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Associazione Scienza & Vita - Rovigo Antonio Meo

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Page 1: Associazione Scienza & Vita - Rovigo - Centro per la ... · Non è soltanto la Chiesa, però, a lanciare l’allarme sul pericolo gender. Ci sono anche voci ... e apprezziamo la loro

Associazione Scienza & Vita - Rovigo

Antonio Meo

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Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade sa-

ranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritrovere-

mo a difendere non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita

umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile uni-

verso che ci fissa in volto.

G.K. Chesterton - 1905

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della ci-

viltà dei consumi. […] La «tolleranza » della ideologia edonistica voluta dal nuovo

potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. […] Il Centro ha assimila-

to a sé l’intero paese. […] Ha imposto cioè i suoi modelli: che sono i modelli voluti

dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo che

consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del

consumo.

P.P. Pasolini - 1973

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Premessa Da qualche tempo accade spesso di sentir parlare dell’ideologia del gender. Fino a poco tempo fa, i grandi canali della comunicazione di massa evitavano in genere di occuparsi di questo argomento. E capitava pure che qualcuno dimostrasse sorpresa: «Gender? Di che si tratta?».

Però gli allarmi si moltiplicavano, anche da parte di fonti autorevoli. Benedetto XVI, il 21 di-cembre 2012, la presentava come «nuova filosofia della sessualità1, segnalandone la perico-losità.

Da un paio d’anni la parola "gender" si è imposta all'attenzione dell'opinione pubblica. A ciò ha contribuito Papa Francesco, che in più occasioni ha parlato della teoria gender, descri-vendola come uno «sbaglio della mente umana» (Napoli, 21 marzo 2015)2. Ora tutti, o quasi, ne hanno sentito parlare.

Questa notizia è stata contestata e smentita: «L’ideologia gender non esiste». Ma Papa Francesco, nel suo recente documento “Amoris lætitia” (n. 56), insiste: «Un’altra sfida emerge da varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata “gender”».

Non è soltanto la Chiesa, però, a lanciare l’allarme sul pericolo gender. Ci sono anche voci del mondo laico, per esempio il giovane e brillante filosofo marxista Diego Fusaro3.

In verità, che qualcosa stesse accadendo, era noto agli osservatori più attenti dal 1995 (quarta Conferenza mondiale sulle donne di Pechino), quando il termine “genere” (in inglese “gender”) è entrato nei documenti ufficiali.

In questo opuscolo è descritta l’ideologia del gender. Qualcuno troverà che questa descri-zione non corrisponde a quanto afferma il tale o il tal altro teorico. In effetti non è possibile dare dell’ideologia del gender una descrizione di valore universale, perché non esiste un pensiero gender “ufficiale” a cui riferirsi, e ci sono differenze tra i diversi teorici. L’ideologia su cui richiamiamo l’attenzione non è quella dell’uno o dell’altro pensatore, ma quella che di fatto sta penetrando nella nostra vita quotidiana.

Una parola vogliamo rivolgere a coloro che si impegnano, su un fronte opposto al nostro, per diffondere una visione che minimizza la differenza sessuale (secondo l’ideologia gender). Varie possono essere le loro motivazioni. Siamo certi che molti tra loro siano mossi da un sincero interesse a contrastare le discriminazioni e le ingiustizie. A costoro diciamo che, li stimiamo, e apprezziamo la loro “sete di giustizia”. Condividiamo il desiderio che le discrimi-nazioni siano superate, pur percorrendo una via differente. E rivolgiamo loro un appello:

«Fate un gesto di fiducia nei nostri confronti, riconoscendoci altrettanta buona fede di quanta noi ne attribuiamo a voi, e provate a leggere il no-stro piccolo scritto, che propone una via diversa per superare le stesse ingiustizie».

1 http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2012/december/documents/hf_ben-xvi_spe_20121221_auguri-curia.html 2 http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2015/march/documents/papa-francesco_20150321_napoli-pompei-giovani.html 3 https://www.youtube.com/watch?v=IOKJw1p_JI0 e anche https://www.youtube.com/watch?v=NcUCreE79CM

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Genere (in inglese gender). Termine che indica una classe, una categoria, un raggruppamento. In pas-sato distingueva il maschile e il femminile soltanto in grammatica (parole di genere maschile, di gene-re femminile, in alcune lingue anche di genere neutro). Oggi si dice genere maschile e femminile an-che parlando del sesso delle persone (invece che sesso maschile e femminile), usando sesso e genere come due termini equivalenti, ma in realtà, come vedremo, hanno significati diversi. Su questo equivoco si giocano cambiamenti sociali, culturali e legislativi di grande rilievo, senza che l’opinione pubblica se ne renda conto.

San Tomaso d’Aquino, grande filosofo, era solito iniziare le sue lezioni, mostrando una mela, con questa frase: «Questa è una mela. Chi non è d’accordo può andar via». È un evidente richiamo ad at-tenerci alla realtà dei fatti. Partiamo dunque dai dati scientifici. Nelle cellule umane ci sono 23 coppie di cromosomi, che determinano le nostre caratteristiche indivi-duali ereditabili. Nelle femmine la 23ª coppia è formata da due cromosomi X, nei maschi da un cro-mosoma X e un cromosoma Y. Questa caratterizzazione maschile o femminile, inscritta in ciascuna delle nostre cellule, dipende dalla presenza o dall’assenza del gruppo genico SRY (che si trova sul cromosoma Y, quindi solo nei maschi). Il gruppo genico SRY è attivo sin dal momento del concepi-mento. Sotto l’influsso dei cromosomi, si sviluppa un corpo maschile o femminile. Uomini e donne non diffe-riscono solo negli organi genitali e nelle loro funzioni, ma in tutto il corpo. In particolare tra cervello maschile e femminile ci sono significative differenze, in buona parte già presenti alla nascita4. È il sesso corporeo o biologico. Oltre al sesso biologico, esiste anche il modo con cui un soggetto percepisce se stesso (il sesso psico-logico), e il modo in cui lo percepiscono gli altri (il sesso sociale).

Alcuni termini che incontreremo Sesso: mentre una volta con questa parola si indicavano tutti gli aspetti relativi all’essere maschio o femmina, oggi molti la usano per indicare il solo sesso corporeo. Genere: è il sesso sociale e psicologico. Identità: è la risposta che una persona dà alla domanda «chi sono io?». L’identità di una persona è di regola un’identità sessuata (io mi identifico con una caratterizzazione sessuale – sono maschio, sono femmina), ed è un’identità relazionale (io mi identifico in riferimento a legami di sangue e a relazio-ni importanti con altre persone – sono figlio di…). Con l’identità sessuale la persona definisce il suo sesso: «io sono maschio» oppure «io sono femmina». Come poi vedremo, il pensiero gender attribui-sce maggiore importanza alla percezione di sé, e preferisce parlare di identità di genere. Orientamento sessuale: direzione (unica o prevalente) del desiderio sessuale, che può essere verso il sesso opposto, verso lo stesso sesso, verso entrambi, o altro.

