bollettino settimanale domenica 4 marzo...
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*** BOLLETTINO SETTIMANALE
DOMENICA 4 MARZO 2018
LA GRANDE QUARESIMA
DOMENICA DEL FIGLIOL PRODIGO
***
ORARIO SANTE MESSE IN PARROCCHIA
Feriali: Ore 13.30
Festivi: Ore 11.00
***
LETTURE DELLA DOMENICA
LA GRANDE QUARESIMA
DOMENICA DEL FIGLIOL PRODIGO
* 2° Lettera ai Corinzi 13:5-13
* Santo Vangelo di Luca 15:11-32
"Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò."
***
FESTA DI SAN GIOVANNI MARUN
CARISSIMI,
DOMENICA 4 MARZO PROSSIMO
DURANTE LA SANTA MESSA DOMENICALE
DELLE ORE 11,00
CELEBREREMO LA FESTA DI
SAN GIOVANNI MARUN PRIMO PATRIARCA DELLA CHIESA MARONITA
PARTECIPIAMO NUMEROSI
***
ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE
Carissimi,
col l'inizio della Grande Quaresima
riprende il pio esercizio della
ADORAZIONE DELLA SANTA CROCE
che si terrà ogni Venerdì di Quaresima alle ore 18.45
presso la nostra Chiesa Parrocchiale di San Marun
in via Aurora 6
***
LA NOSTRA PARROCCHIA E' STATA IN PELLEGRINAGGIO A
FOLIGNO DOMENICA 25 FEBBRAIO SCORSO
Domenica 25 febbraio scorso, la nostra Comunità Parrocchiale, guidata dal Cappellano Mons.
Tony Gebran, si è recata in Pellegrinaggio a Foligno, dove è custodito il cranio osseo di San
Marun. Al Pellegrinaggio hanno partecipato numerosi parrocchiani, tra cui S. E. il Signor
Antonio Andary, Ambasciatore del Libano presso la Santa Sede e sua figlia, il Rev.mo Padre
Maged Maroun, Procuratore Generale dell'Ordine Antoniano Maronita a Roma con i suoi
confratelli del Convento Antoniano di Sant'Isaia. Alle 12.00 Mons. Tony Gebran ha presieduto
la Solenne Celebrazione Eucaristica presso la Chiesa della Madonna del Pianto in Foligno,
concelebranti Mons. Giuseppe Bertini, Parroco della Cattedrale di San Feliciano di Foligno e
grande amico della nostra Comunità, Padre Maged Maroun O.A.M., alcuni sacerdoti del
Pontificio Collegio Maronita e del Convento Antoniano di Santi'Isaia di Roma. Hanno svolto il
servizio liturgico i monaci del Convento Antoniano di Sant'Isaia in Roma, e anno animato la
Celebrazione Eucaristica alcuni membri del Coro Parrocchiale. Durante la sua omelia Mons.
Gebran ha esposto le vicende storiche che hanno portato il Cranio dal Libano a Foligno e ha
spiegato il Vangelo della festa di San Marun che riguardava il chicco di grano, il
quale morendo da molto frutto. Così pure ha paragonato l'esistenza di San Marun al chicco di
grano; il santo eremita spendendo la sua vita a servizio di tutti ha fruttificato, dando così
origine ad una spiritualità che poi sarebbe diventata la Chiesa Patriarcale Maronita. Prima
della Benedizione Finale, mons. Bertini ha ringraziato Mons. Gebran, la Nostra Parrocchia e
tutti gli intervenuti per la loro presenza, esprimendo la viva speranza che questo evento possa
diventare una tradizione da compiersi ogni anno. Al termine del Sacro Rito Mons. GEbran si è
recato con i concelebranti e i fedeli presso un altare laterale della Chiesa dove è stata
posizionata la Statua di San Marun contenente il Suo Cranio, e durante un canto specifico per
il santo ha incensato e venerato la Reliquia del Primo Santo Maronita. La giornata si è
conclusa con un bellissimo momento conviviale presso l'Oasi San Francesco, dove la
Parrocchia di Foligno ha offerto il pranzo ai "pellegrini" maroniti. Un sentito grazie a Mons.
