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Atkins, capitolo 1
Termodinamica
La termodinamica si occupa delle trasformazioni di energia e in particolaredelle trasformazioni di calore in altre forme di energia (genericamente lavoro).La termodinamica chimica mette in relazione le trasformazioni di energiacon le trasformazioni chimiche e/o fisiche di un campione di materia che spes-so le accompagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione e/o reazionichimiche).
Sistema (termodinamico)
Definiamo sistema termodinamico una regione delimitata dellāuniverso checostituisce il nostro oggetto di studio. La delimitazione puoā essere costituitada confini fisici (e.g. le pareti di un recipiente) o semplicemente ideali (e.g. seil sistema eā una soluzione contenuta in un beaker, il confine fra la soluzione elāatmosfera non eā definito da una parete fisica).Come vedremo, in termodinamica cioā che non eā il sistema eā importante quantoil sistema stesso. Cioā che non eā il sistema viene detto ambiente o anche ilresto dellāuniverso.
Sistemi aperti, chiusi, isolati
Un sistema puoā scambiare massa e/o energia con lāambiente. Da questo puntodi vista un sistema puoā essere:
aperto se puoā scambiare con lāambiente sia massa che energia (esempio: ilcorpo umano)
chiuso se puoā scambiare con lāambiente energia ma non massa (esempio:un gas racchiuso in un cilindro con pistone)
isolato se non scambia con lāambiente neā massa neā energia (esempio:lāuniverso)
Stato
Lo stato fisico (o stato termodinamico o semplicemente stato) di un sistemaeā lāinsieme dei valori di tutte le proprietaā fisiche che esso possiede.Si dice che un sistema si trova in uno stato definito se tutte le sue proprietaā fi-siche hanno valori definiti (e.g. un cubetto di ghiaccio immerso in una tazzina dicaffeā non si trova in uno stato definito, percheā la temperatura, la composizioneetc non hanno valori definiti).Uno stato definito di un sistema si dice stato di equilibrio termodinamicose i valori di tutte le proprietaā del sistema sono indipendenti dal tempo e ilsistema non scambia massa e/o energia con lāambiente.
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(Stato stazionario: valori delle proprietaā indipendenti dal tempo, ma il sistemascambia massa e/o energia: non eā uno stato di equilibrio).
Variabili di statoEā un sinonimo per āproprietaā ā. Ad esempio, volume, massa, densitaā,
temperatura etc. sono variabili di stato.Una caratteristica essenziale delle variabili di stato eā che i loro valori sonoindipendenti dalla āstoriaā del sistema. Vuol dire che quando il sistema sitrova in un certo stato, i valori delle sue proprietaā sono sempre gli stessi,indipendentemente da come il sistema ha raggiunto quello stato.Questo eā il motivo per cui tali variabili vengono dette, appunto, ādi statoā.
Variabili intensive ed estensive
Le variabili di stato possono essere di due tipi:
intensive ad esempio, la pressione o la temperatura. Le variabili intensivenon dipendono dalla āquantitaā ā di sistema considerato. Cioeā,se dividiamo il sistema in piuā parti, allora il valore della varia-bile intensiva nelle varie parti cosiā ottenute eā identico a quelloche la variabile aveva prima che il sistema venisse suddiviso.Ad esempio, se il sistema eā un blocco di ferro alla temperaturadi 300C e lo dividiamo in due parti, ciascuna parte continua adavere la temperatura di 300C.
estensive ad esempio, massa o volume. Le variabili estensive sono ad-dittive, cioeā il loro valore eā direttamente proporzionale allaāquantitaā ā di sistema che si considera.Ad esempio, se il sistema eā un blocco di ferro, raddoppiandonela quantitaā (espressa, ad esempio, dalla sua massa) il volumeraddoppia.
Molto spesso una variabile intensiva eā definita come rapporto fra due variabiliestensive (āqualcosaā per unitaā di āqualcosāaltroā). Ad esempio, la densitaā(chiaramente una proprietaā intensiva) eā definita come il rapporto fra la massae il volume (due proprietaā estensive) di un sistema: si dice che la densitaā eā laāmassa per unitaā di volumeā.Un altro esempio eā la concentrazione (intensiva), definita come rapporto fra ilnumero di moli (estensiva) e il volume o la massa (estensive): ānumero di moliper unitaā di volumeā (ad esempio la molaritaā) o ānumero di moli per unitaā dimassaā (ad esempio la molalitaā).
Equazioni di stato
Eā possibile ricavare, il piuā delle volte per via sperimentale, delle relazioni ma-tematiche che legano fra loro due o piuā variabili di stato per un sistema che sitrovi allāequilibrio. Tali relazioni vengono dette equazioni di stato.Ad esempio, per un sistema costituito da una mole di acqua alla pressione di1 bar eā possibile descrivere la variazione del volume V con la temperatura T inun range abbastanza ampio tramite la seguente relazione:
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V = a+ bT + cT 2 + dT 3 (n = 1, P = 1 bar)
dove i coefficienti a, b, c, d sono indipendenti da T e vengono determinati fittandodati sperimentali.Il caso piuā familiare eā lāequazione di stato del gas perfetto (su cui torneremo),che lega matematicamente la pressione P , il volume V , la temperatura T e ilnumero di moli n del gas ideale:
PV = nRT
Eā importante notare che, mentre lāesistenza delle equazioni di stato eā un fat-to sperimentale (cioeā, si trova sperimentalmente che fissando i valori di alcunevariabili di stato, allora quelli di altre variabili vengono automaticamente de-terminati), la forma funzionale delle equazioni di stato eā il piuā delle voltesconosciuta e di norma le equazioni di stato vengono ricavate empiricamentecon procedure di best fit applicate a serie di dati sperimentali.
Non tutte le variabili di stato sono indipendenti
ā¢ Eā un fatto sperimentale che lo stato di un sistema eā completamentedefinito dai valori di un sottoinsieme delle sue variabili di stato. Cioeā,fissati i valori delle variabili di questo sottoinsieme, i valori di tutte lealtre variabili sono automaticamente determinati.
ā¢ Ad esempio, per qualsiasi sistema costituito da unāunica fase di unāunicasostanza (sottintendiamo sempre in condizioni di equilibrio), tutte le varia-bili intensive restano univocamente determinate quando si fissino i valoridi due qualsiasi di esse (ad esempio temperatura e pressione). Le varia-bili estensive di tale sistema sono inoltre determinate dalle due variabiliintensive e da una qualsiasi variabile estensiva (ad esempio la massa).
ā¢ Notate che non ha importanza quali variabili si scelgono: invece di spe-cificare i valori di temperatura e pressione, si puoā scegliere di specificarei valori di qualsiasi altre due variabili intensive, ad esempio viscositaā eindice di rifrazione. La cosa che conta eā il numero delle variabili chesono sufficienti a descrivere lo stato del sistema.
ā¢ Quindi, se scegliamo come variabili intensive la temperatura T e la pres-sione P , e come variabile estensiva la massa m, potremo dire che lāindicedi rifrazione Ī·, una variabile intensiva, eā funzione di T e P :
Ī· = Ī· (T, P )
e cosiā pure per la densitaā d (unāaltra variabile intensiva):
d = d (T, P )
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Per il volume V , una proprietaā estensiva, saraā:
V = V (T, P,m)
e cosiā via.
ā¢ Notate: un gas ideale eā proprio un sistema costituito da unāunica fase(gassosa) di unāunica sostanza. E infatti, per un gas ideale allāequilibrio,prendendo come variabili intensive la temperatura e la pressione e comevariabile estensiva il numero di moli n, si ha:
V = V (T, P, n) =nRT
P
Funzioni di stato
ā¢ Per esprimere il fatto che una variabile di stato eā completamente deter-minata da una funzione delle variabili indipendenti scelte per definire lostato di equilibrio di un sistema, si dice che tale variabile eā una funzionedi stato.
ā¢ Ad esempio, per tornare al sistema costituito da unāunica fase di unasostanza pura, possiamo dire che lāindice di rifrazione Ī·, il volume V o ladensitaā d sono funzioni di stato:
Ī· = Ī· (T, P )
V = V (T, P,m)
d = d (T, P )
ā¢ Se eā vero che si puoā dire che tutte le variabili di stato sono funzioni distato, eā altrettanto vero che nella maggioranza dei casi la forma analiticadi tali funzioni eā (e resta) sconosciuta.
Vedremo comunque che eā sufficiente sapere che esiste una funzione distato per essere in grado di trarre utilissime conseguenze.
ā¢ Le funzioni di stato godono di una importante proprietaā cui abbiamo giaāaccennato parlando delle variabili di stato e che useremo molto spesso.
Siccome una funzione di stato dipende unicamente dalle variabili chedescrivono lo stato di equilibrio di un sistema, il suo valore eā in-dipendente dal percorso compiuto dal sistema per raggiungere quelparticolare stato di equilibrio.
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Un corollario importante di questa affermazione eā il seguente.
Supponiamo che un sistema compia una trasformazione partendo dallostato di equilibrio iniziale A e arrivando allo stato di equilibrio finale B.
Allora, se F eā una funzione di stato del sistema, la variazione di Fdurante la trasformazione eā indipendente dal percorso seguito perandare da A a B.
pā²
p
B
A
pā²
p
B
A
In altre parole, detti p e pā² due percorsi arbitrari che congiungono gli statidi equilibrio A e B, si avraā sempre:
[F (B)ā F (A)]lungo p = [F (B)ā F (A)]lungo pā²
ā¢ Quella appena vista eā una condizione necessaria e sufficiente per esserefunzione di stato: cioeā, se sperimentalmente si trova che la variazionedi una certa grandezza termodinamica durante una trasformazione fra imedesimi due stati di equilibrio eā indipendente dal percorso seguito, allorala grandezza eā una funzione di stato:
funzione di stato āāvariazione in una trasformazio-ne eā indipendente dal camminopercorso
Processo termodinamico
ā¢ Eā una trasformazione in cui il sistema passa da uno stato di equilibrio aun altro.
ā¢ Siccome lo stato di un sistema eā lāinsieme dei valori di tutte le proprietaā fi-siche che esso possiede, ne segue che un processo consiste nel cambiamentodi una o piuā proprietaā del sistema.
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ā¢ Se durante il passaggio dallo stato iniziale allo stato finale le variabili distato del sistema cambiano assumendo valori definiti, allora il processopuoā essere rappresentato analiticamente da un percorso nello spazio (ingenerale multidimensionale) definito dalle variabili di stato del sistema.Ad esempio, lāespansione reversibile (il significato del termine reversibile eāspiegato fra un attimo) di una massa fissata di gas a temperatura costantepuoā essere rappresentata con una traiettoria in un piano cartesiano in cuisi riporta il volume sullāasse delle ascisse e la pressione su quello delleordinate.
ā¢ Come vedremo, ha una grandissima importaza il modo in cui un sistemacompie un processo.
