell’editoria nel 1992 dal 1997 è socio e direttore responsabile di tutte le pubblicazioni della casa editrice Publimax.Giornalista pubblicista dal 2001si diletta nel tempo libero in reportage e ritratti last minute.

LIKING: CINEMA, ARTE, FOTOGRAFIA E TUTTO CIÒ CHE TRASMETTE EMOZIONE.

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Carlo Boni, nato con il DNA dell’editoria trasmessogli dalla famiglia, socio aziendale da 25 anni ed esperto conoscitore del mercato, cura e sviluppa l’aspetto commerciale della rivista.

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PUBLISHERPublimax Editrice

EDITOR IN CHIEFFrancesco Salvetti . [email protected]

EDITORIAL CONSULTANTMassimo Boni . [email protected]

COORDINATORE EDITORIALE & CO-EDITORAnnalisa Boni . [email protected]

ADVERTISING & MARKETINGCarlo Boni . [email protected]

Claudia Lazzari . [email protected]

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PUBLISHINGEmanuela Serughetti . [email protected]

Eleonora Raschi . [email protected]

ADVERTISINGAnnalisa Boni

CONTRIBUTORSLucia Marchesi, Tiziana Adamo, Enrica OttelliPaolo Falsina, Federico Buelli, Laura Sorlini

Massimo Cominetti, Silvia MarelliMiro Bonardi, Pierpaolo Romano

Damiano Nava, Velvet, WonkaRosaria Poinelli

EDITORIAL OFFICEPublimax Editrice

Via XX Settembre 30 . 25122 Brescia ItalyT +39 030 37 76 55 [email protected]

Supplemento a Casaresart n.73Autorizzazione del Tribunale di Brescia n.12/2003 del 12/03/2003

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IN COPERTINAALDO BONOMIPRESIDENTE DI 1000 Miglia Srl

Planet VIGASIOC O N C E P T S T O R E I N B R E S C I A

Dalla fusione delle storiche attività della Vigasio F.lli e di Punto Ufficio nasce nel dicembre 2014 PLANET VIGASIO (nome commerciale di Digiprint srl): una nuova realtà che si propone di essere riferimento per il mondo della stampa, dell’editoria professionale e delle forniture per l’ufficio. Un polo culturale, una photogallery ed un laboratorio stampa che si sviluppano negli ambienti completamente rinnovati della storica sede di via Pusterla; il concept store si articola su una superficie di 2000 mq attraverso un percorso in grado di affiancare alle tradizionali attività ulteriori prodotti e servizi.L’ambientazione, le luci e le atmosfere sono studiate nel dettaglio per fornire ai clienti un’esperienza di fruizione che trova nello stile, negli arredi e nella compe-tenza il tratto distintivo della vocazione culturale.PLANET VIGASIO racchiude in sé molteplici competenze, capaci di garantire soluzioni specifiche per settore professionale e di operare in sinergia per proget-ti più articolati.

PLANET VIGASIOvia Pusterla 3/a Brescia

(parcheggio interno privato da via M. Cesaresco 16/B)

STAMPA FOTOGRAFIA DIGITALE

LIBRERIA

ARCHIVIAZIONE DIGITALE

Raccoglie l’eredità dell’esperienza vigasio per stampe su carte e altri materiali. Equi-paggiato di soluzioni tecnologiche contem-poranee e diretto da uno staff competente, disponibile a valorizzare qualsiasi esigenza di stampa e supporto. Il laboratorio stam-pa di planet vigasio offre un’ampia gamma di formati e supporti personalizzati: dal pic-colo formato alla stampa su grandi pannelli e teli in pvc.

Articolato in quattro aree funzionali dedi-cate alla scuola, all’ufficio, cancelleria e articoli da regalo.Corners tematici sviluppano l’assortimen-to di marchi come: Moleskine, Nava, Na-papijri, Eastpak, Mi.etico, Faber Castell, Bic, Parker, Giotto, Fabriano, Smemoran-da, Comix, Origami, prodotti Flex e quanto di meglio offre il mercato.

Il laboratorio fornisce servizi di stampa professionale e certificato. Sviluppa le sue competenze in stampa fotografica, stam-pa su tela, stampa fine art, stampa su pan-nelli per complementi d’arredo o mostre, stampa book professionali, stampa bianco e nero.

La competenza della libreria Punto Ufficio rappresenta da molti anni il riferimento per studi professionali e Aziende che neces-sitano di una vasta scelta di testi e di in-formazione continua per tenersi aggiornati nella propria professione. Tra le case editri-ci presenti: Il Sole 24 Ore, Maggioli, Ipsoa, Simone, FAG, Euroconference, SEAC, CE-DAM, Eutekne, Giuffrè, UTET, La Tribuna, Egea. Un servizio di news letter è, inoltre, a disposizione per gli aggiornamenti sulle novità editoriali.

Planet Vigasio offre ad aziende, enti pub-blici e privati la propria esperienza e pro-fessionalità nel campo della digitalizzazio-ne documentale degli archivi, fornendo il servizio di scansione di disegni, elaborati tecnici, libri, libri antichi, giornali, registri, mappe e pergamene.Integra il servizio un software in grado di gestire, visualizzare ed editare tutti i files acquisiti.

Lo spazio espositivo già esistente è in fase di ampliamento e, dal 1 ottobre ospiterà la Wave PhotoGallery, riferimento nazio-nale per il mondo della fotografia svilup-pando temi espositivi dei principali artisti: da Gianni Berengo Gardin ad Uliano Lucas, Elisabetta Catalano, France-sco Cito, Franco Fontana, Giampaolo Barbieri, Gianni Pezzani, Santi Visalli, Dondero, solo per citare alcuni degli auto-ri italiani esposti nei dieci anni di vita della galleria.

BRELEISURE&LIFESTYLEBRESCIA COME NON L’AVETE MAI VISTA

SommarioNUMERO 12 . MAGGIO 2017, IN COPERTINA ALDO BONOMIPRESIDENTE DI 1000 Miglia Srl

12

22

18

64

12IL SUPER EROE BRESCIANO CHE CORRE VELOCEINTERVISTA AL FRANCO BATTAINI

18LEGITTIMA DIFESA. CERTEZZA DELLA PENA?SCRIVE VALERIO VALENTI, PREFETTO DI BRESCIA

22GARE D’EPOCA NEL DNAINTERVISTA AL EMANUEL PIONA

28MILLE MIGLIA STORYDALL’EDIZIONE 2016

34IL NUMERO 1 PER LA FORMULA 1INTERVISTA A RICCARDO MANFREDINI

46DEPRESSIONE PARLIAMONEINTERVISTA AL DOTT. GIOVANNI DE GIROLAMO E AL DOTT. G.BATTISTA TURA

69É DAVVERO LEGITTIMA DIFESA?INTERVISTA ALLA DOTT.SSA ROBERTA BRUZZONE

74

89

CASA BAUDIFESA E AMORE A QUATTRO ZAMPE

NEGLI ABISSI DEL CUOREINTERVISTA A GIANPIETRO GHIDINI

83

93

TEATRO E MUSICA PER LA PACEQUANDO L’ARTE SI FA MESSAGGIO DI UNITÁ

É BRESCIANA LA MIGLIORE PROFESSORESSA INTERVISTA AD ANNAMARIA BERENZI

54SAOTTINI AUTO, IL FIORE DEL CAMPIONATO ITALIANOTURISMO TCR 2017

Aldo Bonomi

6

Novant'anni diMille Miglia

Scrive Laura SorliniImmagini di Matteo Biatta

Si ringrazia per la collaborazione Claudia Lazzari

.7 .

I N C O P E R T I N A

Maggio per Brescia è il mese dei motori,

il mese della “Corsa più bella del Mondo” come

la definì il Drake, Enzo Ferrari.

E proprio quest’anno la Mille Miglia,

che compie novant’anni dalla prima edizione

del 1927 e si appresta a disputare la

trentacinquesima edizione rievocativa,

si presenta al grande pubblico con una veste

rinnovata e un marchio celebrativo che

raggruppa precisi simboli iconografici della

Freccia Rossa.

Una quattro giorni di grandi emozioni e di

grande successo sempre più internazionale, il

cui merito sicuramente va alla gestione delle

ultime edizioni della corsa da parte di

1000 Miglia Srl, di cui il Cavalier Bonomi

è presidente. “1000 Miglia Srl ha stabilito un

nuovo standard, sia in termini sportivi sia dal

punto di vista del risultato economico e il valo-

re del marchio della Freccia Rossa,

immenso patrimonio di Automobile

Club Brescia, è cresciuto sia in termini

di popolarità sia economici”.

AldoBonomiNovant’anni di Mille Miglia

BRE MAGAZINE

´ NO12MAGGIO20

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bando l’organizzazione della corsa; sarebbe invece stato opportuno, vi-sta la diffusa e riconosciuta capacità imprenditoriale del territorio, che si individuasse qualcuno nel bresciano in grado di “prendere in mano” la gara per organizzarla al meglio con l’obiettivo di ottenere grandi risultati nella valorizzazione del marchio. Nel giugno 2012 fu dunque fondata la 1000 Miglia Srl ed oggi i risultati di bilancio confermano che questa idea ha garantito maggiori risorse economiche all’Ente proprietario, in particolare grazie al lavoro svolto dall’ex AD Andrea Delledonne , il quale ha portato la società a risultati considerevoli rispetto al passato.La squadra oggi è compatta: la nostra elezione è dello scorso anno e la rielezione di quest’anno ci dà continuità fino al 30 giugno 2019 ed il consiglio di amministrazione, che oltre a me comprende Franco Gus-salli Beretta Vicepresidente, Alberto Piantoni Amministratore Delegato,

Simona Pezzolo de Rossi e Vittorio Pedrali in qualità di Consiglieri, si impegnerà a portare a termine quan-to previsto da programma.

Da quando lei è Presidente, inol-tre, la celeberrima gara brescia-na si è estesa su 4 giorni anziché 3 e l’obiettivo futuro è quello di far vivere sempre di più questo specifico momento dell’anno, au-mentando la capacità attrattiva della Leonessa…Esatto, all’inizio la Mille Miglia era una gara di velocità e durava poco più o poco meno di 21 ore; da quando la corsa si è trasformata in una gara di regolarità il tempo si è dilatato, dando sempre più spazio, oltre alla pura competizione, ad una manifestazione di carattere cultu-rale e ludico. Da due anni le tappe sono diventate quattro ed ormai la città è in fermento per l’intera set-timana, con molti eventi sia in città che nei dintorni.

E’ evidente che la nostra idea è quel-la di abbinarla ad altre manifesta-zioni bresciane e non solo, affinché possa durare il più a lungo possibile.

Mille Miglia oltre a essere stata, come disse Giannino Marzotto, l’immagine del progresso tecni-co, sociale e umano, è oggi un volano per l’economia del nostro Paese e dell’Italia intera, un grande marchio – e un preciso modo di fare impresa – per usare le sue parole - tanto che è cono-sciuta, apprezzata, seguita da equipaggi e appassionati di tutto il mondo. Per quanto riguarda la proiezione estera, in quali città è stata presentata e quante le nazioni rappresentate?Dallo scorso anno abbiamo ripreso a presentarla a Ginevra, dove ogni anno si svolge il salone automobili-stico più longevo e seguito del mon-do, nell’ottica di renderla sempre più internazionale.

“per la crescita e il miglioramento continuo di un grande marchio.È un preciso modo di fare impresa.

”La Mille Miglia è visione d’insieme, programmazione e lavoro incessante

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Da due anni lei è Presidente di 1000 Miglia Srl, società fondata nel 2012 e totalmente partecipa-ta da ACI; come state lavorando per l’ottimale organizzazione della corsa e per renderla sem-pre più solida, indipendente e internazionale?La Mille Miglia è un simbolo di Brescia ed uno dei simboli italiani del Made in Italy; per questo motivo dobbiamo impegnarci a fare squadra ed a unire le forze per valorizzare un’eccellenza bresciana che tutti ci invidiano. Si tratta appunto di uno dei brand italiani di maggior successo a livello internazionale, che ogni anno richiama nella nostra città e lungo tutto il percorso, oltre ad elettrizzati e fortunati partecipanti, un gran numero di appassionati da ogni angolo del mondo.Celebrare oggi il 90° compleanno della Freccia Rossa con 1000 Miglia srl, che persegue tenacemente l’o-biettivo di rendere la corsa sempre più internazionale, indipendente e solida (insostituibile), è per noi motivo di orgoglio e di soddisfazio-ne, e vogliamo condividere questo momento, con tutti quanti hanno fornito il loro contributo.Proprio per questo ci stiamo impe-gnando per organizzarla, e non solo da oggi, al meglio e di dare un ordi-ne alle cose, stabilendo precedenze valide anche in futuro; la Mille Miglia infatti è visione d’insieme, program-mazione e lavoro incessante, finaliz-zato alla crescita ed al miglioramen-to continuo di un grande marchio. E’ un preciso modo di fare impresa.

In questo senso è stato fonda-mentale ridare ai bresciani la gestione della corsa… Com’è nata la vostra società?Nel 2009 l’Automobile Club Brescia era commissariata da Enrico Gelpi, che in quel periodo era commissario sia dell’Automobile Club Brescia che di Automobile Club Italia. Un gruppo di persone motivate mi chiese di formare una squadra che potesse fare dell’ACI qualcosa di diverso, perché l’immagine di Brescia e dell’ACI stessa non meritava quel trattamento. Insieme al carissimo amico Gaburri, che ricordo sempre con grande affetto, e Ugo Gussalli

Beretta coinvolgemmo quindi nove persone, con il preciso intento di rimettere in sesto una società di prestigio come l’ACI e, sempre nel 2009, quando iniziammo a lavorare all’ipotesi di organizzare in casa la Mille Miglia, riportandone l’organiz-zazione a Brescia, avevamo la moti-vazione giusta, dettata dalla certezza di operare al meglio in favore della corsa e dell’ACI Brescia.

Fino a pochi anni fa, infatti, esi-steva un bando per l’organizza-zione della Mille Miglia, è così?Esatto, all’epoca (siamo ancora nel 2009) la gara per l’organizzazione della corsa era stata vinta da un’ATI composta da Mac Group srl, Meet Comunicazione srl e Sanremo Rally srl. L’idea dei soci del CDA dell’A-CI e mia, era invece che non fosse giusto dare in appalto tramite un

INTERVISTA A

Aldo Bonomi

.11.

E lei da imprenditore ha ben chiaro questo meccanismo; oggi, infatti, è titolare insieme a suo fratello Carlo delle Rubinetterie Bresciane, azienda che vanta oltre un secolo di storia. Come è nata questa realtà e come si è evoluta negli anni fino a diven-tare un leader di mercato così autorevole?La storia è semplice: nel 1901 nasce la Rubinetterie Bresciane Bonomi, fondata da tre fratelli, tra cui mio nonno Tobia, che si divide dagli altri due nel 1927. Dopo uno stop in tempo di guerra, l’attività riprende nel ’46 per proseguire fino ai giorni nostri con l’ingresso in azienda mio e di mio fratello. La nuova generazione dell’epoca, infatti, ha dato un contributo importante alla crescita produttiva e del personale, passando da circa 73 a oltre 350 dipendenti. La nostra fortuna è stata anche quella di avere dei ragazzi che lavorano per noi all’altezza della situazione e che quindi possano pro-seguire l’attività. Oltre 3 aziende e diverse sedi all’estero, infatti, unite a esperienza, competenza e respon-sabilità nei settori di pertinenza, fanno ben sperare in un futuro di prosperità. Di contro, purtroppo siamo piuttosto preoccupati per la competitività sempre maggiore sul mercato.

Si tratta di un’azienda giovane, dove in prima linea troviamo innovazione, evoluzione e cam-biamento. In una sua recente intervista ho avuto modo di capire che questi sono sempre stati i valori fondanti e vincenti alla base della vostra filosofia. È così?Chi si ferma è perduto. Ogni azienda deve continuamente andare avanti, investire e sviluppare nuovi prodotti

perché c’è sempre qualcuno che va avanti e c’è sempre qualcuno più bravo di te, quindi tu devi cercare di essere sempre più capace per poter competere nel mondo. Una volta si competeva nei famosi distretti, poi in Italia, poi in Europa e al giorno d’oggi nel mondo. Anche se molti ancora non lo capiscono in questo momento si rende necessario un lavoro di squadra proprio nell’ottica di essere sempre più competitivi sul mercato, non solo come azienda, ma tutti insieme, come Paese Italia. Tu puoi essere bravissimo nel tuo ambi-to ma se i trasporti non funzionano, internet non c’è, i servizi nemmeno, non sarai mai competitivo.

Nel 2014, all’inaugurazione del nuovo stabilimento di Gussago, per la cui realizzazione avete predisposto un investimento di 50 milioni di euro, ha preso parte anche l’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il Mini-stro del lavoro Giuliano Poletti, il Presidente della Commissione Industria al Senato Massimo Mucchetti, il Presidente di Con-findustria Giorgio Squinzi e al-tre autorità. Proprio in quell’oc-casione è stata sottolineata la necessità di una riforma fiscale per garantire la competitività delle aziende. Può commentare la giornata?Quella giornata è stato un riconosci-mento al lavoro di noi tutti, intendo dire al lavoro svolto in tanti anni di storia dalla nostra famiglia e dai nostri collaboratori; oltre ad un im-portante motivo di orgoglio, è stato anche uno stimolo a fare sempre meglio. Renzi è venuto da noi in quell’occasione perché aveva la cer-tezza di incontrare imprenditori che lavorano bene ed entrambi abbiamo fatto bella figura.

Per quanto riguarda i concetti espressi quel giorno, li ripendo volen-tieri, anche se è da anni che ripeto lo stesso concetto: dobbiamo pagare meno tasse per essere più competiti-vi nei confronti dei produttori di altri paesi. La nostra azienda paga me-diamente il 65% di tasse; le aziende straniere hanno trattenute che vanno dal 32% al 36%. Come possiamo es-sere competitivi quando in altri paesi hanno il 30% in più rispetto a noi da reinvestire? Per questo motivo chiediamo allo stato di aiutarci, per il bene comune. Perché se un’azienda guadagna, vien da se che poi investe, le persone trovano opportunità di lavoro, guadagnano, pagano le tasse ed investono a loro volta. Se non guadagno non investo, non assumo e sarò sempre meno competitivo.