Bertini per l'accoglienza ed il pranzo, e specialmente per il prezioso dono della sua amicizia.
visualizza la galleria fotografica dell'evento su:
http://parrocchiamaronitaroma.com/galleria/nggallery/immagini/25.02.2018-
PELLEGRINAGGIO-PARROCCHIALE-A-FOLIGNO-
***
IL PATRIARCA RAI HA PARTECIPATO A VIENNA
AD UNA CONFERENZA SUL DIALOGO INTER RELIGIOSO
Due giorni di conferenze volute dal Centro Re Abdallah e con esso, l’Arabia Saudita. L’islam
in crisi spirituale e istituzionale. Austria “territorio neutro”, ma serve recuperare la
“trascendenza” espulsa dalla vita pubblica europea. Insegnare ai giovani il concetto di
cittadinanza e nazione. Superare la crisi religiosa in cui versa l’islam, frenando la deviazione
verso il fondamentalismo e facendolo nel XXI secolo. Tale argomento è stato al centro delle
discussioni di un congresso organizzato dal Centro Re Abdallah per il Dialogo interreligioso e
interculturale di Vienna, voluto dall’Arabia Saudita. L’iniziativa si è tenuta il 26-27 febbraio
scorso all’hotel Hilton di Vienna, con la partecipazione di numerose figure civili e religiose. Fra
di esse, anche Sua Beatitudine Em.ma il Card. Bechara Rai, Patriarca Maronita del Libano,
che ha definito “molto positivi” gli sforzi del centro e del regno saudita. Sua Eminenza, nel
Suo intervento durante la conferenza ha dichiarato che “Oggi, questa conferenza
internazionale, ci riunisce per lanciare la " Piattaforma regionale per il dialogo e la
cooperazione tra i leader e le istituzioni religiose nel mondo arabo", siamo di nuovo di
fronte alle " opportunità dell'anima ". "La consapevolezza che gli eventi dolorosi che il
mondo arabo sta attraversando da due decenni ha creato una vera minaccia alla
diversità del tessuto sociale, oltre che una reale minaccia alla coesistenza pacifica e
alla coesione tra le componenti religiose della regione. La regione della guerra,
l'estremismo e la violenza, soprattutto in nome della religione deve diventare la regione
che infonde valori del dialogo, della convivenza pacifica e della cittadinanza comune
". Dopo la conclusione della conferenza annuale, vi è stato un ricevimento presso
l’Ambasciata Libanese in Austria in onore del Patriarca Maronita. Nel suo discorso di
benvenuto l'Ambasciatore del Libano, Ibrahim Assaf, ha descritto la visita del Patriarca
Maronita come storica, quale primo del Patriarca Maronita in Austria. Durante la Sua
permanenza in Austria il Patriarca Rai ha incontrato il Presidente della Camera dei
Rappresentanti On. Wolfgang Sobotka, visita mirata a visualizzare la situazione nella regione
e il ruolo dell’ Austria nel contribuire alla pace in medio oriente e la cooperazione tra Libano e
Austria. Sua Beatitudine ha anche incontrato l'Arcivescovo di Vienna, il Cardinale Christoph
Schonborn, e ha presentato a lui le questioni ecclesiastiche e pastorali riguardanti i credenti
fedeli cattolici di Rito Orientale presenti in Austria, nonché la questione di aiutare i rifugiati del
medio oriente a Vienna. Da parte sua, il card. Schoenborn ha elogiato gli sforzi del Patriarca
Rai sul tema del dialogo e dell'apertura tra le religioni, descrivendo la sua visita in Arabia
come miliare e fondamentale, che ha scritto una nuova pagina nella storia del dialogo tra
religioni.