Attenzione: desiderio e comportamento non si equivalgono; l’uomo di fronte a qualsiasi impulso può sce-gliere cosa fare o non fare! Un uomo che prova attrazione per una collega sexy, non per questo è obbli-gato a tradire la moglie.

Ruolo di genere: ruolo svolto da un soggetto secondo il proprio genere [p. es. “La donna accudisce, l’uomo guida”]. Espressione pubblica del proprio genere, ciò che si esibisce agli altri per manifestare il proprio genere. Più di recente questo secondo significato è indicato come espressione di genere. Nel pensiero gender, i ruoli sono considerati “costruzione sociale” imposta, da “decostruire”. LGBT / LGBTQ: Con queste sigle si indicano le associazioni e i movimenti che portano avanti le rivendicazioni di Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali e Queer. 4 Cantelmi T., Scicchitano M. – Educare al femminile e al maschile. San Paolo, 2013

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Oggi la parola "sesso" è tendenzialmente riferita alla componente biologica dell’identità sessuale; "genere", invece, alla componente psicologica e sociale. A partire dal corpo, profondamente caratte-rizzato come maschile o femminile, e passando per la percezione soggettiva e sociale, si costruisce quindi la nostra identità, differenziata in maschile e femminile5. Potremmo dire che l’identità è un compito: diventare ciò che si è. Una persona, quando nasce, non co-nosce ancora la sua identità, non sa chi è, scoprirlo è il suo compito. E deve scoprirlo nella realtà che gli è stata data. Man mano che passano gli anni, si costruisce l’identità matura, adulta. Ma il compito non è mai esaurito, dura tutta la vita. Si tratta quindi di scoprire la nostra natura e portarla a compi-mento. A questo contribuiscono le nostre risorse biologiche ma anche i fattori culturali. Una piantina di limoni per natura diventerà un albero, ma perché ciò sia possibile la piantina ha bisogno di cure. Al-lo stesso modo l’essere umano è in grado di parlare (natura), ma senza l’interazione con gli altri (cul-tura), un bambino non imparerà a farlo. La cultura può favorire la natura della piantina (o dell’essere umano), o può anche contrastarla, ma non può determinarla.

In contrasto con questa visione si pone l’ideologia del gender. Per questa ideologia, essere uomo o donna sarebbe frutto di una costruzione sociale. Sarebbe come se le cure condizionassero a tal punto lo sviluppo della piantina di limone, da riuscire a farla diventare una pianta che produce uva. L’ideologia gender ha mosso i primi passi all’interno delle lotte femministe. Simone di Beauvoir6 af-fermava che «Femmina si nasce, donna si diventa»: è l’avvio della distinzione tra sesso e genere. Questo concetto è stato poi adottato anche dai movimenti omosessualisti. In entrambi i casi l’obiettivo dichiarato, in sé positivo, è il superamento delle discriminazioni. Secon-do la logica gender la “differenza” è stata occasione di “diseguaglianza” e di oppressione, quindi la differenza sessuale va superata.

Per quanto un’interpretazione travisata della differenza sessuale abbia realmente portato a discriminare le donne, non si può pensare di risolvere il problema contraddicendo la realtà. Impostare la vita sociale sen-za tener conto della realtà è causa di altri danni e altre ingiustizie. Se la differenza tra i sessi c’è, non è bene ignorarla. E poi, l’oppressione della donna non deriva dalla differenza tra i sessi, ma da una rappre-sentazione distorta di questa differenza. Le ingiustizie non si superano negando la realtà, ma proprio re-cuperando una prospettiva maggiormente fondata sulla realtà, una prospettiva in cui uomini e donne, diffe-renti ma con pari dignità, sono chiamati a collaborare per la costruzione di un bene comune. È interessan-te quanto dice Susy Zanardo, docente di Filosofia morale all’Università europea di Roma7. Ci sono dati statistici che offrono motivi per una seria riflessione al riguardo. In paesi dove la società si è maggiormente conformata alla “prospettiva di genere”, la frequenza degli episodi di violenza sulle donne è più elevata8 9. Questi dati statistici devono essere analizzati e compresi, ma non possiamo trascurarli.

5 Roze E. – Verità e splendore della differenza sessuale – Cantagalli, 2014 6 De Beauvoir S. – Le Deuxième Sexe – Gallimard 1949 7 Zanardo S. – Gender e differenza sessuale su “Aggiornamenti Sociali” di maggio 2014. «Qual è la radice del differire? Risponderemmo: l’esperienza della generazione, perché generare in sé o fuori di sé non sono la stessa cosa (…) Il vissuto della gestazione simbolizza, a nostro parere, la modalità femminile di recare a sé il mondo (…) Per questo motivo, la forma privilegiata di stare al mondo per una donna è quella in cui lei sente di portare in sé il mondo, l’altro, il figlio, l’uomo; essi, a diverso titolo, le sono nell’intimo, cioè al più interno di sé come altro in lei, come legati alla sua identità. Poiché per la donna il compimento del figlio si realizza sempre dentro di sé, lei è più a contatto con il corpo e le esperienze emotive pre-verbali: sente le cose prima ancora di vederle, le concepisce in un bagliore intuitivo che la parola a stento dipana e le trattiene tracciando un cerchio intorno a sé, dove i contenuti germogliano in modo continuo (…) Per l’uomo, invece, l’attesa del figlio si compie sempre fuori di sé, ma in quel fuori egli mette la sua vita e la storia. Il figlio, la figlia rappresentano per il padre se stesso in altro. L’altro è il fuori da bonificare, cioè il luogo vitale da difendere, proteggere e amare, caro all’uomo almeno quanto o più del proprio corpo; ed è il luogo della memoria dove le opere dei padri sono tra-smesse in avanti, verso altri a venire, per creare le condizioni affinché la vita possa fiorire.» 8 Cantelmi T. – Nati per essere liberi – San Paolo, 2105 9 http://www.nationmaster.com/country-info/stats/Crime/Rape-rate

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L’ideologia gender

distingue il sesso dal genere separa il sesso dal genere

oppone sesso e genere moltiplica i generi

dissolve i generi e il sesso

→ La differenza sessuale viene svalutata o perfino negata

■ L’ideologia gender distingue il sesso dal genere. Questa distinzione non è in sé scorretta, ma nell’ideologia gender viene particolarmente evidenziata. ■ L’ideologia gender separa il sesso dal genere. Il genere diventa una scelta libera, che non ha neces-sariamente un collegamento col sesso corporeo. Le influenze educative e culturali, dirette a promuo-vere nei ragazzi uno sviluppo identitario in armonia col sesso corporeo, non sono giudicate positiva-mente, anzi sono considerate come condizionamenti da evitare.

Le posizioni al riguardo sono varie, alcune del tutto accettabili: per esempio qualcuno critica, a ragione, un’educazione che esenta i maschi dal compito di contribuire ai lavori domestici, assegnando alle femmine un ruolo servile. Ma c’è anche chi vorrebbe che ai bambini non si suggerisca neppure l’idea che esiste un “maschile” e un “femminile” (criticando il rosa e l’azzurro), e spinge per educarli all’idea della totale indiffe-renza tra maschi e femmine, perfino per svolgere il ruolo di padre o di madre.

