bici cultura e piron - hotel ristorante la rosina · che ha abbandonato la professione di ciclista...

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(forchetta) Stampato nel mese di Dicembre 2007 dalla Litografia Grafiche Fantinato di Romano d’Ezzelino (VI) Bici Cultura Piron Progetto: Gaetano Lunardon Testi: Gianni Celi Itinerari: Gianni Celi, Virginio Grego Foto: Cesare Gerolimetto, Gianni Celi, Foto Stella, archivi privati e di enti locali e turistici

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(forchetta)

Stampato nel mese di Dicembre 2007 dalla Litografia Grafiche Fantinato di Romano d’Ezzelino (VI)

BiciCulturaPiron

Progetto: Gaetano Lunardon

Testi: Gianni Celi

Itinerari: Gianni Celi, Virginio Grego

Foto: Cesare Gerolimetto, Gianni Celi, Foto Stella, archivi privati

e di enti locali e turistici

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Questa è una guida riservata ai veri appassionati della

bicicletta, a tutti coloro che non disdegnano la fatica, che

non aborriscono le salite, che considerano le due ruote

come un attrezzo di svago, di divertimento, ma anche

di conoscenza di un territorio, di apprendimento della

cultura che lo ha caratterizzato nei secoli, di esaltazione

dei sapori custoditi nei prodotti dell’enogastronomia

offerti spontaneamente dalla natura o manipolati dalle

abili mani dell’uomo. Ecco il perché di quel titolo che

avete letto in copertina: “Bici, cultura e piron”. Bici per

spostarsi, per corroborare il fisico, per misurarsi con

se stessi, per vedere posti nuovi. Cultura per visitare

i luoghi dell’arte, dell’architettura, della storia, della

tradizione. “Piron”, che in dialetto veneto significa

forchetta, per gustare ricette nuove le cui origini si

perdono nei secoli e che hanno saputo tramandare

intatti i profumi e le usanze della società contadina che

abitava il mandamento posto a cavallo fra Bassanese e

Marosticense. Tre sono quindi gli obiettivi che abbiamo

voluto cogliere con questo nostro volume, nato dall’idea

di un imprenditore marosticense, Gaetano Lunardon,

che ha abbandonato la professione di ciclista per seguire

la via paterna e materna della ristorazione portandola

a traguardi eccelsi. Sulla sua strada ha trovato poi

chi vi scrive che, accompagnato dall’amico Virginio

Grego, campione di ciclismo su strada e su pista negli

anni 50-60 ed ex olimpionico, ha coronato il progetto

girando in lungo ed in largo il territorio alla ricerca di

itinerari il meno possibile trafficati per raggiungere le Pr

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località più interessanti dell’Alto Vicentino. Abbiamo

scoperto angoli di terra nostrana che nemmeno noi, pur

essendo di casa, avevamo visitato, con scorci impagabili

sulla Pedemontana, sulla pianura, sui monti lontani

entrando a volte in un mondo agreste che credevamo

scomparso. Sei sono i filoni di questa guida. Si parte

dalle città dell’Esagono, vale a dire dei centri a noi vicini

e collocati fra le province di Vicenza, Padova e Treviso,

caratteristici perché protetti da mura medievali. Si passa

poi agli itinerari enogastronomici, a quelli storici, a quelli

naturalistici, a quelli artistici e si finisce con un’appendice

per ciclisti tosti che s’allontana dal Bassanese per

portare il turista a meglio conoscere la zona alpina

e dolomitica. L’intento che ci eravamo prefissi era di

fornire uno strumento di consultazione agile e preciso

in grado di guidare il cicloamatore, che non conosce

o conosce poco la zona, passo passo dalla partenza

all’arrivo (siamo stati a volte forse troppo pedanti nella

descrizione, ma soltanto così è possibile seguire itinerari

lontani dal traffico eccessivo). Abbiamo la presunzione

di esserci riusciti ed il nostro scritto lo dimostra. A voi

lettori non ci resta quindi che augurare buone e divertenti

pedalate e, quando tornerete a casa, mettete alla prova

le vostre compagne o le vostre mamme con le numerose

ricette che troverete nella parte terminale della guida.

Assaporando quei piatti potrete nuovamente rivivere le

giornate da voi trascorse in sella all’amata bici in questa

nostra splendida terra veneta.

Gianni Celi

Pr

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La bicicletta ? Una passione

Quand’ero alle elementari la maestra voleva sapere che cosa avremmo voluto fare da grandi. La mia risposta era sempre la stessa:”Il corridore”. Abitavo con i genitori al culmine della salita che poi avrebbe preso il nome di mia nonna: la Rosina. I miei gestivano un’osteria ed un piccolo negozio di generi alimentari. Mi mandavano ancora piccolino (avrò avuto dieci-dodici anni) a prendere il pane in bicicletta a Valle San Floriano. Pur con il peso di quel sacco sul manubrio quando tornavo lungo la salita che portava a casa, pigiavo sui pedali e se qualche corridore mi sorpassava facevo l’impossibile per stargli a ruota. Chiedevo loro quando fosse in programma qualche corsa ciclistica che passasse per la Rosina. Qualcuno mi mandava a quel paese, qualche altro, gentilmente, mi forniva le date ed aspettavo con ansia il passaggio dei ciclisti in quelle 4-5 gare organizzate dal Veloce Club Bassano, dal Velo Junior Nove, dal Veloce Club Schio e dalla Campagnolo di Vicenza sui tornanti di casa mia. Mi divertivo da morire al passaggio dei corridori, li incitavo e provavo nei loro confronti un senso di invidia. Poi a 14 anni papà mi regalò una bici sportiva che io, senza che lui lo vedesse, adattai con un manubrio da corsa. In effetti mio padre faceva finta di non accorgersi, ma in cuor suo approvava questa mia intemperanza giovanile. Arrivò quindi il momento magico, quello tanto agognato: vestire la maglia di una società ciclistica vera. Entrai nel Velo Junior Nove dove rimasi per tre anni. Passai quindi alla Campagnolo Vicenza. Il ciclismo nostrano, in quel periodo, pullulava di campioni: da Battaglin a Moser, a Gambarotto, a Massignan, a Rigotto, a Castellan, a Dalla Bona ed altri ancora. Con la Campagnolo corsi per altri tre anni vincendo tre - quattro gare a stagione o arrivando sempre fra i primi cinque. Ero un passista scalatore. Lo strappo da Valle San Floriano a casa mia mi aveva forgiato allenando le gambe per le lunghe salite. Mi appiedò il servizio militare e quando tornai ripresi gli allenamenti, ma c’era qualcosa che non funzionava nella mia testa. Avevo conosciuto una

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ragazza, Nadia, sorella di due forti corridori, Pierino e Franco Conzato e cullavo così il sogno di impalmarla. Dall’altro lato mamma e papà insistevano perché seguissi la loro attività di ristoratori. Ero combattuto fra la voglia di tornare a correre , l’entusiasmo di sposarmi ed il desiderio di realizzare qualche cosa nell’attività dei miei. Sia pure con tanto rammarico mi separai dalla mia fida bicicletta ed abbandonai l’agonismo per dedicarmi anima e corpo, con l’aiuto della mia sposa, al ristorante. Lavorai sodo per una decina d’anni raccogliendo ben presto i frutti dell’impegno mio e di chi ha creduto in me.Nel 1985, anno dei mondiali di ciclismo a Bassano del Grappa, incontrai tanti amici di un tempo e fra questi il comm. Raffaele Carlesso, che diventerà poi presidente della Federazione ciclistica italiana. Rispolverando l’antica passione chiesi di poter ospitare sulla strada che porta alla Rosina qualche manifestazione di prestigio. Grazie a Carlesso, all’avv. Castellano, responsabile dell’organizzazione del Giro d’Italia , ed al commissario tecnico della Fci, Martini ottenni di far passare per la salita della Rosina il Giro del Veneto, alcune premondiali e ben cinque tappe del Giro d’Italia. E’ stata grande la soddisfazione per questi eventi che, non soltanto hanno dato lustro alle città di Marostica e di Bassano del Grappa, ma mi hanno offerto la possibilità di rivivere, anche se non più da protagonista, ma da spettatore, gli anni spensierati della mia adolescenza e della mia giovinezza. E sempre dalla passione per la bicicletta è nata l’idea di questa guida con l’amico Celi e della costruzione di una chiesetta dedicata alla “Madonna del ciclista”. Ne sono passati di anni dalle stagioni dell’agonismo e, anche se la famiglia ormai allargata con l’arrivo di Ricardo, Eleonora ed Elisabetta mi impegna ancor più, nei ritagli di tempo, quando riesco ad inforcare la mia amata bici, sento ancora ribollirmi il sangue e, nel confronto con gli amici di turno, riemerge la voglia di competitività, il desiderio di primeggiare ed in quei momenti mi rendo conto che la bicicletta è davvero una passione, ma che bella passione !

Gaetano Lunardon

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Prima di cominciare ad usare questa guida a scopo cicloturistico, vi invitiamo a leggere queste righe di avvertenze e di consigli onde evitare l’insorgere di difficoltà lungo il percorso.

Strade • I trentuno itinerari che vi proponiamo nelle pagine che seguono si svolgono tutti su strade asfaltate. Fate però attenzione alle condizioni del manto perché, specie in quelle di scarso traffico, la manutenzione a volte lascia a desiderare. Abbiamo cercato il più possibile di farvi percorrere strade poco trafficate, anche a costo di allungare il percorso, però non sempre questo è stato possibile. Attenti quindi a quei tratti o di percorrenza o di attraversamento (li abbiamo segnalati nella guida) su provinciali o statali e ricordate di usare sempre e comunque il casco.

Bicicletta • Su tutti questi percorsi può essere usata la bici da corsa, ma se qualcuno preferisce la mountain bike si troverà maggiormente a suo agio nei tratti più duri di alcune salite, in particolar modo quelle dolomitiche. Fate bene attenzione a portare con voi l’attrezzatura necessaria per riparare il vostro mezzo in caso di forature o di rottura perché taluni di questi itinerari vi portano in luoghi inabitati per parecchi chilometri senza possibilità di chiedere soccorso.

Chilometraggio • I chilometri che scandiscono lo svolgersi dei diversi itinerari devono considerarsi indicativi perché possono essere alterati dalla taratura del computer della bici, dai diversi modelli degli stessi (raffrontando le lunghezze di alcuni campioni di percorso ci siamo trovati con totali leggermente discordanti), da deviazioni lungo il percorso effettuate dal turista.

Tempi di percorrenza • Abbiamo evitato volutamente di indicare i tempi di percorrenza perché riteniamo che, trattandosi di una guida ciclistica sì, ma anche turistica, vi debba essere spazio per le visite a musei, edifici d’arte, luoghi di interesse storico o naturalistico e per l’alimentazione. Ognuno tenga conto quindi delle proprie capacità, della lunghezza e della difficoltà del percorso. AV

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Carte topografiche • Nella presentazione di ogni percorso, ci siamo avvalsi della carta stradale “Veneto, Friuli Venezia Giulia”, del Touring Club Italiano 1: 200.000, per una questione di omogeneità vista l’ampiezza di territorio interessato dalla guida. E’ consigliabile portare con sé delle carte più dettagliate (1: 50.000 o 1: 25.000) per meglio seguire le località da attraversare.

Cellulari • E’ prudente portare con sé il telefono cellulare per ogni evenienza. Ricordate però che vi sono ancora alcune zone, specie in montagna, non coperte dalla rete telefonica di alcuni gestori. Informatevi prima di cominciare il viaggio.

Nomi di strade e di vie • Gli itinerari che troverete in questa guida sono stati percorsi, anche più volte, fra gli anni 2005 - 2007. Può succedere che, nel tempo, via sia qualche modifica della viabilità (specialmente nuove rotatorie) o qualche cambiamento nella toponomastica di alcuni Comuni. In caso questo avvenga chiedete consigli agli abitanti del posto.

Abbigliamento • Prima di partire informatevi sulle condizioni del tempo. Per gli itinerari di pianura non vi sono grossi problemi, basta al limite mettere nella tasca posteriore un kway in caso di pioggia. Fate attenzione invece ai percorsi di montagna perché le condizioni possono mutare all’improvviso e con esse anche la temperatura. Quando dovete affrontare qualche salita che vi porta a superare i mille metri portate con voi, a seconda della stagione, un equipaggiamento adeguato.

Territorio • A corredo delle note esplicative dei diversi itinerari, abbiamo inserito, per i siti di maggiore interesse, dei richiami storico-turistici per favorire la conoscenza dei luoghi che si attraversano. Questi richiami, però, non hanno la pretesa di raccontare il tutto, ma vogliono essere soltanto il sunto volto a fermare l’attenzione del turista sulle cose più importanti. Consigliamo a coloro che siano interessati a saperne di più sulla storia dei diversi centri, sull’arte, sull’architettura di antichi edifici, sulla natura e sui musei da visitare, di acquistare le apposite e ben più esaurienti guide che si possono trovare in loco.

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Le città

dell’Esa

gono

Le città dell’Esagono

Sei cittadine, un unico obiettivo: la

valorizzazione attraverso un’adeguata

pubblicizzazione di altrettanti centri uniti

da affinità di carattere storico-artistico-

paesaggistico. Nasce così il progetto di

un’azione congiunta per far conoscere le

città murate di Asolo, Bassano del Grappa,

Castelfranco, Cittadella, Marostica, nonché

il paese che dette i natali al grande artista

Antonio Canova, cioè Possagno.Le Province

di Vicenza, Padova e Treviso, in questo caso,

hanno dato il loro incondizionato appoggio ad

un’operazione che sta crescendo e che vuole

accompagnare il turista lungo un viaggio che

affonda le proprie radici nell’età medievale

quando le necessità di difesa dei centri abitati

erano regola prima di sopravvivenza. Proprio

quelle necessità hanno lasciato a noi un’eredità

architettonica degna di interesse e di richiamo.

Gli itinerari ciclistici che seguiranno,

attraverso strade poco frequentate, vi

faranno raggiungere e scoprire la bellezza

di questi sei gioielli della terra veneta.

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Il passato ormai lontano, assieme a pagine di storia che indicano il cammino a volte agevole, a volte combattuto compiuto dai nostri avi, ha regalato in particolare al Veneto, terra di congiunzione fra l’arco alpino ed il mare, mura possenti, torri d’avvistamento e fortilizi. Il Medioevo è stato il periodo più prolifico per la nascita di questi manieri e di queste opere difensive. In alcune città tali manufatti, nonostante vicende alterne, sono ancora ben visibili, in altre un po’ meno ed in altre ancora di quelle mura restano soltanto le testimonianze in antiche carte o in dipinti. Per valorizzare questo ricco patrimonio storico-architettonico, è sorta l’Associazione delle città murate del Veneto con lo scopo di favorirne la conservazione nonché gli interventi di bonifica e di ricostruzione delle parti ancora edificate sotto la stretta sorveglianza degli enti di competenza. Ci si è resi conto che quelli che tanti secoli fa erano strumenti di difesa e di offesa, ai giorni nostri si sono tramutati in oggetti di pace e di arricchimento culturale per coloro che su quelle pietre cercano di leggere momenti di aspre battaglie, di vittorie, di sconfitte, di terribili assedi.Sono numerose le città venete che possono offrire al turista le proprie vestigia o tratti di esse. Nella Riviera del Garda e del Mincio troviamo i centri di Malcesine, Torri del Benaco, Bardolino, Lazise, Peschiera del Garda, Valeggio sul Mincio. Nel Veronese, tra la pianura, la Val d’Adige e la Lessinia ecco invece le città di Villafranca Veronese, Pastrengo, Rivoli Veronese, Verona e Soave. A Vicenza, tra i Berici ed i Lessini furono fortificate, oltre al capoluogo, Cologna veneta, Lonigo ed Arzignano, mentre fra Padova ed i Colli Euganei, il capoluogo di provincia, Monselice ed Este. Dalla Scodosia all’Adige troviamo Montagnana, Legnago e Rovigo e tra la terraferma e la laguna veneziana Venezia, Mestre e Noale. Tra i fiumi e le pianure della Postumia sorgono le città fortificate di Camposampiero, Cittadella, Castelfranco Veneto, Treviso, Portogruaro, Portobuffolè e la Pedemontana è caratterizzata dai centri di Serravalle di Vittorio Veneto, Conegliano, Asolo, Bassano del Grappa e Marostica e a Nord, dopo Belluno e Feltre, v’è una lunga catena di forti costruiti alla fine dell’Ottocento o ai primi del Novecento ai confini fra Italia ed Impero Austroungarico. Di una parte di questo immenso patrimonio storico-artistico, che può essere visitato da quanti si fermino più giorni nella nostra regione, diamo indicazioni in una serie di itinerari che portano a visitare alcune fra le più belle e meglio conservate cinte murate o forti della Grande guerra. Il turista avrà modo di farsi un’idea ben precisa sull’importanza di queste fortificazioni e sul loro contributo alla difesa delle popolazioni che in esse e attorno ad esse abitavano.

Le città murate del Veneto

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La Rosina • Bassano del Grappa • La Rosina (km. 14,6)

E’ una passeggiata per ammirare il fascino della prima città dell’Esagono.Diff icoltà: facile e alla portata di tutti, anche di chi non ha molto allenamento se si esclude poi l’ultimo tratto in salita da San Michele alla Rosina.

All’uscita dalla Rosina si prende a sinistra fino al bivio con la provinciale della Fratellanza (km.0,8). Qui si scende sulla destra fino a San Michele, frazione di Bassano del Grappa (km. 2,5). Si prosegue sempre diritti, ignorando la deviazione a destra per Marostica, lungo viale Asiago. Si supera una rotonda e si arriva alla chiesa della SS. Trinità (km. 5,9). Si scende e si prende leggermente a sinistra e quindi a destra per Viale Diaz. Al termine del viale si trova una rotonda (attenti al traffico). La si aggira prendendo a sinistra e seguendo l’indicazione per il Ponte vecchio. A 50 metri, su via Scalabrini, c’è un semaforo. Si devia a destra, passando davanti a Palazzo Bonaguro, sede di manifestazioni culturali e di rassegne dedicate ai prodotti dell’artigianato locale, fino ad arrivare al Ponte vecchio (km. 6,8). Si attraversa il Ponte a piedi e, dopo la famosa grapperia Nardini, si gira a destra. A venti metri si scende e si cammina, a sinistra, per la salita Ferracina, quindi si gira a destra arrivando a Piazzotto Montevecchio in fondo al quale, passato un arco, si arriva in Piazza Libertà, centro della città di Bassano del Grappa (km. 7,3). Visita alla città e ritorno per la stessa strada (Km. 14,6).

ROSINA

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Bassano del Grappa

I primi abitanti di Bassano capirono bene l’importanza di quel colle lasciato dalla natura mille-naria a difesa della vicina pianura. Po-sto com’era all’uscita di una valle solcata da un fiume ribelle e stretta fra pareti, a tratti inaccessibili, esso rappresentava un baluardo facilmente difendibile. Con il passare dei secoli ecco nascere il primo castello (siamo intorno al Mille) ove ora si trova la Pieve di Santa Maria in Colle. La nascente città fu prima dominio dei Vicentini, poi della potente famiglia degli Ezzelini che qui lasciò un’impronta indelebile, poi dei Visconti, quindi della Serenissima repubblica veneziana. In questo susseguirsi di domini nacque la prima cinta muraria, che verrà successivamente allargata per dare sicurezza ai dominatori di turno ed agli abitanti. Rimangono ora poche testi-monianze di quel passato, perché gran parte della cinta è stata abbattuta con il passare del tempo. Alla caduta della Repubblica veneziana Bassano dovette assistere al passaggio delle truppe di Napoleone Bonaparte ed al successi-vo dominio austriaco. Sarà annessa al Regno italico per breve tempo (1806 - 1813), dopo di che tornerà ad essere terra austriaca fino al 1866, anno in cui comincerà la lunga storia italiana della città. La prima guerra mondiale trovò Bassano a ridosso della prima linea con tutte le conseguenze che questo com-portò sia per la presenza massiccia di truppe italiane, sia per i bombardamenti aerei ai quali fu sottoposta. Anche la seconda guerra mondiale regalò ai suoi abitanti, a piene mani, sofferenze e lutti. Il terribile rastrellamento del Grappa, ad opera dei nazifascisti, che costò la vita a decine di giovani impiccati nel viale a loro dedicato, o fucilati per le vie della città, assieme ad altri atti eroici, consegnò alla città l’alta onorificenza della Medaglia d’oro alla Resistenza. Un cenno particolare, per l’immagine che esso rappresenta, lo riserviamo, infine, al vecchio ponte ligneo. Bassano è sinonimo di Ponte vecchio e viceversa e la sua storia si perde nel tempo. Comunque venne da subito costruito in legno per unire le due rive del Brenta. Solo nel 1525, dopo l’ennesima “brentana”, si pensò di costruirne uno in muratura. Quest’opera durò soltanto un anno perché una nuova piena la travolse. Venne chiesto allora l’intervento del gran-de architetto vicentino Andrea Palladio (a lui si devono le più belle ville che costellano la pianura veneta). Nel 1570 egli presentò ai committenti della città il suo disegno del ponte ligneo che, nonostante lievi modifiche, resiste tuttora per la gioia dei bassanesi e dei turisti.

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Che cosa vedere

Dopo la rituale visita al Ponte vecchio, si possono seguire i vicoli che portano nel cuore della città. Piazza Libertà è il centro di Bassano. Verso nord si possono ammirare la bella facciata del Municipio con l’orologio opera di Bartolomeo Ferracina e, subito dopo, Piazza Garibaldi, con l’ottocentesca fontana. Alla sua sinistra, si eleva la Torre civica dalla

cui cima si può gustare un panorama indimenticabile e sulla città e sulla vallata del Brenta, sull’altopiano di Asiago e sul Grappa. Alla destra, invece sorge la millenaria Chiesa di San Francesco e, vicino, si apre il chiostro che porta al Museo. Per gli amanti dell’arte una visita al museo è d’obbligo non fosse altro che per

i dipinti di Jacopo Da Ponte che nacque proprio a Bassano, nei pressi del Ponte vecchio, per le collezioni di Antonio Canova, illustre scultore e per le altre innumerevoli opere d’arte e testimonianze di ere passate. Altro luogo da visitare è Palazzo Sturm con il suo museo della ceramica e delle stampe remondiniane. Non manchi poi una panoramica passeggiata attorno alle vecchie mura, dietro l’antico Duomo di Santa Maria in Colle, nel punto più alto della città.

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La Rosina • Marostica • La Rosina (km.12)

La città murata merita una visita attenta e basta lasciarsi andare fra la piazza e le viuzze del centro e della periferia per rivivere un passato tanto lontano. Diff icoltà: escursione facile e alla portata di tutti.

All’uscita dalla Rosina si gira a destra scendendo a Valle San Floriano. Si prosegue sulla sinistra fino a Ponte Campana. Allo stop, ancora a sinistra e, a metà del rettilineo prima del semaforo, si gira a destra per via Campomarzio. Giunti di fronte alla Porta Bassanese, la si oltrepassa tenendo conto che il tratto che va dalla Porta all’incrocio con via Cairoli (un centinaio di metri) è contromano. Avanti sempre diritti fino alla stupenda Piazza degli scacchi (km. 6), il cuore pulsante di Marostica, con la superba mole del Castello inferiore, verso sud e l’immagine sovrastante del Castello Superiore, verso Nord, con i porticati che racchiudono in un abbraccio il centro storico della città scaligera. Si torna per la stessa strada (Km. 12).

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Marostica

Dici Marostica ed il pensiero ti riporta indietro di secoli non appena ti

appaiono in lontananza le mura possenti che cingono in un affascinante

abbraccio la cittadina veneta. Si respira aria di Medioevo bighellonando

fra le vie del centro, ammirando la possenza del castello da basso e la mole

superba del castello superiore. E’ bello perdersi in queste reminiscenze

storiche. Camminando sulla scacchiera della piazza centrale non potrete non

ricordare la più famosa delle partite a scacchi mai giocata al mondo, quella

con personaggi viventi che, a Marostica, viene rappresentata negli anni pari e

che coinvolge centinaia di figuranti. Protagonisti di questa “singolar tenzone”

sono due giovani signorotti (Rinaldo d’Angarano e Vieri da Vallonara)

entrambi innamorati di Lionora, figlia di Taddeo Parisio, il Castellano della

città. Correva l’anno 1454 e la Repubblica veneziana aveva vietato ogni tipo

di duello cruento, per cui i due giovani si contesero i begli occhi di Lionora

al gioco degli scacchi. Marostica ha voluto far rivivere anche al turista quel

lacerto di sapore medievale: occasione da non perdere.

Mura e castelli sono l’eredità lasciata dalla dominazione scaligera del 1300.

Furono Cangrande e Cansignorio, infatti, a volere la fortificazione. Molti i

“padroni” che si avvicendarono alla guida della città, ma poi arrivò il lungo,

pacifico periodo del dominio veneziano. Marostica deve la sua notorietà

nell’aver dato nome ad una fra le più prelibate specie di ciliegie, visto che di

questo frutto è diventata la capitale morale nel Vicentino. Ora l’artigianato la

fa da padrone con le sue mille aziende disseminate nel territorio.

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Che cosa vedere

La visita comincia dalla Piazza de-gli scacchi. Da qui all’ingresso al Castello da basso il passo è breve. Meritano una visita, ma ne parlere-mo ampiamente più avanti, il mu-seo dei costumi della partita a

scacchi e quello della lavorazione della paglia, attività un tempo importantissi-ma per l’economia del Marosticense. Giusto in faccia al castello potete ammirare il Palazzo del Doglione di fattura due-centesca, ora sede di un istituto di credito. Non può mancare una passeg-giata fra le vie del centro e lungo via Mazzini, la principale strada inter-na della città che unisce la Porta Bassanese con quella Breganzina. Sono numerose le chiese degne di attenzione, da quella più antica di San-t’Antonio Abate, a quella dei Carmini con il suggestivo borgo, da quella di Santa Maria Assunta alla Cappella del Santissimo Sacra-

mento. Una comoda passeggiata vi accompagnerà sul Pausolino, il colle dominato dal Castello superiore, costruito nel 1312 e sede del pode-stà del tempo. Potrete sostare nel grazioso ristorante, fratello de La Rosina, molto apprezzato per le sue specialità e per la raffinatezza del suo menu. La vista da quassù, sulla sottostante pianura vicentina, è im-perdibile.

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La Rosina•Bassano • Castelfranco • Cittadella•Marostica • La Rosina (km, 85,7)

Itinerario che porta alla scoperta di altre due città dell’Esagono (Castelfranco e Cittadella) entrambe cinte da mura e ricche di memorie storiche. Diff icoltà:percorso facile, tutto pianeggiante, adatto a qualsiasi cicloturista. La lunghezza del tragitto richiede una certa preparazione. Abbiamo cercato, pur allungando di qualche chilometro, di seguire vie secondarie e meno traff icate. Vi sono, comunque, attraversamenti di provinciali che richiedono particolare attenzione.

Seguire l’itinerario n.1 fino a Bassano del Grappa (km. 6,8). Dal Ponte vecchio prendere a destra per Salita Ferracina, seguire per via Campomarzio fino allo stop con via Verci. Qui scendere, attraversare le strisce pedonali, riattraversare davanti al Tempio Ossario (chiesa a mattoni rossi) e lambire il parcheggio della chiesa sulla sinistra. Prendere a destra per via Ognissanti immettendosi, a sinistra, davanti all’ufficio postale, sulla pista ciclabile. Attraversare il semaforo e proseguire lungo la pista ciclabile fino all’incrocio con via Rosmini. Qui girare a sinistra (seguire la pista ciclabile posta sulla destra) fino al semaforo. Attraversare e proseguire diritti fino al prossimo stop con la statale 47 della Valsugana (attenzione). La si attraversa, si oltrepassa il passaggio a livello e si prosegue per via Dei Poli. In fondo si gira a sinistra per via Marangoni, si passa davanti alla ditta Raasm e si giunge in prossimità di un passaggio a livello che si lascia a sinistra (km. 11,7). Si procede verso destra per via Monte Asolone. Davanti ai Magazzini Nico (siamo a San Zeno di Cassola) a sinistra per via Concato (km. 12,2). Allo stop, si lascia a sinistra un passaggio a livello e si segue la ferrovia per via Rosà. Si continua diritti per via San Zeno anche dopo il capitello (quello sulla destra dedicato al Sacro Cuore). Allo stop, a sinistra per via Cassola. Al semaforo, diritti per via Balbi. Poco prima che la strada muoia, si gira a sinistra per via S. Lucia e allo stop subito a destra per due sottopassi ferroviari. Allo stop, a sinistra, costeggiando la ferrovia. Si segue per via Baroni, quindi per via Pergolesi e,

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a destra, per via Strae.Allo stop, a destra e subito a sinistra per via Bissa. Al capitello, a sinistra per via San Martino. Alla rotonda, voltare a destra. Al prossimo incrocio, prendere la direzione per Ramon lungo via Colombara. Ora si procede diritti fino ad un incrocio (km.23,2). Prendere a sinistra per via Po. Avanti per via Bertina fino ad oltrepassare il centro di Ramon. Qui si può scendere andando diritti per il senso vietato fino all’incrocio, oppure, girare a destra per via Marchesan, passare davanti alla chiesa, voltare a sinistra e, all’incrocio, ancora a sinistra fino al bivio che indica la direzione di Poggiana (km. 25,1). Si supera l’abitato di Poggiana (km. 26,4). Diritti per via De Gasperi verso Riese Pio X. Dopo una semicurva, si apre un rettilineo all’inizio del quale si incrocia, sulla destra (c’è un capitello della Madonna che fa angolo), via Avenali (km. 28,1). La strada ora procede con una serie di curve. All’incrocio successivo tenere la sinistra continuando per via Avenali fino al bivio (km. 30,3) con la provinciale (molto trafficata). La si attraversa e si continua superando località Bella Venezia. Si raggiunge l’incrocio con la circonvallazione ovest. Si supera il semaforo immettendosi in via Damini, in fondo alla quale si devia a sinistra e poi a destra arrivando a Piazza Giorgione (km. 34,8). Visita alla città di Castelfranco. Subito dopo si attraversa il tratto interno delle antiche mura procedendo verso ovest fino a raggiungere Porta Cittadella. Al semaforo diritti e così pure al semaforo successivo. Si segue la strada provinciale verso ovest e, ad un bivio, si tiene la sinistra per San Martino di Lupari (siamo entrati nel Padovano). Non ci si può sbagliare, basta proseguire sempre verso ovest fino ad uno stop che indica, a destra, per il centro di Cittadella. Si superano un sottopassaggio ed una rotatoria sulla quale si volge a sinistra seguendo sempre l’indicazione per il centro. Si attraversa la porta a piedi e si giunge nel cuore della cittadina medievale (km. 57,6). Visita alla città. Dal centro si prende la strada sulla destra, verso nord (a piedi perché è senso unico) per Porta Bassano. Superatala si volge a sinistra per la circonvallazione lungo il fossato delle mura. A duecento metri circa, a destra (è la seconda traversa) per via Europa. Allo stop diritti per il sottopassaggio e via verso nord. Allo stop di via Casaretta, a destra per via Postumia ponente (traffico) e, duecento metri più avanti, a sinistra per Laghi. Al centro di Laghi(km. 61,7), allo stop, a sinistra e subito a destra fino a Campagnari (siamo nel Vicentino). Al nuovo stop a sinistra e, cento metri più avanti, a destra per via San Pietro passando davanti ad un capitello. Altro stop a circa duecento metri (km. 64,8). Si prende a sinistra per via 8 settembre immettendosi sulla ciclabile e si prosegue sempre diritti, verso ovest fino al termine della stessa allo stop con via Baracche (km. 66,7). Si volta a destra fino al semaforo di Stroppari di Tezze sul Brenta (km. 67,3). Lo si supera

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seguendo le indicazioni per Bassano fino ad una rotonda (km. 71). Si prende a sinistra per Nove e si prosegue sempre in questa direzione fino ad una rotatoria. La si attraversa oltrepassando il ponte sul Brenta, raggiungendo Nove. Al semaforo (75,6) diritti per Marostica. Dopo circa mezzo chilometro si trova, sulla destra, via Fraccon. La si imbocca fino ad una curva, con capitello, da cui si diparte, a sinistra, via Dante Alighieri (km. 78,4). Al primo incrocio, a destra, e quindi ancora a destra per via dei Ciliegi fino al semaforo (km. 80,2). Lo si supera seguendo le indicazioni per Valle San Floriano e si torna così alla Rosina (km. 85,7).