***
UDIENZA DEL MERCOLEDÌ. PAPA FRANCESCO: PREGHIAMO
PER I FRATELLI IN GUERRA IN SIRIA E MEDIO ORIENTE
Al centro della catechesi i segni della Liturgia eucaristica: "Nel pane e nel vino presentiamo a
Dio l’offerta della nostra vita, affinché sia trasformata dallo Spirito Santo nel sacrificio di
Cristo". Papa Francesco dopo aver donato sorrisi, benedizioni e gesti di incoraggiamento ha
iniziato la catechesi spiegando che "questa udienza si farà in due posti diversi: noi qui nella
nell'Aula Paolo VI, e un altro gruppo in basilica, perché eravate tanti e non si poteva fare in
piazza perché sembra faccia un po' di freddo - ha scherzato il Papa -. È meglio farlo qui
dentro e il gruppo che è in basilica segue dal maxischermo quello che noi facciamo qui.
Salutiamo il gruppo che è in basilica con un applauso". Prosegue il ciclo di catechesi sul
significato della Messa e nell'udienza odierna il Papa si è soffermato sulla Liturgia eucaristica
e la presentazione dei doni. "Alla Liturgia della Parola su cui mi sono soffermato nelle scorse
catechesi – segue l’altra parte costitutiva della Messa, che è la Liturgia eucaristica. In essa,
attraverso i santi segni, la Chiesa rende continuamente presente il Sacrificio della nuova
alleanza sigillata da Gesù sull’altare della Croce". "Il sacerdote, che nella Messa rappresenta
Cristo, compie ciò che il Signore stesso fece e affidò ai discepoli nell’Ultima Cena: prese il
pane e il calice, rese grazie, li diede ai discepoli, dicendo: 'Prendete, mangiate … bevete:
questo è il mio corpo … questo è il calice del mio sangue. Fate questo in memoria di me'" ha
spiegato il Papa soffermandosi sul fatto che "è bene che siano i fedeli a presentare al
sacerdote il pane e il vino, perché essi significano l’offerta spirituale della Chiesa, lì raccolta
per l’Eucaristia": "nei segni del pane e del vino il popolo fedele pone la propria offerta nelle
mani del sacerdote, il quale la depone sull’altare o mensa del Signore, che è il centro di tutta
la Liturgia eucaristica. Il centro della Messa è l'altare e l'altare è Cristo". Papa Francesco ha
sottolineato anche che "ci chiede poco il Signore, e ci dà tanto. Nella vita ordinaria ci chiede
buona volontà, cuore aperto, voglia di essere migliori, e per darsi se stesso a noi
nell'eucaristia ci chiede le offerte simboliche che poi diventeranno il corpo e il sangue". "Certo
- ha aggiunto soffermandosi sul momento liturgico dell'offertorio - è poca cosa la nostra
offerta, ma Cristo ha bisogno di questo poco, come avvenne nella moltiplicazione dei pani,
per trasformarlo nel Dono eucaristico che tutti alimenta e affratella nel suo Corpo che è la
Chiesa"."Nel pane e nel vino - ha spiegato il Papa - gli presentiamo l'offerta della nostra vita,
affinché sia trasformata dallo Spirito Santo nel sacrificio di Cristo e diventi con Lui una sola
offerta spirituale gradita al Padre. Mentre si conclude così la preparazione dei doni, ci si
dispone alla Preghiera eucaristica". "La spiritualità del dono di sé, che questo momento della
Messa ci insegna, possa illuminare - ha invocato infine Francesco - le nostre giornate, le
relazioni con gli altri, le cose che facciamo, le sofferenze che incontriamo, aiutandoci a
costruire la città terrena alla luce del Vangelo". La preghiera per i nostri fratelli in Medio
Oriente . Papa Francesco nel salutare i pellegrini di lingua araba ha esortato tutti a pregare
per il Medio Oriente. "Terra martoriata questa, dobbiamo pregare per questi fratelli che sono
in guerra e per i cristiani perseguitati che vogliono cacciare via da quelle terre, sono fratelli
nostri", ha detto all'udienza Generale
IL SALUTO DEL PAPA AI PELLEGRINI DI LINGUA ARABA
Mercoledì, dopo la catechesi dell’Udienza generale in Piazza San Pietro il 28 febbraio 2018 il
Santo Padre ha salutato i pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Papa Francesco ha
espresso, fra l’altro, un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli
provenienti dal Libano, dalla Siria e dal Medio Oriente:
Rivolgo un cordiale saluto alle persone di lingua araba, in particolare a quelle provenienti
dalla Siria, dalla Terra Santa e dal Medio Oriente. Preghiamo per questa terra martoriata ove i
cristiani sono perseguitati e costretti a lasciare la loro terra. Preghiamo per questi nostri fratelli
e sorelle. Nell’Eucaristia noi offriamo al Signore le cose che Egli stesso ci ha dato,
chiedendoGli di donarci in cambio se stesso. Noi impariamo da questo scambio tra la nostra
povertà e la Sua ricchezza che solo nel dare ci arricchiamo, solo nell’aprire i nostri cuori al
Signore e ai fratelli noi permettiamo a Dio di riempirci con l’abbondanza della Sua grazia. Il
Signore vi benedica tutti e vi protegga dal maligno!