■ L’ideologia gender oppone sesso e genere, privilegiando il genere. L’identità pubblica e i suoi ruoli devono collegarsi al genere, non al sesso. ■ L’ideologia gender moltiplica i generi. Il modo di percepire sé stesso può variare molto, e la sem-plice classificazione in maschile e femminile non basta più. Per rispettare ogni singola sfumatura di sensibilità occorre la disponibilità di molte opzioni: Facebook, all’atto dell’iscrizione, ne propone cin-quantasei (in Italia dieci)10.

Alcuni classificano come identità perfino gli orientamenti sessuali (identità gay, identità lesbica). Ciò che io sento, desidero, diventa così importante da presentarsi come identità personale (io sono i miei desideri). In questa prospettiva ogni desiderio è rivendicato come diritto, e sempre nuovi diritti si aggiungono all’elenco. Questa è effettivamente la tendenza della giurisprudenza attuale, propensa a dare riconoscimento giuridi-co alle identità di genere, e in base a queste attribuire i ruoli… anche il ruolo genitoriale.

■ L’ideologia gender dissolve i generi e il sesso. La molteplicità dei generi si trasforma in un’unica ininterrotta sfumatura, lungo cui l’individuo può spostarsi anche più volte nella vita. L’identità di ge-nere e perfino l’identità sessuale perdono il loro senso. È l’ideologia queer, che rappresenta il punto estremo dell’ideologia gender. L’individuo queer non ha un’identità sessuale, ma un’identità neutra, fluida, definibile solo per autoaffermazione. La conformazione corporea maschile o femminile perde totalmente il suo significato. Donna o uomo non è “qualcosa che si è”, ma “qualcosa che si fa”. ■ Tutto ciò porta a svalutare la differenza sessuale, fino a negarne la realtà, come fanno le versioni estreme dell’ideologia. La descrizione dell’ideologia gender fatta in questo capitolo non corrisponde a tutte le idee che i teorici del gender hanno espresso (idee molto varie e talora contraddittorie). Qui è descritta non un’ideologia teorica, ma quella che vediamo penetrare, di fatto, nelle norme e nella cultura attuali. 10 http://www.lastampa.it/2015/04/07/tecnologia/su-facebook-lidentit-di-genere-libera-6jPyJPzBhvlhFyFGABUlgJ/pagina.html

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L’ideologia gender non è l’invenzione di una fantasia vivace, è il punto d’arrivo di un’impostazione culturale che già da qualche secolo si è fatta sempre più forte nella nostra civiltà. L’ideologia gender non avrebbe possibilità di affermarsi se le sue basi culturali non fossero già ora presenti nella società. Eccone alcuni aspetti. La gnosi (o gnosticismo) è un’antica dottrina, che considera l’individuo umano come uno spirito, ca-duto per disgrazia in un corpo. Sprovvista di una visione unitaria dell’uomo (io sono il mio corpo), la gnosi si basa sul dualismo mente/corpo (io ho un corpo). Il corpo, con la sua materialità, comporta dei limiti per lo spirito. Lo spirito, per autodeterminarsi, deve liberarsi dai condizionamenti del corpo. Nel corso dei secoli la gnosi ha assunto volti differenti; spesso è una mentalità più che una teoria esplici-tamente delineata. Sua caratteristica costante è l’affermazione di una supremazia della mente, un dirit-to di proprietà sul corpo, da usare e manipolare a piacimento, per raggiungere gli obiettivi della mente. Ritroviamo questa visione in tanti comportamenti attuali, in cui il corpo viene usato, manipolato, ven-duto… come un oggetto. Anche per la dottrina gender ciò che conta è il genere, la percezione mentale, “come mi sento”, men-tre il sesso corporeo ha scarso rilievo. Relativismo ed etica utilitaristica. La visione relativista esclude che ci sia un significato o uno scopo insito nella realtà. Ognuno decide da sé gli scopi che vuole. Ne derivano regole morali diverse da per-sona a persona, senza possibilità di identificare ciò che è bene in sé. La prospettiva gender, valorizzando la percezione personale rispetto alla realtà corporea, è in sintonia con la logica relativista. Individualismo libertario. L’individuo rivendica con orgoglio la propria autodeterminazione, fino alla pretesa di essere il creatore di sé stesso, decidendo la propria natura. La mentalità di oggi pare af-fetta da un’immaturità, un’incapacità adolescenziale ad ammettere il limite. È la logica del peccato originale, che non è un peccato sessuale (come erroneamente qualcuno sostiene), ma consiste in un at-to di orgoglio: Decido io cos’è il bene e cos’è il male!

Il pensiero individualista vede l’uomo come una realtà superbamente solitaria che non deve a nessuno ciò che è. Il buonsenso ci invita ad ammettere realisticamente che non è così. Da una certa prospettiva, do-verlo ammettere non è fonte di disappunto, anzi è meraviglioso vederci inseriti in una realtà di amore, in cui riceviamo l’esistenza come un dono e siamo chiamati a farne un dono. È questa la fonte della nostra dignità di persona.

Ritroviamo lo stesso orgoglio nel pensiero gender. La realtà della differenza sessuale pone un limite: un uomo non può essere donna, e viceversa. Allora si rifiuta la differenza, si nega la realtà. Il corpo sessuato non mi deve condizionare, l’identità è mia e la gestisco io!11

Così facendo trascuro il fatto che alla mia identità sono collegati ruoli e funzioni che coinvolgono gli altri. Se un pediatra, che “si sente” oculista, volesse fare trapianti di cornea, la cosa non riguarderebbe anche i pazienti? Similmente, è coinvolta la persona del bambino quando una coppia dello stesso sesso vuole far-gli da padre e madre. Un pediatra potrebbe anche imparare a fare l’oculista, ma ruoli e funzioni dei sessi sono davvero tutti intercambiabili? È una domanda legittima: noi umani siamo esseri sociali, e proprio la sessualità è l’aspetto che più di ogni altro ci caratterizza come esseri “in relazione”. L’individualismo ignora la dimensione sociale dell’uomo.

11 Stancanelli E. – “Da donna a tecno-uomo” su “la Repubblica” del 6 novembre 2015. Si tratta di un’intervista a Beatriz Preciado, che ha cambiato genere assumendo il nome di Paul. Tra le altre affermazioni di Beatriz-Paul: «Ogni volta che qualcuno pronuncia il mio nome lo sento come un atto di sovversione, in com-plicità con il mio dissenso di genere, e insieme il riconoscimento del mio diritto di esistere al di fuori della nor-ma. È un piacere politico ineguagliabile. Quando qualcuno mi chiama Paul è l’intera società che è coinvolta in un processo di transgenderizzazione». In questa frase sono espressi unitamente l’orgoglio dell’autodeterminazione e la lucida consapevolezza che questa scelta identitaria non è privata, ma coinvolge anche gli altri, l’intera società.