Tema di attualità la presidenza AIB. Lei è uno dei “past presi-dent” e quindi membro di diritto di tutti gli organi. Qualche set-timana fa si è tenuto il consiglio generale durante il quale è stato scelto il candidato da portare in Assemblea a fine maggio come successore di Bonometti, nella figura di Giuseppe Pasini. Lei fece diverse dichiarazioni soste-nendo invece che fosse Franco Gussalli Beretta il candidato più idoneo a ricoprire tale carica…Stiamo parlando di due grandi imprenditori. Io personalmente avrei scelto Franco Gussalli Beretta, perché ha l’esperienza che gli deriva dall’essere già stato Vicepresidente, ha una visione generale più interna-zionale di altri, una sensibilità parti-colare verso la meccanica, settore nel quale l’Italia eccelle in Europa, ha un approccio commerciale estero che non ha pari, visto che la sua azienda esporta in tantissimi Paesi ed ha una storia pluricentenaria alle spalle e sono certo che è una persona che fa squadra. Detto questo stimo anche il candidato scelto dal Consiglio Gene-rale a cui auguro di portare avanti al meglio il futuro mandato.

Due parole sulla Confindustria?È un momento difficile anche per la Confindustria perché da un lato usciamo da un periodo di rottura dall’altro notiamo che mancano certi interlocutori. L’obiettivo dunque è quello di trovarci sempre più uniti nonostante sia un momento difficile per tutti, anche politicamente, a livello europeo e mondiale.

.10.

Siamo inoltre presenti in altre grandi città europee, perché desideriamo che questa corsa appassioni sempre più paesi e che attiri, contemporane-amente, sponsor di un certo livello che, partendo dai valori fondanti come patrimonio comune, siano capaci di consolidarne il posiziona-mento nel “luxury market”, senza trascurare le profonde radici che il marchio stesso ha nelle comunità locali.

Quest’anno ricorre il 90esimo compleanno: ci vuole parlare delle novità nel percorso, e dei criteri di ammissione equipag-gi, visto che sono arrivate ben 695 le iscrizioni da 41 Paesi di 5 continenti?Sì, l’edizione 2017 ha visto 695 domande di partecipazione, anche se solamente 440 saranno le vetture ac-cettate. Una richiesta in forte aumen-to, soprattutto da parte di equipaggi esteri (che arrivano a toccare il 70% dei partecipanti), che però si scontra con la necessità, da noi molto sentita, di garantire la sicurezza. Dobbiamo predisporre un coordinamento im-peccabile per tutta la carovana, che è composta da 440 vetture iscritte, alle quali si aggiungono le auto del seguito e quelle dell’organizzazione, per cui si raggiungono oltre 1000 au-tomobili da gestire. Dal punto di vista del percorso, fermo restando la par-tenza e l’arrivo a Brescia ed una notte a Roma – ormai punti di riferimento imprescindibili – il tragitto presenta, come sempre, novità, con tappe che porteranno la Mille Miglia in piazze e su strade inedite, nell’ottica di renderla sempre più interessante e di dare la possibilità di seguirla dal vivo al maggior numero di persone possibile in Italia.

Lei oltre ad essere Presidente dell’omonima società è anche un grandissimo appassionato di auto d’epoca e della celeberrima corsa. Quest’anno, come lo scor-so, da regolamento, non potrà partecipare alla gara…Purtroppo è così e sono molto dispia-ciuto per questo, ma naturalmente la seguirò. Ho partecipato alla Mille Mi-glia ben 22 volte ed ogni volta è stata una grandissima emozione, a maggior ragione per un bresciano che parte da Brescia per ritornare a Brescia, con il calore umano che la tua città riesce a trasmetterti: fantastico, inde-scrivibile... Come le dicevo, in primo luogo a Brescia ma anche lungo tutto

il percorso e poi a Roma, tutti tifano per te e sono lì a supporto.Consideri che non si tratta esatta-mente di una “vacanzona”, come tan-ti credono, perché arrivi al traguardo in viale Venezia che sei più morto che vivo, e nonostante la fatica, è qualcosa di davvero stimolante che nella vita bisogna provare almeno una volta. Milleseicento chilometri su un’auto d’epoca – senza i comfort che la modernità offre – concentrati ed attenti ai tempi da rispettare… Beh non è da tutti.

In famiglia è una passione condivisa…?Sì, anche mia figlia Marta, respon-sabile marketing commerciale di Rubinetterie Bresciane, ha la stessa passione, tanto che oltre a seguire il mio equipaggio da oltre 20 anni, ha corso una volta la Mille Miglia con un’auto d’epoca e il Tribute Ferrari in un’altra occasione. La ricorda come una bellissima esperienza, per il contatto con tantissima gente, per aver attraversato borghi meravigliosi spinta da un pubblico eccezionale.

Quali auto l’hanno accompagna-ta in questa gara nei 22 anni di partecipazione?Ho avuto la fortuna di correre questa gara con 3 macchine: un’Aston Mar-

tin del ‘34 , una Bmw 328, ma più frequentemente sono stato al volante di una Lancia Aurelia B24 spider “America”.

Non dimentichiamo il curioso passaggio all’interno della base militare di Ghedi, sulle piste dei Tornado, dove saranno disputate le ultime prove cronometrate della Mille Miglia 2017. Anche questo a dimostrazione della sinergia tra istituzioni che 1000 Miglia Srl sta creando…Noi siamo fortunati ad avere tutte le forze dell’ordine che ci accom-pagnano lungo il percorso: è chiaro che avere vicino anche i militari e le frecce tricolori, che per noi sono comunque simbolo di italianità e di appartenenza, a prescindere dal pen-siero politico di ciascuno, è davvero entusiasmante. Ci si sente italiani, io mi sento italiano e sono molto orgoglioso di questo: se lei mi chiama al telefono squilla l’inno d’Italia! Per concludere direi che, nonostante le critiche iniziali per aver fortemente voluto creare la società 1000 Miglia Srl, questo splendido risultato ci ha dato ragione. E’ chiaro che un rischio era presente, ma se vuoi fare l’im-prenditore il rischio, seppur calcola-to, te lo assumi.

Scrive Annalisa Boni

BRE MAGAZINE

´ NO12MAGGIO20

17´

.13.

G R A N D I B R E S C I A N I

Durante il mese più significativo per Brescia,

un maggio ricco di corse e passioni in “moto”,

vuoi per il passaggio della Mille Miglia e per

tutti gli innumerevoli eventi sportivi

che contraddistinguono questa stagione,

rappresentava un passo tassativo per me

intervistare colui che, con i suoi ben 8 podi in

250 ci ha fatto sognare.

Sto parlando di Franco Battaini, l’Iron Man

o meglio l’Iron Frenk bresciano, che con il

suo fisico da triatleta ha conquistato non solo

importanti successi sportivi ma un

grandissimo consenso di pubblico,

proprio per la correttezza e l’umanità

che l’hanno condotto a dare

“gas” al momento giusto.

FrancoBattaini

il super eroe brescianoche corre veloce

.12.

.15.

Se non dimostri di essere preparato a questa grandissima forza dopo un po’ di giri ti assale la stanchezza, perdi la lucidità e negli ultimi giri in-vece di dare il massimo per duellare con l’avversario sei ko. Ecco perché la preparazione fisica di piloti come Márquez e Dovizioso è notevole, lo stesso posso dire per Lorenzo e Valentino Rossi e questo lo dimostra il fatto stesso che a 38 anni riesce ad essere competitivo con ragazzi molto più giovani di lui. Senza una grandis-sima preparazione fisica questo di certo non sarebbe possibile.

Come hai ereditato l’appellativo di Iron man?In realtà è Iron Frenk ed è sì collega-to alla mia passione per il triathlon, che sicuramente mi conduce a una peraparazione molto impegnativa, ma non direttamente. Mi trovavo a Jerez de la Frontera

e il mio capo meccanico di allora Giacomo Guidotti, oggi attuale capo meccanico di Dani Pedrosa, mi disse “hai fatto oltre 100 giri sei proprio un Iron Man”. L’esclamazione nac-que per la grandissima resistenza dimostrata rispetto a tutti gli altri miei colleghi che di giri ne avevano fatti molti meno.

Il tuo rapporto con la paura? É una componente necessaria?Se hai paura nel motociclismo non diventerai mai un pilota. Puoi fare il turista ma non il pilota. É una com-ponente che sicuramente erompe ogni tanto ma nella maggior parte dei casi come conseguenza ad eventi o circostanze davvero drammatiche come alla perdita di un amico/colle-ga come Marco Simoncelli. In quei momenti sono la pelle d’oca e la paura che ti conducono a certe riflessioni.

Esisteva un limite quando eri in pista?Quando sei in sella e affronti la pista non hai freno. Il limite è cadere. Di-ciamo che arrivi prima a cadere che a pensare di dover frenare. É solo dopo che hai la possibilità di pensare e di confidare a te stesso che hai proprio esagerato.

Quanto la tua famiglia e la nascita delle tue figlie hanno influito sulle tue scelte?Ho iniziato a comprendere realmen-te che per la mia famiglia questa professione poteva rappresentare un grosso rischio quando la mia prima figlia Rebecca compì un anno. Il papà arriva un po’ dopo generalmen-te mentre la mamma già dai primi momenti della gravidanza comincia ad attuare misure preventive, ma come spesso accade noi papà siamo sempre in ritardo (e ride).

“Hai fatto oltre 100 giri

”sei proprio un Iron Man(Giacomo Guidotti)

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Quando e come è iniziata la tua carriera in sella a una moto?Questa, che prima di tutto è una grande passione, mi è stata trasmes-sa da mio padre che già a 10 anni mi incoraggiò a prendere parte ai primi corsi con una moto da Trial. I miei primi ricordi mi riportano all’Isola d’Elba. Quella rappresentava la mia prima esperienza, il mio primo corso con una moto da trial. Di quella trasferta ricordo soprattutto le ramanzine e le raccomandazioni degli istruttori che ci imponevano di stare attenti e non commettere stupidaggini, d’altronde eravamo solo dei ragazzini ed era necessario rispettare le regole. Io invece, già a quell’epoca davo prova di scattante ribellione e sorpassavo tutti come un pazzo. L’indole da velocista si era già manifestata. Amavo la velocità più di qualsiasi altra cosa.Successivamente la passione per questo sport maturò e dopo i vari corsi all’Isola d’Elba e a Bormio ar-rivò il fatidico regalo dei quattordici anni, il motorino. Esso rappresenta-va per me e per i miei amici il mezzo

“insostituibile” per fare gruppo e per mettere a segno tutte le nostre esaltazioni giovanili fatte di pieghe e di curve borderline. Pensa che at-taccavamo sui jeans mezza lattina di coca cola proprio per toccare a terra con il ginocchio ispirandoci ai grandi piloti. Tira, tira, tira e ci lasciai un dito sull’asfalto.

Che tipo di vita conducevi allora?Ero un ragazzino come tanti tra-boccante di spensieratezza. Iniziai relativamente tardi a emergere come professionista, avevo 21 anni ma già dalle prime gare capii che avevo la possibilità di andare avanti. Un tempo questo mondo era totalmente diverso da ciò che oggi osserviamo in TV. I mezzi di certo non mi consen-tivano il Motorhome e l’ospitality, io arrivavo con la mia moto e il mio carrello. Il massimo poteva essere rappresentato dal camper, solo per chi poteva permetterselo, io ad esempio dormivo in tenda e accanto a me c’era il mio gazebo e la mia moto parcheggiata.

Quando cominciai a partecipare al Campionato Europeo e intravedevo la possibilità del Mondiale iniziai a correggere le classiche abitudini di un ragazzo della mia età. All’epoca smisi di fumare toglien-domi l’unico vizio che potesse danneggiare la mia perfetta forma e preparazione. Avevo un obiettivo e mi sono concentrato con tutto me stesso per ottenere dei risultati. Te-nevo molto al traguardo che volevo raggiungere ed eliminai qualsiasi tipo di atteggiamento che potesse distogliermi dalla concentrazione. La movida non faceva per me, diven-tava necessario ricorrere ad uno step evolutivo per raggiungere certi livelli.

Quanto conta la preparazione atletica per un pilota?Ai miei tempi contava sicuramente ma non come adesso. Ora i limiti si sono spostati più avanti e le leggi fisiche si sono evolute. Hai più grip e la forza che spingi dentro una curva è maggiore di quella che incalzavi vent’anni fa.

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cky Hayden, Valentino Rossi, Casey Stoner e di Andrea Dovizioso. Ora seguo le biposto per Ducati e per il nostro sponsor Philip Morris.

Come sono cambiati i piloti di oggi da quelli della tua genera-zione?Oggi ci sono dei grandissimi piloti e sto parlando anche di tutti quei ragazzi che non hanno ancora rag-giunto certi livelli ma che ci credono tantissimo e proseguono con infinita passione e umiltà sapendo che non è importante apparire ma essere.La celebrità così enfatizzata dei piloti di oggi è anche conseguenza del sistema. Per mezzo della Tv, dei nuovi media e dei social tutta la loro vita viene messa in vetrina. Ai miei tempi si faceva una gara e si andava tutti insieme a mangiare una pizza, tutto qui. Oggi l’eccesso è abbastanza ordina-rio ma se sgarri la paghi subito.

Il ricordo più bello della tua carriera?Sicuramente i podi e la nascita delle mie figlie. Da pilota non posso di certo dimenti-care il momento in cui all’apice della carriera aprivo il giornale e leggevo

gli articoli dedicati a me.

Quello più triste?La perdita di colleghi e amici. Quando se ne andò Marco Simon-celli nel 2011 mi trovavo anche io a Sepang per il Gran Premio della Malesia. É stato un momento drammatico e terribile per tutti noi, questi sono eventi che lasciano il segno e che rivelano purtroppo una triste pro-babilità che convive in ogni pilota. Sono eventi crudi ma rappresentano un margine di rischio che devi quasi mettere in preventivo.

Oggi le motociclette sono ancora presenti nella tua vita?La strada è troppo pericolosa e dato che sull’asfalto “ho lasciato troppa carne” cerco di evitare e mi concedo ogni sfogo in pista.

I tuoi numeri in gara?Il primo numero in assoluto che mi ha accompagnato durante il Cam-pionato Sport Production era il 307. Durante il Campionato Italiano mi assegnarano il 116 un palliativo perché il realtà io desideravo il 16 ma che mi portò una gran fortuna comunque perché vinsi cinque gare su cinque.

Al mondiale avevo il 21 al quale mi sono affezionato tantissimo mentre nel Moto GP del 2005 non poten-do avere il 21 perché era di John Hopkins mi assegnarono il 27.

Da che cosa si capisce se uno è un grande pilota? Chi è oggi per te un grande pilota?Se un ragazzo ha talento lo capisci dai primi anni.Se si prosegue tutta la vita con il Campionato italiano chiaramente si è un bravo pilota ma non un grande pilota. Un grande pilota (e sarei pazzo a dire il contrario) è senza dubbio Valentino Rossi colui che sa dosa-re talento e intelligenza in modo incredibile. Un fenomeno geniale e un talento assoluto. Ho inoltre un debole per Casey Stoner per la sua grande capacità di entrare in un circuito e dopo poco piazzarsi subito nei tempi della pole position al contrario degli altri. Anche Dovizioso rappresenta un grande esempio di talento associato a tanta preparazione ma non solo fisica qui si parla di grande tattica e strategia, di studio e di consape-volezza. Poi c’è Lorenzo, dallo stile unico, un martello, inarrivabile.

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C’è da dire comunque che avere dei figli non ti aiuta in questo sport. Prendiamo ad esempio Valentino Rossi che oltre ad avere intuito che la preparazione è fondamentale ha capi-to anche che il non avere una fami-glia rappresenta un sacrificio fonda-mentale perché per poter essere così competitivi la tua mente deve essere concentrata e niente deve distoglierti da tutta questa “meditazione”.

Negli anni è cambiato il tuo modo di guidare?Sì moltissimo, sia dal punto di vista tecnico come pilota che psicologico dopo la nascita della mia prima figlia.Tecnicamente molto è cambiato, una volta non si appoggiava il gomito per terra ora invece sì. Questa tecnica la sto utilizzando solo ora sulla bipo-sto. Mi è capitato di toccare l’asfalto con il gomito portando in sella un passeggero. La tecnica in sé è cambiata e si vede. Oggi si “esce” dalla moto, ai miei tempi e anche data la mia fisicità era molto importante l’aerodinamica, in curva si usciva ma non così tanto, era una tecnica più in sella e più centra-le.

Quali sono le emozioni che non puoi dimenticare?I podi. Otto in totale, quattro al secondo posto e quattro al terzo ma non posso dimenticare un paio di pole position. Considera che l’anno in cui correvo in Aprilia sulle 250 e c’era anche Valentino ho conquistato molte prime file, è stato in assoluto l’anno che non dimenticherò mai.

Perché e quando è arrivato per te il momento di ritirarti?In realtà non ho mai deciso di ritirar-mi. Non c’è stato il fatidico giorno in cui mi sono alzato dal letto e ho detto “basta, è ora di fermarsi”. La voglia di correre non si è mai esaurita dentro di me. Conclusa l’esperienza del mondiale ho proseguito con il Campionato Italiano Supersport e in seguito ho ricevuto dalla Ducati un grandissimo incarico con la nomina di collaudato-re. Un’importantissima opportunità. Quello è stato uno dei giorni più belli della mia vita. L’essere diventato collaudatore di una casa motociclistica così impor-tante come la Ducati mi ha in un certo senso “risarcito” della corret-tezza che in pista a volte ho pagato. Se sei leale e onesto in pista non

sempre ti va bene, lo si può consta-tare anche da ciò che vediamo oggi, in certi duelli si arriva al limite della scorrettezza, io con la mia coscienza e con questo sport sono sempre stato pulito e leale. Penso che questo sia stato apprezzato.

Se una delle tue figlie volesse fare il tuo stesso mestiere?Nonostante convivano in un ambien-te fortemente caratterizzato da pas-sioni a due ruote non noto in loro una particolare propensione. Desidero per loro il meglio ma soprattutto che si appassionino a ciò che realmente amano. Sono un papà che spinge verso la sportività in generale proprio perché possano imparare nuove discipline e se un giorno vorranno dedicarsi all’agonismo saranno loro stesse a chiedermi un appoggio.Com’è cambiata la tua vita da pilota a collaudatore?La professione di collaudatore per

la Ducati è una nomina di assoluta importanza per me e oltre a darmi la possibilità di convivere con più pas-sionalità e serenità nei confronti della moto mi permette di stare vicino alla mia famiglia. Essere pilota ti porta a sperimentare momenti di ansia, stress con picchi di adrenalina. Quando sei collaudatore provi co-munque fortissime emozioni ma in pista sei da solo e te la godi. Non esiste l’ansia della partenza o lo stress da “affollamento” su una curva. É tanto vero comunque (e Miche-le Pirro l’analista in pista di Jorge Lorenzo lo può confermare) che rap-presenta un lavoro molto affaticante perché dopo una giornata di intense prove sei inevitabilmente sfinito. Ma è tutta passione.

Che moto hai collaudato?Sono stato collaudatore Ducati per la Moto GP dal 2009 fino al 2014 e in quel periodo ho testato la moto di Ni-

“ Il limite è cadere.