Castelfranco

L’anno Mille era passato da quasi un secolo ed il territorio veneto era conteso dai signorotti delle città più importanti. Treviso, Padova, Vicenza, per restare nei pressi di casa nostra, erano alla ricerca di cittadine da collocare sotto la propria protezione e, per ottenere questo, non mancavano fatti d’arme e scorrerie. Ai Trevisani stava a cuore quella cittadella posta nel mezzo della pianura, non lontana dal capoluogo: Castelfranco. Per questo (correva l’anno 1199) pensarono bene di fortificarla al fine di evitare le irruzioni di vicentini e padovani. Sorse così quella cinta, attorno al castello, di cui rimangono ancora vaste testimonianze. Castelfranco poi, nel 1399 passò sotto la Serenissima Repubblica veneziana e, al termine di un lungo dominio, vide l’ingresso delle truppe austriache. Il centro storico della cittadina trevigiana ha subito delle trasformazioni, nel tempo, ma ha tenuto fede all’impianto originario delle sue vie e delle sue piazze. E’ piacevole passeggiare, oggi, tra i vicoli e lungo il fossato. Pare di respirare ancora un po’ di quell’ingenua aria medievale che ha caratterizzato la nascita di questo borgo.

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Che cosa vedere

Ricordiamo anzitutto che Ca-stelfranco dette i natali a Giorgio Barbarelli, detto il Giorgione, un grande pittore morto per la peste a Venezia. Il Duomo, posto nel cuore della cittadina, conserva la bellissima pala della Madonna in

trono col Bambino tra i santi Giorgio e Francesco. Oltre a que-sto prezioso dipinto, il sacro edificio accoglie opere di noti pittori quali Veronese, Iacopo Bassano, Palma il Giovane ed altri ancora. Accanto sorge la Casa Marta Pellizzari che si presume sia stata la dimora del grande arti-sta. Da vedere ancora la Loggia del Paveion, il Torrione dell’orolo-gio, i palazzi Pulchieri Favero e Soranzo No-

vello, ed ancora gli edifici Spinelli Guidozzi e Bovolini Soranzo, con i loro affreschi. Merita una vi-sita anche il Teatro Accademico, opera di Francesco Maria Preti, ele-gante nelle forme. Venne riportato al suo antico splendore grazie ad un intervento di recupero ultimato nel 1975. Piazza Giorgione, infine, con i suoi ampi spazi, è il posto mi-gliore per dare un’occhiata, al di qua del fossato, alle mura medievali.

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Che cosa vedere

La cinta muraria è fra le meglio conservate tra le città murate. Lunga 1461 metri abbraccia il centro storico che racchiude preziosi edifici ed al quale si può accedere attraverso quattro porte: quella Padovana, quella Vicentina, quella Bassanese e

quella Trevisana. Accanto alla Porta Padovana sorge la Torre di Malta (terribile prigione ezzeliniana) che ospita un importante Museo Archeologico. Da vedere ancora la Chiesa di Santa Maria del Torresino, nei pressi di Porta Padova, il Palazzo Pretorio, il Duomo con la Pinacoteca, il Palazzo del Municipio, il Teatro

Sociale, la Pieve di San Donato, il Convento di San Francesco. Si può accedere al cammino di ronda sulle mura medievali per meglio osservare, dall’alto, la fortificazione, l’ampio fossato ed il centro storico.

Cittadella

La vicina città fortificata di Castelfranco era una spina nel fianco per Cittadella, avamposto padovano. Da qui l’idea di cingere con alte mura il centro storico. L’incarico fu affidato nel 1220 a Benvenuto da Carturo. Da allora, questo centro medievale fu teatro dell’evoluzione della storia che vide il Veneto in generale e la pianura padovana, in particolare, al centro di sovvertimenti di ogni genere. Ezzelino III da Romano qui fu padrone dispotico, come altrove, fino alla sua morte. Poi arrivarono i Carraresi. La città fu assediata da Cangrande della Scala e, nel 1389, venne occupata da Gian Galeazzo Visconti. Infine arrivò il dominio della Serenissima Repubblica Veneziana che durò a lungo. Poi fu la volta delle armate di Napoleone e di quelle austriache fino al passaggio della cittadina, come tutto il territorio circostante, all’Italia.

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La Rosina • Asolo • Possagno • La Rosina (km. 77,2)

L’itinerario porta a visitare due città dell’Esagono dal fascino diverso: Asolo è ricca di storia e di arte, di ricordi legati a personaggi famosi che la scelsero come loro dimora, Possagno invece è nota per avere dato i natali al grande scultore Antonio Canova. Difficoltà: medio facile. Il percorso si snoda in zona collinare con alcuni strappi impegnativi. Serve una adeguata preparazione alle salite e alle lunghe distanze.

All’uscita dalla Rosina prendere a sinistra. Seguire l’itinerario dell’Antica via del tabacco (n. 12) fino a Campese (km.10,7). Subito dopo il centro del paese, passata l’ultima borgata oltre la strettoia, prendere a destra per via Ten. Cavalli e subito a sinistra per Contrà Fietto. La strada porta ad una passerella in acciaio sul Brenta e una stradina asfaltata conduce, dopo pochi metri, alla statale della Valsugana. La si attraversa facendo molta attenzione, vista la pericolosità dell’incrocio per una presenza notevole di traffico, e si sale per Pove sulla sinistra. Lieve falsopiano e quindi ancora salita (ignorare la deviazione a destra) per via Pascoli. Al centro di Pove (km. 12,8) avanti per via Marcadella e via Rivagge verso est. Si arriva allo stop che incrocia la statale Cadorna per il Grappa (km.15,5). Deviare a destra, superare la rotatoria e girare a sinistra in leggerissima salita. Alla curva andare diritti per il Colle di Dante (km.16,2). Si lascia a destra la salita al colle e si scende, sulla sinistra, fino ad un nuovo stop. Si gira a sinistra prima in discesa e poi in salita fino al dosso di via Col Roigo (km. 18,4). Al prossimo stop, a sinistra per via delle Statue ed al nuovo stop, a destra, in discesa (siamo a Mussolente) fino ad un altro stop (km. 21,3). Si volta a sinistra e, dieci metri più avanti, a destra per via Cumana fino ad un bivio. Si prende a sinistra in salita con uno strappo impegnativo e si arriva in località Volpara (km. 22,5). Si scende a destra per via Carlo Eger fino allo stop di Liedolo (qui siamo nel Trevigiano). Si attraversa davanti alla chiesa e si prosegue diritti per via Angelo Fogal. Allo stop, a sinistra per via Rubelli seguendo la provinciale fino ad un bivio al quale si gira a destra per via Fontanazzi. Ottimo il panorama che si gode

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con le colline asolane in lontananza e, sulla sinistra, la mole del Massiccio del Grappa. Allo stop si gira a sinistra e subito dopo a destra fino ad arrivare a Fonte Alto (km. 28,2). Alla piazza si gira verso nord sulla provinciale e, poche decine di metri più avanti, si svolta a destra per Asolo. Allo stop di Pagnano (km. 31) a destra e, subito dopo il ponticello sulla roggia, a sinistra per via Foresto di Pagnano davanti all’antico maglio. Comincia la salita che porta al centro di Asolo (km.33). Dopo la visita all’affascinante cittadina murata e alla sua rocca, si lascia la piazza alle spalle e si sale prendendo subito la stradina sulla destra che porta, dopo pochi metri, alla discesa di Contrada Canova. Si passa davanti alla casa di Eleonora Duse e, ad un bivio, invece di scendere per Sant’Anna, si sale leggermente, sulla destra, per poi cominciare la discesa verso Casonetto. All’incrocio diritti, tenendo la sinistra e, dopo il ponticello, imboccare la strada sulla destra per Possagno (km. 34,8). A Castelcucco si arriva ad un incrocio (km.37.2) e si gira a destra seguendo le indicazioni per Possagno e Paderno. Si supera una rotatoria e si sale dapprima leggermente poi un po’ di più. Quando la strada scollina, si ha subito di fronte l’imponente costruzione del Tempio canoviano. Ora si scende ed al bivio si gira a sinistra e dopo poche decine di metri subito a destra per via Morera (km. 40,3). All’uscita della via si è in centro a Possagno (km. 41) e, girando a destra, si arriva subito alla casa di Antonio Canova ora sede del museo-gipsoteca. A sinistra, invece, una rampa di circa 400 metri porta al Tempio dove riposa la salma del grande scultore trevigiano. Dopo la visita alla gipsoteca ed al Tempio, si torna sui propri passi e si riprende via Morera in discesa. All’incrocio prima a sinistra e subito a destra per Asolo e Castelcucco. Dopo una breve salita, si scende veloci e, a Castelcucco, dopo la rotatoria, invece di girare a sinistra per Asolo, rifacendo la strada dell’andata, si prosegue diritti segueno le indicazioni per Montebelluna e Castelfranco. A Pagnano, al termine della discesa, si gira a destra per via Cogorer (km. 45,5). Al nuovo

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bivio di Fonte Alto (km. 50,8) si attraversa la strada e si imbocca, al di là, via Belli. La si percorre fino all’incrocio e si gira a sinistra. Dopo poche decine di metri, in una curva a gomito, si gira a destra per via Fontanazzi (km.52) ed ancora a destra sempre seguendo via Fontanazzi. All’incrocio successivo si va a destra e, poco dopo, all’altezza di un antico pozzo, si prende a sinistra per via Mezzociel (km. 53,9). Avanti sempre diritti in territorio di San Zenone degli Ezzelini. Si entra quindi in provincia di Vicenza attraversando il Comune di Mussolente. Al semaforo si va a destra per Borso ed al secondo cartello indicante questa località, prima dell’inizio di una salitina si gira a sinistra per via Caose (km. 58,5). Al segnale di dare la precedenza si gira a destra fino alla provinciale piuttosto trafficata. La si attraversa, prendendo la sinistra. Conviene salire sulla ciclopedonale che porta fino alle ultime case della frazione di Semonzo. Si torna quindi nel Vicentino entrando nel Comune di Romano d’Ezzelino. Alla rotatoria si gira a destra e subito dopo a sinistra (km. 61,8) per Pove. Arrivati a Pove si seguono le indicazioni per Solagna. Al termine della discesa o si attraversa la statale della Valsugana (attenti al traffico!), oppure si va diritti per Solagna girando subito a sinistra per il sottopasso della statale immettendosi quindi, a destra, nella stradina asfaltata che porta alla passerella sul fiume Brenta. Seguendo le indicazioni dell’andata si arriva a Campese (km. 66,5) e da qui si rifà l’itinerario del mattino fino alla frazione di San Michele e alla Rosina (km. 77,2).

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Asolo

Nasce da molto lontano la storia di Asolo, questa perla della gioiosa Marca Trevigiana, poggiata su un colle, tra il verde e le vestigia del suo passato. Qui si sono trovate tracce di popolazioni del periodo neolitico, ma poi fu abitata dagli Euganei e dai Veneti e quindi dai Romani. Sede vescovile, nel 996, vide l’alternarsi delle diverse signorie: dagli Ezzelini, agli Scaligeri, ai Carraresi, ai Trevigiani, agli austriaci fino all’arrivo della Serenissima repubblica veneziana. Sarà quindi la volta dei francesi ed ancora degli austriaci, fino al passaggio della città al Regno d’Italia. Le mura che, verso la fine del 1300, videro il loro massimo splendore, abbracciarono l’abitato e si unirono all’antica rocca della quale si hanno testimonianze lontane. Nel castello, che domina la pianura, visse, dal 1489 fino ad un anno prima della sua morte, Caterina Cornaro, regina di Cipro, con la sua corte, dopo il forzato esilio al quale la costrinsero i maggiorenti di Venezia allontanandola dall’isola mediterranea. Il fascino di questa cittadina medievale ha attirato l’attenzione di studiosi, di artisti e di letterati. Un nome fra tutti merita il ricordo: quello di Eleonora Duse, la grande attrice tanto cara a Gabriele D’Annunzio. Si innamorò talmente della bellezza di questo borgo che decise di trascorrere gli ultimi anni della sua dinamica vita facendo sistemare una casa che, purtroppo, non riuscì ad abitare per la morte sopravvenuta durante una tournèe negli Stati Uniti nel 1924. Ma Asolo ospitò anche altri nomi di grande valore quali Robert Browning, Giosuè Carducci che la definì la “città dai mille orizzonti”, Ada Negri, Igor Strawinsky e Gian Francesco Malipiero. L’amarono artisti della statura di Giorgione, Palladio, Canova ed altri ancora. Chi percorre le sue viuzze, chi s’abbandona all’ozio della piazza, chi entra nelle sue chiese, chi ammira il suo museo e chi sale lungo il sentiero che porta alla mastodontica bellezza della rocca, posta a 316 metri del monte Ricco, non può non innamorarsi di Asolo, delle sue contrade che scendono fino al piano e della sua gente ospitale.

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Cosa vedere

Partite dal cuore di questo verde angolo di paradiso per ammirare le bellezze architettoniche delle sue vie. La fontana con il leone di San Marco vi darà ristoro prima di iniziare il vostro cammino. Entrate quindi nell’antica Cattedrale con la bella Pala dell’Assunta, opera di Jacopo da Ponte, e con altri preziosi dipinti. Scoprite quindi la Loggia della Ragione, il Castello, Casa Tabacchi che accolse lo scrittore Robert Browning il quale proprio qui portò a compimento il suo “Asolando”, la casa di Freya Stark, l’errabonda

scrittrice inglese che ad Asolo si fermò (venne a farle visita anche la Regina Madre) fino alla sua morte, la casa del musicista veneziano Gian Francesco Malipiero,

quella di Eleonora Duse e tanti altri edifici non meno interessanti. Merita una visita il Museo con la sua sezione archeologica, la sua

pinacoteca, la sezione del tesoro della cattedrale, la sezione dedicata ad Eleonora Duse e quella a Caterina Cornaro. Non dimenticate di salire alla Rocca dalla cui sommità potrete ammirare stupendi panorami sulla pianura e sul Massiccio del Grappa. Un altro itinerario vi porta poi a Maser per farvi visitare la Villa Barbaro, un vero capolavoro del grande architetto vicentino Andrea Palladio. Per una mappa della città di Asolo, per informazioni sugli orari di apertura del museo e della Rocca, rivolgetevi all’Ufficio informazione ed accoglienza turistica di Asolo in piazza Gabriele D’Annunzio, 2 (tel. 0423-529046).

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Possagno

Se non fosse stato per il grande ingegno d’artista di uno dei suoi figli, Possagno non avrebbe raggiunto di certo quella notorietà che ha travalicato i confini regionali e nazionali. Antonio Canova nasce qui, il primo novembre del 1757 e si avvicina fin da bambino all’arte della scultura grazie al nonno Pasino Canova, che lo ebbe in cura dopo la morte del padre avvenuta quando aveva solo quattro anni. Nonno Pasino era un provetto tagliapietra e fu lui a svelargli i segreti di quell’arida materia frutto delle colline trevigiane che si inerpicano verso il Monte Grappa. Antonio (“Tonin”) cominciò presto ad avvicinarsi alla scultura. A undici anni, infatti, entra nello studio dei Bernardi (Torretti), nella vicina Pagnano e apprende i primi rudimenti di quest’arte che lo affascina. Passa da qui a Venezia per frequentare l’Accademia e quindi punta diritto verso Roma, dove comincia alla grande la sua attività di scultore. L’arrivo dei francesi lo convince a ritornare a Possagno, ma quando le cose si tranquillizzano, ritorna nella capitale. La sua bravura è ormai nota nel mondo della nobiltà e della Chiesa e le commesse cominciano a piovere. E’ un susseguirsi di figure scolpite nel marmo che ammaliano i committenti. Nascono dalle sue mirabili mani capolavori quali Amore e Psiche, le tre Grazie, Dedalo e Icaro, Ettore e Aiace, Venere e Marte e molte altre ancora. Vuole lasciare un segno nella sua Possagno e progetta una nuova chiesa parrocchiale che si discosti però dai canoni in voga, per gli edifici di culto, in quell’epoca. Nasce così quello stupendo tempio canoviano la cui cupola si erge superba sopra un colle, a due passi dal centro del paese. Per costruirlo vengono chiamati a raccolta tutti i paesani i quali offrono gratuitamente il loro lavoro nelle ore libere dalle occupazioni principali. Il Canova non vedrà però la fine di quella sua mirabile opera. Il tempio, infatti, sarà completato una decina di anni dopo la sua morte avvenuta a Venezia il 13 ottobre del 1822. Sarà il fratellastro Giovanni Sartori a dare maggior lustro al paese dando vita, nella casa natale dell’artista, ad un splendida gipsoteca. E’ proprio questa l’attrazione culturale del turista. Entrando e girando per le diverse sale si ripercorre a ritroso la vita del grande artista. Per informazioni sugli orari di apertura e di chiusura della gipsoteca, telefonare allo 0423-544323. Una visita merita sicuramente anche il tempio canoviano che si scorge alto su un poggio poco lontano dalla gipsoteca.

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E’ un percorso più lungo per scoprire la zona collinare ricca di vigneti della doc di Breganze. Diff icoltà: medio facile. I continui saliscendi richiedono una preparazione adeguata alle salite.

All’uscita dalla Rosina prendere a destra per la discesa. A Valle San Floriano seguire la strada principale fino a Ponte Campana. Qui ci si immette sulla provinciale 71 del Rameston e si prosegue per Marostica centro. Da Corso Mazzini, passata la Porta Breganzina, si prosegue per Borgo Panica fino ad immettersi sulla provinciale della Gasparona vecchia. Al bivio sempre diritti fino a raggiungere il centro di Mason (km. 10,1). Qui si prende, a destra, guar-dando le colline, per via Roma e si pedala fino al bivio, a sinistra (km.14,5) per Salcedo-Lazzaretti-Salbeghi. Il percorso procede in salita fra viti e ciliegeti. Al km. 17,2, si segue la curva a sinistra (a destra si prende la strada dei mar-roni) ed avanti sempre diritti fino allo stop (km. 18.8). A destra si va a Sal-cedo per via Garibaldi. Al km. 18,9 si volta a sinistra per il centro del paese. Poco dopo, superato il Centro ecomuseale San Valentino (una stradina sulla sinistra), si gira ancora a sinistra, davanti alla chiesa, seguendo le indicazioni per Thiene-Zugliano-Fara. Ci si immette sulla provinciale 91 di Farneda lungo una discesa con una pendenza del dieci per cento. Uno strappo breve quindi porta a Fara (km. 23,6). Si prosegue diritti per Thiene-Zugliano, scendendo lungo via Verdi. Al termine della discesa (km. 24,3) si volta a destra per Lugo lungo via Reale. Al curvone, a sinistra, si raggiunge il bivio (km. 25,6) per le ville Piovene e Godi Malinverni. Allo stop (km. 26,2), a sinistra per Thiene e, subito dopo a destra e sempre diritti per Calvene e Caltrano. La strada è tutto un saliscendi fino a Camisino (km. 32,5). Si passa davanti alla chiesa e si scende tenendosi sulla sinistra fino a Caltrano (km.33,3). Allo stop, girare a sinistra per Thiene-Chiuppano e seguire la strada principale oltrepassando il ponte sul fiume Astico. Al km. 34 si arriva a Chiuppano e quindi a Carrè (km. 36,76) seguendo via Roma. Allo stop (km.37,3) a sinistra per Thiene. La stra-

ROSINA

La Rosina • Marostica • Mason • Salcedo • Caltrano • Breganze • Marostica • La Rosina(km. 67,1) - (strada dei vini doc di Breganze)

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da è trafficata, ma sulla destra corre una bella e sicura pista ciclabile. Al km. 38,3 un bivio indiriz-za, sulla sinistra (attenti a l l ’at traversamento) , verso Centrale per via Ca’ Magra. A Centrale, allo stop (km. 40) a sini-stra per via Piazza ed allo stop successivo ancora a sinistra passando davanti alla chiesa seguendo le indicazioni per Zugliano e Grumolo Pedemonte. Prendere la curva a destra, scollinare e scendere allo stop di via Asiago (km. 41,4). Prendere a sinistra (attenzione strada trafficata) fino all’incrocio per Zugliano centro (km. 43,5). Qui si va a sinistra lasciando la strada principale. Attraversato il paese si arriva ad una rotatoria (km.44,1). Si prosegue diritti per Fara - Salcedo. In cima alla salita, a Fara, si gira subito a destra (km. 46) per Breganze. Qui siamo in piena zona collinare dei vini Doc ed i numerosi filari ben tenuti lo stanno a testimoniare. Scesi da Fara, allo stop (km. 49,9), si volta a sinistra per Breganze-Bassano. Si passa davanti alla Cantina sociale “Beato Bartolomeo” di Breganze e, al semaforo, si gira a destra arrivando alla rotatoria che incrocia la Gasparona Nuova. Si segue diritti per circa un chilometro su strada trafficata e si gira quindi a sinistra per Mirabella (km. 53,1). Al km. 53,5, davanti ad una birreria, si prende la sinistra per Maragno-le lungo via San Valentino e poi per via San Felice. Al centro di Maragnole (km. 56,8), si incontra una rotatoria che si aggira a sinistra andando verso il centro del paese e al km. 58, ancora a sinistra per via Bragetti. Alla curva, a destra per via Pajaron seguendo l’indicazione per Mason (km. 58,7) All’in-crocio con la Gasparona Nuova diritti per Mason e al bivio con la Gasparona Vecchia (59,6), svoltare a destra per Mason nella cui piazza si arriva poco dopo (km. 61,9). Da qui, seguendo la Gasparona Vecchia, si arriva in centro a Marostica (km. 67,1). Dal centro per Corso Mazzini, si oltrepassa la Porta Bassanese e si gira subito a sinistra e poi a destra per via Campomarzio fino all’incrocio con la provinciale 71 del Rameston. Qui si volge a sinistra fino a Ponte Campana. Al bivio, si prende a destra per Valle San Floriano e, da qui si sale fino alla Rosina. (km.67,1).

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I vini doc di Breganze

I vulcani delle ere millenarie e le acque dei ghiacciai in ritiro hanno lasciato in ere-dità, alle popolazioni dell’area breganzese, dei terreni quanto mai adatti alla coltivazione della vite. Tufo in colli-na e ghiaia in pianura contribuiscono a dare corpo e profumo alle uve di questa zona nobilitando, in tal modo, i vini che vengono prodotti. Da se-coli la coltura della vite è uno degli elementi più caratterizzanti dell’agricoltura di questa affascinante plaga dell’Alto Vicentino. Gli ultimi decenni poi, grazie alle moderne tecniche di lavorazione, hanno dato modo a dei veri e propri mae-stri dell’arte vinicola di offrire dei prodotti che hanno meritato l’assegnazione della doc (denominazione di origine controllata). Sono tredici i Comuni nei quali, in tutto o in parte, si riconosce la produzione pregiata. Eccoli: Bassano del Grappa, Breganze, Fara Vicentino, Marostica, Mason Vicentino, Molvena, Montecchio Precalcino, Pianezze, Salcedo, Sandrigo, Sarcedo, Schiavon e Zu-gliano. E’ bello gironzolare per le colline di queste località ammirando i vigne-ti di moderna concezione e fermandosi in una delle numerose aziende agricole segnalate per assaggiare uno dei tanti vini della zona o per rifornire la cantina di casa propria di bottiglie da intenditori. Qui si producono vini bianchi (dal chardonnay, al sauvignon, al bianco Breganze, al pinot grigio) e vini rossi ( dal cabernet, al marzemino, al pinot nero), ma due, in particolar modo, sono i

prodotti tipici del Breganzese: il vespaiolo ed il torcolato. Il primo è un vino bianco prodotto da vigneti autoctoni, profumato, fresco e dal sapore leggermente acidulo che ben si sposa con il pesce, ma anche con i leggendari asparagi bianchi di Bassano del Grappa. L’altro, il torcolato, è un vino bianco da dessert che viene prodotto quan-do le uve, raccolte in piena maturità, sono ormai appassite. Pensate che un quintale di queste uve offre appena dai 20 ai 25 litri di vino. La doc del vino Breganze è tutelata da un consorzio che raggruppa una decina di produttori, il più importante dei quali è la Cantina Beato Bartolomeo che ha sede proprio in Breganze.

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Questo è un percorso più breve nella zona dei vini doc di Breganze, ma non per questo meno interessante. Diff icoltà: medio facile. Si attraversano colline con saliscendi continui per cui occorre essere allenati alle salite.

Seguiamo l’itinerario n.5 fino al km. 18,8. Allo stop, invece di girare a destra per Salcedo, si volta a sinistra seguendo la strada provinciale Lusianese n. 69. Una fresca discesa ripaga della salita precedente ed offre scorci invidiabili sui vigneti, sui ciliegeti, sulle colline attorno e sulla pianura vicentina. Al cartello che indica la località di San Giorgio di Perlena, frazione di Fara Vicentino,

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ROSINA

La Rosina • Mason•Salcedo • San Giorgio di Perlena • Breganze • Mason • La Rosina(km. 41) - (strada dei vini doc di Breganze)

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siamo al km. 21,7. Un falsopiano conduce nel cuore della frazione, di fronte alla chiesa (km. 22,9). Riprende la discesa con vedute panoramiche sempre più affascinanti. Al cartello di Breganze (km. 24,1) si prosegue fino ad uno stop al termine della discesa (km. 26). Girare a destra ed ancora a destra seguendo una breve discesa che porta nel centro di Breganze (km. 26,7), la capitale morale della produzione vinicola a denominazione di origine controllata. Dopo una visita al paese, partendo dalla piazza, si imbocca, verso sud, via Cinque Martiri e, al semaforo (si può effettuare una sosta alla Cantina sociale Beato Bartolomeo, la più importante della zona), girare a sinistra seguendo le indicazioni per Bassano. Una lieve salita porta al bivio per Salcedo (km. 28) da cui si è scesi poco prima. Si va invece diritti per una brevissima discesa, attraversando moderni vigneti e si continua a pedalare fino ad arrivare a Mason (km. 31). Il percorso si snoda ora lungo la provinciale Gasparona Vecchia piuttosto trafficata. Si passa il cartello che indica il Comune di Molvena (km. 31,8) e quello di Marostica (km. 34,5). Al bivio per Pianezze-Molvena e per Bassano si prende a sinistra per il centro di Marostica attraversando Borgo Panica. Si oltrepassa l’ex ospedale e, attraverso la Porta Breganzina, si arriva nel centro di Marostica (km. 36,1). Per ritornare al punto di partenza, si imbocca Corso Mazzini fino alla Porta Bassanese. Allo stop si gira a sinistra e subito a destra per via Campomarzio. Allo stop (km. 36,7) ci si immette, a sinistra, sulla provinciale del Rameston. Un chilometro più avanti, a Ponte Campana, si gira a destra per Valle San Floriano e si affronta l’ultima salita che riporta alla Rosina (km. 41).

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E’ un percorso breve che vi porta nel cuore dell’area vocata a coltivazione della ciliegia di Marostica. Diff icoltà: medio facile. Il percorso si svolge in zona dove le pendenze variano, arrivando, al massimo, all’otto per cento. Occorre quindi una preparazione, a monte, per affrontare senza grandi diff icoltà gli eventuali strappi.

All’uscita dalla Rosina prendere a de-stra verso occidente per la discesa che porta a Valle San Floriano (km. 2). Al termine girare a destra passan-do davanti alle scuole elementari, se-guendo l’itinerario della “Strada dei marroni” e imboccando via Strop-pari. All’altezza di un capitello della Madonna tenere la sinistra per via Carrara e contrada Placca. Ora la strada comincia a salire per brevi tornanti non impegnativi, offrendo una prima splendida veduta sulle mura a nord del Castello superiore di Marostica e sulle propaggini dell’Altopiano di Asiago. In via Valbella Alta un falsopiano porta ad una leggera discesa che si immette nella provinciale 71 del Rameston. Allo stop (km. 4,4), a sinistra la strada porta direttamente a Marostica, ma noi andiamo a destra salendo verso Cro-sara lungo via Capitelli. Dopo una serie di tornanti si raggiunge l’abitato di Crosara (km. 8,5). Nella piazzetta si prende a sinistra per San Luca. Si prose-gue seguendo sempre la via principale gustando il meraviglioso panorama che si apre subito dopo l’area da pic-nic. Al cartello di San Luca i chilometri sono già una decina. Si oltrepassa il viadotto sulla vecchia strada e si arriva di fron-te alle scuole elementari della frazione in leggera discesa. Si prosegue senza mai deviare fino ad un incrocio che abbandona la strada principale. Seguire la deviazione a destra (km. 13) per Molvena. Fare bene attenzione alla discesa perché la pendenza si aggira intorno al 12-13 per cento. Alla fine della discesa (km. 14,9) ecco Molvena. A destra, sotto la chiesa, per via Monteferro, si arriva alla vicina piazza del paese mentre a sinistra, dove giriamo noi, si pro-

ROSINA

La Rosina • Crosara • San Luca • Marostica • La Rosina (km. 24,1)(strada delle ciliegie)

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Strade delle ciliegie

Un tempo, i contadini che abitavano le col-line poste a cavallo fra Mason e Marostica, aspettavano con ansia la stagione delle ci-liegie perchè offriva loro la possibilità di azzerare i debiti con le botteghe di paese, accumulati nel corso dell’anno. Era questa, infatti, la coltura più redditizia. Anche ades-so si coltivano i ciliegi, ma con una menta-lità moderna, al passo con le esigenze della nuova commercializzazione. Del passato rimane, comunque, il fascino delle distese di ciliegi in fiore, nel pe-riodo primaverile, vere macchie di bianco che ammantano le colline. Ed è qui che si snodano i nostri itinerari alla scoperta di contrade sperdute con superbi panorami che ripagano delle fatiche della salita. Le strade che vi proponiamo interessano la parte più importante della produzione cerasicola della ciliegia di Marostica che gode del marchio Igp (Indicazione geografica protetta) e che comprende i Comuni di Marostica, Molvena, Pianezze e Mason. Essa si inter-seca, in alcuni tratti, con la “Strada dei marroni” e con la “Strada dei vini doc di Breganze”. Il periodo migliore per percorrerla è quello di metà aprile (tutto dipende dall’andamento stagionale) quando i ciliegeti sono in fiore. Fra mag-gio e giugno, invece, le piante si colorano del rosso vivo del prelibato frutto.

segue per Pianezze. Ora la stra-da scende e poi risale lievemente fino a Pianezze (km. 16,2). All’in-crocio nella piazza del paese, si procede diritti ultimando la di-scesa e raggiungendo il piano fino ad uno stop (km.17,8) che segna l’incrocio con la provinciale della Gasparona vecchia. Dopo dieci metri, prendere la strada di sinistra (meno trafficata) per il centro di Maro-stica al quale si arriva seguendo via Panica e superando la Porta Breganzina (km. 19). Per ritornare, imboccare Corso Mazzini verso est, oltrepassare la Porta Bassanese, girare subito a sinistra e, una ventina di metri dopo, a de-stra per via Campomarzio. Allo stop prendere a sinistra per la provinciale 71 del Rameston seguendo la strada principale fino a Ponte Campana. Al bivio (km. 20,2) prendere a destra per Valle San Floriano. Si torna nella frazione marosticense (km. 22) e si sale quindi verso la Rosina (km. 24,1)

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E’ questo un itinerario più allungato della Strada delle ciliegie che permette di curiosare fra colline ricche di fascino. Diff icoltà: i continui saliscendi richiedono una preparazione adeguata anche se i dislivelli da superare non sono eccessivi.