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UN NUOVO VESCOVO E UNA NUOVA DIOCESI
PER LA CHIESA PATRIARCALE MARONITA
Il Santo Padre, visto il voto del Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale di Antiochia dei
Maroniti, ha elevato l’Esarcato Apostolico per i fedeli maroniti residenti in Africa Occidentale e
Centrale ad “Diocesi dell’Annunciazione”, con sede a Ibadan (Nigeria) e ha nominato il
REV.DO COREPISCOPO SIMON FADDOUL
finora Esarca Apostolico, Vescovo Diocesano della Medesima Diocesi.
A S. E. Mons. FADDOUL porgiamo i nostri più sentiti auguri, assicurandogli le nostre
preghiere affinché il Signore gli dia la forza e non gli faccia mancare il Suo sostegno durante il
suo Ministero Episcopale.
***
***
COLOSSEO ROSSO, COME IL SANGUE
DEI CRISTIANI PERSEGUITATI
La pioggia non ha reso meno intenso il colore rosso di cui è stato illuminato il Colosseo in
ricordo e memoria dei martiri cristiani. Sabato pomeriggio, 24 febbraio, con un evento
organizzato in largo Gaetana Agnesi, di fronte all’anfiteatro Flavio, la fondazione pontificia
Aiuto alla Chiesa che soffre ha tinto con fasci di luce il monumento simbolo del martirio
cristiano per ricordare il sacrificio di quanti, ancora oggi, donano la loro vita per la fede. «I
martiri sono le prime vittime di una mentalità che non riconosce la libertà né la dignità della
persona umana» ha evidenziato il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin
auspicando che «questo appuntamento scuota le coscienze e rinnovi il messaggio salvifico
del Signore, che tanti cristiani nel mondo continuano a testimoniare, pagando anche con la
vita». Dei martiri come «testimoni coerenti e credibili» ha parlato anche monsignor Nunzio
Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana: «In un mondo che vuole
arginare la portata rivoluzionaria del Vangelo – ha detto -, il dono della vita per la fede dei
nostri fratelli ci dice che ha senso restare fedeli alla Parola». Contemporaneamente al
monumento di Roma sono state illuminate la cattedrale maronita di Sant’Elia ad Aleppo e
la chiesa di San Paolo a Mosul: la città siriana e quella irachena sono luoghi simbolo della
persecuzione cristiana in Medio Oriente. «Sentiamo la vostra vicinanza perchè questa è la
Chiesa: un corpo solo – ha detto in collegamento Skype padre Jalal Yako, missionario della
congrezione dei Rogazionisti di Messina, che opera nel nord dell’Iraq -; ringrazio anche i
musulmani qui presenti per dare la loro solidarietà alla comunità cristiana che pur tra tante
difficoltà è tornata al 50 per cento». Padre Firas Lufti, francescano della Custodia di Terra
Santa e viceparroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo ha raccontato – collegato dalla
Siria – di una città «riunificata e che sta rinascendo dopo anni di martirio e sofferenza»:
nonostante la diaspora dei cristiani, crollati da 250mila a 30mila, «ora, assieme alla pietre,
stiamo rimettendo in piedi i profughi e gli orfani». Centrale il momento delle testimonianze di
Rebecca Bitrus, nigeriana rapita da Boko Haram, e di Masiq e Eisham Ashiq, marito e figlia di
Asia Bibi, pachistana condannata a morte per blasfemia: ricevuti da Papa Francesco nella
mattina di sabato, dal palco, nel silenzio attento e commosso dei presenti, hanno raccontato
delle persecuzioni vissute a motivo della loro fede.«Mi hanno chiesto di abbandonare la mia
religione – ha ricordato tra le lacrime Rebecca Bitrus che dalla violenza subita ha avuto un
figlio e per questo è ripudiata dal suo paese –, ma nemmeno la minaccia delle armi mi ha
convinta: mi hanno torturata e violata ma ho sempre risposto mostrando loro il mio rosario».