”Diciamo che arrivi prima

a cadere che a pensare didover frenare

Si ringrazia per la collaborazione Claudia Lazzari e Annalisa Boni

BRE M

AGAZINE ´ NO12 MAGGIO 20

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.19.

A T T U A L I T Á

Legittima difesacertezza della pena?

A cura di Valerio Valenti Prefetto di Brescia

Il dibattito sul tema della legittima difesa continua

ad attraversare le tribune e le platee televisive, a

riempire le pagine dei giornali, a suscitare l’atten-

zione dei cittadini sull’onda emotiva, come spesso

accade in questo Paese, di alcuni episodi che hanno

contrassegnato la cronaca più recente.

La domanda che sorge spontanea - per lo meno a

me - è fino a quanto, effettivamente, esso rappre-

senti un argomento sentito, cioè di interesse così

diffuso da giustificare l’enfasi che sembra ruotare

attorno ad una questione, certamente assai delica-

ta, ma che poco potrebbe incidere, pur se modifi-

cata nel suo approccio giuridico, sulla qualità della

vita dei cittadini, sulla tenuta del sistema sicurezza

nel suo complesso, sulla capacità di rappresentare

una efficace risposta al bisogno di sentirsi sicuri.

.18.

Sulla certezza della pena occorrerebbe svolgere un adeguato confronto nelle sedi competenti e far si che i cittadini possano rivolgersi con fiducia agli organi istituzionali.

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Insomma, si tratta di riflettere più adeguatamente sui pro e contro di un cambiamento innanzitutto culturale relativo all’approccio degli italiani con le armi e, aggiungerei, al corretto uso delle stesse, posto che, ove si accedesse alla proposta avanzata da alcuni, e cioè che “la difesa è per definizione sempre legittima” muterebbe radicalmente lo scenario attuale che richiede un giudizio di proporzionalità tra l’offe-sa arrecata e la reazione alla stessa.Il maneggio di un arma è di per se molto inusuale e, a parte lo sparu-to numero di persone abituate ad adoperarle, non credo che vi sia, considerando il più ampio novero dei titolari di porto d’arma e dei meri detentori, un significativo contingente di soggetti capaci di maneggiarle e di saper adoperarle al momento opportuno.Posto che sparare non è un gioco e che le situazioni che si manifestano in alcuni momenti della vita tra le mura domestiche – spesso nella notte fonda, o peggio ancora se da soli in casa e quindi costretti ad agire da soli, senza quindi possibilità di confrontarsi sul da fare - sono difficilmente capaci di fornire ade-guati elementi di completa valuta-zione sulla realtà che ci si trova ad affrontare, penso che il rischio di non sapere esattamente cosa fare in quei frangenti, la forte dose di emotività che accompa-gna chi si trova a fronteggiare la scena di un furto o una rapina in corso accompagnata alla istin-tiva voglia di farsi giustizia da soli che ognuno di noi avrebbe, forte dell’arma che detiene, condurrebbero ad un rischio ben più elevato di commettere errori imperdonabili ovvero di provocare a sua volta una reazione ultronea rispetto a quella che sarebbe stata l’intenzione del malvivente. Non credo sia da sottovalutare che si tratta, la quasi totalità delle volte, di un confronto impari tra chi è abituato ad affrontare situazioni di pericolo e che, dunque, sa valuta-re le azioni e le reazioni e che, al contrario - e per fortuna aggiungo io – vive la propria vita misconoscendo tutta una serie di comportamenti e di reazioni tipiche di contesti delin-quenziali.Insomma, per quanto sia sempre estremamente difficile esprimere opinioni valide in assoluto, penso che dal punto di vista della effettiva

capacità di contrastare la criminalità predatoria che attraverso i furti e le rapine in abitazione sembra deter-minare insicurezza –anche se non mi stanco di rimarcare che i delitti sono in continuo calo in generale e in questo specifico ambito - dubito che la modifica dell’attuale im-pianto normativo possa rivelarsi abbastanza efficace.Altro aspetto che la discussione in corso frequentemente evoca è quel-lo della certezza della pena, cioè della concreta afflittività delle misure applicate dall’Autorità giudiziaria, considerato che attra-verso alcuni meccanismi legislativi, e quindi il più delle volte in esito ad una puntuale applicazione delle norme giuridiche esistenti, il reo non finisce in carcere ma (la sua difesa)

si avvale di benefici alternativi.Su questi aspetti, forse più op-portunamente ed efficacemente, occorrerebbe svolgere un adeguato confronto nelle sedi competenti e cioè nell’Amministrazione e in Parlamento, affinché siano intra-prese misure capaci di evitare il ripetersi di casi emblematici che costituiscono, allorché balza-no agli onori delle cronache, il pretesto per un disappunto generalizzato e per una caduta di fiducia verso un Paese che, al contrario, deve assolutamente ritrovare il filo di un dialogo costruttivo e propositivo tra cit-tadini e Istituzioni, un po’ più, aggiungo io, attraverso i tavoli appropriati e le sedi competenti che sui social network.

Il maneggio di un’arma, è di per se molto inusuale e SPARARE non è un GIOCO!

Scrive Annalisa Boni

BRE M

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G R A N D I B R E S C I A N I

Mi sono bastati pochi attimi per dare un volto a

questa intervista che desideravo dedicare a un

bresciano DOC tra i partecipanti

della Mille Miglia 2017.

Non potevo che intitolare a Emanuel Piona

queste pagine di racconto per descrivere non

solo cosa si cela in quei 365 giorni

di backstage che ci separano da un’edizione

all’altra ma anche per rivelarvi che la Mille

Miglia non è solo motori strepitanti e lucenti

quattro ruote ma soprattutto un elettrizzante-

viaggio di ricordi, di entusiasmo, di amicizia

e di profonda passione.

Ed è da questo “screening” naturale che ho

deciso di intervistare Emanuel perché è

proprio il caso di dirlo:

lui i motori li ha nel sangue.

EmanuelPiona

Gare d’epoca nel DNA

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.25.

In realtà tutte le edizioni lasciano una traccia che ti rimane nel cuore, nel bene e nel male.Compreso il fatto di rimanere a piedi. L’imprevisto più temuto. É stata proprio un’edizione iellata sin dall’esordio quando mi affibbiarono il predestinato numero 17. Ed ecco che dopo poco rimasi a piedi.É stata sicuramente l’edizione peg-giore. La Mille Miglia più bella invece è stata quella dell’anno scorso, una gara in cui ci siamo classificati quattordicesimi, per me un ottimo risultato. É normale in qualsiasi gara ricordarsi comunque sempre l’entusiasmo della prima volta e il più grande successo.

Quali sono le sensazioni e le emozioni che vivi durante una Mille miglia?La Mille Miglia è emozione allo stato puro.

É il calore delle persone e delle flotte di appassionati e turisti che riempiono le piazze, ti senti circon-dato da quello che più ami, i motori e l’entusiasmo di chi parteggia per te. Anche l’umanità delle persone scende in pista durante la Mille Miglia.La disponibilità che ti viene of-ferta durante il tragitto è unica. É normale ad esempio durante il percorso imbattersi in appassionati e meccanici che ti danno una mano, che ti segnalano un problema e che addirittura ti assistono se qualcosa va male. Un mio amico ad esempio ruppe il semiasse ed un saldatore incontrato casualmente glielo riparò in poco tempo da permettergli di ripartire.Un altro aspetto indimenticabile che ritrae questo grande viaggio è l’accoglienza e le urla dei bambini che ricevono un giorno di congedo

scolastico proprio per ammirare questa seducente sfilata di auto.Le persone riescono a concederti le emozioni più forti ed è altresì indiscusso che Mille Miglia è anche sinonimo di turismo e di partecipa-zione basti solo pensare alla grandio-sa presenza non solo a Brescia ma in tutta Italia.Il conseguente indotto rappresenta davvero una grande opportunità che coinvolge la nostra città, il lago, la provincia rappresentando un evento davvero costruttivo per Brescia.

Qual è il più grande imprevisto che si teme prima della parten-za?Sicuramente l’occhio punta sempre sulla strada ma l’orecchio è teso e ascolta il motore.Ogni rumore può rappresentare un rischio o un sintomo che qualcosa non va.

“i profumi dei centri storici italiani,un fiume di persone,

”il suono dei motori,

tanta emozione

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Com’è nata questa tua grande passione per i motori d’epoca?I ricordi risalgono sicuramente alla mia infanzia. Mio padre, anno dopo anno, ogni volta che la Mille miglia passava da Desenzano del Garda, dove sono nato e cresciuto, mi accompagnava ad ammirare questa incredibile passerella di auto d’e-poca. Ammiraglie lucenti e sfavil-lanti acclamate da tutti tra plausi e consensi che andavano a disegnare un’atmosfera unica, era l’atmosfera più autentica, quella del passaggio della Mille Miglia.Rappresentava un momento speciale per me, un’occasione che custodiva il fascino del passato e la voglia di stare insieme, una circostanza che ben presto diventò un sogno e una grande passione.Crescendo e continuando ad essere attratto e interessato da questo incantevole mondo a quattro ruote

ebbi la fortuna di partecipare alla mia prima gara come navigatore ma il mio più grande desiderio si avverò grazie a mio padre che come regalo di laurea mi regalò un’auto storica del 1956.

Quando è stata la tua prima vol-ta alla Mille miglia?Partecipai per la prima volta nel 2007 con Geronimo La Russa a bordo di una Triumph. Era la nostra prima esperienza assolutamente “targata” passione e amicizia. Per tre anni consecutivi abbiamo par-tecipato a questa avventura e poi tante altre edizioni. Nel 2009 iniziò a bussare alla mia serena estate una nuova idea. Pensavo alla mia nuova automobile d’epoca e a tutte le gare, manifestazioni e raduni alle quali avrei voluto partecipare ma che di fatto non erano né pubblicati né visibili, né per mezzo di riviste di

settore né on-line. Mi inventai quin-di, al ritorno dalle vacanze, un nuovo portale calendarizzando e pubblican-do le date delle gare più importanti del mondo, gli incontri, le manifesta-zioni, i raduni e i principali eventi in modo che tutti i piloti e appassionati come me in un click potessero avere accesso a tutte queste informazioni. In poco tempo il nuovo portale www.garedepoca.it mi permise di ottenere innanzitutto grandi relazioni con chi come me adorava le auto storiche ma in secondo luogo ufficializzò e mi consentì di divenire partner delle più grandi manifestazioni a livello mondiale, partecipando alle gare d’auto d’epoca più importanti. Oggi contiamo 6 mila piloti iscritti, una grande soddisfazione.

Ritornando alla Mille Miglia, c’è un’edizione che ricordi partico-larmente?

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quell’anno fummo costretti a lasciare l’auto e andarla a recuperare con il carro attrezzi. La grande fortuna a volte è quella di ritrovarsi nel posto giusto al momento giusto. Anche se parto sempre armato di palliativi nel caso qualcosa andasse storto, come una batteria in più o una gomma di scorta purtroppo esistono circo-stanze più gravose che purtroppo a volte ti impongono di rinunciare alla gara. Se spacchi il motore c’è poco da fare.

Molti associano la Mille Miglia a una sfilata d’auto d’epoca, ma in realtà non è assolutamente questo…Eh si. Tanti sono convinti che par-tecipiamo a una pseudo gita turi-stica a bordo di raffinate supercars d’anteguerra. In realtà è proprio una “guerra” (e ride). É una gara a tutti gli effetti fatta di ore tarde e notte brevi ma soprat-tutto di tanta tanta fatica alla guida. Ci sono tappe da 12 ore, momenti interminabili in cui sei seduto sco-modo, con aria, vento, acqua, sole

che ti “schiaffeggia” continuamen-te. Condizioni climatiche sempre differenti e che di sicuro ti mettono a dura prova. É come fare 1600 km su un motorino “Ciao” senza casco, arrivi a Brescia bello vibrato.

Con che macchina corri?Corro insieme a Domenico Batta-gliola su una Fiat 509 S Zagato. Ce ne sono solo 3 di esmplari così. Il primo intestatario di questa vettura è stato il Sindacato fascista italiano, è una macchina che rappresenta un pezzo di storia. Veniva usata per far correre i piloti dell’epoca e ancora oggi sto ricercando notizie storiche su questa particolare vettura.

Un tuo desiderio?Arrivare nei primi dieci ma la vedo durissima quest’anno.. Non abbiamo il coefficiente massimo..

Mille miglia è una gara in cui è sovrana la competitività ?Si. O meglio esistono due correnti di pensiero. Da una parte i “malati” di

regolarità e i “mostri sacri” (inteso come grandi idoli di questa gara) che rappresentano i primi 90 in classifica. Tutti gli altri sono perso-naggi, appassionati, collezionisti che non hanno interesse nella classifica ma che corrono per puro piacere. Per salire in classifica è necessaria molta molta preparazione. Per tutti quei 90 è “guerra” fuori da quei 90 è turismo. Tutti gli altri lottano per portare a casa la macchina.

Una macchina che hai nel cuore?La mia. Perché ha un grande valore personale.Adoro la mia macchina ma in realtà ce ne sono tante altre che apprezzo, le Ferrari ad esempio, auto incredi-bili. Quando hai tanta passione non esiste un modello migliore, molto di-pende anche dal budget. Oggi come oggi purtroppo o per fortuna le auto storiche italiane hanno raggiunto dei valori di mercato pazzeschi e inav-vicinabili e certe in giro non le vedi più. Ecco perché tutti aspettano la Mille Miglia!

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É indispensabile conoscere perfet-tamente la propria vettura e ascol-tarla in ogni sua vibrazione. Non bisogna improvvisarsi se si punta ad un obiettivo, chi gareggia in modo competitivo organizza un’assistenza meccanica di tutto rispetto parten-do da una coscienziosa padronanza del veicolo. Bisogna capire che sono auto che nella maggior parte dei casi hanno più di 80 anni e vanno trattate proprio come le persone anziane. Devi prendertene cura con assoluta delicatezza e competenza.

Il Gran Premio Terre di Canossa, il Gran Premio Nuvolari, la Win-ter Marathon sono solo alcuni degli eventi in cui sei coinvolto, è una passione, la tua, che ne-cessita una presenza costante e continua?Sicuramente sì ma è innanzitutto una grande passione ed essere partner delle più importanti gare per me è una grande opportunità e motivo di soddisfazione. Quest’anno ho partecipato alla Win-ter Marathon, alla Winter Race e al Gran Premio Terre di Canossa, tutti eventi che ti offrono il vantaggio di prepararti alla Mille Miglia.Nel territorio bresciano ad esempio stanno nascendo tutta una serie di gare che rappresentano un “allena-mento” importante come il Trofeo Dimmidisì una gara di beneficienza in cui l’intero ricavato sarà destinato ad opere di solidarietà, la Fascia d’Oro, il Franciacorta Historic e tante altre.

Cosa vuol dire in termini di pre-parazione e attesa partecipare a una Mille miglia?Attendi con il cuore in gola quella e-mail che certifica l’ammissione alla gara, c’è una bella dose di ansia anche perché molti vengono respinti. Il momento più entusiasmante però è quando terminano le verifiche tecni-che e l’auto è idonea alla partenza. In quel momento si crea un’atmosfera magica e speciale scaldata dai saluti e dagli abbracci di parenti e amici che incitano con fervore la vittoria, è un countdown davvero incredibile.In termini pratici invece bisogna considerare che l’auto ha bisogno di cure. É necessario tenerla sem-pre in movimento anche facendole percorrere solo 20 Km alla settimana ma deve essere sempre viva se no il motore rischia di ossidarsi, le compo-nenti di gomma si ritirano e i rischi potrebbero aumentare.

Molti utilizzano l’auto solo a ridosso della gara e le magagne rischiano di palesarsi subito. Un’auto d’epoca è molto delicata, deve essere preserva-ta dall’umidità e prima della partenza necessita almeno un cambio gomme, cura delle pompe della benzina, la pulizia del radiatore, tutti accorgi-menti necessari che tuteleranno la vettura anche al cospetto di sensi-bili sbalzi climatici come l’eccessivo calore.

Chi vince una Mille miglia? Cosa conta?La freddezza. La gara si snoda su centesimi di secondo e anche se sba-gli una prova devi avere la freddezza di resettare la delusione e toglier-tela dalla testa per poter affrontare con lucidità la prova successiva. La media di errore è di 3 centesimi su ogni prova quindi è tutta questione di precisione. Più sei sereno e freddo più è facile vincere. Durante la Mille miglia ci sono tanti fattori che pos-

sono nuocere alla gara uno su tutti ad esempio è l’emozione o eventuali danni alla vettura. Il coefficiente alto dell’auto gioca un ruolo fondamentale per la conquista di un buon punteg-gio. Le vetture anteguerra solita-mente hanno un coefficiente più alto e quindi più possibilità di vincere, quelle invece ad esempio un po’ più moderne, tra il ‘50 e il ‘56, hanno coefficienti più bassi. Ogni auto poi ha la sua storia ma solitamente sono sempre quelle cinque o sei che detengono il massimo del punteggio che si aggira intorno all’1.80, contras-segno numerico che rappresenta il fattore moltiplicante.

Esiste un episodio particolare che hai vissuto?É stata indimenticabile di sicuro l’umanità con cui un saldatore mi ha riparato la macchina permetten-domi di ripartire e altrettanto posso dire di una brutta avventura che mi costrinse ad abbandonare la corsa,

.29.

A cura di Annalisa Boni

BRE MAGAZINE

´ NO12MAGGIO20

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S T O R Y

Personaggi, piloti, appassionati e amici dalle passate edizioniin attesa del prossimo grande evento

MilleMigliastorydall’edizione 2016

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Scrive Emanuela Serughetti

BRE MAGAZINE

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P O R T R A I T

Impossibile, pensando a lui,

non sorprendersi a canticchiare almeno una

sua canzone delle tante che hanno segnato

la storia della musica italiana.

Sicuramente Marco Masini

è riuscito nel compito più difficile:

rientrare nel cuore della gente.

Per l’artista, che durante tutta la sua lunga

carriera, iniziata nel lontano 1986,

è stato più volte in vetta alle classifiche

e ha ottenuto importanti

riconoscimenti riuscendo a fare delle

sue canzoni momenti da ricordare

nella vita di tutti, la musica

è la punteggiatura che costituisce la trama dei

suoi anni e del suo procedere nel nome del

rinnovamento e del successo.

MarcoMasini

si racconta a Brescia

.30.

.33.

