autism o

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Fruizione e produzione di messaggi. Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacità di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti. Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore all’esperienza, individualmente e in gruppo, con una varietà creativa di strumenti e materiali, “lasciando traccia” di sé. Esplorare, conoscere, progettare. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire cosa si è toccato, visto, udito, odorato, gustato, ricercando la proprietà dei termini. Adoperare lo schema di investigazione del “Chi, che cosa, quando, come, perché?” per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi. Il sé e l’altro Lavorare in gruppo, discutendo per darsi regole di azione. Fruizione e produzione di messaggi. Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacità di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti.

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Fruizione e produzione di messaggi. Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacit di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti. Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore allesperienza, individualmente e in gruppo, con una variet creativa di strumenti e materiali, lasciando traccia di s. Esplorare, conoscere, progettare. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire cosa si toccato, visto, udito, odorato, gustato, ricercando la propriet dei termini. Adoperare lo schema di investigazione del Chi, che cosa, quando, come, perch? per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi. Il s e laltro Lavorare in gruppo, discutendo per darsi regole di azione. Fruizione e produzione di messaggi. Parlare , descrivere, raccontare, dialogare, con i grandi e con i coetanei, lasciando trasparire fiducia nelle proprie capacit di espressione e comunicazione e scambiandosi domande, informazioni, impressioni, giudizi e sentimenti.

Disegnare, dipingere, modellare, dare forma e colore allesperienza, individualmente e in gruppo, con una variet creativa di strumenti e materiali, lasciando traccia di s. Esplorare, conoscere, progettare. Toccare, guardare, ascoltare, fiutare, assaggiare qualcosa e dire cosa si toccato, visto, udito, odorato, gustato, ricercando la propriet dei termini. Adoperare lo schema di investigazione del Chi, che cosa, quando, come, perch? per risolvere problemi, chiarire situazioni, raccontare fatti, spiegare processi. Commentare, individuare collegamenti, operare semplici inferenze, proporre ipotesi esplicative di problemi. appunto, allesperienza: solo entrando in una classe, osservando, intervenendo, discutendo con linsegnante, scambiandosi opinioni, teorie e convinzioni, confrontandosi con la realt quotidiana, fatta non solo di teoria ma di tanta pratica, parlando con i bambini, provando a lavorare con loro, cercando modalit diverse, strategie alternative, attingendo a materiali diversi, studiando, s, ma anche sperimentando attivamente ci che si appreso ecco, solo con questa pratica, con questo tipo di esperienza il maestro entrer nella sua classe con una percezione giusta dellinsegnamento, del ruolo dellinsegnante, dei contenuti da trasmettere, dellattore principale di tutta la sua azione: il bambino. In questi anni ho voluto dare ai ragazzi questa opportunit, senza creare per loro falsi spazi, lezioni fasulle o bambini scimmiottanti ed indottrinati. Quello che hanno visto stata lesatta realt, bella o brutta che fosse, e con essa si sono confrontati. A loro limpressione finale: che sia stata positiva o meno spero che da questa esperienza sapranno imparare, come ho fatto io a mia volta. Concludo affermando, senza tema di esagerare, che l'esperienza del tirocinio stata positiva anche per me e penso lo possa essere per qualsiasi insegnante di ruolo che non si deve sentire assolutamente sotto controllo, sotto osservazione ed oggetto di critiche o riflessioni negative. Penso, infatti, che mettendosi in una posizione non di difesa ma di scambio reciproco, l'insegnante possa riscoprire, grazie proprio a questi ragazzi, il gusto della ricerca, l'entusiasmo della "prima volta in una classe", la voglia ed il coraggio di mettersi sempre in gioco ed in discussione in virt della consapevolezza che l'insegnamento non mai qualcosa di precostituito, di chiuso, di finito ma, al contrario, un processo in

continuo divenire, in trasformazione, fatto anche di di rivalutazioni, sempre nell'ottica ed in previsione di un miglioramento. LA VOCE DEL DIRIGENTE

ripensamenti,

Ho scelto di fare tirocinio al nido perch avevo voglia di mettermi alla prova! Sono molto soddisfatta di questesperienza dato che per la prima volta sono entrata in contatto con bambini cos piccoli. Non sapevo proprio da che parte cominciare, come parlare, come relazionarmi con loro, non sapevo se dovevo trattare i bambini da bambini o da piccoli adulti per farli sentire grandi o, banalmente, non sapevo nemmeno come cambiare un pannolino! Sono arrivata al nido con tanta preparazione teorica universitaria, con tante teorie e tanta pedagogia nella testa, ma purtroppo nessuna nozione su come si cambiano i pannolini o su come si dia da mangiare ai pi piccoli. La mia paura pi grande era quella di non essere allaltezza della situazione ma, per fortuna, questa paura andata scomparendo con il tempo ed stata sostituita da una grande voglia di continuare questo lavoro. Sicuramente questesperienza mi ha fatto crescere e riflettere su me stessa. Guardo in avanti e ho voglia di crescere ancora e di imparare altre cose, guardo in avanti e mi vedo EDUCATRICE, uneducatrice pronta a mettersi in gioco per i pi piccoli e imparare da loro meravigliose fantasie.

La prima settimana Penso che la prima settimana sia stata quella pi difficile, in quanto arrivavo in un ambiente nuovo, mi sono dovuta ambientare non solo ai bambini, ma alle educatrici a e soprattutto a ritmi diversi dai miei, ma, ovviamente, anche i bambini e le altre educatrici si sono dovute ambientare a me e alla mia costante presenza. Ho dovuto capire da sola quali erano i miei compiti, cosa dovevo fare concretamente, fino a dove potevo arrivare e quando invece dovevo fermarmi (ad esempio non sapevo se mi era permesso sgridare i bambini o dargli il permesso per fare qualcosa). Mi sentivo spaesata e non volevo essere dintralcio al lavoro delle colleghe. Tutto inizialmente stato molto vago e impreciso, ma con il tempo e con laiuto, la gentilezza e la pazienza delle colleghe, ho trovato il mio ruolo allinterno della classe, ho imparato a muovermi nellambiente e soprattutto a conoscere ogni singolo bambino e le loro caratteristiche ma soprattutto ho imparato a relazionarmi con loro. I bambini si sono dimostrati inizialmente incuriositi da me, successivamente ci sono stati giorni di diffidenza, non fiducia nei miei confronti e mi sembrato anche normale dato che non ero la loro educatrice di riferimento, ma ero una persona nuova. Poi ho conquistato la loro fiducia. Quando i bambini mi cercavano per farsi consolare o per raccontarmi qualcosa o per farmi vedere semplicemente qualcosa, ho capito che forse non ero pi considerata un estranea, ma forse ero diventata per loro qualcosa in pi e questo mi ha riempito di gioia e di soddisfazione e sicuramente a influito positivamente sulla mia autostima. Gi dal primo giorno mi stato permesso di interagire con i bimbi, aiutarli a mangiare, cambiarli, giocare con loro e metterli a nanna e fin dal secondo giorno le educatrici hanno predisposto quattro tavoli per il pranzo e non tre come di solito facevano quando io non cero, in quanto loro sono tre educatrici per tutta la sezione, ma con il mio arrivo anche la fisionomia della classe era cambiata, durante il pranzo avevo un tavolo tutto per me con 6 bambini; questa azione mi ha riempito di gioia, forse non ero cos invisibile come pensavo di essere

considerata prima di arrivare. In certe occasioni non sapevo come muovermi e mi invadeva un senso di inadeguatezza alla situazione e allambiente, ad esempio quando due bambini litigavano per un gioco e non sapevo come mediare la situazione, oppure se qualche bambino si faceva male e io non sapevo come agire, quasi mi spaventavo pi io che il bambino. Con il tempo sono riuscita a fronteggiare e a gestire qualsiasi situazione e ci significa che ho superato quello che per me rappresentava uno dei tanti scogli. Lincontro con i genitori Purtroppo ho avuto la possibilit di conoscere i genitori dei miei bambini, solo alla fine della mia esperienza di tirocinio durante la riunione di fine anno, che solitamente serve per parlare della gita di fine anno, della festa per i bimbi grandi che lanno successivo andranno alla materna e per dare un ritorno ai genitori su ci che si svolto durante lanno, sugli obiettivi raggiunti ma anche su quelli non raggiunti. Il discorso stato introdotto dalla coordinatrice e proseguito dalle educatrici con il supporto delle foto che testimoniavano le attivit e i laboratori proposti. Ho atteso molto questa riunione perch ero molto curiosa di conoscere le famiglie dei bambini e in qualche modo volevo essere accettata dai genitori e rassicurarli in modo tale che anche essi sappiano con chi trascorrono il loro tempo i loro bambini. Dopo la riunione era molto pi tranquillizzante incontrare i genitori e scambiarsi un saluto che non era pi solo un saluto di educazione. Le difficolt Come gi accennato inizialmente la prima settimana stata quella pi difficile, ma ci sono stati anche altri momenti in cui mi sono trovata a disagio e ho provato un senso di inadeguatezza gi quando ero integrata al nido: durante un attivit di disegno guidato mi sono stati affidati sei bambini e a loro avrei dovuto far vedere come si disegna il sole su un foglio e poi loro a sua volta avrebbero dovuto farlo da soli, ognuno sul proprio foglio. A parte a non sapere come dover fare lattivit perch non lavevo mai vista prima, il problema in s e che mi ha fatto entrare in crisi stato che non riuscivo a gestire da sola sei bambini e farmi ascoltare da loro. Quando un educatrice mi ha visto in difficolt mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, non so se per orgoglio o per mettermi alla prova ho rifiutato e a mente fredda mi sono accorta di aver sbagliato a rifiutare in quanto, innanzitutto avrei dovuto apprezzare il gesto ma in quel momento non sono riuscita a riconoscere i miei limiti e non volevo far brutta figura, volevo fare tutto da sola ma soprattutto i bambini hanno letteralmente fatto tutto ci che volevano, quindi hanno disegnato ci che volevano, alcuni sono andati in giro per la classe, altri si sono sdraiati per terra creando disagio anche agli altri bambini e alle altre attivit in corso. La situazione si risolta non per merito mio ma grazie allintervento delle altre educatrici che hanno preso la situazione in mano e a me sono balzate in testa molte domande sul mio comportamento immaturo e oltre a ci mi ha pervaso una sensazione di fallimento. Questo episodio mi ha fatto riflettere sulla collaborazione che vi deve essere tra le educatrici, sul riconoscere i propri limiti e chiedere o accettare laiuto degli altri perch siamo un equipe non che si lavora singolarmente e ognuno ha i propri bambini. Essere educatrice al nido Questesperienza di tirocinio mi ha permesso di capire da vicino cosa significhi essere educatore, anche se penso che sia un concetto che non basti una vita per capirlo fino in fondo; mi ha permesso di avvicinarmi allo straordinario mondo dei bambini, che nella loro quotidianit mi hanno insegnato molto. Grazie allosservazione ho capito che una caratteristica fondamentale che leducatrice deve avere proprio la capacit di osservare, in quanto i bambini cos piccoli non articolano frasi, a volte ancora non parlano, quindi leducatrice deve saper osservare il linguaggio non verbale, cio landatura, la postura, lo sguardo, la mimica

facciale, la gestualit, le modalit del corpo, le pause, i mugolii, i sospiri. Ma soprattutto osservando ho imparato a conoscere i bambini, ogni bambino diverso da un altro. Ho capito che il ruolo cardine delleducatrice mantenere un equilibrio non solo tra lei e i bambini, ma anche tra i bambini stessi e allinterno del nido. Infine, ho capito che nascosta dietro ogni attivit, anche il gioco libero, vi una programmazione, niente lasciato al caso o in balia degli eventi, in un nido come questo, con molti bambini, non ci si pu permettere di non controllare gli imprevisti e nel caso accadano c sempre qualcosa di riserva. E importante prestare attenzione alle attivit quotidiane e alla programmazione senza dimenticare che al centro del nostro servizio vi il bambino, in quanto essere, in quanto persona e individuo e che il bambino ha la precedenza su tutto.