Processo reversibile
ā¢ Si possono dare almeno quattro definizioni (cioeā condizioni necessarie esufficienti), tutte fra loro equivalenti, di un processo reversibile.
1. Un processo eā reversibile se e solo se gode della seguente proprietaā:in ciascun punto della traiettoria che descrive il processo nello spa-zio delle variabili di stato, il sistema si trova sempre infinitamentevicino ad uno stato di equilibrio termodinamico.
Detto in altri termini, in tutti i punti del percorso che rappresentaun processo reversibile i valori delle variabili di stato del sistemadifferiscono dai valori di equilibrio per non piuā di una quantitaāinfinitesima (cioeā tendente a zero).
Se il sistema passa dallo stato iniziale Si allo stato finale Sf con unprocesso reversibile, cioā significa che il sistema attraversa un numerograndissimo (teoricamente infinito) di stati intermedi, ciascuno deiquali eā infinitamente vicino ad uno stato di equilibrio:
Si ā
nāāļø· ļøøļøø ļø·
S1 ā S2 ā S3 ā . . . ā Sn ā Sf
2. Un processo eā reversibile se e solo se puoā essere invertito medianteun cambiamento infinitesimo della sua driving force.
In generale, la driving force di un processo eā la differenza fra il va-lore di una proprietaā del sistema e quello della stessa proprietaādellāambiente. La driving force eā cioā che fa avvenire un processotermodinamico.
Ad esempio, la driving force per lāespansione di un gas eā la differenzafra la pressione esercitata dal gas sullāambiente e quella esercitatadallāambiente sul gas; la driving force per il trasferimento di caloreda un corpo caldo a uno piuā freddo eā la differenza di temperaturafra i due corpi.
Per capire cosa significhi lāaffermazione di questo punto, consideria-mo lāespansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone. Ladriving force per questo processo eā la differenza āP fra la pressione
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Pgas che il gas esercita sullāambiente e la pressione Pamb esercitatadallāambiente sul gas: āP = Pgas ā Pamb.
Ebbene, se il processo eā reversibile, allora deve essere possibile in-vertirlo (cioeā passare dalla espansione alla compressione del gas)mediante un cambiamento infinitesimo di āP .
3. Riprendiamo lāesempio appena discusso al punto precedente per in-trodurre il terzo criterio di reversibilitaā. Se il gas si sta espandendo,chiaramente deve essere āP > 0. Inoltre, siccome lāinversione di que-sto processo consiste ovviamente nella compressione del gas, il criteriodi reversibilitaā precedente richiede che il cambiamento infinitesimodi āP vada sottratto da āP in modo da cambiarne il segno da po-sitivo a negativo. Cioeā, detto Ī“P il valore assoluto del cambiamentoinfinitesimo di āP , dovraā essere:
āP > 0 e āP ā Ī“P < 0
Chiaramente, siccome Ī“P eā infinitesimo, quanto sopra puoā avvenirese e solo se anche āP eā infinitesimo (se sottraggo una quanti-taā tendente a zero da una quantitaā positiva finita, non potroā maiottenere un risultato negativo!).
Quindi, il terzo criterio di reversibilitaā eā il seguente: un processoeā reversibile se e solo se la sua driving force eā ad ogni istante diintensitaā infinitesima.
Quindi, restando nel caso dellāespansione o compressione di un gas,il processo eā reversibile se e solo se in ciascun punto del percorsola pressione del gas e quella dellāambiente differiscono al piuā di unaquantitaā infinitesima.
4. Un processo eā reversibile se e solo se eā possibile riportare il si-stema allo stato iniziale causando nellāambiente solo modificazioniinfinitesime.
Questo eā forse il criterio piuā vicino al senso comune, secondo cui unprocesso reversibile eā un processo che puoā avvenire indifferentementein un senso o nellāaltro. Attenti, peroā: qualsiasi processo puoā esserefatto avvenire (piuā o meno facilmente) in entrambi i suoi possibiliversi; solo per i processi reversibili, tuttavia, cioā si puoā fare senzaprovocare cambiamenti finiti nel sistema e/o nellāambiente.
ā¢ Dai criteri di reversibilitaā visti sopra, segue che lāassenza di attriti (ingenerale di effetti dissipativi) eā condizione necessaria affincheā un processosia reversibile: infatti, la presenza di attriti (finiti) implica che la drivingforce necessaria per far avvenire un processo sia finita, e questo disattendeil criterio n.3 visto sopra.
Esempio: un gas che si espande in un cilindro con pistone, in cui si abbiaattrito fra pistone e cilindro. Per far espandere il gas non eā sufficientediminuire la pressione sul pistone di una quantitaā infinitesima poicheā, acausa dellāattrito (finito), il pistone non si muoverebbe. Invece, bisognadiminuire la pressione di una quantitaā finita (tanto maggiore quanto mag-giore eā lāattrito): ma allora il criterio n.3 non eā soddisfatto e il processonon eā reversibile.
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ā¢ Attriti interni. Gli attriti del punto precedente sono anche detti esterni,percheā generati allāesterno del sistema (ad esempio lāattrito fra il pistonee il cilindro che contiene un gas). Va osservato, tuttavia, che nei sistemireali ci sono quasi sempre anche degli attriti interni, che contribuisconoa rendere i processi reali non reversibili. Molto spesso, gli attriti internisono generati dalla viscositaā del sistema, che si oppone al moto relativodi differenti parti del sistema.
Per capire meglio cosa sia lāattrito internoconsideriamo il seguente esperi-mento. Un gas ideale si trova in condizioni di equilibrio allāinterno di uncilindro con pistone. Il pistone eā libero di scorrere senza attrito (ovverocon attrito trascurabile). Cosa succede se abbassiamo il pistone, compri-mendo il gas, e poi lo lasciamo libero? Chiaramente, il gas, compresso,si espanderaā; siccome il pistone si muove senza attrito, il gas lo spingeraāpiuā in alto della iniziale posizione di equilibrio, fino a raggiungere unāal-tezza massima, per poi ridiscendere. Non dovrebbe essere difficile intuireche il pistone cominceraā ad oscillare. Se il gas ideale non fosse viscoso,cioeā se le sue molecole non incontrassero alcuna difficoltaā a muoversi leune rispetto alle altre, le oscillazioni del pistone non si arresterebbero mai(percheā supponiamo che non ci sia attrito fra pistone e cilindro). Invece,proprio a causa dellāattrito interno, cioeā della viscositaā intrinseca del gas(un gas ideale eā viscoso), le oscillazioni del pistone saranno smorzate e ilpistone finiraā per fermarsi nella iniziale posizione di equilibrio.
ā¢ Oltre allāassenza di attriti, unāaltra condizione necessaria affincheā un pro-cesso sia reversibile eā che esso avvenga in modo (infinitamente) lento. Eāfacile comprendere la necessitaā di questa condizione. In ciascun punto diun processo reversibile il sistema si deve trovare sempre in (ovvero inifi-nitamente vicino a) condizioni di equilibrio. Ma se il processo avvenissead una velocitaā finita (cioeā non tendente a zero) allora, fra un punto eil successivo del processo, il sistema non avrebbe il tempo di raggiungerelāequilibrio e pertanto il processo non sarebbe piuā reversibile.
ā¢ I processi reversibili sono idealizzazioni, ma possono essere approssimati inpratica molto bene, limitando il piuā possibile gli attriti e facendo avvenirele trasformazioni il piuā lentamente possibile.
Ad esempio, lāespansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistonepuoā essere fatta avvenire in modo praticamente reversibile se il pistone(privo di attrito) viene mantenuto nella posizione iniziale da un cumulo disabbia. Allora, togliendo un solo granello di sabbia, la pressione diminui-sce di una quantitaā (a tutti gli effetti) infinitesima; grazie allāassenza diattriti, il gas si espande di una quantitaā infinitesima e raggiunge un nuovostato di equilibrio, che peroā dista da quello iniziale solo di una quantitaāinfinitesima. Togliendo un secondo granello di sabbia, si compie un altrostep infinitesimo e cosiā via fino a che il gas ha compiuto lāintero processodi espansione.
Processo irreversibile
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ā¢ Eā un processo causato da una driving force di intensitaā finita.
Durante un processo irreversibile il sistema attraversa stati di non equi-librio in cui le sue proprietaā variano nel tempo.
Per dirlo in altri termini: se āfotografassimoā il sistema ad un certo puntodi un processo irreversibile e misurassimo le sue proprietaā, troveremmoche i valori di tali proprietaā non sarebbero compatibili con uno stato diequilibrio.
ā¢ Riprendiamo lāesempio dellāespansione di un gas ideale racchiuso in uncilindro con pistone. Lāespansione puoā essere fatta avvenire in modoirreversibile se il pistone (che supponiamo ancora privo di attrito) vienefatto sollevare in modo praticamente istantaneo rimuovendo in un colposolo tutta la sabbia che lo manteneva nella posizione iniziale.
In questo caso, il gas raggiungeraā lo stato finale attraverso una succes-sione di stati di non equilibrio. Se in un punto qualsiasi del processomisurassimo istantaneamente i valori del volume V , della pressione P edella temperatura T (il numero di moli n in questo caso eā costante),troveremmo che:
PV 6= nRT
cioeā il gas non si trova in condizioni di equilibrio.
ā¢ In questo processo irreversibile la driving force (cioeā la differenza di pres-sione fra lāinterno e lāesterno del cilindro) eā di intensitaā finita e quindiesso non puoā essere invertito se la pressione sul gas viene aumentata diuna quantitaā infinitesima.
ā¢ Facciamo ora unāosservazione che riprenderemo piuā avanti a proposito delsecondo principio della termodinamica.
In tutti i processi spontanei, cioeā in tutte le trasformazioni che avvengonospontaneamente in natura, eā chiaramente impossibile riportare il sistemaallo stato iniziale senza causare una modificazione finita nellāambiente.Per questo motivo tutti i processi spontanei sono irreversibili.
ā¢ Cerchiamo di chiarire questo punto con un esempio.
Considerate lāespansione di un gas in un cilindro dotato di pistone scorre-vole senza attrito.
ā¢ Come abbiamo giaā detto, lāespansione puoā essere fatta avvenire in modo(a tutti gli effetti) reversibile se il pistone eā mantenuto nella posizioneiniziale da un cumulo di sabbia e si toglie un granello di sabbia alla volta.Alla fine dellāintero processo, il pistone si saraā sollevato di un certo tratto(finito). Il sistema puoā essere riportato allo stato iniziale riposizionando(sempre un granello alla volta) tutta la sabbia sul pistone: in tal modo, ilpistone si ritroveraā esattamente nella stessa posizione che aveva allāinizioe nellāambiente non si eā avuta alcuna modifica.