La mia ricerca musicale non si ferma mai, ho sempre cercato di speri-mentare, non mi sono mai fermato a qualcosa di definitivo. Ho adattato dei concetti a una sonorità che a sua volta credo possa sposare bene i concetti. “Spostato di un secondo” è un album fatto meno di storie e più di concetti, per il quale mi sono ispirato a un certo tipo di musica e a certi arrangiamenti elettronici che adottai negli anni Ottanta, solo con possibilità ovviamente infinite ora, perché in passato avevamo una sca-tolina e basta, mentre oggi abbiamo un computer che ci permette di fare quello che vogliamo. Ho cercato di adattarmi a una musica che ascolto, che mi piace e che ritengo soddisfa-cente sia livello musicale e profes-sionale ma anche nella vita, perché la musica è anche un bisogno di vita non è soltanto una deformazione professionale.

Dal tuo esordio a oggi come è cambiato il gusto del pubblico che ascolta la musica italiana?Il pubblico si identifica nelle cose che sente sue, quindi è chiaro che se il mondo cambia e le cose e la gente non sono più le stesse, anche i

cantautori scrivono in modo diverso, un modo che rispecchia la realtà. La musica si rinnova stando al passo con i tempi. Io che faccio parte di una generazione un po’ più grandi-cella cerco di essere coerente con quello che ho cantato ieri, riportan-dolo a una nuova realtà.

Cosa ne pensi dei talent show per il lancio di nuove voci?Penso che siano una sorta di ancora di salvataggio per la musica italiana, sono l’unico spazio che ci è rimasto oltre a Sanremo per presentare un nuovo talento, o un nuovo prodot-to. Se non ci fossero i talent show forse la musica italiana sarebbe già seppellita da qualche tempo, al di là del Festival di Sanremo. Non mi sof-fermo sul punto di vista tecnico, cioè su come sono strutturati, sui giudici e via dicendo perché non è di mia competenza, però credo che i talent in qualche maniera abbiano dato una mano alla musica italiana.

Sarai in concerto a Brescia il prossimo 20 maggio, hai già avuto a che fare in passato con il pubblico bresciano?Sì ho già suonato a Brescia, una

città che mi ha sempre dato tanto e lo spero anche per quest’anno e mi auguro che mi dia l’occasione di raccontarmi bene, perché il pubblico bresciano è sempre molto attento, come lo è un po’ in generale tutto il pubblico della Lombardia. Sono curioso di sperimentare a Brescia questo spettacolo, quello più inno-vativo rispetto a tutti gli altri: sarà dinamico, colorato e intenso, riper-correrò tutta la mia carriera musica-le e quindi non sarà esclusa nessuna canzone, il disco nuovo come i primi successi, sin dalle prime canzoni degli anni Novanta. Ho cercato di abbinare le luci e le immagini con i nuovi e i vecchi concetti i quali, a mio parere, sono sempre attuali no-nostante il linguaggio sia cambiato, perché in definitiva le cose che ho cantato ieri succedono anche oggi.

Progetti futuri?Mi concentro sul tour che è partito il 25 aprile, poi vedrò cosa succederà. Quello che per me è importante è che ho voglia di scrivere anco-ra tante canzoni, sono sempre in fermento! Ogni momento è buono per fare una fotografia.

.32.

Marco Masini icona musicale italiana: mi vuoi dire quali sono state le tappe più significative e cosa ti è rimasto nel cuore del tuo pubblico, degli artisti che hai incrociato e della tua carrie-ra?Rimane sempre tutto nel cuore, anche i momenti più difficoltosi da superare, ed è stato proprio lì quan-do il pubblico mi è stato più vicino con il suo affetto, incoraggiandomi. Con Raf e Umberto Tozzi ho iniziato il mio percorso, per cui devo a loro tanti insegnamenti da un punto di vi-sta professionale che mi hanno dato poi nel tempo. Loro sono gli artisti con cui ho collaborato, assolutamen-te più significativi per me.

Mi vuoi dire il resoconto del tuo Festival di Sanremo a cui hai partecipato quest’anno con il brano “SPOSTATO DU UN SE-

CONDO” dall’album omonimo?Non si può fare un resoconto adesso perché il Festival di Sanremo rap-presenta un lancio di un progetto, di un disco, di un tour, quindi potrò fare un bilancio alla fine dell’anno. Bisogna che il progetto arrivi in fondo dopo un periodo di tempo di lavoro. Sanremo resta sempre una bellissima vetrina che quest’anno ho condiviso con un mio grande amico, che è Carlo Conti. È un’avventura che rappresenta sempre qualcosa di importante per un artista, è un modo per iniziare a percorrere una strada, e anche una scadenza che ti permet-te di non mettere più in discussione tutte le cose che scrivi, perché noi che scriviamo siamo fatti così, vorremo sempre cambiare qualcosa, rivedere ciò a cui abbiamo lavorato.

Ho notato che hai optato per un nuovo look del tuo personaggio,

cos’è che ti ha spinto a farlo? Se si guarda al mio percorso, per ogni disco nuovo ho sempre avuto un look diverso. Mantengo la coe-renza di ventotto anni di musica che ho percorso, l’ho fatto sempre per cercare di rinnovarmi perché credo che sia nel dovere di tutti noi artisti offrire al pubblico qualcosa di nuovo, che poi piaccia oppure no, per me rispecchia comunque il momento della vita che sto attraversando, il modo di sentirmi e il modo di essere, è una filosofia per me molto signi-ficativa che ritengo mi appartenga. Poi ripeto è tutto sempre di passag-gio, domani posso cambiare comple-tamente il modo di vedere la vita e quindi di concepire la musica.

Come hai adattato la tua musica alle nuove tendenze dei suoni? In che direzione prosegue la tua ricerca musicale?

.35.

Riccardo Manfredini è il vincitore europeo dell’Infiniti Engineering Academy 2016.

Il giovane bresciano (classe 1991), infatti, per gli amici “Manfre”, ha sbaragliato la concorrenza (1050 gli aspiranti)

aggiudicandosi la possibilità di accedere alla finale europea e conquistandosi il primo posto assoluto.

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17´Scrive Laura Sorlini

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G R A N D I B R E S C I A N I

RiccardoManfredini

Il numero 1 per la Formula 1

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anche interviste con i media. La finale è stata molto combattuta, e tutti i finalisti (di cui ben 3 italiani) erano preparati e competitivi, ma ho dato il massimo e sono riuscito ad aggiudicarmi questa incredibile opportunità.

Cosa è cambiato da allora?Da allora è cambiato tutto, mi sono trasferito in Inghilterra e ho ini-ziato la mia prima vera esperienza lavorativa.

Di cosa ti occupi presso l’Aca-demy?Attualmente sto svolgendo il mio stage presso l’Infiniti Technical Centre a Cranfield. Mi occupo in particolare dello sviluppo aerodi-namico dei veicoli stradali Infiniti attraverso simulazioni CFD e test in galleria del vento. A breve invece inizierò lo stage presso Renault Sport F1, sempre in aerodinamica.

Descrivi la tua giornata tipo?La mia giornata tipo si divide in lavoro di giorno e studio la sera, dato che sto finendo gli ultimi esami dell’università e svolgendo la tesi. Ma oltre a questo, grazie all’Aca-demy, abbiamo la possibilità di partecipare a diversi eventi davvero unici, ad esempio, di recente, siamo stati al simulatore di Silverstone e ai test invernali di Formula 1 a Barcellona, entrambi teatro di una sfida tra i 7 vincitori dell’Academy con in palio la partecipazione al GP d’Australia.

Ti saresti mai aspettato questo risultato?Sono sinceramente sorpreso di essere riuscito ad ottenere questo risultato. È un’opportunità davvero unica e non nego di essere ancora incredulo, a volte.

In Italia mai sarebbe stato pos-sibile… tornerai mai in patria?

“Questo è già un sogno che si avvera,ma se devo sognare,

”vorrei vincere un campionato del mondo F1

.36.

Da qualche mese ti sei trasfe-rito nel Regno Unito, a Cran-field, dove stai frequentando lo stage presso l’Infiniti Technical Centre. Ma qual è stato il tuo percorso studi precedente?Dopo il diploma al liceo linguisti-co, conseguo la laurea triennale in Ingegneria Meccanica, seguita da un master in Motorsport Aerodynamics e dalla Laurea Magistrale in Ingegne-ria dell’autoveicolo. Adesso lavoro come aerodinamico in Infiniti e a breve in Renault Sport F1.

A questa selezione hai parte-cipato tramite l’Università di Brescia? La partecipazione all’Infiniti Engi-neering Academy è aperta a tutte le università ma ho scoperto questo programma grazie alla partecipa-zione alla gara di Formula Student in USA con il team dell’università, UniBS Motorsport.

Cosa ne pensi del livello di pre-parazione universitario?La preparazione dell’università di Brescia si è dimostrata solida e competitiva fin da subito e in parti-colare l’esperienza della Formula Student mi ha permesso di acquisire le capacità pratiche e organizzative

necessarie a muoversi agevolmente nell’ambiente dell’automotive.

Sei il vincitore assoluto di uno dei 7 tirocini annuali con Infiniti Company e Renault Sport For-mula Uno TM team… come sei arrivato a questo e quando?È iniziato tutto a maggio 2016, quan-do ho inviato il mio curriculum e la lettera di presentazione.

Dopo alcune domande tecniche e motivazionali ho avuto accesso a un colloquio Skipe. Da questo colloquio, solo 10 su 1050 sono stati scelti per partecipare alla finale Europea. Quest’ultima consisteva in due gior-ni di sfide di varia natura: progetta-zione e costruzione di una piccola vettura ibrida da gara, progettazione del layout di una fabbrica, collo-qui con i giudici, esame tecnico e

INTERVISTA A

Riccardo Manfredini

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A cura di Laura Sorlini

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E V E N T

L’anteprima e il party a palazzo Verità Poeta

Laurent-Perrier

La storica Maison di Champagne fondata nel 1812 a Tours-sur-Marne ha scelto una dimora patrizia del ’700 nel cuore di Verona per ambientare la presentazione sul mercato italia-no delle novità Laurent – Perrier, in particolare del Brut che acquisisce il nome di La Cuvée e il Millesime 2007 Brut. “La costante ricerca dell’eccellenza, animata dallo spirito creativo dei maestri vinificatori – si legge in una nota - si traduce in un’evoluzione qua-litativa dell’offerta: si è, infatti, arrivati a compimento di un lungo processo di miglioramento che passa attraverso il perfezionamento dell’approvvigiona-mento, della vinificazione, dell’assem-blaggio e del tempo d’invecchiamento, definiti dallo chef de cave Michel Fauconnet “i quattro elementi che ci permettono di lavorare e di evolvere sui nostri vini”.Questa evoluzione si è concretizza-ta principalmente ne La Cuvée: per

quanto concerne l’approvvigionamen-to, ora sono oltre 100 i cru che entra-no a far parte della composizione. Per l’assemblaggio è stato introdotto il frazionamento della pressatura, ciò si-gnifica che la cuvée viene separata dai tagli e, quindi, solo l’80% dell’estra-zione dei succhi d’uva viene utilizzato per la produzione. Una sorpresa per tutti i presenti, pub-blico e proprietà, dal momento che la serata, martedì 11 aprile, è stata l’occasione in cui stappare la bottiglia “zero”. Gli ospiti, inoltre, hanno potuto incon-trare e scambiare battute con i vertici dell’azienda, tra cui il presidente del gruppo Laurent - Perrier Stéphane Dalyac, l’amministratore delegato di Laurent - Perrier Italia Luigi Sanger-mano, Stefano Della Porta e Stéphane Montjourides, rispettivamente il direttore commerciale e il responsabi-le sviluppo prodotto Laurent - Perrier Italia.

A moderare la conferenza stampa di presentazione, seguita da un party d’eccezione in grande stile, il somme-lier Alessandro Scorsone, vincitore del Premio Internazionale del Vino come Miglior Sommelier Italiano nel 2008 e da sempre grande comunicatore.“L’ospitalità di Laurent – Perrier – ha commentato Scorsone - è qualcosa che rimane nel cuore ed è inevitabile innamorarsi dei loro vini. Champagne non è solo il vino della festa, ma è il vino di tutti i giorni, perché questa terra e questo grande vino hanno saputo raccontare una storia diversa, non solo di lusso, ma di cultura, storia e tradizione. Per questo motivo auguro sempre a tutti di festeggiare il proprio “non compleanno” aprendo una bottiglia di Champagne e condividendola, perché quando vi danno in omaggio una botti-glia di Champagne è come se insieme vi regalassero un pezzo di cuore”.

.38.

Adesso è difficile dirsi, dipende da che opportunità mi offrirà il futuro.

Chi e cosa hai lasciato in Italia?In Italia ho lasciato la famiglia, la ragazza e gli amici.

Cosa hai trovato nel Regno Uni-to?Nel Regno Unito ho trovato un’op-portunità incredibile, un ambiente multiculturale, innovativo e competi-tivo da cui sto cercando di apprende-re il massimo.

Che macchina guidi?Al momento guido una Infiniti Q30S, a casa ho una Opel Adam, gialla e nera.

Cosa volevi fare da piccolo?Da piccolo ho sempre avuto una grande passione per le auto e fin da allora ho desiderato essere ingegnere per poter progettare e costruire le mie auto.

Descriviti con 3 aggettivi…Determinato, creativo e curioso

Cosa ti manca di Brescia?Di Brescia e dell’Italia mi mancano molto, ovviamente, cibo e clima.

Nel tuo tempo libero cosa fai?Nel tempo libero mi rilasso e mi dedico alle mie passioni, e mi tengo in contatto con i miei amici in Italia con i quali porto avanti anche alcuni progetti.

Qual è la tua serata ideale?La mia serata ideale è fatta da amici, quattro chiacchiere, un film o un giro in centro.

Sport preferito praticato e da guardare in TV?Il mio sport preferito da guardare in TV è il motorsport : Formula 1, ma anche WEC e MotoGP. Lo sport che preferisco praticare, invece, sono le arti marziali.

Altri sogni nel cassetto?Questo è già un sogno che si avvera, ma se devo sognare, vorrei vincere un campionato del mondo F1.

Progetti futuri?Per adesso voglio trarre il massimo da questa esperienza. Poi vedrò che cosa offrirà il futuro…

Scrive Annalisa Boni

A R T E

La Brescia“del” PaladinoGrandi opere per un grande centro

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La Transavanguardia abiterà Brescia sino al 7 gennaio 2018 attraverso le scenografiche sculture alte sino a 5 metri, teste d’argento, totem, stelle, specchi in ottone opera di Domenico Paladino, anche noto come Mimmo, artista, pittore, scultore e incisore considerato come uno dei maggiori esponenti della Transavanguardia.Le opere, alcune delle quali sono collocate in permanenza in alcuni

dei principali musei internazionali tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York sono state collocate da piazza Vittoria fino alle domus romane di Santa Giulia, come un percorso per viaggiare a ritroso nel tempo. A completare le sei sculture la grande stele in marmo nero creata apposta da Paladino per l’occasione e che sarà collocata temporanea-mente sul basamento del “Bigio, la

statua fascista che da settant’anni giace nei magazzini comunali, ogget-to di battaglia da parte del centrode-stra che lo rivorrebbe in piazza. É così che sotto i caldi raggi di maggio Brescia si trasformerà in un museo a cielo aperto regalando ai suoi cittadini e visitatori uno spetta-colo unico con le opere di uno degli artisti contemporanei più quotati a livello internazionale.

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risultato che il grasso contenuto all’interno delle cellule viene libe-rato all’esterno e successivamente rimosso tramite meccanismi fisiolo-gici assolutamente naturali, ancor meglio se drenato da trattamentispecifici post cavitazione. Per per-mettere una completa eliminazione dell’edema reattivo si consiglia di distanziare le sedute di 7-10 giorni.

Effetti collateraliA volte nella zona trattata si può for-mare un lieve edema o rossore della durata massima di una settimana o qualche piccolo ematoma in rap-porto all’infiltrazione di soluzione fisiologica.

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Scrive la Redazione

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La cavitazione o Idrolipoclasia Ultrasonica è una applicazione della medicina estetica che ha come finalità il trattamento non chirurgico dell’adiposità localizzata attraverso l’utilizzo di ultrasuoni a bassa frequenza preceduto da infiltrazione di acqua fisiologica che permette di amplificarne il risultato. Questi ultrasuoni sono in grado di determinare la distruzione della membrana cellulare degli adipociti, favorendo la fuoriuscita degli acidi grassi (trigliceridi).

Scrive Laura SorliniImmagini di Fabiana Zanola

Si ringrazia per la collaborazione Claudia Lazzari

S A N I T Á

Lo scorso 7 aprile, nell’ambito della giornata

mondiale della Salute, organizzata ogni anno

dall’OMS e che quest’anno focalizzava appunto

sul tema della depressione come tema di sanità

pubblica, l’IRCCS Fatebenefratelli di Brescia

ha organizzato un meeting

con l’intervento di numerosi esperti di settore

per fare un punto sulla situazione in Italia.

Depressioneparliamone

BRE MAGAZINE

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Nell’immagine, da sinistra, il Dott. G.Battista Tura, la Dott.ssa Mariagrazia Ardissonee il Dott. Giovanni De Girolamo

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depressivo clinicamente significativo, ma lifetime (nell’arco della vita) la percen-tuale è di 1 persona su 10.

C’è un tasso preferenziale nella pre-valenza della depressione nei due sessi?Sì, in Italia come in tutto il resto del mondo il sesso femminile soffre molto di più di disturbi internalizzanti, ovvero sia di depressione sia di disturbi d’ansia, mentre il sesso maschile soffre molto di più di quelli che sono i disturbi cosid-detti esternalizzanti, come ad esempio di abuso di alcol e di sostanze, disturbi della condotta e disturbi di personalità antisociale.

L’età media di insorgenza di questa malattia?In Italia si attesta sui 28 anni. Consideri che nella maggior parte dei casi di de-pressione in età avanzata la depressione si presenta insieme a dei disturbi fisici di carattere medico internistico, e quindi il profilo epidemiologico che si può sta-bilire e che nello studio è spiegato è che quando si è giovani (diciamo dai 14 fino ai 30 anni) le malattie fisiche sono molto poco comuni, mentre frequenti invece i disturbi mentali e da abuso di alcol e sostanze. Con il passare dell’età, invece, la prevalenza dei disturbi mentali e di abuso di alcol e sostanze diminuisce, mentre aumentano in maniera parallela i disturbi somatici.

Quali altri fattori possono aumen-tare il rischio di soffrire di depres-sione?Sicuramente la presenza di avversità infantili, che vanno dalle esperienze di abuso fisico sessuale infantile, condizioni di cosiddetto mal parenting (problemi con i genitori, conflittualità familiari o forti separazioni) e l’esposizione ad esperienze di traumi infantili.

