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Atkins, capitolo 1 Termodinamica La termodinamica si occupa delle trasformazioni di energia e in particolare delle trasformazioni di calore in altre forme di energia (genericamente lavoro). La termodinamica chimica mette in relazione le trasformazioni di energia con le trasformazioni chimiche e/o ļ¬siche di un campione di materia che spes- so le accompagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione e/o reazioni chimiche). Sistema (termodinamico) Deļ¬niamo sistema termodinamico una regione delimitata dellā€™universo che costituisce il nostro oggetto di studio. La delimitazione puoā€™ essere costituita da conļ¬ni ļ¬sici (e.g. le pareti di un recipiente) o semplicemente ideali (e.g. se il sistema eā€™ una soluzione contenuta in un beaker, il conļ¬ne fra la soluzione e lā€™atmosfera non eā€™ deļ¬nito da una parete ļ¬sica). Come vedremo, in termodinamica cioā€™ che non eā€™ il sistema eā€™ importante quanto il sistema stesso. Cioā€™ che non eā€™ il sistema viene detto ambiente o anche il resto dellā€™universo. Sistemi aperti, chiusi, isolati Un sistema puoā€™ scambiare massa e/o energia con lā€™ambiente. Da questo punto di vista un sistema puoā€™ essere: aperto se puoā€™ scambiare con lā€™ambiente sia massa che energia (esempio: il corpo umano) chiuso se puoā€™ scambiare con lā€™ambiente energia ma non massa (esempio: un gas racchiuso in un cilindro con pistone) isolato se non scambia con lā€™ambiente neā€™ massa neā€™ energia (esempio: lā€™universo) Stato Lo stato ļ¬sico (o stato termodinamico o semplicemente stato) di un sistema eā€™ lā€™insieme dei valori di tutte le proprietaā€™ ļ¬siche che esso possiede. Si dice che un sistema si trova in uno stato deļ¬nito se tutte le sue proprietaā€™ ļ¬- siche hanno valori deļ¬niti (e.g. un cubetto di ghiaccio immerso in una tazzina di caļ¬€eā€™ non si trova in uno stato deļ¬nito, percheā€™ la temperatura, la composizione etc non hanno valori deļ¬niti). Uno stato deļ¬nito di un sistema si dice stato di equilibrio termodinamico se i valori di tutte le proprietaā€™ del sistema sono indipendenti dal tempo e il sistema non scambia massa e/o energia con lā€™ambiente. 1

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  • Atkins, capitolo 1

    Termodinamica

    La termodinamica si occupa delle trasformazioni di energia e in particolaredelle trasformazioni di calore in altre forme di energia (genericamente lavoro).La termodinamica chimica mette in relazione le trasformazioni di energiacon le trasformazioni chimiche e/o fisiche di un campione di materia che spes-so le accompagnano (e.g. cambiamenti di stato di aggregazione e/o reazionichimiche).

    Sistema (termodinamico)

    Definiamo sistema termodinamico una regione delimitata dellā€™universo checostituisce il nostro oggetto di studio. La delimitazione puoā€™ essere costituitada confini fisici (e.g. le pareti di un recipiente) o semplicemente ideali (e.g. seil sistema eā€™ una soluzione contenuta in un beaker, il confine fra la soluzione elā€™atmosfera non eā€™ definito da una parete fisica).Come vedremo, in termodinamica cioā€™ che non eā€™ il sistema eā€™ importante quantoil sistema stesso. Cioā€™ che non eā€™ il sistema viene detto ambiente o anche ilresto dellā€™universo.

    Sistemi aperti, chiusi, isolati

    Un sistema puoā€™ scambiare massa e/o energia con lā€™ambiente. Da questo puntodi vista un sistema puoā€™ essere:

    aperto se puoā€™ scambiare con lā€™ambiente sia massa che energia (esempio: ilcorpo umano)

    chiuso se puoā€™ scambiare con lā€™ambiente energia ma non massa (esempio:un gas racchiuso in un cilindro con pistone)

    isolato se non scambia con lā€™ambiente neā€™ massa neā€™ energia (esempio:lā€™universo)

    Stato

    Lo stato fisico (o stato termodinamico o semplicemente stato) di un sistemaeā€™ lā€™insieme dei valori di tutte le proprietaā€™ fisiche che esso possiede.Si dice che un sistema si trova in uno stato definito se tutte le sue proprietaā€™ fi-siche hanno valori definiti (e.g. un cubetto di ghiaccio immerso in una tazzina dicaffeā€™ non si trova in uno stato definito, percheā€™ la temperatura, la composizioneetc non hanno valori definiti).Uno stato definito di un sistema si dice stato di equilibrio termodinamicose i valori di tutte le proprietaā€™ del sistema sono indipendenti dal tempo e ilsistema non scambia massa e/o energia con lā€™ambiente.

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  • (Stato stazionario: valori delle proprietaā€™ indipendenti dal tempo, ma il sistemascambia massa e/o energia: non eā€™ uno stato di equilibrio).

    Variabili di statoEā€™ un sinonimo per ā€œproprietaā€™ ā€. Ad esempio, volume, massa, densitaā€™,

    temperatura etc. sono variabili di stato.Una caratteristica essenziale delle variabili di stato eā€™ che i loro valori sonoindipendenti dalla ā€œstoriaā€ del sistema. Vuol dire che quando il sistema sitrova in un certo stato, i valori delle sue proprietaā€™ sono sempre gli stessi,indipendentemente da come il sistema ha raggiunto quello stato.Questo eā€™ il motivo per cui tali variabili vengono dette, appunto, ā€œdi statoā€.

    Variabili intensive ed estensive

    Le variabili di stato possono essere di due tipi:

    intensive ad esempio, la pressione o la temperatura. Le variabili intensivenon dipendono dalla ā€œquantitaā€™ ā€ di sistema considerato. Cioeā€™,se dividiamo il sistema in piuā€™ parti, allora il valore della varia-bile intensiva nelle varie parti cosiā€™ ottenute eā€™ identico a quelloche la variabile aveva prima che il sistema venisse suddiviso.Ad esempio, se il sistema eā€™ un blocco di ferro alla temperaturadi 300C e lo dividiamo in due parti, ciascuna parte continua adavere la temperatura di 300C.

    estensive ad esempio, massa o volume. Le variabili estensive sono ad-dittive, cioeā€™ il loro valore eā€™ direttamente proporzionale allaā€œquantitaā€™ ā€ di sistema che si considera.Ad esempio, se il sistema eā€™ un blocco di ferro, raddoppiandonela quantitaā€™ (espressa, ad esempio, dalla sua massa) il volumeraddoppia.

    Molto spesso una variabile intensiva eā€™ definita come rapporto fra due variabiliestensive (ā€œqualcosaā€ per unitaā€™ di ā€œqualcosā€™altroā€). Ad esempio, la densitaā€™(chiaramente una proprietaā€™ intensiva) eā€™ definita come il rapporto fra la massae il volume (due proprietaā€™ estensive) di un sistema: si dice che la densitaā€™ eā€™ laā€œmassa per unitaā€™ di volumeā€.Un altro esempio eā€™ la concentrazione (intensiva), definita come rapporto fra ilnumero di moli (estensiva) e il volume o la massa (estensive): ā€œnumero di moliper unitaā€™ di volumeā€ (ad esempio la molaritaā€™) o ā€œnumero di moli per unitaā€™ dimassaā€ (ad esempio la molalitaā€™).

    Equazioni di stato

    Eā€™ possibile ricavare, il piuā€™ delle volte per via sperimentale, delle relazioni ma-tematiche che legano fra loro due o piuā€™ variabili di stato per un sistema che sitrovi allā€™equilibrio. Tali relazioni vengono dette equazioni di stato.Ad esempio, per un sistema costituito da una mole di acqua alla pressione di1 bar eā€™ possibile descrivere la variazione del volume V con la temperatura T inun range abbastanza ampio tramite la seguente relazione:

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  • V = a+ bT + cT 2 + dT 3 (n = 1, P = 1 bar)

    dove i coefficienti a, b, c, d sono indipendenti da T e vengono determinati fittandodati sperimentali.Il caso piuā€™ familiare eā€™ lā€™equazione di stato del gas perfetto (su cui torneremo),che lega matematicamente la pressione P , il volume V , la temperatura T e ilnumero di moli n del gas ideale:

    PV = nRT

    Eā€™ importante notare che, mentre lā€™esistenza delle equazioni di stato eā€™ un fat-to sperimentale (cioeā€™, si trova sperimentalmente che fissando i valori di alcunevariabili di stato, allora quelli di altre variabili vengono automaticamente de-terminati), la forma funzionale delle equazioni di stato eā€™ il piuā€™ delle voltesconosciuta e di norma le equazioni di stato vengono ricavate empiricamentecon procedure di best fit applicate a serie di dati sperimentali.

    Non tutte le variabili di stato sono indipendenti

    ā€¢ Eā€™ un fatto sperimentale che lo stato di un sistema eā€™ completamentedefinito dai valori di un sottoinsieme delle sue variabili di stato. Cioeā€™,fissati i valori delle variabili di questo sottoinsieme, i valori di tutte lealtre variabili sono automaticamente determinati.

    ā€¢ Ad esempio, per qualsiasi sistema costituito da unā€™unica fase di unā€™unicasostanza (sottintendiamo sempre in condizioni di equilibrio), tutte le varia-bili intensive restano univocamente determinate quando si fissino i valoridi due qualsiasi di esse (ad esempio temperatura e pressione). Le varia-bili estensive di tale sistema sono inoltre determinate dalle due variabiliintensive e da una qualsiasi variabile estensiva (ad esempio la massa).

    ā€¢ Notate che non ha importanza quali variabili si scelgono: invece di spe-cificare i valori di temperatura e pressione, si puoā€™ scegliere di specificarei valori di qualsiasi altre due variabili intensive, ad esempio viscositaā€™ eindice di rifrazione. La cosa che conta eā€™ il numero delle variabili chesono sufficienti a descrivere lo stato del sistema.

    ā€¢ Quindi, se scegliamo come variabili intensive la temperatura T e la pres-sione P , e come variabile estensiva la massa m, potremo dire che lā€™indicedi rifrazione Ī·, una variabile intensiva, eā€™ funzione di T e P :

    Ī· = Ī· (T, P )

    e cosiā€™ pure per la densitaā€™ d (unā€™altra variabile intensiva):

    d = d (T, P )

    3

  • Per il volume V , una proprietaā€™ estensiva, saraā€™:

    V = V (T, P,m)

    e cosiā€™ via.

    ā€¢ Notate: un gas ideale eā€™ proprio un sistema costituito da unā€™unica fase(gassosa) di unā€™unica sostanza. E infatti, per un gas ideale allā€™equilibrio,prendendo come variabili intensive la temperatura e la pressione e comevariabile estensiva il numero di moli n, si ha:

    V = V (T, P, n) =nRT

    P

    Funzioni di stato

    ā€¢ Per esprimere il fatto che una variabile di stato eā€™ completamente deter-minata da una funzione delle variabili indipendenti scelte per definire lostato di equilibrio di un sistema, si dice che tale variabile eā€™ una funzionedi stato.

    ā€¢ Ad esempio, per tornare al sistema costituito da unā€™unica fase di unasostanza pura, possiamo dire che lā€™indice di rifrazione Ī·, il volume V o ladensitaā€™ d sono funzioni di stato:

    Ī· = Ī· (T, P )

    V = V (T, P,m)

    d = d (T, P )

    ā€¢ Se eā€™ vero che si puoā€™ dire che tutte le variabili di stato sono funzioni distato, eā€™ altrettanto vero che nella maggioranza dei casi la forma analiticadi tali funzioni eā€™ (e resta) sconosciuta.

    Vedremo comunque che eā€™ sufficiente sapere che esiste una funzione distato per essere in grado di trarre utilissime conseguenze.

    ā€¢ Le funzioni di stato godono di una importante proprietaā€™ cui abbiamo giaā€™accennato parlando delle variabili di stato e che useremo molto spesso.

    Siccome una funzione di stato dipende unicamente dalle variabili chedescrivono lo stato di equilibrio di un sistema, il suo valore eā€™ in-dipendente dal percorso compiuto dal sistema per raggiungere quelparticolare stato di equilibrio.

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  • Un corollario importante di questa affermazione eā€™ il seguente.

    Supponiamo che un sistema compia una trasformazione partendo dallostato di equilibrio iniziale A e arrivando allo stato di equilibrio finale B.