Mentre la foto della madre veniva proiettata sul maxischermo, la figlia diciottenne di Asia Bibi,
in prigione da più di 8 anni per presunta blasfemia, ha rievocato il giorno in cui la catturarono
davanti ai suoi occhi «legandole al collo un laccio e trascinandola come un cane al guinzaglio,
facendola sanguinare sulla strada». «Deve partire da qui, oggi, un messaggio a sostegno
della libertà religiosa – ha auspicato Antonio Tajani, presidente dell’europarlamento, con un
richiamo alle Nazioni Unite -: vorremmo che anche l’Onu avesse il coraggio che ha avuto il
Parlamento europeo di definire “un genocidio” le persecuzioni contro i cristiani». A
conclusione della manifestazione, sulle note de La Passione secondo Matteo di Bach, dieci
lanterne luminose sono state lanciate in aria a simboleggiare ciascuna una figura simbolo
della persecuzione contemporanea contro i cristiani, i cui volti sono stati poi proiettati sulla
facciata del Colosseo fino alle 2 di notte. Tra loro anche don Andrea Santoro, sacerdote
romano fidei donum ucciso a Trabzon, in Turchia, nel 2006. Prima della preghiera finale con
la recita dell’orazione di Pio XII per la Chiesa perseguitata, il monito del cardinale Mauro
Piacenza, presidente internazionale di Acs: «La libertà viene meno – ha detto – quando
dominano le teorie individualistiche e l’uomo, nella difesa del proprio interesse, perde di vista
il fine ultimo». Le mura dell’indifferenza, «vero male del secolo – ha concluso il porporato -, si
abbattono quando ci si pongono le domande fondamentali della vita».
***
ARCIVESCOVO DI KIRKUK: IL ‘MARTIRIO’ DI MONS. RAHHO,
ESEMPIO DI FEDE PER I CRISTIANI IRAKENI
La Chiesa caldea ricorda i 10 anni dal sequestro dell’arcivescovo di Mosul, morto qualche
giorno più tardi nelle mani dei rapitori. L’impegno perché venga “riconosciuto” il sacrificio del
prelato “a testimonianza del radicamento dei cristiani” in Iraq. Ma la striscia di sangue
continua: nei giorni scorsi ucciso un giovane padre di famiglia a Baghdad. Kirkuk (AsiaNews)
- La Chiesa irakena è impegnata perché sia “riconosciuto il martirio” dell’arcivescovo di Mosul
mons. Paul Faraj Rahho e, assieme a lui, le “molte vittime cristiane” che “hanno sacrificato la
loro vita per difendere la loro fede”. È quanto racconta ad AsiaNews l’arcivescovo di Kirkuk
mons. Yousif Thoma Mirkis, a 10 anni esatti dal sequestro - era il 29 febbraio 2008 - del
prelato, concluso qualche giorno più tardi, il 13 marzo, con la morte. “Dobbiamo impegnarci -
ha aggiunto - perché questo e altri sacrifici di vite umane siano riconosciuti dalla Chiesa”.
“Stiamo lavorando - prosegue l’arcivescovo di Kirkuk - per preparare un dossier da presentare
alla Congregazione per le cause dei santi. Per noi cristiani irakeni è importante che la sua
morte venga ricordata, perché è testimonianza del radicamento dei cristiani a questa terra.
