bn8 demon's love

17

Upload: harlequin-mondadori

Post on 23-Mar-2016

224 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X Periodico bimestrale n. 008 del 19/11/2009 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171 1 5 6 7 8 9 10 11 12

TRANSCRIPT

Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: The Darkest Whisper

HQN Books © 2009 Gena Showalter Traduzione di Anna Polo

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Bluenocturne

novembre 2009

Questo volume è stato impresso nell'ottobre 2009 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico bimestrale n. 008 del 19/11/2009 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

5

1

Sabin, custode del demone del Dubbio, era in piedi nelle camere sotterranee di un'antica piramide, ansante, sudato, con le mani coperte dal sangue del nemico e il corpo pie-no di lividi e tagli e osservava la carneficina che aveva contribuito a creare. Le torce producevano caldi riflessi dorati sulle pareti da cui colavano rivoli di sangue e il pavimento era bagnato e scuro; mezz'ora prima aveva il colore del miele, ma ora cumuli di cadaveri ingombravano lo stretto corridoio. Nove nemici erano sopravvissuti all'attacco; privati del-le loro armi, legati con robuste corde, erano rannicchiati in un angolo e tremavano quasi tutti di paura. Solo pochi mantenevano le spalle dritte, la testa alta e lo sguardo colmo di odio; anche se sconfitti, rifiutavano di arrendersi. Un coraggio ammirevole, che però andava annientato: gli uomini coraggiosi non parlano e Sabin voleva conoscere i loro segreti. Era un guerriero che faceva quanto era necessario, sen-za curarsi se ciò significava uccidere, torturare o sedurre, e non esitava a chiedere lo stesso ai suoi uomini. Con i Cacciatori – mortali convinti che lui e gli altri Signori degli Inferi fossero responsabili di tutti i mali del mondo – la vittoria era l'unica cosa importante. Solo vincendo la guer-ra i suoi amici avrebbero finalmente conosciuto quella pa-

6

ce che meritavano e che Sabin desiderava per loro. Respiri ansanti gli colmarono le orecchie. Avevano combattuto tutti fino allo stremo delle forze: era stata una battaglia del bene contro il male e il male aveva vinto, o meglio, ciò che i Cacciatori consideravano male. Lui e gli altri guerrieri la pensavano in tutt'altro modo. Certo, molto tempo prima avevano aperto il vaso di Pandora e liberato i demoni imprigionati al suo interno, ma erano stati puniti per l'eternità: a causa della maledi-zione degli dei, ogni guerriero ospitava dentro di sé uno di quei demoni. In origine furono schiavi di quella metà mal-vagia, distruttiva e violenta, degli assassini privi di co-scienza, ma ora avevano acquisito il controllo ed erano umani a tutti gli effetti. O almeno, lo erano quasi sempre. A volte i demoni lottavano, vincevano e distruggevano. Eppure meritavano di vivere: come tutti gli altri, soffri-vano se i loro amici venivano feriti, leggevano libri, guar-davano film, facevano donazioni a enti di beneficienza e si innamoravano, ma i Cacciatori non la vedevano così. Era-no convinti che il mondo sarebbe stato un posto migliore senza i Signori degli Inferi, un'utopia serena e perfetta. At-tribuivano ai demoni ogni peccato commesso, forse per-ché erano stupidi, o forse perché odiavano la loro vita e cercavano qualcuno con cui prendersela. In ogni caso uc-ciderli era diventata la missione principale della vita di Sa-bin: la sua utopia era un mondo senza Cacciatori. Per questo lui e gli altri avevano rinunciato alle comodi-tà della loro dimora a Budapest e passato le ultime tre set-timane a esplorare ogni sperduta piramide d'Egitto, in cer-ca degli antichi manufatti che li avrebbero condotti al vaso di Pandora – quello che i Cacciatori intendevano usare per distruggerli. E finalmente lui e i suoi amici avevano fatto centro. Distinse un guerriero in un angolo buio e lontano: co-