All’uscita dalla Rosi-na prendere a destra per la discesa. A Valle San Floriano seguire le frecce per Maro-stica. Dal centro del-la città proseguire per Corso Mazzini verso ovest fino ad oltrepassare la Porta Breganzina. Subito dopo, girare a destra per San Luca lungo via Cansignorio della Scala. Dopo alcuni tornanti (pendenza intorno all’otto per cento) al km 6,5, a destra si può arrivare al museo ornitologico “Angelo Fabris” ed al Castello Superiore dove sorge l’omonimo prezioso ristoran-te “fratello” di quello della “Rosina”. Proseguiamo, invece, diritti tra salite più addolcite e falsopiani fino al bivio per Molvena (km. 10,2). Oltrepassata l’osteria al Palazzotto, si prosegue fino ad arrivare a San Luca (km.11,1) Dopo le scuole elementari ed il viadotto, subito a sinistra (attenzione alla curva cieca) per via Guizze(km.11,5). Si scende con una meravigliosa vista sulla pianura vicentina, sui Colli Euganei e Berici, sulle Piccole Dolomiti e sull’Alto-piano di Asiago fino al cartello che indica il comune di Molvena (km.12,9). Si

ROSINA

La Rosina • Molvena • Mason • Molvena • Pianezze • Marostica • La Rosina(km. 41.9) - (strada delle ciliegie)

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prosegue per via Parisoni e, allo stop (km. 14,7) si gira a destra per via Maz-zarina. Sei metri più avanti altro stop e si devia a sinistra per via Tibalda (a destra si arriva a Laverda e a Mason per via Caneva). Allo stop di via Miche-

lina (km. 16,7), diritti si arriva alla chiesa di Mure, mentre noi giriamo a sinistra per Molvena. Alla fine della discesa, allo stop (km. 17,3) si gira a destra se-guendo sempre la strada princi-pale senza mai deviare. Si arriva in località Ponticello (km. 19,3). Al bivio girare a destra immet-tendosi nella provinciale della Vecchia Gasparona, più traffica-

ta, arrivando, quindi, a Mason (km.20,4). Dal centro prendere a destra per via Roma e proseguire verso le colline, su falsopiano prima e in salita poi, fino al bivio per Salcedo (km. 24,4). Proseguire fino ad un capitello della Madonna (sulla sinistra). Qui (km. 25) si gira a destra oltrepassando il ponticello sul Lavarda e proseguendo in salita fino ad arrivare all’incrocio con la strada di via Parisoni (km.27,4). Prendere a sinistra, in salita, e quindi proseguire diritti per via Mazzarina, in discesa, fino a raggiungere località Valderio (km. 28,7). Allo stop attraversare il ponte sul Valderio,a sinistra, e seguire la strada in salita fino a raggiungere l’abitato di Molvena (30,36). Dalla piazza tornare indietro lungo via Don Girolamo Carli fino al bivio ( 400 metri dopo) per via Grotta (a sinistra). Scendere, passare davanti alla grotta della Madonna di Lourdes fino allo stop di Ponte Ciapa (km. 31,5). Qui girare a sinistra per Vil-la di Molvena. Subito dopo la zona industriale, in salita, abbandonata la strada che porta al centro della frazione, si gira a sinistra per via Toaldo pedalando lungo una breve, ma impegnativa salita che porta (km. 34,1) a Pianezze. Allo stop, dopo la chiesa, girare a destra per Marostica. All’incrocio con la pro-vinciale della Vecchia Gasparona (km. 35,7) voltare a sinistra ed ancora a sinistra per via Panica superando la Porta Breganzina fino al centro di Maro-stica (km. 36,8). Seguire quindi per Corso Mazzini fino alla Porta Bassanese, girare subito a sinistra e poco dopo a destra per via Campomarzio. Allo stop voltare a sinistra per la provinciale 71 del Rameston e proseguire diritti fino al bivio di Ponte Campana. Prendere a destra per Valle San Floriano.Da qui si ritorna alla Rosina (km.41,9).

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9La Rosina • Marostica • Nove • Rosà • Cassola • Marostica • La Rosina (km. 41,4)

(strada della ceramica e degli asparagi)

ROSINA

All’uscita dalla Rosina, prendere a destra per la discesa. A Valle San Floriano, girare a sinistra e proseguire fino allo stop di Ponte Campana. Ancora a sinistra per la provinciale del Rameston fino al semaforo di Marostica con la statale Marosticana (km. 4,2). Lo si supera, diritti, seguendo via dei Ciliegi. Allo stop, girare a sinistra, superare un ponticello e proseguire lungo via Dante Alighieri fino ad un capitello. Qui prendere la destra per via Levà.Si prosegue tranquilli in mezzo alla campagna. Allo stop (km.7,4), a sinistra per Nove lungo la provinciale. Quattrocento metri più avanti, prendere a destra per Padova lungo via Padre Roberto. Allo stop seguente, a sinistra per via Munari e quindi per il centro di Nove. Si arriva in piazza (visita al museo della ceramica) dopo avere ammirato, a destra e a sinistra, le numerose fabbriche di ceramica del centro novese (volendo si può proseguire diritti per Bassano per quasi un chilometro curiosando tra le varie aziende che

Il percorso che vi proponiamo serve a far conoscere una delle località più note per la lavorazione della ceramica d’arte che ha fatto il giro del mondo, Nove, cittadina che è sede di un importante museo dedicato proprio a questi manufatti che qui si fabbricano ormai da secoli. Vi facciamo poi proseguire per la campagna a sud di Bassano del Grappa, nota per la coltivazione del prelibato asparago bianco, che in primavera, allieta le tavole dei ristoratori della zona anche con un ciclo di serate ormai entrate nella tradizione.Diff icoltà:nessuna dal momento che l’itinerario si svolge tutto su strada pianeggiante. Attenzione soltanto ad alcuni attraversamenti e a qualche tratto traff icato.

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fiancheggiano la strada).Dal semaforo volgiamo a destra per arrivare alla strada degli asparagi seguendo via Brenta in direzione Rosà. Si attraversa il fiume Brenta, si supera la rotatoria voltando a destra per via Monte Grappa (km. 10,5). Prima dello stop, sulla vostra destra appare la splendida Villa Cappello Morosini ora sede municipale. Subito dopo girate a destra, passate fra la chiesa ed il campanile di Cartigliano e prendete per via San Pio X. Duecento metri più avanti, si gira a sinistra per via Montagna, indicazioni per Tezze. Ad una curva (km. 12,3), non proseguite per via Duca di Modena, ma prendete a sinistra per via Don Sturzo (la tabella si trova all’inizio della stradina alla vostra sinistra). Al prossimo incrocio, a sinistra per via Po. Arrivati all’intersezione con la provinciale (km. 14,6), la si supera andando diritti per Travettore lungo via Capitello. Ottocento metri dopo si trova un capitello dedicato alla Madonna della Salute. Passate davanti tenendo la destra ed immettendovi in via Don Marangoni arrivando diritti di fronte alla chiesa di Travettore. Qui giunti, girate a destra per via Molino. Si supera l’incrocio successivo (attenti nell’attraversare per la curva cieca alla vostra sinistra) passando davanti ad un capitello della Madonna e prendendo per via Tiziano Vecellio. Allo stop con la provinciale, attraversate immettendovi nella ciclopista alla sinistra. Proseguite paralleli alla strada trafficata, superate la rotatoria,sempre in ciclopista, attraversate un’altra strada lambendo sempre la provinciale per via Roma, davanti a Villa Dolfin Boldù fino a trovare l’inizio di una pista ciclabile che gira a sinistra con l’indicazione per il centro di Rosà. Seguitela sempre in direzione est superando una serie di incroci, fino all’ultimo che vi porta, girando a sinistra prima e a destra poi, in via degli Alpini. Qui incrociate la trafficatissima statale Valsugana (km. 20). Attenzione all’attraversamento. Girate a sinistra e duecento metri circa più avanti, prendete a destra per via Trasaghis. Allo stop diritti per via Giolitti. Al nuovo stop, a destra per via

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Segafredo. Dopo il passaggio a livello tenere la sinistra per via Balbi. Altro stop, e sempre diritti per via Balbi. Al prossimo stop (km. 21,8) a sinistra per via San Zeno che poi diventa via Rosà. Si passa quindi dal comune di Rosà a quello di Cassola ammirando le numerose coltivazioni di asparagi. Al termine di via Rosà si lascia a destra il passaggio a livello e ci si immette, qualche metro più avanti, sulla destra, in via Concato. Allo stop diritti per via Asiago passando accanto ai Magazzini Nico. Si supera il sottopasso ferroviario e si arriva all’incrocio con la statale Valsugana (km. 25,4). La si percorre per brevissimo tratto su pista ciclabile fino al semaforo.

Qui si devia a sinistra verso l’ospedale, davanti al quale, subito dopo la rotatoria, ci si tiene a destra entrando nella pista ciclabile indicata dalla tabella. La si percorre fino al semaforo che si supera passando fra il cimitero e la chiesa di Santa Croce immettendosi in via Rodolfi. Si incrocia un primo semaforo che si supera ed un secondo (km. 27,8) che si attraversa verso ovest. Dopo una trentina di metri ci si immette su via Cartigliana, girando a sinistra e, poco più avanti, si va a destra per via San Rocco in direzione di San Lazzaro. Subito prima del centro di questa frazione di Bassano del Grappa, si volta a sinistra per via Melagrani. Allo stop (km. 29,8), a destra per via Cartigliana. Si sottopassa la tangenziale sud e si prosegue sempre diritti

fino alla rotatoria. Qui si va a destra superando il ponte sul Brenta seguendo, se si vuole, la più sicura ciclopista. Al semaforo di Nove (km. 33,6) avanti diritti seguendo le indicazioni di Marostica. Al km. 34,4, a destra per via Fraccon seguendo l’itinerario dell’andata. Al capitello, a sinistra per via Dante Alighieri, quindi a destra per via 4 Martiri ed ancora a destra per via dei Ciliegi fino al semaforo (km.37,2). Si attraversa seguendo le indicazioni per Valle San Floriano e la Rosina (km. 41,4).

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La Rosina • Valdobbiadene • La Rosina (km. 101,4)

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L’itinerario vi porta nella “capitale” del vino Prosecco e del Cartizze, lungo un percorso collinare ricco di fascino. Difficoltà: impegnativo. Salite e discese si ripetono mettendo a dura prova la capacità dei ciclisti. Occorre una preparazione adeguata anche per la lunghezza del percorso.

Si segue l’itinerario per Asolo e Possagno (n.4) fino allo stop di Pagnano (km. 27,1). Si gira a destra e subito a sinistra seguendo le indicazioni per Monfumo lungo via Carreggiate. Dopo il bivio, tenere la destra, attraversare un ponticello e quindi seguire la curva a sinistra per Monfumo lungo via Bassanese. Subito dopo il cartello che indica Monfumo, si gira a destra (km. 30,5) per Cornuda lungo via Muson. Avanti diritti fino all’inizio di una salita. Ci si tiene sulla sinistra per un paio di tornanti e quindi avanti diritti fino ad arrivare ad uno stop (km. 35,5). Si gira a sinistra per Nomigo e, 40 metri più avanti, subito a destra per Onigo, in via Boschi. Allo stop di Onigo (km. 39,3), davanti al

municipio, a sinistra e, 800 metri dopo, al nuovo stop ancora a sinistra per la statale Feltrina (attenzione: è una strada molto trafficata) La si percorre per circa sei chilometri e, quindi, a destra per Ponte di Fener. Si attraversa il Piave e si entra in territorio comunale di Segusino. Al nuovo stop a destra per Valdobbiadene (km. 46,3) e, 500 metri dopo, a sinistra in salita per il centro del paese. Proseguire sempre diritti fino ad arrivare nella piazza della nota località vinicola (km. 50,7). Si ritorna per la stessa strada (Km. 101,4).

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11Valdobbiadene • Strada del Prosecco • Valdobbiadene (Km. 61)

E’ uno degli itinerari naturalistici più belli. Avrete modo di constatare di persona quanto impegnativo sia stato, negli anni, il lavoro dell’uomo nel trasformare i boschi delle colline, f ino, in alcuni casi, alla sommità delle stesse, in distese ben composte di vigneti. E’ un susseguirsi di saliscendi con vedute sempre diverse, ma tutte affascinanti. Se volete gustare la bontà delle bollicine del Prosecco e del più amabile Cartizze, vi consigliamo di farlo tornando in auto o limitandovi ad un solo bicchiere. La strada è lunga e lasciarsi prendere dal profumo di questi vini può essere ingannevole. Difficoltà: medio facile. La presenza di salite, anche se non eccessivamente impegnative, sconsigliano questo itinerario a chi non ha una adeguata preparazione. Si è cercato il più possibile di evitare le strade trafficate. In alcuni casi, purtroppo, è stato inevitabile condurvi su tratti, pur brevi, con un passaggio consistente di auto e camion. Li abbiamo indicati. Fate molta attenzione. La bellezza del paesaggio che gusterete o che già avrete gustato vi ricompenserà anche di questi brevi disagi. Se arrivate a Valdobbiadene in auto, sulla destra, prima della piazza c’è una strada che vi porta in un ampio parcheggio dove potete lasciare la vettura.

VARIVARIVAVAVAVA ANTEANTEANTEANTEEEANTET

Si parte dal centro di Val-dobbiadene (chi ha fiato e gambe può compiere il percorso arrivando in bici dalla Rosina seguendo l’iti-nerario n. 10). Da qui si va a destra per Vittorio Ve-neto, lungo via Piva. Dopo l’impegnativa salita, il pa-norama si apre sulle prime distese di viti che ricopro-no le colline circostanti.

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Al km 5,5 si devia a destra per una discesa seguendo le indica-zioni per Conegliano e Farra di Soligo. Al bivio (km. 7,6) ancora a destra per Conegliano fino a giungere a Col San Martino (km. 9,4). Si gira a sinistra per Cone-gliano e si segue la strada prin-cipale un po’ trafficata verso est fino ad arrivare a Pieve di Soligo che, tenendo la destra, si attraversa passando per il centro. Prima della chie-sa e davanti alla chiesa (km. 17,7) si tiene la sinistra per Refrontolo. Al sema-foro, a destra, sempre per Refrontolo. Si seguono quindi le indicazioni per questa località e per San Pietro di Feletto. Oltrepassato il centro di Refron-tolo, ad un bivio, ignorare l’indicazione a sinistra per Vittorio Veneto (km. 25) e procedere diritti, in salita, fino a San Pietro di Feletto. Fin qui avrete modo di ammirare le colline trevigiane tutte coltivate a viti per la produzione del classico Prosecco, del Cartizze e del Marzemino. Al centro di San Pietro di Feletto (km.26) si va a destra per Santa Maria. Si scende attraversando i paesi di Santa Maria di Feletto e di San Michele di Feletto, entrando quindi in

Comune di Conegliano. Allo stop (km. 34,2) se volete andare in centro a Conegliano (la Stra-da del Prosecco unisce Valdobbiadene a questa località, importante punto di riferimento per i tecnici del vino) girate a sinistra, altrimenti seguite l’itinerario del vino Prosecco girando a destra per Pieve di Soligo e Vidor. A Pieve di So-ligo si riattraversa il centro (km. 43,4) andando diritti verso Farra di Soligo. Allo stop ancora diritti per Ponte di Vidor. Alla rotonda pren-dere per Farra-Valdobbiadene-Soligo. Al bivio di Soligo a sinistra per Farra e Valdobbiadene. Si superano quindi Farra e Col San Martino. Qui, al bivio per il centro (km. 51,9), si tiene la sinistra per Ponte di Vidor. Si entra in Comune

di Vidor, si attraversa località Colbertaldo e, al bivio (km. 55,9), a destra per Valdobbiadene-Feltre. Allo stop successivo, a sinistra per Valdobbiadene. Si supera località Bigolino e, al semaforo, a destra per Valdobbiadene. Al nuovo bivio (km. 60,8), a destra per il centro di Valdobbiadene (km. 61).

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Variante per visitare altre colline della zona del Prosecco

Dal centro di Valdobbiadene (km. 0) si prosegue in salita per San Pietro di Barbozza, Santo Stefano, Guia (km. 5,2) dove ci si tiene sulla sinistra seguendo le indicazioni per Vittorio Veneto, Miane, Combai. Si incontrano quindi gli abitati di Guietta e di Combai, noto, quest’ultimo centro, oltre che per i suoi vigneti, per i prelibati marroni che si raccolgono nei boschi a nord del paese. Si comincia a scendere e si arriva a Miane (km. 11,7). Subito dopo si trova il paese di Follina (km. 14) e merita una visita l’abbazia cistercense che vedrete sulla vostra sinistra attraversando il centro del paese. Poco dopo ci si immette su una strada più trafficata (tenete la sinistra). Sempre pedalando in pianura arriverete quindi a Cison di Valmarino (km. 17,2) con la mole rimaneggiata di Castel Brando che vi guiderà dall’alto di uno sperone roccioso. Continuando a viaggiare verso nord supererete l’abitato di Soller fino a Revine al Lago. Ad un bivio (diritti si va a Vittorio Veneto) girare a destra per Tarzo (km. 23,2). Si raggiunge, dopo una breve salita, il paese di Tarzo (km. 25,3) che attraverserete lasciando stare le indicazioni per Rolle. Arriverete quindi a Corbanese (km. 29,1) e, al prossimo incrocio, dopo il centro del paese, andate a destra per San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo. Ora si comincia a salire dolcemente fino a raggiungere un bivio (km. 33,4). Qui ci si immette, svoltando a sinistra, nella salita che porta a San Pietro di Feletto, incrociando il percorso principale della “Strada del Prosecco” che coincide con il km. 25.

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Il Prosecco ed il Cartizze

Quando dici Prosecco, dici Valdobbiadene e tutto quel rincorrersi di colline che si estendono fino all’abitato di Conegliano. Della particolarità di questo vino, che nulla ha da invidiare ai migliori champagne francesi, ci si è accorti fin dai tempi dei Romani e le testimonianze nel merito sono numerose, ma, soltanto nel 1962, undici produttori della zona pensarono di dare vita ad un “Consorzio di tutela del Prosecco” viste le imitazioni che danneggiavano la commercializzazione del vero ed autentico Prosecco trevigiano. Nel 1967 il Ministero dell’Agricoltura riconobbe l’area compresa tra Valdobbiadene e Conegliano come

unica autorizzata a fregiarsi del titolo di zona di produzione del Prosecco e del Superiore Cartizze. La Doc per questo vino, che ha conquistato i mercati di tutto il mondo, è quindi piuttosto datata a dimostrazione della valenza del prodotto. Sono quindici i Comuni interessati dalla denominazione di origine controllata del Prosecco, vale a dire: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Cison di Valmarino, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Miane, Vidor, Follina, Tarzo, Valdobbiadene. Il tutto interessa un’area di circa 18 mila ettari di superficie agricola. All’albo Doc sono iscritti quasi 4300 ettari di vigneto lavorati da oltre 3000 produttori: di questi 105 ettari sono di Superiore Cartizze. E’ il terreno a regalare ai grappoli d’uva quel particolare sapore, assieme al sole ed al clima che favoriscono lo sviluppo delle viti e la formazione degli

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acini. La favorevole posizione geografica di questi colli dà la possibilità agli agricoltori di piantare le loro viti fino a 500 metri di altitudine offrendo uno spettacolo eccezionale al visitatore. Due sono le tipologie più note di Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene e cioè l’Extra dry ed il Brut. Il primo è quello più classico, il secondo quello più moderno. Meno noti sono poi il Prosecco tranquillo e quello frizzante. Su tutti, comunque, vigila l’apposita commissione del Consorzio di tutela al fine di garantire la qualità di un prodotto che s’è saputo imporre, oltre che per le caratteristiche organolettiche regalate dalla natura, per la serietà della filiera produttiva, dalla piantumazione delle viti fino alla commercializzazione delle bottiglie.

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L’itinerario segue l’antica via del tabacco e vi porterà a scoprire le aspre bellezze della Valle del Brenta detta anche Canal di Brenta-Diff icoltà: facile. C’è solo qualche brevissimo saliscendi. Consigliato anche a coloro che non sono ancora pronti ad affrontare le salite.

La Rosina • Valstagna • Piovega di sotto • La Rosina (Km. 59,8)(Antica via del tabacco)

Usciti dalla Rosina si gira a sinistra verso nord fino al bivio con la provinciale della Fratellan-za (km. 0,8). Qui si scende fino ad arrivare a San Michele, frazione di Bassano del Grappa (km. 2,5). Si continua sempre diritti ignorando il bivio per Marostica (km. 3,7). Si procede per Viale Asiago e, a metà di un rettilineo, dove si apre una rotatoria, si prende a sinistra per via Don Sturzo. Attenti ad un primo stop: lo si attraversa fino ad un secondo stop (km. 5,7). Qui si devia a sinistra, si supera (sulla destra) una residenza per anziani (Villa Serena) e dopo un paio di curve si prende una stradina (via dei Pilati) sulla destra (km. 6,4). Si affronta una lieve salita e quindi una discesa con una curva che si segue volgendo a destra fino allo stop (km.7,3). Ci si immette nella provinciale Campesana Val Vecchia un po’ trafficata in località Corte (ad una cinquantina di metri al di là della strada si erge la villa palladiana Angarano Bianchi Michiel) e si gira a sinistra. Seguite sempre questa strada prin-cipale lasciando perdere qualsiasi incrocio. Si attraversano i centri abitati di Sant’Eusebio (il primo), di Sarson con il semaforo, di Campese (km. 10,7), di Campolongo (km. 13,8), di Oliero (km. 17), con le sue splendide grotte, di Valstagna (km. 18,9). Qui, in centro, non andare a sinistra per Foza, ma seguire la strada che costeggia il fiume Brenta. Subito dopo si incontreranno le frazioni (tutte di Valstagna, com’è Oliero) di San Gaetano, di Sasso Stefani, di Giara Modon, di Costa (km. 24,3) e di Collicello fino a località Piovega di Sotto dove sorge la Birreria Cornale (km. 29,9). Qui la strada camionabile muore e comincia la ciclopista che si collega, alcuni chilometri più avanti, a quella trentina, ma di questa parlere-mo in un altro itinerario. Si consiglia il ritorno seguendo lo stesso percorso (Km. 59,8).

ROSINA

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La Valle del tabacco

La Vallata del Brenta, fino a qualche decina di anni fa, era terra di tabac-chicoltori e di contrabbandieri. La coltura, portata in Valle, si narra, da un frate benedettino del convento di Campese, che ne aveva nascosto i semi in un bastone, cominciò a mostrarsi verso la metà del 1500. Inizialmente non vi fu-rono limitazioni di sorta, ma ad un tratto la Serenissima, che aveva bisogno di denari per la sua guerra con i Turchi, impose dei dazi e monopolizzò la vendita del prodotto. Di monopolio si continuò a parlare fino a pochi decenni orsono quando l’Italia tolse questa imposizione alla coltura riservandola solo alla manifattura. I valligiani ricavarono per secoli il loro sostentamento dalla col-tivazione e dalla vendita del tabacco e i limiti posti dal Monopolio li costrin-sero a diventare in larghissima parte dei contrabbandieri. Le colture avevano invaso ogni minimo appezzamento e s’erano arrampicate fin sulla montagna con la terra rubata al bosco, e trattenute dalle “masiere” nei terrazzamenti sempre più arditi. La lotta fra contrabbandieri e guardie di finanza fu continua e dura. In Valle c’erano caser-me delle Fiamme gialle quasi in ogni centro, con le sbarre che, di notte, si abbassavano sulla strada per vietare il pas-saggio di carriaggi ove era possibile nascondere il tabac-co. I sentieri della montagna diventarono autostrade per i contrabbandieri che raggiun-gevano le zone del Thienese

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e dello Scledense e che portavano, nei loro sacchi, foglie per il tabacco da pipa o da sigaretta, o sigari confezionati di notte nei granai e nascosti poi nei “secreti” delle case, o tabacco in polvere. I magri ricavi di questo prodotto costrinsero molti valligiani a lasciare le loro case per cercare lavoro in vari paesi d’Europa e d’oltre Oceano. Adesso questa coltura è ormai scomparsa.

Rimane soltanto il Consorzio Tabac-chicoltori Monte Grappa, nella zona industriale di Campese, che lavora attualmente tabacco proveniente da altre aree. Questo percorso ciclisti-co, che corre tutto in destra Brenta, darà la possibilità al turista di visi-tare una valle dal fascino indiscuti-bile, ricca di storia e di cultura. Chi la attraverserà per la prima volta non

potrà non constatare l’asprezza dei fianchi della montagna che, sulla destra del fiume, accompagna all’Altopiano di Asiago, mentre, sulla sinistra, sale fino alla vetta del Monte Grappa. Questa fu una via obbligata per il passaggio di innumerevoli eserciti con tutte le conseguenze che questo aspetto comportò durante i secoli. L’unica ricchezza valligiana è l’acqua. Grazie, infatti, al ter-reno carsico delle montagne che la attorniano, essa è piena di sorgenti. Non può mancare una visita, per questa passeggiata, alla chiesa di Santa Croce di Campese con l’annesso monastero benedettino risalente al 1200, e alla tomba (all’interno della chiesa stessa) di Teofilo Folengo, meglio noto come Merlin Cocai, scrittore macaronico del Cinquecento che qui esalò l’ultimo respiro dopo una vita religiosa travagliata e dopo avere dato alle stampe numerose e preziose opere letterarie. Ad Oliero (a sinistra subito dopo il ponte sul fiume omonimo) meritano sicuramente una sosta ed una visita le grotte ed il museo del carsismo (vedi il capitolo “Andare per musei”). Al termine del percorso, in riva sinistra, si possono ammirare i resti del Forte Tombion ed il Covolo del Butistone (spiegazioni più ampie nel box riservato alle fortezze).

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Itinerario interessante nel cuore della Valbrenta, che vi porterà a scoprire la parte meridionale della provincia di Belluno ai confini con quella vicentina. Di particolare rilievo la presenza, lungo questo tragitto, di tre forti: la Tagliata di Primolano, il Covolo del Butistone che vedrete alto nella roccia, sulla vostra sinistra, scendendo, fra Primolano e Piovega di Sotto ed il Forte Tombion. Diff icoltà: medio facile. Di impegnativa c’è soltanto la salita da Cismon ad Incino. Due chilometri con pendenze iniziali un po’ dure. Serve un’adeguata preparazione, anche per la lunghezza del percorso.

La Rosina • Rocca di Arsiè • Primolano • La Rosina (Km. 73,6)(Il giro della Rocca)

Seguire l’itinerario dell’antica via del tabacco (n. 12) fino a Piovega di Sotto-Birreria Cornale (km. 29,9). Da qui si supera il ponte sul Brenta immettendosi nella superstrada della Valsugana, girando subito a destra (attenti al traffico). Dopo meno di 500 metri uscire dalla superstrada sulla destra per Cismon. Si passa sotto il cavalcavia della statale. Avanti diritti per il sottopasso ferroviario. Dopo la leggera salita si arriva in prossimità del ponte sul Cismon. Non lo si attraversa, ma si affronta subito la salita, sulla sinistra, per Incino (km. 31,5). L’erta si fa impegnativa nei primi tornanti, ma è meno dura in quelli successivi. Pieno di fascino lo strapiombo che si apre sulla destra con il laghetto ai piedi della diga del Corlo. Si scollina raggiungendo Incino (km. 33,5). Si scende costeggiando il lago di Arsiè e passando per la frazione di Rocca. E’ un susseguirsi di discese e di piccoli strappi. L’importante è seguire sempre la strada principale fino allo stop (km. 39,7). Qui si prende a sinistra per Primolano, Arsiè. Dopo il sottopasso seguire la direzione per Arsiè, non per Primolano. Una decina di metri più avanti tenere per buone le indicazioni per Fastro e San Vito, sulla sinistra. Si supera il cartello di Arsiè e allo stop, dopo una leggera salita (km. 40,7) si volge a sinistra per Primolano. Dopo Fastro, la strada scende per le famose “Scale di Primolano”, seguendo l’antica

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tagliata fortificata. A Primolano, al termine della discesa, si arriva davanti alla chiesa (km.48,1). Si va a sinistra per la vecchia statale della Valsugana fino al prossimo stop. Qui si prende ancora a sinistra superando il cavalcavia della superstrada Valsugana. Allo stop, si va a sinistra oltrepassando il ponte sul fiume Brenta. Poco oltre,all’inizio della salita per Enego, sempre a sinistra, si diparte la ciclopista che, evitando il pericoloso tratto di superstrada Valsugana fra Primolano e Cismon, porta a località Piovega di Sotto-Birreria Cornale (km 54). Si riprende quindi il percorso fatto all’andata lungo l’antica via del tabacco (n. 12) ritornando alla Rosina (km. 73,6).

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I percorsi n. 13 e n. 14 offrono la possibilità di vedere i resti di alcuni dei numerosi fortilizi costruiti dagli italiani agli inizi del Novecento o di caverne usate come centro di osservazione e di difesa in epoche antiche. Diamo un breve cenno di queste strutture a cominciare dal Forte Tombion, il primo che si incontra al termine dell’antica via del tabacco sulla riva sinistra del fiume Brenta. La Tagliata Tombion venne realizzata per sbarrare un eventuale assalto da parte delle truppe dell’Impero Austroungarico per irrompere nel Canal di Brenta. Fra Italia ed Austria esisteva un patto di alleanza, ma già si intuivano i segni di

un’insofferenza per le terre irredente che sarebbe sfociata poi nella Grande guerra. Ecco il perché del pullulare di iniziative edificatorie lungo i confini del Vicentino con il Trentino. Tornando a parlare di Forte Tombion è da ricordare la sua doppia importanza sia a difesa della strada di congiunzione fra Veneto e Trentino (il confine austriaco, ricordiamolo, distava poco più di tre chilometri, subito a nord di Primolano), sia a difesa della ferrovia da poco costruita. Questo forte non servì allo scopo che s’era prefisso perché, dopo la rotta di Caporetto, venne abbandonato il 12 novembre 1917 e finì in mano austriaca senza colpo ferire, a causa dello spostamento più a sud delle linee italiane. Altra struttura difensiva che si incontra scendendo, con l’itinerario n, 13, da Arsiè e da Fastro, è la Tagliata della Scala, costruita per sbarrare il cammino agli aggressori che fossero arrivati dalla rotabile per Feltre ed il Bellunese. La fortificazione aveva uno sviluppo piuttosto ampio, come si può notare ancor oggi e risaliva i fianchi della montagna, unendosi alla Tagliata della Fontanella, più a nord. Una deviazione lungo l’itinerario n. 14 può portare alla visita dei resti del Forte di Cima di Campo costruito sulla cima omonima con grandi blindature ed a prova di bomba, dotato di sei cannoni protetti da cupole pesanti, di torrette per otto mitragliatrici, di alloggi per la truppa, di magazzini per le munizioni e per l’officina, di trincee protette. Il forte venne conquistato

I forti

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dalle truppe della 18° divisione di fanteria austriaca fra l’11 ed il 12 novembre del ‘17 dopo aspri combattimenti. A fiancheggiare il complesso difensivo di Cima di Campo doveva pensarci il Forte di Cima di Lan costruito nella parte opposta rispetto al primo e messo a guardia della strada che saliva dalla valle del Cismon e degli altopiani di Lamon, Sorriva e Zorzoi. Era fornito di quattro cannoni protetti da cupole corazzate e di quattro mitragliatrici. Anche questo forte passò al nemico il 12 novembre del 1917. Prima di lasciarlo però, gli italiani, lo fecero saltare danneggiando in maniera evidente le strutture più importanti, ora di quella struttura rimane gran poco. Un cenno a parte merita invece la cavità naturale del Covolo di Butistone che si vede, salendo da Cismon verso Trento, appena superati i resti di Forte Tombion, occhieggiare nel mezzo di una parete di roccia, sospeso fra valle e cielo. La storia di questo fortilizio tanto ardito si perde nel tempo, ma la prima documentazione scritta risale agli inizi del Mille. Basta dare un’occhiata alla gola sulla quale si erge per capirne l’importanza militare. La caverna fu attrezzata, nel corso dei secoli, per accogliere fino a 200 armati i quali venivano riforniti attraverso un sistema di corde e di carrucole che venivano azionate dopo il riempimento dei cesti effettuato nel cortile del castello inferiore posto a difesa della valle fra il monte ed il fiume. Un pozzo con acqua freschissima offriva la possibilità alla guarnigione di poter resistere per diverso tempo senza alcun problema. Questa originalissima fortezza vide il dominio degli eserciti di Enrico II, del vescovo di Feltre, dei Carraresi, di Sicco di Caldonazzo, dei Visconti, dei Veneziani, degli Ungheresi, degli Asburgo, di Napoleone. Nella Grande guerra servì come polveriera per l’esercito italiano che lo abbandonò dopo la rotta di Caporetto. Da allora le strutture interne furono lasciate cadere in rovina. Soltanto adesso, grazie ad un gruppo di associazioni, si è provveduto al loro recupero a fini storico-didattici.