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Tirocinio con i bambini"Ricordo molto chiaramente il giorno in cui mi capit casualmente in mano l'opuscolo che parlava dei corsi di formazione per operatore socio assistenziale per l'infanzia. Afferrai subito l'occasione e ora, che l'esperienza conclusa, sono pi che mai convinta di aver fatto la scelta giusta. Particolarmente formativo stato il periodo del tirocinio, importante dal punto di vista non solo professionale ma soprattutto umano". Antonietta De Prisco ha condotto il suo tirocinio presso una Casa Famiglia per minori della provincia di Avellino. Come testimoniano le sue parole, stata un'esperienza veramente straordinaria. "Lavorare con i bambini della Casa Famiglia ha trasformato radicalmente la mia visione un por idilliaca sul mondo dell'infanzia. In realt, quella che ho incontrato autentica sofferenza e interessa molti pi bambini di quanti immaginiamo. Ho ancora davanti a me quei volti tristi, spesso espressione di un vissuto atroce fatto di violenze fisiche e psicologiche. Sono bambini che hanno bisogno di aiuto concreto, di certezze, di riferimenti sicuri, di adulti affidabili su cui poter contare. La struttura in cui ho svolto il mio tirocinio ha come obiettivo proprio questo: offrire ai minori a rischio l'opportunit di risanare una situazione compromessa, di consolidare l'identit personale, di accogliere i loro vissuti fornendo cure, attenzioni e soprattutto l'amore necessario per una crescita psicofisica sana ed equilibrata. Un caso in particolare mi ha molto coinvolta. E' la storia di A., un ragazzino di soli 12 anni. Arriv in lacrime alla Casa Famiglia un mattino, accompagnato dai carabinieri. Piangeva e continuava a chiedere di tornare a casa. Non riusciva a capire perche mai dovesse rimanere l. Era stato svegliato bruscamente e non aveva potuto nemmeno salutare la mamma. La situazione familiare era di forte deprivazione: il pap in carcere, la mamma costretta a lavorare tutto il giorno, una sorella piccola e una nonna anziana da accudire. A. non andava quasi mai a scuola proprio per non lasciare sole la nonna e la sorellina. Era un bambino insicuro, privo di regole, aggressivo, oppositivo, cognitivamente e affettivamente poco stimolato. Era carente nel linguaggio, nella lettura, nella grammatica e in ogni attivit didattica. Durante le attivit ludiche si comportava da duro e aveva comportamenti quasi violenti.

Per lui stato messo a punto un progetto educativo-didattico finalizzato a colmare le sue lacune scolastiche e comportamentali. Abbiamo lavorato molto sul consolidamento dell'autostima e per lo sviluppo di una sana fiducia nelle proprie capacit. E' stata dura ma, grazie anche al mio contributo, dopo alcuni mesi era gi pi sereno e aveva recuperato parte dei suoi handicap scolastici". Oggi, grazie a una buona formazione teorica e pratica, posso definirmi a tutti gli effetti un OSA per l'infanzia. Ma stato durante il tirocinio che ho potuto scoprire quanto fosse importante aiutare i bambini disagiati anche semplicemente regalando loro un sorriso, un momento di felicit e spensieratezza. "Per me il tirocinio stato essenziale perche mi ha consentito di adattare il mio sapere alle situazioni pi diverse. Ho potuto mettermi alla prova direttamente, sperimentare il lavoro d'equipe, sentirmi utile a qualcuno anche solo con un gesto gentile o una parola". Nel caso di Flora Bottosso pi che di tirocinio bisognerebbe parlare di tirocini. Le sue 300 ore di praticantato nella provincia di Venezia, infatti, sono state suddivise tra tre diverse esperienze: in una scuola elementare, in una scuola materna e all'interno di un progetto finalizzato a giovani in difficolt messo a punto da una Cooperativa in collaborazione con le istituzioni locali. In tutti e tre i casi Flora ha seguito con grande dedizione i bambini a lei affidati: un ragazzino di dieci anni, una bimba di quattro e un adolescente di dodici. "Non stato facile. Agli inizi ho vissuto momenti di sconforto. Non sapevo in che direzione muovere i miei primi passi. Ma l'amore per questo lavoro e l'aiuto delle persone che mi erano vicine, mi hanno spronata a superare anche le prove pi ardue. La cosa pi difficile stato il senso d'impotenza di fronte a bambini che soffrivano. L'empatia mi impediva di rimanere all'interno del mio ruolo, non riuscivo pi a mantenere la giusta distanza affettiva. Mi facevo coinvolgere troppo e questo non va bene se vuoi realmente aiutare un bambino. In effetti, se io ho dato qualcosa a loro, di certo ho ricevuto molto di pi. Stare con questi bambini mi ha fatto crescere e sentire veramente utile a qualcuno. E' straordinario vedere come, in poco tempo, imparino a fidarsi di te, abbiano voglia di comunicare amore e di riceverne. Essendo stata a contatto con utenti di et diverse ho potuto anche cimentarmi con diverse modalit d'approccio: con i piccoli contano di pi le coccole e il contatto fisico, con i pi grandi la relazione invece fatta pi di confidenze, chiacchiere, confronti continui". Nei momenti in cui mi sono sentita messa alla prova ho scoperto in me una nuova energia, una gran voglia di farcela, una forza di volont che non pensavo di avere. Il tirocinio? Un'esperienza molto faticosa ma anche costruttiva e ricca di emozioni. E' stato un cammino lungo il quale ho imparato a superare difficolt e ad apprezzare anche i pi piccoli successi. Mi ha aiutato a capire me stessa, a scoprire quanto posso essere paziente, tenace e, all'occorrenza, anche molto, molto ostinata". Antonietta Di Lonardo si messa alla prova come tirocinante presso una struttura d'accoglienza per minori a rischio della provincia di Isernia. Sono stati tre mesi di vera "iniziazione" alla professione OSA. Vediamo un pOI com' andata... "Certo non stata una passeggiata. I bambini con cui sono venuta a contatto provenivano quasi tutti da famiglie molto problematiche e ognuno era portatore di un vissuto carico di disagio e sofferenza. Sin da subito ho capito che la prima mossa da fare era mettersi in una posizione di assoluto ascolto.

Ma, nonostante la mia buona volont, ho dovuto fare ben presto i conti con la mia insicurezza, la paura di non essere all'altezza del compito. Spesso dovevo reagire all'arroganza, all'atteggiamento di sfida e anche ad alcuni "visetti d'angelo" appositamente interpretati per raggiungere secondi fini. Non me lo sarei mai aspettato ma, ben presto, ho tirato fuori il meglio di me e ho imparato a non reagire alle provocazioni: dolcezza s ma anche giusta autorevolezza. Poi c'erano momenti in cui c'era bisogno di mantenere la giusta distanza affettiva. Ricordo a proposito un bimbo piccolino: spesso mi chiamava "mamma" facendomi sobbalzare il cuore. Tutte le volte gli spiegavo che non ero la sua mamma e che doveva chiamarmi con il mio nome. Lui ci provava, ma ogni tanto ci ricascava, mettendo a dura prova la mia emotivit. Comunque, una cosa fondamentale non lasciarsi mai andare al senso di frustrazione o alla piet. Non servono a nulla. Dobbiamo sentirci s partecipi del loro dolore ma senza farci sopraffare, solo cos il nostro operato sar veramente efficace. Sono state 300 ore di grande intensit, durante le quali stato fondamentale anche il lavoro d'equipe, che mi ha consentito di conoscere il valore dell'operare in sintonia con gli altri per un obiettivo comune. Essere in armonia con i propri colleghi rende pi compatto l'organico e permette di raggiungere i risultati migliori.

DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA SPAZI: Nella scuola dellinfanzia presso cui ho effettuato lo stage sono presenti cinque aule, dotate ciascuna di un bagno per i bambini, la sala mensa, di fianco alla quale situato uno spazio per il riposo pomeridiano dei pi piccini, una piccola biblioteca, la sala insegnanti, nella quale vi anche un ambulatorio, e, uscendo da essa, troviamo un lungo corridoio al termine del quale situata una vasta sala contenente gli scaffali e gli armadietti per i bambini (ognuno ha, ovviamente, il proprio armadietto). Allesterno della struttura, c un grande giardino dotato dei vari giochi per i bambini (come gli scivoli, le altalene, i castelli, ecc.). Infine, poco pi in l della scuola dellinfanzia, vi la palestra, condivisa anche dagli alunni della scuola primaria. STRUMENTI ED ATTREZZATURE: Nella struttura non presente alcun tipo di strumentazione informatica, tranne la televisione e i vari cartoni animati con i quali, a volte, vengono intrattenuti i bambini nel tardo pomeriggio. Nella biblioteca sono presenti diversi libri, soprattutto di fiabe e favole, adatti alle varie et dei bimbi. Vi anche del materiale per attivit psicomotoria, quale cerchi e coni di plastica, assi di equilibrio, trampoli, materassini e palle da gioco di diversa misura. Per quanto riguarda i giochi, nella sala ricreazione ci sono due casette e un castello di plastica, oltre che numerosi materassini; nelle aule, invece, troviamo bambole, pupazzi, puzzle, trenini, giochi ad incastro, mini-cucine, casette di plastica e passeggini. In ogni aula si possono notare numerosi cartelloni, o creati dai bambini stessi, o rappresentanti personaggi delle favole o dei cartoni animati. In particolare, laula da me maggiormente osservata abbastanza piccola; si apre sullo spazio giochi morbido, dove sono presenti, sui vari scaffali, i giochi, i fogli da disegno e i pennarelli dei bimbi. Di fronte alla grande porta a vetro posizionata la cattedra dellinsegnante e, di fianco ad essa, i banchi dei bambini; poco pi in l c il bagno, piuttosto in disparte rispetto allaula.