    Allora, se F eā€™ una funzione di stato del sistema, la variazione di Fdurante la trasformazione eā€™ indipendente dal percorso seguito perandare da A a B.

    pā€²

    p

    B

    A

    pā€²

    p

    B

    A

    In altre parole, detti p e pā€² due percorsi arbitrari che congiungono gli statidi equilibrio A e B, si avraā€™ sempre:

    [F (B)āˆ’ F (A)]lungo p = [F (B)āˆ’ F (A)]lungo pā€²

    ā€¢ Quella appena vista eā€™ una condizione necessaria e sufficiente per esserefunzione di stato: cioeā€™, se sperimentalmente si trova che la variazionedi una certa grandezza termodinamica durante una trasformazione fra imedesimi due stati di equilibrio eā€™ indipendente dal percorso seguito, allorala grandezza eā€™ una funzione di stato:

    funzione di stato ā‡ā‡’variazione in una trasformazio-ne eā€™ indipendente dal camminopercorso

    Processo termodinamico

    ā€¢ Eā€™ una trasformazione in cui il sistema passa da uno stato di equilibrio aun altro.

    ā€¢ Siccome lo stato di un sistema eā€™ lā€™insieme dei valori di tutte le proprietaā€™ fi-siche che esso possiede, ne segue che un processo consiste nel cambiamentodi una o piuā€™ proprietaā€™ del sistema.

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  • ā€¢ Se durante il passaggio dallo stato iniziale allo stato finale le variabili distato del sistema cambiano assumendo valori definiti, allora il processopuoā€™ essere rappresentato analiticamente da un percorso nello spazio (ingenerale multidimensionale) definito dalle variabili di stato del sistema.Ad esempio, lā€™espansione reversibile (il significato del termine reversibile eā€™spiegato fra un attimo) di una massa fissata di gas a temperatura costantepuoā€™ essere rappresentata con una traiettoria in un piano cartesiano in cuisi riporta il volume sullā€™asse delle ascisse e la pressione su quello delleordinate.

    ā€¢ Come vedremo, ha una grandissima importaza il modo in cui un sistemacompie un processo.

    Processo reversibile

    ā€¢ Si possono dare almeno quattro definizioni (cioeā€™ condizioni necessarie esufficienti), tutte fra loro equivalenti, di un processo reversibile.

    1. Un processo eā€™ reversibile se e solo se gode della seguente proprietaā€™:in ciascun punto della traiettoria che descrive il processo nello spa-zio delle variabili di stato, il sistema si trova sempre infinitamentevicino ad uno stato di equilibrio termodinamico.

    Detto in altri termini, in tutti i punti del percorso che rappresentaun processo reversibile i valori delle variabili di stato del sistemadifferiscono dai valori di equilibrio per non piuā€™ di una quantitaā€™infinitesima (cioeā€™ tendente a zero).

    Se il sistema passa dallo stato iniziale Si allo stato finale Sf con unprocesso reversibile, cioā€™ significa che il sistema attraversa un numerograndissimo (teoricamente infinito) di stati intermedi, ciascuno deiquali eā€™ infinitamente vicino ad uno stato di equilibrio:

    Si ā†’

    nā†’āˆžļø· ļøøļøø ļø·

    S1 ā†’ S2 ā†’ S3 ā†’ . . . ā†’ Sn ā†’ Sf

    2. Un processo eā€™ reversibile se e solo se puoā€™ essere invertito medianteun cambiamento infinitesimo della sua driving force.

    In generale, la driving force di un processo eā€™ la differenza fra il va-lore di una proprietaā€™ del sistema e quello della stessa proprietaā€™dellā€™ambiente. La driving force eā€™ cioā€™ che fa avvenire un processotermodinamico.

    Ad esempio, la driving force per lā€™espansione di un gas eā€™ la differenzafra la pressione esercitata dal gas sullā€™ambiente e quella esercitatadallā€™ambiente sul gas; la driving force per il trasferimento di caloreda un corpo caldo a uno piuā€™ freddo eā€™ la differenza di temperaturafra i due corpi.

    Per capire cosa significhi lā€™affermazione di questo punto, consideria-mo lā€™espansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone. Ladriving force per questo processo eā€™ la differenza āˆ†P fra la pressione

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  • Pgas che il gas esercita sullā€™ambiente e la pressione Pamb esercitatadallā€™ambiente sul gas: āˆ†P = Pgas āˆ’ Pamb.

    Ebbene, se il processo eā€™ reversibile, allora deve essere possibile in-vertirlo (cioeā€™ passare dalla espansione alla compressione del gas)mediante un cambiamento infinitesimo di āˆ†P .

    3. Riprendiamo lā€™esempio appena discusso al punto precedente per in-trodurre il terzo criterio di reversibilitaā€™. Se il gas si sta espandendo,chiaramente deve essere āˆ†P > 0. Inoltre, siccome lā€™inversione di que-sto processo consiste ovviamente nella compressione del gas, il criteriodi reversibilitaā€™ precedente richiede che il cambiamento infinitesimodi āˆ†P vada sottratto da āˆ†P in modo da cambiarne il segno da po-sitivo a negativo. Cioeā€™, detto Ī“P il valore assoluto del cambiamentoinfinitesimo di āˆ†P , dovraā€™ essere:

    āˆ†P > 0 e āˆ†P āˆ’ Ī“P < 0

    Chiaramente, siccome Ī“P eā€™ infinitesimo, quanto sopra puoā€™ avvenirese e solo se anche āˆ†P eā€™ infinitesimo (se sottraggo una quanti-taā€™ tendente a zero da una quantitaā€™ positiva finita, non potroā€™ maiottenere un risultato negativo!).

    Quindi, il terzo criterio di reversibilitaā€™ eā€™ il seguente: un processoeā€™ reversibile se e solo se la sua driving force eā€™ ad ogni istante diintensitaā€™ infinitesima.

    Quindi, restando nel caso dellā€™espansione o compressione di un gas,il processo eā€™ reversibile se e solo se in ciascun punto del percorsola pressione del gas e quella dellā€™ambiente differiscono al piuā€™ di unaquantitaā€™ infinitesima.

    4. Un processo eā€™ reversibile se e solo se eā€™ possibile riportare il si-stema allo stato iniziale causando nellā€™ambiente solo modificazioniinfinitesime.

    Questo eā€™ forse il criterio piuā€™ vicino al senso comune, secondo cui unprocesso reversibile eā€™ un processo che puoā€™ avvenire indifferentementein un senso o nellā€™altro. Attenti, peroā€™: qualsiasi processo puoā€™ esserefatto avvenire (piuā€™ o meno facilmente) in entrambi i suoi possibiliversi; solo per i processi reversibili, tuttavia, cioā€™ si puoā€™ fare senzaprovocare cambiamenti finiti nel sistema e/o nellā€™ambiente.

    ā€¢ Dai criteri di reversibilitaā€™ visti sopra, segue che lā€™assenza di attriti (ingenerale di effetti dissipativi) eā€™ condizione necessaria affincheā€™ un processosia reversibile: infatti, la presenza di attriti (finiti) implica che la drivingforce necessaria per far avvenire un processo sia finita, e questo disattendeil criterio n.3 visto sopra.

    Esempio: un gas che si espande in un cilindro con pistone, in cui si abbiaattrito fra pistone e cilindro. Per far espandere il gas non eā€™ sufficientediminuire la pressione sul pistone di una quantitaā€™ infinitesima poicheā€™, acausa dellā€™attrito (finito), il pistone non si muoverebbe. Invece, bisognadiminuire la pressione di una quantitaā€™ finita (tanto maggiore quanto mag-giore eā€™ lā€™attrito): ma allora il criterio n.3 non eā€™ soddisfatto e il processonon eā€™ reversibile.

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  • ā€¢ Attriti interni. Gli attriti del punto precedente sono anche detti esterni,percheā€™ generati allā€™esterno del sistema (ad esempio lā€™attrito fra il pistonee il cilindro che contiene un gas). Va osservato, tuttavia, che nei sistemireali ci sono quasi sempre anche degli attriti interni, che contribuisconoa rendere i processi reali non reversibili. Molto spesso, gli attriti internisono generati dalla viscositaā€™ del sistema, che si oppone al moto relativodi differenti parti del sistema.

    Per capire meglio cosa sia lā€™attrito internoconsideriamo il seguente esperi-mento. Un gas ideale si trova in condizioni di equilibrio allā€™interno di uncilindro con pistone. Il pistone eā€™ libero di scorrere senza attrito (ovverocon attrito trascurabile). Cosa succede se abbassiamo il pistone, compri-mendo il gas, e poi lo lasciamo libero? Chiaramente, il gas, compresso,si espanderaā€™; siccome il pistone si muove senza attrito, il gas lo spingeraā€™piuā€™ in alto della iniziale posizione di equilibrio, fino a raggiungere unā€™al-tezza massima, per poi ridiscendere. Non dovrebbe essere difficile intuireche il pistone cominceraā€™ ad oscillare. Se il gas ideale non fosse viscoso,cioeā€™ se le sue molecole non incontrassero alcuna difficoltaā€™ a muoversi leune rispetto alle altre, le oscillazioni del pistone non si arresterebbero mai(percheā€™ supponiamo che non ci sia attrito fra pistone e cilindro). Invece,proprio a causa dellā€™attrito interno, cioeā€™ della viscositaā€™ intrinseca del gas(un gas ideale eā€™ viscoso), le oscillazioni del pistone saranno smorzate e ilpistone finiraā€™ per fermarsi nella iniziale posizione di equilibrio.

    ā€¢ Oltre allā€™assenza di attriti, unā€™altra condizione necessaria affincheā€™ un pro-cesso sia reversibile eā€™ che esso avvenga in modo (infinitamente) lento. Eā€™facile comprendere la necessitaā€™ di questa condizione. In ciascun punto diun processo reversibile il sistema si deve trovare sempre in (ovvero inifi-nitamente vicino a) condizioni di equilibrio. Ma se il processo avvenissead una velocitaā€™ finita (cioeā€™ non tendente a zero) allora, fra un punto eil successivo del processo, il sistema non avrebbe il tempo di raggiungerelā€™equilibrio e pertanto il processo non sarebbe piuā€™ reversibile.

    ā€¢ I processi reversibili sono idealizzazioni, ma possono essere approssimati inpratica molto bene, limitando il piuā€™ possibile gli attriti e facendo avvenirele trasformazioni il piuā€™ lentamente possibile.

    Ad esempio, lā€™espansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistonepuoā€™ essere fatta avvenire in modo praticamente reversibile se il pistone(privo di attrito) viene mantenuto nella posizione iniziale da un cumulo disabbia. Allora, togliendo un solo granello di sabbia, la pressione diminui-sce di una quantitaā€™ (a tutti gli effetti) infinitesima; grazie allā€™assenza diattriti, il gas si espande di una quantitaā€™ infinitesima e raggiunge un nuovostato di equilibrio, che peroā€™ dista da quello iniziale solo di una quantitaā€™infinitesima. Togliendo un secondo granello di sabbia, si compie un altrostep infinitesimo e cosiā€™ via fino a che il gas ha compiuto lā€™intero processodi espansione.

    Processo irreversibile

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  • ā€¢ Eā€™ un processo causato da una driving force di intensitaā€™ finita.

    Durante un processo irreversibile il sistema attraversa stati di non equi-librio in cui le sue proprietaā€™ variano nel tempo.

    Per dirlo in altri termini: se ā€œfotografassimoā€ il sistema ad un certo puntodi un processo irreversibile e misurassimo le sue proprietaā€™, troveremmoche i valori di tali proprietaā€™ non sarebbero compatibili con uno stato diequilibrio.

    ā€¢ Riprendiamo lā€™esempio dellā€™espansione di un gas ideale racchiuso in uncilindro con pistone. Lā€™espansione puoā€™ essere fatta avvenire in modoirreversibile se il pistone (che supponiamo ancora privo di attrito) vienefatto sollevare in modo praticamente istantaneo rimuovendo in un colposolo tutta la sabbia che lo manteneva nella posizione iniziale.

    In questo caso, il gas raggiungeraā€™ lo stato finale attraverso una succes-sione di stati di non equilibrio. Se in un punto qualsiasi del processomisurassimo istantaneamente i valori del volume V , della pressione P edella temperatura T (il numero di moli n in questo caso eā€™ costante),troveremmo che:

    PV 6= nRT

    cioeā€™ il gas non si trova in condizioni di equilibrio.