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ā¢ Considerate ora lo stesso processo, ma condotto irreversibilmente nel mo-do seguente (guardate la figura di seguito): il gas eā confinato nel volumeiniziale (lo stesso dellāesperimento condotto in modo reversibile) da un set-to impermeabile al gas stesso; il pistone si trova invece giaā nella posizionecorrispondente al volume finale e lo spazio libero fra il pistone ed il settoeā completamente vuoto. Il processo viene iniziato togliendo il setto checonfinava il gas al volume iniziale. Dovrebbe essere chiaro a tutti cioā chesi osserva: il gas diffonde fino ad occupare omogeneamente tutto lo spaziodisponibile; al termine di questo processo, il gas occupa un volume ugualeal volume finale dellāesperimento reversibile. Dovrebbe essere altrettantochiaro che questo eā un tipico processo spontaneo: tutti sappiamo che ungas occupa spontaneamente tutto il volume disponibile. Ora: se in questocaso vogliamo riportare il sistema allo stato iniziale, non abbiamo altrascelta che abbassare il pistone fino a ridurre il volume del gas al valoreiniziale. In tal modo eā vero che il sistema eā stato riportato allo statoiniziale, ma cioā eā stato fatto provocando una modificazione finita nel-lāambiente: la posizione del pistone eā infatti cambiata (e lāambiente haperso una quantitaā finita di energia corrispondente alla perdita di energiapotenziale gravitazionale del pistone).
gas
vuoto
gas
gas
gas nello statoiniziale
gas nello statofinale
gas riportatoallo statoiniziale
Dal punto di vista dellāambiente, i processi sono sempre reversibili
ā¢ Lāambiente ha massa e volume infiniti. Cioā faā siā che qualsiasi trasferi-mento di energia (calore e/o lavoro) o massa, dal punto di vista del-lāambiente, possa essere sempre considerato reversibile, poicheā, in segui-to ad esso, lāambiente non si discosta mai dal suo stato di equilibrio perpiuā di una quantitaā infinitesima.
ā¢ A questo scopo puoā essere utile la seguente similitudine.
Consideriamo un recipiente colmo di acqua fino allāorlo al quale aggiun-giamo unāulteriore quantitaā finita di acqua (ad esempio 1/2 L).
ā¢ Se il recipiente ha un volume finito e confrontabile con quello dellāacquaaggiunta (ad esempio 1 L), allora lāeffetto di questāultima saraā decisamen-te apprezzabile: ad esempio, vedremo chiaramente dellāacqua che traboccadal recipiente.
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ā¢ Se peroā il recipiente ha un volume molto piuā grande di quello dellāacquache aggiungiamo (immaginate di aggiungere 1/2 L di acqua al bacino diuna diga artificiale colmo fino allāorlo), allora, se eā vero che si avraā pursempre un traboccamento, questo saraā a mala pena distinguibile: il reci-piente si discosta solo di pochissimo dal suo originario stato di equilibrioe il processo eā a tutti gli effetti āreversibileā (secondo la definizione cheabbiamo dato piuā sopra).
La temperatura e il āprincipio zeroā
ā¢ Eā un fatto sperimentale che esista una proprietaā dei sistemi che pos-siamo (inizialmente) definire ācaldezzaā e di cui possiamo renderci contoattraverso il senso del tatto.
ā¢ Due sistemi con diverso grado di caldezza posti a contatto diretto e inassenza di qualsiasi tipo di movimento (ad esempio una parete mobile)possono cioā non di meno influenzarsi reciprocamente e subire un cam-biamento di stato. La causa eā uno scambio di energia sotto forma dicalore.
ā¢ Quando le proprietaā fisiche dei due sistemi in tali condizioni smettonodi variare col tempo, allora diciamo che i due sistemi hanno raggiuntolāequilibrio termico
ā¢ Affincheā due sistemi possano influenzarsi come detto sopra, bisogna chele pareti che li dividono permettano il flusso di calore. Pareti di questotipo si dicono diatermiche o non adiabatiche.
Esistono anche pareti che non consentono lo scambio di calore fra duesistemi: tali pareti si dicono adiabatiche.
ā¢ La temperatura eā la proprietaā fisica che indica se due sistemi postia contatto tramite pareti diatermiche e rigide (non mobili) sono o menoin equilibrio termico: se i due sistemi sono in equilibrio termico, allorahanno la stessa temperatura; se dellāenergia (calore) fluisce dal sistema 1al sistema 2, allora il sistema 1 ha una temperatura maggiore del sistema2; se dellāenergia (calore) fluisce dal sistema 2 al sistema 1, allora il sistema1 ha una temperatura minore del sistema 2.
ā¢ Cioā che consente di misurare la temperatura eā il cosiddetto principiozero della termodinamica:
Se un corpo A eā in equilibrio termico con un corpo B e que-stāultimo eā in equilibrio termico con un terzo corpo C, alloraanche il corpo A eā in equilibrio termico con il corpo C
Si tratta in pratica di una proprietaā transitiva.
ā¢ Percheā il principio zero consente di misurare la temperatura?
Supponiamo che il corpo B sia un capillare di vetro contenente un liqui-do (ad esempio mercurio) che si dilata notevolmente al variare della suaācaldezzaā. Il dispositivo viene detto termometro.
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Allora, se posto in contatto con un corpo A il mercurio del capillare rag-giunge una certa lunghezza e la stessa lunghezza viene raggiunta quandoil capillare viene posto in contatto con un corpo C:
ā possiamo dire che A e C hanno la medesima temperaturaā possiamo prendere come misura di tale temperatura la lunghezza
della colonna di mercurio
ā¢ Naturalmente questa definizione semplicistica della misura della tempera-tura non puoā essere soddisfacente, percheā il valore numerico della tem-peratura dipenderebbe dalla cosiddetta proprietaā termometrica uti-lizzata. Nellāesempio fatto sopra sfruttiamo come proprietaā termometricala dilatazione del mercurio in un capillare e prendiamo come misura del-la temperatura lāaltezza della colonnina: il numero che assegnamo allatemperatura (lasciando perdere per ora il problema delle unitaā di misu-ra) saraā quindi dellāordine delle decine (ad esempio 15.4 o 53.5); se peroāper misurare la temperatura degli stessi sistemi prendessimo come ter-mometro un conduttore elettrico e come proprietaā termometrica la suaresistenza (una grandezza che dipende anchāessa dalla temperatura), il va-lore numerico che associeremmo alla stessa temperatura sarebbe quellodella resistenza (ad esempio 3245.7) e quindi diverso dal valore numericoottenuto col termometro a mercurio.
ā¢ Un modo meno arbitrario per definire la misura della temperatura eā ilseguente:
ā si sceglie un primo sistema di riferimento che abbia sempre la stessatemperatura e si assegna un valore arbitrario a tale temperatura
ā si fa lo stesso con un secondo sistema di riferimento che abbia unatemperatura perfettamente riproducibile, ma diversa da quella delprimo
ā a questo punto, qualsiasi termometro puoā venire tarato utiliz-zando i due sistemi di riferimento e assumendo che la proprietaātermometrica vari linearmente con la temperatura:
ā¢ detto v (T1) il valore della proprietaā termometrica quando il termometroeā in equilibrio termico con il primo sistema di riferimento a cui eā stataassegnata la temperatura di valore T1 e v (T2) il valore della proprietaātermometrica quando il termometro eā in equilibrio termico con il secondosistema di riferimento a cui eā stata assegnata la temperatura di valore T2si ha:
v
t
v (T2)v (t)v (T1)
t
T2
T1
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e quindi si puoā assegnare sempre lo stesso numero alla stessa tempe-ratura, indipendentemente dal termometro utilizzato (purcheā questo siastato opportunamente tarato, cioeā se ne siano determinati i valori v(T1)e v (T2)); infatti, per la generica temperatura t cui corrisponde il valoredella proprietaā termometrica v (t), si ha:
T2 ā T1v (T2)ā v (T1)
=tā T1
v (t)ā v (T1)
tā T1 =T2 ā T1
v (T2)ā v (T1)(v (t)ā v (T1))
t =T2 ā T1
v (T2)ā v (T1)(v (t)ā v (T1)) + T1
e quindi conoscendo T1, T2, v (T1) e v (T2) e misurando v (t), si ottiene ilvalore numerico (unico) per la temperatura generica t.
ā¢ A seconda dei sistemi presi come riferimento, si sono storicamente origi-nate diverse scale termometriche.
ā¢ Nella scala Celsius, si assegna arbitrariamente il valore 0C alla tem-peratura del sistema costituito da acqua liquida e ghiaccio in equilibrioalla pressione di 1 atm (il cosiddetto āpunto di fusione normaleā) e 100Ca quella del sistema costituito da acqua liquida e vapore in equilibrioalla stessa pressione (il cosiddetto āpunto di ebollizione normaleā). Intal modo, nel caso della scala Celsius lāespressione generale scritta sopradiventa:
t =100ā 0
v (100)ā v (0)(v (t)ā v (0)) + 0
t =100
v (100)ā v (0)(v (t)ā v (0))
ā¢ In realtaā, il procedimento ora descritto continua a dipendere (anchese non in modo marcato) dalla sostanza e dalla proprietaā termometricautilizzate, e cioā essenzialmente percheā in generale le proprietaā termome-triche non variano linearmente con la temperatura. Per questo motivo,la temperatura misurata in questo modo viene spesso detta temperaturaempirica.
ā¢ Esiste tuttavia la possibilitaā (grazie al secondo principio della termodina-mica che faremo piuā avanti) di definire la temperatura in modo totalmenteindipendente dalle proprietaā di qualsiasi sostanza: la temperatura definitain questo modo viene detta temperatura assoluta. Essa viene misuratain gradi Kelvin e ha un valore minimo pari a 0 K.
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ā¢ La scala assoluta e quella Celsius sono in relazione tramite:
K = C + 273.15
dove K eā la temperatura assoluta e C quella Celsius.
I gas
ā¢ Lo stato di aggregazione della materia piuā facile da trattare in termodi-namica eā quello gassoso.
ā¢ Cioā eā dovuto essenzialmente al fatto che nei gas le interazioni intermole-colari sono ridotte al minimo. Per la maggior parte del tempo, le molecoledi un gas viaggiano nel vuoto senza incontrarsi (e quindi interagire).
ā¢ Sperimentalmente si trova che lo stato termodinamico di un gas (costituitoda un unico tipo di molecole) eā totalmente determinato quando se nefissino la temperatura, la pressione e la quantitaā (espressa dal numerodi moli). Tutte le altre proprietaā del gas, ad esempio il volume da essooccupato, vengono automaticamente fissate ad uno e un solo valore:
V = V (T, P, n)
ā¢ Al posto di T e P , avremmo potuto scegliere qualsiasi altre due proprietaāintensive e al posto di n qualsiasi altra proprietaā estensiva. In ogni caso,2 variabili intensive e 1 variabile estensiva sono sufficienti a definire lostato di equilibrio di un campione gassoso, come abbiamo giaā osservatoin generale (sistema costituito da unāunica sostanza in unāunica fase).