Perché è di fondamentale importan-za intervenire precocemente?La depressione è considerato un impor-tante tema di sanità pubblica perché rappresenta tra tutti i disturbi mentali quello che ha il maggiore impatto se-condo stime dell’OMS e quindi a livello internazionale in termini di anni di vita vissuti in condizioni di disabilità ed inol-tre è responsabile per gran parte degli anni di vita persi a causa del suicidio, tenendo conto che il suicidio nella fascia di età tra 15 e 25 anni è la prima causa di morte. A livello internazionale due sono gli indicatori riconosciuti per calcolare il

cosiddetto carico delle malattie: il primo è il Global Burden of Disease (GBD) che vuol dire il carico complessivo attribuito alle malattie o in termini di anni di vita

persi prematuramente; l’altro invece si chiama The disability-adjusted life year (DALY) e si riferisce agli anni di vita vissuti in condizioni di disabilità.

.48.

Considerando che il tema della gior-nata mondiale della salute anno 2017 è stato “Depressione, parliamo-ne.”, abbiamo accolto l’opportunità di creare all’interno dell’Istituto un momento di confronto su un tema che è tanto importante, consideran-do appunto che l’esposizione a livello mondiale della malattia è significa-

tivamente accresciuto nel tempo. Per questo motivo, nel rispetto della nostra Mission e di quanto cerchiamo di onorare ogni giorno, l’opportunità di parlare di un tema tanto importante, la cui rilevanza è stata evidenziata anche dall’Orga-nizzazione Mondiale della Sanità, è a nostro avviso un passo necessario da

farsi, perché poi la sensibilizzazione al tema diventa lo strumento e il veicolo principale necessario per far sì che il tema venga affrontato con la necessaria serenità senza lo stigma che molto spesso il tema depressio-ne porta alle spalle.

Dott.ssa Mariagrazia Ardissone

L’intervista al Dott.

ex direttore scientifico e attualmente responsabile dell’unità di ricerca di psichiatria epidemiologica e valutativa

Giovanni De Girolamo

L’Istituto Fatebenefratelli di Brescia è l’unico IRCCS tra i 48 italiani che ha come area di riconoscimento disciplinare la psichiatria e proprio per questo, in occasione della giornata mon-diale della Salute, avete deciso di organizzare un convegno dedicato al tema depressione. Come si è svolto l’evento?Nell’ambito di questa giornata ab-biamo potuto assistere a una lettura

magistrale del professor De Leo, uno dei massimi esperti al mondo di depressione e suicidio, il quale ha parlato di evidenze e miti di questa malattia. Ne è emerso che gran parte dei suicidi e dei tentati suicidi avviene come conseguenza di una depressione clinicamente significativa, ma che, nonostante sia vero che c’è una cor-relazione tra suicidio e depressione, è altrettanto vero che non tutti i casi di suicidio sono dovuti a depressione.

In seguito è stata anche presenta-ta l’unica ricerca nel campo della depressione mai fatta in Italia su un campione rappresentativo della popolazione, è così?Esatto. Lo studio, che ho portato avanti personalmente, si chiama World Mental Health Survey Initia-tive e riguarda 28 Paesi. Dopo aver intervistato 4712 persone, abbiamo accertato che ogni anno in Italia il 3% della popolazione soffre di un disturbo

Arredare la casa con complementi adatti rende il vostro spazio unico e magico,personalizzare ciò che si vive tutti i giorni per un totale comfort dei propri ambienti.

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stare e soprattutto tornare, che parla di noi, ed è anche il posto dove a volte ci piace creare

occasioni per stare in compagnia dei buoni amici. E quale stanza è perfetta per vivere

la casa al 100% secondo voi? Per me è la cucina, perciò ho scelto di dedicarmi in particolare

a questa stanza...

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.50.

Traduciamo nella quotidianità la gestione della depressione sui gio-vani. Come sta lavorando l’Istituto Fatebenefratelli nell’ambito di questa problematica?Si tratta di una realtà di cui ci stiamo progressivamente occupando, perché il Fatebenefratelli negli ultimi anni ha aperto il panorama di utenze a cui si dedica; stiamo uscendo da quell’e-redità di ospedale psichiatrico, che ci configurava esclusivamente come il servizio per patologie croniche e difficilmente trattabili, e ci stiamo allineando, invece, su quelle che sono le nuove esigenze. Tra queste quelle in riferimento all’età giovanile.

È vero che è in aumento in manie-ra esponenziale e perchè?È un aumento sicuramente in senso assoluto e in termini di complessità: oltre a esserci un aumento della pato-logia depressiva di per sé c’è anche un aumento dei disagi che si sommano. Alla patologia depressiva correlata all’uso di alcol e sostanze si va ad ag-giungere al giorno d’oggi la dipendenza

anche da nuovi elementi, come il gioco e internet. Assistiamo quindi a una serie di nuove criticità, la cui somma dà sicuramente un bisogno a crescita esponenziale.

In che età inizia a manifestarsi?Diciamo che i neuropsichiatri infantili ci dicono che riescono a intravedere i segni di una patologia psichiatrica che purtroppo si manifesta in età sempre più precoce. In Fatebenefratelli, come dicevo prima, nonostante abbiamo una tradizione che ci porta a occuparci dell’età adulta, in relazione al bisogno e ad alcune carenze che in questo senso ci sono, abbiamo iniziato a occuparci anche di persone tra i 16 e i 18 anni, scegliendo i 16 perché da un punto di vista biologico, neurologico e neurop-sichiatrico si configurano già come l’inizio dell’età adulta.

Perché è fondamentale prendere in carico subito questi ragazzi?È un’età in cui oltre che esserci sempre una maggior evidenza di inizio dei se-gni di disagio psichico, è anche un’età

in cui la mancata presa in carico di questi segni o il semplice rimando può essere uno degli elementi più negati-vi in termini di prognosi. Maggiore è l’intervallo tra l’esordio della patologia e l’inizio della presa in carico con la messa in atto di una serie di strategie, più tutto quello che avverrà nella storia di questa persona è connotato in senso negativo.

Concretamente che servizi possia-mo trovare presso l’Istituto?Noi abbiamo ambulatori predisposti in cui facciamo attività clinica, valutativa e diagnostica, con anche proposte te-rapeutiche laddove non sia necessaria la presa in carico a 360°. Parallelamen-te abbiamo delle iniziative di ricerca con due progetti molto importanti, di cui uno è già attivo e l’altro in fase di approvazione. Il primo, chiamato “MAC 25”, è già operativo da un paio d’anni, il secondo, “Osservatorio 16 – 25” è un progetto che ha appena completato la parte della pianificazione, dell’organiz-zazione e di riconoscimento da parte del nostro comitato etico e inizierà nella sua parte operativa a settimane.

Entriamo nel dettaglio?Il mac 25, servizio che abbiamo scelto di dedicare ai ragazzi dai 16 ai 25 anni, riconosciuto a tutti gli effetti dal sistema sanitario nazionale, è un ambu-latorio di macro attività complesse. È un’evoluzione dei vecchi day ospital e sostanzialmente consente alla persona di usufruire di un servizio garantisce una prestazione multidisciplinare. Oltre alla tradizionale visita con il medico, si ha la possibilità di usufruire anche dell’intervento di altri professio-nisti (come psicologi, infermieri profes-sionali, tecnici della riabilitazione e via dicendo), in modo tale che si possa davvero garantire un intervento che sia multidimensionale.

L’“osservatorio 16 – 25”, invece, che sarà operativo dalle prossime settimane, come opera?L’intento è quello di fornire a persone sempre nella fascia d’età che va dai 16 ai 25 anni una valutazione medica e psicologica multifunzionale, con l’o-biettivo di intercettare appunto questo disagio nelle sua prime manifestazioni, portando questo servizio a conoscenza delle scuole e dei dipartimenti di salute mentale. Da un lato sarà un servizio clinico alla cittadinanza, dall’altro sarà un osservatorio per con cui andare a monitorare i fenomeni di cui stiamo parlando.

L’intervista al Dott.

specialista in psichiatra. Dirigente medico di II° livello c/o IRCCS Centro S. Giovanni di Dio FBF

G.Battista Tura

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.55.

Scrive Annalisa BoniImmagini di Umberto Favretto

Si ringrazia per la collaborazione Claudia Lazzari

.54.

E V E N T I

Saottini Auto e Audi per la prima volta al Campionato Italiano Turismo TCR

al fianco della Scuderia Pit Lane Competizioni.

Saottini AutoIl fiore del Campionato

Turismo TCR 2017

.57.

6/7 Maggio AdriA internAtionAl rAcewAy AdriA (ro)

3/4 giugno MisAno world circuit MArco siMoncelli

MisAno AdriAtico (rn)

16/17 giugno AutodroMo nAzionAle di MonzA (MB)

15/16 LugLio AutodroMo internAzionAle del Mugello, luco di Mugello, Borgo s. lorenzo (Fi)

9/10 SetteMbre AutodroMo enzo e dino FerrAri iMolA (Bo)

23/24 SetteMbre AutodroMo di VAllelungA cAMpAgnAno di roMA (rM)

21/22 ottobre AutodroMo nAzionAle di MonzA (MB)

GLI APPUNTAMENTI DEL CAMPIONATO ITALIANO TURISMO TCR 2017:

.56.

Un duplice esordio sulle piste del Campionato Italiano Turismo TCR:per la prima volta Saottini Auto, Concessionaria specialista Audi Sport, supporterà il marchioin una competizione motoristica al fianco della scuderia Pit Lane Competizioni che schierasulla griglia di partenza in “prima assoluta” la Audi RS3 LMS a rap-

presentare uno dei massimi esempi di sportività della Casa dei quattro anelli. Il pilota Max Mugelli porterà sulla pista la vettura Audi con i nuovi colori del cuore sportivo del Grup-po Saottini, che ne ha curato la personalizzazione della livrea con il ritorno dei fiori di Pier Giusep-pe Moroni: continuità stilistica e

riconoscibilità del marchio Saottini nell’universo del Motorsport, cui da anni dedica la sua attenzione. I piloti e le vetture del team Pit Lane Com-petizioni saranno impegnati non solo nei sette appuntamenti nazionali del prestigioso Campionato Turismo, ma anche agli appuntamenti del Cam-pionato Turismo TCR Europeo con il pilota Enrico Bettera.

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E V E N T I

Di nuovo tra i protagonisti, al via della Porsche Carrera Cup Italia 2017

Centro Porsche Bresciatorna in pista!

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“Mercoledì 12 aprile si è aperto lo “scrigno” di gioielli a quattro ruotetargato Centro Porsche Brescia aDesenzano del Garda, per la presen-tazione della Porsche 911 GT3Cup con i colori di Centro PorscheBrescia, iscritta alla Carrera CupItalia 2017. Una nuova quanto inconfondibile livrea, per l’esordio

della prima pilota donna in gara nel Campionato ufficiale Porsche italia-no, la 25 enne gardesana Francesca Linossi.“Sono entusiasta per la grandeopportunità e in pista darò il massi-mo” è così che Francesca Linossi,insieme al team Dinamic Motorsport e al fianco di Beatrice Saottini,

Amministratore Delegato di Saottini Auto S.p.A., e Biagio Capolupo Di-rettore Generale di Centro Porsche Brescia, ha accolto tutti gli ospiti della serata, clienti, amici e appas-sionati, svelando la quattro ruoteche durante questo campionato cifarà sicuramente sognare!”

A cura di Emanuela Serughetti

BRE M

AGAZINE ´ NO12 MAGGIO 20

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L E I N T E R V I S T E

É davverolegittima difesa?Intervista alla Dott.ssa Roberta Bruzzone

Psicologa forense e criminologa investigativa,

con svariati corsi di perfezionamento anche

negli Stati Uniti d’America in ambito di ricerca

e repertamento tracce sulla scena del crimine,

nonché docente universitaria di psicologia

investigativa con una formazione esperenziale

davvero vasta, la Dott.ssa Roberta Bruzzone

è intervenuta lo scorso 13 aprile al convegno

organizzato dal Confartigianato a Brescia

sul tema della legittima difesa. Ospite in vari

salotti televisivi noti per parlare di importanti

casi di cronaca nera e autrice di saggi, oggi

per BRE magazine le chiedo di ragguagliarci

sulle tematiche trattate che possono essere di

interesse al cittadino.

.71.

Secondo lei siamo nell’era del commercio delle disgrazie che alimenta e ispira i cosidetti criminali in embrione? (Mi rife-risco alle serie televisive di ge-nere, talk show, eco mediatica di casi investigativi, socials, ecc.)Non credo proprio possa esistere un’emulazione alla base di certe tipologie di reato. Una persona per arrivare a commettere certi atti deve avere dentro di sé i tratti e le carat-teristiche personologiche indispen-sabili, i quali non possono essere indotti dalla fruizione di certe serie televisive, diversamente ci saremmo già estinti da molti anni.

Riguardo il femminicidio, un fenomeno che purtroppo sembra non diminuire, qual è l’identikit del criminale tipo e le casistiche più comuni?L’identikit è assolutamente generale nel senso che il soggetto è indistin-guibile dal resto della popolazione, non ha precedenti penali e non ha criticità evidenti per quanto riguarda la sua sfera relazionale o lavorativa.

Purtroppo la maggior parte delle volte sono soggetti che calano la loro maschera solo all’interno della coppia e che quindi all’esterno sono assolutamente ben integrati e quindi più difficili da stanare, perché la vittima è l’unica che conosce la loro vera natura.

Come si può parlare in questo caso di tutela?I casi in cui una donna maltrattata uccide il suo aggressore sono molto estremi e capitano con un’incidenza bassissima. È avvenuto, anche di recente, che donne abbiano ucciso il loro partner durante litigi e che procedimenti giudiziari le abbiano poi assolte perché hanno ritenuto che quelli fossero casi di legittima difesa, e questo perché a loro volta hanno rischiato la vita.

Lei pensa che oggi, in questo ambito, si stia facendo di più per quanto riguarda le misure di tutela?La problematica della violenza sulle donne e del femminicidio è struttu-

rale, sono almeno venticinque anni che i dati sono uguali. Per questo non parlerei di emer-genza, è sicuramente uno scenario gravissimo che ci accompagna da molti anni. Non so se si stia facendo di più, sicu-ramente non si sta facendo abba-stanza perché si continua a contare i cadaveri, ormai si parla di una donna uccisa ogni due giorni.

So che ha presenziato anche al convegno a Bergamo lo scorso 28 aprile, qual è stato il tema affrontato?Abbiamo affrontato il tema dei narcisisti patologici e dei manipo-latori affettivi, degli stalkers e dei predatori sessuali: come individuare e gestire una relazione affettiva disfunzionale e tutelarsi. Casi che sono decisamente molto frequenti, anche senza tirare in ballo il pericolo dell’uso dei social media. Si tratta di una categoria di soggetti che popola il nostro pianeta da secoli. Per noi professionisti del settore non manca di certo il lavoro!

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Il fine del convegno organizza-to dal Confartigianato era di informare il cittadino circa la legittima difesa, un tema che scotta vista l’enorme necessità di esercitarla e i guai giudiziari a cui si può andare incontro con-siderate le restrizioni cavillose imposte dalle leggi. Secondo lei il cittadino è ancora troppo mal informato o mal tutelato?Io credo che il cittadino sia forse un po’ confuso in virtù di una serie di situazioni che si sono verificate, ma in realtà la normativa è già cambia-ta nel 2006 ampliando in maniera sgnificativa gli scenari in cui si può richiamare la legittima difesa, non solo in tutela dell’incolumità fisica propria o di una persona che può essere esposta alla minaccia, ma an-che per quanto riguarda la tutela del patrimonio. Quindi in realtà la possi-bilità di richiedere questo genere di condizione è già vasta. Chiaro è che ipotizzare la legittima difesa nei casi in cui soggetti sparano al malviven-te mentre si sta allontanando dalla scena, non è possibile. I parametri sono molto chiari: deve sussistere un pericolo oggettivo a incolumità fisica o di gestione del patrimonio, ma deve essere un pericolo attuale e comunque proporzionato al tipo di reazione. Se il gioielliere o il tabac-caio per esempio inseguono per strada il malvivente e gli sparano alle spalle, la legittima difesa non può essere sostenuta e le normative non cambieranno mai in questi casi.

Quali sono state le tematiche più significative emerse in quel-la sede?Abbiamo cercato di chiarire quelli che sono i confini normativi che differenziano la legittima difesa dall’omicidio volontario attraverso esempi pratici, di modo che le per-sone possano avere un’idea molto chiara rispetto a cosa possono o non possono fare nei vari tipi di condi-zione. Il pericolo deve essere reale e sussistente. Il cittadino che si trova in casa il rapinatore ed esiste una sostanziale minaccia, perché gli vie-ne puntata contro un’arma da fuoco e di conseguenza il cittadino che è armato in casa risponde sparando a sua volta, è una situazione che rien-tra in un’ipotesi di legittima difesa che verrà sicuramente applicata. Quindi, a prescindere dal tipo di indagine che può partire, il cittadino non deve preoccuparsi perché, una

volta esaminato lo scenario, verrà prosciolto immediatamente. Non è un problema il fatto di essere inda-gati, anzi, questo può diventare una garanzia per tutti, perché stabilendo al meglio i confini in cui si è verifi-cato un episodio di questo genere, il cittadino può di conseguenza essere meglio tutelato là dove chiarmente sussistono i requisiti per applicare la legittima difesa. Se il malvivente si sta allontanando dall’esercizio commerciale o dall’abitazione è chiaro che non sussiste più il pericolo anche se il soggetto ha adoperato violenza, picchiando gli abitanti dell’abitazione o il commer-ciante, non si può sparargli perché diventerebbe omicidio. Molti scenari borderline che si sono verificati in questi anni e hanno suscitato polemiche, in realtà rientravano in questa fattispecie e quindi la Magi-stratura ha dovuto procedere per imputazione di omicidio.

Lei ha mai lavorato a casi che riguardassero il territorio di Brescia?Sì, mi sono occupata di alcuni casi di

violenza sessuale.Secondo quella che è la sua esperienza, come vede il nostro territorio per quanto riguarda la criminalità?Non mi sembra un territorio flagella-to da chissà quali problematiche, in confronto con l’ambito nazionale mi sembra ancora un’isola felice.

Oggi essere informati sui rischi che nidificano un po’ ovunque e che minacciano la nostra sicu-rezza è diventata un’esigenza imperante. Cosa deve fare un cittadino per essere accorto?Dipende dai tipi di rischi che corre. Sicuramente se un cittadino ricopre un ruolo sociale di spicco o è legato all’imprenditoria, dovrebbe farsi fare una valutazione seria del rischio da parte di professionisti del settore che ormai sono su tutto il territorio nazionale. Dipende molto anche dal tipo di vita che si conduce. Generalmente parlando il tema diventa aspecifico, è chiaro che ognuno di noi ha un profilo di rischio diverso.