Nonostante Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI, ex Isis], nonostante le minacce
di conversione o morte, noi vogliamo essere un esempio di fede e appartenenza” all’Iraq . In
questi giorni la comunità caldea ricorda la scomparsa di mons. Rahho, morto durante il
sequestro. Egli era stato rapito da una banda armata mentre usciva dalla sua chiesa: il
commando ha sparato alle gomme dell’auto, uccidendo l’autista e due suoi compagni. Il
cadavere è stato ritrovato a distanza di due settimane, nei pressi di un cimitero abbandonato
nel distretto di Karama, a Mosul. Il prelato è ricordato come “uomo modesto e semplice”, che
amava l’ironia e la sua città. Un legame che lo ha spinto a restare nonostante le minacce e il
bombardamento, nel 2004, del distretto caldeo di Shifa. Nel 2007, un anno prima della morte,
la comunità caldea aveva pianto il martirio di p. Ragheed Ganni, ucciso insieme ad altri tre
fedeli. Il papa emerito Benedetto XVI, politici irakeni fra i quali l’allora premier Nouri al-Maliki,
leader religiosi cristiani e musulmani (sunniti e sciiti), il Consiglio delle Chiese del Medio
oriente sono solo alcune delle personalità che hanno espresso profondo cordoglio al
momento della scomparsa. Durante i giorni del sequestro l’allora pontefice aveva lanciato per
tre volte appelli ai rapitori, perché liberassero il prelato con problemi di cuore e bisognoso di
cure costanti. Il sacrificio dei cristiani d’Iraq, morti per la loro fede, è un dramma che continua
anche oggi. Nei giorni scorsi la comunità caldea di Baghdad ha pianto per la morte di un
giovane padre di famiglia cristiano, di soli 27 anni. Samer Jajjo è stato ucciso a sangue freddo
da un gruppo di uomini armati la mattina del 25 febbraio davanti alla propria casa, nel distretto
di Naeeriya. Sposato e padre di due figli, era da poco uscito dalla sua abitazione per recarsi
al lavoro in un negozio di vernici, nei pressi del mercato di Shorja. A dispetto dei timori e
delle violenze, l’arcivescovo di Kirkuk esorta la comunità cristiana irakena a “mantenere vivo il
coraggio e la speranza”, resistendo alle violenze “in nome del Vangelo”. Nei giorni scorsi
mons. Mirkis ha visitato Mosul, dove ha incontrato un gruppo di studenti universitari cristiani e
musulmani che ha ospitato nella sua diocesi durante l’occupazione di Daesh. La città reca “i
segni della guerra”, racconta il prelato, ed è “pesante il bilancio delle devastazioni”. Tuttavia,
egli conclude, l’amministrazione locale e i suoi abitanti “stanno facendo grandi sforzi in
un’ottica di ricostruzione” e anche fra i musulmani vi è voglia di ripartire “rilanciando progetti di
convivenza con i cristiani”.