La pressione
ā¢ Data una forza ~FN che agisce uniformemente in direzione normale ad unasupeficie piana di area A, si definisce pressione agente sulla superficie ilmodulo della forza per unitaā di area, cioeā:
P =
ā£ā£ā£~FN
ā£ā£ā£
A
La pressione eā una grandezza scalare.
ā¢ La pressione puoā essere molto grande (o molto piccola) sia se la forza eāmolto grande (o piccola) sia se lāarea della superficie su cui la forza agisceeā molto piccola (o grande).
14
-
ā¢ Lāunitaā di misura SI della pressione eā il Pascal, simbolo Pa:
1 Pa = 1N
m2
= 1kgms2
m2
= 1kg
ms2
ā¢ Il Pa eā unāunitaā di misura piuttosto āpiccolaā. Per questo sono usatespesso altre unitaā piuā ācomodeā:
1 bar = 1Ć 105 Pa
1 atm = 101325 Pa (ā 1 bar)
ā¢ La pressione di 1 bar eā definita come pressione standard e la incontrere-mo spesso piuā avanti. Il simbolo usato di solito per la pressione standardeā Pā.
ā¢ Un gas racchiuso in un recipiente in condizioni di equilibrio termodinamicoesercita sulle pareti di questāultimo una pressione (uguale in tutti i puntidelle pareti) che eā dovuta agli urti incessanti delle molecole.
ā¢ La pressione determina le condizioni per lāequilibrio meccanico.
Due gas in due recipienti separati da una parete scorrevole sono in equi-librio meccanico (cioeā la parete scorrevole non si muove) se e solo se leloro pressioni sono uguali
La legge del gas ideale
ā¢ Si trova sperimentalmente che tutti i gas tendono a comportarsi allo stessomodo quando la loro pressione sia sufficientemente bassa.
ā¢ La ragione molecolare di cioā eā che, a pressione sufficientemente bassa,il numero di molecole di gas eā molto piccolo in rapporto al volume delrecipiente e quindi:
ā il volume occupato dalle molecole del gas diviene trascurabile in con-fronto a quello del recipiente ā le molecole di gas possono essereconsiderate puntiformi
ā le molecole di gas si incontrano molto raramente ā si possonotrascurare le interazioni intermolecolari
15
-
Ora: cioā che differenzia un gas da un altro eā proprio la natura dellemolecole che lo costituiscono; tale natura eā legata in modo univoco al-le dimensioni e alle interazioni (inter) molecolari. Non dovrebbe quindistupire che, in condizioni per cui le dimensioni molecolari e le interazionifra le molecole diventano quasi completamente trascurabili, anche lāindi-vidualitaā di gas diversi venga perduta e tutti i gas tendano a comportarsiin modo identico.
ā¢ Il comportamento a cui tutti i gas tendono al tendere a zero della pressionedefinisce un modello idealizzato di gas in cui:
ā le particelle sono puntiformi (cioeā hanno volume nullo)
ā le particelle non interagiscono fra loro (se non in seguito ad urtiperfettamente elastici)
Tale modello di gas viene chiamato āgas idealeā o āgas perfettoā.
ā¢ Il comportamento dei gas a basse pressioni eā descritto fondamentalmenteda tre leggi limite, osservate sperimentalmente giaā alcuni secoli fa:
ā A temperatura e numero di moli costanti il volume di un gas eāinversamente proporzionale alla sua pressione:
V ā1
P(n, T costanti)
ā A pressione e numero di moli costanti il volume di un gas eā diretta-mente proporzionale alla sua temperatura:
V ā T (n, P costanti)
ā A pressione e temperatura costanti il volume di un gas eā direttamenteproporzionale al suo numero di moli:
V ā n (P, T costanti)
ā¢ Come si puoā facilmente verificare, le tre leggi limite possono essere com-binate in unāunica legge, nota come la legge del gas ideale:
PV = nRT
doveR eā una costante detta costante universale dei gas. Le dimensionidi R si ricavano da:
R =PV
nT
[R] =pressioneĆ volume
moliĆ temperatura
16
-
=forzaarea Ć volume
moliĆ temperatura
=forzaĆ lunghezza
moliĆ temperatura
=energia
moliĆ temperatura
Il valore di R nelle unitaā di misura piuā comuni eā:
R = 8.314J
mol K
= 8.206Ć 10ā2L atm
mol K
ā¢ La legge del gas ideale eā estremamente utile percheā, pur essendo unalegge limite, eā seguita molto bene dalla maggior parte dei gas in condizioniordinarie.
ā¢ Unāespressione equivalente della legge del gas ideale che connette fra loroi valori di P, V, T di una quantitaā fissa di gas in due stati di equilibriodistinti 1 e 2 eā:
P1V1T1
=P2V2T2
Questa espressione eā comoda per ricavare il valore di una variabile se siconoscono tutte le altre.
Pressione parziale
ā¢ Per una miscela di gas qualunque (cioeā non necessariamente ideali), defi-niamo la pressione parziale del componente i nel modo seguente:
Pi = xiP
dove xi eā la frazione molare:
xi =ni
ā
j nj
ā¢ La pressione parziale costituisce un modo semplice di ripartire la pressio-ne totale di una miscela di gas fra i suoi singoli componenti. Infatti, la
17
-
pressione totale di una miscela eā la somma delle pressioni parziali dei suoicomponenti:
ā
i
Pi =ā
i
(xiP )
= Pā
i
xi
= P (percheāā
i xi = 1)
ā¢ Per miscele di gas ideali:
Pi = xiP
=ni
ā
j njP
= niP
ā
j nj
= niRT
V(qui si sfrutta lāidealitaā)
da cui segue una possibile interpretazione fisica della pressione parziale:
per una miscela di gas ideali, la pressione parziale del componen-te i eā la pressione che tale componente eserciterebbe se, da solo,occupasse lāintero volume della miscela alla stessa temperatura.
I gas reali
ā¢ Il gas ideale eā un modello astratto. Le particelle che lo costituisconopresentano due caratteristiche essenziali:
ā sono puntiformi, cioeā non occupano spazio (pur avendo una massanon nulla)
ā non interagiscono fra loro, nel senso che le forze intermolecolarisono assenti. Quindi hanno solo energia cinetica, mentre la loroenergia potenziale eā nulla.
ā¢ Il comportamento dei gas reali si discosta da quello del gas ideale quandovengono meno una o entrambe le caratteristiche su citate, e puoā essereposto in relazione con la distanza media fra le molecole.
ā¢ In generale, il profilo dellāenergia di interazione fra due molecole di ungas in funzione della loro distanza ha lāandamento mostrato nella partesuperiore della figura seguente:
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-
distanza intermolecolare, r
forzainterm
olecolare,f=ā
dE dr
forzerepulsive
forze attrattive forze trascurabili
0
energia
diinterazione,
E
pressione
0
La forza che si esercita fra le due molecole eā la derivata, cambiata disegno, della curva che rappresenta lāenergia potenziale di interazione:
f = ādE
dr
ed eā rappresentata nel grafico inferiore della figura.
Dalla figura si puoā osservare che, partendo da distanze intermolecolarimolto grandi, le due molecole interagiscono attrattivamente (cioeā: f =ādE/dr < 0) fino a che lāenergia potenziale raggiunge un minimo alla di-stanza di equilibrio (per tale distanza si ha f = ādE/dr = 0); per distanzepiuā piccole della distanza di equilibrio lāenergia cresce rapidamente e laforza diventa violentemente repulsiva (f = ādE/drā« 0): in tali condizio-ni, le due molecole interagenti stanno cercando di āintercompenetrarsiā,da cui la repulsione molto intensa.
Allora:
ā a pressioni molto basse, la distanza intermolecolare eā molto gran-de (in pratica superiore a pochi diametri molecolari): sia il volume
19
-
molecolare che le forze intermolecolari sono trascurabili (guardate lefigure): il gas si comporta in modo ideale
ā a pressioni moderatamente elevate la distanza intermolecolare eā pic-cola (ma ā„ della distanza di equilibrio, diciamo maggiore di un dia-metro molecolare): allora le forze intermolecolari si fanno sentire(f = ādE/dr < 0 e non piccola) ed hanno carattere attrattivo. Intali condizioni il gas si discosta dal comportamento ideale e, in gene-rale, eā piuā facilmente compressibile del gas ideale; cioeā, a paritaā ditemperatura, pressione e numero di moli, il volume occupato dal gasreale eā minore di quello che occuperebbe un gas ideale.
ā a pressioni molto elevate la distanza intermolecolare diventa inferiorealla distanza di equilibrio: allora le forze intermolecolari sono intensee repulsive (f = ādE/dr ā« 0). In tali condizioni il gas si discostadal comportamento ideale e, in generale, eā piuā difficilmente com-pressibile del gas ideale; cioeā, a paritaā di temperatura, pressionee numero di moli, il volume occupato dal gas reale eā maggiore diquello che occuperebbe un gas ideale.
ā¢ Il comportamento dei gas reali viene di solito descritto con delle versioniācorretteā dellāequazione di stato del gas ideale. Le correzioni contengononormalmente dei parametri empirici legati alla natura del particolare gasconsiderato e spesso dipendono dalla pressione e/o dalla temperatura.
ā¢ Unāequazione di stato per gas reali molto usata eā quella basata sul cosid-detto fattore di compressione Z. Il fattore di compressione eā definitocome il rapporto fra il volume molare (Vm = V/n) del gas reale e quelloV ā¦m del gas ideale alla stessa pressione e temperatura:
Z =VmV ā¦m
Lāequazione si ricava molto semplicemente.
La legge del gas ideale riscritta in termini del volume molare eā:
PV ā¦ = nRT
P
(V ā¦
n
)
= RT
PV ā¦m = RT
Chiaramente, per un gas reale alla stessa temperatura e pressione, ilvolume molare Vm eā diverso da quello del gas ideale e quindi si ha:
PVm 6= RT
20
-
Tuttavia, si puoā ottenere unāequazione di stato per il gas reale moltosimile a quella del gas ideale introducendo il volume molare del gas realegrazie alla definizione del fattore di compressione:
PV ā¦m = RT
P
(VmZ
)
= RT
PVm = ZRT
PV = ZnRT
Lāutilitaā di questa relazione staā nel fatto che la sua forma analitica eāmolto simile a quella dellāequazione del gas ideale e quindi ne mantienetutti i vantaggi dovuti alla sua semplicitaā.
Naturalmente, il āprezzo da pagareā eā che Z varia con la pressione e latemperatura, oltre che, ovviamente, con la natura del gas considerato.