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Escursione impegnativa che accompagna il ciclista attraverso la Valbrenta nel Bellunese, lungo la strada che conduce ad una delle principali linee fortif icate della Prima guerra mondiale (deviando si può visitare il forte di Cima di Campo), per poi entrare nel Trentino e scendere nella Bassa Valsugana, ritornando in Valbrenta. Diff icoltà: già la lunghezza del percorso richiede una preparazione adeguata. Oltre a questo, è da tenere presente la salita che giunge ai 1440 metri di Cima di Campo.

Seguire il percorso dell’antica strada del tabacco (n.12) fino al termine (località Piovega di Sotto-Birreria Cornale) e quello per la Rocca (n.13) fino al km. 40,7. Prendere a destra per Arsiè. In cima alla breve salita, voltare a sinistra fino ad arrivare nella piazza di Arsiè. Qui si gira a destra imboccando la strada che sale subito verso Col Perer. Si va sempre diritti oltrepassando l’abitato di Mellame (44 km.) e quello di Rivai fino a raggiungere località Col Perer (km. 52,6) a 1020 metri di altitudine. Se volete dissetarvi, c’è una fontanella a

lato dello spiazzo. Si seguono quindi le indicazioni per Castello Tesino e Cima di Campo. La strada sale nel bosco fino ad aprirsi in uno splendido panorama sul massiccio del Grappa a sinistra e sull’altopiano di Asiago a destra. La pendenza non è mai proibitiva. Si giunge così a Pian di Celado (km. 57) a 1316 metri di altitudine. Avanti ancora diritti per Cima di Campo (km. 60,1) a 1440

La Rosina • Col Perer • Cima di Campo • Castel Tesino • Grigno • Primolano • La Rosina (km. 115,6)

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metri di altitudine. Chi volesse, ma in tal caso bisogna procedere con una mountain bike o a piedi, può raggiungere il forte Leone di Cima di Campo, a sinistra salendo (è distante Km. 1,8). Vi sono, comunque, le indicazioni per raggiungere questo interessante fortilizio della Prima guerra mondiale. La strada ora scende con la prima veduta della conca del Tesino, sulla destra. Due brevi salite e, quindi, tutta discesa fino ad un bivio (km. 72,4). A destra, per un chilometro circa, si può visitare il grazioso centro montano di Castel Tesino, mentre, a sinistra, si scende per una strada tortuosa, ma ricca di fascino, fino a raggiungere l’abitato di Grigno in Valsugana (km. 82,5). Si devia a sinistra per Tezze Valsugana. Al km. 84,1 diritti per Tezze superando località Palù. Un chilometro circa più avanti, a sinistra per Serafini oltrepassando la contrada di Belvederi e quindi di Tezze Valsugana. Al km. 87,1 si prende a sinistra per Martincelli e Primolano costeggiando la superstrada Valsugana. Si lascia il Trentino, superando l’antico confine austroungarico e si entra in territorio vicentino arrivando a Primolano (km. 90,8). Seguire quindi le frecce per Bassano dopo il cavalcavia della superstrada. Al termine del cavalcavia, sulla sinistra, dopo il ponte sul Brenta, ha inizio il tratto di ciclopista che porta a Piovega di Sotto- Birreria Cornale (km. 95.9). Da qui si segue il tracciato dell’antica strada del tabacco (n.12) percorso al mattino fino alla Rosina (km. 115,6).Volendo abbreviare il percorso si può arrivare in auto fino a Piovega di Sotto-Birreria Cornale, lasciandola nell’ampio parcheggio lungo il Brenta.

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Un itinerario di grande interesse storico quello che vi proponiamo e che vi porterà nel cuore della prima linea durante la guerra ‘15-’18, dopo la disfatta di Caporetto. Qui, infatti, fu fermata l’avanzata del nemico austroungarico e qui si scrissero pagine di grande patriottismo. Difficoltà: percorso molto impegnativo che richiede una preparazione adeguata. La salita pura, di 27 chilometri, porta da un’altitudine inferiore ai duecento metri fino ai 1748 metri dal Rifugio Bassano. Basti solo questo per capire la difficoltà del tracciato.

La Rosina • Cima Grappa • La Rosina (km. 85,6)

Si segue l’itinerario per Asolo e Possagno (n. 4) fino all’incrocio con la statale Cadorna a Romano d’Ezzelino (km. 15,5). Allo stop si gira a sinistra (guardare lo specchio parabolico per attraversare la statale). Una leggera salita porta ad un capitello. Qui si continua diritti cominciando l’impegnativa erta che si concluderà a Cima Grappa. La strada si inerpica, nei primi due tornanti, superando pendenze del dieci per cento. Si continua così, sempre diritti, per la via principale. Si prende fiato nei falsopiani di Costalunga e di Pian dei Noselari fino ad arrivare a Camposolagna a mt. 1020 (km. 29).Si tiene la destra scendendo rapidamente e si prosegue quindi per circa quattro chilometri su falsopiano fino a Ponte S. Lorenzo (32,9). Qui, subito dopo la trattoria omonima, si gira a destra oltrepassando il ponticello e si riprende a salire per altri nove chilometri. Si superano le località Val dea Giara, Cibara, Coston, e le tabelle che indicano l’altitudine di 1200 metri, poi di 1400 e quindi di 1500. Al bivio, a due chilometri circa dalla cima, si rimane sulla destra (diritti si scende verso Feltre) affrontando un tratto particolarmente impegnativo fino all’ultimo chilometro. Si lascia sulla destra il monumento al partigiano. Sulla sinistra, in alto già s’è vista la mole del sacello ossario che racchiude i resti di decine di migliaia di soldati morti combattendo quassù. A mezzo chilometro dall’arrivo si scorge il rifugio Bassano. Si lascia sulla sinistra la Caserma Milano e si raggiunge quindi il Rifugio a quota 1748 metri di altitudine ( km. 42,8). Si ritorna seguendo lo stesso percorso (km. 85,6).

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Cima Grappa

La salita che porta alla cima del Monte Grappa, al di là dello sforzo fisico che richiede, è sicuramente una pagina di storia patria che si può leggere tornante dopo tornante. Questo insieme di monti che assomigliano a imponenti onde marine che digradano verso la pianura vicentina e trevigiana da un lato, verso le vallate del Piave e del Brenta dall’altro e verso il territorio bellunese, a nord, ha rappresentato un invincibile baluardo dopo la terribile rotta di Caporetto che ha costretto gli alti comandi italiani nella prima guerra mondiale, ad arre-trare il fronte. Dall’ottobre del 1917 fino a pochissimi giorni prima del quattro novembre 1918, i combattimenti, gli assalti, le valanghe di ferro e di piombo, si sono succeduti con un’insistenza impressionante richiedendo un tributo di sangue, a entrambi gli eserciti, che fa rabbrividire. Subito dopo Romano Alto, quando la strada comincia a salire, potrete vedere le prime caverne e, nella parte più alta, dopo Ponte San Lorenzo si possono notare ancora gli zig-zag del-

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le trincee, più evidenti d’inverno quando scende la neve. Nomi di monti del Massiccio del Grappa come Asolone, Col della Beretta, Pertica, Col del Miglio, Meatte e nomi di località teatro di aspri contrasti li troverete scritti nella via Eroi-ca del Sacrario fatto costruire alcuni anni dopo la fine della guerra per dare degna sepoltura ad alcune migliaia dei tanti morti del Grappa. Il Sacrario (lo vedrete negli ultimi chilometri della salita) sorge sulla vetta del Monte Grappa e me-rita una visita per la sua imponenza e per capire che cosa è successo fra il 1917 e il 1918 fra que-

ste montagne. Nelle cellette collocate nei cinque gradoni semicircolari si trovano i re-sti di 12.615 Caduti italiani. A nord dell’Ossario c’è invece il cimitero dove riposano 10.295 Caduti Austroungarici. Prima di arrivare al Rifugio Bas-sano, aperto tutto l’anno, si vede, sulla sinistra, la Casermetta Milano trasformata in museo, la cui visita può farvi capire come e dove si sono svolte le battaglie più cruente di tutto il Massiccio. Sulla vostra destra, a circa 600 metri dal Rifugio Bassa-no, c’è invece il Monumento al partigiano, realiz-zato dallo scultore Augusto Murer, per ricordare il rastrellamento attuato dai nazifascisti nel settem-

bre del 1944 che si concluse con l’impiccagione di una trentina di partigiani, ai lecci che costeggiano l’attuale Viale dei Martiri a Bassano del Grappa.

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Itinerario che si svolge su strade traff icate, ma che porta a conoscere la parte meridionale dell’Altopiano di Asiago con vedute panoramiche stupende sulla pianura vicentina, sui Colli Euganei e sui Colli Berici, sul Monte Novegno e sull’altopiano di Tonezza. Diff icoltà: percorso impegnativo e per la lunghezza e per la salita del Costo che, dalla pianura porta ai mille metri dell’altopiano di Asiago. Adatto a ciclisti che abbiano già un’adeguata preparazione.

La Rosina • Statale del Costo • Asiago • La Rosina (km. 87,2)

All’uscita dalla Rosina, si gira a destra e si scende a Valle San Floriano. Al bivio di Ponte Campana, si procede a sinistra per Marostica. Al semaforo, a destra per via Rubbi e, al bivio, diritti passando davanti alle mura scaligere fino a raggiungere il Castello inferiore lungo via Stazione. Si passa il semaforo seguendo le indicazioni per Mason lungo via IV Novembre. Sempre diritti per la strada principale (entrare nella pista ciclabile), lasciando stare qualsiasi deviazione, superando Molvena e Ponticello, fino ad arrivare a Mason (km. 10,2). Avanti ancora verso Breganze. Leggera salita e, subito, discesa che porta all’incrocio semaforico (km. 14,3). Se si vuole visitare Breganze, importante centro vinicolo, basta girare a destra. Procedendo diritti si arriva ad un secondo impianto semaforico (km. 15,8)oltre il quale, prima del ponte sull’Astico, si volge a destra per la zona industriale di Fara Vicentino seguendo via Astico. Allo stop (km. 19,5) diritti per via Reale e poi per via Palladio fino ad arrivare a Lugo vicentino. Allo stop, a sinistra e, pochi metri dopo (km. 21,5), a destra per via Roma seguendo le indicazioni per Calvene e Caltrano. Si supera l’abitato di Calvene. Si alternano salite a discese e a falsopiani fino a Camisino. Alla chiesa del paese (km. 27,6) si scende lungo via Madonna della Salute. In un’ampia curva, prendere la strada sulla destra per via Divisione Julia, in salita. Ci si incunea in una stradina stretta che porta, in discesa, a ricongiungersi con la via principale (km. 29,8). Prendere

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nella destra (ci si può fermare ad una fontana per riempire le borracce), in salita passando davanti alle scuole fino al prossimo stop (km. 29,5). Ci si immette, girando a destra, nella statale del Costo che porta sull’Altopiano di Asiago. Ora la strada sale e lo farà, senza pendenze eccessive, fino all’abitato di Treschè Conca (km. 45,2). Alla rotatoria seguire l’indicazione per Asiago. La strada ora scende e, dopo una cava di marmo, torna a salire fino al centro di Canove (km. 51,4). Seguendo sempre la freccia per Asiago si arriva al capoluogo dell’Altopiano (km.. 55,2). La cittadina merita una visita. Dalla piazza si procede diritti in direzione est fino ad una rotonda. Si gira a destra seguendo, d’ora in poi, le indicazioni per Bassano. Si superano le località Turcio, Fontanella, Campomezzavia e Puffele. Al bivio, dopo l’osteria, si scende a sinistra per Bassano. Si oltrepassa località Bocchette e si scende quindi fino a Conco (km. 72,4). Alla curva a gomito, si va a sinistra, per Bassano e, dopo gli abitati di Fontanelle e di Tortima, si scende fino al bivio del primo tornante, in curva, che porta alla Rosina (c’è una tabella che lo indica) (km. 87,2).

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Altopiano di Asiago

Si dice che famiglie pro-venienti dalla Baviera abbiano scelto questo altopiano disabitato, lontano dalle vie di co-municazione e ricco di boschi quale loro nuova dimora. Pian piano il territorio s’è popolato dando vita a dei veri e propri centri abitati che hanno offerto un vol-to nuovo a quest’area montana compresa fra la Val d’Astico e la Valle del Brenta. Gli abitanti dell’altopiano si diffe-renziavano da quelli del resto della vicina zona collinare e della pianu-ra, per il loro idioma che nulla aveva a che fare con il dialetto veneto, tipico delle genti vicen-tine, ma che usava una terminologia di origine

germanica, anzi, propriamente cimbra. Sette furono i paesi che si formarono con l’andare del tempo: Asiago, che divenne il capoluogo dell’Altopiano, Roa-na, Rotzo, Lusiana, Gallio, Foza ed Enego. I loro rappresentanti costituirono la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, una coalizione politico amministrati-va, che sopravvive tuttora. Circa un secolo fa il Comune di Lusiana si sdoppiò lasciando libertà amministrativa alla contrada di Conco e così i “sette Comu-ni” diventarono otto. Sotto il dominio della Serenissima l’Altopiano di Asiago godette di autonomia e di una certa agiatezza che terminò con l’arrivo di Na-poleone e che venne spazzata via allo scoppio della Grande Guerra. La rotta di Caporetto fece arretrare le linee difensive italiane al punto che gran parte dei Sette Comuni furono invasi dall’esercito austroungarico. Sulle cime più alte, attorno ai duemila metri, ma anche in quelle più basse, dalla fine del ’17 al termine della guerra, si combatterono duelli cruenti le cui cronache resteranno scritte nella storia. I nomi di Ortigara, Col d’Ecchele, Monte Fior, Monte Ca-stelgomberto, Monte Forno e tanti altri ancora fanno rivivere a tanti decenni di distanza, aspre battaglie. I resti di tanti giovani che quassù lasciarono la loro vita sono raccolti, ora, nel grande sacrario del Leiten, su di una collinetta alle

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porte di Asiago. Qui riposano ben 33.086 soldati italiani e 18.805 austroungarici.La popolazione fu costretta ad andarsene e, al ritorno, nien-te tornò come prima. Nella seconda guerra mondiale la lotta partigiana richiese nuovi contributi di sangue. Dalla Li-berazione ad oggi si è tornati a vivere di quotidianità fatta di turismo, di agricoltura, di tem-po libero. Le attrezzature per lo svago sono aumentate e la ricettività ha raggiunto livelli di alta professionalità. La po-sizione dell’Altopiano, attorno ai mille metri è ideale per ogni tipo di turista. Si aggiunga a questo la purezza dell’aria e la durata dell’insolazione. Il turista può trovare motivi di divertimento nell’arco di un intero anno grazie alle passeggiate, agli itinerari per mountain bike, agli impianti per lo sport, alle piste di discesa e di fondo, ai centri di equitazione e a quant’altro. E per chi voglia rileggere pagine di storia patria, sono ancora evidenti, nella parte settentrionale dell’Altopiano, i segni dell’immane conflitto mondiale.

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Itinerario consigliabile per raggiungere l’Altopiano di Asiago perché si svolge, in salita, su strade poco traff icate e dai panorami avvincenti. Diff icoltà: impegnativo il tratto che da Valstagna porta a Foza. Occorre una preparazione adeguata alla salita.

17La Rosina • Valbrenta • Foza • Gallio • La Rosina (km. 73,3)

Seguire l’itinerario dell’antica via del tabacco (n. 12) fino a Valstagna (km. 19). Qui giunti, si devia a sinistra, subito in salita, seguendo l’indicazione per Foza. La strada si inoltra nella Valle Frenzela per circa un chilometro e comincia ad inerpicarsi improvvisamente. Una lunga serie di tornanti (solo dal secondo al terzo veramente impegnativi) favorisce una visione suggestiva

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sulla valle sottostante. Ci si alza velocemente fino a raggiungere, al 17° tornante, la trattoria Piangrande. La strada prosegue quindi e, prima della più lunga galleria aperta, la pendenza si acuisce. E’ l’unico tratto serio di tutto il percorso. Si passa dalla Valle Frenzela all’Altopiano, con il gruppo di borgate in fondo sulla destra e, in lontananza, le prime case di Foza. Allo stop, al termine della salita, (km. 33,7) si devia a sinistra arrivando in centro a Foza (km. 34 - altitudine m. 1083). Ora la strada scende. Seguire le indicazioni per Gallio-Asiago. Il primo paese dell’Altopiano che si incontra, a parte le piccole borgate che si superano in saliscendi, è Gallio (km. 44- altitudine m. 1090).

Giusto al centro di Gallio, nella piazza, si devia a sinistra per Bassano. Avanti sempre diritti per la strada principale fino al successivo stop. Qui siamo in località Turcio (km. 48,4). Ci si immette, deviando a sinistra, nella provinciale della Fratellanza. Ora la strada scende leggermente. Si oltrepassano località Fontanella, Campomezzavia e Puffele. Seguire sempre le indicazioni per Bassano. Dopo località Bocchetta di Conco, la provinciale comincia a scendere veloce. Al tornante numero 14 (km. 59,5), si prende a sinistra, non la prima, ma la seconda stradina, dopo l’edificio, in piena curva. Si scende rapidi fino a Fontanelle. Allo stop, vicino alla chiesa, (km. 62,6) si devia a sinistra superando un falsopiano di un chilometro circa. Si arriva così a Tortima e si scende decisamente, con una splendida veduta sulla pianura veneta, verso il bivio (tornante numero 1) che porta alla Rosina (km. 73,3).

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E’ un’escursione di una giornata che permette di conoscere un buon tratto dell’Alto Vicentino nonché gli Altopiani di Folgaria-Lavarone-Vezzena e quello di Asiago, laddove combatterono aspramente due eserciti nella Prima guerra mondiale. Diff icoltà: itinerario molto impegnativo sia per la lunghezza del percorso, sia per la presenza di salite con strappi di una certa pendenza. Per affrontarlo occorre una preparazione adeguata.

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Seguire l’itinerario per Asiago lungo la statale del Costo (n.16) fino al km. 31. Qui, allo stop, andare diritti per Cogollo- Arsiero. Si sale fino ad una curva a gomito (km.32,3). Prendere a sinistra per via Mazzacavallo seguendo l’indicazione per Arsiero. Si supera il centro di Cogollo del Cengio e si scende fino allo stop (km. 34,7). Ci si immette nella statale 350 per Arsiero-Trento (attenzione, strada trafficata). Giunti ad Arsiero (km.39,4) si prende a sinistra per Tonezza. Al termine di un breve strappo, proprio nel centro di Arsiero, davanti al monumento ai Caduti, si gira a destra seguendo sempre le indicazioni per Tonezza. Si comincia a salire e si attraversa una serie di brevi gallerie fino a giungere al centro montano di Tonezza (km. 50,5). Dal centro seguire le indicazioni per Trento-Folgaria-Lavarone. La strada continua a salire e diventa più dura nella parte terminale, prima di arrivare alla chiesetta accanto al passo (km. 58,6) dove si entra nell’Altopiano dei Fiorentini (mt.1450). Seguire le indicazioni di Folgaria per i Fiorentini. Ora la strada scende nel bosco e passa davanti all’Albergo Fiorentini. Subito dopo si entra in provincia di Trento nel comune

La Rosina • Arsiero • Tonezza • Fiorentini • Lavarone • Passo Vezzena • Asiago • La Rosina (km 145,2)

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di Folgaria. Si oltrepassa il rifugio Coston (km. 64,7) e si continua fino al bivio (km. 75,2) che porta, a sinistra, al passo Sommo (mt. 1341) e, a destra, a Lavarone. La chiesetta del patrono dei Forestali si erge sulla sinistra della provinciale. Si prende a destra per Carbonare-Lavarone. Ora si scende in fretta fino all’abitato di Carbonare. Al bivio (km.78,9) si va diritti per Lavarone-Asiago. Si riprende a salire e quando si arriva ad un bivio (km.82), ci si dirige a destra per Lavarone-Passo Vezzena. Si arriva così in località Chiesa di Lavarone (km. 82,7). Si tiene la destra per Asiago e, poco dopo (km.83,2), si va a sinistra per Asiago-Passo Vezzena. In località Gionghi (km. 84,5) si prosegue diritti per Passo Vezzena (a destra si può deviare per visitare a Km. 1,5 il forte Belvedere ancora in buono stato). Anche dopo località Gasperi si seguono le indicazioni per Asiago. Si arriva così in località Monterovere (km. 90,9). Qui si prende a sinistra per Passo Vezzena. Si affronta poco più di mezzo chilometro piuttosto impegnativo e si giunge in fretta al Passo Vezzena (km. 94,3 e mt. 1402). La strada ora scende senza deviazioni di sorta fino a Camporovere (km. 114,2). Nel centro della frazione altopianese, diritti per Asiago. Arrivati ad Asiago (km. 116,6) si seguono le indicazioni per Bassano. Si superano le località Turcio, Fontanella, Campomezzavia, Puffele. Dopo il ristorante di questa località, al bivio successivo, (km. 127,4) prendere a sinistra sempre per Bassano-Conco. Ora si scende veloci. Al 14° tornante (località Lebele km. 131,4), si abbandona la provinciale della Fratellanza e si prende la stradina di sinistra (la seconda, non la prima che porta a Rubbio). Si arriva così a località Fontanelle (km. 134,5) e ci si reimmette nella provinciale girando a sinistra. Dopo un breve falsopiano si riprende a scendere fino al primo tornante. Qui, si devia a destra per la Rosina (km. 145,2).

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Escursione di ampio respiro che porta a scoprire la bellezza della Pedemontana per poi addentrarsi nella Valle dell’Astico. L’itinerario è volto a far conoscere la parte occidentale dell’Altopiano di Asiago meno nota al turismo di massa, ma non per questo meno affascinante. Diff icoltà: tenere conto della lunghezza del percorso. La salita del Castelletto non è diff icile. La pendenza media si aggira intorno al 7-8 per cento, serve quindi una preparazione adeguata.

19La Rosina • Arsiero • Castelletto • Asiago • La Rosina (km. 101,2)

Seguire l’itinerario per l’Altopiano dei Fiorentini (n. 18) fino ad Arsie-ro (km. 39,4). Qui si prosegue, sulla destra, per Trento. Al km. 44,1 si attraversa, sulla destra, un ponte sul fiume Astico seguendo le indicazioni per Pedescala-Rotzo-Asiago. Supe-rata la chiesa di Pedescala, si pro-cede a sinistra per Rotzo-Asiago. La strada comincia a salire dolcemen-te con continue vedute sulla Valle dell’Astico e, al di là, sull’altopiano di Tonezza. Al tornante 17 lasciar perdere l’indicazione, sulla sinistra, per San Pietro, e proseguire lungo la strada principale fino ad arrivare a Castelletto, frazione di Rotzo. Si sale ancora oltrepassando gli abi-tati di Rotzo (altitudine m. 939), di Albaredo e di Mezzaselva per poi

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scendere a Roana (altitudine m. 990) ed al ponte sulla Val d’Assa (km. 64,4). Si torna a salire fino allo stop (km. 66) che immette sulla statale del Costo. Si va diritti seguendo le indicazioni per Asiago. Si arriva ad un bivio (km.68,4). Non girare a destra per Bassano, ma proseguire diritti per il centro della prin-cipale località altopianese. Dopo la visita alla graziosa cittadina di Asiago, seguire le indicazioni per Bassano. Appena usciti dal centro di Asiago si continua sempre in direzione di Bassano su-perando le località Turcio, Fontanella, Campomezza-via, Puffele, Bocchetta di Conco. Si scende quindi a Conco (altitudine m. 830), a Fontanelle, a Tortima, fino al tornante n.1, a due passi dalla pianura, che porta, sulla destra (ci sono le indicazioni) alla Rosina (km. 101,2)

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Itinerario interessante che fa conoscere la parte sud dell’Altopiano salendo per Lusiana e per Conco fino ad Asiago. Abbiamo scelto di allungare un po’ il percorso per arrivare ad Asiago, ma i panorami che la strada vi offre sulla pianura veneta verso i Colli Berici ed i Colli Euganei e verso le Piccole Dolomiti ripagheranno abbondantemente lo sforzo fatto. Diff icoltà: è un percorso montano, ma le salite, f ino ai quasi mille metri di Asiago non sono impegnative. E’ necessaria, ovviamente, una adeguata preparazione.

20 La Rosina • Lusiana • Conco • Asiago • La Rosina (km. 71)

Seguire l’itinerario n. 7 fino a Crosara. Qui si prosegue lungo la provinciale del Rameston passando davanti alla chiesa. Al bivio per Conco - Lusiana (km. 10) si continua diritti per Lusiana. Al km. 11,9 si raggiunge l’abitato di Santa Caterina e si continua a salire. Al cartello di Lusiana (km 14,8 e altitudine m. 752) avanti sempre fino ad un bivio. Lasciare le indicazioni a destra per Asiago e continuare diritti per il centro di Lusiana in direzione Conco. Nel centro di Lusiana (km. 15,7) davanti alla chiesa, a sinistra, una scalinata porta al museo Palazzon sulle “Tradizioni delle genti di Lusiana”. Si continua quindi sempre verso est e si supera l’abitato di Vitarolo

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(km.17). Alla chiesetta si prende la curva a sinistra seguendo l’indicazione per Conco. Ora la strada scende, ma riprende a salire un po’ più avanti fino ad arrivare all’abitato di Conco (km. 22). Al bivio, si gira a sinistra immettendosi nella provinciale della Fratellanza per Asiago. Si torna a salire superando l’abitato di Conco e si scollina in località Bocchetta di Conco. Avanti, in falsopiano prima ed in leggera salita poi, passando per le località Puffele, Campomezzavia, Fontanella, Turcio, fino ad arrivare, in discesa, ad Asiago (km. 39 - altitudine m. 1001). Visita della cittadina e ritorno per la stessa strada fino a Conco (km.56) Al bivio, subito dopo la chiesa di Conco, nella curva a gomito tenera la sinistra seguendo l’indicazione per Bassano e scendere fino al primo tornante. Si lascia la provinciale della Fratellanza e si gira a destra seguendo le indicazioni per “La Rosina” ove si arriva dopo poco più di mezzo chilometro (km. 71).

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E’ una bellissima escursione da compiere con tranquillità e che porta a scoprire la Vallata del Brenta e quindi l’Altopiano di Asiago da est ad ovest. Diff icoltà: a parte la lunghezza del percorso, si richiede una adeguata preparazione per la salita, anche se questa non è particolarmente impegnativa per chi ha un buon allenamento.

21La Rosina • Enego • Foza • Gallio • Asiago • La Rosina (km 106,4)

Si percorre l’itinerario n.12 fino Piovega di Sotto - Birreria Cornale. Si prosegue, quindi, diritti imboccando la ciclopista che va ad incrociare la strada per Enego. Si gira a sinistra e comincia subito la salita ( km. 33,2)

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che conduce, dopo una serie di tornanti ben abbordabili, all’abitato di Enego (km. 44,5- altitudine m. 750). Superata la piazza si prende a destra per Asiago e si prosegue senza possibilità di errori per la strada principale superando località Cornetta, il bivio per Marcesina (km. 50,5) che si lascia sulla destra e l’abitato di Stoner (km. 53,6). Si scende quindi nella Valgadena che si oltrepassa su un ponte ardito, salendo, con un nuovo strappo, alla contrada Lazzaretti (km. 58,2) ed arrivando quindi a Foza (km. 60,2), altro Comune dell’Altopiano. Da qui si scende brevemente e poi si sale con una pendenza dolce fino a raggiungere Gallio (km. 70,5). Dopo la piazza, si prosegue diritti, si affronta una rotatoria, alla fine di una discesa, subito dopo la chiesa del paese, e si raggiunge, in pochi chilometri, Asiago (km. 73,2). Dal capoluogo dell’Altopiano, si seguono, quindi, le indicazioni per Bassano, lungo la provinciale della Fratellanza secondo la descrizione dell’itinerario n. 18. Si arriva così al primo tornante con il bivio che, al mattino, avete superato scendendo verso la frazione di San Michele. Abbandonate la provinciale della Fratellanza e prendete a destra seguendo le indicazioni per Marostica e per La Rosina (km. 106,4).

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L’itinerario si snoda quasi interamente su piste ciclabili o su strade poco frequentate e offre la possibilità di ammirare il suggestivo incunearsi della Valsugana fino Borgo, uno dei centri più importanti e graziosi della valle. Difficoltà: itinerario facile, ad eccezione di un paio di salitine brevissime, che corre lungo il fiume Brenta entrando in territorio trentino

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Si segue l’itinerario dell’antica via del tabacco (n.12) fino a località Piovega di Sotto – Birreria Cornale. Qui giunti (km. 29,9), si prosegue diritti, passando davanti alla Birreria Cornale e restando sempre in destra Brenta, imboccando la ciclopista che porta ad incrociare la strada per Enego e l’Altopiano di Asiago. La si attraversa e si prende la stradina, subito ai piedi del cavalcavia della superstrada Valsugana con l’indicazione “Cave Valbrenta” (km. 33,2). La si percorre superando una cava , sulla sinistra, e contrada Pianello con la sua diga (km. 35,2) seguendo il corso del Brenta .Al primo bivio si prende a destra per un breve tratto di asfalto. Si arriva così ad un depuratore, di fronte al quale,

La Rosina • Borgo Valsugana • La Rosina (km. 118,4)(La Valsugana)

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vi è una stele che ricorda l’antico confine fra l’Impero Austroungarico e l’Italia. Si sottopassa la superstrada Valsugana e si arriva così all’inizio del “Percorso cicloturistico Valsugana” in territorio trentino (km 35,6). La pista ciclabile finisce poco dopo. Si ripassa sotto il ponte della superstrada, sulla sinistra, all’altezza di una chiesetta. Dopo il bicigrill di Tezze Valsugana si continua fino ad uno stop (km. 38,4). Si supera il ponte sul Brenta, a destra e si prende immediatamente a sinistra per la ciclabile che termina al km. 43,8. Allo stop, si va a sinistra oltrepassando il ponte sul Brenta e quindi a destra per Selva. Si seguono le

indicazioni del percorso ciclopedonale per Selva (45,3) e località Mesole. Ora la pista segue il Brenta tenendosi o sulla destra o sulla sinistra (ove ci sono le piste ciclabili). Poco prima di Borgo Valsugana, allo stop (km. 56,2), prendere a sinistra, attraversare il ponte sul Brenta e quindi subito a destra per la ciclopista al termine della quale si volta a destra attraversando il ponte sul fiume Moggio oltre il quale si arriva al cartello di Borgo Valsugana (km. 58,2). Poche decine di metri dopo girare a destra seguendo le tabelle con la riproduzione di una bici e così si arriva nel centro di Borgo attraversando un caratteristico porticato che lambisce il fiume (km. 59,2). Dopo la visita al grazioso centro trentino si ritorna per la stessa strada (km. 118,4).

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L’escursione permette di addentrarsi nella vallata del Brenta e, quindi, in Valsugana oltrepassando, dopo Primolano, l’antico confine fra l’impero austroungarico e l’Italia f ino alla guerra ‘15-’18 per andare alle sorgenti del f iume Brenta il quale nasce dai laghi di Levico e di Caldonazzo. Si visiteranno entrambi (lo possiamo chiamare il Giro dei due laghi) lungo un itinerario quanto mai affascinante. Diff icoltà: impegnativo per la lunghezza, per la presenza di alcuni strappi, pur brevissimi, che superano la pendenza del nove per cento nella ciclopista trentina. Abbordabile la salita da Pergine a Castello di Pergine per raggiungere Levico. Vista la lunghezza del tracciato è consigliabile arrivare in auto fino a Borgo Valsugana lungo la superstrada omonima che da Bassano del Grappa porta a Trento e compiere il percorso in bici da qui seguendo la ciclopista f ino a Caldonazzo e facendo, quindi, il giro dei due laghi. E’ possibile anche arrivare a Borgo Valsugana caricando la bici in treno, partendo dalla stazione di Bassano del Grappa. In questo caso, i chilometri da percorrere saranno solamente 56.

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Si segue l’itinerario dell’antica via del tabacco (n.12) fino alla Birreria Cornale a Piovega di Sotto e si con-tinua quindi con l’itinerario n. 22 fino a Borgo Valsu-gana. Arrivati nel centro di Borgo (km. 59,2), basta seguire le tabelle contrassegnate da una bici le quali accompagnano il turista lungo la ciclabile che costeg-gia il fiume Brenta per oltre un chilometro. Le indica-zioni portano ad attraversare, a sinistra, sotto il pon-te della superstrada, la vecchia statale della Valsugana e la ferrovia per un sottopassaggio. Da qui (km.62,1) si segue, prendendo la destra per Levico Terme, la ciclopedonale contrassegnata prima da cartelli in legno e poi da altri in me-tallo. Inizialmente si percorrono strade miste, anche se poco trafficate. Dopo un paio di chilometri da Borgo Valsugana, la strada esce dal bosco e scende.