7

me al solito, preferiva confondersi con le ombre. «Amun» lo chiamò. Indicò i prigionieri con un brusco cenno del capo. «Sai cosa fare.» Amun, custode dei Segreti, annuì e si fece avanti. Era sempre silenzioso, come se temesse che i terribili segreti appresi nel corso dei secoli gli scaturissero dalle labbra se solo avesse aperto bocca. Alla vista dell'imponente guerriero che aveva decimato i loro ranghi, i Cacciatori sopravvissuti fecero tutti un passo indietro. Anche quelli coraggiosi. Mossa saggia. Amun era alto e muscoloso, con un'andatura decisa e allo stesso tempo aggraziata; quella combinazione gli con-feriva il tipo di selvaggia tranquillità dei predatori abituati a portare a casa il bottino di caccia tra le fauci. Amun raggiunse i Cacciatori e li scrutò, poi si fece a-vanti e prese per la gola quello al centro, sollevandolo fino a quando i loro occhi furono allo stesso livello. Le gambe dell'umano si agitarono e le mani strinsero i polsi di A-mun, mentre la pelle diventava pallidissima. «Lascialo andare, lurido demone» urlò uno dei Cac-ciatori, afferrando il polso del compagno. «Hai già ucciso un'infinità di innocenti e rovinato chissà quante vite!» Amun rimase impassibile, come tutti loro, del resto. «È un uomo buono» gridò un altro Cacciatore. «Non merita di morire, soprattutto per mano di un demone mal-vagio!» Un attimo dopo Gideon, il custode della Menzogna dai capelli azzurri, era al fianco di Amun e zittiva i due che avevano osato protestare. «Toccalo di nuovo e assaggerai i miei baci» sibilò, mostrando due coltelli sporchi di sangue. Nel mondo alla rovescia di Gideon baciare equivaleva a picchiare, o forse a uccidere. Sabin non ricordava più il codice complicato che l'altro utilizzava. Passarono alcuni istanti in un silenzio confuso, con i

8

Cacciatori che cercavano di capire che cosa intendesse Gideon. Prima che potessero decidere, l'ostaggio di Amun si afflosciò e lui lo lasciò cadere a terra come un mucchiet-to inerte e scomposto. Amun rimase immobile, mentre i Cacciatori cercavano di rianimare il compagno caduto. Non sapevano che era troppo tardi: il suo cervello era stato distrutto e ora Amun conosceva i suoi segreti più intimi e forse anche i suoi ri-cordi. Il guerriero non aveva mai spiegato a Sabin come funzionava la cosa e lui non glielo aveva mai chiesto. Amun si girò lentamente, il corpo rigido. Il suo sguardo scuro e tormentato incontrò per un attimo quello di Sabin, senza riuscire a mascherare il dolore causato dalla nuova voce che ora risuonava nella sua testa. Poi sbatté le palpe-bre, nascose la sofferenza come aveva già fatto migliaia di volte e si avviò verso la parete più lontana. Sabin lo guardò risoluto. Niente sensi di colpa. Tutto questo è necessario. Il muro assomigliava a tutti gli altri, ma Amun posò una mano con le dita aperte sulla settima pietra dal basso e l'altra sulla quinta dall'alto, con le dita chiuse. Muoven-dosi all'unisono, ruotò un polso verso sinistra e l'altro verso destra e le pietre ruotarono con lui. Sabin lo guardò ammirato: quello che Amun riusciva ad apprendere in pochi attimi non cessava mai di meravigliar-lo. Una volta che le pietre si furono allineate nella nuova posizione, si formò una fessura, una sezione del muro si ritrasse e alla fine ecco davanti a loro un'apertura da cui sarebbe potuto passare un intero esercito di possenti guer-rieri. Un fiotto d'aria fresca penetrò nella camera sotterranea, facendo crepitare le torce. Sabin incitò le pietre: Su, forza. Gli pareva che si muovessero con lentezza esasperante.