Lāandamento di Z in funzione della pressione a temperatura costante eānormalmente quello mostrato in questa figura (le tre curve si riferiscono atre diversi gas reali, ad esempio potrebbe trattarsi di CH4, C2H4 e CO2):
P
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
P
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
P
Z = 1
Z
gas 3gas 2
gas 1
gas ideale
Per il gas ideale si ha, ovviamente: Z = 1 ad ogni pressione.
Per i gas reali, in base a quanto detto prima (guardate la figura preceden-te), si ha solitamente:
ā Z ā 1 per P ā 0 (distanze intermolecolari grandi)
ā Z < 1 per pressioni moderatamente elevate (forze intermolecolariattrattive, gas reale piuā compressibile del gas ideale: Vm < V
ā¦m)
21
-
ā Z > 1 per pressioni decisamente elevate (forze intermolecolari repul-sive, gas reale meno compressibile del gas ideale: Vm > V
ā¦m)
ā¢ Un esempio ārealeā: il fattore di compressione dellāargon.
Lāandamento sperimentale del fattore di compressione dellāAr in funzionedella pressione a 160K eā mostrato nella figura [1]:
P(atm)
Z
P=380.7 atm
300025002000150010005000
6
5
4
3
2
1
0
Fittando lāandamento sperimentale nella regione in cui il fattore di com-pressione interseca la retta orizzontale Z = 1 con un polinomio di grado2, si puoā ricavare la pressione per cui Z = 1:
Z = 1ā P = 380.7 atm
Per tale pressione (a 160K) il comportamento dellāAr eā ideale (percheāZ = 1).
Ci aspettiamo quindi che in tali condizioni le forze di interazione fra gliatomi di Ar in fase gassosa siano nulle.
Possiamo verificare questa affermazione nel modo seguente.
La distanza media fra gli atomi di Ar a P = 380.7 atm e T = 160K si puoāricavare dallāequazione di stato del gas ideale (che possiamo applicare peripotesi):
PV = nRTV
n=
RT
P
Ora: V/n eā il volume per mole di atomi di Ar. Dividendo per il numero diAvogadro otteniamo il volume per atomo. Assumendo che tale volume sia
[1] W.J. Little. Tables of Thermodynamic Properties of Argon from 100 to 3000K. AE-DC, TDR / ARNOLD ENGINEERING DEVELOPMENT CENTER. Arnold EngineeringDevelopment Center, Air Force Systems Command, U.S. Air Force, 1964.
22
-
di forma cubica, la sua radice cubica ci daā il lato del cubo, che rappresentaanche la distanza media dĢ fra due atomi di Ar in 2 cubetti adiacenti. Indefinitiva:
dĢ = 3ā
1
Nā¦
V
n
= 3ā
RT
Nā¦P
= 3ā
0.082057Ć 160
6.022Ć 1023 Ć 380.7
= 3.854Ć 10ā9 dm
= 3.854 AĢ
Possiamo verificare che il valore per la distanza media cosiā ottenuto cor-risponde al minimo della curva sperimentale che rappresenta lāenergia diinterazione fra due atomi di Ar in funzione della distanza [1]:
distanza interatomica (AĢ)
energia
potenziale(eV)
r = 3.854 AĢ
65.554.543.5
0
ā¢ Unāaltra equazione di stato per gas reali particolarmente famosa eā lāequa-zione di Van der Waals:
(
P + a( n
V
)2)
(V ā nb) = nRT
dove i parametri a e b vanno determinati sperimentalmente per ciascungas, ma sono indipendenti da P, V, T .
[1] J.A. White. Lennard-jones as a model for argon and test of extended renormalizationgroup calculations. J.Chem.Phys., 111(20):9352ā9356, 1999.
23
-
ā¢ Lāequazione di Van der Waals eā suscettibile di unāinterpretazione semplice.
Se il gas fosse ideale, il prodotto della sua pressione per il suo volumesarebbe uguale a nRT . A causa della non idealitaā, pressione e volumeārealiā vengono ācorrettiā in modo che il loro prodotto sia ancora ugualea nRT .
ā¢ Il volume geometrico occupato da un gas reale ānon eā idealeā percheā lemolecole del gas reale, non essendo puntiformi, occupano un volume finito.Il volume Vcorretto che vedrebbe un gas ideale nelle stesse condizioni eāquindi minore di V , e in particolare:
Vcorretto = V āNv
dove N eā il numero totale di molecole del gas reale e v eā il volumeoccupato da una singola molecola. Introducendo il numero di moli n e ilnumero di Avogadro N ā¦ si ha:
Vcorretto = V āNv
= V ā nN ā¦v
= V ā nb
dove b = N ā¦v puoā quindi essere visto come il volume occupato da unamole delle molecole del gas reale.
ā¢ Per pressioni da basse a moderatamente elevate (per cui le molecole delgas si attraggono) la pressione esercitata dal gas reale eā minore di quellache eserciterebbe un gas ideale nelle stesse condizioni, a causa delle for-ze attrattive che si esercitano fra le molecole del gas reale. Da qui, lacorrezione ā +a (n/V )
2ā.
Il fatto che questa correzione sia proporzionale al quadrato della concen-trazione (n/V ) si spiega nel modo seguente. Il gas reale esercita una minorpressione percheā ogni singola molecola in prossimitaā di una parete del re-cipiente viene ātrattenutaā, a causa delle forze attrattive, da quelle chesi trovano nelle zone piuā interne. Questo effetto sulla singola moleco-la deve essere proporzionale alla concentrazione di molecole (maggiore eāquesta concentrazione, e maggiore il numero di molecole che ne attiranouna verso il centro del recipiente). La correzione totale saraā data dallacorrezione per una singola molecola moltiplicata per il numero totale dimolecole che si trovano adiacenti alle pareti. Ma questo numero totale eāa sua volta proporzionale alla concentrazione, per cui il risultato eā unaproporzionalitaā al quadrato della concentrazione.
In simboli, detta csingola la correzione da applicare a ogni singola mole-cola, npareti il numero totale di molecole prossime alle pareti e ctotale lacorrezione totale, si avraā:
24
-
ctotale = csingola Ć npareti
csingola = aā² n
V
npareti = aā²ā²n
V
ctotale = aā²n
Vaā²ā²
n
V
= a( n
V
)2
con a = aā² aā²ā²
La condensazione e il punto critico
ā¢ Una dimostrazione spettacolare di quanto le forze intermolecolari, assen-ti nel gas ideale, ma presenti nei gas reali, possano diventare importan-ti eā formita dalla compressione di un gas reale a temperatura costan-te (in generale, un processo che avvenga a temperatura costante si diceisotermo).
ā¢ Come abbiamo visto, per il gas ideale, la compressione isoterma (reversi-bile) eā descritta dallāequazione:
PV = costante
il cui grafico eā unāiperbole sul piano P vs. V .
ā¢ La compressione isoterma procede diversamente per un gas reale. Quandoil volume in cui eā confinato un gas reale viene ridotto a valori sufficiente-mente piccoli, il gas normalmente condensa, cioeā si ha una transizionedi stato gas/liquido.
ā¢ La spiegazione molecolare di cioā eā la seguente. Come vedremo in seguito,lāenergia cinetica delle molecole di un gas dipende solo dalla temperatura:in particolare, essa eā indipendente dalla distanza intermolecolare. Dāaltrocanto, come abbiamo giaā visto (pag. 18), lāenergia (e la forza) di intera-zione fra le molecole dipende dalla distanza intermolecolare e aumenta aldiminuire di essa (nel range di distanze intermolecolari non troppo picco-le). Allora, se il volume di una gas viene ridotto a temperatura costante,lāenergia cinetica delle molecole non cambia, mentre le forze di attrazionefra le molecole aumentano (percheā la distanza intermolecolare diminui-sce). Ne segue che, quando il volume si riduce sufficientemente, le forzeattrattive prendono il sopravvento e le molecole restano reciprocamenteprigioniere dei rispettivi campi di forza, provocando cosiā il passaggio dallostato gassoso a quello liquido.
25
-
ā¢ La figura qui sotto mostra una serie di isoterme per un gas reale nel pianoPV che potrebbero essere realizzate racchiudendo il gas in un cilindrodotato di un pistone scorrevole. Descriviamo cosa succede lungo il percorsoABCDEF mostrato.
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
ā¢
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VC
PC
V
P
T > TC
T = TC
T < TC
F
E D CB A
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VC
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F
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T = TC
T < TC
F
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ā¢
ā¢ ā¢ ā¢ā¢ ā¢
VC
PC
ā¢ Nel tratto ABC il gas viene compresso: il volume diminuisce e la pressioneaumenta approssimativamente in accordo con lāandamento iperbolico delgas ideale. Man mano che ci si avvicina al punto C le molecole intera-giscono fra loro sempre piuā intensamente e quindi il comportamento sidiscosta sempre piuā da quello ideale.
ā¢ Al punto C il gas comincia a condensare: il cilindro ora contiene unafase liquida in equilibrio con la fase gassosa. Naturalmente, le condizionidi temperatura, volume e pressione a cui cioā avviene dipendono dallanatura del gas usato (cioeā se si tratta di idrogeno, ammoniaca, CO2 etc.)
ā¢ Nel tratto CDE, alla diminuzione di volume (ottenuta abbassando il pi-stone) non corrisponde un aumento di pressione. Invece, la pressioneresta costante. Cioā percheā la diminuzione del volume viene continua-mente compensata dalla condensazione. La pressione costante della fasegassosa in equilibrio con la fase liquida alla temperatura dellāisoterma eādetta tensione di vapore.
ā¢ In E tutto il gas eā condensato. Il pistone si trova a contatto della (unica)fase liquida
ā¢ Nel tratto EF stiamo comprimendo un liquido e quindi la pressione si im-penna molto piuā ripidamente che nel tratto precedente la condensazione.Per ridurre il volume anche solo di poco, bisogna esercitare una pressionemolto elevata.
ā¢ Nella figura sono mostrate altre isoterme a temperatura via via crescen-te. Man mano che la temperatura cresce, la condensazione inizia a volumi
26
-
sempre minori (percheā lāenergia cinetica delle molecole eā maggiore a tem-peratura maggiore e quindi la distanza intermolecolare deve diventare piuāpiccola affincheā le forze di attrazione riescano a vincere la tendenza dellemolecole a muoversi liberamente) e il processo si conclude in un intervallodi volume sempre minore (il volume a cui si conclude la condensazione eāmaggiore a temperatura maggiore semplicemente percheā il volume occu-pato dalla fase liquida quando tutto il gas eā condensato eā maggiore). Ipunti di inizio e fine condensazione giacciono su una curva a campana (lacurva tratteggiata nella figura).
ā¢ Ad una temperatura speciale, detta temperatura critica, TC , i volumidi inizio e fine condensazione si riducono ad un unico punto (vedere fi-gura) che viene detto punto critico. I corrispondenti valori del volumee della pressione vengono detti, rispettivamente, volume critico, VC epressione critica, PC .