La Rosina • Caldonazzo • Levico • La Rosina (km. 174,4)(Il giro dei due laghi)

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Prendere a destra, attraversare il ponticello sul Brenta, lasciare sul-la destra un casello ferroviario e proseguire tra fiume e ferrovia, la-sciando perdere le indicazioni del-la ciclopista per Roncegno. Non si può sbagliare, basta seguire i cartelli, a volte un po’ nascosti. In territorio di Levico Terme, la ci-clopista va, alternativamente, al di

qua o al di là del fiume fra coltivazioni di mais. Si arriva così a Caldonazzo e la strada si insinua fra colture di meli fino al centro del paese (km. 81,1). Anche qui, oltrepassata la chiesa, delle indicazioni vi faranno attraversare le vecchie stradine del paese fino ad imboccare la via per Pergine e Trento. Si prosegue quindi per Calceranica al lago dove la pista ciclabile muore. Si percorre un tratto un po’ trafficato fino a San Cristoforo (km. 86,2). Strada facendo, sulla vostra destra, avrete modo di ammirare la bellezza del lago di Caldonazzo da dove, con l’apporto delle acque di quello di Levico, nasce il fiume Brenta. Allo stop si entra nella statale Valsugana (attenti al traffico) e dopo circa mezzo chilometro, si devia a destra per Pergine. Prima del centro, alla rotatoria (km. 87,6), si prende a destra e si imbocca la salita per Vetriolo ed il Castello di Pergine. La pendenza è dolce e giunge, dopo un paio di chilometri, allo scollinamento. Ammirate, alla vostra sinistra, il Castello di Pergine e prose-guite diritti per Levico. Lieve salita ancora fino alla Sella di Vignola (km. 91,2) posta ad un’altitudine di 557 metri. Ora si comincia a scendere e, poco dopo, il lago di Levico apparirà dall’alto in tutta la sua bellezza. Al primo semaforo dopo un sottopasso si seguono, a destra, le indicazioni per Caldonazzo e Calceranica. La strada scende e, in piano, arriva al bivio per la superstrada. Avanti sempre diritti per Caldonazzo superando un sovrappasso, al termine del quale si riprende, a sinistra (km. 101,2) la pista ciclabile dell’andata (c’è un’indicazione al termine della discesa). L’unico punto critico, al ritorno, può essere rappresentato dall’attraversamento del fiume Brenta nel ponticello che si trova al km. 112,2 dopo il passaggio tra ferrovia e fiume fiancheggiato da un casello. Ebbene, subito dopo il ponte (lievissimo strappo), prendete a sinistra nel bosco e, un paio di chilometri dopo (km. 114,2) siete al sotto-passaggio ferroviario che oltrepasserete, sulla sinistra, attraversando quindi la vecchia statale della Valsugana (attenti al traffico) per reimmettervi nella pista ciclabile lungo il Brenta che vi conduce nel centro di Borgo Valsugana (km. 115,2). Si ritorna quindi seguendo l’itinerario n. 22 (km. 174,4).

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E’ una bella passeggiata per visitare due ville palladiane di sicuro interesse. Diff icoltà: facile. C’è soltanto una salita non eccessivamente impegnativa da affrontare prima di arrivare a Breganze.

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All’uscita dalla Rosina, si gira a destra e si scende a Valle San Floriano. Al bivio di Ponte Campana, si procede a sinistra per Marostica. Al semaforo, a destra per via Rubbi e, al bivio, diritti passando davanti alle mura scaligere fino a raggiungere il Castello inferiore lungo via Stazione. Si passa il semaforo seguendo le indicazioni per Mason lungo via IV Novembre. Sempre diritti per la strada principale (entrare nella pista ciclabile), lasciando stare qualsiasi deviazione, superando Molvena e Ponticello, fino ad arrivare a Mason (km. 10,2). Avanti ancora verso Breganze. Leggera salita e subito discesa che porta all’incrocio semaforico (km. 14,3). Se si vuole visitare Breganze, importante centro vinicolo, basta girare a destra. Procedendo diritti si arriva ad un secondo impianto semaforico (km. 15,8) oltre il quale, prima del ponte sull’Astico, si va a destra per la zona industriale di Fara Vicentino seguendo via Astico. Allo stop (km. 19,5) diritti per via Reale e poi per via Palladio fino ad arrivare a Lonedo. Subito prima di Lugo Vicentino, sulla destra, parte la stradina che porta ai due storici edifici. Si incontra per prima, sulla destra, Villa Godi Malinverni. Più avanti, ancora in salita, proprio di fronte a voi si apre l’imponente scalinata di Villa Piovene. (km. 21). Dopo la visita alle ville ed al parco, si ritorna per la stessa strada (km. 42)

La Rosina • Villa Godi Malinverni e Villa Piovene • La Rosina (km. 42)

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Poste su di un poggio in faccia all’Astico e protette, alle spalle, dall’Altopiano dei Sette Comuni, sorgono due ville frutto della progettualità del grande architetto vicentino Andrea Palladio La prima che si incontra sulla destra, salendo, è Villa Godi Malinverni, un edificio che il Palladio progettò nel 1540 e che fu uno dei primi lavori portati a compimento. Di particolare interesse i saloni interni finemente affrescati e che meritano sicuramente una visita, nonché la raccolta di quadri con veri e propri capolavori ottocenteschi e di fossili del vicino torrente Chiavone di cui trattiamo nella sezione riservata ai musei. Più in alto si eleva superba

Villa Piovene Porto Godi, anch’essa attribuita al Palladio negli stessi anni in cui fu edificata Villa Godi Malinverni. Ai disegni dell’architetto vicentino apparterebbe il corpo centrale della villa, mentre le barchesse laterali e la lunga scalinata ornata di statue furono aggiunte nel 18° secolo su proposta di Francesco Mattoni. Accanto a questa seconda villa sorge una chiesetta dedicata a San Gerolamo e, subito accanto, si apre l’accesso all’enorme parco con specie di alberi di rara bellezza. Per informazioni: tel. 0445 - 860561 per Villa Godi Malinverni e 0445-860613 per Villa Piovene Porto Godi.

Villa Godi Malinverni e Villa Piovene Porto Godi

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Un itinerario che vi accompagna lungo la pedemontana del Grappa per visitare una delle più belle ville del Trevigiano. Diff icoltà: può essere un percorso impegnativo soltanto per la lunghezza, ma per il resto è facilissimo dal momento che non ci sono salite, ma soltanto alcuni abbordabilissimi saliscendi. Belle le vedute sulle colline asolane e sul Massiccio del Grappa.

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All’uscita dalla Rosina prendere a sinistra. Seguire l’itinerario dell’Antica via del tabacco (n.12) fino a Campese (km.10,7). Subito dopo il centro del paese, passata l’ultima borgata, oltre la strettoia, prendere a destra per via Ten. Cavalli e subito a sinistra per Contrà Fietto. La strada porta ad una passerella in acciaio sul Brenta e una stradina asfaltata conduce, dopo pochi metri, alla statale della Valsugana. La si attraversa facendo molta attenzione, vista la pericolosità dell’incrocio per una presenza notevole di traffico, e si sale per Pove sulla sinistra. Lieve falsopiano e, quindi, ancora salita (ignorare la de-viazione a destra) per via Pascoli. Al centro di Pove (km. 12,8) avanti per via Marcadella e via Rivagge verso est. Si arriva allo stop che incrocia la statale Cadorna per il Grappa (km.15,5). Deviare a destra, superare la rotatoria e girare a sinistra in leggerissima salita. Sempre diritti fino a Semonzo (siamo in provincia di Treviso ed in Comune di Borso del Grappa). Circa a metà del lungo rettilineo, dopo il distributore di benzina prendere, sulla destra, via Semonzetto (km. 17,2) e, a sinistra, via Caose. Al termine di questa via ci si immette nella provinciale girando a destra per via Molini. Al semaforo (siamo in territorio vicentino ed in comune di Mussolente) prendere a sinistra per via Piana d’Oriente. Al bivio (km. 23,2) girare a destra per via Sopracastello e, duecento metri dopo, a sinistra per via Fontanazzi (siamo ritornati in ter-ritorio trevigiano ed in comune di San Zenone degli Ezzelini). A Fonte Alto, allo stop, a sinistra e, nella curva a gomito, prendere la destra fino al centro del paese (km. 25,8). Si passa davanti alla chiesa girando a sinistra e, poco

La Rosina • Villa Barbaro a Maser • La Rosina (km. 77,4)

ROSINA

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dopo, si va a destra per via Pa-gnano seguendo le indicazioni per Asolo. Giunti a Pagnano (km. 28,8) volgendo a destra ci si immette sulla provinciale (strada trafficata) fino all’incro-cio con la statale Schiavonesca Marosticana. Vista la mole di traffico che caratterizza que-sta strada conviene prendere la ciclabile sulla sinistra che corre parallela all’arteria fino al bivio per il centro di Asolo. Qui si gira a sinistra e si sale leggermente incrociando, sul-la destra, via Biordo Vecchio. Si sale ancora un po’ e, quindi, si scende, si segue una curva a sinistra costeggiando la parte retrostante il ristorante Villa Razzolini Loredan su via Loredan. Si gira poi a destra e subito dopo, fra due case, a sinistra si diparte una stradina (via Santa Colomba) caratterizzata dal divieto di transito, esclusi i frontisti (in bici si può andare) fino al bivio con via Foresto Nuovo. Si attraversa, quindi, la strada che porta ad Asolo e si prende, a sinistra, per via Palladio. Avanti sempre diritti attraversando i paesi di Crespignaga e Coste fino ad arrivare a Maser. Dopo il paese, sulla sinistra, si possono ammirare le dolci linee ar-chitettoniche di Villa Barbaro (km. 38,7). Per visitarla, prendere la stradina sulla sinistra dopo la chiesa. Si ritorna per lo stesso itinerario stando attenti al tratto tra via Palladio e la strada per Pagnano. Allora, al bivio per Asolo centro, si attraversa prendendo via Foresto Nuovo e, subito a sinistra, via Santa Colomba. Allo stop si va a destra, si supera, tenendo la sinistra per via Loredan, il tratto di strada che costeggia la parte posteriore del ristorante Villa Razzolini Loredan fino ad una curva a gomito. Qui si va a destra, in salita fino al bivio di via Biordo Vecchio. Allo stop si prende a sinistra e si torna nella ciclabile dell’andata prendendo poi la strada per Pagnano (attenti al traffico!). A Pagnano, dopo il ponticello, si gira a sinistra per via Cogorer e si ripercorre l’itinerario dell’andata fino alla Rosina (km. 77,4).

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Immaginate questo luogo nella metà del 1500 senza i paesi e le contrade che si sono moltiplicati nel corso dei secoli. Qui, i fratelli Daniele e Marcantonio Barbaro, uomini colti ed influenti nel periodo d’oro della Serenissima repubblica veneziana, affidarono all’architetto vicentino Andrea Palladio, il compito di progettare una villa inserita nel contesto della campagna che la attornia, sfruttando uno stabile preesistente. E’ su queste basi, infatti, che il Palladio dispose un progetto diverso dalle altre ville ideate fino ad allora. Si coglie tale differenza dopo avere visto altri edifici frutto della genialità del

grande architetto. In corso d’opera poi fu realizzato per questa villa un sistema idraulico altamente innovativo per l’epoca capace di rifornire d’acqua, da fuori, i servizi dell’edificio nonché il giardino ed il brolo. Se l’esterno si presenta con una straordinaria ed originale forma architettonica, l’interno offre al visitatore un ciclo di pregiatissimi affreschi usciti dalle mani di Paolo Veronese, uno dei grandi pittori del Cinquecento. Accanto alla villa, in una barchessa, si trova il museo delle carrozze con modelli provenienti, oltre che dal Veneto, da varie parti d’Europa. Per informazioni: tel. 0423-923004.

A Maser villa Barbaro

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All’uscita dalla Rosina si gira a destra scendendo a Valle San Floriano. Si prosegue sulla sinistra fino a Ponte Campana. Allo stop, ancora a sinistra e, a metà del rettilineo prima del semaforo, si gira a destra per via Campomarzio. Giunti di fronte alla Porta Bassanese, la si oltrepassa tenendo conto che il tratto che va dalla Porta all’incrocio con via Cairoli (un centinaio di metri) è contromano. Avanti sempre diritti superando la piazza di Marostica, uscendo dalla Porta Breganzina. Allo stop (km. 6,1) si prosegue in direzione di Molvena-Breganze. Al km. 6,6, dopo il dosso, davanti al cartello che indica Pianezze, si entra nella pista ciclabile che, al semaforo, prosegue sulla sinistra. All’incrocio con via Tezze la pista si ferma per un brevissimo tratto nella strettoia, ma riprende subito, in territorio di Molvena, fino al cartello che indica Mason (km. 9,3). Si passa sulla destra della provinciale Gasparona, si supera un dosso, si scende passando davanti alla Villa Angaran delle Stelle e, alla fine della discesa, prima di

arrivare nel centro di Mason si devia a sinistra per via Don Vigolo seguendo l’indicazione per Schiavon (km.11,8). Si arriva ad incrociare la superstrada Nuova Gasparona. La si attraversa facendo molta attenzione e si continua per la strada comunale che prosegue subito al di là. Al km. 12,9, in via Pasubio non si segue la freccia per Schiavon, ma ci si tiene sulla destra per Maragnole. Avanti per la campagna fino all’incrocio fra via Albero e via Bragetti (km. 14,7). Si devia a sinistra per via Maragnole. Nel centro del paese (km. 15,9), avanti diritti per Sandrigo. All’incrocio di via Agosta con via Rivana, diritti fino allo stop per via Trissino. Si oltrepassa la statale 248 Marosticana Schiavonesca proseguendo per via Trissino. Allo stop successivo si gira a destra arrivando nel centro di Sandrigo. Qui si volge a sinistra davanti alla chiesa e si prosegue

26La Rosina • Vicenza • La Rosina (km. 74,8)

(La città di Andrea Palladio)

Itinerario tutto pianeggiante che corre attraverso la campagna veneta su strade di scarso traffico fino a Vicenza, città ricca di monumenti e di edifici di interesse storico. Difficoltà: nessuna se non per la lunghezza del percorso che richiede un adeguato allenamento.

ROSINA

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tenendo sempre la sinistra passando di fronte alla Villa Sesso Schiavo seguendo le indicazioni per Lupia. Al km. 20,3 comincia la pista ciclabile che porta agli impianti sportivi di Lupia (km. 21,5). Uscendo da questi si devia a destra per Dueville-Vicenza. Dopo il ponte sull’Astico avanti sempre diritti superando l’incrocio con via

Dindarello, oltrepassando l’abitato di Lupiola. Allo stop (km. 25,5), a destra per Vicenza - Cavazzale - Vigardolo. Arrivati nel centro di Vigardolo (km. 26,4) si gira a destra per Dueville-Cavazzale. Al semaforo si va diritti fino al passaggio a livello. Subito al di là si devia a sinistra per Cavazzale. Allo stop (km. 29,4) diritti lasciando la chiesa sulla sinistra. Si entra nella pista ciclabile e si prosegue fino al semaforo (km. 31). Si gira a sinistra immettendosi nella statale 248 Marosticana Schiavonesca e, al semaforo successivo, si volge a destra arrivando all’abitato di Polegge. Dietro il campanile c’è una stradina “Vicinale Chiesa di Polegge”. La si percorre fino ad una curva a gomito dopo la quale ci si tiene sulla destra fino al termine della stradina. A sinistra si diparte una pista ciclabile che conduce in via dei Laghi (km. 33,5). Avanti sempre diritti fino al semaforo (km. 35,1). Lo si oltrepassa proseguendo diritti per via Curtatone fino alla caserma Chinotto che si trova sulla destra. Ancora diritti fino alla rotonda di Porta San Bortolo che si supera tenendo la sinistra e subito la destra entrando in senso vietato (prudenza fino all’incrocio con via San Francesco) passando davanti all’ospedale San Bortolo. Dopo via San Francesco si passa Ponte Pusterla e si prosegue diritti, tenendo la destra, entrando in Contrà Porti (km. 37). All’incrocio con Corso Palladio si entra, andando diritti, in Contrà del Monte e si arriva nel cuore della città di Vicenza in Piazza dei Signori, proprio di fronte alla stupenda Basilica Palladiana (km. 37,4). Qui termina il viaggio di andata. Dopo la visita della città per scoprire i mille tesori architettonici che racchiude il centro storico, si torna per la stessa strada facendo attenzione ad alcuni punti critici. A Cavazzale al termine della pista ciclabile si trova un senso vietato che si può superare o facendo il giro dell’isolato oppure viaggiando sul marciapiede fino alla chiesa immettendosi poi nella strada dell’andata. A Vigardolo, all’incrocio, girare a sinistra per via Spine e, all’incrocio successivo, voltare a sinistra per Lupia sempre lungo via Spine. Attenti anche all’incrocio di Maragnole con via Albero che si percorre girando a destra, subito dopo l’abitato della frazione (Km. 74,8).

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Le origini della città di Vicenza si perdono nella notte dei tempi, ma furono i Ve-neti a lasciare le loro prime impronte assieme agli Euganei, ai quali successero poi i Romani che fecero di Vicenza un “municipium” lungo la via Postumia. Ar-rivarono quindi le invasioni barbariche a mettere a ferro e fuoco la città. Dopo, giunsero i Longobardi e, successivamente, i Franchi. Ezzelino III da Romano (il Tiranno) la dominò, ma dovette abbandonarla alla conquista dei Padovani pri-ma, degli Scaligeri poi e quindi dei Visconti, fino all’inserimento di Vicenza nel vasto territorio della Serenissima Repubblica di San Marco. Caduta Venezia, fu Napoleone a far sentire la sua voce e, quando il Generalissimo cadde in disgra-zia, la occuparono gli Austriaci fino al passaggio al Regno Lombardo-Veneto ed infine al Regno d’Italia. Il periodo di maggior splendore per Vicenza fu senza dubbio quello della dominazione veneziana la quale vide il sorgere di monu-menti e di edifici di grande pregio a cominciare dalla preziosa Basilica Palla-diana che rappresenta il cuore della città. Fu in quel periodo che fecero sentire il loro peso artisti della portata di Palladio, Scamozzi, Tiepolo e Trissino.

Vicenza

Cosa vedere

Il cuore della città è rappresentato da Piazza dei Signori che sorge subito al di qua di Corso Palladio, la più storica e classica via di Vicenza. La piazza venne chiamata così perché accanto vi sorgevano i palazzi della Signoria o del Podestà e quello del Capitanio. Sull’ampio slargo si affaccia la splendida Basilica Palladiana e, vicino ad essa, sorge la Torre Bissara, le cui prime notizie risalgono al 1174. Sempre nel centro storico poi si trova il Teatro Olimpico, uno dei grandi capolavori dall’architetto Andrea Palladio, ultimato, per la morte del progettista, dal suo pupillo Vincenzo Scamozzi. Il teatro, unico nel suo genere, è formato da quattro parti: la cavea, l’orchestra, il proscenio con l’agorà e la scena fissa. L’inaugurazione risale al tre marzo del 1585. Non poco discosto sorge Palazzo Chiericati, ora sede del civico museo e della pinacoteca. Altri palazzi degni di attenzione a Vicenza sono il Leoni

Montanari, interessante dimora barocca, il Barban da Porto, una delle grandi opere del Palladio ed il Franceschini Folco. Subito fuori Vicenza, all’inizio della Riviera Berica, su un poggio, si erge la famosissima Rotonda, una villa progettata da Andrea Palladio per Paolo Almerico, prelato papale, ed ultimata da Vincenzo Scamozzi. Su un altro colle, dal quale si dominano l’intera città ed il suo territorio, sorge la Basilica di Monte Berico nel cui luogo la Madonna apparve nel lontano 1428 a Vincenza Pasini da Sovizzo. Tratti delle antiche mura sono ancora visibili attorno alla città. Si possono ammirarle al termine di un percorso volto alla scoperta di vie e palazzi tra i fiumi Retrone e Bacchiglione.

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27Prato allo Stelvio • Passo Stelvio • Prato allo Stelvio (km. 50,8)

Quella dello Stelvio è la salita più ambita dagli appassionati della bicicletta. Diff icoltà: non si tratta di lunghezze proibitive (poco più di 25 chilometri), ma certo il dislivello fa rabbrividire. Basti pensare che dai 916 metri di Prato allo Stelvio, si arriva ai 2758 del Passo: più di 1800 metri da scalare. Serve quindi una preparazione adeguata anche perché le pendenze, dalla metà del percorso in avanti, presentano degli strappi che non concedono respiro.

In auto, dalla Rosi-na, si scende a Bas-sano del Grappa e si viaggia verso nord lungo la superstra-da della Valsugana seguendo le indi-cazioni per Trento. Qui ci si trasferisce sull’autostrada del Brennero fino a Bolzano. Si esce al casello sud e ci si immette sulla super-strada per Merano. Si prosegue, quindi, per la Val Venosta lungo una strada trafficata e lenta, fino ad arrivare al bivio per Prato allo Stelvio, all’altezza del-l’Hotel Posta. Si gira a sinistra arrivando, in breve, in paese. L’auto può essere lasciata in uno dei numerosi parcheggi più o meno vicini al centro. Con la bici si torna, quindi, sulla strada principale e si prosegue, verso nord ovest prima in leggero falsopiano, e, quindi subito in salita. Al km.4,5 si è a Ponte allo Stel-

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vio, già a mt. 1170. Al km. 6,7 si incontra il suggestivo abitato di Gomagoi (mt.1257), da dove si diparte, a sinistra, la strada che porta alla locali-tà turistica di Solda. Noi andiamo invece diritti verso nord e, dopo un altro falso-piano, si torna a sa-lire. Al km. 8 ecco il Ponte sul Rio Trafoi, oltre il quale si para davanti una tabella con il n. 48: ebbene, quelli sono i tornanti che si devono affrontare prima di arrivare al Passo. Ora la pendenza comincia a farsi severa e, a Trafoi (km.11), patria del grande discesista Gustav Thoeni (nel tornante al centro del paese, sulla sinistra salendo, sorge l’albergo Bellavista, della famiglia Thoeni), l’altitudine è già a mt. 1540. Da Trafoi in avanti la salita non perdona e le pendenze variano fra l’otto ed il nove per cento, con punte, sia pur brevissime, ben superiori. Al 15° chilometro si lascia sulla sinistra il Ristorante Rocca Bianca (mt. 1861). Ancora salita dura e continui tornanti fino al 19° chilometro dove, in basso a sinistra, sorge l’accogliente albergo -ristorante Franzenshohe (mt.2218). Di fronte, si apre il panorama suggestivo verso le cime, i ghiacciai, le vallette. Si è un po’ titubanti, però, vedendo dal basso la strada ancora da percorrere con i ghirigori di tornanti che caratte-rizzano la parte destra della vallata. Non lasciatevi prendere dallo sconforto: concentratevi sulle bellezze della natura e sui richiami delle marmotte che vi terranno compagnia mentre salite. Al 22° chilometro si oltrepassa Giogo allo Stelvio a mt. 2471. Manca ormai poco davvero, anche se i tornanti si fanno più erti. Ultimi 500 metri ed ecco il Passo, con quel cartello che vi accoglie trionfante, ricordandovi che siete arrivati a quota 2758 metri (km.25,4). Il ritorno sarà agevole fino a Prato allo Stelvio (km. 50,8).

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E’ chiamato il “Giro dei quattro passi”, un itinerario classico che offre l’opportunità di ammirare il cuore della catena dolomitica aggirandola fra salite, a volte impegnative, ed inebrianti discese. Diff icoltà: per affrontare questo itinerario bisogna essere ben allenati alla salita sia per l’altitudine dei passi quasi tutti oltre i duemila metri, sia per i dislivelli continui che si devono superare.

Si arriva in auto fino a Canazei (mt. 1520). Poco prima dell’abitato si trovano degli slarghi sulla destra ove si può parcheggiare. Dopo il centro del paese comincia subito la salita (seguire le indicazioni per Passo Pordoi) che, nei tornanti successivi, si va stemperando.Al km. 4,4 si supera località Lupo Bianco e al km. 5,7 (altitudine mt. 1815) si arriva ad un bivio. A sinistra si sale al Passo Sella e, a destra, si va al Passo Pordoi. Proseguiamo per il Pordoi (la scelta per l’itinerario in senso orario o antiorario è ininfluente e soggettiva). Al km. 6,2 (mt. 1855) superiamo il Rifugio Monti Pallidi. A mano a mano che si macinano gli ultimi chilometri il paesaggio si apre sulle pareti mozzafiato e, in lontananza, sulla Marmolada e su altre importanti cime dolomitiche. Si arriva al Passo Pordoi (km.13) a quota mt. 2239. Una sosta per ammirare tanta bellezza non guasta di certo e poi, stando attenti a coprirsi scendendo, si vola lungo i 33 tornanti che dividono il passo da Arabba (dalla provincia altoatesina di Bolzano si entra in quella veneta di Belluno). Ora siamo a quota 1520. Dal centro del paese si prende a sinistra per Corvara e si torna a salire. Per arrivare al Passo di Campolongo si percorrono appena quattro chilometri, ma la pendenza, a volte, raggiunge il 9%. Dopo il Passo (km. 26,5 e a mt.1875) si prosegue in

Canazei • Passo Pordoi • Passo Campolongo • Passo Gardena • Passo Sella • Canazei(km. 66)

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leggera discesa, inizialmente, rientrando in provincia di Bolzano e si arriva, dopo gli ultimi tornanti che si aprono sul paese e sulla graziosa Val Badia, a Corvara (km. 32,6 e a mt. 1520). Una strada divide in due il centro e, al termine, c’è un bivio. Girare a sinistra per Passo Gardena. Breve pedalata in piano e, subito dopo, si torna a salire. A km. 34,7 si attraversa la località turistica di Colfosco. Ora la salita si fa sublime, con le pareti che incombono sul ciclista ed i tornanti che diventano via via più impegnativi. Il Passo Gardena (km. 42,1) vi abbraccerà con i suoi 2121 mt. di altitudine scollinando immediatamente. Si scende verso Plan di Glarba (al bivio prendere a sinistra) e poi si comincia a salire. Non è lunga la distanza fra il Gardena ed il Sella, ma gli ultimi tre chilometri, privi di tornanti, si fanno sentire con una pendenza costante che sfiora il nove per cento. Al Passo Sella (km. 47,6 ed altitudine di mt. 2244) la fatica è finita. Ora si può finalmente brindare al successo dell’impresa non senza avere ammirato le stupende “Torri” che si ergono alle spalle del Passo, verso nord, regno degli scalatori, ed il panorama articolato che si apre verso est e verso sud. La discesa, meritata, sarà agevolata, fino al bivio per il Passo Pordoi, da pendenze che superano il nove per cento. Dal bivio a Canazei si arriva in fretta (km.59).

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29La Rosina • Passo Manghen • La Rosina (km. 158,2)

Un itinerario in gran parte vallivo seguendo il corso del f iume Brenta, che si fa montano negli ultimi 23 chilometri con pendenze a prova di gambe. Il tracciato si svolge dapprima in territorio vicentino e quindi in quello trentino lungo ciclopiste o strade non particolarmente battute dal traff ico. Diff icoltà: il dislivello di oltre 1600 metri con pendenze che arrivano al 15 per cento spiega da solo la durezza del percorso. A questo si aggiunga la lunghezza del tracciato. Per compiere questa escursione, che durerà l’intera giornata, occorre una preparazione particolare. E’ possibile eliminare il tratto di strada dalla Rosina all’inizio della contrada Pianello parcheggiando l’auto sotto il ponte della circonvallazione per Enego, una decina di metri dopo il bivio per Cave Valbrenta.

Percorrere l’antica via del tabacco (itinerario n. 12) fino a Piovega di Sotto- Birreria Cornale e poi la ciclopista lungo il Brenta fino al-l’incrocio con la strada che sale ad Enego. Si segue, subito a sinistra all’inizio del cavalcavia della su-perstrada Valsugana, l’indicazione Cave Valbrenta per una strada che corre, sempre in destra Brenta, fino all’abitato di Pianello ove sor-ge una piccola diga. Superata la contrada si prosegue per 50 metri su una stradina (tenere la destra) che porta all’inizio della ciclopista del Brenta (km. 36,8 ). Allo stop si sottopassa, sulla sinistra, il ponte della superstrada, si pas-sa davanti ad una chiesetta e si prosegue in direzione nord passando davanti al bicigrill di Tezze Valsugana. Subito dopo , allo stop di via Prà Minati ,si gira a destra superando il ponte sul Brenta e quindi subito a sinistra per la ciclopi-

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sta. Allo stop successivo si attraversa il Brenta a sinistra e quindi a destra per Selva. La contrada (km. 45,3) la si supera tra le case tenendo la destra e pro-seguendo verso nord. Continuare lungo la ciclopista ben segnalata che, dalla sinistra passa in destra Brenta in comune di Ospedaletto. Sempre in destra Brenta senza interruzioni, su superano su due ponticelli costruiti apposta per la ciclopista, i torrenti Chieppena e Maso. Dopo un lungo rettifilo si arriva ad uno stop (km. 55,5). Qui si gira a destra abbandonando la ciclopista fin o a raggiungere Castelnuovo. Alla rotonda si seguono le indicazioni per Telve – Passo Manghen. La strada comincia subito a salire. Dopo il lungo rettilineo in salita, invece di entrare a Telve, si tiene la destra e, dopo un tornante, si ar-riva ad un bivio (km. 59,7). Si va a destra seguendo sempre le indicazioni per Passo Manghen. Ora la fatica si fa sentire con momenti di pausa e con strappi tosti fino ad arrivare, dopo una dozzina di chilometri, in località Calamento (km. 68,6). Ora la salita si fa più dura con pendenze che raggiungono il 15 per cento. Dopo avere superato alcuni tratti di bosco incassati nella valle, il panorama si allarga fino al passo (m. 2042), raggiunto il quale (km. 79,1), si arriva, con una brevissima discesa, ad un grazioso e ristoratore rifugio. La via del ritorno segue quella dell’andata (km. 158,2).

Piovega di Sotto

Passo Manghen

Telve

Calamento

Castelnuovo

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30Caprile • Passo Falzarego • Passo Giau • Selva di Cadore • Caprile (km. 54,5)

L’itinerario che porta alla conoscenza del Passo Falzarego e del Passo Giau è di tutto rispetto e riservato a grimpeur ben allenati. I panorami che si godono sulle pareti dolomitiche più illustri e che videro affrontarsi due eserciti nella prima guerra mondiale su precipizi e sentieri da vertigine, ripagheranno ampiamente la fatica che si dovrà affrontare. Diff icoltà: salite, specie quella al Passo Giau (in alcuni tratti pendenze attorno al 12-13 per cento), che richiedono una preparazione adeguata.