    ā€¢ In questo processo irreversibile la driving force (cioeā€™ la differenza di pres-sione fra lā€™interno e lā€™esterno del cilindro) eā€™ di intensitaā€™ finita e quindiesso non puoā€™ essere invertito se la pressione sul gas viene aumentata diuna quantitaā€™ infinitesima.

    ā€¢ Facciamo ora unā€™osservazione che riprenderemo piuā€™ avanti a proposito delsecondo principio della termodinamica.

    In tutti i processi spontanei, cioeā€™ in tutte le trasformazioni che avvengonospontaneamente in natura, eā€™ chiaramente impossibile riportare il sistemaallo stato iniziale senza causare una modificazione finita nellā€™ambiente.Per questo motivo tutti i processi spontanei sono irreversibili.

    ā€¢ Cerchiamo di chiarire questo punto con un esempio.

    Considerate lā€™espansione di un gas in un cilindro dotato di pistone scorre-vole senza attrito.

    ā€¢ Come abbiamo giaā€™ detto, lā€™espansione puoā€™ essere fatta avvenire in modo(a tutti gli effetti) reversibile se il pistone eā€™ mantenuto nella posizioneiniziale da un cumulo di sabbia e si toglie un granello di sabbia alla volta.Alla fine dellā€™intero processo, il pistone si saraā€™ sollevato di un certo tratto(finito). Il sistema puoā€™ essere riportato allo stato iniziale riposizionando(sempre un granello alla volta) tutta la sabbia sul pistone: in tal modo, ilpistone si ritroveraā€™ esattamente nella stessa posizione che aveva allā€™inizioe nellā€™ambiente non si eā€™ avuta alcuna modifica.

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  • ā€¢ Considerate ora lo stesso processo, ma condotto irreversibilmente nel mo-do seguente (guardate la figura di seguito): il gas eā€™ confinato nel volumeiniziale (lo stesso dellā€™esperimento condotto in modo reversibile) da un set-to impermeabile al gas stesso; il pistone si trova invece giaā€™ nella posizionecorrispondente al volume finale e lo spazio libero fra il pistone ed il settoeā€™ completamente vuoto. Il processo viene iniziato togliendo il setto checonfinava il gas al volume iniziale. Dovrebbe essere chiaro a tutti cioā€™ chesi osserva: il gas diffonde fino ad occupare omogeneamente tutto lo spaziodisponibile; al termine di questo processo, il gas occupa un volume ugualeal volume finale dellā€™esperimento reversibile. Dovrebbe essere altrettantochiaro che questo eā€™ un tipico processo spontaneo: tutti sappiamo che ungas occupa spontaneamente tutto il volume disponibile. Ora: se in questocaso vogliamo riportare il sistema allo stato iniziale, non abbiamo altrascelta che abbassare il pistone fino a ridurre il volume del gas al valoreiniziale. In tal modo eā€™ vero che il sistema eā€™ stato riportato allo statoiniziale, ma cioā€™ eā€™ stato fatto provocando una modificazione finita nel-lā€™ambiente: la posizione del pistone eā€™ infatti cambiata (e lā€™ambiente haperso una quantitaā€™ finita di energia corrispondente alla perdita di energiapotenziale gravitazionale del pistone).

    gas

    vuoto

    gas

    gas

    gas nello statoiniziale

    gas nello statofinale

    gas riportatoallo statoiniziale

    Dal punto di vista dellā€™ambiente, i processi sono sempre reversibili

    ā€¢ Lā€™ambiente ha massa e volume infiniti. Cioā€™ faā€™ siā€™ che qualsiasi trasferi-mento di energia (calore e/o lavoro) o massa, dal punto di vista del-lā€™ambiente, possa essere sempre considerato reversibile, poicheā€™, in segui-to ad esso, lā€™ambiente non si discosta mai dal suo stato di equilibrio perpiuā€™ di una quantitaā€™ infinitesima.

    ā€¢ A questo scopo puoā€™ essere utile la seguente similitudine.

    Consideriamo un recipiente colmo di acqua fino allā€™orlo al quale aggiun-giamo unā€™ulteriore quantitaā€™ finita di acqua (ad esempio 1/2 L).

    ā€¢ Se il recipiente ha un volume finito e confrontabile con quello dellā€™acquaaggiunta (ad esempio 1 L), allora lā€™effetto di questā€™ultima saraā€™ decisamen-te apprezzabile: ad esempio, vedremo chiaramente dellā€™acqua che traboccadal recipiente.

    10

  • ā€¢ Se peroā€™ il recipiente ha un volume molto piuā€™ grande di quello dellā€™acquache aggiungiamo (immaginate di aggiungere 1/2 L di acqua al bacino diuna diga artificiale colmo fino allā€™orlo), allora, se eā€™ vero che si avraā€™ pursempre un traboccamento, questo saraā€™ a mala pena distinguibile: il reci-piente si discosta solo di pochissimo dal suo originario stato di equilibrioe il processo eā€™ a tutti gli effetti ā€œreversibileā€ (secondo la definizione cheabbiamo dato piuā€™ sopra).

    La temperatura e il ā€œprincipio zeroā€

    ā€¢ Eā€™ un fatto sperimentale che esista una proprietaā€™ dei sistemi che pos-siamo (inizialmente) definire ā€œcaldezzaā€ e di cui possiamo renderci contoattraverso il senso del tatto.

    ā€¢ Due sistemi con diverso grado di caldezza posti a contatto diretto e inassenza di qualsiasi tipo di movimento (ad esempio una parete mobile)possono cioā€™ non di meno influenzarsi reciprocamente e subire un cam-biamento di stato. La causa eā€™ uno scambio di energia sotto forma dicalore.

    ā€¢ Quando le proprietaā€™ fisiche dei due sistemi in tali condizioni smettonodi variare col tempo, allora diciamo che i due sistemi hanno raggiuntolā€™equilibrio termico

    ā€¢ Affincheā€™ due sistemi possano influenzarsi come detto sopra, bisogna chele pareti che li dividono permettano il flusso di calore. Pareti di questotipo si dicono diatermiche o non adiabatiche.

    Esistono anche pareti che non consentono lo scambio di calore fra duesistemi: tali pareti si dicono adiabatiche.

    ā€¢ La temperatura eā€™ la proprietaā€™ fisica che indica se due sistemi postia contatto tramite pareti diatermiche e rigide (non mobili) sono o menoin equilibrio termico: se i due sistemi sono in equilibrio termico, allorahanno la stessa temperatura; se dellā€™energia (calore) fluisce dal sistema 1al sistema 2, allora il sistema 1 ha una temperatura maggiore del sistema2; se dellā€™energia (calore) fluisce dal sistema 2 al sistema 1, allora il sistema1 ha una temperatura minore del sistema 2.

    ā€¢ Cioā€™ che consente di misurare la temperatura eā€™ il cosiddetto principiozero della termodinamica:

    Se un corpo A eā€™ in equilibrio termico con un corpo B e que-stā€™ultimo eā€™ in equilibrio termico con un terzo corpo C, alloraanche il corpo A eā€™ in equilibrio termico con il corpo C

    Si tratta in pratica di una proprietaā€™ transitiva.

    ā€¢ Percheā€™ il principio zero consente di misurare la temperatura?

    Supponiamo che il corpo B sia un capillare di vetro contenente un liqui-do (ad esempio mercurio) che si dilata notevolmente al variare della suaā€œcaldezzaā€. Il dispositivo viene detto termometro.

    11

  • Allora, se posto in contatto con un corpo A il mercurio del capillare rag-giunge una certa lunghezza e la stessa lunghezza viene raggiunta quandoil capillare viene posto in contatto con un corpo C:

    ā‡’ possiamo dire che A e C hanno la medesima temperaturaā‡’ possiamo prendere come misura di tale temperatura la lunghezza

    della colonna di mercurio

    ā€¢ Naturalmente questa definizione semplicistica della misura della tempera-tura non puoā€™ essere soddisfacente, percheā€™ il valore numerico della tem-peratura dipenderebbe dalla cosiddetta proprietaā€™ termometrica uti-lizzata. Nellā€™esempio fatto sopra sfruttiamo come proprietaā€™ termometricala dilatazione del mercurio in un capillare e prendiamo come misura del-la temperatura lā€™altezza della colonnina: il numero che assegnamo allatemperatura (lasciando perdere per ora il problema delle unitaā€™ di misu-ra) saraā€™ quindi dellā€™ordine delle decine (ad esempio 15.4 o 53.5); se peroā€™per misurare la temperatura degli stessi sistemi prendessimo come ter-mometro un conduttore elettrico e come proprietaā€™ termometrica la suaresistenza (una grandezza che dipende anchā€™essa dalla temperatura), il va-lore numerico che associeremmo alla stessa temperatura sarebbe quellodella resistenza (ad esempio 3245.7) e quindi diverso dal valore numericoottenuto col termometro a mercurio.

    ā€¢ Un modo meno arbitrario per definire la misura della temperatura eā€™ ilseguente:

    ā‡’ si sceglie un primo sistema di riferimento che abbia sempre la stessatemperatura e si assegna un valore arbitrario a tale temperatura

    ā‡’ si fa lo stesso con un secondo sistema di riferimento che abbia unatemperatura perfettamente riproducibile, ma diversa da quella delprimo

    ā‡’ a questo punto, qualsiasi termometro puoā€™ venire tarato utiliz-zando i due sistemi di riferimento e assumendo che la proprietaā€™termometrica vari linearmente con la temperatura:

    ā€¢ detto v (T1) il valore della proprietaā€™ termometrica quando il termometroeā€™ in equilibrio termico con il primo sistema di riferimento a cui eā€™ stataassegnata la temperatura di valore T1 e v (T2) il valore della proprietaā€™termometrica quando il termometro eā€™ in equilibrio termico con il secondosistema di riferimento a cui eā€™ stata assegnata la temperatura di valore T2si ha:

    v

    t

    v (T2)v (t)v (T1)

    t

    T2

    T1

    12

  • e quindi si puoā€™ assegnare sempre lo stesso numero alla stessa tempe-ratura, indipendentemente dal termometro utilizzato (purcheā€™ questo siastato opportunamente tarato, cioeā€™ se ne siano determinati i valori v(T1)e v (T2)); infatti, per la generica temperatura t cui corrisponde il valoredella proprietaā€™ termometrica v (t), si ha:

    T2 āˆ’ T1v (T2)āˆ’ v (T1)

    =tāˆ’ T1

    v (t)āˆ’ v (T1)

    tāˆ’ T1 =T2 āˆ’ T1

    v (T2)āˆ’ v (T1)(v (t)āˆ’ v (T1))

    t =T2 āˆ’ T1

    v (T2)āˆ’ v (T1)(v (t)āˆ’ v (T1)) + T1

    e quindi conoscendo T1, T2, v (T1) e v (T2) e misurando v (t), si ottiene ilvalore numerico (unico) per la temperatura generica t.

    ā€¢ A seconda dei sistemi presi come riferimento, si sono storicamente origi-nate diverse scale termometriche.

    ā€¢ Nella scala Celsius, si assegna arbitrariamente il valore 0C alla tem-peratura del sistema costituito da acqua liquida e ghiaccio in equilibrioalla pressione di 1 atm (il cosiddetto ā€œpunto di fusione normaleā€) e 100Ca quella del sistema costituito da acqua liquida e vapore in equilibrioalla stessa pressione (il cosiddetto ā€œpunto di ebollizione normaleā€). Intal modo, nel caso della scala Celsius lā€™espressione generale scritta sopradiventa:

    t =100āˆ’ 0

    v (100)āˆ’ v (0)(v (t)āˆ’ v (0)) + 0

    t =100

    v (100)āˆ’ v (0)(v (t)āˆ’ v (0))

    ā€¢ In realtaā€™, il procedimento ora descritto continua a dipendere (anchese non in modo marcato) dalla sostanza e dalla proprietaā€™ termometricautilizzate, e cioā€™ essenzialmente percheā€™ in generale le proprietaā€™ termome-triche non variano linearmente con la temperatura. Per questo motivo,la temperatura misurata in questo modo viene spesso detta temperaturaempirica.

    ā€¢ Esiste tuttavia la possibilitaā€™ (grazie al secondo principio della termodina-mica che faremo piuā€™ avanti) di definire la temperatura in modo totalmenteindipendente dalle proprietaā€™ di qualsiasi sostanza: la temperatura definitain questo modo viene detta temperatura assoluta. Essa viene misuratain gradi Kelvin e ha un valore minimo pari a 0 K.

    13

  • ā€¢ La scala assoluta e quella Celsius sono in relazione tramite:

    K = C + 273.15

    dove K eā€™ la temperatura assoluta e C quella Celsius.