9

«Ci sono Cacciatori in attesa dall'altra parte?» chiese. Prese la Sig Sauer che teneva alla cintura e controllò quan-te pallottole gli restavano: soltanto tre. La ricaricò rapido, lasciando al suo posto il silenziatore. Amun annuì e sollevò sette dita. Sette Cacciatori contro dieci Signori degli Inferi. Sabin non contò Amun, che pur volendo partecipare alla batta-glia imminente, presto sarebbe stato troppo distratto dalla nuova voce nella sua testa per combattere. Poveri Caccia-tori: non avevano una sola possibilità. «Sanno che siamo qui?» Amun scosse la testa scura. Dunque non c'erano telecamere nascoste. Ottimo. «Eliminare sette Cacciatori sarà un gioco da ragazzi.» Lucien, custode del demone della Morte, si appoggiò con-tro il muro; era pallido e gli occhi di colore diverso pareva-no brillare di... febbre? «Andate avanti senza di me: tra poco avrò delle anime da accompagnare e poi dovrò por-tare i prigionieri nelle segrete della nostra fortezza a Buda-pest.» Grazie a Morte, Lucien poteva teletrasportarsi da un po-sto all'altro e doveva spesso scortare i morti nell'aldilà. Questo non significava che fosse invulnerabile. Sabin lo scrutò accigliato: le cicatrici sul suo viso erano più pro-nunciate del solito e il naso pareva rotto. Inoltre Lucien era ferito alla spalla, allo stomaco e, a giudicare dalla macchia di sangue che si allargava sul fondo schiena, anche ai reni. «Tutto bene?» Lucien gli rivolse un sorriso che assomigliava a una smorfia ironica. «Me la caverò, ma non sarà una passeg-giata: alcuni organi sono a brandelli.» «Be', almeno non dovrai rigenerare un arto.» Con la coda dell'occhio Sabin vide Amun fare segno con la mano.

10

«Non ci sono telecamere e i Cacciatori si trovano in una camera con muri insonorizzati» interpretò. «Antica-mente era usata come prigione ed è stata costruita in mo-do che non si sentissero le urla dei prigionieri. I Cacciatori sono del tutto ignari della nostra presenza, il che dovrebbe facilitare l'imboscata.» «Non hai bisogno di me, allora. Resto qui con Lucien.» Reyes si lasciò cadere a terra e appoggiò la schiena al mu-ro per sostenersi. Custode del demone del Dolore, provava piacere quando soffriva fisicamente e le ferite lo rafforza-vano, ma alla fine della lotta era indebolito come tutti gli altri. In quel momento era ridotto davvero male, con una guancia così gonfia da rendergli difficile vedere con chia-rezza. «Inoltre qualcuno deve restare a sorvegliare i prigio-nieri.» Sette contro otto, dunque. Poveri Cacciatori. Sabin so-spettava che Reyes volesse restare indietro per proteggere il corpo di Lucien dai nemici: questi poteva portarlo con sé nel mondo degli spiriti solo quando si sentiva abbastanza forte, e in quel momento non lo era di certo. «Le vostre donne me la faranno pagare» borbottò Sabin. Reyes e Lucien si erano innamorati di recente e Anya e Danika gli avevano chiesto una cosa sola, prima della par-tenza per l'Egitto: di riportare indietro i loro uomini sani e salvi. Qualora i ragazzi fossero arrivati a casa così malridotti, Danika avrebbe lanciato a Sabin uno sguardo colmo di di-sapprovazione, prima di affrettarsi a confortare Reyes e lui si sarebbe sentito un verme. Anya, invece, gli avrebbe spa-rato negli stessi punti in cui Lucien era stato ferito, procu-randogli un dolore atroce e solo allora si sarebbe dedicata al suo uomo. Sabin sospirò e passò in rassegna il resto dei guerrieri, cercando di decidere chi portare con sé e chi lasciare in-