Per raggiungere Caprile, dalla Rosina, si prende, in auto, per Bassano del Grappa e si seguono le indicazioni per Trento lungo la superstrada della Val-sugana. Dopo Cismon, nel tratto più stretto della valle, deviare sulla destra per Feltre-Belluno. Una galleria di circa tre chilometri porterà nel Bellunese. Proseguire sempre per Feltre lasciando perdere altre deviazioni. Arrivati a Feltre si seguono le indicazioni per Belluno fino al paese di Sedico. Qui si gira a sinistra per Agordo. Si percorre l’Agordino superando il capoluogo ed ar-rivando al laghetto di Alleghe. Da qui a Caprile mancano poco più di quattro chilometri. A Caprile ci sono parcheggi ove poter lasciare la macchina, specie all’inizio del paese, sulla destra. Presa la bici si attraversa il grazioso centro turistico seguendo la statale 203 per poche centinaia di metri. Si gira, quindi, a destra per Cortina e per il Passo Falzarego. Si comincia subito a salire gu-stando la veduta di Caprile dall’alto. Dopo quattro chilometri, la salita cessa ed il percorso si fa quasi pianeggiante, nel bosco. In località Rucavà, prose-guire sempre diritti lasciando perdere le indicazioni a destra per Colle Santa Lucia e Selva di Cadore. Fino al km.10, ad eccezione di un leggero strappo, si pedala tranquilli con pendenze minime. Da qui (località Cernadoi) si entra nella statale delle Dolomiti (tenersi sulla destra) e la strada riprende a salire. Tornante dopo tornante (sono ventidue in tutto) si arriva in prossimità del Passo. A poco meno di due chilometri fare attenzione a tre gallerie parava-langhe, due aperte ed una chiusa, breve, ma stretta. L’arrivo al Passo di Falza-

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rego (km. 20 e mt. 2105 di altitudine) merita sicuramente una sosta per ammirare i Lagazuoi con l’aerea funivia che porta i turisti nel cuore del gruppo dolomitico, l’Averau, la Marmolada, più lontana, il combattu-tissimo Sass di Stria. La discesa verso Cortina è veloce e panoramica al massimo, specie nel tratto (all’incirca dopo l’ottavo chilometro dal Passo) che corre sotto la verticalissima parete della Tofana di Roces. Al km 30, subito prima dell’abitato di Pocol, si arriva al bivio, sulla destra, per il Passo Giau. All’inizio, questa strada meno trafficata sembra una passeggiata. Per un paio di chilometri si passa fra falsopiano e discesa, ma poi arrivan le dolenti note. Si entra nel bosco e la pendenza si fa sentire a volte con tornanti,a volte con brevi ma duri rettilinei che, visti dal basso, ti mostrano tutta la loro pendenza (si supera, a tratti, il 12 per cento). Dal km. 36 si esce dal bosco e si continua a salire godendo una vista panora-mica sublime. Ancora qualche tornante, sempre impegnativo, e quindi ecco un lungo rettilineo, apertissimo che lascia intuire l’ormai imminente arrivo al Passo. Dopo gli ultimi tre tornanti, brevi, ma sempre severi, ecco il famoso Passo Giau (km. 40,3 e mt. 2236 di altitudine). Il tempo di riprendere fiato e potete godervi il più bel panorama dell’intero arco dolomitico. Nessun altro passo offre la possibilità di ammirare, a 360 gradi, un numero così alto di cime maestose, di pareti, di valli. Dopo avere ben abbeverato gli occhi, si inizia la discesa verso Selva di Cadore. Questo tratto, di circa dieci chilome-tri, vi farà capire quanto sia ancora più dura la salita dalla parte cadorina. Si superano, infatti, pendenze che arrivano al 14 per cento. Giunti ad un ponte, al termine della discesa, si lascia a destra la strada per Colle Santa Lucia e si prosegue diritti, in leggera salita fino all’abitato di Selva di Cadore (km. 50). Dalla piazza della località turistica, si prende la strada in discesa, sulla destra, con indicazioni per Caprile (fare attenzione ad alcune gallerie chiuse, nel fon-do valle). Si arriva così all’inizio del paese per riprendere l’auto (km. 54,5).

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Bella salita impegnativa, specie nei primi tornanti, che dalla Valsugana porta alla splendida Piana di Marcesina. Il percorso, ora interamente asfaltato, segue una strada militare costruita dagli austriaci nella prima guerra mondiale (una targa ricorda chi la realizzò). In poco più di 14 chilometri si passa dai 263 metri di Selva di Grigno, ai 1383 del Rifugio Barricata e si arriva ai 1400 in Marcesina. Il panorama che si gode salendo, sulla Valsugana e sui Lagorai, ripaga ampiamente della fatica. Un’avvertenza: su questa strada è permessa la salita alle bici ma non la discesa.

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La Rosina • Valstagna • Selva di Grigno • Rifugio Barricata • MarcesinaLazzaretti • Foza • Valstagna • La Rosina (km.115,2)

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Si segue dapprima l’itinerario n.12 dell’antica via del tabacco e quindi il n. 22 che porta a Borgo Vaslugana. A Selva di Grigno (km. 53,6) all’al-tezza della fontana del paese posta sulla destra, si gira a sinistra, fra le case e poco dopo a destra imboc-cando la salita che comincia subito impegnativa. Nei primi tornanti la pendenza è del 12 per cento. Si pro-segue con una visione progressiva della Valsugana. Si passa davanti ad un altarino che ricorda tre vigili del fuoco (Adriano, Alcide e Pompeo), morti su queste montagne. Si passa sotto un arco naturale e si conti-nua a salire con qualche falsopiano. Al tornante n. 16 una fontanella , quando non è asciutta, vi permette di riempire nuovamente la borrac-cia. Salutata la Valsugana, si entra quindi nel bosco, sempre salendo e, finalmente, si sbuca sulla piana. In lonta-nanza ecco il Rifugio Barricata e quando vi arrivate avete percorso , da Selva, 14,2 chilometri. Qui girate a sinistra sempre su asfalto, passate davanti ad una malga (sulla sinistra) e, dopo un ex cimitero militare di guerra, vi si apre in tutto il suo splendore la Piana di Marcesina. Arrivate quindi all’albergo omonimo (km. 70,3 da La Rosina). Dopo esservi rifocillati, continuate per la strada asfaltata. Ad un bivio, poco dopo, girate a sinistra scendendo sulla piana. Al prossimo bivio, davanti alla casetta della Forestale, girate a destra in leggera salita. Continuate sempre su asfalto, dapprima con un po’ di salita, quindi con un falsopiano ed infine con una discesa che vi conduce a località Lazzaretti di Foza. Al bivio girate a destra e dopo circa un chilometro vi trovato in faccia la chiesa ed il campanile di Foza. Invece di andare dritti per arrivare in paese, prendete la discesa sulla sinistra che vi porta in centro a Valstagna (km.82,4). Qui, girate a destra e riprendete l’antica via del tabacco fino alla Rosina (km. 115,2).

Selva di Grigno Valstagna

FozaRifugio Barricata Albergo Marcesina

Lazzaretti

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LLLLLaaaa RRRRRoooossssiiiiinnnnaaaa •• VVVVVaaaalllllssssttttaaaaggggnnnnaaaa •• SSSSSeeeelllllvvvvaaaa dddddiiiii GGGGGrrrriiiiiggggnnnnoooo •• RRRRRiiiiifffffuuuuggggiiiiioooo BBBBBaaaarrrrrrrriiiiiccccaaaattttaaaa •• MMMMMaaaarrrrcccceeeessssiiiiinnnnaaaaLLLLaaazzzzzzaaarrreeettttttttiiii • FFFFooozzzaaa • VVVVaaallllsssttttaaagggggnnnaaa • LLLLaaa RRRRooosssiiiinnnaaa

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L’ormai classico “circuito della Rosina”, compreso fra Bassano e Marostica, con lo strappo che porta all’albergo ristorante, banco di prova costante per corridori agonisti, ma anche per cicloamatori che vogliano provare il loro grado di preparazione, sarà vegliato, dall’alto, da una chiesetta, all’interno della quale troneggia l’immagine della Vergine. E’ questa la prima vera chiesa presente in Italia dedicata agli appassionati delle due ruote e nata per implorare su di loro la benedizione della Madre celeste. Sì, perché il Santuario della Madonna del Ghisallo, Patrona dei ciclisti e quello di Valico del Colle Gallo fra Bergamo ed il Lago d’Iseo sono diventati nel tempo sede di preghiera per i ciclisti, mentre quella della Rosina nasce con il precipuo scopo di monumento religioso per quanti girano per le strade in sella ad una bici.Lo Studio Poloni, che l’ha progettata, spiega così

Chiesetta Madonna

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dei cilcl istiChiesetta M

adonna dei cilclistiil significato architettonico della chiesetta: “Il pregevole contesto ambientale, le colline a Nord-Est di Marostica e la pianura a Sud in costante colloquio nelle varie stagioni, nonchè il castello Superiore che è l’orizzonte emergente dallo spalto prescelto per la realizzazione, sono risultati l’aspetto fondamentale per l’individuazione dell’asse dell’edificio”. Setti murari rivestiti di quarzite rosa caratterizzano il prospetto verso Ovest il più visibile anche dalla pianura; la copertura è fatta in tegoli di rame. A cavallo del pavimento esterno-interno un disegno in cubetti di porfido rosa significa la dinamica dell’azione del correre in bicicletta. Oltre ai setti murari in calcestruzzo e laterizi, la struttura principale è metallica, la più adatta per il sito. Fondamentale è la funzione religiosa. Un video posto all’ingresso illustrerà con immagini anche storiche l’affetto per questo sport”.

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musei

Seguendo l’itinerario n. 20 si arriva nel centro di Lusiana. Di fronte alla chiesa, una scalinata porta direttamente al Museo del Palazzon.

Entrando nelle sale del Palazzon sembra di tornare ai tempi in cui, tra queste contrade di montagna, la regina delle case era la povertà. Ci si ingegnava alla meglio per campare e gli attrezzi di tutti i giorni si ricavavano, in gran parte, dal legno dei boschi.Ed ecco allora, nel museo delle “Tradizioni della gente di Lusiana”, tutti gli strumenti che servivano al casaro per la lavorazione del latte, ecco la “caneva” con le botti che ospitavano il vino di collina, ecco il “fogolaro” con il “caliero” per la polenta ancora appeso, ecco la “corte” e la cucina con il “seciaro” ed ecco, infine, la “dressa”, la treccia lavorata con gli steli del frumento, che serviva per la confezione di borse e cappelli tanto in uso nel Marosticense. Uno spaccato di vita andata che merita una visita. Per informazioni: tel. 0424-40600.

Museo del Palazzon a Lusiana

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Il percorso n. 12 dell’antica via del tabacco passa attraverso Valstagna, capoluogo del Canal di Brenta. A Palazzo Perli, sulla sinistra, salendo, un attimo prima del centro, ha sede il museo.

La vita dei valligiani, un tempo, era scandita dalla coltivazione del tabacco, dal taglio del legname nei boschi, dal rapporto con il fiume Brenta. Questi tre elementi vengono riproposti nel percorso didattico realizzato nei locali del museo “Canal di Brenta” voluto dalla civica amministrazione nel 2003. Il tabacco era fonte di guadagno e di fatica e lo si coltivava rubando spazi alla montagna con aerei terrazzamenti che ancora si possono ammirare lungo la valle. Il bosco poi era una miniera di risorse. Oltre al legname ed ai frutti che esso offriva nel cambio delle stagioni, dava modo a chi

allevava degli animali di produrre fieno, nei pochi slarghi rubati alla vegetazione, e fogliame come lettiera nelle stalle. Per informazioni: tel. 0424-99813.

Museo Canal di Brenta

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Seguendo l’itinerario n.12 dell’antica via del tabacco, si passa per Oliero, frazione di Valstagna. Dopo il centro si attraversa il f iume Oliero e, sulla sinistra, si apre il complesso delle Grotte con annesso museo speleologico.

Il complesso di grotte e di scorci fantastici tra acque limpidissime, vegetazione spontanea fitta e selvaggia, cascate di stalattiti e stalagmiti, anfratti che la fantasia popolare ha animato di streghe e folletti, merita certo una sosta. Qui, in forma più consistente, scendono le acque raccolte da mille doline o colatoi dell’Altopiano di Asiago il cui terreno di origine carsica, non è in grado di trattenere. Fu un bassanese, Alberto Parolini, nel 1822, ad esplorarle per primo, permettendo l’accesso a quella più suggestiva fra tutte le grotte:il “Covol dei Siori”, che si raggiunge in barca. Vi sono altre cavità, alcune ricche d’acqua, altre, nella parte superiore, ora secche. Numerosi sono i visitatori e numerosi anche gli speleosub penetrati nelle viscere della montagna attraverso cunicoli tutti ancora da scoprire. Interessante il museo speleologico nella parte restaurata dell’ex cartiera Burgo. Per informazioni: tel. 0424-558250.

Grotte di Oliero e museo speleologico

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Seguendo l’itinerario n. 4 si passa per il paese di Pove del Grappa. In centro, presso la biblioteca comunale di via Marconi, si trova il museo dello scalpellino.

Si possono ancora intravedere, alte sopra il paese, le cave ormai dismesse che dettero lavoro a decine e decine di povesi nel corso dei secoli. L’estrazione del marmo e la sua lavorazione era la principale fonte di guadagno delle famiglie e questa industria favorì la nascita di veri e propri artisti, l’ultimo dei quali è quel Natalino Andolfatto le cui sculture trovano posto in numerosi musei sparsi per il mondo. I marmi di Pove servirono alla costruzione di importanti ville e chiese, colonnati e palazzi di governo. E, proprio per non annegare questa lunga parentesi di storia paesana, l’Amministrazione comunale ha voluto riservare uno spazio al museo dello scalpellino proponendo strumenti propri della lavorazione del marmo ed oggetti in uso ai cavatori. Per informazioni: tel. 0424-80659.

Museo dello scalpellino a Pove del Grappa

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L’itinerario n.4, dopo la visita di Asolo, porta proprio in centro a Possagno dove, sulla destra, in basso, si trova il museo canoviano e sulla sinistra, in alto (400 metri circa di salita un po’ impegnativa), il Tempio che accoglie le spoglie del grande artista.

E’ stato il fratellastro di Antonio Canova, mons. Sartori, a volere trasformare la casa natale dello scultore, in un museo, raccogliendo anche i marmi, i calchi, i gessi, gli strumenti di lavoro, lasciati nel laboratorio romano alla morte del congiunto. La visita dà un’idea precisa dell’ingegno di questo figlio della terra trevigiana che ha lasciato ampia testimonianza della sua arte nei più grandi palazzi del mondo perché richiesto da re, imperatori, pontefici e potenti di ogni genere. La Gipsoteca, che è la parte sicuramente più interessante del museo, è composta dall’ala “Ottocentesca”, dall’ala “Scarpa” e dalla scuderia ed è ricca di modelli originali in gesso usati per le opere in marmo. Vi sono poi l’abitazione di Antonio Canova con disegni, dipinti, gessi ed attrezzi dello scultore; una nuova ala per mostre, convegni o congressi ed il giardino. Merita sicuramente una visita il Tempio che Canova volle costruire (morì prima di vederne l’ultimazione) per regalare alla sua Possagno una chiesa degna di tale nome. Per informazioni: tel. 0423-544323

Museo canoviano di Possagno

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Prendete l’itinerario n.4 fino a Via Pascoli di Pove del Grappa. Al bivio, prima della seconda salitina per arrivare in centro, girate a destra per Via Fossà. Proseguite diritti attraversando un primo incrocio che dà su Via Ca’ Morolazzaro ed un secondo su Via Ca’ Cornaro. Arrivate ad una curva a gomito (diritti c’è un senso vietato). Seguitela, verso si-nistra, passando davanti ad un’azienda chimica. Dopo un sottopasso della superstrada, a sinistra per via Torino all’inizio della quale sorge il museo (circa 4 km. da Via Pascoli).

Museo dell’automobile“Luigi Bonfanti” a Romano d’Ezzelino

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Il museo “Bonfanti” è meta di numerosi appassionati delle quattro ruote per l’originalità delle sue proposte. Esso, infatti, primo in Europa, presenta esposizioni tematiche di marche o di particolari tipi di vetture che hanno fatto la storia dell’au-tomobilismo italiano e mondiale, sia in tempo di pace che per scopi essenzialmente bellici. Qui, inoltre, vengono effettuate lezioni per studenti di ingegneria meccanica dell’Università di Padova ed anche corsi di specializzazione per restauratori di mezzi d’epoca. Il museo è riconosciuto dalla Fia (Fédération

international de l’au-tomobile), dall’An-fia, l’associazione fra le industrie automo-bilistiche e dall’Asi (Automotoclub sto-rico italiano). Per informazioni: tel. 0424 -513690

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Seguire l’itinerario n. 4 fino al centro di Asolo. Di fronte alla Cattedrale sorge un edif icio, un tempo sede municipale e vescovile. Lì si trova ora il museo asolano.

L’origine di questo museo risale alla fine del 1800 ed è dovuta all’intervento del grande scultore della vicina Possagno, Antonio Canova. Numerose furono le donazioni di nobili asolani per arricchire la struttura museale che, nel corso dei decenni, diventò di rilevante importanza per gli appassionati d’arte e per gli studiosi. Il percorso, all’interno delle sale, porta alla conoscenza dei reperti che raccontano la storia antica di questo agglomerato, alla pinacoteca ricca di opere dei diversi secoli fino al Duemila, di oggetti e paramenti dell’antica cattedrale, di cimeli della regina Caterina Cornaro che qui trascorse gli ultimi anni della sua vita, di ricordi risorgimentali, di armi e monete antiche, di oggetti appartenuti ad Eleonora Duse ed a Robert Browning, due illustri personaggi che scelsero Asolo come loro dimora. Per informazioni: 0423-524637.

Museo di Asolo

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Lungo l’itinerario n. 12 si arriva all’abitato di Valstagna. Prima del centro del paese si prende il ponte sul Brenta, a destra, lo si attraversa e, subito al di là, all’interno di Palazzo Guarnieri, sede della Comunità montana del Brenta, si trova il museo.

Dal 1600 a qualche decennio fa la Vallata del Brenta era nota principalmente per la coltivazione del tabacco. Il clima asciutto e le caratteristiche del terreno aiutarono la proliferazione della coltura che rubò spazi ai costoni della montagna grazie alla realizzazione di tutta una serie di terrazzamenti dei quali restano ancora ampie testimonianze. Tabacco e contrabbando, specie nel secolo scorso, andarono a braccetto con una lotta quotidiana fra finanzieri e valligiani. Queste pagine di storia sono state recuperate nel museo voluto dalla Comunità montana. In esso si possono ammirare gli strumenti rudimentali che venivano usati per la coltivazione prima e per la lavorazione del tabacco poi, ma anche manifesti e scritti prodotti dalle autorità, di volta in volta competenti, per chiarire norme e disposizioni in materia di produzione e di commercio di questa pianta tanto richiesta. Una serie di acquarelli del pittore valstagnese Ettore Lazzarotto chiariscono infine i processi di lavorazione del tabacco. Per informazioni: tel. 0424-99905.

Museo del tabacco a Carpanè di San Nazario

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Si segue l’itinerario n. 24 che porta diritto alla villa nella località di Lonedo di Lugo Vicentino.

Il torrente Chiavon, il cui letto si trova vicino alla villa, è un libro aperto sui millenni di storia della terra. Qui infatti, fin dal 1800, studiosi ed appassionati di paleontologia, hanno raccolto una lunga teoria di fossili di indubbio interesse scientifico che trovarono ospitalità nella auguste sale dell’antica dimora. Solo, però, agli inizi degli anni settanta, complice l’interessamento del prof. Giuliano Piccoli dell’Università di Padova, si pensò di dare spazio a questa raccolta creando un vero e proprio museo in un padiglione attiguo alla villa ed inserito nello splendido parco. La prima cosa che si nota entrando è una palma di ben nove metri con tanto di radici, collocata nel centro del padiglione e che richiese ben quattro anni di lavoro, nell’800, per essere tolta dalla sua sede originaria. Nelle bacheche fanno bella mostra fossili riferibili alla flora ed all’ittiofauna del periodo Oligocenico, vale a dire di un’età risalente a ben trenta milioni di anni fa. Per informazioni: tel. 0445-860561

Museo dei fossili a Villa GodiValmarana Malinverni

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Seguendo l’itinerario n.2 si arriva nella Piazza degli scacchi. Questo museo si trova nelle sale del Castello inferiore.

Museo dei cappelli di paglia di Marostica

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La vera “industria” del Marosticense nel secolo scorso, fino alla fine degli anni cinquanta, era rappresentata dalla lavorazione della paglia. Prima della Grande guerra, i diversi laboratori esistenti nel territorio davano lavoro ad oltre dodicimila persone, in prevalenza donne, impegnate o nelle aziende oppure a casa. Passeggiando per i paesi della zona, specie quelli collinari, si incontravano spesso anziane intente a fare la “dressa” (la treccia, realizzata con gli steli del frumento, che serviva per confezionare cappelli o borse). Il museo, che si trova nel Castello da basso, vuole proporre ai giovani e tramandare alle generazioni che verranno, la “storia” di quest’arte, che fu ben radicata nel territorio, attraverso pannelli esplicativi, dimostrazioni della “filiera” della paglia dallo stelo, al momento della lavorazione, fino alla presentazione del prodotto finito tra cappelli di uso diverso (da lavoro, da passeggio, per uomini o donne ecc.). C’è infine una parte riservata ai nostri emigranti brasiliani che tuttora lavorano la paglia come avveniva un tempo qui da noi. Per informazioni: tel. 0424-479120.

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Seguendo l’itinerario n. 8 si trova, ad un tratto, l’indicazione per raggiungere il museo il cui edif icio si vede dopo i primi tornanti per San Luca.E’ sulla destra all’inizio della strada che porta al Castello Superiore.

Chi voglia farsi un’idea dell’aviofauna esistente nella pro-vincia ed altrove qui troverà di che documentarsi grazie alla “Collezione Massimo Dalla Riva” che comprende oltre 1500 specie di uccelli e che viene considerata tra le migliori del genere esistenti non soltanto in Italia. Il museo, però, dà la possibilità ai neofiti di documentarsi e di conoscere la storia degli uccelli attraverso delle immagini altamente esplicative. Da evidenziare quindi il “Progetto Falcona-

rius” che permette, a chi lo desideri, di pro-vare l’emozione, con un maestro, di seguire il volo dei rapaci ed il loro ritorno al braccio del falconiere. Vista poi la vicinanza del Castello Superiore, si possono effettuare passeggiate medievali guidate lungo i numerosi sentieri che si dipartono dall’edificio museale per raggiunge-re località collinari o di fondovalle attigue. Per informazioni: tel. 0424-471097.

Museo ornitologico “Angelo Fabris”

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Il brevissimo itinerario n. 2 vi conduce nel centro di Marostica e precisamente nella Piazza degli Scacchi. Di fronte a voi, guardando verso sud, si eleva la mole del Castello da basso. Entrate e, al primo piano, dopo la sala del Consiglio comunale, troverete questo museo.

Il secondo venerdì di settembre, sabato e domenica degli anni pari, sulla scacchiera della piazza si gioca una partita con personaggi viventi nella quale si rivisita una tenzone antica risalente al 1454. Due nobili marosticensi, Rinaldo d’Angarano e Vieri da Vallonara, rapiti dalla bellezza di Lionora, figlia del castellano Parisio, vennero ai ferri corti tanto da minacciare un duello ad armi pari pur di averla in isposa. Il castellano, rispolverando un editto di Cangrande della Scala, sottoscritto anche dal regnante Doge veneziano, che vietava l’uso della spada nei duelli, propose una sfida al gioco degli scacchi. Il museo accoglie gli abiti indossati dai protagonisti e dalle comparse della Partita, gli stendardi e le insegne appartenenti alle famiglie dei due contendenti, le armi dei soldati, gli strumenti dei musici e le foto di alcune delle partite che, da più di mezzo secolo, attirano l’attenzione dei turisti, molti dei quali provengono dall’estero. Per informazioni: tel. 0424-72127.

Museo dei costumi della Partitaa scacchi di Marostica

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Nella frazione di Crosara (itinerario n. 7) si abbandona la strada provinciale del Rameston e, superata la piazzetta, verso nord, si incontra una stradina in salita (Via Sisemol) che porta alla chiesa. Poco prima, sulla sinistra, si trova il museo.

Aperto nel 2001, esso vuole testimoniare secoli di sofferta vita contadina, ma anche la genialità dei protagonisti del mondo rurale di un tempo. Qui viene spiegato come si svolgeva la lavorazione della paglia, un’arte appannaggio principalmente delle donne, abilissime nella preparazione della famosa “dressa”, un intreccio di steli di frumento che serviva per la realizzazione di cappelli e di borse. Si possono quindi ammirare antichi strumenti che servivano nel quotidiano lavoro fra campi, stalle, cantine e granai. La sala delle ciliegie e quella della lavorazione dei latticini concludono il percorso di questo interessante angolo di storia contadina. Per informazioni: tel. 0424-479120.

Ecomuseo della paglia nella tradizionecontadina a Crosara

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L’itinerario n. 1 vi segue fino al Ponte Vecchio. Subito al di là, si sale tenendo la destra. Invece di girare a sinistra per Salita Ferracina, proseguire diritti per una trentina di metri. Sulla vostra destra troverete Palazzo Sturm.

Già l’accesso incanta il visitatore. La veduta sul Vecchio Ponte e sul fiume Brenta, che scorre ai piedi del palazzo, invitano ad una una sosta. Il museo, poi, presenta una ricca collezione di porcellane, di terraglie, di maioliche che spaziano dai reperti medievali alla ben più ricca ed articolata produzione del Settecento e dell’Ottocento. Le ceramiche degli Antonibon e dei Mainardi sono i pezzi forti del museo. I piatti popolari abbelliscono la cucina, ma non manca certo la sezione dedicata all’artigianato moderno con tutta una serie di proposte quanto mai interessanti. In esposizione quindi anche opere di artisti della ceramica conosciuti non soltanto in Italia. Da non dimenticare, infine, la collezione delle stampe dei Remondini, una famiglia che ha lasciato un segno nell’imprenditoria bassanese e che ha esportato le sue immagini sacre o profane fin nel continente asiatico. Per informazioni: tel. 0424-524933

Museo della ceramica e collezione Remondinia Palazzo Sturm a Bassano del Grappa

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Seguire l’itinerario n.1 fino a Piazza Libertà. Da qui, salendo, si passa nella piazza successiva (Piazza Garibaldi) caratterizzata dalla presenza di una fontana. A sinistra si erge imponente la torre civica e, a destra, l’antica chiesa di San Francesco. Guardando l’ingresso del tempio, in fondo sulla destra, si apre l’accesso al Museo civico.

Nel tredicesimo secolo questa struttura era adibita a convento della vicina chiesa di San Francesco, poi, nel diciottesimo secolo, accolse l’ospedale cittadino. Verso la metà del 1800 fu trasformato in museo biblioteca. Prima di accedere alle diverse sale si attraversa il chiostro che accoglie il patrimonio lapideo della città con iscrizioni, cippi, stemmi ed altri reperti rinvenuti nel territorio. Di particolare interesse la pinacoteca ricca di centinaia di dipinti che interessano un arco di tempo che va dal tredicesimo secolo ai giorni nostri, nonché la sezione dedicata ad Antonio Canova con le migliaia di disegni, con il suo epistolario, i bozzetti e quant’altro appartenne al grande scultore. Da vedere, infine, la sezione archeologica che ospita ceramiche ed oggetti provenienti dalla Grecia e dalla Puglia, donati alla città dal prof. Virgilio Chini. Per informazioni: tel. 0424-522235

Museo civico di Bassano del Grappa

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Seguire l’itinerario n.1 fino al Ponte vecchio di Bassano del Grappa. Proprio all’inizio del manufatto palladiano si trova, sulla sinistra entrando, la Taverna degli Alpini nelle cui sale sotterranee ha sede il Museo.

Fosse vivo il grande architetto vicentino Andrea Palladio sarebbe fiero di vedere il gioiello di quel suo ligneo ponte dedicato alle “Penne nere”. Coniugare arte ed amor patrio è cosa non facile, specie di questi tempi, ma gli alpini ci sono riusciti. E proprio a due passi da quel simbolo della città, diventato poi il loro, hanno aperto un museo che ricorda la storia alpina, i sacrifici, gli eroismi, i tanti, troppi Caduti. Nelle sale ampliate e ristrutturate da poco, si possono trovare cimeli, lettere dal fronte, testimonianze del rifacimento del Ponte dopo l’ultima guerra, ricostruzione di una trincea della Prima guerra mondiale, armi ed altro materiale usato nei diversi periodi bellici. E’ una storia suggestiva da leggere attraverso le immagini, i ricordi, i manoscritti; una storia che vale una visita.

Museo degli Alpini a Bassano del Grappa

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Seguire l’itinerario n. 16 fino al km 14,3 dove si trova il semaforo sulla Vecchia Gasparona che, a destra porta al centro di Breganze. Noi proseguiamo, invece, diritti passando davanti alla cantina Beato Bartolomeo, per circa mezzo chilometro. Dopo una leggera curva si incrocia la strada per Fara (a destra). Girare a sinistra (attenti all’attraversamento perché la strada è trafficata) per via Maglio. Settecento metri più avanti, a destra, si diparte via Molino e, subito dopo, si apre, sempre sulla destra, un cortile, in fondo al quale si trova il maglio Tamiello.

La roggia, poco discosta dall’Astico, corre allegra portando con sé ricordi e rumori di un’attività artigianale che è durata parecchi secoli. Entrando nell’officina di questo antico maglio si respira un’aria di tempi andati. Sembra quasi che le pale si siano appena fermate, che il ferro sia stato appena forgiato, che la sega abbia smesso da poco di funzionare. Gli ingranaggi girano ancora, ma non per un lavoro quotidiano, bensì per mostrare ai visitatori come veniva intelligentemente sfruttata l’energia dell’acqua. Il maglio, ora di proprietà della famiglia Tamiello (le pale si sono fermate definitivamente nel 1978 con papà Angelo), si trova a sud-ovest della campagna breganzese non molto lontano dal centro del paesetto vinicolo ed una visita è quanto mai interessante. Accanto ai macchinari che azionavano un trapano a colonna, un secondo trapano, una piccola sega a disco, un tornio da legno, due piccole mole e il condotto di ventilazione del forno, si possono ammirare alcuni fra i numerosissimi utensili usciti da questa fucina.Per informazioni: tel. 0445-873908 (visite solo su prenotazione)

Museo del maglio a Breganze

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Lungo l’itinerario n. 9 si tocca l’abitato di Nove, centro ceramico per antonomasia e sede di un prestigioso museo a Palazzo De Fabris proprio nella piazza del paese.

Seguendo le varie strade che portano a Nove, si avrà modo di incontrare fabbriche di ceramica sparse dappertutto.E’ la testimonianza di una tradizione plurisecolare ormai radicata e che ha fatto storia esportando il nome del paese vicentino in Italia e nel mondo. Nel museo fanno bella mostra di sé pezzi rarissimi, divisi per epoche, dal 700 ai giorni nostri. Sarà così possibile seguire la trasformazione delle idee e delle forme di questa terra lavorata con cura da mani esperte e dipinta con i colori più strani. Maioliche, porcellane e terraglie racconteranno l’impegno e l’inventiva degli artigiani novesi. Non mancano, lungo il percorso, oggetti risalenti ad epoche antecedenti allo sviluppo massiccio della ceramica di Nove. Per informazioni: tel. 0424-829807.

Museo della Ceramica a Nove

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L’itinerario n. 16 vi porta nel cuore dell’Altopiano di Asiago. Dopo l’abitato di Treschè Conca, prima di arrivare a Canove, in territorio di Cesuna, trovate questo affascinante museo.

“Cuco” in dialetto veneto è persona che si lascia facilmente abbindolare, “suonare”, proprio come uno di quei tanti fischietti in terracotta che hanno rallegrato l’infanzia dei bambini di un tempo. Ed è proprio a questo strumento a fiato che è dedicato il museo di Cesuna. La vicinanza a Nove, centro della ceramica per eccellenza nel Vicentino, ha favorito la raccolta di questi “cuchi” che ritraggono personaggi, animali, guerrieri e quant’altro. La collezione di Cesuna presenta un numero infinito di soggetti provenienti da quasi tutto il mondo: una carrellata di invenzioni, di suoni e di fantasie che attraggono il visitatore.

Museo dei cuchi a Cesunasull’Altopiano di Asiago

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Uscendo dalla Rosina girate a sinistra e, al bivio con la provinciale della Fratellanza, iniziate, sempre a sinistra,la salita. Dopo l’abitato di Pradipaldo, si prosegue fino a località Tortima. Qui si gira a destra per Rubbio. All’inizio dell’abitato, nella curva a gomito, prendete a destra per “Monte Caina- Cava dipinta” e, subito dopo la selva dei ripetitori, lasciate la bici nella prima casa a sinistra e scendete, a destra, per un sentiero che vi porta alla cava.

E’ un vero e proprio museo all’aperto questa vecchia cava di marmo. L’artista Toni Zarpellon ha voluto, con la sua fantasia, rimarginare una ferita inferta alla natura dall’uomo ed ha dato così volto alle macerie abbandonate, ha fatto parlare i sassi, ha ridato vita alle pareti. Vi sembrerà di partecipare ad un’assemblea di strani esseri viventi con occhi che vi scrutano e colori che vi rallegrano. E’ una sensazione particolare quella che si vive aggirandosi fra un masso e l’altro, così come proverete sentimenti nuovi nel visitare la vicina “cava abitata”. Questo “museo” vi ammalierà e, per andarci, non vi sono né biglietti da staccare, né orari da rispettare.