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COMMENTO AL VANGELO DELLA DOMENICA:
LA MISERICORDIA INFINITA DI DIO
La parabola ci presenta tre protagonisti che potrebbero dare un titolo al brano: il padre
misericordioso, il figlio prodigo, il figlio maggiore. Tutti la conosciamo come "parabola
del figlio prodigo"; in realtà l'accento è posto sul padre, talmente "misericordioso" da
scandalizzare il figlio maggiore. Proprio per i farisei e gli scribi che "mormoravano"
contro la sua accoglienza e tolleranza (impersonati dal figlio primogenito), Gesù
presenta un Dio sconvolgente. Un Dio la cui paternità valica i limiti del "buon senso" e
le ragioni dei "benpensanti" al punto da suscitare irritazione e da scoprirne
l'intolleranza. Al centro di questa storia c'è il racconto dei ritorni paralleli a casa, se
pure da luoghi molto diversi. Il figlio minore è tornato dalla miseria e dalla
disperazione dopo aver toccato il fondo della dignità umana, il maggiore dalla
assiduità dell'impegno, dalla continuità nella responsabilità della conduzione
dell'azienda familiare. Questi due ritorni sono "paralleli" proprio perché sembra non
volersi incontrare. Gli atteggiamenti, infatti sono diametralmente opposti. Il figlio
minore decide di tornare dal "padre" e di mettersi nelle sue mani (anche come
garzone), l'altro torna a "casa" ma i suoni di festa lo insospettiscono e non entra, la
sua diffidenza nei confronti del padre è preconcetta perché non sa cosa sia successo
e cerca informazioni. Il figliol prodigo, che aveva perduto ogni dignità, aveva deciso di
ritornare dal padre: "Egli si rende conto che non ha più alcun diritto, se non quello di
essere mercenario nella casa del padre. La sua decisione è presa in piena coscienza
di ciò che ha meritato e di ciò a cui può ancora aver diritto secondo le norme della
giustizia" (Dives in Misericordia - 5 - Giovanni Paolo II) . Il padre va oltre il bisogno
dichiarato del figlio - il pane per vivere -, sa bene che il bisogno primario è la dignità di
figlio e la sua paternità (è chiamato padre 6 volte dal narratore e 5 volte dal figlio
minore): il vestito, i calzari, l'anello, il vitello ingrassato, la festa sono i segni che
raccontano l'abbondanza della misericordia del padre che supera di gran lunga il
bisogno del figlio, le sue aspettative e quelle degli ascoltatori della parabola.
Sentendosi non apprezzato e forse autocommiserandosi, il figlio ligio al dovere,
meravigliosamente obbediente, si dimentica per un momento che egli non ha mai
conosciuto la disperazione, la paura, la perdita di autostima. Egli si dimentica per un
momento che tutte le mucche della tenuta sono già sue, come pure tutti i vestiti i
sandali e quant'altro. La reazione del padre al ritorno del figlio minore gli appare
inaudita. Il criterio della giustizia distributiva è saltato. Dove sono i diritti acquisiti da
chi da sempre si è comportato secondo giustizia? Ma l'atteggiamento del padre
mostra che "un figlio, anche prodigo non cessa di essere figlio" e che questo rapporto
di amore "non poteva essere né alienato, né distrutto da nessun comportamento"
(Dives in Misericordia - 5 - Giovanni Paolo II). Il primogenito non chiama mai il
secondo fratello, ma figlio del padre, è il padre sottolineare che è suo fratello. Per
riconoscere l'amore del padre occorre riconoscersi figli, cioè riconoscere gli altri come
propri fratelli. Lasciarsi iconciliare è lasciarsi amare, togliendo gli ostacoli della
diffidenza e della sfiducia. I due "ritorni paralleli" sembrano portare da una parte i
bisogni dell'uomo, non solo quelli materiali della sopravvivenza, ma anche quelli
propri della dignità personale e sociale, dall'altra i diritti derivati da una storia lunga,
un lavoro intenso, una costanza nell'impegno. Se un incontro è possibile tra i due
"ritorni" lo si deve alla misericordia del padre che nella sua grandezza supera le
previsioni, i preconcetti ed i limiti dei due "ritornanti". Li ricostruisce entrambi
ridonando al primo la dignità di figlio ed al secondo la dignità di fratello. Nella
misericordia del padre il bisogno dell'uno incontra il diritto dell'altro e questo incontro
diventa motivo di festa. Cosa ostacola a noi uomini, e a noi popoli, oggi, partecipare a
questa festa?