Vicino alla porta presente un armadio contenente i vestiti di ricambio per i bambini; dalla parte opposta, invece, c un tavolino sul quale sono posizionati gli utensili da disegno e decoro per i bambini (pastelli a cera, tempere, spugnette, brillantini, colla, pennarelli comuni, ecc.). Sulle pareti, infine, sono stati affissi dei poster di personaggi di cartoni animati e dei disegni raffiguranti i vari alunni della classe. RISORSE UMANE: In ogni aula presente uninsegnante, per un totale di cinque maestre. In una di queste aule, linsegnante era aiutata da una tirocinante gi abbastanza esperta. Non erano presenti docenti di sostegno, in quanto non cerano bambini che ne necessitavano. Infine, vi era uninsegnante esterna la quale, ogni mercoled mattina, intratteneva i vari gruppi d i bambini con attivit di musico-terapia. DESCRIZIONE DELLE ATTI Una volta arrivata alla struttura verso le 9,00, per circa mezzora le maestre aspettavano i bimbi nella sala ricreazione; quindi, li raggruppavano per classi e ciascun gruppo si dirigeva nella propria aula, dove si svolgevano le varie attivit, alternate a momenti di gioco, fino alle 12,00 circa, quando, tutti insieme, si andava alla sala mensa. Terminato il pranzo, i bimbi pi piccoli potevano riposarsi per un paio dore; gli altri, invec e, dopo la ricreazione, tornavano nelle proprie aule per continuare i giochi o terminare lattivit mattutina. Alle 15,30 arrivava il pullman, che portava alcuni bambini a casa; quindi, veniva servita la merenda ai bimbi. Dalle 16,00 circa incominciavano ad arrivare i parenti e quindi, per molti bambini, la giornata alla scuola dellinfanzia si era conclusa; gli altri, invece, rimanevano a guardare un cartone animato o a giocare fino alle 17,00 / 17,30 circa, ora di chiusura. In particolare, ho assistito allattivit i messaggi le forme e i media, dei bambini di cinque anni. Il primo obiettivo di questa attivit stato losservazione e la descrizione dettagliata di disegni o pitture altrui. Per lanalisi di un dipinto, inizialmente vengono registrate dal la maestra le osservazioni spontanee dei bambini, stimolandone poi altre con domande mirate; inoltre, vanno utilizzati termini appropriati, per stimolare i bimbi e renderli consapevoli che esistono parole specifiche per la pittura. Infine, importante anche cercare di far emergere emozioni e sensazioni dei bambini di fronte alle opere darte. Unaltra attivit importante quella che ha come obiettivo la copiatura: linsegnante invita il bambino a individuare di volta in volta gli elementi illustrati in un dato dipinto, a osservare le proporzioni tra le parti, i primi piani e gli sfondi, i colori, le caratteristiche dei segni utilizzati (spessore, continuit, forma, ecc.); vengono quindi messi a sua disposizione diversi esempi di illustrazioni disegni lineari che possono soddisfare il suo desiderio dimitare. Oltre a potenziare le abilit grafiche, saranno utili sussidi per confrontare, analizzare ed essenzializzare oggetti e figure. Dopo questa prima esperienza, la maestra potr proporre una vera e propria copiatura dautore, offrendo al bambino disegni semplici, soggettivi o astratti. A favore dello sviluppo creativo, unaltra attivit utile, individuale,consiste nel proporre al bambino un semplice disegno (ad esempio una linea ondulata, un quadrato, ecc.) al centro del foglio; dunque importante che il bambino arricchisca il segno iniziale con altri segni, in modo da ottenere la figura immaginata. Compito della maestra quello di non far copiare lattivit svolta a nessun altro bimbo, cosicch alla fine si potranno mettere a confronto i diversi risultati ottenuti. Altro obiettivo importante di questa attivit la consapevolezza delle proprie capacit e, quindi, lautostima. Unulteriore attivit svolta stata la conoscenza dei media tramite materiale aud iovisivo e canzoncine; infatti, per aiutare i bambini a familiarizzare con le lingue straniere, molto utile insegnare loro semplici canzoni o filastrocche, come ad esempio Fra Martino o Tanti Auguri A Te. Per i bimbi, conoscendone gi il significato in italiano, il gioco risulter pi semplice e divertente; le maestre potranno anche procedere a confronti con canzoni nella versione italiana: quali suoni o parole si assomigliano? Quali sono del tutto differenti? E domande simili. Sono state svolte anche attivit maggiormente manuali, come eseguire disegni in rilievo e utilizzare

materiali plastici per realizzare un prodotto. Per quanto riguarda esse, stata data a ciascun bimbo una certa quantit di creta ed stata fatta lavorare loro con le mani, in modo da eliminare eventuali bolle daria; quindi, lhanno spianata con un piccolo matterello, fino allo spessore di circa un centimetro. Su questa superficie stato fatto loro disegnare, graffiando la creta con un grosso chiodo ( molto importante, qui, la presenza di una maestra), la forma di un animale, scelto a piacere dai bimbi. Infine sono stati invitati a preparare delle lunghe striscioline di creta e quindi a posizionarle sul graffito; lattivit terminata con la decorazione finale della creta, colorandola. La maestra ha poi insegnato ai bambini che, con questo metodo, si possono realizzare numerosi oggetti o idee regalo. DESCRIZIONE DEGLI UTENTI La scuola dellinfanzia presso cui ho svolto lo stage comprende bambini dai tre ai sei anni; essi tu ttavia non sono raggruppati nelle aule in base agli anni: difatti, ogni classe comprende bambini delle varie et. La classe da me prevalentemente osservata era composta da sedici bimbi, di cui la maggioranza erano femmine; in essa non ho riscontrato situazioni problematiche; al contrario, erano tutti bimbi abbastanza calmi e tranquilli. Era inoltre presente un bambino straniero, latinoamericano, anchegli molt

1. Si dice che il buongiorno si vede dal mattino, per questo ti consiglio di cominciare subito dai primi mesi a far capire a tuo\a figlio\a l'importanza della scuola e il ruolo basilare che avr nella sua vita. Ti potr sembrare esagerato ma le classi pi importanti per non avere problemi poi in seguito sono proprio la prima e la seconda elementare: qua si former il carattere "scolastico" di tuo\a figlio\a.Il primo consiglio quello di "allearti" con le maestre: tuo\a figlio\a potr anche anche capitato in una classe dove tu non ritieni la maestra all'altezza del suo compito...ma aspetta prima di giudicare e soprattutto NON FARLO MAI davanti a tuo\a figlio\a. 2. Non voglio con questo impedirti di lamentarti nel caso il problema fosse pi generalizzato...parlane in privato con gli altri genitori e se il problema della classe o di gran parte di essa (e non solo tuo) chiedete un'assemblea straordinaria nella quale esporrete il vostro problema o i vostri dubbi e se non si risolvono qua...scrivete al Preside della scuola. 3. A ogni bambino piacciono alcune materie e non ne piacciono altre. Evitate di urlare o di arrabbiarti con lui\lei, cerca invece una soluzione parlandone con l'insegnante: alcune volte si riesce a rendere "simpatiche" anche le materie che non piacciono trovando un metodo migliore per approcciarsi all' argomento. Altro consiglio quello di non lamentarsi dei compiti a casa. I compiti servono a capire se il bambino sa

l'argomento...e anche se la cosa pesa molto, spetta ai genitori a casa "verificare" al dettaglio COSA sa fare e cosa no. 4. Ricordati che tuo figlio si sta formando e vede te come esempio. Fargli capire che la scuola bella, che la base per il suo futuro, che imparer tantissime cose...Cerca di collaborare positivamente con il corpo insegnanti: ne trarrai solo beneficio anche se ti porter via del tempo. Evita di confrontare i voti scolastici...oltre a mettere in competizione tuo\a figlio\a con la classe non serve a nulla: per esperienza ci sono voti che vengono "aumentati" per simpatia e il contrario. Se tu riesci a seguire tuo\a figlio\a a casa ti renderai conto di quello che sa e di quello che non sa evitando di mettergli ansia inutile per un' interrogazione o un compito.

L'asilo nido Ciliegio situato in una zona popolare di Venezia, precisamente a Castello. L'asilo a pochi passi da via Garibaldi, che costituisce il centro vitale del quartiere. Questa zona di Venezia ancora molto abitata e ha conservato le sue caratteristiche sociali (famiglie allargate con forte coinvolgimento di tutta la comunit), si segnala la presenza nelle nuove abitazioni di nuclei familiari extracomunitari e di flussi turistici che gravitano attorno alle esposizioni della Biennale. L'asilo bene inserito nell'ambiente sociale circostante e, oltre a partecipare alle ricorrenti feste popolari (S.Martino-Carnevale), visita i centri di interesse esterni (biblioteca, ludoteca) e collabora con la scuola dell'infanzia Sant'Elena. Anche dal punto di vista storico, questo nido espleta la sua funzione da molti anni, essendo stato in precedenza un asilo ONMI, poi ristrutturato con l'assorbimento da

il contatto con quel mondo infantile in costante evoluzione e cambiamento, limmersione in quel coriandolare di pensieri e parole, e il lasciarsi teneramente andare ad assorbirlo restituisce tout court il materiale dellarte di insegnare. a governare la propria sensibilit per farne strumento principe di esperienza e di apprendimento. Far tirocinio scegliere continuamente il flusso da seguire, il film da osservare, la pelle da toccare, far tirocinio lasciare che i discorsi, le idee, le riflessioni di chi parla di pedagogia siano sfondo integratore per

A scuola era circondato damore e tenerezza. Tutti noi gli dedicavamo grandi attenzioni, con lobiettivo di farlo socializzare e di rimetterlo in pari con lapprendimento scolastico.

Le Leggi che regolano l'Handicap nella Scuola Maternadi Rolando Alberto Borzetti

INDICE 1. Necessit della scuola materna nella societ attuale

2. La scuola dell'infanzia 3. Cosa fare in caso di rifiuto o di problemi relativi all'iscrizione? 4. Modalit di attuazione dell'inserimento 5. Programmazione obbligatoria e coordinata tra scuola ASL e Enti Locali 6. Diagnosi funzionale 7. Cosa fare se la ASL non provvede a fare la Diagnosi Funzionale? 8. Formazione delle classi 9. Profilo Dinamico Funzionale 10. Piano Educativo Individualizzato 11. Verifiche GLH 12. Cosa fare se gli operatori della ASL non partecipano ai GLH 13. L'Insegnante per le attivit di sostegno 14. Continuit educativa e didattica 15. Ausili e sussidi didattici 16. Assistenti per l'autonomia e comunicazione personale 17. Mansioni degli ex bidelli (ora collaboratori scolastici) 18. Competenze dei Comuni e Province relative all'edilizia 19. Sperimentazione 20. Finanziamenti alle scuole 21. Legge Quadro in materia di riordino cicli dell'Istruzione 22. Orientamento gi dalla scuola materna ed elementari 23. Conclusioni

La finalit della scuola materna Le finalit della scuola materna statale risultano dalla legge 18 marzo 1968, n. 444, che ne stabilisce l'ordinamento. Necessit della scuola materna nella societ attuale. L'attuale fase di sviluppo della nostra societ caratterizzata dai fenomeni connessi al processo d'industrializzazione anche nelle campagne e al diffondersi dell'urbanesimo. Tali fenomeni si sono ripercossi sulla famiglia del bambino ridotta spesso ai soli genitori, impegnati in generale in attivit extra-domestiche, per tutta la giornata. I bambini sono nella gran parte costretti a vivere senza calore di intimit, nell'angustia delle case mancanti di spazi di espansione, e privi di pi ampie relazioni.