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Contenuti poco definiti. La teoria gender non viene esposta in modo chiaro e definito. La nebulosità è coerente con la natura del pensiero gender, teso a decostruire (decostruire i ruoli, gli stereotipi, ecc.), per garantire all’individuo il potere di autodeterminarsi. Ci sono vere e proprie contraddizioni nell’ideologia gender: p. es. da un lato l’orientamento omosessuale è considerato congenito e perma-nente, dall’altro si propone la fluidità dell’identità queer. La proposta poco chiara del pensiero gender tende a farlo accettare, senza una vera valutazione, da parte della società. Fino al punto che l’attuale strategia consiste nel negare l’esistenza di una teoria gender. Manipolazione del linguaggio. La manipolazione del linguaggio per modellare la realtà è una tecnica abilmente usata dai sostenitori dell’ideologia gender, che, giocando con le parole, vogliono rendere accettabili al sentire comune idee e fatti prima inammissibili. Un esempio: lo stesso termine “genere” va sostituendo la parola “sesso”, nei media, ma anche nelle leggi degli stati e nelle dichiarazioni in-ternazionali. Dapprima è fatto passare come un innocuo sinonimo di sesso, poi si tira fuori il suo spe-cifico significato, carico di conseguenze sconvolgenti sulla cultura, sulle leggi e sulla società. Vari livelli di profondità. Possiamo figurarci l’ideologia gender come una struttura a cerchi concen-trici12. In periferia, obiettivi accettabili per il sentire comune, giusti e ragionevoli (p. es. il contrasto a discriminazioni e violenze). Ma una volta raggiunti i primi successi, si fanno avanti idee e rivendica-zioni più radicali: prima suggerite, poi affermate con insistenza dai media, poi imposte da programmi educativi sempre più vincolanti, infine intimate con sanzioni penali (leggi anti-omofobia). In ognuna di queste fasi, è raro che il gender sia espressamente nominato: si parla di “parità”, “contrasto alle discriminazioni”… In altre parole, si tende sempre a presentare il volto ragionevole e rassicurante del cerchio esterno.

12 Peeters M. A. – Il gender, una questione politica a culturale – San Paolo, 2014

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Alleanza femminista. L’ideologia gender è un progetto generale di cambiamento della società, basato su un credo relativista e libertario. Non coincide con la lotta femminista o omosessualista. Però presso questi movimenti trova alleanze. Parte cospicua del movimento femminista vede nel rifiuto della dif-ferenza sessuale la via per il raggiungimento della parità di genere (parità intesa come equivalenza). Esiste anche un femminismo della differenza, che rivendica la parità valorizzando la specificità fem-minile.

Il femminismo della differenza sembra aver imboccato la via giusta, ma non mancano eccessi, fino ad af-fermare non la parità, ma la superiorità della donna. Troveremmo preferibile uscire da questa logica di contrapposizione, per valorizzare un rapporto tra i sessi basato sull’armonia nella differenza.

Alleanza LGBT. I movimenti LGBT rivendicano la totale equivalenza tra le relazioni omosessuali e quelle eterosessuali. Queste affermazioni trovano un forte supporto nel pensiero gender.

Già il fatto di parlare di relazioni eterosessuali significa in qualche modo riconoscere un’equivalenza (rela-zioni omosessuali da un lato, relazioni eterosessuali dall’altro). Una volta le relazioni eterosessuali sareb-bero state definite semplicemente “sessuali” (la parola “sesso” deriva dal latino “seco”, cioè “suddividere”, “ripartire”, con riferimento alla suddivisione tra maschile e femminile, senza bisogno di specificare “etero” per indicare la differenza).

Anche a questo proposito va detto che molti omosessuali non si riconoscono in queste posizioni.

Tra le evidenze più inoppugnabili della diversità tra i due tipi di unione, è il fatto che l’unione tra due perso-ne dello stesso sesso, al contrario di quella tra un uomo e una donna, non è generativa. Questa diversità non è cosa da poco, è carica di implicazioni sul piano dei significati. Per rivendicare la totale equivalenza dei due tipi di unione bisogna allora “decostruire” anche il significato della generazione umana, parlare di “genitorialità” invece che di “paternità” e “maternità”, e svalutare l’aspetto corporeo delle relazioni familiari. Per giustificare questa svalutazione si porta l’esempio dell’adozione, in cui il legame di sangue è assente. Invece proprio l’esperienza dell’adozione conferma l’importanza dell’aspetto corporeo della famiglia, pren-dendolo a modello nello sforzo di supplire alla sua mancanza. Ecco quindi la necessità di rivendicare anche l’adozione, rimodellandone il significato. In una catena di “decostruzioni”, simile a quei giochi con le tessere del domino, in cui alla caduta della prima tessera segue la caduta di tante altre tessere, talvolta molto più grandi della prima.

Legislazioni egualitarie. I movimenti LGBT spingono perché ovunque, nel mondo, siano adottate le seguenti legislazioni.

■ Leggi sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Vedi appendice 1 - Nota sul matrimonio omosessuale ■ Riconoscimento legale dell’omogenitorialità (genitori dello stesso sesso).

Vedi appendice 2 - Nota sull’omogenitorialità ■ Leggi che impongono alla scuola di occuparsi di educazione alla parità dei sessi (o meglio, “parità di genere”), attuando le iniziative di cui parleremo tra poco. Il DDL Fedeli parla apertamente di intro-durre nelle scuole “l'educazione di genere e la prospettiva di genere”. ■ Leggi anti-omofobia, che oltre a punire i comportamenti aggressivi verso gli omosessuali (cosa del resto già prevista dalle leggi vigenti), proibiscono anche di esprimersi contro le rivendicazioni LGBT in tema di matrimonio e filiazione. Si crea in tal modo un reato di opinione che soffoca ogni possibili-tà di dibattito. Alleanza con i poteri finanziari. I grandi della finanza mondiale si presentano come personaggi il-luminati che usano il loro potere per promuovere il progresso della civiltà, identificato con l’idea gen-der e con la causa LGBT.

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Possiamo immaginare gli interessi economici alla base di queste scelte. 1) Il mondo LGBT muove somme enormi di denaro. A parte ogni altro discorso, pensiamo ai guadagni

sulle pratiche di procreazione eterologa o surrogata: annullando l'identità sessuale binaria dell'uma-nità, la generazione umana viene disarticolata da quell’incontro di persone che avviene nella diffe-renza sessuale, per dipendere sempre più dalla tecnica, con le sue implicazioni economiche.

2) Inoltre i grandi poteri finanziari preferiscono una società fondata sull’ individualismo piuttosto che sui valori della famiglia: l’individuo isolato è più facilmente suggestionato dai bisogni artificiali indotti dal consumismo, e credendo di affermare i suoi desideri, di fatto obbedisce a poteri forti che curano i propri interessi13. Invece nella famiglia sono valorizzati i desideri autentici, collegati al bene della persona, e i suoi consumi sono più oculati, orientati a beni durevoli.

3) Infine, almeno in qualche caso (per esempio Barilla, Dolce & Gabbana), la scelta è stata condizio-nata dalla minaccia di boicottaggi.