ā¢ Nelle isoterme a temperatura maggiore di TC , il gas non condensa piuā,neppure a pressioni molto elevate. Il sistema non diventa mai bifasico.La spiegazione molecolare eā che, anche se le molecole vengono costrettea stare molto vicine, la loro energia cinetica (legata alla temperatura,come vedremo) eā troppo elevata affincheā le forze intermolecolari possanoimprigionarle e si abbia quindi la condensazione.
ā¢ Lāunica fase che si ha per T > TC eā a rigori un gas, percheā occupauniformemente tutto il volume a disposizione. Tuttavia, la densitaā diquesto āgasā puoā essere molto maggiore di quella dei gas in condizioniordinarie. Per questo motivo, si usa preferibilmente la definizione di fluidosupercritico.
27
-
Atkins, capitolo 2
Il primo principio della termodinamica
ā¢ Il primo principio della termodinamica eā una versione per sistemi termo-dinamici del piuā generale principio di conservazione dellāenergia.
Noi enunceremo il primo principio per sistemi chiusi e tali che le unicheforme di energia che possono scambiare con lāambiente siano calore elavoro.
Assumeremo, quindi, che tanto lāenergia potenziale quanto lāenergia ci-netica del sistema considerato come un tutto unico non cambino oppurecambino solo in modo trascurabile.
ā¢ Nel compiere una trasformazione fra uno stato di equilibrio iniziale e unostato di equilibrio finale, un sistema del tipo descritto sopra puoā assorbiree/o cedere energia allāambiente in forma di calore e/o lavoro.
Molto spesso si trova sperimentalmente che il bilancio fra lāenergia assor-bita e quella ceduta durante il processo non sia in paritaā.
Piuā in particolare possono verificarsi tutti i casi possibili:
ā nel sistema entra piuā energia di quanta ne esceā nel sistema entra ed esce la stessa quantitaā di energiaā nel sistema entra meno energia di quanta ne esce
ā¢ Si potrebbe essere tentati di pensare che, tranne per il caso in cui lāenergiaentrata eā uguale a quella uscita, il principio di conservazione dellāenergiasia stato violato:
ā se nel sistema entra piuā energia di quanta ne esce, sembra che cisia stata una āsparizioneā di energia
ā se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, sembra chedellāenergia sia stata prodotta ādal nullaā
ā¢ Ebbene, il primo principio della termodinamica sancisce che in nessun casola conservazione dellāenergia eā venuta meno.
Esso infatti postula lāesistenza di una forma di energia posseduta intrinse-camente dal sistema e per questo detta energia interna (indicata spessocon il simbolo U).
Allora:
ā se nel sistema entra piuā energia di quanta ne esce, la differenzanon eā sparita, ma si ritrova come incremento
āU = Ufinale ā Uiniziale > 0
dellāenergia interna del sistema
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-
ā se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, lāenergia sup-plementare in uscita non si eā prodotta dal nulla, bensiā eā il sistemache lāha fornita, diminuendo di
āU = Ufinale ā Uiniziale < 0
la propria energia interna
ā¢ Il bilancio energetico sancito dal primo principio eā veramente semplice.
Considerate la seguente analogia.
Supponete di avere un credito presso una persona, un debito verso unāaltrae una somma di denaro (non serve sapere quanto) in tasca.
Ora immaginate di riscuotere il credito e pagare il debito.
Si possono verificare tutti e soli i seguenti casi:
ā il credito e il debito erano della stessa entitaā: potete saldare ildebito con il denaro riscosso come credito e la somma che avevatein tasca rimane immutata.
ā il credito era maggiore del debito: potete pagare il debito con unaparte del credito; il resto del credito rimane a voi e alla fine lasomma di denaro che avete in tasca eā aumentata.
ā il credito era minore del debito: per pagare il debito userete tuttoil denaro riscosso come credito, ma in piuā dovrete aggiungere deldenaro prendendolo da quello che avevate in tasca e alla fine lasomma di denaro che avete addosso eā diminuita.
Ora fate le sostituzioni:
voi ā sistemadenaro riscosso come credito ā energia che entra nel sistemadenaro pagato per saldare il debito ā energia che esce dal sistemadenaro nelle vostre tasche ā energia interna
e avete esattamente il bilancio del primo principio.
ā¢ Eā anche molto semplice scrivere il bilancio energetico del primo principioin forma matematica.
Se chiamiamoEin lāenergia che entra nel sistema durante un processo, Eoutquella che ne esce, Uiniziale e Ufinale lāenergia interna del sistema prima edopo la trasformazione, allora dovrebbe essere chiaro che la conservazionedellāenergia eā espressa dalla seguente equazione:
Uiniziale + Ein = Ufinale + Eout
ovvero:
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-
āU = Ein ā Eout
dove il termine āU = UfinaleāUiniziale, potendo essere positivo, negativoo nullo, eā il āsalvatoreā della conservazione dellāenergia.
Infatti:
ā se Ein > Eout, allora si avraā āU > 0, cioeā una parte dellāener-gia entrata nel sistema eā andata ad incrementare la sua energiainterna.
ā se Ein < Eout, allora si avraā āU < 0, cioeā una parte dellāenergiache esce dal sistema proviene dalla sua energia interna, che quindieā diminuita
ā se Ein = Eout, allora si avraā āU = 0, cioeā entra ed esce la stessaquantitaā di energia e quindi lāenergia interna del sistema restainvariata.
ā¢ Notate: non eā possibile conoscere la āquantitaā totaleā di energia interna,U , posseduta da un sistema: il primo principio mette in relazione i flussi dienergia che entrano ed escono dal sistema (e che sono le uniche quantitaādi energia che noi possiamo misurare) con la variazione, āU , di energiainterna e non semplicemente con U (esattamente come dalla conoscenzadel denaro riscosso come credito e di quello versato a debito non eā possibileconoscere quanto denaro avevate in tasca, ma solo di quanto tale sommaeā cambiata).
Come appariraā chiaro nel seguito, tuttavia, le variazioni di U (e non Ustessa) costituiscono tutto cioā che serve per le applicazioni pratiche dellatermodinamica.
Lāenergia interna eā una funzione di stato
ā¢ Riprendiamo lāespressione matematica del primo principio:
āU = Ein ā Eout
Ora: uno stesso processo, cioeā un processo caratterizzato da stati di equi-librio iniziale e finale identici, si puoā realizzare in infiniti modi diversi:diciamo che a paritaā di stato iniziale e finale, ci sono infiniti percorsi cheli collegano.
Lungo ciascun percorso, saranno diverse, in generale, le due quantitaāEin ed Eout: di conseguenza, ci si potrebbe (lecitamente) aspettare cheāU dipenda dal particolare percorso seguito dal sistema per andare dallo(stesso) stato iniziale allo (stesso) stato finale.
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ā¢ Ebbene, lāesperienza mostra che non eā questo il caso.
Se un sistema compie un processo fra il medesimo stato iniziale e il mede-simo stato finale attraverso diversi percorsi, mentre le quantitaā di ener-gia scambiate dipendono (in generale) dal particolare percorso seguito, lavariazione di energia interna ne eā indipendente.
ā¢ Supponiamo che il sistema si trasformi dallo statoA allo stato B attraversoi due diversi percorsi p e pā²:
pā²
p
B
A
pā²
p
B
A
Se indichiamo con Ein ed Eout lāenergia entrata e uscita dal sistema lungoil percorso p e con Eā²in ed E
ā²out quella entrata e uscita lungo il percorso p
ā²,allora, in generale, si avraā:
Ein 6= Eā²
in
Eout 6= Eā²
out
ma lāesperienza mostra che si ha sempre:
Ein ā Eout = Eā²
in ā Eā²
out
(purcheā, ovviamente, gli stati di equilibrio iniziale e finale siano sempregli stessi)
ā¢ Quanto sopra significa che lāenergia interna di un sistema eā funzione sola-mente del suo stato termodinamico di equilibrio, cioeā lāenergia internaeā una funzione di stato.
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ā¢ Eā importante notare che la caratteristica dellāenergia interna di essereuna funzione di stato non deriva da alcuna considerazione teorica: eā sem-plicemente un fatto sperimentale. Cioeā non esiste esperimento docu-mentato in cui si sia misurata una diversa variazione di energia internaper due percorsi alternativi che connettano lo stesso stato iniziale con lostesso stato finale.
ā¢ Questo eā il motivo per cui il primo principio si chiama, appunto, āprinci-pioā. In generale, nel linguaggio scientifico, un principio (o āleggeā) eā unpostulato nato (e mai smentito!) dallāosservazione sperimentale, ma nondimostrabile per via logico/matematica.
Calore e lavoro
ā¢ I sistemi termodinamici di cui ci interessiamo possono scambiare energiacon lāambiente in due sole forme: calore e lavoro.
Per i motivi che appariranno chiari successivamente, eā conveniente scrive-re lāenergia in entrata e in uscita dal sistema esplicitamente come sommadi un termine di calore q e uno di lavoro w. In tal modo il primo principiodiventa:
āU = Ein ā Eout
āU = qin + win ā (qout + wout)
ovvero:
āU = (qin ā qout) + (win ā wout)
Le due differenze al secondo membro sono, rispettivamente, il calorenetto e il lavoro netto entrati nel sistema durante il processo.
Possiamo indicare queste quantitaā semplicemente con q e w. Otteniamocosiā la forma piuā nota del primo principio della termodinamica:
āU = q + w
ā¢ Lāunitaā di misura per lāenergia interna, il calore ed il lavoro nel sistemainternazionale eā il Joule:
1 J = 1 N m
= 1 kg m2 sā2
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Molto usata eā anche la ācaloriaā e la ākilo-caloriaā:
1 cal = 4.184 J
1 kcal = 103 cal
ā¢ Notate che, per come sono state definite, q e w sono quantitaā algebri-che, cioeā possono avere segno positivo o negativo (oltre che essere nulle,ovviamente):
q T 0 ā qin T qoutw T 0 ā win T wout
ā¢ La definizione:
q = (qin ā qout)
w = (win ā wout)
viene detta āconvenzione egoisticaā, nel senso che eā positivo tutto cioāche entra nel sistema. Infatti, q (w) eā positivo quando qin > qout (win >wout), cioeā quando il calore (lavoro) entrato nel sistema eā maggiore diquello uscito.
ā¢ Talvolta, soprattutto nei testi piuā vecchi, potreste trovare il primo prin-cipio scritto cosiā:
āU = q ā w
Questa espressione si ricava scrivendo il bilancio energetico in questomodo:
āU = (qin ā qout)ā (wout ā win)
che implica la definizione:
w = wout ā win
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In tal modo, diversamente dal caso precedente, il lavoro eā positivo quandoesce dal sistema (mentre la definizione del calore scambiato eā la stessa).
Naturalmente, entrambe le forme sono corrette, una volta che si abbia benchiaro il significato dei simboli.