Una edilizia appropriata, la piena disponibilit dell'edificio, il necessario apprestamento di spazi ed ambienti funzionalmente utilizzati nell'attivit educativa, sono condizione perch la scuola materna possa raggiungere le sue finalit. In essa, cosi, dovr realizzarsi un intelligente impiego degli arredamenti e delle attrezzature anche in rapporto all'igiene, all'educazione sanitaria e alla refezione e dovranno trovare posto spazi ampi ed aperti attrezzati per il gioco, per il giardinaggio, e per ogni altra torma di libera e ordinata attivit. Ma la scuola materna, mentre opera per la formazione della personalit infantile, si assume anche il compito, non meno importante dal lato sociale, di compensare la mancanza di stimolazioni culturali, riscontrabili molte volte negli ambienti da cui il bambino proviene. Diviene particolarmente raccomandabile, perci, un costante rapporto tra scuola materna e famiglia, che possa risolversi in un arricchimento culturale delle famiglie e in una loro pi efficace presenza educativa. Giacch, dunque, la scuola materna offre alle famiglie la prima, e, forse la pi importante collaborazione perch esse possano compiere pi agevolmente e con maggiore efficacia la loro funzione nella societ, e necessario che la educatrice tenga presenti le molteplici e diverse situazioni (culturali e socioeconomiche, e i diversi atteggiamenti delle famiglie stesse nei confronti del bambino e della scuola materna. Questa scuola, tuttavia, non trae la sua ragion d'essere solo dalle trasformazioni della famiglia nella societ odierna ne dalle sue eventuali carenze educative, giacch giova alla generalit dei bambini, qualunque sia il livello economico e culturale del loro ambiente di provenienza. Fattori di ordine psicologico fanno dell'et che inizia verso i tre anni un periodo di sviluppo con caratteri peculiari, diversi da quelli dell'et precedente, e tali quindi che richiedono un'esperienza educativa pi varia di quella che il bambino vive in famiglia. Egli ha necessit di arricchire il mondo delle sue esperienze e di variarle, cosi come ha necessit di attingere una vita sociale pi ampia e un rapporto educativo pi stimolante. La scuola materna si organizza in risposta a tali esigenze, e, proprio per il compimento di questa funzione, deve ricercare un'armonica collaborazione con la famiglia. Rispetto a questa, la scuola materna non deve in alcun modo considerarsi sostitutiva. La famiglia promuove le esperienze fondamentali di vita del bambino e lequilibrata organizzazione della sua personalit in tutte le sue dimensioni.

Da parte sua, la scuola materna allarga e integra lopera educativa dei genitori nella misura in cui essa orienta le relazioni del bambino con il mondo esterno, attraverso lincontro e la convivenza con i coetanei. Tali relazioni, che nei primi anni di vita del bambino sono impostate secondo un prevalerne rapporto di dipendenza, assumono progressivamente caratteri di collaborazione e di reciprocit. L'educatrice della scuola materna assume, cosi, una funzione sociale primaria, della quale deve avere coscienza per adempiervi efficacemente. Per assolvere compiutamente alla sua funzione, che volta allo sviluppo della personalit del bambino in tutte le sue dimensioni, occorre che leducatrice abbia cura di provvedere alla creazione di un ambiente totalmente educativo, sia nella sezione a lei affidata che nellintera scuola, in collaborazione con le altre educatrici e con tutto il personale. Materiale didattico, spazi chiusi e all'aperto, provvidenze assistenziali, attivit didattiche specifiche, personale docente e specializzato, rapporti con le famiglie e con la comunit acquistano un valore educativo solo quando il loro impiego e il loro svolgimento abbiano presente il bambino e l'insieme dei bambini nella pienezza della loro persona in un contesto armonico e stimolante. La personalit del bambino La personalit si costituisce come risultante delle dotazioni native e delle influenze ambientali. La corretta impostazione dei rapporti genitori-bambino, famiglia-scuola materna, bambino-coetanei, bambino-educatori, assume somma importanza per la particolare incidenza che le esperienze dei primi sei anni hanno nei riguardi dello sviluppo della personalit per tutto il corso della vita. Dalla natura e dal modo di svolgersi di tali rapporti dipenderanno infatti, in larga misura, le caratteristiche fondamentali della futura esistenza individuale e sociale e, in particolare, il livello e la qualit della vita intellettiva, i sentimenti, gli atteggiamenti e i comportamenti che si manifesteranno nell'et adulta. Per aiutare il bambino a svolgere in modo autonomo le sue capacit native e per predisporre condizioni ambientali favorevoli, leducatrice dovr avere ben presenti le caratteristiche fondamentali dello sviluppo della personalit, con riferimento non soltanto al periodo dai tre ai sei anni, ma anche a quello che precede l'et della scuola materna ed a quelli che la seguono.

L'insegnante per le attivit di sostegno E' un insegnante specializzato, previsto dalla Legge 517/77, che viene assegnato, in piena contitolarit con gli altri docenti, alla classe in cui inserito il soggetto portatore di handicap per attuare "forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap" e "realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni" Viene nominato dal Provveditore agli Studi della Provincia, su segnalazione delle scuole che prevedono la presenza nel Circolo, di alunni portatori di handicap certificati. Ogni anno, con le nuove pre-iscrizioni, ogni Istituzione scolastica determina il numero dei soggetti portatori di handicap iscritti, valuta la gravit ed i bisogni di ogni singolo caso e chiede all'Ufficio Provveditorato l'assegnazione di un numero di insegnanti di sostegno. L'insegnante di Sostegno assume l'impegno di collaborare pienamente con i colleghi nell'impostazione e realizzazione del progetto educativo-didattico riferito all'alunno h., mette a disposizione la propria competenza, correlata alla specializzazione didattica, e a predisporre i relativi percorsi e strumenti; assume la corresponsabilit dell'attivit educativa e didattica complessiva nella sezione, modulo o classe cui viene assegnata; svolge compiti di collaborazione con le famiglie e le strutture sanitarie del territorio (C.M. 184 del 3/7/91). La quantificazione oraria nel rapporto insegnante/alunno viene stabilita in base al Progetto Educativo che si fonda sui bisogni dei singoli soggetti rapportati alle diverse gravit di handicap. L'insegnante di sostegno partecipa, nella scuola elementare, in piena contitolarit e corresponsabilit, come pure alla valutazione di tutta la classe cui stata assegnata, compresi i soggetti handicappati. Le modalit con cui viene assegnato l'insegnante di sostegno sono quelle esplicitate nel D.M. n331/98 artt.37 e 41 come integrato dall'art.26 comma 16 della Legge 448/98. Ci significa che non vi sar pi la nomina di un insegnante ogni quattro alunni in situazione di handicap, ma che il Provveditore potr disporre nell'organico di un posto ogni 138 alunni frequentanti le scuole statali della Provincia.Questi posti verranno poi assegnati alle singole scuole secondo le richieste avanzate dai Dirigenti Scolastici, documentate con Diagnosi

Funzionale e corredate di progetto di integrazione. Se il numero di posti calcolati con l'operazione precedentemente indicata (1:138), il Provveditore pu concedere delle deroghe e nominare dei supplenti per le ore mancanti. Ci in base all'art. 40 comma 3, L.449/97 e dall'art.26 comma 15, L.448/98. Quali sono i problemi ricorrenti per il sostegno? 1) Il ritardo nel tempo di nomina, che legato a tutto il movimento dei trasferimenti degli insegnanti ed un problema che va risolto a livello di Ministero della Pubblica Istruzione. 2) La rotazione continua degli insegnanti di sostegno da un anno all'altro. 3) La quantit delle ore: c'e' una riduzione crescente delle deroghe a causa delle restrizioni delle leggi finanziarie. Per un fatto positivo: nella Legge Finanziaria del 2000, L.448/99, all'art.21 comma 2, mentre impone la riduzione del numero di insegnanti, esclude quelli di sostegno, facendo salvo l'art.40, commi 1 e 3 della Legge 449/97, che prevedono sia la nomina di insegnanti specializzati secondo il nuovo rapporto un posto ogni 138 alunni, sia la nomina in deroga di ulteriori insegnanti di sostegno. 4) La qualit della prestazione (leggere nel sito della Federazione Associazioni Docenti per il Sostegno: Fadis), e la Qualit dell'Integrazione Scolastica,da Introduzione nel sito di Pavone Risorse di Dario Ianes e Mario Tortello). Cosa pu fare un genitore? Riguardo ai punti 1 e 3, segnalare il disagio al Gruppo di Lavoro Interistituzionale del Provveditorato (GLIP). Per quanto riguarda il punto 2 si ricorda l'art.40 del D.M. n331/98 che ribadisce l'obbligo della continuit educativa. Per quanto riguarda il punto 4, fare un esposto sul disservizio al Provveditore e, per conoscenza, al Ministero della Pubblica Istruzione Ufficio di Gabinetto ed Osservatorio permanente sull'integrazione scolastica presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Continuit Educativa e didattica

La continuit educativa e didattica del processo di integrazione scolastica tra i diversi gradi dell'istruzione pubblica, garantita e disciplinata da disposizioni legislative ed amministrative. La stessa Legge quadro prevede "forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore" (Legge 104/92, art. 14, comma 1, lettera c). Per quanto riguarda la scuola dell'obbligo la normativa di riferimento pi importante la C.M.1/88. Questa normativa indica criteri e modalit di raccordo a livello didatticoistituzionale per agevolare il passaggio dell'alunno handicappato da un ordine di scuola a quello successivo. Prevede incontri tra gli operatori scolastici e socio - sanitari, la trasmissione di notizie e documentazioni e in particolare la possibilit che l'insegnante di sostegno della scuola di provenienza segua l'alunno nella fase di passaggio e di iniziale frequenza della nuova istituzione scolastica. Sulla continuit educativa in senso lato e per tutti gli alunni (ivi compresi gli alunni con handicap)si parla nel D.M. del 16/11/90 e nella C.M. 339/92. Nel collegato alla legge finanziaria 662 del 23/12/96, art.1 comma 72, previsto il principio che sancisce :" garantita la continuit del sostegno per gli alunni portatori di Handicap". Tale norma ribadita dal citato art. 40 del D.M. n331/98. Infine, tra le ipotesi di sperimentazione il D.M. n331/98 all'art.43 indica ancheServizio Mensa La mensa scolastica un momento fondamentale per l'acquisizione di comportamenti alimentari corretti, in grado di favorire un armonico sviluppo della persona in crescita. Il servizio mensa garantito ad entrambi i plessi della scuola primaria e alla secondaria di primo grado. L'Amministrazione Comunale di Trenzano attraverso listituzione del servizio mensa scolastica nelle scuole in cui l'organizzazione del tempo scolastico comporta la necessit di consumare a scuola il pranzo, intende perseguire i seguenti obiettivi: - soddisfare le esigenze delle famiglie in termini di assistenza alimentare al minore; - favorire occasioni di educazione alimentare;