La cava dipinta di Rubbio

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L’hotel ristorante La Rosina è situato sopra

un incantevole poggio affacciato su Valle San Floriano fra le splendide colline che si stendono tra Marostica e Bassano, chiuse a nord dai placidi bastioni dell’altopiano di Asiago. L’hotel-ristorante, durante la settimana, è particolarmente indicato per cene d’affari, incontri conviviali per gruppi, associazioni, cene di rappresentanza. A fine settimana costituisce l’ideale per banchetti con musica e piano-bar, intrattenimenti, matrimoni, ricorrenze particolari. Caratteristica della “Rosina” sono i piatti di stagione che presentano una grande varietà di menù; si tratta di ricette, allettanti, adatte ai gusti attuali ma che si rifanno pur sempre agli antichi e ineguagliabili sapori di nonna “Rosina”.

Villa Palma: ambiente elegante ed accogliente, ricavato da

un’antica villa del ‘700 nella campagna veneta a soli 10 km. da Asolo e 5 km. da Bassano del Grappa. Con la sua atmosfera intima e raffinata, è il luogo ideale per chi cerca un po’ di tranquillità o per coloro che anche durante i viaggi d’affari, amano, intrattenersi in un ambiente riservato e di classe. Dispone di camere doppie e singole, suites e junior suites, alcune con vasca idromassaggio o box doccia-idromassaggio-sauna jacuzzi. Tutte le camere sono predisposte per collegamenti alle banche dati con personal computer e telefax. Nel ristorante “la loggia” lo chef vi farà gustare, oltre alle primizie della stagione, un menu particolarmente curato e raffinato.

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Il ristorante al castello superiore ha oramai una

storia quasi quarantennale. L’anno di nascita è infatti il 1959: da quell’anno ha costituito e costituisce tuttora un punto di riferimento costante per tutti coloro che visitano la città di marostica. Dall’aprile 1997 il ristorante al castello è gestito dalla “Rosina” e dallo chef stefano che propongono piatti e menù ispirati alla genuinità della cucina di un tempo arricchiti altresì da sapori e delizie tali da soddisfare i gusti attuali.

IIIIII LA ROSINAtel. 0424 470 360

VILLA PALMAtel. 0424 577 407

AL CASTELLOtel. 0424 73315

www.larosina.it

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E dopo una giornata in bicicletta alla scoperta delle bellezze naturali, storiche ed artistiche dell’Alto Veneto, non può mancare il momento per rilassarsi e rifocillarsi davanti ad una tavola imbandita, che propone le specialità e le particolarità di quella terra che s’è visitata durante

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E dopo la bici tutti a tavolal’escursione quotidiana. Anche la conoscenza della gastronomia locale fa parte di quel bagaglio culturale che merita la giusta attenzione. Sì, perché una regione o una provincia o una singola località, attraverso i cibi proposti, porta con sé storia e tradizioni che vanno aggiunte alle consuete nozioni di cultura che si leggono nelle guide o nei libri. La predilezione per determinati prodotti viene suggerita dall’ambiente in cui ci si trova (campagna, collina, montagna), dalle particolarità del terreno che può favorire una coltura al posto di altre, dalle consuetudini radicate nel tempo e suggerite sempre e, comunque, da

situazioni contingenti. La cucina di un tempo, anche dalle nostre parti, era povera per necessità, ma le massaie di allora sapevano far tesoro di qualunque cosa la terra producesse, sia nei coltivi che spontaneamente. Dalla loro inventiva sono nate ricette che hanno sfidato il tempo del consumismo più sfrenato e che, oggi ancor più di ieri, pur in una rivisitazione dovuta alle moderne teorie della dietologia, vengono richieste dagli intenditori che sono alla ricerca di sapori altrimenti destinati a scomparire. Ed è proprio per dare lustro alla gastronomia locale che vi proponiamo questa carrellata di ricette fatte con prodotti tipici della nostra terra, alcune delle quali tratte dal volume “Cucina e tradizione nel Veneto” frutto di una ricerca degli Istituti alberghieri della nostra regione, altre invece frutto dell’ingegno dei cuochi dei ristoranti della Rosina, del Castello Superiore di Marostica e di Villa Palma a Mussolente. Buon appetito e attenti a non esagerare, perché domani bisogna tornare in sella e pedalare!

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iQuesto piatto non fa parte della tradizione, ma è nuovo di zecca. E’ uscito dalle continue sperimentazioni dei cuochi del Gruppo Ristoratori Bassanesi e la caratteristica sta nella pasta più morbida e più digeribile grazie al connubio fra la farina prodotta dal tipico granturco di Marano e quella di frumento. I “bigoli” vengono torchiati con uno stampo apposito che dà loro la forma di un esagono. Quest’ultimo appellativo è stato dato al progetto di sinergia turistico-culturale-enogastronomica fra le città murate di Bassano del Grappa, Marostica, Cittadella, Castelfranco, Asolo e la canoviana Possagno.Ingredienti per 8 persone

Fioretta di Marano gr. 450Farina di grano duro gr. 350Farina 00 gr. 200Uova intere n. 8Baccalà alla vicentina gr. 500

Preparare la pasta e foggiarla nell’apposito stampo con il torchio (in assenza dello stampo per gli esagoni potete utilizzare quello per i bigoli). Lessare la pasta e condirla con il baccalà facendo attenzione a romperlo il più possibile.

Esagoni bassanesi conditi con baccalà alla vicentina

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iE’ un piatto caratteristico della gastronomia vicentina, che usa un tipo di fagiolo (il borlotto) tipico di Lamon, un paese montano del Basso Bellunese, il cui terreno ben si presta a questa coltivazione.Ingredienti per 10 persone

Fagioli secchi gr. 500Pappardelle gr. 50Cipolla gr. 35Osso di maiale affumicato gr. 1000Alloro e rosmarino gr. 15Aglio gr. 5Carote gr. 90Patate gr. 110 Sedano gr. 60Sale gr. 15Pepe gr. 10

Mettere a bagno i fagioli in acqua fredda per dodici ore. In una pentola d’acqua fredda mettere tutti gli ingredienti. Coprire e lasciar cuocere per tre ore circa. Togliere un mestolo di fagioli e l’osso, passare il resto della minestra al passaverdura, insaporire con un soffritto di olio di oliva, aglio e rosmarino e riportare a bollore. Cucinare le pappardelle, unire i fagioli tenuti a parte, lasciare risposare alcuni minuti prima di servire.

Pasta e fagioli di Lamon

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Il “Morlacco” è un formaggio tipico del Monte Grappa la cui ricetta si perde nel tempo. Si distingue dagli altri formaggi per il suo sapore forte e rude. In questa ricetta sa esaltare la pasta e ben si sposa con la frutta secca e con il sedano verde.

Ingredienti per 6 persone

Farina gr. 500Uova n. 5Morlacco fresco gr. 400Panna gr. 50Pane grattugiato gr. 100Scalogno n. 1Olio extra vergine q.b.Sedano verde selvatico gr. 150Patata n. 1Frutta secca mista (noci, nocciole, mandorle, pistacchi e pinoli tagliati a julienne) gr. 100Burro gr. 100

Preparare la pasta e tirarla sottile per formare i tortelli.Per la farcia: impastare tutto a freddo (il morlacco, il pane e la panna) ed aggiustare il sapore con sale e pepe. L’impasto deve risultare sodo.Per la salsa al sedano: preparare un fondo di scalogno rosolato, aggiungere il sedano e la patata, coprire con l’acqua, salare e pepare.A cottura ultimata frullare il tutto e legare con un po’ di farina e burro.In una padella rosolare il burro con la frutta secca, versarvi sopra i tortelli lessati e servirli sopra la vellutata di sedano.

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iRavioli al morlacco con frutta secca e sedano verde

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iIl piatto che vi proponiamo è tipico del Trevigiano. Si tratta di una zuppa fatta per esaltare la tenera carne dei piccioni (a Breganze i “torresani”), ma può essere fatta anche con carne di pollo, di gallina e di faraona. Il termine “coada”, tratto dal dialetto, sta a significare la cottura lunga. La zuppa infatti, per una migliore riuscita, deve “covare” per trarre il meglio dei sapori della carne.

Ingredienti per 6 persone

Per il brodoCipolle n. 2Carote n. 3Gamba di sedano n. 1Foglie di alloro n. 2Sale q.b.

Per la zuppaPiccioni n. 3Pane raffermo un filone tagliato a fettineGrana q.b.Gamba di sedano n. 1Olio extra vergine q.b.Burro q.b.Sale e pepe q.b.

Preparare il brodo in una casseruola, pulire e mondare i piccioni tagliandoli poi in quattro parti. Preparare un trito di sedano in una casseruola e farlo rosolare, aggiungere i pezzi dei piccioni e farli rosolare.Insaporirli con sale e pepe,coprirli con del brodo e cucinarli, al forno, coperti.A cottura ultimata lasciar raffreddare, disossare i piccioni e buttare le ossa e il fondo di cottura nel brodo. La carne verrà tagliata a listarelle.Tagliare e imburrare il pane, dallo spessore di circa 0,5 cm, con pochissimo burro e disporlo sul fondo di una zuppiera. Bagnare con il brodo naturalmente filtrato e sgrassato, aggiungere grana grattugiato, il piccione e poi ancora uno strato di pane e brodo. Continuare fino all’esaurimento dei prodotti. Irrorare il tutto con il brodo.Ultimare la cottura in forno per circa due ore a 80° lasciando covare la zuppa.Aggiungere, se necessario, ancora del brodo in cottura.Servire bollente facendo attenzione alla consistenza della zuppa che dovrà risultare morbida e poco brodosa.

Sopa Coada (Zuppa di torresani)

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iColline e montagne che ci attorniano regalano, dalla primavera all’autunno, in particolar modo, una grande varietà di funghi commestibili. Sta al gusto di ciascuno usare il tipo che maggiormente aggrada, ma la cosa migliore sarebbe quella di preferire, per i risotti, un misto. Solitamente, comunque, vengono usati i “chiodini” (armillariella mellea). L’importante è, però, che vi sia la certezza del prodotto perché le intossicazioni possono portare conseguenze gravi.

Ingredienti per 10 persone

Riso gr. 800Funghi gr. 500Brodo lt. 1,5Burro gr. 50Parmigiano gr. 50Aglio uno spicchioAlloro una fogliaPorro gr. 30Prezzemolo q. b.Vino dl. 0,5

Appassire in olio d’oliva un fianco di porro tritato, aggiungere uno spicchio d’aglio ed una foglia d’alloro. Versare i funghi, farli insaporire e, quando sono cotti, aggiungere il riso, bagnarlo con mezzo bicchiere di vino bianco secco, far evaporare ed aggiungere un poco alla volta il brodo. Qualche minuto prima di fine cottura mantecare, aggiungendo burro fresco, parmigiano e prezzemolo tritato.

Risotto con i funghi

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iLa vicina provincia di Treviso è nota in Italia e nel mondo per la coltivazione del radicchio e quando arriva la stagione autunno-invernale, questa erba diventa protagonista nei piatti della ristorazione del mandamento, dagli antipasti fino al dolce.

Ingredienti per 10 persone

Riso gr. 800Radicchio gr. 700Pancetta di maiale gr. 100Burro gr. 100Cipolla gr. 100Aglio gr. 20Brodo q.b.Sedano gr. 200Carote gr. 200Sale q.b.Pepe q.b.Grana padano gr. 50

Prendere il radicchio, mondarlo, lavarlo e tagliarlo a pezzetti. In un tegame sciogliere il burro, unire la pancetta di maiale, la cipolla e l’aglio. Rosolare il tutto e aggiungere il radicchio, coprire il tegame tenendo presente che basterà l’umidità del radicchio per portarlo a cottura. Unire il riso, insaporirlo nella salsa, bagnare con poco vino rosso e quindi con il brodo, portarlo a cottura, mantecare con burro e grana.

Risotto al radicchio

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iEcco un piatto che arriva da Breganze, capoluogo dei vini doc che portano il suo nome. Due sono gli ingredienti provenienti da quella terra: i piccioni che, un tempo, popolavano le “colombare” sparse nel territorio ed il Torcolato, un vino passito tipico della zona.

Ingredienti per 6 persone

Riso gr. 600Piccioni n. 3Sale e pepe q.b.Cipolla n. 1Burro gr. 150Mazzetto di aromi n. 1Torcolato dl. 3Formaggio Vezzena gr. 200Spicchi d’aglio n. 2Olio d’oliva dl. 0,5Brodo lt. 1,5

Pulire e lavare i piccioni quindi porli in una casseruola con olio, sale, pepe, aglio e gli aromi. Farli rosolare e bagnarli con metà del Torcolato terminando la cottura in forno a temperatura moderata. Spolpare i piccioni conservando solo la polpa e il fondo di cottura. Tirare finemente la cipolla e rosolarla, aggiungervi il riso, tostarlo e bagnarlo con un po’ di Torcolato, aggiungere il brodo, i piccioni ed un po’ del loro fondo di cottura. A cottura ultimata mantecare con burro, Vezzena e il rimanente Torcolato. Si consiglia di servirlo al dente.

Risotto ai torresani mantecato con Torcolato e formaggio Vezzena

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iNei pranzi matrimoniali, che si consumavano nelle case dei contadini e che duravano dal mezzogiorno alla sera, la minestra con i fegatini non poteva mancare. Ricordiamoci che un tempo non si buttava nulla e, quindi, anche le frattaglie degli animali da cortile, fegato in primis, venivano usate per insaporire primi piatti o come salse per secondi piatti.

Ingredienti per 10 persone

Carne per brodo gr. 1500Fegatini di pollo gr. 400Riso gr. 400Sedano gr. 120Cipolla gr. 120Burro gr. 100Grana grattugiato gr. 100

La bontà del risultato dipende dalle varietà di carni usate. Di norma non devono mancare il manzo, la gallina, l’anatra ed il cappone. Una volta pronto il brodo preparato, come d’uso, con carote, sedano, cipolle ed un mazzetto di odori, bisogna filtrarlo e quindi rimetterlo a bollire dolcemente. A parte, in una casseruolina, mettere a rosolare poca cipolla e sedano tritati, in una noce di burro. Unire i fegatini tagliati a pezzettini e fare insaporire per 10 minuti, bagnare con poco vino bianco e sfumare. Bagnare quindi con acqua e continuare la cottura per circa un’ora. Salare e pepare adeguatamente. Quando i fegatini saranno cotti, unirli al brodo che sarà in ebollizione. Unire il riso e cuocere al dente. Servire insaporendo con grana grattugiato.

Riso e fegatini

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iRisotto agli asparagi ed asparagi e uova sono i due piatti tipici del Bassanese, terra vocata per la produzione di questo ortaggio molto apprezzato dai gourmet per le sue particolari caratteristiche organolettiche che lo differenziano da altri prodotti consimili. La coltura dell’asparago nella campagna a sud di Bassano del Grappa è vecchia di secoli ed ora si è arrivati ad ottenere per questo preziosissimo turione, il riconoscimento ministeriale dop (denominazione di origine protetta).

Ingredienti per 10 persone

Brodo gr. 12Riso vialone nano gr. 800Asparagi bianchi gr. 1000Cipolla gr. 120Burro gr. 200Olio d’oliva gr. 50Grana gr. 200Prezzemolo gr. 60Vino bianco cl. 100Sale q.b.

Bollire gli asparagi, raffreddarli, separare le punte, tagliare a tocchetti la parte tenera del gambo. Preparare un fondo di cipolla e cuocerlo con burro ed olio di oliva, unire i tocchetti di asparago, rosolarli leggermente, aggiungere il riso (è consigliato il vialone nano) bagnarlo con del vino bianco secco, farlo evaporare e cominciare ad aggiungere il brodo leggero, poco alla volta, rimestando in continuazione. Portarlo a cottura al dente, toglierlo dal fuoco, aggiungere il formaggio grattugiato, il burro a pezzetti e mantecarlo. Disporlo nei piatti, guarnire la superficie con le punte degli asparagi saltate al burro e un pizzico di prezzemolo tritato finemente.

Risotto agli asparagi

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iEra il piatto dei Dogi, che veniva consumato in occasione della festività di San Marco, il 25 aprile. Ed i “bisi”, i piselli più appetiti erano quelli di Borso del Grappa, un paese del Trevigiano, prossimo al territorio bassanese, posto ai piedi del Massiccio del Grappa. Da qui partivano i cesti ricolmi del prelibato ortaggio che avrebbe poi allietato le tavole dei maggiorenti della Serenissima.

Ingredienti per 10 persone

Piselli gr. 1000Riso vialone nano gr. 700Pancetta gr. 100Olio gr. 50Prezzemolo gr. 200Aglio gr. 10Burro gr. 100Parmigiano gr. 100Brodo q.b.

Preparare il brodo in anticipo con le carni, le ossa e le verdure, poi in un tegame mettere a rosolare in poco olio e burro la pancetta tagliata a dadini con la cipolla e l’aglio tritati finemente. Aggiungere poi i pisellini e lasciare cucinare fino a tre quarti di cottura aggiungendo, di tanto in tanto, qualche cucchiaio di brodo affinché non si attacchino. A parte, tenere il brodo in ebollizione, quindi versarvi il riso e lasciarlo cucinare fino a tre quarti di cottura, dopo di che aggiungere i piselli e completare la cottura, aggiungendo nel contempo due cucchiai di prezzemolo tritato. E’ importante che i pisellini siano abbondanti così la minestra acquisterà il suo bel colore tipico “verde-pisello”. Condire il tutto con sale, pepe e poco parmigiano e alla fine questa minestra non dovrà risultare molto brodosa.

Risi e bisi di Borso (riso con piselli di Borso)

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iLa zucca (“suca baruca” in dialetto veneto) era un alimento di grande uso negli inverni dei nostri avi mentre il saporito tartufo nero dei Colli Vicentini era una prelibatezza per pochi. Il nome dell’olio indicato nel titolo è quello della collina di proprietà del titolare de La Rosina coltivata anche ad oliveto, ma vanno bene anche altri tipi di olio d’oliva.

Ingredienti per 6 persone

Zucca n. 1Riso gr. 500Brodo lt. 1 circaOlio di tartufo q.b.Tartufo n. 1Burro q.b.Parmigiano q.b.Olio extravergine d’oliva q.b.Brandy q.b.

Tostare il riso, bagnare con brandy, aggiungere il brodo bollente e la purea di zucca precedentemente cotta. A fine cottura mantecare con olio al tartufo, burro, parmigiano e tartufi a scaglie. Versare in una zucca vuota e servire con un filo di olio dei Ravani o, in assenza, con olio extravergine d’oliva.

Risotto di zucca e tartufo dei Colli Vicentini mantecato all’olio dei Ravani

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iBigoli co’ l’arna (bigoli con l’anitra)

Ecco un altro piatto tipicamente veneto, nato anzi nel Thienese. Un tempo l’anitra era fra i più pregiati animali da cortile e la si allevava proprio per poter contare sulla sua carne dal sapore morbido e dal gusto delicato.

Ingredienti per 4 persone

Bigoli al torchio 400 g. Anatra giovane media già spennata 1Burro 100 gFormaggio parmigiano grattugiato 4 cucchiaiCarote 2Cipolle 2Costa di sedano 1Foglie di salvia 30Sale q.b.Pepe q.b.

Eliminare la testa e le zampe dell’anatra; pulitela, svuotandola delle interiora. Gettate la cistifellea e conservate le altre frattaglie. Mettete l’anatra in una pentola con abbondante acqua fredda. Aggiungete tutte le verdure, salate e ponete sul fuoco. Fate cuocere per un’ora da quando l’acqua inizia a bollire. Tagliate a pezzetti le frattaglie. Fate rosolare il burro con la salvia in una casseruola. Disossate la rimanente anatra, metterla con le interiora nella casseruola ed unite due mestoli di acqua di cottura dell’anatra. Salate, pepate e fate cuocere a fuoco lento per circa mezz’ora. Quando l’anatra è pronta, toglietela dal brodo e scolatela. Rimettere il brodo sul fuoco e, quando bolle, versatevi i bigoli. Cuoceteli per 12 minuti, in modo che l’anima resti dura. Scolate i bigoli, conditeli con il sugo e il formaggio parmigiano. Mescolate e servite.

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iEra il piatto tipico dei venerdì di Quaresima quando la Chiesa imponeva che si dovesse “mangiar di magro”. I “bigoi” venivano fatti in casa con farina poco lavorata. Si faceva passare la pasta ottenuta attraverso un torchietto azionato a mano con trafile dalle diverse dimensioni.

Ingredienti per 10 persone

Bigoi gr. 900Sarde gr. 600Olio d’oliva gr. 200Cipolle gr. 600

In una casseruola mettere l’olio, la cipolla affettata, le sarde diliscate, pepe e far cuocere a fuoco non troppo forte per quindici minuti circa (le cipolle devono essere affettate sottilissime, se necessario, bagnare con poca acqua). Con la salsa ottenuta, condire i “bigoi” lessati al dente. Servire caldissimi.

Bigoi in salsa (spaghetti scuri in salsa di sarde)

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iE’ un piatto estivo che si consumava nel periodo dell’alpeggio quando montanari, dal siero del latte, ottenevano, per l’appunto, la “fioretta”. Ci sono ancora trattorie del Vicentino che lo propongono. L’importante è valutare la consistenza della “fioretta” per evitare che gli gnocchi si sfaldino al momento della cottura.

Ingredienti per 10 persone

Fioretta gr. 12Farina 0 gr. 1200Uova n. 6Burro gr. 300Formaggio grana gr. 300Erba salvia gr. 50Sale q.b.Noce moscata q.b.

Incorporare le uova nella fioretta, aggiungere la farina setacciata, salare ed unire un pizzico di noce moscata grattugiata. Lasciare riposare l’impasto per mezz’ora. Con l’aiuto di due cucchiai, far cadere delle particelle di impasto nell’acqua bollente salata; quando gli gnocchi verranno a galla, lasciarli cuocere per almeno due minuti, pescarli con delicatezza, disporli nel piatto, cospargerli con abbondante parmigiano grattugiato ed irrorarli con del burro nocciola aromatizzato con foglie di erba salvia.

Gnocchi con la “fioretta”

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iIl cinghiale è ormai animale di casa anche dalle nostre parti. Un tempo per mangiarne la carne bisognava spostarsi nelle zone appenniniche della Toscana, dell’Emilia e di altre regioni. Ora non più. Qualcuno ha voluto introdurlo anche nei nostri boschi e così, ecco disponibile nel Bassanese, una carne dal sapore particolare. Qui la troviamo sposata con la pasta dolce degli gnocchi.

Ingredienti per 8 persone

Per il ragùPolpa di cinghiale kg. 1,5Cabernet di Breganze strutturato q.b.Scalogno n. 3Costa di sedano n. 1Passata di pomodoro q.b.Burro q.b.Olio extra vergine di oliva q.b.

Per la marinatura del cinghialeCabernet giovane di Breganze lt . 1Carota n. 1Cipolla n. 1Costa di sedano n. 1Pezzo di cannella n. 1Chiodo di garofano n. 1

Per gli gnocchiPatate vecchie per gnocchi kg. 1,2Farina Bianca 00 gr. 300Uova intere n. 2Parmigiano reggiano gr. 200Noce moscata una grattugiata

Tagliuzzare il cinghiale a pezzettini piccoli e lasciarlo marinare per due giorni in frigo. Scolarlo eliminando tutti gli aromi e scottandolo in una padella di ferro con un filo d’olio. Eliminare il liquido ottenuto. In una casseruola preparare un fondo con il sedano e lo scalogno ed un filo d’olio extra vergine di oliva. Aggiungere il cinghiale, lasciar insaporire, salare e coprire con il vino rosso e con la passata di pomodoro. Portare avanti la cottura finchè la carne si disfa. Aggiungere una bella noce di burro e il sugo è pronto per condire. Per gli gnocchi, invece, lessare le patate con la buccia in acqua salata.Quando hanno raggiunto la cottura soda, scolarle, pelarle e passarle al passaverdura. Preparare una fontana ed impastare il tutto. Aggiustare di sapore. L’impasto dovrà risultare compatto e morbido. Ricavare dei serpentelli della grossezza desiderata, infarinarli, allinearli e tagliarli a pezzettini. Sul rovescio di una grattugia per il formaggio comprimere lo gnocco con una leggera spinta. Si formeranno cosi i classici gnocchi rigati ,prenderanno meglio il sugo. Lessarli in acqua salata e bollente. Scolarli condendoli con il sugo.

Gnocchi con cinghiale scotto

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iE’ un ottimo primo piatto piuttosto sostanzioso. Il cumo, per chi non lo conosca, è un’erba di montagna dal sapore inconfondibile usata sia da sola per la confezione di risotti, sia per regalare vivacità ad altri ingredienti.

Ingredienti per 8 persone

Pasta all’uovo al cumo gr. 600Petti di piccione n. 4Ciliegie gr. 300Scalogno n. 1Olio extravergine d’oliva q.b.Sale e pepe q.b.

Confezionate la pasta all’uovo aromatizzata al cumo. Stendete la sfoglia e tagliatela con l’apposita rotella per pasta in quadrati non molto grandi ottenendo in questo modo gli “stracci”.Passate quindi alla salsa. Tritate finemente lo scalogno, fatelo poi imbiondire in padella con un filo d’olio e cucinatevi quindi i petti di piccione per qualche minuto. Se necessario, aggiungete qualche cucchiaio di bordo e, infine, unitevi le ciliegie snocciolate e tagliate a spicchi. Salate e pepate.Cuocete gli stracci in abbondante acqua salata, scolateli e passateli in padella con le ciliegie e il fondo di cottura del piccione per qualche secondo. Servite accompagnando con i petti tagliati a fettine.

Stracci con cumo, piccione e ciliegie

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S e c o n d i p i a t t i

Il cappone è un animale da cortile che solitamente veniva usato, in cucina, alla fine dell’anno o nei matrimoni contadini che duravano da mezzogiorno alla sera. La “canevera” (in italiano il bambù o la canna indiana) serve a sfiatare il vapore che si accumula all’interno della vescica del maiale in maniera lenta in modo tale da lasciare inalterati i profumi che cede, con la cottura, la carne del cappone.

Ingredienti per sei persone

Un cappone circa Kg 2,5Carota n. 1Gambo di sedano verde n. 1Spicchio di scalogno n. 1Cipollotto n. 1Vesciche di maiale n. 2Pezzi di bambù o canna indiana n. 2Sale integrale marino e pepe a pezzi q.b.

Pulire e disossare il cappone con la pelle, dividerlo in due parti, distenderlo su un tagliere, salare e pepare, aggiungere la verdura tagliata a listarelle.Arrotolarlo e inserire il rotolo nella vescica.Legare l’apertura della vescica con dello spago da cucina e inserire il bambù che avrete tagliato fra i due nodi in modo da permettere l’evaporazione del prodotto.In una pentola alta far bollire dell’acqua salata, mettere il cappone e lasciarlo bollire dolcemente per circa un’ora e mezzo o due ore facendo attenzione che la vescica non si rompa e che la bocca della canna di bambù rimanga sempre fuori dall’acqua. A cottura ultimata estraete il cappone dalla vescica, facendo attenzione di recuperare il brodetto che si è formato all’interno e che verrà utilizzato, leggermente ristretto, per condire il cappone.Si può servire con della salsa al cren (rafano) o della mostarda a base di verdure. La salsa al rafano si prepara pulendo bene il rafano e grattugiandolo in locale aerato.Si condisce poi il tutto con aceto, sale e pepe fino ad ottenere una pastella.Sistemare l’impasto ottenuto nei vasetti di vetro e lasciare riposare almeno un mese.

Cappone in “canevera” disossato

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Il pollo, assieme alla gallina, era il re del cortile, nelle famiglie contadine di un tempo. Le nostre nonne lo cucinavano in mille modi, ma il piatto classico per eccellenza è quello che vi proponiamo: fatto in “tecia”, nella teglia, semplice, semplice, ma saporitissimo.

Ingredienti per sei persone

Pollo ruspante n. 1Costa di sedano verde n. 1Scalogno n. 3Olio extra vergine q.b.Burro q.b.Lardo gr. 150 Peperoncino q.b.

Pulire il pollo e tagliarlo in 12 parti. Preparare un trito con lo scalogno ed il sedano, far rosolare in un tegame di coccio, aggiungere le frattaglie di pollo tritate (fegato, cuore, ventrigli) assieme al lardo e far stufare. Nel frattempo rosolare il pollo infarinato leggermente in una padella; salare e pepare. Adagiarlo sopra al trito, far insaporire e bagnare con del brodo.Aggiungere il peperoncino e portare a fine cottura a fuoco molto dolce .Servire il pollo con della polenta di Marano.La tradizione vuole che gli avanzi di sugo ed i pezzetti di pollo rimasti nel coccio, vengano utilizzati il giorno seguente per condire gli gnocchi o la pasta.

Pollo di corte in tecia (in teglia)

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Uva di Breganze e broccoli di Bassano: due accostamenti indovinati in questa ricetta che mette al centro dell’attenzione la tenera carne della guancia di vitella.

Ingredienti per 6 persone

Guance di vitella pulite e sgrassate n. 6Carota n. 1Pezzo di sedano n. 1Cabernet giovane di Breganze lt. 0,750Broccoli di Bassano gr. 500Patate gr. 100Mazzetto di aromi (alloro, chiodi di garofano, cannella in stecca, timo, rosmarino, salvia) n. 1Sale e pepe q.b.Olio extra vergine di oliva q.b.Burro q.b.Bicchier di latte n. 1Noce moscata q.b.Formaggio grana q.b.

Sgrassare le guance a vapore per cinque minuti e rosolarle in una padella con un filo d’olio. Preparare il trito fino di verdure e rosolarlo in un tegame; aggiungere le guance, lasciarle insaporire, salare e pepare e aggiungere gli aromi. Coprire il tutto con il vino e lasciar cuocere, a fuoco dolce, scoperchiato. Cucinare per circa 2,5 \3ore. A cottura ultimata togliere le guance, sgrassare, restringere, legare ed aggiustare di sapore la salsa. Nappare e servire la carne sul purè di broccoli. Lavare e mondare i broccoli e le patate e lessarli in abbondante acqua salata con un pizzico di bicarbonato. Passare il tutto al passaverdura e comportarsi come con un normale purè. Prima di servire aggiungere una spolverata di grana.

Guancia di vitella brasata all’uva evino di Breganze con purè di broccoli

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E’ questo un piatto che ci viene tramandato dalla cucina aristocratica del Cinquecento veneziano. Solitamente la salsa veniva usata per la lepre o per le carni rosse. Nella tradizione più recente, invece, si abbina alla carne saporita della faraona.

Ingredienti per 10 persone

Faraona gr. 1500Pancetta gr. 50Olio d’oliva gr. 50Salvia gr. 20Rosmarino gr. 20Vino bianco secco cl 30

Per la salsa:fegatini di faraona e pollo gr. 300soppressa gr. 200filetti di acciuga n. 3prezzemolo gr. 50limone n. 1aglio n. 2grana grattugiato gr. 20

Far rosolare la faraona intera a fuoco vivo in una pirofila con olio d’oliva, pancetta, salvia e rosmarino. Quando avrà preso colore, bagnarla con vino bianco, farlo evaporare, insaporirla con sale e pepe, infornare e completare la cottura lentamente. Nel frattempo, tritare la soppressa, il prezzemolo, la buccia di limone, i filetti di acciuga ed uno spicchio d’aglio. Formare un impasto omogeneo unendovi del formaggio grattugiato, pan grattato, sale e pepe. Far soffriggere in olio d’oliva e far cuocere; verso fine cottura unire il fegato tritato. A fine cottura bagnare con succo di limone e aceto.

Faraona con salsa peverada

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E’ una delle ricette più usuali della cucina contadina di un tempo nella quale si cercava di esaltare la bontà del piatto utilizzando l’indispensabile. Come si può notare, infatti, gli ingredienti sono essenziali, ma il risultato sarà sicuramente allettante.

Ingredienti per 6 persone

Coniglio kg. 1Fegato di coniglio n. 1Burro q.b.Bicchiere di vino bianco n. 1Bicchiere d’olio n. 1/2Brodo q.b.Acciughe sotto sale n. 2Uvetta sultanina gr. 30Cucchiaino di zucchero n. 1Cucchiai di aceto n. 2Cipolla n. 1Alcuni spicchi d’aglioSale e pepe q.b.