Istituzioni internazionali. I movimenti LGBT e femministi esercitano una notevole influenza sulle grandi istituzioni sopranazionali (ONU, Unione Europea), dove le loro rivendicazioni sono fortemente sostenute e promosse, con raccomandazioni agli stati perché adottino legislazioni gay-friendly. Uso dei mass media. L’ideologia gender vuol modificare il modo di pensare e di sentire della gente. I media sono un campo d’azione obbligato per raggiungere quest’obiettivo. La conquista dei media da parte del pensiero gender è a buon punto, come risulta dall’insistenza di questo tema nella pubblicità e nelle fiction. Oppure nei dibattiti in TV, sfacciatamente sbilanciati: spesso ci sono numerosi perso-naggi a sostenere le tesi gender (per es. l’omogenitorialità), col conduttore che, invece di restare neu-trale, si schiera dalla loro parte; dall’altro lato un solo interlocutore, spesso trattato con aggressività (e a volte neppure c’è). Esistono anche linee guida ufficiali sul linguaggio da adottare nei media14.

Interventi nella scuola. Progetti scolastici contro discriminazione e bullismo possono servire da pre-testo per promuovere nei bambini una mentalità in linea col pensiero gender. Gli opuscoli predisposti dall’UNAR per le scuole italiane15 raccomandano ad esempio di conformare la mente dei bambini all’idea di una completa normalità dell’omogenitorialità (si suggerisce il seguente problema di aritme-tica: “Rosa e i suoi papà comprano tre lattine…”).

A dettare le linee di tendenza per le iniziative scolastiche, si candida autorevolmente un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS): “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”16. Vi si raccomanda un’educazione sessuale olistica (= globale, non limitata ai soli aspetti tecnici). Si tratta certo di una raccomandazione corretta, ma così facendo si entra nel mondo dei valori, dove occorre molta cautela per non confliggere coi valori delle famiglie (alle quali va garantita la priorità nelle scelte educative per i fi-gli); una cautela che purtroppo non ci sembra di ravvisare esaminando il documento, che oltretutto è for-temente ispirato a una visione della sessualità in linea con le teorie gender. Una lettura critica dettagliata e rigorosamente motivata degli standard OMS è svolta da Cantelmi e Lambiase (vedi nota 8).

Conquista del terzo mondo. Papa Francesco ne ha parlato, usando la forte espressione «colonizza-zione ideologica». L’occidente ricco sostiene i paesi sottosviluppati, a condizione che questi adottino legislazioni favorevoli alle rivendicazioni LGBT. Non si tratta solo di abolire il reato di omosessuali-tà, ma anche, ad esempio, del riconoscimento legale delle unioni omosessuali e ciò che vi è connesso. L’esempio citato dal Papa riguardava l’adozione di testi scolastici pro-gender.

È un vero ricatto, che gioca sul bisogno dei popoli per imporre idee e progetti estranei alle loro culture.

13 Fromm E. – L’arte d’amare – 1957. Proprio a proposito della questione dell’uguaglianza delle donne, Fromm afferma: «Gli aspetti positivi di questa tendenza all'uguaglianza non devono trarre in inganno. Fanno parte della tendenza all'eliminazione delle differenze. L'uguaglianza è ottenuta a questo prezzo: le donne sono uguali perché non sono più differenti (…) La società contemporanea predica questo ideale di uguaglianza per-ché ha bisogno di atomi umani simili tra loro, per farli funzionare in una massa compatta: tutti obbediscono agli stessi comandi, e tuttavia ognuno è illuso di seguire i propri desideri». 14 http://www.pariopportunita.gov.it/images/lineeguida_informazionelgbt.pdf 15 http://www.istitutobeck.com/progetto-unar.html 16 http://www.bzga-whocc.de/?uid=f34dbf7a5f1a1f218446483b30f9fd2c&id=Seite4489

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Abbiamo usato varie volte la parola “ideologia”. Nel dizionario (Garzanti) troviamo questa definizio-ne: «Sistema di idee che costituisce la base per l’azione politica, sociale, religiosa ecc». Di fronte all’aumento di attenzione rivolta alla questione, sono comparse molte dichiarazioni che ne-gano la stessa esistenza di un’ideologia gender. È vero, non c’è un testo ufficiale che espone un “pensiero gender” ortodosso, ma esistono molte ope-re che delineano le idee qui esposte. Ecco i nomi di alcuni autori che hanno contribuito a costruire questo pensiero (solo per citare alcuni tra i più influenti): John Money (usò per primo il termine “genere” per indicare un’identità sessuale che non coinci-

de col sesso biologico – 1955; è l’artefice del famoso esperimento su Bruce, descritto in “Bruce, Brenda e David, Il ragazzo che fu cresciuto come una ragazza”, di John Colapinto);

Robert Stoller (autore di “Sex and Gender” – 1968, che con “genere” indica la quantità di ma-schile o di femminile presente in una persona);

Raewyn Connell (autrice di “Gender and Power: Society, the Person, and Sexual Politics” – 1987, delinea una riforma sociale e politica in senso neo-marxista, per passare dall’ordine patriar-cale alla parità);

Judith Butler (autrice di “Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell'identità” – 1990, è l’esponente più nota della “queer theory”).

Nel dibattito sull’esistenza o meno dell’ideologia del gender è intervenuta anche l’Associazione Ita-liana di Psicologia (AIP), che il 12/03/2015 ha diffuso un comunicato, che dichiara il proposito di «chiarire l’inconsistenza scientifica del concetto di “ideologia del gender”», ed afferma che

«esistono, al contrario, studi scientifici di genere, meglio noti come Gender Studies che, insieme ai Gay and Lesbian Studies, hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (…) Le eviden-ze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pre-giudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono tra-smessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunica-zione mediatica, le norme sociali»17.

Questo comunicato è spesso citato per negare l’esistenza dell’ideologia gender, ma leggiamolo atten-tamente: cosa dice in sostanza? Spiega che gli studi di genere dimostrano l’esistenza di condiziona-menti che promuovono «il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere». Invece l’ideologia di cui stiamo parlando, oltre a dire che esistono pregiudizi e stereotipi, giunge a classifica-re come stereotipi e pregiudizi tutte le differenze tra uomo e donna (perfino quelle che rendono ido-nea la persona ad essere padre o madre): di questo, il comunicato dell’AIP non parla. L’opinione che la differenza sessuale non sia significativa, che sia un pregiudizio, frutto di influenze culturali e sociali, non è una nostra fantasia; questa persuasione sta diventando un vero e proprio “si-stema di idee” (= ideologia), una mentalità, che penetra ampiamente e profondamente nella società e ne influenza le scelte; la ritroviamo in tanti fatti di cronaca. Ciò che conta non è che un pensiero sia esposto in un testo ufficiale, ma se è presente e quanto incide nella vita vissuta della gente. Basta guardarsi in giro per vedere che questo sta avvenendo. Ecco solo alcuni esempi. Un tribunale (Messina) obbliga l’anagrafe a registrare un uomo come donna18. Già abbiamo detto degli opuscoli per le scuole che parlano di “Rosa e i suoi papà”… …e delle 56 identità di genere di Facebook. Il 40 per cento dei giovani intervistati nel Regno Unito dichiara di “non sentirsi né maschio né

femmina”19. E per concludere con due casi limite…

17 http://www.aipass.org/files/AIP_position_statement_diffusione_studi_di_genere_12_marzo_2015(1).pdf 18 http://www.lecodelsud.it/era-uomo-ora-e-donna-storica-sentenza-del-tribunale 19 Alessandra Graziottin – “Né maschio, né femmina Se i giovani dichiarano identità sessuale fluida" su “Il Gazzettino” del 19 ottobre 2015.