    I gas

    ā€¢ Lo stato di aggregazione della materia piuā€™ facile da trattare in termodi-namica eā€™ quello gassoso.

    ā€¢ Cioā€™ eā€™ dovuto essenzialmente al fatto che nei gas le interazioni intermole-colari sono ridotte al minimo. Per la maggior parte del tempo, le molecoledi un gas viaggiano nel vuoto senza incontrarsi (e quindi interagire).

    ā€¢ Sperimentalmente si trova che lo stato termodinamico di un gas (costituitoda un unico tipo di molecole) eā€™ totalmente determinato quando se nefissino la temperatura, la pressione e la quantitaā€™ (espressa dal numerodi moli). Tutte le altre proprietaā€™ del gas, ad esempio il volume da essooccupato, vengono automaticamente fissate ad uno e un solo valore:

    V = V (T, P, n)

    ā€¢ Al posto di T e P , avremmo potuto scegliere qualsiasi altre due proprietaā€™intensive e al posto di n qualsiasi altra proprietaā€™ estensiva. In ogni caso,2 variabili intensive e 1 variabile estensiva sono sufficienti a definire lostato di equilibrio di un campione gassoso, come abbiamo giaā€™ osservatoin generale (sistema costituito da unā€™unica sostanza in unā€™unica fase).

    La pressione

    ā€¢ Data una forza ~FN che agisce uniformemente in direzione normale ad unasupeficie piana di area A, si definisce pressione agente sulla superficie ilmodulo della forza per unitaā€™ di area, cioeā€™:

    P =

    āˆ£āˆ£āˆ£~FN

    āˆ£āˆ£āˆ£

    A

    La pressione eā€™ una grandezza scalare.

    ā€¢ La pressione puoā€™ essere molto grande (o molto piccola) sia se la forza eā€™molto grande (o piccola) sia se lā€™area della superficie su cui la forza agisceeā€™ molto piccola (o grande).

    14

  • ā€¢ Lā€™unitaā€™ di misura SI della pressione eā€™ il Pascal, simbolo Pa:

    1 Pa = 1N

    m2

    = 1kgms2

    m2

    = 1kg

    ms2

    ā€¢ Il Pa eā€™ unā€™unitaā€™ di misura piuttosto ā€œpiccolaā€. Per questo sono usatespesso altre unitaā€™ piuā€™ ā€œcomodeā€:

    1 bar = 1Ɨ 105 Pa

    1 atm = 101325 Pa (ā‰ˆ 1 bar)

    ā€¢ La pressione di 1 bar eā€™ definita come pressione standard e la incontrere-mo spesso piuā€™ avanti. Il simbolo usato di solito per la pressione standardeā€™ PāŠ–.

    ā€¢ Un gas racchiuso in un recipiente in condizioni di equilibrio termodinamicoesercita sulle pareti di questā€™ultimo una pressione (uguale in tutti i puntidelle pareti) che eā€™ dovuta agli urti incessanti delle molecole.

    ā€¢ La pressione determina le condizioni per lā€™equilibrio meccanico.

    Due gas in due recipienti separati da una parete scorrevole sono in equi-librio meccanico (cioeā€™ la parete scorrevole non si muove) se e solo se leloro pressioni sono uguali

    La legge del gas ideale

    ā€¢ Si trova sperimentalmente che tutti i gas tendono a comportarsi allo stessomodo quando la loro pressione sia sufficientemente bassa.

    ā€¢ La ragione molecolare di cioā€™ eā€™ che, a pressione sufficientemente bassa,il numero di molecole di gas eā€™ molto piccolo in rapporto al volume delrecipiente e quindi:

    ā€“ il volume occupato dalle molecole del gas diviene trascurabile in con-fronto a quello del recipiente ā‡’ le molecole di gas possono essereconsiderate puntiformi

    ā€“ le molecole di gas si incontrano molto raramente ā‡’ si possonotrascurare le interazioni intermolecolari

    15

  • Ora: cioā€™ che differenzia un gas da un altro eā€™ proprio la natura dellemolecole che lo costituiscono; tale natura eā€™ legata in modo univoco al-le dimensioni e alle interazioni (inter) molecolari. Non dovrebbe quindistupire che, in condizioni per cui le dimensioni molecolari e le interazionifra le molecole diventano quasi completamente trascurabili, anche lā€™indi-vidualitaā€™ di gas diversi venga perduta e tutti i gas tendano a comportarsiin modo identico.

    ā€¢ Il comportamento a cui tutti i gas tendono al tendere a zero della pressionedefinisce un modello idealizzato di gas in cui:

    ā€“ le particelle sono puntiformi (cioeā€™ hanno volume nullo)

    ā€“ le particelle non interagiscono fra loro (se non in seguito ad urtiperfettamente elastici)

    Tale modello di gas viene chiamato ā€œgas idealeā€ o ā€œgas perfettoā€.

    ā€¢ Il comportamento dei gas a basse pressioni eā€™ descritto fondamentalmenteda tre leggi limite, osservate sperimentalmente giaā€™ alcuni secoli fa:

    ā€“ A temperatura e numero di moli costanti il volume di un gas eā€™inversamente proporzionale alla sua pressione:

    V āˆ1

    P(n, T costanti)

    ā€“ A pressione e numero di moli costanti il volume di un gas eā€™ diretta-mente proporzionale alla sua temperatura:

    V āˆ T (n, P costanti)

    ā€“ A pressione e temperatura costanti il volume di un gas eā€™ direttamenteproporzionale al suo numero di moli:

    V āˆ n (P, T costanti)

    ā€¢ Come si puoā€™ facilmente verificare, le tre leggi limite possono essere com-binate in unā€™unica legge, nota come la legge del gas ideale:

    PV = nRT

    doveR eā€™ una costante detta costante universale dei gas. Le dimensionidi R si ricavano da:

    R =PV

    nT

    [R] =pressioneƗ volume

    moliƗ temperatura

    16

  • =forzaarea Ɨ volume

    moliƗ temperatura

    =forzaƗ lunghezza

    moliƗ temperatura

    =energia

    moliƗ temperatura

    Il valore di R nelle unitaā€™ di misura piuā€™ comuni eā€™:

    R = 8.314J

    mol K

    = 8.206Ɨ 10āˆ’2L atm

    mol K

    ā€¢ La legge del gas ideale eā€™ estremamente utile percheā€™, pur essendo unalegge limite, eā€™ seguita molto bene dalla maggior parte dei gas in condizioniordinarie.

    ā€¢ Unā€™espressione equivalente della legge del gas ideale che connette fra loroi valori di P, V, T di una quantitaā€™ fissa di gas in due stati di equilibriodistinti 1 e 2 eā€™:

    P1V1T1

    =P2V2T2

    Questa espressione eā€™ comoda per ricavare il valore di una variabile se siconoscono tutte le altre.

    Pressione parziale

    ā€¢ Per una miscela di gas qualunque (cioeā€™ non necessariamente ideali), defi-niamo la pressione parziale del componente i nel modo seguente:

    Pi = xiP

    dove xi eā€™ la frazione molare:

    xi =ni

    āˆ‘

    j nj

    ā€¢ La pressione parziale costituisce un modo semplice di ripartire la pressio-ne totale di una miscela di gas fra i suoi singoli componenti. Infatti, la

    17

  • pressione totale di una miscela eā€™ la somma delle pressioni parziali dei suoicomponenti:

    āˆ‘

    i

    Pi =āˆ‘

    i

    (xiP )

    = Pāˆ‘

    i

    xi

    = P (percheā€™āˆ‘

    i xi = 1)

    ā€¢ Per miscele di gas ideali:

    Pi = xiP

    =ni

    āˆ‘

    j njP

    = niP

    āˆ‘

    j nj

    = niRT

    V(qui si sfrutta lā€™idealitaā€™)

    da cui segue una possibile interpretazione fisica della pressione parziale:

    per una miscela di gas ideali, la pressione parziale del componen-te i eā€™ la pressione che tale componente eserciterebbe se, da solo,occupasse lā€™intero volume della miscela alla stessa temperatura.

    I gas reali

    ā€¢ Il gas ideale eā€™ un modello astratto. Le particelle che lo costituisconopresentano due caratteristiche essenziali:

    ā‡’ sono puntiformi, cioeā€™ non occupano spazio (pur avendo una massanon nulla)

    ā‡’ non interagiscono fra loro, nel senso che le forze intermolecolarisono assenti. Quindi hanno solo energia cinetica, mentre la loroenergia potenziale eā€™ nulla.

    ā€¢ Il comportamento dei gas reali si discosta da quello del gas ideale quandovengono meno una o entrambe le caratteristiche su citate, e puoā€™ essereposto in relazione con la distanza media fra le molecole.

    ā€¢ In generale, il profilo dellā€™energia di interazione fra due molecole di ungas in funzione della loro distanza ha lā€™andamento mostrato nella partesuperiore della figura seguente:

    18

  • distanza intermolecolare, r

    forzainterm

    olecolare,f=āˆ’

    dE dr

    forzerepulsive

    forze attrattive forze trascurabili

    0

    energia

    diinterazione,

    E

    pressione

    0

    La forza che si esercita fra le due molecole eā€™ la derivata, cambiata disegno, della curva che rappresenta lā€™energia potenziale di interazione:

    f = āˆ’dE

    dr

    ed eā€™ rappresentata nel grafico inferiore della figura.

    Dalla figura si puoā€™ osservare che, partendo da distanze intermolecolarimolto grandi, le due molecole interagiscono attrattivamente (cioeā€™: f =āˆ’dE/dr < 0) fino a che lā€™energia potenziale raggiunge un minimo alla di-stanza di equilibrio (per tale distanza si ha f = āˆ’dE/dr = 0); per distanzepiuā€™ piccole della distanza di equilibrio lā€™energia cresce rapidamente e laforza diventa violentemente repulsiva (f = āˆ’dE/drā‰« 0): in tali condizio-ni, le due molecole interagenti stanno cercando di ā€œintercompenetrarsiā€,da cui la repulsione molto intensa.

    Allora:

    ā€“ a pressioni molto basse, la distanza intermolecolare eā€™ molto gran-de (in pratica superiore a pochi diametri molecolari): sia il volume

    19

  • molecolare che le forze intermolecolari sono trascurabili (guardate lefigure): il gas si comporta in modo ideale

    ā€“ a pressioni moderatamente elevate la distanza intermolecolare eā€™ pic-cola (ma ā‰„ della distanza di equilibrio, diciamo maggiore di un dia-metro molecolare): allora le forze intermolecolari si fanno sentire(f = āˆ’dE/dr < 0 e non piccola) ed hanno carattere attrattivo. Intali condizioni il gas si discosta dal comportamento ideale e, in gene-rale, eā€™ piuā€™ facilmente compressibile del gas ideale; cioeā€™, a paritaā€™ ditemperatura, pressione e numero di moli, il volume occupato dal gasreale eā€™ minore di quello che occuperebbe un gas ideale.

    ā€“ a pressioni molto elevate la distanza intermolecolare diventa inferiorealla distanza di equilibrio: allora le forze intermolecolari sono intensee repulsive (f = āˆ’dE/dr ā‰« 0). In tali condizioni il gas si discostadal comportamento ideale e, in generale, eā€™ piuā€™ difficilmente com-pressibile del gas ideale; cioeā€™, a paritaā€™ di temperatura, pressionee numero di moli, il volume occupato dal gas reale eā€™ maggiore diquello che occuperebbe un gas ideale.

    ā€¢ Il comportamento dei gas reali viene di solito descritto con delle versioniā€œcorretteā€ dellā€™equazione di stato del gas ideale. Le correzioni contengononormalmente dei parametri empirici legati alla natura del particolare gasconsiderato e spesso dipendono dalla pressione e/o dalla temperatura.

    ā€¢ Unā€™equazione di stato per gas reali molto usata eā€™ quella basata sul cosid-detto fattore di compressione Z. Il fattore di compressione eā€™ definitocome il rapporto fra il volume molare (Vm = V/n) del gas reale e quelloV ā—¦m del gas ideale alla stessa pressione e temperatura:

    Z =VmV ā—¦m

    Lā€™equazione si ricava molto semplicemente.