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A metà maggio tutto il gruppo Casa Bau con i suoi cani e le volontarie sarà ospite ad Agrate Brianza per il raduno della razza Spitz.Nello stesso week end Casa Bau parteciperà alla manifestazione “Festa del cane meticcio” di Terni dove insieme ai cani molecolari e di

ricerca, impegnati nell’emergenza terremoto del centro Italia, diffon-derà il proprio messaggio rivolto alla salvaguardia dei suoi piccoli tesori a quattro zampe.Alla fine del mese di maggio invece Casa Bau parteciperà alla sfilata di cani meticci come giuria, “questo

sarà il nostro compito più difficile, dire quale sarà il cane più bello” ci spiega Luciano Alpino, colui che ha reso possibile tutto questo e che giorno dopo giorno protegge con cure, amore e attenzioni tutti gli ospiti di Casa Bau.

Scrive Annalisa Boni

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S O L I D A R I E T Á

CasaBauDifesa e amore a quattro zampe

Anche per questo mese vogliamo condividere con voi lettori il mondo a quattro zampe di Casa Bau, il centro di accoglienza e volontariato di Rovato che cura gratuitamente e senza alcun scopo di lucro i cani con gravi problematiche motorie e psicologiche. Lo scopo di questa rubrica che mese dopo mese dedicheremo a questa meravigliosa struttura è quella di sensibilizzare e farvi conoscere una realtà diversa, quella dei cani disabili ma soprattutto dimostrare a chi ha un cane in difficoltà che è possibi-

le donargli una vita felice. Questo rappresenta l’obiettivo primario di Casa Bau.Molte persone che per incidenti, per malattie o per malvagità umana si trovano ad entrare in contatto con un cane paralizzato spesso non sanno come comportarsi e facendosi prendere dal panico arrivano a deci-sioni estreme.Casa Bau vuole dimostrare che i disabili a 4 zampe possono recupera-re la loro serenità unicamente grazie all’amore, a qualche attenzione in più ed eventualmente grazie ad un

carrellino che possa supportare i movimenti al fine di conquistare una vita normale. Casa Bau è diventata un esempio per tutta l’Italia e non solo, è il sogno che molte volontarie vorrebbero realizzare. Grazie ai social network Casa Bauè molto conosciuta e tanti gruppi e associazioni che organizzano eventi a favore dei cani chiedono a Casa Bau di presenziare per diffondere al meglio il grande “lavoro” e la mis-sione dei volontari e della struttura stessa.

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ovvero “formicolii” dolorosi, sensa-zione di bruciore, perdita di forza e di destrezza alla mano e, in casi più gravi, perdita della motilità con diminuzione della massa muscolare sulla base del pollice (la così detta “eminenza tenare”). Tra i “colpevoli” traumatici di tale doloroso aumen-to di pressione possiamo citare contusioni, fratture o lussazioni del polso che gonfiano la sede a causa della risposta infiammato-ria. Analogamente possono essere responsabili le ustioni e le infezioni del polso, così come le iniezioni ad alta pressione (traumatismi tipica-mente industriali). Sul fronte delle malattie, si possono citare il diabete mellito (è dimostrato che il 20% dei diabetici sviluppa sofferenza del nervo mediano, sopratutto per pato-logia dei vasi sanguigni che nutrono il nervo), la dialisi per insufficienza renale (che esita nel canale carpale con depositi “ingombranti” di una proteina specifica che viene nor-malmente elaborata da reni sani), la gotta (che deposita accumuli di cristalli aghiformi di acido urico) e l’ipotiroidismo (una causa più rara di sofferenza nervosa al nervo mediano, dovuta ad accumulo di liquidi che esercitano compressione sul nervo). Invece, sul fronte delle “belle notizie”, anche la gravidanza è responsabile della sintomatologia, dovuta alle fluttuazioni ormonali che provocano ritenzione idrica che si localizza anche nel canale carpa-le. Il fenomeno del “formicolio” alla mano, diffuso alle sedi innervate dal nervo mediano (Figura 1a), ha una origine compressiva e tensiva (soprattutto a livello del margine inferiore del tunnel, che si gene-ra durante la flessione del polso,

causando sia la compressione del nervo, sia la sua trazione). Questo sintomo, inizialmente notturno con difficoltà al sonno, riflette la sofferenza del nervo che, sottoposto costantemente a pressioni e a tra-zioni, inizia a gonfiarsi, con danneg-giamento della sua guaina nutritizia composta di mielina. La riparazione di tale guaina può richiedere alcuni mesi, risultando talvolta incompleta e ciò spiega sia il marcato ritardo di guarigione a seguito di interven-to, sia la frequente prescrizione di integratori a base di “acido alfa-li-poico” la cui funzione anti-ossidan-te permette la rigenerazione dei nervi danneggiati, aumentandone la velocità di conduzione. Il pazien-te si rivolge al medico in quanto i sintomi di cui soffre gli impediscono un sonno naturale ed il corretto utilizzo della mano coinvolta. Per conoscere il grado di sofferenza nervosa, viene prescritto un esame, denominato “Elettromiografia” (al quale si aggiunge un secondo esame che misura la velocità di conduzione nervosa) che si effettua con picco-lissimi aghi infissi nella pelle al fine di accertare eventuali riduzioni di velocità nella conduzione nervosa e di distinguere una “semplice” com-pressione nervosa da una malattia muscolare. In caso di grave compressione conclamata, il paziente è sottoposto ad intervento di decompressione del nervo, che si esegue incidendo il legamento trasverso (Figura 1b). L’intervento si può eseguire sia tra-dizionalmente con incisione cutanea del palmo, sia per via endoscopica, con una sonda munita di telecame-ra. Essendo le ossa carpali ed il le-gamento trasverso tra loro collegati

come un ponte sospeso, l’incisione (o “apertura”) del secondo influirà notevolmente sulla stabilizzazione meccanica dell’arcata ossea (Figura 1c), aumentandone lo spazio e dimi-nuendone la rigidità. L’ incisione del legamento trasver-so (Figura 1d) con la conseguente apertura del canale carpale deve essere eseguita evitando sia il ramo motorio per i muscoli dell’eminenza tenare precedentemente descritto insieme alla branca palmare cuta-nea, sia l’arcata arteriosa superficia-le che si forma dall’unione dell’arte-ria radiale con quella ulnare, perciò l’incisione (detta “intertenare”, ovvero tra l’eminenza tenare ed ipotenare), deve essere limitata ed avvenire in linea con il lato radiale del 4’ dito (anulare) (Figura 1). La liberazione del nervo (che talvolta appare bluastro per sofferenza da compressione) si accompagna ad un’attenta valutazione di assenza di tensione e sufficiente aumento di spazio ricavato del legamento inciso, inserendo al di sotto di esso il dito mignolo prossimalmente e distalmente. In seguito si sutura la sola cute, con medicazione ogni 5/7 giorni e desutura a 15 giorni. Si inizia imme-diatamente il movimento delle dita, evitando per un certo periodo sforzi di trazione e di presa di oggetti pe-santi per evitare l’eventuale forma-zione di una cicatrice spessa (detta “cheloide”) con possibile ritorno a sintomatologia compressiva. Un possibile espediente per scongiu-rare ulteriormente tale evenienza consiste nel bagnare il nervo prima della sutura della cute con una soluzione di cortisone a funzione antiinfiammatoria.

Figura 1 – a) La sensibilità del palmo della mano è divisibile in tre zone : un versante radiale con metà dell’anulare (innervato dal nervo mediano), un versante ulnare con metà dell’anulare (innervato dal nervo ulnare) ed una porzione al passaggio con il dorso (innervata dal nervo radiale). La parte palmare priva dei quadratini bianchi è innervata dalla branca palmare cutanea del nervo mediano (un piccolo nervo che origina più prossimalmente). b) L’incisione deve essere eseguita al palmo (linea bianca), in linea con il lato radiale dell’anulare per evitare l’arcata arteriosa superficiale (in rosso), la branca palmare cutanea (1) e il ramo motorio per i muscoli dell’emi-nenza tenare (2) di competenza del nervo mediano (3). c) Le quattro ossa sulle quali è teso il legamento trasverso in un modellino di osso sintetico. d) Il legamento trasverso con le relative strutture sottostanti visibili in uno studio su cadavere (cortesia della Prof. Hohenberger).

Scrive la Redazione

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S A L U T E

La sindrome del

Che cos’è,come e perchè si cura

Con l’espressione “Tunnel carpale” si indica uno spazio anatomico nel polso compreso tra un legamen-to di tessuto connettivo spesso e non flessibile, simile ad una tenda, (denominato “legamento trasverso”) ed il versante concavo di quattro piccole ossa, distribuite su due filiere, sulle quali è teso. Le quattro ossa sono lo scafoide (ovvero “a for-ma di scafo”), il pisiforme (ovvero “a forma di pisello”), il trapezio e l’uncinato (così detto perchè pos-siede uno sperone osseo a forma di uncino), ed insieme ad altre quattro

ossa del polso formano il così detto “carpo” (dal greco “karpos”, ovvero “polso”). Al di sotto del legamento trasverso decorre il nervo mediano (così denominato poichè fin dalla sua origine dal plesso brachiale si localizza “nel mezzo” del braccio e dell’avambraccio) insieme a nove tendini flessori lunghi delle dita, ovvero il flessore lungo del pollice, i quattro flessori superficiali e i quattro flessori profondi delle dita. Prima del passaggio nel legamento, il nervo mediano origina un ramo cutaneo palmare che fornisce la

sensibilità alla base dell’eminenza tenare. Nel passaggio all’interno di tale legamento, il nervo mediano si divide nei nervi digitali (ciascuno destinato all’innervazione sensitiva delle dita) e nel ramo denominato “ricorrente” (destinato all’innerva-zione motoria della muscolatura “te-nare” del pollice - dal greco “thenar” = palmo della mano). A livello del polso, il nervo mediano può essere sottoposto a compressione nel suo passaggio “dentro il tunnel” con comparsa dei sintomi per i quali il paziente richiede l’aiuto del medico,

A cura del Dott. Andrea SalviMedico Chirurgo Specialista in Ortopedia e TraumatologiaDirigente Medico A.S.S.T. Franciacorta, Presidio Ospedaliero diChiari (Brescia), Divisione di Ortopedia e Traumatologiawww.ortopedicobrescia.comTel. 347-4485570

tunnel carpale

A cura di Annalisa Boni

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zette arrugginite ma ancora forti. Fragranza floreale aldeidica, ozonata, verde.

Note di Testa: accordo aldeidico ozonatoNote di Cuore: foglie di violetta,

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Dal naso di Aliénor Massenet nasce una fragranza esclusiva. Un viaggio oltre

Parigi. La rinascita della memoria originale ed essenziale. Un accenno di cuoio, di olio

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Eclipse è una fragranza misteriosa ispirata alla perfezione dinamica dell’universo, all’enigmatico gioco di luce ed ombra che da millenni

incanta l’uomo. L’energia della testa agrumata rappresenta la luce del Sole, mentre le seduzioni del Gelsomino e dell’Ylang-Ylang sono la voce

della Luna.Note di testa Bergamotto, Limone, Lime. Note di cuore Gelso-mino, Rosa, Ylang-Ylang, Fichi. Note di fondo Oud, Betulla,

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A cura della Redazione

BRE MAGAZINE

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P O R T R A I T

Teatro e musicaper la paceUn evento internazionale a Brescia per celebrare i 60 anni dei Trattati di Roma. Con Luca Micheletti ed il Corpo Musicale Sgotti l’arte si fa messaggio di unità

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Caldo Gourmand è un accordo morbido e avvolgente. Un’eau de parfum densa di vaniglia e arricchita dalla

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note legnose.

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Cinema di Venezia. Il prof. Paolo Bolpagni, già Direttore della Colle-zione Paolo VI, l’ha definito “patri-monio vivente della cultura italiana”. Sul palco del Sociale Micheletti ha presentato due testi di grande impatto: “Il mondo senza sonno” composto nel 1914 da Stefan Zweig e Cori da “La Rocca” composto nel 1934 da T.S. Eliot.“Il mondo senza sonno” di Stefan Zweig è stato pubblicato per la prima volta in Italia solo nel 2014 nel centenario dell’inizio della I Guerra Mondiale. I temi trattati sono solo alcuni, ma tutti significativi, della somma di emozioni e sentimenti che suscitò un avvenimento tanto stra-ordinario quanto sconvolgente quale fu appunto la prima guerra che in-cendiò cento anni fa l’intera Europa. Zweig fa rivivere lo stato d’animo di un intero continente in uno dei crocevia della sua storia recente

partendo da alcune, diffuse situazio-ni di conflitto personale che turba-rono le coscienze. Una straordinaria e toccante ricostruzione dello stato d’animo del continente allo scoppio del conflitto. Un “pezzo” magistrale in cui si evidenzia tutto lo spaesa-mento di popoli che per la prima volta nella loro storia sperimentano una guerra globale, alla quale nes-suno può sottrarsi. La febbre scuote tutti gli europei: non c’è città, borgo o lembo di terra cui non sia stato strappato un uomo perché prenda parte ai combattimenti. È una svolta storica per tutto il continente ed è diffusa la consapevolezza che, dopo tanta bufera, nulla sarà come prima. “Più breve è ora il sonno del mondo” – scrive Zweig – “più lunghe le notti e più lunghi i giorni. In ogni paese della sconfinata Europa, in ogni cit-tà, via, casa, stanza, il respiro quieto e sopito è più corto, agitato come

in un’unica notte d’estate afosa e soffocante…”. “Ora l’umanità tutta è agitata, di notte come di giorno, un impellente, spavento sostato di veglia sfavilla tra i sensi eccitati di milioni di persone, il destino penetra invisibile dalle migliaia di finestre e porte, e scaccia il sopore, scaccia l’oblio da ogni giaciglio. Più breve è ora il sonno del mondo, più lunghe le notti e più lunghi i giorni.”T.S. Eliot, già consacrato dalla criti-ca come uno dei nuovi maestri del ‘900, per questo testo insolito: Cori da “La Rocca” rischiò la reputazione. È questa infatti una opera tra le più profetiche, nella quale Eliot riesce a proporre, con la sua tipica mesco-lanza di ironia e di alta drammatici-tà, pagine di straordinario impatto emotivo, in cui la desolazione della vita senza significato e il destino della Chiesa nel mondo sono scrutati con la sensibilità e l’intelligenza del

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È stato il palcoscenico del Tea-tro Sociale di Brescia ad ospitare l’evento artistico di celebrazione dei Trattati di Roma che 60 anni fa diedero vita alla Comunità Europea oggi Unione Europea. Fra il pubblico i diplomatici e i rappresentanti delle Istituzioni Internazionali impegna-te nella costruzione di una società solidale e giusta, che erano ospiti a Brescia: S.E. Guillermo Leòn Escobar Harràn, Ambasciatore della Colombia presso la Santa Sede, On. Samia Nkrumah, parlamentare ghanese, S.E. Mons. Vincenzo Zani, Segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica della Santa Sede, S.E. Pasquale Ferrara, Am-basciatore della Repubblica italiana in Algeria, Prof. A. Jean Bosco Ma-tand, Rettore emerito dell’Universi-tà Cattolica di Kinshasa, S.E. Mons.Silvano Maria Tomasi, già Osser-vatore permanente della Santa Sede

presso le Nazioni Unite a Ginevra, Dott. Gianfranco Cattai, Presiden-te Federazione Organismi di Servizio Internazionale Volontario, Prof. Da-niel Stigliano, Fondazione Scholas Occurrentes Argentina, Prof. Gian-carlo Pallavicini, Accademia delle Scienze della Federazione Russa, Prof. François Mabille, Segretario Generale della Federazione Interna-zionale delle Università Cattoliche, Dott. Giuseppe Tonello, Presiden-te Banco “Desarrollo de los Pueblos” – Fondo Ecuatoriano Populorum Progressio, Prof. Walter Baier, politico austriaco, Coordinatore del network “Transform! europe”, Mons. Flavio Dalla Vecchia Presidente e Mons. Armando Nolli Direttore di Cuore Amico Fraternità Onlus, don Carlo Tartari Direttore dell’Uffi-cio per le Missioni della Diocesi di Brescia, Cap. Lorenzo Provenza-no, Comandante della Compagnia

di Brescia dell’Arma dei Carabinieri, arch. Laura Nocivelli, Presidente del Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, Nicola Bianco Speroni, Vice Presidente dell’Associazione SFERA Franceschetti Onlus.Un appuntamento di rilievo nazio-nale per Brescia promosso sotto l’Alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica e della Santa Sede grazie alla collaborazione del Centro Teatrale Bresciano e che ha visto al-ternarsi sul palco Luca Michelettied il Corpo Musicale Sgotti. Luca Micheletti è ben noto al pub-blico bresciano per le innovative proposte presentate negli ultimi anni nell’attività teatrale e cinematografi-ca ed i prestigiosi riconoscimenti ot-tenuti: nel 2016 il Premio Internazio-nale Pirandello per meriti acquisiti in campo teatrale, il premio Ubu e il premio Nazionale della Critica oltre a due partecipazioni alla Mostra del

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A cura di Laura Sorlini

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E V E N T

Grande successo di pubblico alla 51esima edizione di Vinitaly, il salone internazionale dei vini e dei distillati, che punta sempre più

allo sviluppo internazionale e all’innovazione digitale per una nuova modalità di fare fiera.