- promuovere momenti educativi durante lesperienza comunitaria e di aggregazione. AI fine di garantire unadeguata formazione in ambito igienico-sanitario alimentare ai piccoli utenti del servizio, sono stati svolti in collaborazione con la societ che fornisce i pasti percorsi di educazione alimentare nel periodo di marzo-aprile. Le scuole coinvolte sono state la primaria del Comune di Trenzano e la primaria di Cossirano. Hanno partecipato tutte le classi di ogni scuola, dalla prima alla quinta. L'argomento trattato nel primo incontro, stato il seguente: Laboratorio del gusto. Nel secondo incontro sono stati trattati due argomenti: con i pi piccoli di prima e seconda di Trenzano si affrontato La piramide alimentare, mentre con il resto delle classi, in accordo con il

Un progetto di tirocinio diretto per gli studenti universitari centrato sulle attivit di accoglienza e di inserimento nei primi giorni di scuola. Obiettivo: lattenzione alla relazione. LUniversit della Valle dAosta ha promosso, per il mese di settembre 2001, un progetto di tirocinio diretto per gli studenti del III e IV anno del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. Tale progetto, che, nella sua prima fase, si articolato in cinque giornate lavorative consecutive, ha visto, durante la prima settimana di scuola, la partecipazione costante degli studenti universitari alle varie attivit svoltesi, nellintero arco della giornata, nelle classi di scuola dellinfanzia e scuola elementare disponibili per tale iniziativa. La presenza di coppie di studenti (futuri insegnanti), in questo particolare momento stato proposto con lobiettivo di consentire loro di osservare, da una posizione privilegiata, lavvio dellanno scolastico, con particolare riferimento alle attivit diaccoglienza e di inserimento, consapevoli del fatto che gli effetti di ci che avviene in questo periodo influenzeranno la scolarit dellalunno per tutto lanno a venire, sia negli aspetti cognitivi che in quelli comportamentali. Non rappresenta certo una novit per i laureandi e i quasi laureandi di Aosta la segnalazione della necessit, in particolare con bambini di scuola materna ed elementare, di una particolare attenzione alla relazione; della necessit di essere consapevoli del peso e delleffetto degli sguardi e delle parole utilizzati, in particolare, nelle prime fasi della costruzione del delicato

rapporto alunno/insegnante; della necessit di essere disponibili ad apprendere con e dagli altri, costruendo insieme il percorso, poich questi ed altri argomenti sono stati spesso ed ampiamente trattati nei corsi dellarea trasversale da loro seguiti, a partire dalla Psicologia dello sviluppo, alla Psicodinamica delle relazioni familiari, alla Didattica generale ed alla Sociologia delleducazione. Lo scopo era per di consentire agli studenti di constatare personalmente, di toccare con mano attraverso lo strumento dellosservazione partecipante, di rendere chiaro ed evidente, ci che poteva essere stato intuito e percepito, di potersi rappresentare con esempi di situazioni concretamente vissute concetti e problematiche affrontati, stabilendo ancora una volta quellarticolazione tra teoria e prassi fondamentale allinterno del paradigma socio-costruttivista, al cui modello si ispira il progetto didattico dellUniversit valdostana.

Ai tirocinanti, durante un incontro con i supervisori del tirocinio e gli insegnanti delle classi accoglienti stato illustrato il progetto. Si insistito particolarmente sulla complessit dei rapporti che intercorrono fra sviluppo, educazione, apprendimento e contesto sociale, sulle influenze reciproche esercitate da tutti gli attori coinvolti nel processo educativo poich la condizione minimale per un successo risiede nella costruzione della intersoggettivit fra insegnante ed alunno (Carugati-Selleri,1996),

richiamando il concetto di contratto pedagogico. Si sono sottolineate le modalit dellosservazione partecipante, che prevede un coinvolgimento diretto e consapevole del ricercatore con loggetto studiato, la sua interazione con gli altri attori sociali: losservatore scende sul campo, osserva e partecipa, sospende ogni giudizio ed evita limmedesimazione con uno o pi dei soggetti osservati, ma, soprattutto sa che egli stesso uno degli attori, che la sua presenza interviene nel processo e, pertanto, ne tiene conto sia nel momento in cui agisce/osserva, sia quando rielabora i dati (Corbetta, 1999). Durante lintera settimana stato richiesto agli studenti che tenessero una sorta di giornale di bordo, su cui poter lavorare in aula e, a partire dai dati emersi, organizzare un incontro di restituzione agli insegnanti delle classi accoglienti, che dovr aver luogo nel secondo semestre dellanno accademico. Durante lincontro, agli insegnanti coinvolti, verr consegnato un documento relativo alla rielaborazione dei dati.

Tirocinanti e insegnanti: il contratto Caratteristiche del progetto:

- definito e concordato con gli studenti; - anticipato alle famiglie; - chiarito ai bambini. Obiettivi: - saper accompagnare i bambini, senza imporsi; - saper intuire i bisogni dei bambini ed aiutarli ad esplicitarli; - saper contenere le ansie dei bambini; - saper ascoltare; - osservare; - sviluppare lempatia (ascoltare il bambino che dentro di noi per entrare in sintonia con i bambini che si hanno davanti). Il processo che si mette in atto di regressione e progressione continua. le insegnanti osservano... Immaginatevi: prima settimana di scuola, 60 bambini e relative famiglie, 7 insegnanti, 3 bidelle, 6 tirocinanti: avrebbe potuto essere una miscela esplosiva, invece... Perch ha funzionato cos bene? Facciamo un passo indietro. Durante la prima settimana di settembre, quando gli insegnanti di scuola dellinfanzia si riuniscono per definire a grandi linee il loro progetto educativo, abbiamo ricevuto dal corso di laurea in Scienze della formazione primaria la proposta di essere affiancate dagli studenti, i futuri insegnanti, durante il primo periodo di accoglienza. La nostra scuola ha aderito con entusiasmo alliniziativa, facendo alcune considerazioni che per altro erano gi state esplicitate dai supervisori in fase di organizzazione: che gli studenti coinvolti in un momento cos delicato non fossero di primo pelo, fossero cio gi formati alla relazione con i bambini e che la loro presenza fosse continuativa e stabile per un determinato periodo di tempo. Abbiamo quindi concordato con gli studenti stessi i tempi e le modalit della loro collaborazione, in funzione del nostro progetto di accoglienza. Questa sperimentazione stata presentata alle famiglie nel corso della consueta riunione preliminare, in modo che la presenza degli studenti fosse vissuta con fiducia, come una risorsa preziosa. Gli studenti si sono presentati dal primo giorno ai bambini nel loro ruolo di futuri insegnanti ed hanno saputo avvicinarsi ad ognuno di loro senza imporsi, con delicatezza, sensibilit e competenza, una competenza soprattutto relazionale, indice di una professionalit gi presente, pronta ad essere arricchita dallesperienza. Lincidenza del loro intervento, nella sottile alchimia del primo periodo di

scuola, si tradotta soprattutto nel liberare energie preziose che le insegnanti hanno potuto investire nellaccogliere serenamente le famiglie, dedicando loro il tempo necessario a stabilire quel rapporto di fiducia che sar il lasciapassare per qualsiasi proposta didattica futura. Se accogliere un bambino significa mettersi al suo servizio, intuire le sue esigenze ed aiutarlo ad esplicitarle, rispettare i suoi tempi, contenere le sue ansie, accompagnarlo nellincontro con gli altri e nella scoperta dellambiente, evidente che moltiplicare le risorse una carta vincente. Lesperienza di questo inizio di anno scolastico ha dimostrato chiaramente che i bambini accettano serenamente la presenza di pi figure di riferimento purch queste si relazionino con loro con sensibilit ed empatia, in un contesto chiaramente definito e per questo rassicurante. La presenza di figure maschili, purtroppo ancora rare nel nostro ordine di scuola, ha ulteriormente arricchito lesperienza, permettendo ai bambini di sperimentare modalit relazionali differenti. In conclusione, riteniamo che per gli studenti, il mettersi in gioco in prima persona nella relazione con i bambini in un momento particolarmente delicato, sia stata unesperienza formativa, cos come per noi insegnanti, stato arricchente confrontarci nella pratica quotidiana con questi futuri colleghi. Ci auguriamo che per gli anni prossimi questa collaborazione diventi prassi consolidata, possibilmente per un periodo di tempo anche un po pi esteso. Le insegnanti della scuola materna di Piazza San Francesco Gli studenti osservano... A mio avviso, le competenze che ho acquisito al terzo anno di formazione e che ho mobilitato nel tirocinio accoglienza possono essere cos riassunte: - la dimensione etica del mtier denseignant, con la riflessione sugli atteggiamenti dei bambini, ma soprattutto sul mio! - la capacit di far fronte agli imprevisti! (lavoro con lo staff pedagogico del Corso di Laurea); - la capacit di osservare le relazioni tra gli attori coinvolti: bambini, genitori, insegnanti, in tutte le combinazioni. Sono quasi pi divertenti gli adulti dei bambini ! (corso di Sociolo- gie de lducation) ; - saper accogliere tutti i bambini anche nel gioco libero allaperto, facendo giocare i bambini pi timidi (corso di ducation la motricit); - la considerazione e lattenzione per le produzioni dei bambini facendo

sempre loro raccontare ci che hanno disegnato (Tecniche della rappresentazione, Arts plastiques ). Marie-Claire Il tirocinio, svoltosi durante la seconda settimana di settembre, ci ha permesso di osservare un momento molto importante dellanno scolastico: linizio delle lezioni. Losservazione non si limitata al semplice guardare, ascoltare, annotare da parte di noi tirocinanti, ma ha implicato un contatto con lambiente, un coinvolgimento nelle attivit, una mise en situation totale, in linea con le modalit dellosservazione partecipante. Per quanto riguarda i legami che ho potuto cogliere tra i corsi da noi seguiti e lesperienza pratica di tirocinio, ho potuto notare soprattutto riferimenti a Didattica Generale e Pedagogia Generale (ad esempio, la scuola che mi ha ospitato utilizzava da tre anni una didattica per progetti, mentre prima si muoveva su sfondi integratori. Ho pertanto avuto la possibilit di osservare le tappe, i vantaggi, gli inconvenienti di queste due didattiche di cui si era parlato a lezione). Ho inoltre potuto ritrovare alcuni aspetti trattati durante i corsi di Tecniche della Rappresentazione, durante gli ateliers di pittura, di disegno e di educazione motoria, durante i momenti di esercizio fisico o di gioco. Importante stato anche lascolto dei dialoghi tra i bambini e tra essi e linsegnante, dove mi sono stati utili i riferimenti a Linguistica generale e losservazione dei comportamenti e delle interazioni tra compagni, dove ho ritrovato elementi di studio (egocentrismo, conflitti socio cognitivi, grammatica universale...) della Psicologia dello sviluppo. Clarissa