    La legge del gas ideale riscritta in termini del volume molare eā€™:

    PV ā—¦ = nRT

    P

    (V ā—¦

    n

    )

    = RT

    PV ā—¦m = RT

    Chiaramente, per un gas reale alla stessa temperatura e pressione, ilvolume molare Vm eā€™ diverso da quello del gas ideale e quindi si ha:

    PVm 6= RT

    20

  • Tuttavia, si puoā€™ ottenere unā€™equazione di stato per il gas reale moltosimile a quella del gas ideale introducendo il volume molare del gas realegrazie alla definizione del fattore di compressione:

    PV ā—¦m = RT

    P

    (VmZ

    )

    = RT

    PVm = ZRT

    PV = ZnRT

    Lā€™utilitaā€™ di questa relazione staā€™ nel fatto che la sua forma analitica eā€™molto simile a quella dellā€™equazione del gas ideale e quindi ne mantienetutti i vantaggi dovuti alla sua semplicitaā€™.

    Naturalmente, il ā€œprezzo da pagareā€ eā€™ che Z varia con la pressione e latemperatura, oltre che, ovviamente, con la natura del gas considerato.

    Lā€™andamento di Z in funzione della pressione a temperatura costante eā€™normalmente quello mostrato in questa figura (le tre curve si riferiscono atre diversi gas reali, ad esempio potrebbe trattarsi di CH4, C2H4 e CO2):

    P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    P

    Z = 1

    Z

    gas 3gas 2

    gas 1

    gas ideale

    Per il gas ideale si ha, ovviamente: Z = 1 ad ogni pressione.

    Per i gas reali, in base a quanto detto prima (guardate la figura preceden-te), si ha solitamente:

    ā€“ Z ā†’ 1 per P ā†’ 0 (distanze intermolecolari grandi)

    ā€“ Z < 1 per pressioni moderatamente elevate (forze intermolecolariattrattive, gas reale piuā€™ compressibile del gas ideale: Vm < V

    ā—¦m)

    21

  • ā€“ Z > 1 per pressioni decisamente elevate (forze intermolecolari repul-sive, gas reale meno compressibile del gas ideale: Vm > V

    ā—¦m)

    ā€¢ Un esempio ā€œrealeā€: il fattore di compressione dellā€™argon.

    Lā€™andamento sperimentale del fattore di compressione dellā€™Ar in funzionedella pressione a 160K eā€™ mostrato nella figura [1]:

    P(atm)

    Z

    P=380.7 atm

    300025002000150010005000

    6

    5

    4

    3

    2

    1

    0

    Fittando lā€™andamento sperimentale nella regione in cui il fattore di com-pressione interseca la retta orizzontale Z = 1 con un polinomio di grado2, si puoā€™ ricavare la pressione per cui Z = 1:

    Z = 1ā‡” P = 380.7 atm

    Per tale pressione (a 160K) il comportamento dellā€™Ar eā€™ ideale (percheā€™Z = 1).

    Ci aspettiamo quindi che in tali condizioni le forze di interazione fra gliatomi di Ar in fase gassosa siano nulle.

    Possiamo verificare questa affermazione nel modo seguente.

    La distanza media fra gli atomi di Ar a P = 380.7 atm e T = 160K si puoā€™ricavare dallā€™equazione di stato del gas ideale (che possiamo applicare peripotesi):

    PV = nRTV

    n=

    RT

    P

    Ora: V/n eā€™ il volume per mole di atomi di Ar. Dividendo per il numero diAvogadro otteniamo il volume per atomo. Assumendo che tale volume sia

    [1] W.J. Little. Tables of Thermodynamic Properties of Argon from 100 to 3000K. AE-DC, TDR / ARNOLD ENGINEERING DEVELOPMENT CENTER. Arnold EngineeringDevelopment Center, Air Force Systems Command, U.S. Air Force, 1964.

    22

  • di forma cubica, la sua radice cubica ci daā€™ il lato del cubo, che rappresentaanche la distanza media dĢ„ fra due atomi di Ar in 2 cubetti adiacenti. Indefinitiva:

    dĢ„ = 3āˆš

    1

    Nā—¦

    V

    n

    = 3āˆš

    RT

    Nā—¦P

    = 3āˆš

    0.082057Ɨ 160

    6.022Ɨ 1023 Ɨ 380.7

    = 3.854Ɨ 10āˆ’9 dm

    = 3.854 AĢŠ

    Possiamo verificare che il valore per la distanza media cosiā€™ ottenuto cor-risponde al minimo della curva sperimentale che rappresenta lā€™energia diinterazione fra due atomi di Ar in funzione della distanza [1]:

    distanza interatomica (AĢŠ)

    energia

    potenziale(eV)

    r = 3.854 AĢŠ

    65.554.543.5

    0

    ā€¢ Unā€™altra equazione di stato per gas reali particolarmente famosa eā€™ lā€™equa-zione di Van der Waals:

    (

    P + a( n

    V

    )2)

    (V āˆ’ nb) = nRT

    dove i parametri a e b vanno determinati sperimentalmente per ciascungas, ma sono indipendenti da P, V, T .

    [1] J.A. White. Lennard-jones as a model for argon and test of extended renormalizationgroup calculations. J.Chem.Phys., 111(20):9352ā€“9356, 1999.

    23

  • ā€¢ Lā€™equazione di Van der Waals eā€™ suscettibile di unā€™interpretazione semplice.

    Se il gas fosse ideale, il prodotto della sua pressione per il suo volumesarebbe uguale a nRT . A causa della non idealitaā€™, pressione e volumeā€œrealiā€ vengono ā€œcorrettiā€ in modo che il loro prodotto sia ancora ugualea nRT .

    ā€¢ Il volume geometrico occupato da un gas reale ā€œnon eā€™ idealeā€ percheā€™ lemolecole del gas reale, non essendo puntiformi, occupano un volume finito.Il volume Vcorretto che vedrebbe un gas ideale nelle stesse condizioni eā€™quindi minore di V , e in particolare:

    Vcorretto = V āˆ’Nv

    dove N eā€™ il numero totale di molecole del gas reale e v eā€™ il volumeoccupato da una singola molecola. Introducendo il numero di moli n e ilnumero di Avogadro N ā—¦ si ha:

    Vcorretto = V āˆ’Nv

    = V āˆ’ nN ā—¦v

    = V āˆ’ nb

    dove b = N ā—¦v puoā€™ quindi essere visto come il volume occupato da unamole delle molecole del gas reale.

    ā€¢ Per pressioni da basse a moderatamente elevate (per cui le molecole delgas si attraggono) la pressione esercitata dal gas reale eā€™ minore di quellache eserciterebbe un gas ideale nelle stesse condizioni, a causa delle for-ze attrattive che si esercitano fra le molecole del gas reale. Da qui, lacorrezione ā€œ +a (n/V )

    2ā€.

    Il fatto che questa correzione sia proporzionale al quadrato della concen-trazione (n/V ) si spiega nel modo seguente. Il gas reale esercita una minorpressione percheā€™ ogni singola molecola in prossimitaā€™ di una parete del re-cipiente viene ā€œtrattenutaā€, a causa delle forze attrattive, da quelle chesi trovano nelle zone piuā€™ interne. Questo effetto sulla singola moleco-la deve essere proporzionale alla concentrazione di molecole (maggiore eā€™questa concentrazione, e maggiore il numero di molecole che ne attiranouna verso il centro del recipiente). La correzione totale saraā€™ data dallacorrezione per una singola molecola moltiplicata per il numero totale dimolecole che si trovano adiacenti alle pareti. Ma questo numero totale eā€™a sua volta proporzionale alla concentrazione, per cui il risultato eā€™ unaproporzionalitaā€™ al quadrato della concentrazione.

    In simboli, detta csingola la correzione da applicare a ogni singola mole-cola, npareti il numero totale di molecole prossime alle pareti e ctotale lacorrezione totale, si avraā€™:

    24

  • ctotale = csingola Ɨ npareti

    csingola = aā€² n

    V

    npareti = aā€²ā€²n

    V

    ctotale = aā€²n

    Vaā€²ā€²

    n

    V

    = a( n

    V

    )2

    con a = aā€² aā€²ā€²

    La condensazione e il punto critico

    ā€¢ Una dimostrazione spettacolare di quanto le forze intermolecolari, assen-ti nel gas ideale, ma presenti nei gas reali, possano diventare importan-ti eā€™ formita dalla compressione di un gas reale a temperatura costan-te (in generale, un processo che avvenga a temperatura costante si diceisotermo).

    ā€¢ Come abbiamo visto, per il gas ideale, la compressione isoterma (reversi-bile) eā€™ descritta dallā€™equazione:

    PV = costante

    il cui grafico eā€™ unā€™iperbole sul piano P vs. V .

    ā€¢ La compressione isoterma procede diversamente per un gas reale. Quandoil volume in cui eā€™ confinato un gas reale viene ridotto a valori sufficiente-mente piccoli, il gas normalmente condensa, cioeā€™ si ha una transizionedi stato gas/liquido.

    ā€¢ La spiegazione molecolare di cioā€™ eā€™ la seguente. Come vedremo in seguito,lā€™energia cinetica delle molecole di un gas dipende solo dalla temperatura:in particolare, essa eā€™ indipendente dalla distanza intermolecolare. Dā€™altrocanto, come abbiamo giaā€™ visto (pag. 18), lā€™energia (e la forza) di intera-zione fra le molecole dipende dalla distanza intermolecolare e aumenta aldiminuire di essa (nel range di distanze intermolecolari non troppo picco-le). Allora, se il volume di una gas viene ridotto a temperatura costante,lā€™energia cinetica delle molecole non cambia, mentre le forze di attrazionefra le molecole aumentano (percheā€™ la distanza intermolecolare diminui-sce). Ne segue che, quando il volume si riduce sufficientemente, le forzeattrattive prendono il sopravvento e le molecole restano reciprocamenteprigioniere dei rispettivi campi di forza, provocando cosiā€™ il passaggio dallostato gassoso a quello liquido.

    25

  • ā€¢ La figura qui sotto mostra una serie di isoterme per un gas reale nel pianoPV che potrebbero essere realizzate racchiudendo il gas in un cilindrodotato di un pistone scorrevole. Descriviamo cosa succede lungo il percorsoABCDEF mostrato.

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    V

    P

    T > TC

    T = TC

    T < TC

    F

    E D CB A

    ā€¢

    ā€¢ ā€¢ ā€¢ā€¢ ā€¢

    VC

    PC

    ā€¢ Nel tratto ABC il gas viene compresso: il volume diminuisce e la pressioneaumenta approssimativamente in accordo con lā€™andamento iperbolico delgas ideale. Man mano che ci si avvicina al punto C le molecole intera-giscono fra loro sempre piuā€™ intensamente e quindi il comportamento sidiscosta sempre piuā€™ da quello ideale.

    ā€¢ Al punto C il gas comincia a condensare: il cilindro ora contiene unafase liquida in equilibrio con la fase gassosa. Naturalmente, le condizionidi temperatura, volume e pressione a cui cioā€™ avviene dipendono dallanatura del gas usato (cioeā€™ se si tratta di idrogeno, ammoniaca, CO2 etc.)

    ā€¢ Nel tratto CDE, alla diminuzione di volume (ottenuta abbassando il pi-stone) non corrisponde un aumento di pressione. Invece, la pressioneresta costante. Cioā€™ percheā€™ la diminuzione del volume viene continua-mente compensata dalla condensazione. La pressione costante della fasegassosa in equilibrio con la fase liquida alla temperatura dellā€™isoterma eā€™detta tensione di vapore.

    ā€¢ In E tutto il gas eā€™ condensato. Il pistone si trova a contatto della (unica)fase liquida

    ā€¢ Nel tratto EF stiamo comprimendo un liquido e quindi la pressione si im-penna molto piuā€™ ripidamente che nel tratto precedente la condensazione.Per ridurre il volume anche solo di poco, bisogna esercitare una pressionemolto elevata.

    ā€¢ Nella figura sono mostrate altre isoterme a temperatura via via crescen-te. Man mano che la temperatura cresce, la condensazione inizia a volumi

    26

  • sempre minori (percheā€™ lā€™energia cinetica delle molecole eā€™ maggiore a tem-peratura maggiore e quindi la distanza intermolecolare deve diventare piuā€™piccola affincheā€™ le forze di attrazione riescano a vincere la tendenza dellemolecole a muoversi liberamente) e il processo si conclude in un intervallodi volume sempre minore (il volume a cui si conclude la condensazione eā€™maggiore a temperatura maggiore semplicemente percheā€™ il volume occu-pato dalla fase liquida quando tutto il gas eā€™ condensato eā€™ maggiore). Ipunti di inizio e fine condensazione giacciono su una curva a campana (lacurva tratteggiata nella figura).