Vinitaly 2017

Vinitaly, che si conferma la prima fiera del vino al mondo per superficie espositiva e per numero di operatori esteri, al giro di boa delle 50 edizioni più una si è presentata con un impo-nente piano di investimenti, maggiore internazionalità, occasioni di business e innovazione digitale - un progetto pluriennale ampio ed articolato - che nel prossimo triennio innoverà profon-damente le modalità di “fare fiera”. Ma parliamo di prodotti: focalizzan-doci sul territorio, anche quest’anno, all’evento veronese gli stand delle 70 aziende franciacortine presenti sono stati letteralmente presi d’assalto da professionisti e appassionati, che hanno potuto degustare in quest’oc-casione le migliori etichette in vetrina, simbolo dell’impegno e della passione che caratterizza il loro vino. In un’area espositiva interamente dedicata, Franciacorta ha celebrato l’eleganza di un prodotto riconosciuto come uno dei più autorevoli ambascia-tori del Made in Italy.Il nostro territorio, però, non è rap-presentato solo dalla Franciacorta, e vanta molte altre eccellenze: oltre

120 sono stati gli espositori bresciani che hanno rappresentato, insieme alla Franciacorta, le altre denominazioni d’origine, tra cui Botticino, Cellatica, Lugana, Montenetto, San Martino della Battaglia, Valtenesi. In fiera, come sempre era presente anche Baccus, rivista nazionale di enogastronomia e turismo edita da Publimax, che in quell’occasione ha potuto degustare eccellenze locali e non solo.Tra le numerose etichette degustate in fiera, inoltre, ricordiamo con piace-re quelle che fanno capo all’azienda vitivinicola Podere Castel Merlo, in particolare l’Etoile, in cui 100 mg di finissime pepite d’oro incontrano armoniosamente lo Spumante Brut Metodo Classico e la novità Vinitaly 2017, l’Etoile Rosé, lo spumante Brut Metodo Classico da uve 100% Merlot, dal colore rosa intenso con riflessi ramati e dal perlage fine e persistente, che fa danzare 100 mg di pagliuzze d’argento. Spostandoci verso est, nello splendido territorio della Valpolicella, fonda-mentale la tappa da Tedeschi, azienda

che vanta oltre quattro secoli di storia e che negli anni ha saputo esaltare il valore dei vitigni autoctoni dando vita a eccellenze uniche. Tra la gamma, che abbraccia tutto il panorama pre-visto dalla denominazione di origine, dal Valpolicella al Valpolicella Classico Superiore, dal Ripasso all’Amarone, fino al Recioto, indimenticabile resta l’amarone “La Fabriseria”, prodotto esclusivamente nelle migliori annate e caratterizzato da una grande struttura affiancata da un’eleganza aromatica.Dell’Alto Adige, invece, è sempre la cantina Merano Burggräfler che attira la nostra attenzione, in particolare con i vitigni della famiglia Pinot, che qui hanno trovato le condizioni ottimali per la loro coltivazione e ricoprono ormai un ruolo di primaria importan-za per questo territorio. Memorabili il pinot bianco gran riserva V Years, maturato per cinque anni sui lieviti e il pinot nero riserva Zeno, dal sapore ben strutturato, marcatamente tanni-co, che lascia al palato un retrogusto elegante e persistente.

eccellenze in vetrina

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poeta e del fedele che non risparmia alla sua epoca e a se stesso interroga-tivi e “smitizzazioni”.Il Corpo Musicale Sgotti, forte di 50 musicisti, è una delle istituzioni musicali più longeve del territorio bresciano vantando quest’anno gli 80 anni di attività ininterrotta (salvo una breve pausa negli anni più duri della guerra) che saranno festeggiati con un fitto calendario di esibizioni promosse dal Presidente Enrico Ca-ravaggi. È oggi diretto dal giovane Maestro Giulio Piccinelli che è stato alla direzione di prestigiosi ensemble quali l’Orchestra La Verdi di Milano, l’Orchestra a Fiati Giovanile Europea (EUYWO), l’Orchestra dell’University of Northen Iowa e l’Orchestra a Fiati professionale di Lipsia, nonché della prestigiosa Banda della Marina Milita-re Olandese. Il programma di grande suggestione si è aperto con Rushmo-re composto da Alfred Reed, un bra-no dallo spiccato spirito patriottico: caratterizzato da una melodia intensa che simboleggia la forza interiore e la pacata maestosità di quattro grandi personaggi americani, i presidenti Washington, Jefferson, Lincoln e Roosvelt, presi come modello perché guardiani delle tradizioni e del principio della libertà degli uomini. La melodia, anche nella parte più introspettiva, rispecchia questa idea dando la sensazione di andare oltre gli immediati confini della sala per in-neggiare alla lealtà, una melodia ricca e potente, in un crescendo continuo, che si chiude con la maestosità e i co-lori di cui la banda e l’orchestra a fiati moderne sono capaci. La Seconda Suite in Fa di Gustav Holst per banda militare, scritta nel 1911, è una delle opere fondamentali della letteratura per orchestra di fiati del ventesimo secolo. Solo nel 1922 fu eseguita dalla Royal Military School of Musical Kneller Hall, nella Royal Albert Hall di Londra, con molto successo e, da allora, passando attraverso numerose revisioni di strumentazione, è diven-tata un brano di studio basilare per tutti i complessi bandistici europei e punto fondamentale nel repertorio della musica originale per banda. È una Suite in quattro tempi composta attorno a ben sette motivi popolari inglesi dello Hampshire. La marcia in apertura include l’incalzante ed energica Morris Dance, la canzone marinara di ampio respiro Swan-see Town e l’allegra Claudy Bancks dall’inconfondibile piglio irlandese. Nel secondo movimento, è inserita la canzone I’ll Love my Love: in esso Holst sfrutta l’intera gamma timbrica

della banda con arpeggi che scorrono da una sezione strumentale all’altra. In Song of the Blacksmith (terzo movimento) l’intera orchestra si produce in un motivo percussivo che imita, in un affresco particolarmente originale ed attraente i suoni di un’ officina, con il gioioso martellare del fabbro sull’ incudine. Questi forgia ferri e spade traendo dal battito me-tallico ritmo e buonumore. Nell’ulti-mo movimento l’autore sovrappone la celebre Greensleeves all’animata Dargason, una danza rinascimenta-le, ripetuta in ostinato: il risultato è un’atmosfera corale e malinconica. Di seguito On a Himnsong of Philip Bliss di David R. Holsinger, Satiric Dances di Norman Dello Joio, Into the raging river di Steven Reineke, ispirato da un viaggio sul fiume Gauley tra le montagne del Sud Ovest Virginia. Il brano si apre con una tranquilla in-troduzione che descrive il sorgere del sole. Ad un certo punto l’alba si rom-pe ed un singolo raggio di luce cresce di intensità finché tutta la gola del fiume è immersa nella luce del mat-tino. È giunto il momento di iniziare il percorso sul fiume tra le rapide… Tutto ad un tratto la situazione si placa, si tranquillizza e si presenta la possibilità di osservare la natura che ci circonda. Ma la serenità è subito interrotta dal gorgoglio del fiume e

di nuove rapide in arrivo. Il percorso continua, l’adrenalina sale sempre più ed ecco che il fiume si getta in un’alta cascata. Per concludere con Three London miniatures di Mark Camphouse, un brano in perfetto sti-le inglese, diviso in 3 parti. La prima Westmister Hymn costruita attorno ad un brano dal sapore tipicamente anglicano, gli ottoni rappresentano la tradizione regale e cerimoniale dell’abazia di Westmister. La seconda parte For England’s Rose, un espressivo lirico omaggio che l’autore ha voluto fare alla principes-sa Diana e la terza parte Kensington March una vivace marcia in stile inglese. Un brano eseguito anche nel ricor-do del tragico attacco terroristico accaduto a Londra. Il bis finale, con grande trasporto del pubblico, è stato Into the joy spring di James Swearingen uno dei migliori compo-sitori di musica per banda al mondo, un brano diviso in 3 movimenti, il primo Winter’s Fury descrive la Furia dell’inverno e la potenza della natura, il secondo movimento Spring Awa-kening descrive il dolce, fresco, ed espressivo risveglio della primavera ed il terzo movimento A celebration of Joy, conclude il brano con un vero e proprio inno alla bellezza della natura.

A cura di Emanuela Serughetti

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S O L I D A R I E T Á

Negli abissi del cuorePesciolinorosso

Gianpietro Ghidini

La fondazione Pesciolinorosso ha come motore il più forte dei valori: l’amore, quello assoluto.

Gianpietro, cinquantaseienne di Gavardo, dopo la morte nel 2013 a soli sedici anni di suo figlio Emanuele, sparito nelle acque del

fiume Chiese sotto l’effetto di droghe, si risveglia da un sogno vivido che lo salva dalle tenebre della follia in cui ha rischiato di

perdersi. Nel sogno si è tuffato anche lui, raggiungendo suo figlio e riportandolo al mondo, con la promessa di dedicare la sua vita ai

giovani per aiutarli a non farsi vincere dalle dipendenze e dalle difficoltà.

Quasi 830 sono gli incontri di grande impatto emotivo che ha tenuto in tre anni tra scuole, piazze e teatri di tutta Italia.

Vorrei prendere spunto dalla ci-tazione di Ghandi che un signore ti ha consegnato su un bigliet-tino, per introdurre ciò che ti spinge in questa missione: “l’uo-mo è uno scolaro e il dolore è il suo maestro”. Gianpietro come ti ha cambiato questa disgrazia?Due mesi fa ero a Clusane durante un incontro con dei genitori e io, come faccio spesso, ho detto questa frase “il dolore per la morte di mio figlio mi sta rendendo pian piano un uomo migliore”. Pensavo di essere folle a voler portare avanti questa iniziativa che è partita tre anni fa, ma ciò che mi ha sempre spinto sono i messaggi di ringraziamento che ricevo dai ragazzi, i loro abbracci, frasi del tipo “mi hai salvato la vita”. Ho capito che qualunque dolore può cambiare chiunque in meglio, e come disse Ghandi, il dolore può

essere il nostro maestro ed è una condizione della vita che non si può eludere. In questo mondo che ci illu-de a ricercare solo le cose supeficiali, ci siamo disabituati a porci nel modo più saggio nei confronti del dolore e ad accogliere la sofferenza. Forse perché non riusciamo più a vivere la vita reale e ad affrontare anche il più piccolo dei problemi, perdendo così le occasioni vere di crescita.

Da dove viene il nome “Pescioli-norosso”?Nel 2003 fu un estate caldissima e io ed Emanuele liberammo un pescioli-no rosso nel fiume Chiese che stava morendo nello stagnetto di casa. Il pesciolino si è messo a nuotare, ma una papera lo ha mangiato davan-ti agli occhi di Emanuele. 10 anni dopo a mio figlio capitò di assumere della droga per dimostrare di essere

grande come i suoi amici e alle due di notte si è buttato nel fiume. Un ragazzo tentò di trattenerlo, ma non ci riuscì. Quando arrivai sul posto avrei voluto buttarmi anche io nel fiume e ci è mancato poco, anzi a volte penso di averlo fatto e di vivere ora in una specie di realtà parallela. Dopo due giorni in preda alla disperazione, Emanuele mi è apparso in sogno. L’ho visto sul fondo di un mare dove mi ero tuffato per salvarlo, era nudo, l’ho preso in braccio e l’ho ripor-tato in superficie, ma è stato lui a salvare me. Al mattino ho scritto una lettera per lui con la promessa che avrei creato un’associazione e che l’avrei chiamata Pesciolinorosso, per aiutare i giovani cercando l’amore dentro me stesso come balsamo per le ferite, l’unico modo per rialzarmi e liberarmi dal rancore e dall’odio.

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Scrive Federico Buelli

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L I B R I

La FibraUmana

il nuovo romanzo di Emanuela Serughetti

“L’incontro gentile all’orizzonte tra mare e cielo, tra acqua e aria, elementi così divisi ma in equili-brio tra loro, due tonalità fredde separate da una linea netta ma l’una il riflesso dell’altra, esprime-va una tale profusione di tranquil-lità e di primordiale armonia che servì a Renzo per trovare l’ispira-zione ad aprirsi a se stesso. Tutta la sua vita era stata una ricerca della combinazione ottimale, della giusta misura, della mescolanza chimica appropriata tra colorante e fibra tessile, del loro legame ideale, della stabilità perfetta e del risultato migliore, ma senza sapere che lo avrebbe portato ad ammettere, all’età di ottant’anni, di quanto inutile sia ogni tentati-vo di cancellare l’imperfezione.”Sono le prime righe del prologo de “La fibra umana”, romanzo di Ema-nuela Serughetti edito dall’editrice bresciana Temperino Rosso, nelle librerie in questi giorni. La scrittrice, giornalista, interpre-te e insegnante di lingua inglese, raccoglie nel suo ultimo romanzo di rara bellezza, le memorie della vita dell’imprenditore Renzo Colombo. Una sfida per la scrittrice che nella sua terza prova, questo è il suo terzo romanzo, sfodera le carte di una nar-razione avvincente, autentica, vera più del vero attraverso un linguaggio semplice, diretto e allo stesso tempo poetico, accompagnandoci dentro la vita di Renzo, indiscusso artefice della tintoria industriale italiana.

L’Italia del miracolo economico è il sottofondo delle vicende narra-te. Personaggi, luoghi -siamo nella provincia bergamasca- scenari e vicende sono autentici, li possiamo tracciare sulla mappa del tem-po come la cronologia di tutto il secondo Novecento: dai fatti storici durante e dopo la Seconda guerra mondiale, allo sviluppo dell’industria italiana. Ogni personaggio ha una sua verità, una sua storia che vive in simbiosi con il protagonista. Ridiamo delle follie giovanili e goliardiche, ci innamoriamo dell’ “amore che educa all’amore”, per citare uno dei capitoli del libro, e piangiamo alla morte che lascia tracce indelebili nel lettore. Perché questa storia si apre come un proscenio che svela e mette in scena la vita dell’imprenditore bergamasco, ma ad affascinare è anche la bravura dell’autrice che narra la vicenda con una scrittura sapiente: sa ascoltare e interpretare, rendere letteratura una vita nel suo divenire.Il prologo ci avvicina fin da subito al personaggio principale, uomo del Novecento, o meglio, uomo del secondo Novecento che, ormai ot-tantenne, cammina su una spiaggia e riflette sul suo percorso tra successi e fallimenti. Quando ormai tutto sembra rasserenarsi all’agiatezza del-la vecchiaia, nasce in lui la decisione di scrivere la propria biografia. Il romanzo, strutturato in due parti, inizia nel 1976 con un Renzo già maturo che si confronta con la famiglia e la vita di Fermo, padre

del protagonista, che apre e chiude il primo capitolo come una sorta di premessa iconica di tutto il romanzo. Il prosieguo si affida alla cronologia della vita, con gli anni dell’infanzia di Renzo durante e dopo la Seconda guerra mondiale. Il futuro imprendi-tore, tenace e determinato, il protet-to dalla mamma Maria, si distingue fin da bambino per intraprendenza e onestà, così, nello sciogliersi dei capitoli dai titoli eloquenti, l’indi-scussa capacità professionale lo porta a raggiungere, grazie alla sua invenzione -brevetta una macchina per tingere il poliestere- un succes-so mondiale. Sulla metafora della fibra tessile e delle nuove tecniche chimiche e meccaniche, emerge il tratteggio psicologico del protagoni-sta, il lavoro e la sua vita s’intreccia-no come una cosa sola. Il crescere delle ambizioni lavorative in tutto il mondo, si accompagna però al gran-de fallimento della sua vita, che a volte non va come dovrebbe ma che si salda per il beneficio della ricchez-za economica compromettendo gli affetti suoi più cari, la famiglia, i figli, la nuova compagna americana. Le vicende si fanno cupe, le difficoltà dei sentimenti sembrano coincidere con le difficoltà lavorative, con sfide generazionali e capitalistiche di una vita scandita da felicità, nervosismo, gelosia, abbandono, e dal ticchettio delle lancette di un orologio dorato chiamato fabbrica.“Ma la vita, che tanto si diverte a scombussolare le carte in tavola, gli

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Quali sono il messaggio e le parole che secondo te fanno più presa sui giovani quando parli loro ai tuoi incontri?Quando li incito a cercare il loro so-gno, quando dico loro di uscire dalla caverna di Platone. Secondo il mito della caverna di Platone alcuni uomi-ni erano incatenati all’interno di una grotta costretti a guardare il muro davanti a loro e le loro ombre senza aver mai visto il mondo reale. Un giorno uno di loro riesce a liberarsi e a uscire dalla caverna. Quando torna cerca di convincere gli altri a seguir-lo per scoprire il mondo reale che lo descrive come meraviglioso. Questi, che senza le ombre si sentivano disorientati e perduti, lo scambiano per matto. Io dico sempre ai ragazzi che la maggior parte di noi adul-ti è incatenata in quella caverna. Cerco di far capir loro che abbiamo creato un mondo brutto, basato sulla competizione, sull’egoismo in cui si pensa solo al piacere individuale, fatto di frivolezze. Invece bisogne-rebbe cominciare a ringraziare per ciò che di più vero e autentico si ha ed essere più sensibili verso gli altri, un modo efficace per trovare e dare sollievo alla sofferenza. A volte basta un abbraccio per salvare la vita di un giovane che si sente perso e abban-donato a se stesso; dimostrare at-tenzione e premura è il primo passo importante per aiutare chi non ce la fa. Guardando al mondo che conse-gnamo ai ragazzi, possiamo capire la loro ribellione, la loro frustrazione, ma loro devono capire che cedere alla droga e all’alcol non è la soluzio-

ne perché sono forme di schiavitù e sottomissione rispetto a chi eserci-ta un potere avido e ingiusto. Io li esorto a riflettere sul piccolo mondo fatto solo di frustrazioni e di dolore a cui saranno destinati se spariscono nel tunnel della dipendenza. Tanti di loro mi incoraggiano a proseguire in questa mia missione semplicemente vedendoli rinascere, dare alla loro esistenza un valore e un significato, sentendomi dire che grazie al mio racconto hanno cambiato idea e direzione, hanno trovato il coraggio. Il mio intento non è quello di inse-gnare, ma di dire loro che ce la si può fare a superare il dolore anche nelle situazioni più difficili e in me possono trovare un esempio concre-to. La morte di mio figlio mi ha dato la forza per aiutare i ragazzi, così come i genitori che attraverso la mia storia ritrovano il dialogo con i figli e l’unione nell’amore che fa superare tutto. Posso dire che mio figlio mi ha strappato fuori da quella caverna!

Cosa ti resta dopo aver parlato a uno dei tuoi incontri?Il mio cuore è spremuto come un li-mone, ho un calo adrenalinico, però quando un ragazzo mi abbraccia e mi dice “mi hai salvato la vita” mi ripaga. Prima che morisse Emanuele io avevo l’extrasistole, che si mani-festa con una sensazione di “vuoto” al cuore e battiti irregolari, da allora, da quando ho cominciato a cammi-nare su questa strada, si è risolta.Mi sento vicino alla storia di Giobbe che in seguito alla perdita dei figli e di tutto ciò che possedeva, ritrovò

tutto di nuovo: io ho perso un figlio ma ne ho trovati tanti altri. Noi pos-siamo vincere la morte se salviamo altre vite ed è quello il mio più gran-de sollievo. Ma il primo passo verso la salvezza è quello di abbandonare le cose futili e imparare a sorridere davvero per le cose più vere e più profonde ricercando forza nella spiritualità.

Come vivi questo dolore con la tua famiglia, come affrontate i vostri fantasmi?Ci siamo uniti più che mai, ho altre due figlie, Alessandra di 27 anni e Giulia di 18, Emanuele era il secon-dogenito nato nel 1997 il 25 gennaio nel segno dell’acquario, e oggi pro-prio in quell’acquario di Emanuele nuotano migliaia di pesciolini rossi.

L’associazione Pesciolinorosso, oltre che divulgare il messaggio della peri-colosità di assumere certe sostanze, ha come obiettivo anche la realizza-zione di molte iniziative e progetti tra cui quelli che creano impiego per i giovani in cerca di un’occupa-zione. A sostegno di tutto questo per avvicinare più ragazzi e famiglie possibili, è stato pubblicato il libro -vendutissimo- “Lasciami volare” il cui ricavato è destinato alla realizza-zione dei progetti della Fondazione e da cui è stata tratta anche un’o-pera teatrale volta a sensibilizzare il pubblico riguardo tematiche delicate di grande attualità.