Abbiamo notato una grande differenza tra le scuole per quanto riguarda laccoglienza dei bambini di 3 anni. Le situazioni in cui i bambini avevano meno difficolt ad inserirsi e a lasciare i genitori erano quelle in cui: - linserimento era graduale (pre-inserimento: i bambini avevano avuto la possibilit di frequentare per un giorno la scuola materna lanno precedente di iscrizione. I bambini non entravano tutti insieme, ma a gruppetti, suddivisi nel corso della settimana. Nella prima settimana i bambini di 3 anni non potevano fermarsi alla mensa); - il bambino riceveva delle attenzioni individuali da parte delladulto attraverso gesti e parole (adulto che accompagna). Elena, Natascia, Arianna, Vive Il tirocinio svolto nella scuola materna in Piazza S. Francesco ad Aosta stata unesperienza significativa per la mia formazione di futuro insegnante. Un duplice compito mi ha accompagnato per tutta la settimana del tirocinio: da una parte sostenere i bambini di 3 anni nel loro ingresso alla scuola materna, dallaltra affiancare le insegnanti nel difficile compito di accogliere i piccoli alunni in una struttura ancora sconosciuta, con delle regole e soprattutto in una classe con altri bambini: il bambino passa infatti dalla famiglia, ambiente protetto e conosciuto, ad un ambiente tutto da scoprire con figure nuove, linsegnante ed i compagni. Durante i cinque giorni di tirocinio, ho potuto osservare il distacco tra famiglia e bambino, a volte sereno, dove il bambino entrava felicemente nella classe e iniziava a giocare, senza neppure salutare la mamma o il pap che se ne andavano con uno sguardo rattristato per un mancato bacio; altre volte, invece, il distacco era un po pi problematico perch accompagnato da calde lacrime ed urla disperate. Ho potuto quindi osservare direttamente le dinamiche tra i bambini: alcuni hanno subito stretto amicizia con gli altri compagni, mentre altri hanno avuto bisogno di pi tempo per ambientarsi, per altri ancora, il momento della separazione dai genitori stato vissuto come un abbandono senza precedenti. [Nota del supervisore di tirocinio: in questo caso, si evidenzia la necessit di competenze nellambito affettivo-relazionale, nel sapere contenere le ansie dei bambini, nellaccogliere la loro preoccupazione, esplicitata anche sotto forma di rabbia ed aggressivit restituendogliela bonificata]. Una settimana, dunque, di studio sul campo, passata troppo in fretta, dove per la prima volta ho sentito dei bambini chiamarmi Maestro, che brivido! Ho potuto constatare di persona il significato di questa figura

perch non ero pi uno studente che nellangolo di una classe prendeva appunti, ma un maestro aggiunto che affiancava le insegnanti nellaccoglienza dei bambini pi piccoli. Laurent Lesperienza di tirocinio vissuta a Roisan ci ha permesso di evolvere ed ampliare le nostre concezioni riguardo allinsegnamento. Per la prima volta eravamo inserite in un contesto scolastico per un periodo relativamente lungo: una settimana! Ci ci ha permesso di conoscere i bambini, di essere in stretto contatto con loro e con le insegnanti, ci ha consentito di cogliere in una forma pi pragmatica, la dimensione etica della professione docente. Accogliere i bambini significa anzitutto rispettarli, riconoscere pari dignit a tutte le loro esigenze; laddove linsegnante offre agli alunni gli strumenti per orientarsi e superare le difficolt (Blandino, 1995). Maura e Tania Complessivamente possibile fare una valutazione positiva delle attivit svolte: i ragazzi hanno mostrato grande partecipazione e desiderio di mettersi in gioco. A partire dalle osservazioni degli studenti riportate nella rivista, emergono alcune considerazioni. Innazitutto lutilit di svolgere sul campo delle attivit atte a promuovere il reinvestimento degli apprendimenti accademici, la consapevolezza della molteplicit di competenze necessarie alla professione docente, che non possono esaurirsi nellambito cognitivo disciplinare, ma devono contemplare anche la capacit di ritrovare il bambino che siamo stati e che in noi, per poter soddisfare e riconoscere i bisogni affettivi dei nostri piccoli alunni. (Lvine-Moll, 2001). Lattenzione alla persona, la padronanza della capacit di relazionarsi con gli altri, soprattutto nellinstabilit emotiva ed organizzativa dei primi giorni di scuola, impongono un ascolto permanente, unattenzione acuta e costante, unosservazione vigile, una sensibilit crescente; senza dimenticare che, in un contesto iniziale di reciproca conoscenza, la fiducia in se stessi e negli altri non deve mai venire meno. Mon cur sattendrit la vue de ces larmes qui coulent sur cette beaut enfantine qui exprime la peur et le dsarroi. Instinctivement, je mapproche , je vais vers lenfant et...je perois dans son regard mon tranget .

Ctait ltranget des grandes personnes que je constatais.(...) Je ne leur reprochais rien : cela allait de soi, elles taient connues, a ctait leur espce ; je les trouvais simplement tranges. Et je me demandais comment, ayant t petits et tant devenus grands, les gens pouvaient tre si tranges, puisquils avaient aussi t des enfants. Et je me disais : Quand je serai grande, je tcherai de me souvenir de comment cest quand on est petite. (DOLTO F. (1986), Enfances, Le Seuil). Cest travers ces yeux perdus que je me suis rendue compte que mon lan tait parti de mon propre besoin de construire un bien affectif avec cet enfant pour assumer le rle dadulte protecteur. Puis, je me suis demande si, au contraire, mon rle ntait pas celui daider lenfant avoir un nouveau rle, autre que celui denfant de ses parents. Sidonie Carmen Jacquemet Insegnante di scuola elementare. Attualmente fa parte dello staff pedagogico del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria. Si occupa della supervisione del tirocinio e del coordinamento con le attivit didattiche. membro del Comit Technique dellcole Valdtaine. Bibliografia Lvine J., Moll J., Je est un autre. Pour un dialogue pdagogique Psychanalyse, EFS. Corbetta P., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino. Blandino G., Granieri B. (1995), La disponibilit di apprendere, Raffaello Cortina.

LALTERNANZA DI TEORIA E PRATICA: UNA COSTANTE DELLINSEGNANTE RIFLESSIVO IN FORMAZIONE Questo breve intervento vuole illustrare la realizzazione del tirocinio universitario nella nostra scuola, la forza che esso ha assunto in questi quattro anni come motore di riflessione sul nostro percorso formativo. La presenza di futuri insegnanti una presenza che non concede sconti, che mette in moto pensieri e azioni, che puntualizza e modifica pratiche gi codificate. Partendo da una contestualizzazione storica, che illustra il rapporto della scuola Rinnovata con il tirocinio, si passati poi ad interpellare i vari attori di questa formazione, ognuno dei quali ha partecipato definendo la propria posizione e articolandola in una dimensione dialettica con gli altri. La visione quella di uno spaccato della nostra scuola, in cui contemporaneamente, come in un puzzle, pluralit di figure agiscono e si mettono in gioco. La specificit dei singoli interventi (bambini, studenti, tutor, dirigente, supervisore) non deve per mai farci scordare laccordo e la partecipazione che stanno alla base di questo cammino. Come in unorchestra ognuno ha di fronte il proprio spartito, sa che cosa deve suonare, ma la musica per potersi definire ed eseguire al meglio, senza anticipi e senza stonature, deve essere innanzitutto conosciuta da tutti e profondamente condivisa. Il tirocinio un banco di prova in cui non vengono semplicemente passati dei contenuti agli studenti, gli attori di questo processo entrano in una relazione che implica ricerca e modificazione. Un primo passo, anche se a volte inconsapevole, quello di riflessione sullidea che si ha di insegnante e di bambino. Laccogliere in classe uno studente, e la conseguente relazione che si instaurata con lui, porta naturalmente ad approfondire e a riflettere sulla propria idea di professionalit. Ripercorriamo ora, come in un breve viaggio nel passato, il tirocinio che si realizzato lungo il corso degli anni nella nostra scuola, lasciando poi la parola agli attori che hanno interagito in questo progetto. LA SCUOLA RINNOVATA E IL TIROCINIO Nella scuola elementare Rinnovata[1], come in tutte le scuole a metodo, lesperienza di tirocinio sempre stata una pratica definita, innanzitutto pe r la realizzazione del corso Pizzigoni, strumento principe di formazione per gli insegnanti che entravano nella nostra scuola. Da sempre accoglienza, tirocinio, coniugazione tra pratica e teoria, si rincorrevano nei corridoi della scuola, con il camminare di insegnanti esperti e insegnanti esordienti e, ribaltando lottica di lettura e il punto di vista, erano proprio gli insegnanti tirocinanti a rimettere in discussione una pratica gi formalizzata,

ponendo la curiosit di uno sguardo nuovo, rimettendo in circolo la linfa vitale di un nuovo inizio. Il corso si articolava in una costante alternanza tra lezioni teoriche, gestite da pedagogisti e da insegnanti della scuola, e immersione nella pratica didattica delle cinque classi; lo studente aveva cos una panoramica del metodo applicato dalla prima fino alla quinta elementare[2]. In seguito al mancato rinnovo del decreto di fattibilit del corso, lospitalit stata offerta costantemente agli Istituti Magistrali e ai Licei Psicopedagogici. Il tirocinio, in questo caso si sostanziava in un momento di visita diretta alla struttura scolastica e a qualche laboratorio, molte volte senza una riflessione approfondita sullesperienza vissuta. Con il modificarsi della legge[3] la scuola si aperta al tirocinio universitario, che si presentato con caratteristiche diverse dai precedenti tirocini, comportando un percorso molto pi articolato e differenziato in ogni sua annualit. Dallosservazione mirata alle relazioni, a spazi e a materiali, ad un pensiero orientato verso le attivit didattiche e le discipline, alla compartecipazione condivisa con il tutor, fino alla gestione autonoma di alcune parti di percorsi e, in alcuni casi, alla progettualit e alla realizzazione di interi progetti documentati dalle relazioni finali. La conoscenza e lattivit realizzata a scuola sono state ogni volta contestualizzate[4] e poste in relazione con altri saperi, discusse e condivise nel gruppo di supervisione in un confronto costante con gli altri studenti. Il tirocinio diventato in questo modo non pi un luogo di formazione statica e conclusiva, ma un luogo aperto dove possibile sempre un ritorno e una modifica. Alla base di questo cambiamento c tra le altre cose la valorizzazione del nuovo insegnante come del portatore di una cultura nuova e forse pi approfondita, che per ha la necessit di confrontarsi con la pratica e la quotidianit in un rimando costante, insieme alla volont di rendere patrimonio culturale quello che esperienza pratica. Patrimonio inteso come esperienza condivisibile, ripetibile e modificabile affrancata dalla solitudine e dalla irripetibilit dellatto. LA VOCE DEI BAMBINI Per indagare sullidea che i bambini si fanno del tirocinante e sul perch venga a scuola sono state poste alcune domande in una classe terza[5]. Si tratta dellinizio di una ricerca[6] che continuer durante tutto lanno e che per il momento non ha alcuna pretesa di completezza. Le risposte ci illuminano, per, su un immaginario relativo allo studente-tirocinante ed al buonmaestro, che ben delineato nella mente dei bambini. Secondo te perch i tirocinanti vengono a scuola? "Gli studenti vengono a scuola perch devono diventare maestri." "Perch devono imparare come trattare i bambini." "Gli studenti vengono a scuola per fare delle