La seconda convenzione nasce dallāidea che il lavoro āutileā (e quindiādegnoā del segno positivo) sia quello compiuto dal (e non sul) sistema.
Nel nostro corso adotteremo la convenzione egoistica.
ā¢ Con riferimento allāequazione vista sopra, la formulazione del primo prin-cipio della termodinamica eā:
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna e tale che la sua variazione quando un sistemachiuso compie un processo qualsiasi fra due stati di equilibrio eāuguale alla somma del calore assorbito e del lavoro compiuto sudi esso.
ā¢ Si trovano spesso formulazioni alternative e āparzialiā del primo principio,sempre basate sullāequazione vista sopra.
Se un sistema eā racchiuso da pareti adiabatiche non puoā scambiare caloree quindi: q = 0ā āU = w. In questo caso, il primo principio suona cosiā:
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna e tale che la sua variazione quando un sistemachiuso compie un processo adiabatico fra due stati di equilibrioeā uguale al lavoro compiuto su di esso.
Se un sistema eā isolato, non puoā scambiare neā calore neā lavoro e quindi:q = w = 0ā āU = 0. In questo caso, il primo principio suona cosiā:
Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna che si conserva per i sistemi isolati.
Qualche chiarimento sul lavoro
ā¢ Gli ingredienti del primo principio sono il calore e il lavoro ed eā fonda-mentale comprendere bene cosa significa che queste due forme di energiapossano āentrareā o āuscireā da un sistema.
ā¢ Per quanto riguarda i flussi di calore, non dovrebbe esserci alcun problema:il calore eā una forma di energia che viene scambiata per effetto di differenzedi temperatura e tutti abbiamo unāidea chiara di cosa significhi che delcalore entra o esce da un sistema.
A tutti dovrebbe essere assolutamente chiaro che:
ā se un sistema eā racchiuso da pareti adiabatiche non si ha neā en-trata (sinonimi: assorbimento, acquisto) neā uscita (sinonimi: ces-sione, perdita) di calore dal sistema (ovviamente, lo stesso vale perlāambiente)
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ā se le pareti che racchiudono il sistema sono diatermiche, cioeā nonadiabatiche, allora:
se Tamb > Tsist si avraā passaggio di calore dallāambiente alsistema; calore entra nel sistema; calore escedallāambiente; il sistema acquista calore; lāam-biente perde calore; il sistema si riscalda; lāam-biente si raffredda.In questo caso il processo viene detto endo-termico
se Tamb < Tsist si avraā passaggio di calore dal sistema al-lāambiente; calore esce dal sistema; calore en-tra nellāambiente; il sistema perde calore; lāam-biente acquista calore;il sistema si raffredda;lāambiente si riscalda.In questo caso il processo viene detto esoter-mico
ā¢ Per quanto riguarda il lavoro, potrebbe esserci qualche incertezza su cosasignifichi esattamente che del lavoro entra o esce da un sistema.
Innanzitutto:
ā energia che entra nel sistema sotto forma di lavoro significa chedel lavoro viene compiuto sul sistema dallāambiente;
ā energia che esce dal sistema sotto forma di lavoro significa che dellavoro viene compiuto dal sistema sullāambiente;
ā¢ Quindi il problema puoā essere riformulato in questo modo: come si sta-bilisce se un agente (il sistema o lāambiente) compie del lavoro oppure sedel lavoro viene compiuto su di esso?
ā¢ Diamo per scontata la nozione di lavoro meccanico: quando una forza ~Fagisce su un oggetto che si sposta di un tratto ~s, viene compiuto un lavorodato dal prodotto scalare fra la forza e lo spostamento:
w = ~F Ā· ~s
Per definizione, il lavoro eā una grandezza scalare.
A seconda dellāangolo fra la forza e lo spostamento il segno del lavoro puoāessere positivo o negativo (se lāangolo in questione eā pari a 90ā¦, il lavoroeā ovviamente nullo).
ā¢ Se w > 0, cioeā se la proiezione della forza lungo la direzione dello sposta-mento dellāoggetto e lo spostamento stesso hanno lo stesso verso, alloradiciamo che la forza, ovvero lāagente che la applica, ha compiuto dellavoro sullāoggetto. Ad esempio: compiamo un lavoro su una scrivaniase la spingiamo in salita su un piano inclinato. Oppure: compiamo unlavoro su un corpo se lo solleviamo nel campo gravitazionale.
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ā¢ Se w < 0, cioeā se la proiezione della forza lungo la direzione dello spo-stamento dellāoggetto e lo spostamento stesso hanno verso opposto, alloradiciamo che lāoggetto ha compiuto del lavoro sullāagente che ap-plica la forza. Ad esempio, se accompagnamo la discesa della scrivanialungo un piano inclinato, la forza da noi esercitata tenderebbe a far salirela scrivania, mentre la scrivania scende: forza e spostamento hanno versiopposti; non siamo noi a fare del lavoro sulla scrivania, ma la scrivania acompiere del lavoro su di noi. Oppure: se freniamo la caduta di un corponel campo gravitazionale, eā il corpo a compiere del lavoro su di noi, e nonil contrario.
ā¢ In generale, da un punto di vista intuitivo, diciamo che un agente compiedel lavoro quando ānon si sforza inutilmenteā: se spingo la scrivania, essasi muove nel verso in cui applico i miei sforzi, che quindi ānon sono vaniā;viceversa, se faccio uno sforzo per accompagnare la scrivania nella suadiscesa lungo il piano inclinato, lāimpressione che ho eā comunque quelladi āsforzarmi inutilmenteā: nonostante io tiri verso suā, la scrivania scendeverso giuā (ovviamente, da un punto di vista pratico, i miei sforzi nonsono vani neppure in questo caso: se non accompagnassi la scrivania, essaaccelererebbe lungo la discesa e potrebbe fracassarsi!).
ā¢ Possiamo quindi dire che il sistema compie del lavoro sullāambientequando una parte del sistema e/o dellāambiente si muove nella stessadirezione della forza che il sistema applica (ovvero in direzione oppo-sta a quella della forza applicata dallāambiente): lāesempio piuā chiaro eālāespansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone.
Quando il sistema compie lavoro sullāambiente, energia sotto forma dilavoro viene trasferita dal sistema allāambiente e lāenergia interna del si-stema diminuisce. Piuā sinteticamente diciamo che del lavoro eā uscito dalsistema.
ā¢ Analogamente, possiamo dire che lāambiente compie del lavoro sulsistema quando una parte del sistema e/o dellāambiente si muove nellastessa direzione della forza che lāambiente applica (ovvero in direzioneopposta a quella della forza applicata dal sistema): lāesempio piuā chiaroeā la compressione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone.
Quando lāambiente compie lavoro sul sistema , energia sotto forma di lavo-ro viene trasferita dallāambiente al sistema e lāenergia interna del sistemaaumenta. Piuā sinteticamente diciamo che del lavoro eā entrato nel sistema.
ā¢ In termodinamica, il lavoro che un sistema puoā compiere o subire noneā limitato alla sola forma del lavoro meccanico; si puoā avere infatti dellavoro elettrico, del lavoro chimico, del lavoro di magnetizzazione e cosiāvia.
Tuttavia, qualsiasi tipo di lavoro puoā essere sempre ricondotto (anchesolo concettualmente) ad un lavoro meccanico in cui un peso soggetto allaforza di gravitaā subisce un innalzamento o un abbassamento.
ā¢ Ad esempio, se un sistema termodinamico eā costituito da un conduttoremetallico attraverso il quale una batteria (lāambiente) forza il passaggio diuna carica elettrica pari a Q soggetta ad una differenza di potenziale āV ,
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il sistema subisce un lavoro elettrico w = QāV che si potrebbe ottenerein modo equivalente facendo discendere di un tratto h un corpo di massam collegato ad un magnete girevole allāinterno di un solenoide. Il tratto hdi cui il corpo dovrebbe discendere soddisfa la condizione:
mgh = QāV
dove g eā lāaccelerazione di gravitaā.
Il lavoro elettrico subito dal sistema eā stato ricondotto ad un lavoromeccanico compiuto dalla forza di gravitaā.
ā¢ In generale, possiamo dire che il sistema compie lavoro (cioeā energiasotto forma di lavoro esce dal sistema) ogni volta che il lavoro scambia-to dal sistema con lāambiente puoā essere ricondotto al sollevamento diun corpo; il lavoro compiuto dal sistema eā dato dallāaumento di energiapotenziale gravitazionale del corpo.
Analogamente, possiamo dire che del lavoro viene compiuto sul sistema(cioeā energia sotto forma di lavoro entra nel sistema) ogni volta che illavoro scambiato dal sistema con lāambiente puoā essere ricondotto alla di-scesa di un corpo; il lavoro compiuto sul sistema eā dato dalla diminuzionedi energia potenziale gravitazionale del corpo.
ā¢ Un altro modo semplice e intuitivo per decidere con sicurezza se il sistemacompie o subisce del lavoro eā il seguente.
In generale, lāenergia (anche lāenergia interna) puoā essere definita quali-tativamente come āla capacitaā di compiere lavoroā.
Questo eā un concetto estremamente intuitivo: normalmente, se vediamouna persona lavorare di buona lena, diciamo che āha molta energiaā.
Eā altrettanto intuitivo il fatto che piuā lavoro si compie, e meno si eā dispo-sti a compierne dellāulteriore: se cominciamo a fare un lavoro faticoso almattino, dopo una notte di buon riposo, inizialmente procediamo spediti,ma, man mano che lavoriamo, la voglia di andare avanti diminuisce sem-pre piuā. La nostra energia, cioeā la nostra capacitaā di compiere lavoro,diminuisce man man che compiamo lavoro.
Allāopposto, se del lavoro viene compiuto su di noi (in questo caso saraā delālavoro chimicoā dovuto alle reazioni che avvengono quando mangiamo delcibo o dormiamo), la nostra capacitaā a compiere lavoro (la nostra energia)aumenta.
Allora: per capire subito se del lavoro eā stato fatto dal sistema o sulsistema, spesso basta chiedersi se in seguito ad esso la capacitaā del sistemadi compiere dellāulteriore lavoro eā aumentata o diminuita:
ā se in seguito a del lavoro scambiato con lāambiente la capacitaādel sistema di compiere dellāulteriore lavoro eā aumentata, allora illavoro scambiato eā stato fatto sul sistema.Ad esempio, se il gas contenuto in un cilindro con pistone vienecompresso (scambio di lavoro), la sua capacitaā di compiere dellāul-teriore lavoro eā aumentata (il gas puoā sollevare un peso maggiore
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se viene lasciato espandere): la compressione di un gas eā quindiun lavoro fatto sul gas, percheā in seguito ad esso la sua capacitaādi compiere (ulteriore) lavoro eā aumentata.