Per info e donazioni www.pesciolinorosso.org

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Scrive Laura Sorlini

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G R A N D I B R E S C I A N I

È bresciana la migliore professoressa d’Italia, insignita lo scorso

17 marzo dell’Italian Teacher Prize. Il suo nome – ormai noto a

molti – è Annamaria Berenzi, per tutti Anna, e presta servizio

agli Spedali Civili di Brescia, dove da 9 anni insegna matematica

e fisica ai ragazzi che frequentano la scuola superiore di secondo

grado di qualsiasi indirizzo. “È stato meraviglioso ricevere que-

sto premio – commenta visibilmente commossa Anna - poiché

è il simbolo non solo del grande lavoro che stiamo facendo, ma

soprattutto dei risultati che i nostri ragazzi ottengono ogni gior-

no. Il Ministero con questo gesto sicuramente ha voluto segna-

lare delle situazioni che ritiene essere il fiore all’occhiello della

scuola, come lo sono la scuola in ospedale e la scuola in carcere.

Non a caso, infatti, il secondo e il terzo posto se lo sono aggiudi-

cati due professoresse che lavorano in contesti particolarissimi,

una al carcere di Nisida e l’altra al carcere di Catania. Si è voluto

sottolineare, oltre alla competenza e alla professionalità, anche

l’impegno e il valore umano. Lavorare per me vuol dire fare

scuola, ma anche bere e respirare vita”.

AnnamariaBerenzi

è brescianala migliore professoressa d’Italia

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presenta un’ultima sfida: trovare la ricetta chimica migliore per la sua fibra d’uomo, per riuscire a compor-re un’immagine di sé lontana dalla perfezione ma vicina finalmente all’amore”. Questo romanzo di Emanuela Serughetti è una prova di coraggio per uno scrittore: confrontarsi con la vita vera di un uomo e farne una meravigliosa fiction. Un uomo che ha conosciuto, intervistato, con il quale ha condiviso giorni e anni di lavoro sul testo.

Come sei riuscita a calarti nei panni di un’altro uomo e a tra-durre la sua vita con incredibile verità e impeccabile tecnica narrativa?Quando nel 2014 incontrai Renzo la prima volta e ascoltai il suo raccon-to, bastarono alcuni colpi di scena da film ad accendere nella mia fantasia le luci di un palcoscenico e animarlo con personaggi curiosi. Per alcune ambientazioni cupe in concerie degli anni Cinquanta e per l’ambizione di voler raccontare il furore di una nazione nella sua rinascita post bel-lica, fatto di vite idilliache di padri di famiglia progressisti capaci di costruire la propria fortuna dal nulla e trasmetterla alle generazioni suc-cessive, mi sono ispirata inizialmente alla Pastorale americana di Philip Roth. Fortuna, paradiso da un lato e follia, caduta e resa dei conti dall’al-tro. Così per intuito, con coraggio e avvalendomi di quel sottile discer-nimento, ho voluto far passare la storia più o meno drammatica di una nazione, l’Italia, dal salotto di casa e dalle problematiche aziendali della famiglia Colombo, perché è proprio dal nucleo famigliare che nasce una società che ha poi riverbero a livello internazionale. Ho usato una lente per avvicinare e paragonare il micro-cosmo famigliare al macrocosmo di un Paese, denunciandone le enormi potenzialità e responsabilità.

Questo è un romanzo molto particolare, “La fibra umana” spinge il lettore a un voyeurismo sottile, visto attraverso le ante di una finestra. Si può parlare dunque di una fiction di rara bel-lezza che si avvicina a biografie di imprenditori e uomini audaci del Novecento, ti piacerebbe che questo racconto diventasse una serie televisiva?

Magari! Per ora mi auguro che appassioni i lettori come ha appas-sionato me, il paragone de “La fibra umana” alle fiction riuscitissime del-la vita di grandi uomini del Novecen-to è già di per sé un bel risultato.

Come è successo a me, chi legge il romanzo e conosce i luoghi descritti o solo li scopre per la prima volta, gli prende la voglia di mettersi in strada per anda-re a vederli, cercarli, perché questi luoghi, le fabbriche, le case, sono tutt’ora presenti. I vari personaggi, e ce ne sono di molto noti, sei riuscita a inserir-li nella narrazione con maestria, come se la loro notorietà passas-se in secondo piano, schiacciata dalla travolgente personalità del protagonista. Quanto è stato importante per te avere tra le mani non una storia come tante, ma una bella storia vera da raccontare? La biografia di Renzo Colombo è sicuramente ricca di vicende e di persone anche molto note a livello nazionale, parlo del campione di ciclismo Felice Gimondi, di Ivana Spagna, di Steno Marcegaglia, di Mike Bongiorno, del magnate Adnan Khashoggi e tanti altri, e tutto questo mi ha da subito ispirato per l’ingenuità con cui chi ha l’animo puro ed è privo di calcolo, affronta determinate cose nell’inconsapevo-lezza di quanto possano essere o di-ventare grandiose, e che guarda caso capitano proprio a lui. Renzo mi ha fatto pensare al memorabile perso-naggio di Forrest Gump, interpreta-to da Tom Hanks in una pellicola che si ricorda come una delle migliori di sempre nella filmografia statuniten-se, in quanto diretto testimone di importanti avvenimenti della storia, nel suo caso americana, e a tutte quelle coincidenze favorevoli di cui parla, seduto su una panchina, senza effettivamente rendersi conto di quanto tutto quello sia straordinario.

In considerazione di quanto mi dici, sono curioso di sapere quali sono gli scrittori che più influenzano il tuo lavoro e la tua ispirazione?Ho un debole per la letteratura americana in genere e postmoder-na, grandi autori del secolo scorso come John Steinbeck, Don DeLillo, Jonathan Franzen, ma anche Italo

Calvino o Elsa Morante. Ho già menzio-nato Philip Roth, ma di grande ispira-zione per me è stata l’ineguagliabile Flannery O’Connor, l’imprevedibilità dei suoi personaggi e la sua narrazione che segue il principio di un’educazione allo sguardo sul mondo. Apprezzo molto anche una grande scrittrice francese contemporanea Maylis de Kerangal e la sua capacità di guardare la poesia contenuta nel mon-do della tecnica e di contemplare le questioni linguistiche che essa implica. E poi sicuramente i grandi classici.

Ringraziandoti, concludo con le sugge-stive parole che inquadrano la quarta di copertina del tuo romanzo “La fibra umana”: “Il materiale tessile riesce ad assorbire il colore e a trattenerlo in base all’energia di legame che si crea tra le loro strutture molecolari. L’effetto è uguale a innamorarsi di una bella donna Renzo, capisci? Più riesci a entrare in sintonia con lei, più sarà difficile che lei si dimentichi di te e che trovi un altro che la faccia sentire come l’hai fatta sentire tu. È una questione di chimica.”

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to e due colleghe bravissime, con l’approvazione del preside di allora, il prof. Alioto, avevano messo in campo una sperimentazione con del-le ore in ospedale per seguirlo Poi da lì per un paio di anni hanno iniziato a tenere vivo questo servizio anche per gli altri ragazzi. Nel frattempo sono maturati i tempi anche a livello nazionale e le circolari ministeriali si sono orientate alla valorizzazio-ne di queste esperienze, perché la secondaria di secondo grado non era ancora così diffusa. Visti i risultati, però, anche questo grado di inse-gnamento è diventato un ordine di scuola da rendere presente.

Pensa che sia accaduto per caso?Penso di no. Ricordo che in quel periodo dovevo chiedere un tra-sferimento perché ero diventata sovra numeraria al Castelli; sempre il preside Alioto, dunque, mi aveva indicato questa opzione, poiché pro-prio quell’anno diventava di ruolo la

cattedra all’interno degli Spedali Ci-vili e iniziava il percorso istituzionale della scuola in ospedale. Diciamo che la combinazione di questi fattori ha fatto sì che io accettassi l’inca-rico, ma è evidente che non è stato solo quello, dentro di me c’è una inclinazione a prendersi cura delle persone che più hanno bisogno, non credo siano coincidenze…

Non ha avuto paura del compito che richiede ancora più respon-sabilità rispetto a una cattedra qualsiasi?Assolutamente sì e per diversi motivi: da un lato perché le cose prima di affrontarle fanno sempre più paura, dall’altro perché temevo di non avere la forza di vedere certe cose, inspiegabili, ma poi di fatto quella carica, quella motivazione che ti viene dall’incontro delle realtà dei ragazzi e dei vissuti non lo puoi imparare o raccontare, lo puoi solo vivere e nel momento in cui lo vivi

“Fare scuola significabere e respirare vita

Annamaria Berenzi durante la seconda premiazione in Loggia.

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Lo scorso 17 aprile è stata insignita del premio “Miglior insegnante dell’anno”. Com’è successo tutto questo?È il primo anno che il Ministero ha indetto l’Italian Teacher Prize, premio gemellato al Global Teacher Prize e, nonostante l’iniziativa esista da qualche anno, l’Italia è il primo part-ner che quest’anno ha indetto il suo evento nazionale. Inizialmente non sapevo nemmeno che esistesse, l’ho scoperto nel momento in cui Alessia Serventi, una delle ragazze cui inse-gno mi ha avvisato con un messaggi-no. Non sapevo cosa fosse, ma per me il premio era già quello, sapere che una delle mie allieve avesse visto in me tutto questo, ero onorata. Mi sono commossa, è stato bellissimo.

A questo punto ha deciso di accettare e di portare avanti la candidatura, giusto?Esatto. Mi sono informata sul premio, ho accettato la candidatura e portato avanti le pratiche, dichia-rando il mio curriculum e la profes-sionalità, evidenziando l’esperienza presso l’Ospedale, i progetti e le ini-ziative che periodicamente organiz-zo nonché il lavoro che svolgo ogni giorno ma che normalmente, a parte i ragazzi stessi e le loro famiglie, non vede nessuno. Pensa che ho persino rischiato di non inviare il materiale in tempo in quanto mi erano finite tutte le comunicazioni nella cartella spam senza che me ne accorgessi!

Dietro a questo premio, però c’è un lavoro quotidiano molto im-pegnativo. Lei di cosa si occupa esattamente e come lavora con questi ragazzi?Io insegno matematica e fisica ai ragazzi della scuola secondaria di secondo grado all’interno degli Spe-dali Civili di Brescia, quindi andando a ricoprire quella fascia d’età che va dai 14 ai 19 anni. Sono ragazzi iscritti in qualsiasi istituto, italiani o stranieri, i quali, nel momento in cui sono ricoverati, se naturalmen-te c’è il consenso della famiglia ad accettare il patto formativo, possono usufruire della “scuola in ospeda-le”. Non è un servizio che richiede avvii particolari, ma nel momento in cui un ragazzo in età scolare viene ricoverato, questo ha la possibilità

di usufruire delle nostre lezioni e viene iscritto automaticamente nel registro di studenti. È una cattedra vera e propria e abbiamo ragazzi di qualsiasi indirizzo di studi, dal liceo classico al CFP, dallo scientifico alla ragioneria, insomma qualsiasi classe.

Parliamo dunque di ragazzi che sono ricoverati per qualsiasi problematica che porta all’o-spedalizzazione temporanea e prolungata?In teoria sì, di fatto però c’è un problema ovviamente oggettivo in termini di organico: attualmente siamo soltanto 4 docenti di abilitati per l’insegnamento alla secondaria di secondo grado, per cui è normale che dobbiamo seguire delle priorità, pur volendo fare il più possibile per ogni ragazzo, incastrando tutte le lezioni, per cui è ovvio che il ragazzo che sta una settimana in ospedale avrà meno necessità di recuperare ore perse rispetto a un altro che è ricoverato da 6 mesi e via dicendo. Con questo, però, ci tengo a dire che spesso anche una sola settimana, so-prattutto se viene dopo un periodo di assenza a casa, è fondamentale. Poi ci sono le medio degenze e riguardano soprattutto le malattie croniche, che richiedono ospedaliz-zazioni frequenti con la durata di un paio di settimane, anche queste in grado di compromettere la serenità scolastica, perché ovviamente c’è tutto il discorso di una malattia da gestire anche a casa e quindi quelle

2 settimane diventano un problema.Poi ci sono le lungo degenze, prin-cipalmente nei reparti di neuropsi-chiatria (parliamo quindi di distur-bi alimentari, fobie scolastiche, depressioni) e di oncoematologia, che ovviamente richiedono assenze a scuola di mesi o più (una leucemia ad esempio comporta un’assenza di circa 1 anno e mezzo).

Da quanto è presente questo servizio all’interno dell’Ospe-dale?Nonostante sia poco conosciuto persino nei reparti, questo servizio è presente da una decina di anni per quanto riguarda le secondarie di secondo grado, mentre esiste da molto più tempo per le scuole medie e le elementari. Esiste, infatti, una convenzione triennale che viene stipulata tra la direzione dell’Ospe-dale Civile, l’Ufficio Scolastico della Regione e l’Istituto Castelli, da cui noi dipendiamo. L’obiettivo non è soltanto che i ragazzi con queste problematiche vengano promossi, quanto più la serenità quotidiana e la prospettiva futura. Dobbiamo ga-rantire ai nostri ragazzi di affrontare tranquillamente la malattia, nella maniera meno traumatica possibile.

Quando invece lei ha deciso di entrare in ospedale?Nove anni fa. Questo servizio prima è nato come sperimentale e da un’e-sigenza specifica dell’Itis Castelli, perché un ragazzo si era ammala-

INTERVISTA A

Annamaria Berenzi

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2017SPRINGSUMMER

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secondo me senti proprio il bisogno di continuare su questa strada. Non è questione di essere forte, perché quando sei in gioco ricevi davvero talmente tanto che poi la forza viene da loro. Consideri che la mattina faccio una gran fatica a svegliarmi perché sono una dormigliona, ma se penso che ad aspettarmi ci sono quei ragazzi balzo fuori dal letto in un secondo, perché lavorare per me, oltre che fare scuola, significa bere e respirare vita.

Capita a tutti di vedere ragazzi svogliati e che percepiscono la scuola come un peso, ma all’in-terno dell’ospedale questo non capita, poiché, purtroppo, spes-so, sono proprio queste dramma-tiche situazioni che fanno rivalu-tare i valori e l’importanza delle singole azioni quotidiane, tra cui anche la possibilità e l’importan-za di apprendere…Esatto. La lezione, tra l’altro, è sin-gola per cui la scuola in ospedale è un’interazione continua, per solle-citare il ragazzo. E i ragazzi che si trovano a fronteggiare certe proble-matiche acquisiscono una sensibilità in più, arrivando a capire l’importan-za delle piccole cose. La differenza è questa, la dimensione individuale, il tuo metterti in gioco per forza in modo personale per coinvolgere il ra-gazzo, devi esserci con la tua umani-tà, altrimenti non fa presa. Io la vedo così la scuola in ospedale.

È anche un modo, dunque, per alleviare il peso della malattia… quanti ragazzi sta seguendo in questo momento?Partendo dalla neuropsichiatria, dove i percorsi sono lunghi o medio lunghi e quindi c’è una rotazione, attual-mente ne abbiamo 4, ma è anche vero che ogni due mesi cambiano, mentre sull’oncologia, tra quelli nel pieno della cura, quelli che sono nella fase di mantenimento e che vediamo in day ospital una volta alla settima-na, sono una decina, ai quali se ne aggiungono un paio sui reparti adulti in ematologia, poiché dopo i 15/16 anni possono essere ricoverati in quei reparti.

Prima mi parlava di organico ridotto all’osso… Cambierà mai la situazione, vista la necessità sempre maggiore?Le ripeto, siamo solo 4 docenti e ogni ragazzo è una classe e un program-ma da portare avanti, soprattutto

poichè in neuropsichiatria è molto importante che ci sia continuità e presenza quotidiana. È un discorso di organici ministeriali, e nonostante noi continuiamo a segnalare la cosa alla dirigenza del Castelli – che l’an-no prossimo dovrebbe darci qualche persona in più per qualche ora - bi-sognerebbe avere più cattedre pro-prio all’interno dell’Ospedale, non in prestito, ma nella quotidianità.

Tornando al premio, oltre al primo posto si è aggiudicata un premio in denaro di 50 mila euro che destinerà alla realizzazione del progetto con il quale si è candidata e che prenderà il via con il prossimo anno scolastico. Di cosa si tratta?Il progetto che avevo delineato in fase di candidatura si chiama “In viaggio per guarire” e consiste nel proseguo di iniziative che già da anni porto avanti con i miei ragazzi. Da tempo, infatti, organizziamo incon-tri tra ragazzi che vivono o hanno vissuto in passato problematiche analoghe, in modo che possano confrontarsi, si sentono capiti e si forniscono reciproco aiuto. La mission, infatti, è quella di andare a far capire ai loro coetanei fuori come loro vedono ora la vita, cioè cosa è cambiato dopo la malattia. Le assicuro che ti fanno venire la pelle d’oca, hanno imparato più di quanto un ottantenne possa aver fatto nel corso della sua vita. Le cose banali, che prima faceva-no magari malvolentieri, hanno un sapore e una ricchezza incredibile, riescono a dare maggiore valore ai rapporti e ora capiscono ad esempio cosa vuol dire avere a fianco un ge-nitore che prima magari bistrattava-

no in quanto adolescenti o piuttosto cosa vuol dire avere un amico vero, che ha avuto il coraggio di non abbandonarli, perché purtroppo a questa età i ragazzi non malati vanno aiutati per poter stare vicino a ragazzi ammalati. È ovvio che la malattia di un giovane è qualcosa che mette in crisi, ma non possiamo lasciarli soli.

Perché funzionano questi incon-tri?Perchè loro vanno dritti al cuore e i ragazzi che ascoltano rimangono sempre molto colpiti. Sono messaggi che arrivano potenti.

Torniamo al progetto, quando partirà e dove andrete?Porteremo i ragazzi “in viaggio” nelle principali città d’Italia per porta-re nelle scuole questa loro nuova visione di vita e al contempo per far capire ai giovani d’oggi, spesso demotivati, tante cose importanti. Quindi c’è in gioco il guarire dei no-stri ragazzi dai traumi che hanno an-nidati dentro di sé, perché possono esternare e confrontarsi, e dall’altro possono a loro volta guarire dall’in-differenza dei giovani d’oggi. Un dare e un ricevere. Attualmen-te stiamo già lavorando sulla fase preparatoria, a breve partiranno incontri di formazione con i nostri ragazzi - collaboreranno con noi anche una psicologa dell’Ail e una neuropsichiatra per gestione delle problematiche nel mettere insieme vissuti diversi – e a settembre par-tiremo nel vero senso della parola. Vogliamo sensibilizzare, far diven-tare viva questa nostra scuola, che ha delle eccellenze meravigliose, ma spesso è senza anima.

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