Tagliare e lavare il coniglio asciugandolo. Lo si fa poi rosolare con aglio e olio. Quando ha preso colore, lo si irrora con il vino bianco finchè questo evapora, aggiungendo, quindi, il burro, il sale e l’acqua di brodo. Deve essere tutto coperto. Si lascia bollire il coniglio lentamente sino a cottura. Si taglia a parte una cipolla aggiungendo le due acciughe ben lavate e diliscate. Si trita il tutto rosolando con olio d’oliva. Si uniscono poi l’uvetta prima ammollata, due cucchiai di aceto, il cucchiaino di zucchero e si lascia cuocere per alcuni minuti. Versare la salsa così preparata sopra il coniglio e servire con polenta.

Coniglio in salsa

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L’oca, assieme al pollo, al galletto e alla gallina faceva parte, nelle aie dei contadini, di quel prezioso patrimonio animale che serviva a sfamare la famiglia. Quella dell’oca, in particolare era una carne più saporita per cui la si usava in occasioni di particolare importanza.

Ingredienti per 10 persone

Oca gr. 3000Olio d’oliva gr. 100Rosmarino gr. 10Salvia gr. 10Carote gr. 120Cipolle gr. 120Sedano gr. 100Vino bianco ml. 100Sale gr. 30Pepe gr. 5Sedano bianco gr. 1000

Fiammeggiare, sviscerare e lavare l’oca. Imbrigliarla, salarla e condirla con olio d’oliva. Aggiungere rosmarino, salvia, carota, cipolla e sedano tritati, sale e pepe. Passare in forno a 200 gradi e farla rosolare, aggiungere vino bianco secco e farlo evaporare. Continuare la cottura a tegame coperto, bagnando con il fondo di cottura. Servire calda con contorno di sedano in salsa.

Oca rosta col saeno (oca arrostista con il sedano)

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Partito dal cuore della Serenissima il piatto, che ha radici antiche, è diventato l’emblema della cucina veneta. La presenza dell’aceto nella ricetta originaria era dovuto al fatto che il fegato, ai tempi in cui non esistevano i frigoriferi, presentava un odore forte quando era stato estratto qualche giorno prima.

Ingredienti per 10 persone

Fegato di vitello gr. 1000Cipolla gr. 1200Olio di semi gr. 300Aceto q.b.Farina gr. 100

Affettare la cipolla, far rosolare in padella con olio, bagnare con poco aceto e far evaporare. Tagliare il fegato a fettine sottili, infarinare e far insaporire in una padella diversa per alcuni minuti. Aggiungere la cipolla, il sale ed il pepe e completare la cottura. Eventualmente aggiungere poca acqua.

Fegato alla veneziana

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Un’altra ricetta che arriva direttamente da Venezia e che s’è poi estesa a tutto il territorio regionale. Si racconta che queste “sardelle” venissero mangiate nelle barche dei pescatori nel corso della Festa del Redentore la notte che precedeva la terza domenica di luglio.

Ingredienti per 10 persone

Sarde grosse gr. 1000Farina gr. 200Pinoli gr. 100Cipolla gr. 2000Uva passa gr. 100Olio di semi gr. 917Aceto bianco ml. 500Vino bianco ml. 220

Squamare bene le sarde, privarle delle teste e lavarle sotto acqua corrente; infarinarle leggermente e friggerle in olio fino a tre quarti della loro cottura. In una parte dell’olio di cottura delle sarde fare rosolare le cipolle precedentemente affettate finemente, infine, bagnarle con aceto e vino bianco. Aggiungere quindi l’uva passa e i pinoli (l’usanza vuole che questi ingredienti siano aggiunti soltanto d’inverno per aumentarne le calorie). In una pirofila, sistemare le sarde a strati e fra uno strato e l’altro stenderne uno di “saor” ancora caldo, in modo da completare la cottura delle sarde. Finito di coprire anche l’ultimo strato, si lasciano marinare in un luogo fresco per almeno cinque giorni, solo dopo saranno pronte per essere servite.

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Sardele in saor (sarde in carpione)

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La “capitale” italiana del baccalà (lo stoccafisso) è sicuramente Vicenza e la sua provincia che lo conosce da parecchi secoli. Un tempo era un mangiare povero che si usava, solitamente, nei venerdì ed in tutti quei giorni in cui la Chiesa ordinava ai suoi fedeli di “mangiar di magro”. Ora, nel Vicentino, è attiva anche una “Confraternita del baccalà” e, sparsi per la provincia, ci sono ristoranti i quali presentano, fra le tante ricette, quella tipica, riconosciuta dalla Confraternita, del “baccalà alla vicentina”.

Ingredienti per 10 persone

Stoccafisso bagnato gr. 1500Formaggio grana gr. 150Burro gr. 200Acciuga gr. 100Cipolla gr. 250Prezzemolo gr. 40Olio d’oliva gr. 500Latte ml. 250Farina gr. 100

Pulire lo stoccafisso bagnato, tagliare a pezzi di 15 centimetri di lunghezza. Preparare un pesto di cipolla, prezzemolo, acciughe e formaggio grana. Disporre in un tegame di coccio uno strato di stoccafisso infarinato, pepe, sale, una spruzzatina abbondante di pesto, olio, burro e continuare fino a completamento. Mettere sul fuoco per dieci minuti a temperatura bassa, aggiungere il latte bollente e olio fino a coprire. Far sobbollire lentissimamente per quattro ore senza coprire.

Baccalà alla vicentina

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Solitamente lo si usa come antipasto, ma può tranquillamente sostituire un secondo piatto. E’ una versione diversa, questa, dalla ricetta del baccalà alla vicentina, una versione sicuramente più raffinata dal momento che il prodotto che si ottiene è molto simile ad una saporitissima crema.

Ingredienti per 10 persone

Stoccafisso ammollato gr. 500Prezzemolo gr. 20Olio d’oliva gr. 90Sale gr. 10Aglio gr. 5

Cuocere lo stoccafisso in un court-bouillon senza aceto. Togliere la pelle e le spine, quindi ridurre la polpa in briciole e, sbattendo molto energicamente con un cucchiaio di legno, aggiungere l’olio a filo. Continuare fino a quando lo stoccafisso sarà mantecato bene ed avrà assunto un bell’aspetto bianco e cremoso. Alla fine aggiungere gli altri ingredienti.

Baccalà mantecato alla veneziana

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Il giorno delle Ceneri, chiuso il periodo carnascialesco, nelle osterie del Bassanese si era soliti consumare, in mattinata, questo piatto “di magro” che, alla polenta nostrana, e alle aringhe, aggiungeva i saporiti broccoli degli orti di casa nostra.

Ingredienti per 4 persone

Aringa salata e affumicata gr. 200Broccoli di Bassano gr. 500Latte cl. 250Porro n. 1Spicchi d’aglio n. 1Ciuffo di prezzemolo n. 1Olio extravergine d’oliva gr. 50

Mettere a bagno l’aringa su 200 cl. di latte per circa dodici ore. Fare appassire il porro, l’aglio ed il prezzemolo tritati con l’olio. Aggiungere l’aringa scolata e il rimanente latte e cuocere a fuoco lentissimo per dieci minuti. Lessare i broccoli. Servire il tutto con della polenta di mais biancoperla.

Poenta, renghe e brocoi de Bassan(Polenta, aringhe e broccoli bassanesi)

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La campagna del Bassanese è conosciutissima per questa nobile coltura. Dopo avervi proposto, tra i primi piatti, il risotto con gli asparagi, non potevamo non presentarvi quest’altra classica ricetta tipica della stagione primaverile nei ristoranti di quel mandamento.

Ingredienti per 10 persone

Acqua lt. 10Asparagi bianchi gr. 4500Uova gr. 1120Olio extravergine gr. 200Sale e pepe q.b.Aceto ml. 80

Spellare gli asparagi bianchi e liberarli della parte legnosa del gambo. Preparare i mazzetti legati con spago bianco. Metterli verticali in una piccola marmitta con acqua salata bollente e punte rivolte in alto e fuori dall’acqua. Far bollire per 15-20 minuti a seconda della grossezza. Toglierli un po’ turgidi e coprirli con un tovagliolo. Lessare le uova per 7-8 minuti con acqua bollente, togliere dal fuoco affinché il tuorlo resti con la goccia, cioè morbido. Sgusciare su piatto apposito, adagiare gli asparagi senza spago. Pestare con i rebbi della forchetta l’uovo e condire con olio e aceto, insaporendolo di sale e pepe fino ad ottenere una crema omogenea.

Ovi e sparasi alla bassanese (uova e asparagi)

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Le ville dei nobili veneziani o dei ricchi vicentini erano quasi sempre attorniate da “colombare”, piccole torri erette appositamente per la nidificazione dei colombi la cui carne tenerissima veniva poi consumata nei banchetti più prestigiosi. Il vero “toresan”, comunque è il piccione che finisce allo spiedo senza avere mai volato e che è stato nutrito solo dalla madre.

Ingredienti per 10 persone

Piccioni gr. 2000Salsiccia gr. 400Lardo gr. 200Pane gr. 200Uova gr. 120Grana gr. 50Burro gr. 100Salvia q.b.Sale e pepe q.b.Tamaro (spezie) q.b.

Spennare ed eviscerare i piccioni. Rosolare i fegatini e i cuoricini con burro e salvia. Tritarli ed unirli a salsiccia e pane ammollato nel brodo. Unire il parmigiano grattugiato ed un uovo. Farcire i piccioni e chiudere con filo bianco. Infilare sullo spiedo e bardare con lardo. Far cuocere al fuoco di legna bagnando di tanto in tanto col sugo di cottura colato nella leccarda. Una volta pronti, sfilarli e servirli.

Toresani de Breganze al speo(colombi terraioli di Breganze allo spiedo)

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Restiamo sempre nel tema delle ciliegie marosticensi accoppiandole con il coniglio, tipico animale delle famiglie contadine di un tempo, e con il dolce formaggio dell’Altopiano. Ne esce un ottimo piatto ricco di sapori.

Ingredienti per 6 persone

Filetti di coniglio n. 12Ciliegie gr. 300Aceto balsamico q.b.Burro gr. 30Sale e pepe q.b.

Per lo spumoneLatte dl. 2,5Tuorli d’uovo 4Albumi 2Formaggio Asiago gr. 100Burro gr. 50Farina gr. 50Sale q.b.

Scottate i filetti in una casseruola con un velo d’olio per qualche minuto. Bagnateli quindi con dell’aceto balsamico e lasciate evaporare. Passate i filetti nel forno preriscaldato a 200° per 10’. Riponete sul fuoco la casseruola, facendo caramellare il fondo di cottura; bagnate con un bicchiere d’acqua e lasciate addensare il tutto. Unite infine una noce di burro e le ciliegie snocciolate che farete insaporire a fuoco vivo per 5’.Confezionate quindi lo spumone. Preparate una besciamella classica sciogliendo il burro e mescolando con la farina e quindi con il latte bollente. Quando la besciamella si sarà intiepidita, aggiungete l’Asiago tagliato a tocchetti, i tuorli d’uovo e i bianchi montati a neve. Amalgamate delicatamente il tutto e versate il composto in sei piccoli stampini d’alluminio, cuocendoli poi a vapore a 80° o a bagno maria a 100° per 15’. Scaloppate i filetti e deponeteli a ventaglio sul piatto assieme alle ciliegie: sformate poi gli spumoni all’Asiago e concludere infine con la salsa.

Filetto di coniglio con spumone di Asiago dolce

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Potrebbe sembrare un piatto pasquale, ma visto che in quel periodo le ciliegie non sono ancora pronte si deve attendere l’inizio dell’estate. Indovinato, comunque l’accostamento fra la carne d’agnello e le ciliegie con l’aggiunta della patata.

Ingredienti per 4 persone

Costicine d’agnello kg. 1Ciliegie gr. 100Patate gr. 300Panna gr. 100Grana Padano gr. 30Tuorli d’uovo n. 1Cipolla, carota, costa di sedano n. 1Olio extravergine d’oliva q.b.Rosmarino un ramettoAceto balsamico q.b.Sale e pepe q.b.

Pulite, sbucciate e affettate le patate; imburrate degli stampini e adagiatevi le fettine di patate alternate a un composto con il tuorlo d’uovo, la panna ed il grana grattugiato; salate e pepate. Ponete quindi gli stampini in forno a 160° per 30’.Rosolate l’agnello precedentemente pulito e sgrassato in una casseruola con dell’olio, uno spicchio d’aglio e un rametto di rosmarino. A metà cottura aggiungetevi l’aceto balsamico e le ciliegie snocciolate: salate e pepate.A cottura ultimata, servite con gli sformatini di patate e nappate con la salsa di ciliegie.

Costicine d’agnello alle ciliegie con sformatino di patate

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Fegato da una parte e ciliegia dall’altro: due sapori in parte contrapposti che, però, ben si compensano lasciando un gusto dolce in bocca.

Ingredienti per 6 persone

Foie gras gr. 500Succo di ciliegie dl. 50Pane speziato gr. 200Sale e pepe q.b.

In una padella di teflon ben calda scottate rapidamente il foie gras, che avrete precedentemente tagliato a fettine sottili; disponete quindi le scaloppe su ciascun piatto.Con una piccola parte del grasso rimasto nella padella fate legare il succo di ciliegie e le ciliegie snocciolate e tagliate a metà.Nappate con la salsa le scaloppe e accompagnate con delle fette di pane speziato ben calde.

Foie gras spadellato al succo di ciliegia con pane speziato

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Non c’era contadino, un tempo, che non fosse anche cacciatore. Inizialmente lo si faceva per necessità, ma poi, con il passare degli anni, quella della caccia è diventata una passione. La lepre era la preda fra le più ambite e con le sue carni le ricette da proporre erano infinite. Qui vi proponiamo quella di Nonna Rosina che ha sfidato il tempo e che è rimasta intatta, nelle dosi e negli ingredienti come allora (la stessa può essere usata anche per il capriolo).

Ingredienti per sei persone

Lepre n. 1Vino bianco lt. 0,5Rosmarino q.b.Chiodi di garofano q.b.Sale q.b.

Per la salsa

Sardine sotto sale n. 3Fegato della lepre n. 1Fegato di coniglio n. 1Limone n. 1Pancetta gr. 200Cipolla gr. 300Soppressa gr. 200Salvia q.b.Spicchi d’aglio n. 3Prezzemolo gr. 100Pinoli e uvetta gr. 100

Rosolare la lepre con cipolla e due spicchi d’aglio, un mazzetto di rosmarino, salvia e chiodi di garofano. A metà cottura aggiungere la salsa, un quarto di vino bianco, grattugiare un limone, aggiungere due etti di burro e cucinare a fuoco lento per circa un’ora. Servire la lepre con la salsa accompagnata da polenta calda e da fagioli di Lamon.

Lepre alla cacciatora

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Le zone più umide dei valloncelli che costellano montagne e colline, oppure le vicinanze dei corsi d’acqua o dei canali di irrigazione, sono rifugio ambito dalle lumache la cui carne da sempre viene considerata come ghiotto boccone da intenditori.

Ingredienti per 10 persone

Brodo di gallina gr. 13Lumache sgusciate gr. 1500Cipolle gr. 320Lardo gr. 200Carote gr. 170Olio d’oliva gr. 100Vino bianco secco ml. 500Aglio gr. 25Prezzemolo gr. 110Sale q.b.Pepe q.b.Rosmarino q.b.Alloro-salvia q.b.

Preparare, in una casseruola di terracotta, un soffritto di cipolla, carote, aglio, prezzemolo tritato, battuto di lardo e olio d’oliva ed aggiungere un mazzetto aromatico di salvia, rosmarino e alloro. Aggiungere le lumache, bagnare con del vino bianco secco, lasciare parzialmente evaporare e bagnare, di tanto in tanto, con del brodo. Cuocerle, coperte, a fuoco lento, per circa otto ore; aggiustare il sapore salando e pepando. Le lumache saranno da considerarsi cotte quando risulteranno sufficientemente tenere.

Corgnòi o s-ciosi (lumache)

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Piatto autunnale da abbinare al vino nuovo. Per il volatile è arrivato il tempo del sacrificio ed i contadini lo insaporivano abbondando con succo e chicchi di melograno, un frutto che matura appunto nella stagione autunnale. Da preferire la tacchinella femmina per la sua carne più morbida e saporita.

Ingredienti per 10 persone

Tacchinella gr. 3000Cipolla gr. 50Melograno gr. 450Sale q.b.Pepe q.b.Salvia gr. 20Lardo gr. 100Burro gr. 75Olio d’oliva gr. 150

Fiammeggiare la tacchinella, lavarla ed asciugarla, introdurre all’interno un rametto di salvia e un po’ di sale grosso. Bardarla con fettine di lardo e porla in una teglia con poco burro e olio d’oliva. Cuocerla a calore moderato in forno, a metà cottura bagnarla con il succo di un melograno e di tanto in tanto bagnarla con condimento che si formerà nella teglia. A parte far soffriggere con olio di oliva della cipolla tritata, unirvi le frattaglie della tacchinella tritate e bagnare con il succo di un altro melograno. A cottura ultimata aggiustare con pepe e sale. Disporre la tacchinella tagliata a pezzi in una pirofila, irrorarla di salsa, cospargere i semi di un altro melograno e passarla in forno caldo per pochi minuti.

Paéta rosta al malgaràgno (tacchinella al melograno)

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C o n t o r n i

Il radicchio rosso proveniente dalle coltivazioni del Trevigiano ha ormai invaso il mondo. Lo si usa in particolar modo cotto, o per esaltare risotti e carni o semplicemente per passarlo alla griglia.

Ingredienti per 10 persone

Radicchio di Treviso gr. 1200Olio extravergine gr. 50Sale q.b.Pepe qb.

Pulire il radicchio, spuntandone le punte e togliendone la radice, quindi asciugarlo e tagliarlo a metà nel senso della lunghezza, poi condirlo con olio, sale e pepe e lasciarlo nel condimento per qualche minuto. Cuocerlo alla griglia portandolo a cottura a fuoco lento ungendo, di tanto in tanto, con il suo condimento. Servire caldo.

Radicchio rosso di Treviso alla griglia

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Il piatto in questione si accompagna, solitamente, alle carni di maiale. E’ un tipico abbinamento autunnale che, i contadini, usavano in occasione dell’uccisione dell’animale, vale a dire in autunno inoltrato, nel periodo cioè in cui la verza raggiungono la giusta consistenza e croccantezza negli orti favorita, quest’ultima, dalle prime gelate.

Ingredienti per 10 persone

Verze gr. 2000Lardo gr. 100Olio d’oliva gr. 100Aglio gr. 70

Togliere alle verze le foglie esterne, che sono le più spesse e tagliare le altre in listarelle sottili.Preparare un battuto di lardo, aglio e rosmarino e farlo soffriggere con un po’ d’olio. Aggiungere le verze, salare e continuare la cottura a fuoco molto basso, per circa un paio d’ore, a recipiente coperto. Così facendo le verze si ammorbidiscono progressivamente, assorbendo la loro acqua di cottura. Mescolare di tanto in tanto e, alla fine, aggiustare il sapore.

Verse sofegae (verze in umido)C

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iDolce tipicamente trevigiano simile alla “sbrisolona” mantovana. La si chiama “fregolota”, in Veneto, perché rompendola, si riduce in “fregole” (briciole) essendo croccante e particolarmente friabile. La ricetta attuale è quella dell’antica trattoria “Zizzola” di Salvarosa e dell’omonima industria dolciaria.

Ingredienti per 10 persone

Farina 00 gr. 200Burro gr. 100Zucchero gr. 100Mandorle sgusciate gr. 100Uovo (tuorlo sodo) n. 1Vanillina n. 1Sale q.b.

Mettere a bollire un uovo da fare sodo. Pelare le mandorle sbollentandole in acqua bollente; tostarle in forno non molto caldo, grattugiarle quindi finemente, sgusciare l’uovo e passare al setaccio solo il tuorlo sodo. In una terrina capace mettervi la farina, poi lo zucchero, le mandorle, la vanillina, un pizzico di sale e mescolare accuratamente. Unire, quindi, il tuorlo passato al setaccio e il burro, lavorando il tutto velocemente. Dovrà risultare una palla omogenea da inserire in un sacchetto di nylon appiattita e poi lasciata riposare in frigo per circa un’ora al fine di farle perdere elasticità. Imburrare una terrina di circa 26 centimetri di diametro e stendervi l’impasto con la punta delle dita. Spolverare con zucchero semolato e cuocere in forno a 160 gradi (già caldo) per 30 minuti fino a quando risulta essere dorato e croccante. Sfornare la fregolotta dalla tortiera solo quando è fredda e servirla su frangino di stoffa.

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Fregolotta

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iE’ un dolce che abbraccia un po’ tutta la regione del Veneto e che, almeno un tempo, si usava consumare nel periodo del Carnevale. Ora lo si trova in qualsiasi stagione dell’anno.

Ingredienti per 10 persone

Latte ml. 1000Farina00 gr. 300Uova gr. 530Zucchero gr. 250Olio gr. 50

Si mette a bollire il latte con la vaniglia ed il limone. A parte si sbattono i rossi d’uovo con lo zucchero, le bianche montate a neve, la farina ed infine il latte. Si pone a cuocere per circa dieci minuti fintantoché la crema sarà molto densa. Stendere su marmo oleato regolando lo spessore a circa due centimetri. Tagliare le losanghe regolari, panarle con uova e pan grattato, friggerle in olio ben caldo. Lasciare raffreddare e servire.

Crema fritta

E’ un dessert ipercalorico molto adatto a chi si sta preparando per sforzi ciclistici di una certa caratura. Gustate senza timore questa delizia, tanto all’indomani avrete tutto il tempo di smaltire le calorie assorbite.

Ingredienti per sei persone

Mascarpone gr. 500Zucchero gr. 100Tuorli d’uovo n. 4Cucchiaio di nocciolata (Nutella) n. 1Cioccolato nero fondente gr. 75Latte q.b.Pan di Spagna e bagna di caffè q.b.

Montare i tuorli con lo zucchero, sciogliere il cioccolato fondente e la nocciolata, aggiungere un po’ alla volta il mascarpone, lavorare finchè diventa una mousse. In una terrina sistemare il primo strato con la crema, poi uno strato di Pan di Spagna imbevuto con bagna al caffè e continuare a strati. Preparare una crema pasticcera. Quando fredda aggiungere rhum a piacere e latte e frullare il tutto.

Bacio al tartufo su crema al rhum

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iCi voleva ben poco, ai tempi delle nostre nonne, per realizzare un dolce, anche perché c’era ben poco nelle madie. E così, visto che la farina gialla e la farina bianca non mancavano nella case dei contadini, l’ingegno delle donne ha prodotto questo prelibato biscotto.

Ingredienti per dieci persone

Farina di mais gr. 200Farina00 gr. 200Burro gr. 150Uvetta sultanina gr. 150Zucchero semolato gr. 160Ammoniaca per alimenti gr. 6Vanillina n. 2 bustine q.b.Zucchero a velo gr. 50Uova gr. 300

Unire la farina di mais a quella di grano ed aprire a fontana. Mettere al centro un pizzico di sale, la vanillina, l’ammoniaca ed il burro sciolto leggermente. Unire anche i rossi d’uovo montati con lo zucchero e lavorare il tutto energicamente e uniformemente. Unire quindi l’uvetta messa a bagno nel vino, impastandola assieme agli altri ingredienti. Formare dei cilindri di impasto, ricavarne delle losanghe di un centimetro di spessore e lunghe 6-7 centimetri. Mettere le losanghe su di una placca e cuocere al forno per 30 minuti circa. Servire spolverizzando con zucchero a velo.

Zaeti (dolci a base di mais)

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iQuando il Carnevale animava le calli veneziane, era consuetudine consumare per strada queste frittelle, che si potevano acquistare nelle baracche aperte apposta per quel periodo di allegria. Nel ‘700 il prodotto della pasticceria lagunare diventa “dolce nazionale dello Stato Veneto”.

Ingredienti per 10 persone

Lievito di birra gr. 30Farina gr. 500Uva passa gr. 100Pinoli gr. 100Cedrini canditi gr. 100Olio di semi gr. 917Zucchero semolato gr. 100Zucchero a velo gr. 40Grappa o rum cl. 0,9

Sciogliere in un recipiente concavo il lievito di birra con poca acqua tiepida e lo zucchero; aggiungere la grappa e incorporare la farina aggiungendo l’acqua occorrente. Lavorare bene la pasta fino a che non si formino bollicine di aria alla superficie, quindi coprirla con un tovagliolo e farla lievitare in un posto caldo. Quando la pasta sarà almeno raddoppiata, incorporare l’uvetta, i cedrini tritati ed i pinoli, infine, friggere in olio caldo e scolare le frittelle su carta assorbente, sistemarle su piatto di portata, dando la forma di piramide, spolverarle con zucchero a velo e servirle ancora calde.

Fritole veneziane (frittelle veneziane)

Una ricetta semplice, semplice, ma, anche questa piuttosto energetica. Si “sposano”, per l’occasione, le uova e quel vino passito (il Torcolato di Breganze) che abbiamo già incontrato in altre ricette.

Ingredienti per sei persone

Rossi d’uovo n. 6Zucchero gr. 150Torcolato dl. 150

In una terrina sbattere i rossi d’uovo con lo zucchero e poi aggiungervi il Torcolato. Quindi porre il tutto a bagnomaria e sbattere con una frusta fino ad ottenere un impasto consistente e spumoso. Servire tiepido con della biscotteria.

Zabaione al Torcolato

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iAltro piatto povero della società contadina di un tempo, preparato per accontentare principalmente i bambini golosi di dolci. Lo si chiamava “putana” perché era una torta che andava d’accordo con tutti quegli ingredienti rimasti dopo le festività natalizie, visto che si usava prepararlo al termine di quel periodo.

Ingredienti per 10 persone

Latte lt. 1Farina di mais gr. 250Farina 00 gr. 135Zucchero gr. 190Strutto gr. 75Burro gr. 75Mele gr. 600Uva secca gr. 100Fichi secchi gr. 75Pinoli sgusciati gr. 75Grappa cc. 30Pane grattugiato gr. 50Sale q.b.

Preparare una polenta con il latte e le due farine setacciate e salare leggermente. Cuocere per 15 minuti, rimestando continuamente con un mestolo di legno. Togliere dal fuoco ed aggiungere lo strutto, metà del burro, l’uvetta, i fichi tagliati a pezzetti, i pinoli, le mele a fettine e lo zucchero; profumare con un bicchierino di grappa. Riportare sul fuoco e cuocere per altri venti minuti. Imburrare e cospargere, con pane grattugiato, uno stampo rotondo da pasticceria, versarvi il composto, livellare la superficie e cospargerla con il restante pane grattugiato, ponendo dei fiocchetti di burro. Scaldare il forno, infornare la torta, farla asciugare a calore moderato per circa un’ora e controllare con uno spiedino di legno.

Torta “putana”

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iE’ un dessert un po’ particolare nel quale si può gustare il dolce del formaggio caprino valorizzato dal miele d’acacia e nobilitato dalle ciliegie di Marostica.

Ingredienti per 4 persone

Formaggio caprino gr. 350Insalatina novella q.b.Ciliegie gr. 300Zucchero gr. 100Miele d’acacia gr. 10Pectina gr. 10Olio extravergine d’oliva q.b.Pepe q.b.

Mescolate le ciliegie snocciolate, lo zucchero, il miele d’acacia e la pectina a freddo, quindi fateli cuocere in una casseruola per circa 20’ a fuoco lento; passate il tutto al setaccio e lasciate raffreddare.Nel frattempo disponete dell’insalatina novella su un piatto, depositatevi accanto delle quenelles di formaggio caprino e condite il tutto con dell’olio d’oliva extravergine e del pepe di mulinello.Quando la composta si sarà completamente raffreddata, versatene, a parte, un cucchiaio sul piatto e servite.

Insalata di formaggio caprino di Montegaldae composta di ciliegie

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iAltra fantasia culinaria con due ingredienti che andavano per la maggiore sulle tavole dei nostri nonni: la ricotta di cui abbiamo parlato nella ricetta sopra e la polenta, “pane” quotidiano delle famiglie. Qui polenta e ricotta vengono nobilitati dall’uso di nuovi ingredienti.

Ingredienti per 8 persone

Farina gialla gr. 300Acqua lt. 1,3Zucchero gr. 200Ricotta gr. 350Uvetta sultanina gr. 80Pinoli gr. 60Tuorli d’uovo n. 3Busta di vanillina n. 1Buccia grattugiata e succo di limone n. 1Pizzico di zafferano n. 1Pizzico di lievito n. 1Bicchieri di latte n. 2Sale q.b.

Sciogliere la ricotta con un po’ di latte tiepido in una terrina, unire i tuorli battuti con lo zucchero, il succo e la buccia grattugiata del limone, lo zafferano, il sale, la vanillina ed il lievito. Mescolare bene il tutto con un cucchiaio di legno. Preparare a parte una polenta non troppo densa e unire i due composti completando con l’uvetta. Ungere una teglia con del burro, versare il composto, lisciarlo in superficie e cospargerlo di pinoli. Cuocere in forno a 180° per più di un’ora.

Torta dolce di polenta e ricotta

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iCome dessert è un piatto delizioso che richiede l’utilizzo di prodotti quotidiani delle antiche famiglie contadine. Nel dopoguerra si aggiungeva volentieri il cioccolato che le truppe americane non facevano mancare nei loro passaggi fra i paesi e le città del Veneto.

Ingredienti per 6 persone

Latte lt. 0,5Zucchero gr. 100Tuorli d’uovo n. 6Chicchi di caffè q.b.

Latte lt. 0,5Zucchero gr. 100Tuorli d’uovo n. 6Cioccolato fondente gr. 80

Latte lt. 0,5Zucchero gr. 100Tuorli d’uovo n. 6Bucce d’arancio grattugiate n. 3

Bollire il latte con l’aromatizzante (arancio, oppure cioccolato, oppure caffè, oppure un ingrediente a vostro piacere come zenzero, limone, fragola, cannella ecc.) Aggiungere i tuorli e lo zucchero precedentemente montati Spegnere. Versare il composto negli stampini e cucinare a bagnomaria per circa 15\20 minuti a 150 gradi. L’impasto cotto deve risultare cremoso. Servire gratinato con un po’ di zucchero bruciato con il cannello.

Crema bruciata al cioccolato fondente,caffè e arancio

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iIl Marosticense è terra di ciliegie per eccellenza. Le varietà prodotte si sprecano, sia quelle autoctone, sia altre importate dalla Francia per resistere meglio alle variazioni climatiche. In questa ricetta vi proponiamo l’utilizzo dei duroni, una varietà di ciliegie che chiude la stagione cerasicola e che ben si presta all’uso gastronomico per la sua polpa più consistente.

Ingredienti per 6 persone

Ciliegie durone da snocciolare gr. 700Burro gr. 150Uova 3Zucchero gr. 200Latte lt. 0,5Farina gr. 250Sale un pizzicoBustina di vanillina n. 1Bustina di lievito n. 1

Amalgamare il burro con lo zucchero ed il sale aggiungendo le uova una alla volta.Si continua a mischiare la vanillina ,il lievito sciolto nel latte e la farina sino ad ottenere un impasto omogeneo e semidenso.Aggiungere le ciliegie snocciolate al composto e versare l’impasto ottenuto in una tortiera precedentemente ricoperta da carta forno.Cospargere di zucchero e cucinare in forno già caldo a 160° per circa un’ora.

Torta di ciliegie della tradizione

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iFa parte anche questo dessert delle cucina povera di un tempo quando la ricotta (in dialetto veneto “la puina”) faceva parte del mangiare delle famiglie contadine. Erano anni in cui non si buttava nulla. Ricordiamo però che la ricotta di allora era ben diversa da quella che si acquista oggi nei negozi di generi alimentari.

Ingredienti per 8 persone

Dosi per la pasta frolla

Farina 00 kg _Zucchero gr. 250Burro gr. 250Uova due rossi uno interoBuccia di limone grattugiata n. 1Sale un pizzico

Dosi per l’impasto

Zucchero gr. 125Burro gr. 25Uvetta gr. 125Ricotta gr. 500Farina di riso gr. 60Uova rossi 3Buccia e succo di un limoneNoce moscata n. 1Bicchierino di grappa n. 1

Montare il burro con lo zucchero e aggiungere a poco a poco le uova, poi la ricotta spremuta e passata al setaccio, quindi la farina di riso, l’uvetta, il succo e la buccia di limone, la grappa. Versare il tutto dentro uno stampo rivestito di pasta frolla e cucinare in forno a 180° per 40 minuti.

Crostata di ricotta

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