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In una coppia la donna “cambia” sesso, poi resta incinta e partorisce una bambina che è a tutti gli effetti figlia di entrambi, i quali “ufficialmente” sono però due maschi20.

Un 52enne canadese, Paul Wolscht, ha deciso di essere una bambina di otto anni, e di chiamarsi Stefonknee21.

Le stranezze esistono da quando esiste l’umanità. La vera novità è la serietà con cui la decisione di Paul Wolscht è stata accolta dalla sua famiglia e dai media. Questo caso, e il precedente, sono casi limite, rap-presentano come la “punta dell’iceberg”, ma appunto, l’iceberg di cui vediamo solo la punta si estende, sotto la superficie, con una massa molto più imponente di quel che appare. Si tratta dell’abbandono del principio di realtà nelle relazioni umane22.

Comunque lo si voglia chiamare, uno stravolgimento di molti tra i significati umani più profondi sta innegabilmente facendosi strada nella nostra vita quotidiana, attraverso le leggi, gli strumen-ti di comunicazione, la scuola. Di fronte a questa evidenza, alcuni lanciano un allarme. Vogliamo ascoltarlo? A voler malignare, potremmo avanzare il sospetto che negare l’esistenza dell’ideologia gender sia una strategia che serve a promuoverla: mentre l’opinione pubblica si occupa di altro (non ci si occupa di un’ideologia «inesistente»), qualcuno lavora (nei media, nella scuola, nelle sedi di potere) per farla penetrare nella società senza che la società stessa la sottoponga al vaglio di un pubblico dibattito per decidere se accettarla o respingerla.

20 http://thacelebritea.com/2015/11/transgender-man-reveals-shock-at-learning-he-was-21-weeks-pregnant/ 21 Scozzoli L. – “Paul Wolscht: sentirsi una bambina di 8 anni” su “La Croce quotidiano” del 12 dicembre 2015. 22 Ferraresi M. – “La neolingua del New York Times celebra la convenzione gender-neutral” su “Il Foglio” del 9 dicembre 2015. Commentando la notizia che una persona, intervistata dal NYT, ha chiesto e ottenuto di non essere presentata come uomo né come donna, Ferraresi si richiama alla “responsabilità verso i lettori”: «Un uomo che dichiara a un giornalista di essere un albero verrà identificato come “un uomo che dichiara di essere un albero”, non come un albero, e i lettori trarranno le conclusioni che credono». Così dovrebbe essere, ma stiamo andando verso una situazione in cui fare così sarà giudicato scorretto.

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Come abbiamo visto, l’ideologia gender sta penetrando nella nostra cultura con azioni combinate in vari ambiti: fenomeni di costume, ambito legislativo, ambito accademico, ambito educativo ecc. Piani ed ambiti diversi, ma coordinati tra loro. Probabilmente non c’è una regia ultima che tiene i fili, c’è tuttavia una poliedrica deriva culturale, appoggiata dai “poteri forti”. Ogni civiltà si è sempre basata sul presupposto che l’esperienza umana si collochi in un orizzonte di verità che non decidiamo noi, perché ci è dato come realtà (la mela di San Tommaso). Vediamo che, in coerenza col suo carattere libertario e individualista, l’ideologia gender spinge l’umanità a rinnega-re questo presupposto di realtà, scegliendo invece come valore supremo il principio di autodetermina-zione. L’ideologia gender non si fonda nella verità, il suo progetto non può riuscire. Non è possibile modifi-care a tal punto la natura umana23. L’ideologia del gender è un gigante dai piedi d’argilla: imponente, ma destinato a cadere, come sono crollati altri giganti ancora più spaventosi. Allora non c’è da preoccuparsi? È vero: non è possibile modificare a tal punto la natura umana. Proprio per questo c’è da preoccupar-si. Se qualcuno riuscisse davvero a modificare la natura umana, vorrebbe dire che ha il potere di con-trollare la situazione. Qui invece vediamo il mondo che si affretta ad organizzarsi su un’idea di uomo che non corrisponde alla realtà, che non sarà mai realtà. Questo non potrà avvenire senza danni. Quando l’entità dei danni sarà troppo grande per essere ignorata, l’umanità proverà a tornare sui suoi passi. Non sarebbe meglio fermarsi prima?

23 www.youtube.com/watch?v=6AebWRe7OMc Si tratta di un documentario in forma scanzonata, ma molto se-rio, che constatando l’incapacità delle politiche norvegesi per la parità di genere di modificare le percentuali di uomini e donne in alcuni lavori, svolge un’indagine più approfondita e conferma l’esistenza di differenze struttu-rali tra i due sessi.

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Segni distintivi dell’ideologia gender Il primo passo per difendersi dall’ideologia gender è quello di scovarla nelle iniziative in cui si cela. Spesso infatti la cultura gender viene veicolata da progetti che dichiarano la nobile intenzione di con-trastare le discriminazioni, il bullismo, la violenza di genere. Ma se in un testo, in un progetto scola-stico, in un film, viene sostenuto qualcuno tra i seguenti concetti24, vuol dire che ci si trova nell’ambito dell’ideologia gender.

Maschio e femmina sono uguali (non “di pari dignità o importanza”, ma proprio equivalenti, in-tercambiabili).

Il sesso biologico è modificabile. La famiglia naturale non esiste (è una costruzione sociale). Desessualizzare la genitorialità (i figli non nascono solo dal rapporto sessuale, ma possono

anche essere generati artificialmente da qualsiasi aggregato sociale - papà e mamma non sono necessari).

Proteggere per quanto possibile i figli da messaggi che non condividiamo Vigilare sui testi e sulle iniziative scolastiche. Quando un’iniziativa non convince, opporsi, ricordan-do che la famiglia ha la priorità sulle scelte educative. Non temere di esporsi, da singoli o meglio in gruppo. Per quanto si faccia, la cultura gender ha ormai raggiunto la società, e i suoi messaggi giungeranno comunque ai ragazzi. Bisognerà offrire loro antidoti contro l’indottrinamento: ascoltare i ragazzi con attenzione, proporre eventuali argomentazioni, senza animosità, valorizzando la differenza, ma anche la parità, e soprattutto il rispetto e l’amore.

La cosa più importante: una vita familiare buona Per favorire un sano sviluppo dell’identità sessuale dei ragazzi, bisogna certamente contrastare l’indottrinamento gender, come appena detto, ma è ancora più importante offrire il modello di un rapporto coniugale fondato sulla differenza dei sessi (che è un modello di grande bellezza). È la cop-pia il fondamento della famiglia. Quindi va curata la relazione tra i coniugi, mantenendo anche un’appropriata distinzione di ruoli tra padre e madre.