11

dietro. Maddox, custode del demone della Violenza, era il guerriero più temibile che avesse conosciuto. In quel mo-mento era insanguinato e ansante, ma si era già avvicinato ad Amun, pronto a entrare in azione. Neanche la sua donna sarebbe stata tanto grata a Sabin. Poi scorse Cameo, custode del demone della Desola-zione, l'unica donna soldato tra loro: era minuta, ma non meno feroce degli altri. Inoltre, le bastava aprir bocca, con tutti i dolori del mondo nella voce, che chiunque la stesse ascoltando, Cacciatori compresi, era pronto a uccidersi senza bisogno che lo toccasse con un dito. Le tre ferite sanguinanti al collo non l'avevano rallentata, visto che finì di ripulire il machete e si unì a Sabin e Maddox. Ecco Paris, custode del demone della Promiscuità. Un tempo era allegro e gioviale, ma ora pareva sempre più du-ro e irrequieto, anche se Sabin non riusciva a capire che cosa avesse provocato un simile cambiamento. In ogni caso ora sembrava vibrare di un'energia brutale e sangui-naria; nonostante le due ferite alla gamba destra, Sabin era certo che non avrebbe chiesto di restare indietro. Accanto a lui c'era Aeron, custode del demone dell'Ira. Gli dei lo avevano da poco liberato da una maledizione così violenta che lo aveva reso inavvicinabile da chiunque. Aeron viveva per uccidere e ferire e quel giorno aveva combattuto come se quella sete di sangue lo consumasse ancora. In battaglia era un'ottima cosa, ma Sabin si chie-deva come si sarebbe sentito, alla fine dello scontro suc-cessivo. Forse avrebbero dovuto chiamare Legione, il pic-colo diavolo femmina che adorava Aeron ed era l'unica in grado di calmarlo nei suoi momenti più cupi. Purtroppo al momento Legione si trovava all'Inferno, in una missione di ricognizione che Sabin le aveva affidato. Essere sempre aggiornato su ciò che succedeva laggiù era fondamentale: la conoscenza è potere.

12

All'improvviso Aeron colpì la tempia di un Cacciatore con un pugno e questi si afflosciò a terra. «Perché lo hai fatto?» chiese Sabin, stupito. «Stava per attaccare.» Paris scattò con la stessa velocità e mise fuori combat-timento tutti gli altri Cacciatori. «Così resteranno tranquilli come Amun» borbottò cupo. Sabin sospirò piano e si concentrò su Strider, custode del demone della Sconfitta: non poteva perdere senza pro-vare un dolore tremendo e così cercava sempre di vincere. Forse per questo stava estraendo una pallottola dal proprio fianco, in preparazione della battaglia imminente. Bene; Sabin sapeva di poter sempre contare su di lui. Kane, custode del demone del Disastro, si fece avanti e una pioggia di sassolini cadde dal soffitto in una nube di polvere, facendo tossire diversi guerrieri. «Perché non resti anche tu, Kane?» propose Sabin. «Puoi aiutare Reyes a sorvegliare i prigionieri.» Era una scu-sa debole e lo sapevano tutti. Nel silenzio che seguì l'unico suono era prodotto dallo stridio della pietra contro la sabbia, mentre l'apertura con-tinuava ad allargarsi. Poi Kane assentì; odiava restare in-dietro, ma spesso la sua presenza causava più problemi che altro. E, come sempre, Sabin anteponeva la vittoria ai sentimenti degli amici: non gli piaceva agire così, ma qual-cuno doveva pur usare la fredda logica, se volevano trion-fare. A quel punto erano sette contro sette. Poveri Cacciato-ri: non avevano comunque la minima possibilità di cavar-sela. «Qualcun altro vuole rimanere?» chiese Sabin. Gli rispose un coro di no. Tutti, lui compreso, erano an-siosi di gettarsi nella mischia. Fino a quando non fossero riusciti a trovare il vaso di Pandora quegli scontri erano una necessità, ma per trovar-