ā se in seguito a del lavoro scambiato con lāambiente la capacitaādel sistema di compiere dellāulteriore lavoro eā diminuita, allora illavoro scambiato eā stato fatto dal sistema.Se il gas contenuto in un cilindro con pistone viene lasciato espan-dere, la sua capacitaā di compiere dellāulteriore lavoro eā diminuita(dopo lāespansione, il gas riesce a sollevare un peso minore se vienelasciato espandere ulteriormente): lāespansione di un gas eā quindiun lavoro fatto dal gas, percheā ha diminuito la sua capacitaā dicompiere (ulteriore) lavoro (la sua energia).
Energia interna, lavoro e calore dal punto di vista microscopico
ā¢ La termodinamica classica prescinde totalmente dalla dimensione micro-scopica dei sistemi: cioeā ignora completamente lāesistenza di atomi, mo-lecole ed elettroni. Tuttavia eā molto utile porre in relazione le leggi e irisultati della termodinamica classica con la dimensione molecolare dellarealtaā.
ā¢ Da un punto di vista microscopico/molecolare, lavoro e calore sono en-trambi connessi ai moti molecolari, ma sono nettamente e facilmentedistinguibili:
ā si ha scambio di energia sotto forma di lavoro ogni volta che leparticelle di un sistema (elettroni, atomi, molecole) si muovono inmodo ordinato: un pistone che si solleva, una ruota che gira, unflusso di elettroni in un circuito elettrico etc.
ā si ha scambio di energia sotto forma di calore ogni volta che le par-ticelle di un sistema si muovono in modo caotico e disordinato:se un gas viene riscaldato a volume costante, non si ha alcun movi-mento ordinato (niente di macroscopico si muove), ma la velocitaāmedia del moto casuale delle sue molecole aumenta.
ā¢ Lāenergia interna di un sistema eā la somma dellāenergia cinetica e po-tenziale delle particelle che lo costituiscono. Da cioā si capisce facilmentecome lāenergia interna sia una grandezza estensiva, percheā la sua quan-titaā eā direttamente proporzionale a quella del sistema (se la quantitaā disistema raddopia, il numero di particelle raddoppia)
ā¢ Notate: lāenergia interna comprende non solo lāenergia cinetica delle mo-lecole e la loro energia potenziale di interazione, ma anche lāenergia deilegami fra gli atomi nelle molecole, lāenergia di interazione fra gli elettronie i nuclei di ciascun atomo, lāenergia di coesione delle particelle nuclearietc. etc.
Questo eā il motivo per cui non eā possibile conoscere la quantitaā totale dienergia interna posseduta da un sistema: la scomposizione di un sistema
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in āparticelleā puoā essere condotta a livelli sempre piuā āmicroscopiciā, eciascun livello porta un contributo allāenergia interna.
Per questo motivo lāenergia interna di un sistema viene spesso definitacome lāenergia necessaria a ācreare il sistema dal nullaā (nel vuoto).
La forma differenziale del primo principio
ā¢ Come appariraā chiaro nel seguito, eā utile considerare lāapplicazione delprimo principio della termodinamica ad un processo infinitesimo. Inun tale processo, sistema e ambiente scambiano quantitaā infinitesime dicalore e/o lavoro, che determinano, conseguentemente, una variazione infi-nitesima dellāenergia interna del sistema. Matematicamente, lāespressionedel primo principio per questo caso resta immutata, salvo che le quantitaāin gioco sono dei cosiddetti differenziali:
dU = Ī“q + Ī“w
ā¢ Chiariremo fra un attimo il significato dellāoggetto matematico che chia-miamo differenziale: per il momento, eā sufficiente sapere che esso rappre-senta il modo di esprimere una variazione piccola a piacere (infinitesima,appunto) di una qualche grandezza fisica.
ā¢ Il significato fisico della relazione scritta sopra eā il seguente.
Se un sistema scambia con lāambiente delle quantitaā molto piccole (ten-denti a zero) di lavoro (Ī“w) e calore (Ī“q), la sua energia interna variacorrispondentemente di una quantitaā infinitesima (dU).
ā¢ Un punto fondamentale riguarda la descrizione āmatematicaā delle tregrandezze contenute nellāuguaglianza.
Le tre quantitaā infinitesime sono state indicate, volutamente, in mododiverso: dU indica un cosiddetto differenziale esatto, mentre Ī“q e Ī“windicano dei differenziali inesatti.
ā¢ Dire che dU eā un differenziale esatto eā un modo di dire che lāenergiainterna di un sistema eā una funzione di stato. Cioeā: lāenergia internasi puoā scrivere come una funzione matematica di alcune variabilidi stato del sistema e quindi una sua variazione infinitesima si puoāesprimere con il differenziale di tale funzione (definiremo fra un momentoil differenziale di una funzione).
ā¢ Dāaltro canto, dire che Ī“q e Ī“w sono dei differenziali inesatti eā unmodo di dire che calore e lavoro non sono funzioni di stato. Non esisteuna funzione delle variabili di stato di un sistema che fornisca il calore oil lavoro ācontenutiā nel sistema in un certo stato di equilibrio.
Calore e lavoro sono grandezze fisiche definite solo in relazione al loroflusso dal sistema allāambiente o viceversa: cioeā, possiamo misu-rare senza difficoltaā quanto calore o lavoro viene trasferito dal sistemaallāambiente o viceversa, non possiamo misurare e neppure definire quantocalore o lavoro eā contenuto nel sistema o nellāambiente.
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ā¢ Una delle principali differenze fra una grandezza termodinamica che eāfunzione di stato (come lāenergia interna) e una che non lo eā (come ilcalore o il lavoro) consiste nel fatto che, durante un processo che collegalo stesso stato iniziale allo stesso stato finale, la variazione della prima eāindipendente dal percorso seguito, mentre quella della seconda dipendeda come il processo eā stato eseguito (ad esempio se il processo eā statoreversibile o irreversibile).
ā¢ Possiamo illustrare questo punto con un esempio giaā fatto in generale.Consideriamo lāapplicazione del primo principio ad un processo A ā Bcompiuto attraverso due percorsi diversi p e pā²:
pā²
p
B
A
pā²
p
B
A
Se indichiamo con q e w il calore e il lavoro scambiati lungo il percorsop e con qā² e wā² le corrispondenti quantitaā scambiate lungo pā², allora, ingenerale, si avraā:
q 6= qā²
w 6= wā²
percheā calore e lavoro non sono funzioni di stato (per questo motivo leloro variazioni infinitesime vengono definite ādifferenziali inesattiā).
Invece, siccome lāenergia interna eā una funzione di stato, si avraā (nonsolo per p e pā², ma per qualsiasi altro percorso):
āU = āU ā²
(per questo motivo una variazione infinitesima di energia interna si defi-nisce ādifferenziale esattoā)
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ā¢ Notate: mentre calore e lavoro, presi singolarmente, dipendono dalla tra-iettoria seguita dal sistema nello spazio delle sue coordinate termodinami-che per compiere un processo, la loro somma ne eā indipendente:
āU = āU ā²
ā
q + w = qā² + wā²
ā¢ Se ci pensate, il fatto che calore e lavoro non siano funzioni di stato eā per-fettamente ragionevole. Una volta che calore e lavoro entrano nel sistema,la loro āidentitaā ā viene completamente perduta e sia lāuno che lāaltroādiventanoā energia interna. Lo stesso vale se consideriamo il calore e illavoro che escono dal sistema: entrambi hanno la stessa origine, e cioeādi nuovo lāenergia interna del sistema. Siccome calore e lavoro, una voltaentrati nel sistema, diventano āla stessa cosaā (energia interna), non eāpossibile e non avrebbe neppure senso parlare di calore e lavoro contenutinel sistema: lāunica forma di energia presente allāinterno del sistema eālāenergia interna (che, infatti, eā funzione di stato).
Digressione matematica sui differenziali
ā¢ A questo punto eā opportuna una piccola digressione matematica sul con-cetto di differenziale.
ā¢ Il differenziale di una funzione di una variabile f (x) eā indicato con df edeā la funzione di due variabili x e āx definita nel modo seguente:
df (x,āx) = f ā² (x)āx
dove f ā² (x) eā la derivata prima della funzione e āx eā un incremento(arbitrario) della variabile indipendente x.
Nella notazione, usualmente si sopprimono gli argomenti x e āx, per cuiil differenziale si scrive normalmente come df . Se la funzione viene scrittacome y = f (x), allora il suo differenziale viene spesso indicato con dy .
ā¢ Per la funzione identitaā y = f (x) = x si ha:
df (x,āx) = dy (x,āx) = dx (x,āx) = dx = f ā² (x)āx
=d
dx(x)āx
= 1Ćāx
= āx
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e quindi eā invalso lāuso di scrivere dx al posto di āx:
df (x,āx) = f ā² (x) dxoppure df (x) = f ā² (x) dxoppure df = f ā² (x) dxoppure dy = f ā² (x) dx
ā¢ Il significato geometrico del differenziale di una funzione si puoā vedere inquesta figura:
f (x)
Ī¾ = dy
Ē«
āy
x+āxx
f (x)
Ī¾ = dy
Ē«
āy
x+āxx
f ā² (x) eā la pendenza della retta tangente al grafico della funzione nel puntodi coordinate (x, f (x)). Allora, detto āx uno spostamento lungo lāasse x apartire da x e detto, per il momento, Ī¾ il corrispondente spostamento lungolāasse y determinato nella retta tangente, per la pendenza deve valere:
f ā² (x) =Ī¾
āx
ovvero:
Ī¾ = f ā² (x)āx
= dy
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In pratica, quindi, il differenziale dy rappresenta lāapprossimazione linea-re alla variazione della funzione āy per la variazione āx (= dx ) dellavariabile indipendente.
Cioeā, in altre parole, se la variabile indipendente x varia di āx (= dx ),la variazione della funzione eā āy, e sarebbe pari a dy se la funzionecoincidesse con la sua retta tangente nel punto di coordinate (x, f (x)).
ā¢ Lāutilitaā del differenziale di una funzione si comprende sulla base dellaseguente semplice proprietaā:
limāxā0
āy = dy
cioeā: per una piccola variazione della variabile indipendente x (āxā 0),la variazione della funzione (āy) tende a coincidere con il suo differenziale(dy).
La dimostrazione dellāuguaglianza su scritta eā molto semplice:
limāxā0
āy = limāxā0
(f (x+āx)ā f (x))
= limāxā0
f (x+āx) ā f (x)
āxdx (NOTA: moltiplico e divido per āx = dx )
= f ā² (x) dx
= dy
percheā:
limāxā0
f (x+āx)ā f (x)
āx= f ā² (x) per definizione
e
limāxā0
dx = dx sempre
ā¢ Quindi: se una grandezza fisica y eā esprimibile come una funzione mate-matica di unāaltra grandezza fisica x, allora la variazione infinitesima di yconseguente ad una variazione infini