Nella figura paterna si incarna la forza e in quella materna si incarna l’accoglienza. Questo vale sia per le relazioni tra i due, sia per il confronto con i figli. Questa affermazione non intende giustificare l’asservimento della donna all’uomo. Compiti e decisioni, autorità e tenerezza possono e devono essere condivisi da padre e madre, ma con modalità differenti: se la madre è colei che accoglie i figli, li sorregge, li protegge, li consola, in qualche modo li “trattiene” a sé, il padre invece indica loro il dovere, li invita all’iniziativa, al sacrificio, in qualche modo li “invia” nel mondo25 (vedi anche nota 7).

Il genitore dello stesso sesso può favorire il processo di identificazione del figlio, mediante il gioco, il fare qualcosa insieme, prestando attenzione e dimostrando apprezzamento a ciò che il bambino o il ragazzo fa (specie nella preadolescenza). Il genitore di sesso opposto dovrà incoraggiare questo le-game, anche valorizzando il coniuge agli occhi dei figli. Ai figli fa un gran bene la visione dei genito-ri che si amano, si rispettano e si stimano tra loro. Ai figli si deve offrire amore, responsabilità, cura, serenità, autorevolezza, ma accettando il proprio limite, senza mirare a un’impossibile perfezione. Si tratta insomma di essere buoni sposi e buoni genitori. Per farlo è certamente utile curare la propria preparazione. Ma non mitizziamo l’informazione. Sono sempre esistiti genitori analfabeti e meravi- 24 Adinolfi M. – “Che cos’è l’ideologia gender?” su “La Croce quotidiano” del 12 settembre 2015 25 Scicchitano M. – “Maschile e femminile: il valore della differenza” in Essere Padre e madre oggi – San Paolo, 2015

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gliosi, che non trascuravano l’essenziale: “essere sé stessi”, e “amare”. Il mondo di oggi è comples-so, informarsi è giusto, è doveroso, forse è indispensabile, ma non deve farci dimenticare l’essenziale.26

Impegno civile Partecipare alla vita civile sostenendo modelli e valori che riteniamo buoni e utili al bene comune. La società ha bisogno del nostro apporto, ne ha diritto, non possiamo negarglielo col pretesto di garantire la neutralità della società.

Tra l’altro, una società davvero neutrale non può esistere, è una contraddizione logica: quando qualcuno afferma che una società giusta deve essere neutrale, sta esprimendo un preciso, specifico giudizio su co-sa è giusto o ingiusto (un giudizio che non è neutrale). Ogni volta che, nel nome della neutralità, omettia-mo di promuovere la nostra idea sul bene comune (che è poi il bene dell’uomo, di ogni uomo), non stiamo realizzando la neutralità, stiamo solo lasciando spazio all’affermazione di altre idee. E se le riteniamo idee sbagliate o addirittura dannose, stiamo ostacolando il bene dell’uomo.

Ecco alcune possibili occasioni di impegno di fronte allo specifico problema dell’ideologia gender. Far conoscere il problema a quanti lo ignorano o lo sottovalutano. Favorire legislazioni e iniziative pubbliche che rispettino e valorizzino la natura umana anche

nella dimensione della differenza sessuale, opponendosi invece a quanto si pone in contrasto con essa.

A scuola i genitori possono far sentire la loro presenza nella scelta delle iniziative educative ri-volte ai propri figli, coinvolgendo anche gli altri genitori. Non è necessario porsi in un atteggia-mento di ostilità nei riguardi degli insegnanti. Anzi, sicuramente alcuni tra loro non sono favore-voli all'educazione di genere, e saranno lieti di trovare in voi degli alleati per opporsi ad eventuali “ordini superiori”.

Alcuni di noi, a seconda della propria area di competenza, possono contribuire alla costruzione di progetti alternativi in campo educativo, artistico, culturale, che non si limitino all’obiettivo nega-tivo di “opporsi” al pensiero gender, ma in positivo promuovano una visione bella e buona, che valorizzi non solo la differenza sessuale, ma anche la tolleranza, il rispetto per il diverso, l’amore per ogni essere umano.

È certo che un impegno in questo campo oggi non è facile. È possibile che ci si esponga ad accuse sgradevoli e ad altre ripercussioni negative. Ciascuno guardi in sé stesso e prenda le proprie decisioni.

26 Il 2 Ottobre 2015, presso il Cinema Teatro Moderno di Savignano sul Rubicone, lo psicologo Roberto Mar-chesini ha illustrato come i genitori possono difendere i propri figli vivendo adeguatamente i loro ruoli genitoriali. La conferenza è disponibile in rete: https://www.youtube.com/watch?v=owyp7DrDrgk

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Appendice 1 - Nota sul matrimonio omosessuale «Concedere dei diritti alle coppie omosessuali non significa toglierli alle coppie eterosessuali. Cosa ci per-

dono le coppie eterosessuali?» C’è in questa domanda una logica semplice, lineare, disarmante. Eppure… Il matrimonio non è un legame affettivo, da cui derivano dei "diritti". I diritti della persona, di cui parla l'art. 2

della Costituzione, sono riconosciuti e garantiti a tutti, coniugati e non. A proposito di matrimonio, la Costituzione fa un discorso diverso: le "misure economiche e altre provvidenze", (art. 31), non sono diritti, sono provvedimen-ti destinati ad agevolare l’adempimento di “compiti” (compiti collegati alla procreazione, come si evince da ciò che la Costituzione dice della famiglia), perché questi compiti sono un bene per tutti. È il riconoscimento del va-lore sociale del matrimonio.

Non è vero che agli omosessuali sia vietato sposarsi. L’istituzione matrimoniale “così com’è” (tra uomo e donna) è accessibile a tutti, indipendentemente dall'orientamento sessuale. Chi invece chiede di sposare una persona dello stesso sesso, non sta chiedendo di accedere allo stesso istituto del matrimonio, ma di trasformar-lo in un’altra cosa. Per accogliere questa richiesta bisogna che il matrimonio diventi un semplice rapporto affetti-vo (che può esistere tra persone di sesso diverso, ma anche tra persone dello stesso sesso), e che sia ignorata la questione dei "compiti" (che essendo collegati alla procreazione, limiterebbero il matrimonio alle coppie di sesso diverso).

La legge può certamente prendere provvedimenti per disciplinare le unioni omosessuali (e altre conviven-ze), ma può farlo evitando soluzioni che le equiparano al matrimonio (o che aprono la strada all’equiparazione).

Se invece si accetta questa equiparazione, cambia ufficialmente il significato del matrimonio, e in tal modo la sua importanza sociale non è più valorizzata.

Appendice 2 - Nota sull’omogenitorialità L’omogenitorialità sembra conferire un significato sociale al matrimonio omosessuale, assegnando ai con-

traenti un compito genitoriale. Si impone però una domanda: «una persona con orientamento omosessuale può essere un buon genitore?»

La risposta è “sì”! A seconda dei casi, potrà essere un genitore più buono o meno buono. Avrà i suoi problemi, le sue difficoltà, non sarà un genitore perfetto; esattamente come tutti i genitori di questo mondo. Però, come chiunque altro, un uomo con orientamento omosessuale non può essere mamma. E una donna con orienta-mento omosessuale, come tutte le altre donne, non può essere papà, non perché omosessuale, perché donna.