    ā€¢ Ad una temperatura speciale, detta temperatura critica, TC , i volumidi inizio e fine condensazione si riducono ad un unico punto (vedere fi-gura) che viene detto punto critico. I corrispondenti valori del volumee della pressione vengono detti, rispettivamente, volume critico, VC epressione critica, PC .

    ā€¢ Nelle isoterme a temperatura maggiore di TC , il gas non condensa piuā€™,neppure a pressioni molto elevate. Il sistema non diventa mai bifasico.La spiegazione molecolare eā€™ che, anche se le molecole vengono costrettea stare molto vicine, la loro energia cinetica (legata alla temperatura,come vedremo) eā€™ troppo elevata affincheā€™ le forze intermolecolari possanoimprigionarle e si abbia quindi la condensazione.

    ā€¢ Lā€™unica fase che si ha per T > TC eā€™ a rigori un gas, percheā€™ occupauniformemente tutto il volume a disposizione. Tuttavia, la densitaā€™ diquesto ā€œgasā€ puoā€™ essere molto maggiore di quella dei gas in condizioniordinarie. Per questo motivo, si usa preferibilmente la definizione di fluidosupercritico.

    27

  • Atkins, capitolo 2

    Il primo principio della termodinamica

    ā€¢ Il primo principio della termodinamica eā€™ una versione per sistemi termo-dinamici del piuā€™ generale principio di conservazione dellā€™energia.

    Noi enunceremo il primo principio per sistemi chiusi e tali che le unicheforme di energia che possono scambiare con lā€™ambiente siano calore elavoro.

    Assumeremo, quindi, che tanto lā€™energia potenziale quanto lā€™energia ci-netica del sistema considerato come un tutto unico non cambino oppurecambino solo in modo trascurabile.

    ā€¢ Nel compiere una trasformazione fra uno stato di equilibrio iniziale e unostato di equilibrio finale, un sistema del tipo descritto sopra puoā€™ assorbiree/o cedere energia allā€™ambiente in forma di calore e/o lavoro.

    Molto spesso si trova sperimentalmente che il bilancio fra lā€™energia assor-bita e quella ceduta durante il processo non sia in paritaā€™.

    Piuā€™ in particolare possono verificarsi tutti i casi possibili:

    ā‡’ nel sistema entra piuā€™ energia di quanta ne esceā‡’ nel sistema entra ed esce la stessa quantitaā€™ di energiaā‡’ nel sistema entra meno energia di quanta ne esce

    ā€¢ Si potrebbe essere tentati di pensare che, tranne per il caso in cui lā€™energiaentrata eā€™ uguale a quella uscita, il principio di conservazione dellā€™energiasia stato violato:

    ā‡’ se nel sistema entra piuā€™ energia di quanta ne esce, sembra che cisia stata una ā€œsparizioneā€ di energia

    ā‡’ se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, sembra chedellā€™energia sia stata prodotta ā€œdal nullaā€

    ā€¢ Ebbene, il primo principio della termodinamica sancisce che in nessun casola conservazione dellā€™energia eā€™ venuta meno.

    Esso infatti postula lā€™esistenza di una forma di energia posseduta intrinse-camente dal sistema e per questo detta energia interna (indicata spessocon il simbolo U).

    Allora:

    ā‡’ se nel sistema entra piuā€™ energia di quanta ne esce, la differenzanon eā€™ sparita, ma si ritrova come incremento

    āˆ†U = Ufinale āˆ’ Uiniziale > 0

    dellā€™energia interna del sistema

    28

  • ā‡’ se nel sistema entra meno energia di quanta ne esce, lā€™energia sup-plementare in uscita non si eā€™ prodotta dal nulla, bensiā€™ eā€™ il sistemache lā€™ha fornita, diminuendo di

    āˆ†U = Ufinale āˆ’ Uiniziale < 0

    la propria energia interna

    ā€¢ Il bilancio energetico sancito dal primo principio eā€™ veramente semplice.

    Considerate la seguente analogia.

    Supponete di avere un credito presso una persona, un debito verso unā€™altrae una somma di denaro (non serve sapere quanto) in tasca.

    Ora immaginate di riscuotere il credito e pagare il debito.

    Si possono verificare tutti e soli i seguenti casi:

    ā‡’ il credito e il debito erano della stessa entitaā€™: potete saldare ildebito con il denaro riscosso come credito e la somma che avevatein tasca rimane immutata.

    ā‡’ il credito era maggiore del debito: potete pagare il debito con unaparte del credito; il resto del credito rimane a voi e alla fine lasomma di denaro che avete in tasca eā€™ aumentata.

    ā‡’ il credito era minore del debito: per pagare il debito userete tuttoil denaro riscosso come credito, ma in piuā€™ dovrete aggiungere deldenaro prendendolo da quello che avevate in tasca e alla fine lasomma di denaro che avete addosso eā€™ diminuita.

    Ora fate le sostituzioni:

    voi ā‡’ sistemadenaro riscosso come credito ā‡’ energia che entra nel sistemadenaro pagato per saldare il debito ā‡’ energia che esce dal sistemadenaro nelle vostre tasche ā‡’ energia interna

    e avete esattamente il bilancio del primo principio.

    ā€¢ Eā€™ anche molto semplice scrivere il bilancio energetico del primo principioin forma matematica.

    Se chiamiamoEin lā€™energia che entra nel sistema durante un processo, Eoutquella che ne esce, Uiniziale e Ufinale lā€™energia interna del sistema prima edopo la trasformazione, allora dovrebbe essere chiaro che la conservazionedellā€™energia eā€™ espressa dalla seguente equazione:

    Uiniziale + Ein = Ufinale + Eout

    ovvero:

    29

  • āˆ†U = Ein āˆ’ Eout

    dove il termine āˆ†U = Ufinaleāˆ’Uiniziale, potendo essere positivo, negativoo nullo, eā€™ il ā€œsalvatoreā€ della conservazione dellā€™energia.

    Infatti:

    ā‡’ se Ein > Eout, allora si avraā€™ āˆ†U > 0, cioeā€™ una parte dellā€™ener-gia entrata nel sistema eā€™ andata ad incrementare la sua energiainterna.

    ā‡’ se Ein < Eout, allora si avraā€™ āˆ†U < 0, cioeā€™ una parte dellā€™energiache esce dal sistema proviene dalla sua energia interna, che quindieā€™ diminuita

    ā‡’ se Ein = Eout, allora si avraā€™ āˆ†U = 0, cioeā€™ entra ed esce la stessaquantitaā€™ di energia e quindi lā€™energia interna del sistema restainvariata.

    ā€¢ Notate: non eā€™ possibile conoscere la ā€œquantitaā€™ totaleā€ di energia interna,U , posseduta da un sistema: il primo principio mette in relazione i flussi dienergia che entrano ed escono dal sistema (e che sono le uniche quantitaā€™di energia che noi possiamo misurare) con la variazione, āˆ†U , di energiainterna e non semplicemente con U (esattamente come dalla conoscenzadel denaro riscosso come credito e di quello versato a debito non eā€™ possibileconoscere quanto denaro avevate in tasca, ma solo di quanto tale sommaeā€™ cambiata).

    Come appariraā€™ chiaro nel seguito, tuttavia, le variazioni di U (e non Ustessa) costituiscono tutto cioā€™ che serve per le applicazioni pratiche dellatermodinamica.

    Lā€™energia interna eā€™ una funzione di stato

    ā€¢ Riprendiamo lā€™espressione matematica del primo principio:

    āˆ†U = Ein āˆ’ Eout

    Ora: uno stesso processo, cioeā€™ un processo caratterizzato da stati di equi-librio iniziale e finale identici, si puoā€™ realizzare in infiniti modi diversi:diciamo che a paritaā€™ di stato iniziale e finale, ci sono infiniti percorsi cheli collegano.

    Lungo ciascun percorso, saranno diverse, in generale, le due quantitaā€™Ein ed Eout: di conseguenza, ci si potrebbe (lecitamente) aspettare cheāˆ†U dipenda dal particolare percorso seguito dal sistema per andare dallo(stesso) stato iniziale allo (stesso) stato finale.

    30

  • ā€¢ Ebbene, lā€™esperienza mostra che non eā€™ questo il caso.

    Se un sistema compie un processo fra il medesimo stato iniziale e il mede-simo stato finale attraverso diversi percorsi, mentre le quantitaā€™ di ener-gia scambiate dipendono (in generale) dal particolare percorso seguito, lavariazione di energia interna ne eā€™ indipendente.

    ā€¢ Supponiamo che il sistema si trasformi dallo statoA allo stato B attraversoi due diversi percorsi p e pā€²:

    pā€²

    p

    B

    A

    pā€²

    p

    B

    A

    Se indichiamo con Ein ed Eout lā€™energia entrata e uscita dal sistema lungoil percorso p e con Eā€²in ed E

    ā€²out quella entrata e uscita lungo il percorso p

    ā€²,allora, in generale, si avraā€™:

    Ein 6= Eā€²

    in

    Eout 6= Eā€²

    out

    ma lā€™esperienza mostra che si ha sempre:

    Ein āˆ’ Eout = Eā€²

    in āˆ’ Eā€²

    out

    (purcheā€™, ovviamente, gli stati di equilibrio iniziale e finale siano sempregli stessi)

    ā€¢ Quanto sopra significa che lā€™energia interna di un sistema eā€™ funzione sola-mente del suo stato termodinamico di equilibrio, cioeā€™ lā€™energia internaeā€™ una funzione di stato.

    31

  • ā€¢ Eā€™ importante notare che la caratteristica dellā€™energia interna di essereuna funzione di stato non deriva da alcuna considerazione teorica: eā€™ sem-plicemente un fatto sperimentale. Cioeā€™ non esiste esperimento docu-mentato in cui si sia misurata una diversa variazione di energia internaper due percorsi alternativi che connettano lo stesso stato iniziale con lostesso stato finale.

    ā€¢ Questo eā€™ il motivo per cui il primo principio si chiama, appunto, ā€œprinci-pioā€. In generale, nel linguaggio scientifico, un principio (o ā€œleggeā€) eā€™ unpostulato nato (e mai smentito!) dallā€™osservazione sperimentale, ma nondimostrabile per via logico/matematica.

    Calore e lavoro

    ā€¢ I sistemi termodinamici di cui ci interessiamo possono scambiare energiacon lā€™ambiente in due sole forme: calore e lavoro.

    Per i motivi che appariranno chiari successivamente, eā€™ conveniente scrive-re lā€™energia in entrata e in uscita dal sistema esplicitamente come sommadi un termine di calore q e uno di lavoro w. In tal modo il primo principiodiventa:

    āˆ†U = Ein āˆ’ Eout

    āˆ†U = qin + win āˆ’ (qout + wout)

    ovvero:

    āˆ†U = (qin āˆ’ qout) + (win āˆ’ wout)

    Le due differenze al secondo membro sono, rispettivamente, il calorenetto e il lavoro netto entrati nel sistema durante il processo.

    Possiamo indicare queste quantitaā€™ semplicemente con q e w. Otteniamocosiā€™ la forma piuā€™ nota del primo principio della termodinamica:

    āˆ†U = q + w

    ā€¢ Lā€™unitaā€™ di misura per lā€™energia interna, il calore ed il lavoro nel sistemainternazionale eā€™ il Joule:

    1 J = 1 N m

    = 1 kg m2 sāˆ’2

    32

  • Molto usata eā€™ anche la ā€œcaloriaā€ e la ā€œkilo-caloriaā€:

    1 cal = 4.184 J

    1 kcal = 103 cal

    ā€¢ Notate che, per come sono state definite, q e w sono quantitaā€™ algebri-che, cioeā€™ possono avere segno positivo o negativo (oltre che essere nulle,ovviamente):

    q T 0 ā‡” qin T qoutw T 0 ā‡” win T wout

    ā€¢ La definizione:

    q = (qin āˆ’ qout)

    w = (win āˆ’ wout)

    viene detta ā€œconvenzione egoisticaā€, nel senso che eā€™ positivo tutto cioā€™che entra nel sistema. Infatti, q (w) eā€™ positivo quando qin > qout (win >wout), cioeā€™ quando il calore (lavoro) entrato nel sistema eā€™ maggiore diquello uscito.

    ā€¢ Talvolta, soprattutto nei testi piuā€™ vecchi, potreste trovare il primo prin-cipio scritto cosiā€™:

    āˆ†U = q āˆ’ w

    Questa espressione si ricava scrivendo il bilancio energetico in questomodo:

    āˆ†U = (qin āˆ’ qout)āˆ’ (wout āˆ’ win)

    che implica la definizione:

    w = wout āˆ’ win

    33

  • In tal modo, diversamente dal caso precedente, il lavoro eā€™ positivo quandoesce dal sistema (mentre la definizione del calore scambiato eā€™ la stessa).