prove con i bambini." "Per vedere i bambini e vedere da unaltra maestra che lo fa." "Per studiare." "Per imparare a comportarsi da maestro." "E importante che vedano i bambini e come si comportano." "Vanno a scuola per imparare a studiare delle cose difficilissime e diventare pi bravi." "Gli studenti vengono a scuola perch vogliono imparare." Che cosa deve fare un buon maestro? "Un buon maestro deve insegnare le cose ai bambini." "Essere simpatico e intellettuale." "Un buon maestro deve essere serio, amichevole e gentile." "Deve conoscere." "Deve insegnare bene, vuol dire ripetere pi volte, spiegare ogni volta che qualcuno non ha capito, essere paziente." "Dovrebbe non solo sentire i consigli della maestra (esperta), ma anche fare quello che gli viene in mente per essere bravo.""Deve far studiare." "Il maestro deve diventare amico dei bambini." "Deve sgridare i bambini. Essere buono quando serve e severo quando serve." "Fare giocare i bambini, farli studiare, ma anche fargli capire che importante rispettarsi, se no si ammazzano di botte." "Un bravo maestro deve fare pratica con dei maestri professionisti." "Un buon maestro deve essere gentile e bravo." Che cosa consiglieresti a chi deve diventare maestro? "C bisogno di lavorare sodo. Io gli consiglierei di farsi coraggio e di fare lavori divertenti, cos ai bambini li fai divertire." "Di insegnare bene." "Gli consiglierei di stare attento e sfruttare le sue idee." "Deve ascoltare un maestro (pi esperto)." "Gli consiglierei di ricordare quando era alunno." "Imparare a comportarsi bene. "Gli consiglierei di essere bravo alle elementari, medie e superiori e poi di essere bravo in tutte le materie." "Io gli consiglierei di cercare di non arrabbiarsi con i bambini." LA VOCE DI UNO STUDENTE La scelta di uno studente a cui affidare la parola, non stata facile. Sono gi quattro le relazioni finali che si sono realizzate con il tirocinio attuato nella scuola. Moltissimi studenti delle varie annualit sono stati e sono accolti. Si pensato, pertanto, di interpellare chi ha iniziato ora lesperienza del quarto anno ed nel pieno della sua avventura. Parla Gabriele Santamaria[7]:Il tirocinio effettuato a scuola stato senzaltro una delle esperienze pi formative dellintero corso di laurea, poich mi ha consentito di provarmi sul campo, dandomi la possibilit di sperimentare le mie capacit in ambiente protetto. Il tirocinio mi ha consentito di capire pi profondamente la realt e il funzionamento della scuola, cosa che sarebbe risultata pi nebulosa se lo studio si fosse fermato alla semplice teoria contenuta nei libri. Fondamentale stata la presenza del tutor. Sono stato molto fortunato, perch mi sempre capitato di incontrare insegnanti tutor molto professionali e realmente

innamorati del loro lavoro. Una, tra questi insegnanti, anzi diventata per me una figura importantissima nella mia formazione, poich, osservandola al lavoro e facendo tesoro dei suoi consigli, quando ero io a realizzare alcune attivit con i bambini, credo di aver imparato moltissimo in relazione alla gestione della classe e ad un certo modo democratico e non direttivo di insegnare. Molto ha contato anche il gruppo di supervisione, sia per la preparazione, sia per la rielaborazione dellesperienza effettuata in classe. Il confronto tra studenti, che ci stato consentito in queste riunioni, ha permesso di sollevare discussioni formative a partire da racconti di fatti concreti accaduti nelle classi. LA VOCE DI UNA TUTOR Anche in questo caso lindividuazione del tutor a cui dar voce non stata semplice, si privilegiata uninsegnante che avesse sperimentato tutte le annualit del tirocinio universitario, compreso lultimo anno con relazione finale. Parla Anna De Luca, insegnante della prima C, che ha accolto nella sua classe, durante questi anni, cinque studenti universitari, alcune relazioni finali in ambito linguistico sono state realizzate grazie al suo contributo[8]: La disponibilit a ricevere in classe gli studenti tirocinanti nata da unesperienza, anzi dal RICORDO di unesperienza di tirocinio: il mio. Durante gli anni delle superiori, in particolare allultimo anno, la professoressa di tirocinio ci portava a visitare varie scuole e in alcune provavamo a fare le prime esperienze attive con i bambini. Non tutte queste visite sono state positive, non tutte le attivit pratiche svolte con i bambini sono state un successo, non tutte le insegnanti che ci accoglievano lo facevano volentieri, ma tutto linsieme di queste esperienze mi ha formato come insegnante. Ci che di positivo ho potuto intravedere nelle lezioni a cui ho assistito, lho utilizzato, potenziato, arricchito; tutto ci che soggettivamente reputavo negativo, o perlomeno non conforme alle mie modalit, lho comunque trasformato, modificato, e qu indi, in qualche modo, riutilizzato. Il tirocinio svolto in Rinnovata, poi, quello obbligatorio per conseguire il titolo per linsegnamento in questa scuola di metodo, stata per me unesperienza totalmente positiva, coinvolgente, arricchente. Ho notato che per molti studenti della facolt di Scienze della Formazione Primaria, al primo anno, il tirocinio lunica opportunit per entrare a contatto i bambini nellambito scolastico. I bambini diventano alloraquesti sconosciuti, fanno un po di paura al nov ello maestro che li vede con occhi distaccati, quasi clinici, cercando di ricordare la tal teoria che ha appena studiato o la tal regola che ha osservato lui stesso da studente. Cercando nei ricordi di studente elementare e nella memoria degli studi appena fatti il nuovo maestro si improvvisa educatore, pedagogista, psicologo, comunicatore, creatore, fantasista e .tanto altro. Larte dellimprovvisazione , a dispetto del termine, unarte fine,

studiata, precisa, che proviene da tanta esperienza. Torno, appunto, allesperienza: solo entrando in una classe, osservando, intervenendo, discutendo con linsegnante, scambiandosi opinioni, teorie e convinzioni, confrontandosi con la realt quotidiana, fatta non solo di teoria ma di tanta pratica, parlando con i bambini, provando a lavorare con loro, cercando modalit diverse, strategie alternative, attingendo a materiali diversi, studiando, s, ma anche sperimentando attivamente ci che si appreso ecco, solo con questa pratica, con questo tipo di esperienza il maestro entrer nella sua classe con una percezione giusta dellinsegnamento, del ruolo dellinsegnante, dei contenuti da trasmettere, dellattore principale di tutta la sua azione: il bambino. In questi anni ho voluto dare ai ragazzi questa opportunit, senza creare per loro falsi spazi, lezioni fasulle o bambini scimmiottanti ed indottrinati. Quello che hanno visto stata lesatta realt, bella o brutta che fosse, e con essa si sono confrontati. A loro limpressione finale: che sia stata positiva o meno spe ro che da questa esperienza sapranno imparare, come ho fatto io a mia volta. Concludo affermando, senza tema di esagerare, che l'esperienza del tirocinio stata positiva anche per me e penso lo possa essere per qualsiasi insegnante di ruolo che non si deve sentire assolutamente sotto controllo, sotto osservazione ed oggetto di critiche o riflessioni negative. Penso, infatti, che mettendosi in una posizione non di difesa ma di scambio reciproco, l'insegnante possa riscoprire, grazie proprio a questi ragazzi, il gusto della ricerca, l'entusiasmo della "prima volta in una classe", la voglia ed il coraggio di mettersi sempre in gioco ed in discussione in virt della consapevolezza che l'insegnamento non mai qualcosa di precostituito, di chiuso, di finito ma, al contrario, un processo in continuo divenire, in trasformazione, fatto anche di ripensamenti, di rivalutazioni, sempre nell'ottica ed in previsione di un miglioramento. LA VOCE DEL DIRIGENTE Parla Giorgio Galanti, dirigente della Rinnovata. Questo il primo anno in cui ricopre questo ruolo [destinato ad altra sede nel giugno 2004 - ndr], ma da subito linteresse per il tirocinio e la voglia di creare un rapporto costante e produttivo con lUniversit ha caratterizzato la sua attivit. Una grande sper anza quella anche di poter ridar vita al corso Pizzigoni, in accordo con gli atenei: Lesperienza del tirocinio il luogo dellesperienza professionale dove si stemperano i concetti di teoria e di pratica per dar vita a un apprendimento complesso del corpo, della mente e dello spirito. Un apprendimento la cui ricchezza sta nel flusso continuo di significati, di intersezioni di livelli comunicativi, nella compresenza di galassie di linguaggi paralleli e coincidenti. Come nella bottega artigiana rinascimentale il clima laboratoriale, sotto lattenta regia del maestro, costituiva di per s lesperienza nella quale lartigianato si

trasformava in arte, cos allinterno della vita della classe, il contatto con quel mondo infantile in costante evoluzione e cambiamento, limmersione in quel coriandolare di pensieri e parole, e il lasciarsi teneramente andare ad assorbirlo restituisce tout court il materiale dellarte di insegnare. Ed l in quel luogo produttore di sensi e di relazioni dove i ricchi mondi interiori dellinfanzia sono sorgente senza fine di modelli di pensiero, l in quello spazio dellavventura della mente che lospite impara a seguire i ruscelli, a guadare i fiumiciattoli, a governare la propria sensibilit per farne strumento principe di esperienza e di apprendimento. Far tirocinio scegliere continuamente il flusso da seguire, il film da osservare, la pelle da toccare, far tirocinio lasciare che i discorsi, le idee, le riflessioni di chi parla di pedagogia siano sfondo integratore per unesperienza a pi voci. Nella bottega inoltre necessario che il maestro, pi spesso la maestra, accolga profondamente il giovane apprendista. Che lasci scorrere il fiume della relazione, delle relazioni senza interromperlo, immaginandosi s osservata ma mai giudicata, mostrandosi nelle sue naturali modalit di interazione con la classe consapevole della forza che la verit, nellinsegnamento come nella vita, sprigiona verso ogni attento osservatore e ascoltatore. Quando, in una classe, quella maestra incontra quel giovane apprendista, si instaura un clima in cui il fare si sviluppa naturalmente, il gruppo si orienta verso la positivit, le idee scorrono vive. E proprio questo flusso di idee, di ricerca comune, di esperienza condivisa nel conoscere fare scuola, il giovane di bottega impara a coltivare la sua personalit insieme agli altri allievi, nellattenzione alle diversit, nel rispetto di s e degli altri individui, nella ricerca, incessante, di sensi e sentimenti. Un dirigente scolastico sa bene che il motore della scuola sono gli insegnanti, qualche tempo fa poteva ancora dire i miei insegnanti, conosce bene limportanza della loro formazione, della loro motivazione, del loro impegno. E sa anche bene che la presenza di giovani tirocinanti nella scuola, quel vento di voglia di conoscere, quelle nuove idee trasportate dai luoghi dello studio accademico, quel girovagare di facce nuove alla ricerca della classe un vortice di novit anche per la scuola, unoccasione importante per riprendere le misure del proprio insegnare, per ascoltarsi da fuori di s, come in un registratore dove la voce sempre diversa da quella che conosciamo da dentro. E il miglior modo, per la scuola e per i suoi adulti, di riconoscersi nuovi, di accettare il mutamento, di incontrare il futuro. LA VOCE DEL SUPERVISORE Ecco ora le mie considerazioni in qualit di insegnante in Rinnovata e di supervisore a tempo parziale[9]:

Ripensando a questi quattro anni di lavoro, suddiviso tra scuola elementare e Universit, mi sento arricchita e fortunata per aver avuto lopportunit di entrare a contatto con tante realt scolastiche cariche di cultura e di riflessione pedagogica, fortunata anche per una formazione che mi ha coinvolto in prima persona, obbligandomi a riflettere sulla mia storia professionale e permettendomi di crescere. Lincontro con questo mondo universitario, dai professori, agli studenti, dai direttori, agli altri supervisori, stato unoccasione formativa per me pi forte di una seconda laurea. Unapertura e una rimessa in gioco reale. Il percorso di formazione del futuro insegnante ci ha coinvolto in prima persona, e si creato in cammino, interrogandoci sulle modalit di attuazione e prevedendo una stringente combinazione tra teoria e pratica, insieme alla creazione di unabitudine a rapportarsi con quella che a prima vista potrebbe sembrare una doppia realt e che invece la costante del lavoro di ogni insegnante. Limpostazione dello stesso Corso di laurea data dal confluire di pi esperienze, fornite dai corsi, dai laboratori, dal tirocinio ed anche qui non mai solo la teoria a presentarsi sganciata dallesperienza, n lesperienza a primeggiare fornendo facili ricette. Lottica in cui si inserisce questo percorso universitario unottica laboratoriale in cui: Letimologia di laboratorio dal verbo latino laborare indica come esso sia un luogo di lavoro che intrattiene un rapporto di circolarit con la teoria: lattivit empirica orientata da un costrutto teorico che, a sua volta, pu essere corretto o integrato sulla base dei risultati sperimentali.[10] Labitudine ad una dialetticit del sapere, ad una ricerca personale che evita risoluzioni precostituite, permette allo studente di trovare in s una propria soluzione sempre vissuta come ipotesi da verificare[11]. Tutto questo per cogliere appieno la complessit dellatto educativo evitando qualsiasi tipo di semplificazione riduttivistica. Linteresse per un modo di fare scuola aperto a stimoli esterni, mai irrigidito su se stesso in una pratica ripetitiva e rassicurante. Questa produttiva mediazione tra teoria e prassi si concretizza nel rapporto di costante interscambio tra scuola ed universit. Fisicamente lo studente si reca in pi luoghi (universit, varie sedi dei laboratori, scuole dellin fanzia e scuole elementari)[12], attribuendo ad ogni spazio la stessa dignit, ed il compito del supervisore a tempo parziale diventa quello di essere collante tra pi realt, in un lavoro di conciliazione e di verifica tra il proprio operato in classe, le ipotesi proposte dalluniversit e la variet delle offerte scolastiche incontrate. La centralit del rapporto con i bambini non permette sconti o teorizzazioni astratte, ogni posizione teorica impatta fortemente nella pratica ed ognuno di noi

supervisori, lavorando costantemente in queste due realt: universit e scuola, mantiene un doppio sguardo che necessita coerenza e rigore professionale. E in questa ottica che il rapporto dellUniversit con la scuola diviene lelemento fondante del percorso formativo di ogni studente. La scuola[13] si fa luogo della concretizzazione di ogni teoria, il momento necessario per ogni verifica che ingloba il proprio pensiero pedagogico e la propria ipotesi di insegnamento. In Rinnovata lesperienza del tirocinio universitario stata accolta positivamente, molti insegnanti si sono auto-segnalati per ospitare gli studenti, attenti alle nuove richieste formulate dallUniversit. Il tirocinio, da subito, si mostrato diverso rispetto alla pratica degli Istituti magistrali, non pi grandi numeri, presenza di un solo studente realmente motivato per classe, differenziazione delle esperienze di tirocinio negli anni. Ho cercato in questi anni di non sovraffaticare gli insegnanti disponibili, e di rispettare la volont personale di accogliere o meno qualcuno in classe, ponendo questa esperienza come scelta individuale, in primo luogo, condivisa e concordabile con il team di lavoro. In un prossimo futuro, in unottica di formazione continua, spero che lUniversit possa mantenersi sempre il referente prioritario con cui la scuola si pu rapportare, una specie di grande laboratorio in cui le buone pratiche hanno voce e possibilit di costante raffronto. Un luogo di una cultura attiva, aperto allincontro, al confronto e alla modifica. Franca Zuccoli - primavera 2004 Insegnante della Rinnovata e supervisore al tirocinio e cultore della materia in Didattica generale all'Universit della Bicocca di Milano

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di Valentina Massoletti Ho scelto di fare tirocinio al nido perch avevo voglia di mettermi alla prova! Sono molto soddisfatta di questesperienza dato che per la prima volta sono entrata in contatto con bambini cos piccoli. Non sapevo proprio da che parte cominciare, come parlare, come relazionarmi con loro, non sapevo se dovevo trattare i bambini da bambini o da piccoli adulti per farli sentire grandi o, banalmente, non sapevo nemmeno come cambiare un pannolino! Sono arrivata al nido con tanta preparazione teorica universitaria, con tante teorie e tanta pedagogia nella testa, ma purtroppo nessuna nozione su come si cambiano i pannolini o su come si dia da mangiare ai pi piccoli. La mia paura pi grande era quella di non essere allaltezza della situazione ma, per fortuna, questa paura andata scomparendo con il tempo ed stata sostituita da una grande voglia di continuare questo lavoro. Sicuramente questesperienza mi ha fatto crescere e riflettere su me stessa. Guardo in avanti e ho voglia di crescere ancora e di imparare altre cose, guardo in avanti e mi vedo EDUCATRICE, uneducatrice pronta a mettersi in gioco per i pi piccoli e imparare da loro meravigliose fantasie.

La prima settimana Penso che la prima settimana sia stata quella pi difficile, in quanto arrivavo in un ambiente nuovo, mi sono dovuta ambientare non solo ai bambini, ma alle educatrici a e soprattutto a ritmi diversi dai miei, ma, ovviamente, anche i bambini e le altre educatrici si sono dovute ambientare a me e alla mia costante presenza. Ho dovuto capire da sola quali erano i miei compiti, cosa dovevo fare concretamente, fino a dove potevo arrivare e quando invece dovevo fermarmi (ad esempio non sapevo se mi era permesso sgridare i bambini o dargli il permesso per fare qualcosa). Mi sentivo spaesata e non volevo essere dintralcio al lavoro delle colleghe. Tutto inizialmente stato molto vago e impreciso, ma con il tempo e con laiuto, la gentilezza e la pazienza delle colleghe, ho trovato il mio ruolo allinterno della classe, ho imparato a muovermi nella mbiente e soprattutto a conoscere ogni singolo bambino e le loro caratteristiche ma soprattutto ho imparato a relazionarmi con loro. I bambini si sono dimostrati inizialmente incuriositi da me, successivamente ci sono stati giorni di diffidenza, non fiducia nei miei confronti e mi sembrato anche normale dato che non ero la loro educatrice di riferimento, ma ero una persona

nuova. Poi ho conquistato la loro fiducia. Quando i bambini mi cercavano per farsi consolare o per raccontarmi qualcosa o per farmi vedere semplicemente qualcosa, ho capito che forse non ero pi considerata un estranea, ma forse ero diventata per loro qualcosa in pi e questo mi ha riempito di gioia e di soddisfazione e sicuramente a influito positivamente sulla mia autostima. Gi dal primo giorno mi stato permesso di interagire con i bimbi, aiutarli a mangiare, cambiarli, giocare con loro e metterli a nanna e fin dal secondo giorno le educatrici hanno predisposto quattro tavoli per il pranzo e non tre come di solito facevano quando io non cero, in quanto loro sono tre educatrici per tutta la sezione, ma con il mio arrivo anche la fisionomia della classe era cambiata, durante il pranzo avevo un tavolo tutto per me con 6 bambini; questa azione mi ha riempito di gioia, forse non ero cos invisibile come pensavo di essere considerata prima di arrivare. In certe occasioni non sapevo come muovermi e mi invadeva un senso di inadeguatezza alla situazione e allambiente, ad esempio quando due bambini litigavano per un gioco e non sapevo come mediare la situazione, oppure se qualche bambino si faceva male e io non sapevo come agire, quasi mi spaventavo pi io che il bambino. Con il tempo sono riuscita a fronteggiare e a gestire qualsiasi situazione e ci significa che ho superato quello che per me rappresentava uno dei tanti scogli. Lincontro con i genitori Purtroppo ho avuto la possibilit di conoscere i genitori dei miei bambini, solo alla fine della mia esperienza di tirocinio durante la riunione di fine anno, che solitamente serve per parlare della gita di fine anno, della festa per i bimbi grandi che lanno successivo andranno alla materna e per dare un ritorno ai genitori su ci che si svolto durante lanno, sugli obiettivi raggiunti ma anche su quelli non raggiunti. Il discorso stato introdotto dalla coordinatrice e proseguito dalle educatrici con il supporto delle foto che testimoniavano le attivit e i laboratori proposti. Ho atteso molto questa riunione perch ero molto curiosa di conoscere le famiglie dei bambini e in qualche modo volevo essere accettata dai genitori e rassicurarli in modo tale che anche essi sappiano con chi trascorrono il loro tempo i loro bambini. Dopo la riunione era molto pi tranquillizzante incontrare i genitori e scambiarsi un saluto che non era pi solo un saluto di educazione. Le difficolt Come gi accennato inizialmente la prima settimana stata quella pi difficile, ma ci sono stati anche altri momenti in cui mi sono trovata a disagio e ho provato un senso di inadeguatezza gi quando ero integrata al nido: durante un attivit di

disegno guidato mi sono stati affidati sei bambini e a loro avrei dovuto far vedere come si disegna il sole su un foglio e poi loro a sua volta avrebbero dovuto farlo da soli, ognuno sul proprio foglio. A parte a non sapere come dover fare lattivit perch non la vevo mai vista prima, il problema in s e che mi ha fatto entrare in crisi stato che non riuscivo a gestire da sola sei bambini e farmi ascoltare da loro. Quando un educatrice mi ha visto in difficolt mi ha chiesto se avevo bisogno di aiuto, non so se per orgoglio o per mettermi alla prova ho rifiutato e a mente fredda mi sono accorta di aver sbagliato a rifiutare in quanto, innanzitutto avrei dovuto apprezzare il gesto ma in quel momento non sono riuscita a riconoscere i miei limiti e non volevo far brutta figura, volevo fare tutto da sola ma soprattutto i bambini hanno letteralmente fatto tutto ci che volevano, quindi hanno disegnato ci che volevano, alcuni sono andati in giro per la classe, altri si sono sdraiati per terra creando disagio anche agli altri bambini e alle altre attivit in corso. La situazione si risolta non per merito mio ma grazie allintervento delle altre educatrici che hanno preso la situazione in mano e a me sono balzate in testa molte domande sul mio comportamento immaturo e oltre a ci mi ha pervaso una sensazione di fallimento. Questo episodio mi ha fatto riflettere sulla collaborazione che vi deve essere tra le educatrici, sul riconoscer