Il problema dell’omogenitorialità non è dato dall’orientamento sessuale dei genitori, ma dal loro sesso27. Non esiste una legge (e nessuno la sta proponendo) che vieti a una persona con orientamento omosessuale di ave-re dei figli, con un partner di sesso opposto (per "entrare nel merito" di questo legame naturale, la società civile dovrebbe avere motivi davvero molto gravi). Qui ci stiamo chiedendo se il ruolo genitoriale possa essere attribui-to a due persone dello stesso sesso (anche eterosessuali).

Sottolineo la parola "attribuito", perché, nel caso dell’omogenitorialità, un bambino è volutamente program-mato privo di una delle figure genitoriali, affinché qualcuno, che non è suo genitore, possa rivendicare il diritto di occupare quel “vuoto”, chiedendo che sia lo Stato con le sue leggi a decretarlo. Prima di avallare una tale ope-razione, ammesso che rientri nella sua potestà28, lo Stato ha il diritto, anzi il dovere di "entrare nel merito" e di esigere per il bambino garanzie di sicurezza. L'onere della prova non tocca a chi invita alla prudenza, ma a chi sta facendo la richiesta.

27 Cantelmi T., Lambiase E. – “La ricerca scientifica sul tema dell’omogenitorialità” in Essere Padre e madre oggi – San Paolo, 2015 28 È inquietante uno Stato che si arroga il potere di decidere sulla paternità e sulla maternità di un bambino, assegnando i relativi ruoli a seconda di chi ne fa richiesta. Padre, madre, figlio, sono realtà antecedenti allo Stato, che non può disporne come dispone degli impieghi della pubblica amministrazione. Lo Stato dovrebbe solo, “con timore e tremore” vigilare a tutela del bambino quando, per assenza o incapacità dei genitori, diventa necessario affidare a qualcun altro il compito di sostituirli. Questo limite in Italia è stato già varcato con la sen-tenza n. 162 del 2014 della Corte Costituzionale, che ha imposto la legalizzazione della fecondazione eterolo-ga. L’omogenitorialità sarebbe un altro passo. Attenzione! In queste scelte è in gioco la differenza tra totalitari-smo e libertà.

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Il sesso dei genitori è fondamentale nello sviluppo della personalità di un bambino, che ha diritto di essere identificato, quale è realmente, come figlio di un padre e di una madre. Questa identità non può essergli negata; non può essere negata a nessuno, neppure a un orfano: anche lui è figlio di un uomo e di una donna; l’uomo non c’è più, è morto, ma è suo padre, un padre è presente nella storia e nell’identità di questo ragazzo. L’omogenitorialità nega tutto ciò, e per farlo deve negare la differenza maschio-femmina. In altre parole, l’omogenitorialità è possibile solo se si accetta l’ideologia del gender.

Ma ci sono dati scientifici sulle conseguenze dell’omogenitorialità? Alcune ricerche affermano l’assenza di conseguenze dannose. Altri studi scientifici dicono il contrario. Fino a questo momento non è possibile trarne una conclusione certa (vedi sempre nota 27). Non corrisponde quindi a verità l’affermazione che «la scienza ha ormai dimostrato l’equivalenza tra le famiglie omogenitoriali e quelle con due genitori di sesso diverso».

Però, per definire un danno, esistono anche dei criteri che precedono la scienza. Mi spiego con un esempio. Pensiamo a una persona che ha perso le gambe in un incidente. Potremmo aspettarci che soffra per questa si-tuazione. Ma immaginiamo che sia una persona così forte, così equilibrata, da vivere con serenità questa situa-zione. Possiamo immaginare che la sua vita sia soddisfacente, persino felice. Ciò non toglie però che, quando ha perso le gambe, ha avuto un danno. La scienza potrà tentare di misurare se e quanta sofferenza può deriva-re da questo danno, ma non c’è bisogno della scienza per sapere che avere due gambe è appropriato a un es-sere umano, perderle è una privazione rispetto alla pienezza umana.

Similmente, se a un bambino assegniamo l’identità di “figlio di due mamme” o “di due papà”, lo stiamo pri-vando di un elemento identitario fondamentale, proprio di ogni essere umano da quando l’umanità esiste: esse-re figlio di un padre e di una madre. Come abbiamo detto, neppure un orfano subisce questa privazione. Nella storia e nell’identità di un orfano ci sono un padre e una madre. L’omogenitorialità li cancella29.

Con l’omogenitorialità il bambino viene sottoposto a tre manipolazioni: 1) la privazione di una delle due figure genitoriali; 2) il raddoppio dell’altra figura genitoriale; 3) l’assenza del confronto tra i due ruoli sessuali dei genitori.

È ragionevole aspettarsi qualche conseguenza, perché è difficile pensare di manomettere così profonda-mente un’identità umana, e di poterlo fare impunemente. Spetta alla scienza dire la parola decisiva sull’esistenza di queste conseguenze. Ma non abbiamo bisogno della scienza per sapere che questa manomis-sione è già un danno30.

29 La ricerca scientifica può indagare sulle conseguenze, per il bambino, di una convivenza familiare in cui sia-no presenti (o assenti) un uomo e una donna. Qui si parla invece di un altro aspetto, quello identitario. A pre-scindere dal clima che si vive in casa, che sarà più o meno buono a seconda dei casi, quali sono gli effetti sul bambino del fatto di dover considerare “genitori” due persone dello stesso sesso? È privo di conseguenze il fat-to che nella propria identità sia scritto “figlio di due donne”? È questa la domanda che ci interpella. Infatti la decisione di far vivere il bambino con il proprio partner (dello stesso sesso o di sesso opposto) è una scelta del genitore legittimo. Invece la scelta di assegnare al partner la veste di genitore è un atto compiuto dalle istituzio-ni civili, a nome di tutti noi. Nel decidere, abbiamo la responsabilità di tutelare anzitutto il soggetto più debole, che è anche il principale interessato: il bambino. 30 Anche quando è la scienza a pronunciarsi sull’esistenza di un danno, il giudizio definitivo non è mai di natura esclusivamente scientifica. Per esempio, se una ricerca scientifica dimostra che un certo farmaco è dannoso perché determina dolore agli arti, questa conclusione riassume due valutazioni: una scientifica (il farmaco pro-voca dolore), e una valoriale (avvertire dolore è un male). Neppure il giudizio su un veleno mortale sfugge a questa logica: il veleno causa la morte (affermazione scientifica), la morte è un male (valutazione non scientifi-ca, valoriale). Rinunciare a questa valutazione valoriale comporterebbe l’impossibilità di definire qualunque danno o patologia. La comunità scientifica deve perciò accettare dei criteri valoriali condivisi su cui fondare le sue affermazioni. Questi criteri sono forniti dalla comunità umana (attraverso il senso comune, la riflessione fi-losofica, le tradizioni religiose, la saggezza popolare, la sensibilità artistica). La pretesa di affidarli unicamente a scienziati e tecnici si chiama «scientismo», e di solito è fonte di guai.

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