    Naturalmente, entrambe le forme sono corrette, una volta che si abbia benchiaro il significato dei simboli.

    La seconda convenzione nasce dallā€™idea che il lavoro ā€œutileā€ (e quindiā€œdegnoā€ del segno positivo) sia quello compiuto dal (e non sul) sistema.

    Nel nostro corso adotteremo la convenzione egoistica.

    ā€¢ Con riferimento allā€™equazione vista sopra, la formulazione del primo prin-cipio della termodinamica eā€™:

    Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna e tale che la sua variazione quando un sistemachiuso compie un processo qualsiasi fra due stati di equilibrio eā€™uguale alla somma del calore assorbito e del lavoro compiuto sudi esso.

    ā€¢ Si trovano spesso formulazioni alternative e ā€œparzialiā€ del primo principio,sempre basate sullā€™equazione vista sopra.

    Se un sistema eā€™ racchiuso da pareti adiabatiche non puoā€™ scambiare caloree quindi: q = 0ā‡’ āˆ†U = w. In questo caso, il primo principio suona cosiā€™:

    Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna e tale che la sua variazione quando un sistemachiuso compie un processo adiabatico fra due stati di equilibrioeā€™ uguale al lavoro compiuto su di esso.

    Se un sistema eā€™ isolato, non puoā€™ scambiare neā€™ calore neā€™ lavoro e quindi:q = w = 0ā‡’ āˆ†U = 0. In questo caso, il primo principio suona cosiā€™:

    Esiste una funzione di stato dei sistemi termodinamici dettaenergia interna che si conserva per i sistemi isolati.

    Qualche chiarimento sul lavoro

    ā€¢ Gli ingredienti del primo principio sono il calore e il lavoro ed eā€™ fonda-mentale comprendere bene cosa significa che queste due forme di energiapossano ā€œentrareā€ o ā€œuscireā€ da un sistema.

    ā€¢ Per quanto riguarda i flussi di calore, non dovrebbe esserci alcun problema:il calore eā€™ una forma di energia che viene scambiata per effetto di differenzedi temperatura e tutti abbiamo unā€™idea chiara di cosa significhi che delcalore entra o esce da un sistema.

    A tutti dovrebbe essere assolutamente chiaro che:

    ā‡’ se un sistema eā€™ racchiuso da pareti adiabatiche non si ha neā€™ en-trata (sinonimi: assorbimento, acquisto) neā€™ uscita (sinonimi: ces-sione, perdita) di calore dal sistema (ovviamente, lo stesso vale perlā€™ambiente)

    34

  • ā‡’ se le pareti che racchiudono il sistema sono diatermiche, cioeā€™ nonadiabatiche, allora:

    se Tamb > Tsist si avraā€™ passaggio di calore dallā€™ambiente alsistema; calore entra nel sistema; calore escedallā€™ambiente; il sistema acquista calore; lā€™am-biente perde calore; il sistema si riscalda; lā€™am-biente si raffredda.In questo caso il processo viene detto endo-termico

    se Tamb < Tsist si avraā€™ passaggio di calore dal sistema al-lā€™ambiente; calore esce dal sistema; calore en-tra nellā€™ambiente; il sistema perde calore; lā€™am-biente acquista calore;il sistema si raffredda;lā€™ambiente si riscalda.In questo caso il processo viene detto esoter-mico

    ā€¢ Per quanto riguarda il lavoro, potrebbe esserci qualche incertezza su cosasignifichi esattamente che del lavoro entra o esce da un sistema.

    Innanzitutto:

    ā‡’ energia che entra nel sistema sotto forma di lavoro significa chedel lavoro viene compiuto sul sistema dallā€™ambiente;

    ā‡’ energia che esce dal sistema sotto forma di lavoro significa che dellavoro viene compiuto dal sistema sullā€™ambiente;

    ā€¢ Quindi il problema puoā€™ essere riformulato in questo modo: come si sta-bilisce se un agente (il sistema o lā€™ambiente) compie del lavoro oppure sedel lavoro viene compiuto su di esso?

    ā€¢ Diamo per scontata la nozione di lavoro meccanico: quando una forza ~Fagisce su un oggetto che si sposta di un tratto ~s, viene compiuto un lavorodato dal prodotto scalare fra la forza e lo spostamento:

    w = ~F Ā· ~s

    Per definizione, il lavoro eā€™ una grandezza scalare.

    A seconda dellā€™angolo fra la forza e lo spostamento il segno del lavoro puoā€™essere positivo o negativo (se lā€™angolo in questione eā€™ pari a 90ā—¦, il lavoroeā€™ ovviamente nullo).

    ā€¢ Se w > 0, cioeā€™ se la proiezione della forza lungo la direzione dello sposta-mento dellā€™oggetto e lo spostamento stesso hanno lo stesso verso, alloradiciamo che la forza, ovvero lā€™agente che la applica, ha compiuto dellavoro sullā€™oggetto. Ad esempio: compiamo un lavoro su una scrivaniase la spingiamo in salita su un piano inclinato. Oppure: compiamo unlavoro su un corpo se lo solleviamo nel campo gravitazionale.

    35

  • ā€¢ Se w < 0, cioeā€™ se la proiezione della forza lungo la direzione dello spo-stamento dellā€™oggetto e lo spostamento stesso hanno verso opposto, alloradiciamo che lā€™oggetto ha compiuto del lavoro sullā€™agente che ap-plica la forza. Ad esempio, se accompagnamo la discesa della scrivanialungo un piano inclinato, la forza da noi esercitata tenderebbe a far salirela scrivania, mentre la scrivania scende: forza e spostamento hanno versiopposti; non siamo noi a fare del lavoro sulla scrivania, ma la scrivania acompiere del lavoro su di noi. Oppure: se freniamo la caduta di un corponel campo gravitazionale, eā€™ il corpo a compiere del lavoro su di noi, e nonil contrario.

    ā€¢ In generale, da un punto di vista intuitivo, diciamo che un agente compiedel lavoro quando ā€œnon si sforza inutilmenteā€: se spingo la scrivania, essasi muove nel verso in cui applico i miei sforzi, che quindi ā€œnon sono vaniā€;viceversa, se faccio uno sforzo per accompagnare la scrivania nella suadiscesa lungo il piano inclinato, lā€™impressione che ho eā€™ comunque quelladi ā€œsforzarmi inutilmenteā€: nonostante io tiri verso suā€™, la scrivania scendeverso giuā€™ (ovviamente, da un punto di vista pratico, i miei sforzi nonsono vani neppure in questo caso: se non accompagnassi la scrivania, essaaccelererebbe lungo la discesa e potrebbe fracassarsi!).

    ā€¢ Possiamo quindi dire che il sistema compie del lavoro sullā€™ambientequando una parte del sistema e/o dellā€™ambiente si muove nella stessadirezione della forza che il sistema applica (ovvero in direzione oppo-sta a quella della forza applicata dallā€™ambiente): lā€™esempio piuā€™ chiaro eā€™lā€™espansione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone.

    Quando il sistema compie lavoro sullā€™ambiente, energia sotto forma dilavoro viene trasferita dal sistema allā€™ambiente e lā€™energia interna del si-stema diminuisce. Piuā€™ sinteticamente diciamo che del lavoro eā€™ uscito dalsistema.

    ā€¢ Analogamente, possiamo dire che lā€™ambiente compie del lavoro sulsistema quando una parte del sistema e/o dellā€™ambiente si muove nellastessa direzione della forza che lā€™ambiente applica (ovvero in direzioneopposta a quella della forza applicata dal sistema): lā€™esempio piuā€™ chiaroeā€™ la compressione di un gas racchiuso in un cilindro con pistone.

    Quando lā€™ambiente compie lavoro sul sistema , energia sotto forma di lavo-ro viene trasferita dallā€™ambiente al sistema e lā€™energia interna del sistemaaumenta. Piuā€™ sinteticamente diciamo che del lavoro eā€™ entrato nel sistema.

    ā€¢ In termodinamica, il lavoro che un sistema puoā€™ compiere o subire noneā€™ limitato alla sola forma del lavoro meccanico; si puoā€™ avere infatti dellavoro elettrico, del lavoro chimico, del lavoro di magnetizzazione e cosiā€™via.

    Tuttavia, qualsiasi tipo di lavoro puoā€™ essere sempre ricondotto (anchesolo concettualmente) ad un lavoro meccanico in cui un peso soggetto allaforza di gravitaā€™ subisce un innalzamento o un abbassamento.

    ā€¢ Ad esempio, se un sistema termodinamico eā€™ costituito da un conduttoremetallico attraverso il quale una batteria (lā€™ambiente) forza il passaggio diuna carica elettrica pari a Q soggetta ad una differenza di potenziale āˆ†V ,

    36

  • il sistema subisce un lavoro elettrico w = Qāˆ†V che si potrebbe ottenerein modo equivalente facendo discendere di un tratto h un corpo di massam collegato ad un magnete girevole allā€™interno di un solenoide. Il tratto hdi cui il corpo dovrebbe discendere soddisfa la condizione:

    mgh = Qāˆ†V

    dove g eā€™ lā€™accelerazione di gravitaā€™.

    Il lavoro elettrico subito dal sistema eā€™ stato ricondotto ad un lavoromeccanico compiuto dalla forza di gravitaā€™.

    ā€¢ In generale, possiamo dire che il sistema compie lavoro (cioeā€™ energiasotto forma di lavoro esce dal sistema) ogni volta che il lavoro scambia-to dal sistema con lā€™ambiente puoā€™ essere ricondotto al sollevamento diun corpo; il lavoro compiuto dal sistema eā€™ dato dallā€™aumento di energiapotenziale gravitazionale del corpo.

    Analogamente, possiamo dire che del lavoro viene compiuto sul sistema(cioeā€™ energia sotto forma di lavoro entra nel sistema) ogni volta che illavoro scambiato dal sistema con lā€™ambiente puoā€™ essere ricondotto alla di-scesa di un corpo; il lavoro compiuto sul sistema eā€™ dato dalla diminuzionedi energia potenziale gravitazionale del corpo.

    ā€¢ Un altro modo semplice e intuitivo per decidere con sicurezza se il sistemacompie o subisce del lavoro eā€™ il seguente.

    In generale, lā€™energia (anche lā€™energia interna) puoā€™ essere definita quali-tativamente come ā€œla capacitaā€™ di compiere lavoroā€.

    Questo eā€™ un concetto estremamente intuitivo: normalmente, se vediamouna persona lavorare di buona lena, diciamo che ā€œha molta energiaā€.

    Eā€™ altrettanto intuitivo il fatto che piuā€™ lavoro si compie, e meno si eā€™ dispo-sti a compierne dellā€™ulteriore: se cominciamo a fare un lavoro faticoso almattino, dopo una notte di buon riposo, inizialmente procediamo spediti,ma, man mano che lavoriamo, la voglia di andare avanti diminuisce sem-pre piuā€™. La nostra energia, cioeā€™ la nostra capacitaā€™ di compiere lavoro,diminuisce man man che compiamo lavoro.

    Allā€™opposto, se del lavoro viene compiuto su di noi (in questo caso saraā€™ delā€œlavoro chimicoā€ dovuto alle reazioni che avvengono quando mangiamo delcibo o dormiamo), la nostra capacitaā€™ a compiere lavoro (la nostra energia)aumenta.

    Allora: per capire subito se del lavoro eā€™ stato fatto dal sistema o sulsistema, spesso basta chiedersi se in seguito ad esso la capacitaā€™ del sistemadi compiere dellā€™ulteriore lavoro eā€™ aumentata o diminuita:

    ā‡’ se in seguito a del lavoro scambiato con lā€™ambiente la capacitaā€™del sistema di compiere dellā€™ulteriore lavoro eā€™ aumentata, allora illavoro scambiato eā€™ stato fatto sul sistema.Ad esempio, se il gas contenuto in un cilindro con pistone vienecompresso (scambio di lavoro), la sua capacitaā€™ di compiere dellā€™ul-teriore lavoro eā€™ aumentata (il gas puoā€™ sollevare un peso maggiore

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  • se viene lasciato espandere): la compressione di un gas eā€™ quindiun lavoro fatto sul gas, percheā€™ in seguito ad esso la sua capacitaā€™di compiere (ulteriore) lavoro eā€™ aumentata.