13

lo avevano bisogno di quei dannati quattro oggetti magici: pareva che uno di essi fosse in Egitto e dunque quello scontro in particolare aveva una grande importanza. Sabin era deciso a impedire ai Cacciatori di impossessarsi di quei manufatti: il vaso avrebbe potuto distruggere lui e tutte le persone che amava, attirando i demoni fuori dai loro corpi e lasciandoli simili a gusci vuoti e privi di vita. Era sicuro di vincere, ma sapeva che non sarebbe stato facile conquistare quella vittoria: guidati dal nemico giura-to di Sabin, Galen, un immortale sotto mentite spoglie, anch'egli posseduto da un demone, i Cacciatori, protettori di tutto ciò che era buono e giusto, erano a conoscenza di informazioni che gli umani avrebbero dovuto ignorare. Come per esempio il modo migliore di distrarre, catturare e distruggere i Signori degli Inferi. Alla fine la pietra smise di ruotare e Amun sbirciò all'in-terno. Agitò una mano per segnalare che potevano entra-re, ma nessuno si mosse: gli uomini di Sabin e quelli di Lucien avevano ripreso a combattere insieme da poco, do-po una separazione durata migliaia di anni, e disporsi nella migliore posizione di combattimento non veniva ancora istintivo a tutti quanti. «Allora, vogliamo muoverci o aspettiamo che ci trovi-no?» ringhiò Aeron. «Io sono pronto.» «Ma guarda che scarso entusiasmo» sogghignò Gideon. «Non sono per niente impressionato.» Era ora di prendere la situazione in mano, decise Sabin. Considerò la strategia migliore da adottare: negli ultimi secoli lanciarsi in battaglia a testa bassa, con l'unico pro-posito di uccidere più Cacciatori possibile, non lo aveva portato da nessuna parte. Il numero dei nemici aumenta-va, invece di diminuire, e lo stesso valeva per il loro odio e la loro determinazione. Era giunto il momento di cambiare sistema e di esami-

14

nare bene punti forti e debolezze prima di entrare in azio-ne. «Vado io per primo; sono quello ferito meno gravemen-te» dichiarò, rimettendo a posto la pistola con una certa riluttanza. «Voglio che ogni uomo nelle mie condizioni si abbini a uno ridotto peggio di lui. Lavorerete insieme: quello ferito in modo più grave guarderà le spalle all'altro, che mirerà al bersaglio. Cercate di lasciarne vivi il maggior numero possibile: so che questo va contro tutti i vostri istinti, ma non preoccupatevi, tanto moriranno presto. Una volta che avremo trovato il loro capo e lo avremo fat-to parlare, per noi diventeranno inutili. A quel punto po-trete farne quello che vorrete.» Il terzetto davanti a lui si fece da parte e Sabin entrò per primo nell'apertura, seguito da tutti gli altri. Lampade a batteria illuminavano le pareti coperte di ge-roglifici; Sabin li osservò per un secondo, ma fu sufficiente a imprimergli quelle immagini nella memoria. I pittogram-mi rappresentavano tutti prigionieri giustiziati in modo crudele, con il cuore rimosso dal petto mentre erano anco-ra vivi. Nell'aria aleggiavano odori umani – colonia, sudore, cibo. Da quanto tempo erano là i Cacciatori? Che cosa fa-cevano? Avevano già trovato l'oggetto magico? Le domande gli rimbalzavano nella mente e il suo de-mone ne approfittò subito: come Dubbio, non poteva trat-tenersi. Sanno di sicuro qualcosa che tu ignori. Forse sarà sufficiente a fregarti. Stanotte i tuoi amici potrebbero esa-lare l'ultimo respiro. Il demone del Dubbio non poteva mentire senza fargli perdere conoscenza, ma usava con abilità lo scherno, i so-spetti e le supposizioni. Sabin ormai l'aveva accettato, ma quella sera non intendeva fallire. Continua così e passerò la prossima settimana chiuso

15

in camera a leggere, così da non pensare troppo. Ma io ho bisogno di nutrimento!, protestò il demone. Le preoccupazioni che causava erano ciò che più lo raffor-zava. Sabin alzò una mano e i guerrieri dietro di lui si ferma-rono: davanti a loro c'era una sala dalla porta aperta, da cui proveniva un suono di voci e di passi. I Cacciatori era-no distratti e pronti a lasciarsi cogliere di sorpresa. E io sono l'uomo che tenderà loro una bella imboscata. Ne sei sicuro? L'ultima volta che ho controllato..., co-minciò il demone. Lasciami stare: qui davanti hai cibo in abbondanza. Dubbio raggiunse subito con la mente i Cacciatori e li colmò di pensieri distruttivi: Tutto questo per niente... E se ti fossi sbagliato? Non siamo abbastanza forti... Presto moriremo... La conversazione si spense. Forse qualcuno si mise per-fino a piagnucolare. Sabin alzò un dito, poi un altro. Quando alzò il terzo, tutti i guerrieri si gettarono in avanti urlando.