***
CALENDARIO LITURGICO
E
RICORRENZE SETTIMANALI
8 MARZO
SAN GIOVANNI DI DIO
Nato a Montemoro-Novo, poco lontano da Lisbona, nel 1495, Giovanni di Dio - allora
Giovanni Ciudad - trasferitosi in Spagna, vive una vita di avventure, passando dalla
pericolosa carriera militare alla vendita di libri. Ricoverato nell'ospedale di Granada per
presunti disturbi mentali legati alle manifestazioni "eccessive" di fede, incontra la drammatica
realtà dei malati, abbandonati a se stessi ed emarginati e decide così di consacrare la sua
vita al servizio degli infermi. Fonda il suo primo ospedale a Granada nel 1539. Muore l'8
marzo del 1550. Nel 1630 viene dichiarato Beato da Papa Urbano VII, nel 1690 è canonizzato
da Papa Alessandro VIII. Tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 viene proclamato Patrono
degli ammalati, degli ospedali, degli infermieri e delle loro associazioni e, infine, patrono di
Granada. Patronato: Infermieri, Medici, Ospedali, Cardiopatici, Librai, Stampatori. Etimologia:
Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico. Martirologio Romano: San
Giovanni di Dio, religioso: di origine portoghese, desideroso di maggiori traguardi dopo una
vita da soldato trascorsa tra i pericoli, con carità instancabile si impegnò a servizio dei
bisognosi e degli infermi in un ospedale da lui stesso fatto costruire e unì a sé dei compagni,
che poi costituirono l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. In questo giorno a Granada
in Spagna passò al riposo eterno
9 MARZO
SANTA FRANCESCA ROMANA
Nacque a Roma nel 1384. Cresciuta negli agi di una nobile e ricca famiglia, coltivò nel suo
animo l'ideale della vita monastica, ma non poté sottrarsi alla scelta che per lei avevano fatto i
suoi genitori. La giovanissima sposa, appena tredicenne, prese dimora con lo sposo Lorenzo
de' Ponziani altrettanto ricco e nobile, nella sua casa nobiliare a Trastevere. Con semplicità
accettò i grandi doni della vita, l'amore dello sposo, i suoi titoli nobiliari, le sue ricchezze, i tre
figli nati dalla loro unione, due dei quali le morirono. Da sempre generosa con tutti, specie i
bisognosi, per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la
congregazione delle Oblate Olivetane di Santa Maria Nuova, dette anche Oblate di Tor de'
Specchi. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella congregazione da lei
fondata, assumendo il secondo nome di Romana. Morì il 9 marzo 1440. Patronato: Motoristi.
Etimologia: Francesca = libera, dall'antico tedesco. Martirologio Romano: Santa Francesca,
religiosa, che, sposata in giovane età e vissuta per quarant’anni nel matrimonio, fu moglie e
madre di specchiata virtù, ammirevole per pietà, umiltà e pazienza. In tempi di difficoltà,
distribuì i suoi beni ai poveri, servì i malati e, alla morte del marito, si ritirò tra le oblate che
ella stessa aveva riunito a Roma sotto la regola di san Benedetto.
***
SACRAMENTI
BATTESIMO
I modi e tempi sono da concordare con la Segreteria Parrocchiale, per la preparazione
dei genitori, per la scelta adeguata dei padrini e delle madrine, per la presentazione dei
documenti richiesti; per il battesimo degli adulti sarà richiesto un percorso
individualizzato
CONFESSIONI
Le confessioni sono disponibili in Parrocchia DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ prima e dopo
la Santa Messa delle 13.30 e OGNI DOMENICA dalle ore 10.00 alle ore 13.00.
CRESIMA
Al termine del cammino di preparazione (iniziazione cristiana), si potrà accedere al
sacramento della Confermazione in data e modalità da concordare col Parroco.
COMUNIONE AI MALATI
Per le persone trattenute in casa da una lunga o invalidante malattia si prega
di contattare la Segreteria Parrocchiale per la visita del sacerdote a portare
l’Eucaristia nelle case.
UNZIONE DEGLI INFERMI
l’Unzione è chiesta in caso di malattia di lunga durata o in pericolo di vita, in questi
casi si prega di contattare il Parroco h24 .
CELEBRAZIONE DELLE ESEQUIE (FUNERALI)
La data e l'ora della celebrazione delle esequie sono fissate d'intesa coi familiari,
previo contatto con la Segreteria .
MATRIMONIO
per ricevere informazioni circa le pratiche civili e Parrocchiali, richieste dalla disciplina
del sacramento è necessario rivolgersi alla Segreteria Parrocchiale, almeno 6 MESI
prima della data prevista per la celebrazione del matrimonio. La Parrocchia ogni
anno predispone dei corsi per fidanzati.
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