    ā‡’ se in seguito a del lavoro scambiato con lā€™ambiente la capacitaā€™del sistema di compiere dellā€™ulteriore lavoro eā€™ diminuita, allora illavoro scambiato eā€™ stato fatto dal sistema.Se il gas contenuto in un cilindro con pistone viene lasciato espan-dere, la sua capacitaā€™ di compiere dellā€™ulteriore lavoro eā€™ diminuita(dopo lā€™espansione, il gas riesce a sollevare un peso minore se vienelasciato espandere ulteriormente): lā€™espansione di un gas eā€™ quindiun lavoro fatto dal gas, percheā€™ ha diminuito la sua capacitaā€™ dicompiere (ulteriore) lavoro (la sua energia).

    Energia interna, lavoro e calore dal punto di vista microscopico

    ā€¢ La termodinamica classica prescinde totalmente dalla dimensione micro-scopica dei sistemi: cioeā€™ ignora completamente lā€™esistenza di atomi, mo-lecole ed elettroni. Tuttavia eā€™ molto utile porre in relazione le leggi e irisultati della termodinamica classica con la dimensione molecolare dellarealtaā€™.

    ā€¢ Da un punto di vista microscopico/molecolare, lavoro e calore sono en-trambi connessi ai moti molecolari, ma sono nettamente e facilmentedistinguibili:

    ā‡’ si ha scambio di energia sotto forma di lavoro ogni volta che leparticelle di un sistema (elettroni, atomi, molecole) si muovono inmodo ordinato: un pistone che si solleva, una ruota che gira, unflusso di elettroni in un circuito elettrico etc.

    ā‡’ si ha scambio di energia sotto forma di calore ogni volta che le par-ticelle di un sistema si muovono in modo caotico e disordinato:se un gas viene riscaldato a volume costante, non si ha alcun movi-mento ordinato (niente di macroscopico si muove), ma la velocitaā€™media del moto casuale delle sue molecole aumenta.

    ā€¢ Lā€™energia interna di un sistema eā€™ la somma dellā€™energia cinetica e po-tenziale delle particelle che lo costituiscono. Da cioā€™ si capisce facilmentecome lā€™energia interna sia una grandezza estensiva, percheā€™ la sua quan-titaā€™ eā€™ direttamente proporzionale a quella del sistema (se la quantitaā€™ disistema raddopia, il numero di particelle raddoppia)

    ā€¢ Notate: lā€™energia interna comprende non solo lā€™energia cinetica delle mo-lecole e la loro energia potenziale di interazione, ma anche lā€™energia deilegami fra gli atomi nelle molecole, lā€™energia di interazione fra gli elettronie i nuclei di ciascun atomo, lā€™energia di coesione delle particelle nuclearietc. etc.

    Questo eā€™ il motivo per cui non eā€™ possibile conoscere la quantitaā€™ totale dienergia interna posseduta da un sistema: la scomposizione di un sistema

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  • in ā€œparticelleā€ puoā€™ essere condotta a livelli sempre piuā€™ ā€œmicroscopiciā€, eciascun livello porta un contributo allā€™energia interna.

    Per questo motivo lā€™energia interna di un sistema viene spesso definitacome lā€™energia necessaria a ā€œcreare il sistema dal nullaā€ (nel vuoto).

    La forma differenziale del primo principio

    ā€¢ Come appariraā€™ chiaro nel seguito, eā€™ utile considerare lā€™applicazione delprimo principio della termodinamica ad un processo infinitesimo. Inun tale processo, sistema e ambiente scambiano quantitaā€™ infinitesime dicalore e/o lavoro, che determinano, conseguentemente, una variazione infi-nitesima dellā€™energia interna del sistema. Matematicamente, lā€™espressionedel primo principio per questo caso resta immutata, salvo che le quantitaā€™in gioco sono dei cosiddetti differenziali:

    dU = Ī“q + Ī“w

    ā€¢ Chiariremo fra un attimo il significato dellā€™oggetto matematico che chia-miamo differenziale: per il momento, eā€™ sufficiente sapere che esso rappre-senta il modo di esprimere una variazione piccola a piacere (infinitesima,appunto) di una qualche grandezza fisica.

    ā€¢ Il significato fisico della relazione scritta sopra eā€™ il seguente.

    Se un sistema scambia con lā€™ambiente delle quantitaā€™ molto piccole (ten-denti a zero) di lavoro (Ī“w) e calore (Ī“q), la sua energia interna variacorrispondentemente di una quantitaā€™ infinitesima (dU).

    ā€¢ Un punto fondamentale riguarda la descrizione ā€œmatematicaā€ delle tregrandezze contenute nellā€™uguaglianza.

    Le tre quantitaā€™ infinitesime sono state indicate, volutamente, in mododiverso: dU indica un cosiddetto differenziale esatto, mentre Ī“q e Ī“windicano dei differenziali inesatti.

    ā€¢ Dire che dU eā€™ un differenziale esatto eā€™ un modo di dire che lā€™energiainterna di un sistema eā€™ una funzione di stato. Cioeā€™: lā€™energia internasi puoā€™ scrivere come una funzione matematica di alcune variabilidi stato del sistema e quindi una sua variazione infinitesima si puoā€™esprimere con il differenziale di tale funzione (definiremo fra un momentoil differenziale di una funzione).

    ā€¢ Dā€™altro canto, dire che Ī“q e Ī“w sono dei differenziali inesatti eā€™ unmodo di dire che calore e lavoro non sono funzioni di stato. Non esisteuna funzione delle variabili di stato di un sistema che fornisca il calore oil lavoro ā€œcontenutiā€ nel sistema in un certo stato di equilibrio.

    Calore e lavoro sono grandezze fisiche definite solo in relazione al loroflusso dal sistema allā€™ambiente o viceversa: cioeā€™, possiamo misu-rare senza difficoltaā€™ quanto calore o lavoro viene trasferito dal sistemaallā€™ambiente o viceversa, non possiamo misurare e neppure definire quantocalore o lavoro eā€™ contenuto nel sistema o nellā€™ambiente.

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  • ā€¢ Una delle principali differenze fra una grandezza termodinamica che eā€™funzione di stato (come lā€™energia interna) e una che non lo eā€™ (come ilcalore o il lavoro) consiste nel fatto che, durante un processo che collegalo stesso stato iniziale allo stesso stato finale, la variazione della prima eā€™indipendente dal percorso seguito, mentre quella della seconda dipendeda come il processo eā€™ stato eseguito (ad esempio se il processo eā€™ statoreversibile o irreversibile).

    ā€¢ Possiamo illustrare questo punto con un esempio giaā€™ fatto in generale.Consideriamo lā€™applicazione del primo principio ad un processo A ā†’ Bcompiuto attraverso due percorsi diversi p e pā€²:

    pā€²

    p

    B

    A

    pā€²

    p

    B

    A

    Se indichiamo con q e w il calore e il lavoro scambiati lungo il percorsop e con qā€² e wā€² le corrispondenti quantitaā€™ scambiate lungo pā€², allora, ingenerale, si avraā€™:

    q 6= qā€²

    w 6= wā€²

    percheā€™ calore e lavoro non sono funzioni di stato (per questo motivo leloro variazioni infinitesime vengono definite ā€œdifferenziali inesattiā€).

    Invece, siccome lā€™energia interna eā€™ una funzione di stato, si avraā€™ (nonsolo per p e pā€², ma per qualsiasi altro percorso):

    āˆ†U = āˆ†U ā€²

    (per questo motivo una variazione infinitesima di energia interna si defi-nisce ā€œdifferenziale esattoā€)

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  • ā€¢ Notate: mentre calore e lavoro, presi singolarmente, dipendono dalla tra-iettoria seguita dal sistema nello spazio delle sue coordinate termodinami-che per compiere un processo, la loro somma ne eā€™ indipendente:

    āˆ†U = āˆ†U ā€²

    ā‡“

    q + w = qā€² + wā€²

    ā€¢ Se ci pensate, il fatto che calore e lavoro non siano funzioni di stato eā€™ per-fettamente ragionevole. Una volta che calore e lavoro entrano nel sistema,la loro ā€œidentitaā€™ ā€ viene completamente perduta e sia lā€™uno che lā€™altroā€œdiventanoā€ energia interna. Lo stesso vale se consideriamo il calore e illavoro che escono dal sistema: entrambi hanno la stessa origine, e cioeā€™di nuovo lā€™energia interna del sistema. Siccome calore e lavoro, una voltaentrati nel sistema, diventano ā€œla stessa cosaā€ (energia interna), non eā€™possibile e non avrebbe neppure senso parlare di calore e lavoro contenutinel sistema: lā€™unica forma di energia presente allā€™interno del sistema eā€™lā€™energia interna (che, infatti, eā€™ funzione di stato).

    Digressione matematica sui differenziali

    ā€¢ A questo punto eā€™ opportuna una piccola digressione matematica sul con-cetto di differenziale.

    ā€¢ Il differenziale di una funzione di una variabile f (x) eā€™ indicato con df edeā€™ la funzione di due variabili x e āˆ†x definita nel modo seguente:

    df (x,āˆ†x) = f ā€² (x)āˆ†x

    dove f ā€² (x) eā€™ la derivata prima della funzione e āˆ†x eā€™ un incremento(arbitrario) della variabile indipendente x.

    Nella notazione, usualmente si sopprimono gli argomenti x e āˆ†x, per cuiil differenziale si scrive normalmente come df . Se la funzione viene scrittacome y = f (x), allora il suo differenziale viene spesso indicato con dy .

    ā€¢ Per la funzione identitaā€™ y = f (x) = x si ha:

    df (x,āˆ†x) = dy (x,āˆ†x) = dx (x,āˆ†x) = dx = f ā€² (x)āˆ†x

    =d

    dx(x)āˆ†x

    = 1Ɨāˆ†x

    = āˆ†x

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  • e quindi eā€™ invalso lā€™uso di scrivere dx al posto di āˆ†x:

    df (x,āˆ†x) = f ā€² (x) dxoppure df (x) = f ā€² (x) dxoppure df = f ā€² (x) dxoppure dy = f ā€² (x) dx

    ā€¢ Il significato geometrico del differenziale di una funzione si puoā€™ vedere inquesta figura:

    f (x)

    Ī¾ = dy

    Ē«

    āˆ†y

    x+āˆ†xx

    f (x)

    Ī¾ = dy

    Ē«

    āˆ†y

    x+āˆ†xx

    f ā€² (x) eā€™ la pendenza della retta tangente al grafico della funzione nel puntodi coordinate (x, f (x)). Allora, detto āˆ†x uno spostamento lungo lā€™asse x apartire da x e detto, per il momento, Ī¾ il corrispondente spostamento lungolā€™asse y determinato nella retta tangente, per la pendenza deve valere:

    f ā€² (x) =Ī¾

    āˆ†x

    ovvero:

    Ī¾ = f ā€² (x)āˆ†x

    = dy

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  • In pratica, quindi, il differenziale dy rappresenta lā€™approssimazione linea-re alla variazione della funzione āˆ†y per la variazione āˆ†x (= dx ) dellavariabile indipendente.

    Cioeā€™, in altre parole, se la variabile indipendente x varia di āˆ†x (= dx ),la variazione della funzione eā€™ āˆ†y, e sarebbe pari a dy se la funzionecoincidesse con la sua retta tangente nel punto di coordinate (x, f (x)).

    ā€¢ Lā€™utilitaā€™ del differenziale di una funzione si comprende sulla base dellaseguente semplice proprietaā€™:

    limāˆ†xā†’0

    āˆ†y = dy

    cioeā€™: per una piccola variazione della variabile indipendente x (āˆ†xā†’ 0),la variazione della funzione (āˆ†y) tende a coincidere con il suo differenziale(dy).

    La dimostrazione dellā€™uguaglianza su scritta eā€™ molto semplice:

    limāˆ†xā†’0

    āˆ†y = limāˆ†xā†’0

    (f (x+āˆ†x)āˆ’ f (x))

    = limāˆ†xā†’0

    f (x+āˆ†x) āˆ’ f (x)

    āˆ†xdx (NOTA: moltiplico e divido per āˆ†x = dx )

    = f ā€² (x) dx

    = dy

    percheā€™:

    limāˆ†xā†’0

    f (x+āˆ†x)āˆ’ f (x)

    āˆ†x= f ā€² (x) per definizione

    e

    limāˆ†xā†’0

    dx = dx sempre

    ā€¢ Quindi: se una grandezza fisica y eā€™ esprimibile come una funzione mate-matica di unā€™altra grandezza fisica x, allora la variazione infinitesima di yconseguente ad una variazione infini