armonizazione dei bilanci degli enti territoriali alla ... · l’armonizzazione dei bilanci e...
TRANSCRIPT
1
CORTE COSTITUZIONALE
SERVIZIO STUDI
L’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali alla luce della
giurisprudenza costituzionale: orientamenti e prospettive
***
a cura di G. Rivosecchi
settembre 2016
SOMMARIO
1. Premessa: l’armonizzazione dei bilanci tra principio
autonomistico e accentramento delle decisioni di finanza pubblica ................................................................................................ 3
2. Il quadro costituzionale di riferimento in materia di coordinamento della finanza pubblica e armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali ......................................................... 8
3. Il coordinamento della finanza pubblica e l’armonizzazione dei bilanci nella giurisprudenza costituzionale...................................................................................... 12
4. Qualche spunto conclusivo: l’“avviso ai naviganti” della Corte costituzionale sulla portata e i limiti all’armonizzazione dei bilanci .......................................................... 23
3
1. Premessa: l’armonizzazione dei bilanci tra principio autonomistico e accentramento delle decisioni di finanza pubblica
I processi di riforma del governo dei conti pubblici avviati, a Costituzione
invariata, dalla seconda metà degli anni Duemila1, e successivamente culminati nella
legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di
bilancio nella Carta costituzionale) hanno posto in rilievo la rinnovata centralità del
ruolo della Corte dei conti nella tutela delle finanze pubbliche.
Infatti, pur nella da taluni opportunamente lamentata assenza di espliciti
richiami alla magistratura contabile nella summenzionata legge costituzionale n. 1
del 20122, non sembra irragionevole ritenere che la riforma costituzionale sul c.d.
pareggio di bilancio risulti tutt’altro che indifferente rispetto al ruolo della Corte dei
conti, segnandone anzi un presumibile rafforzamento quale garante del corretto
impiego delle risorse pubbliche tanto sul versante del controllo, quanto su quello
della giurisdizione. Sicché, come si vedrà meglio appresso, le tendenze del
legislatore degli ultimi anni, volte a rendere più incisivo il ruolo della magistratura
contabile, altro non hanno fatto che fornire piena attuazione agli artt. 100 e 103 Cost.
– fondamento costituzionale originario delle funzioni in parola – e alle norme
costituzionali sulla responsabilità finanziaria (art. 28 Cost.), nel quadro dei rinnovati
parametri costituzionali sul governo dei conti pubblici (artt. 81, 97 e 119 Cost.)3.
In questa prospettiva, bisogna preliminarmente sottolineare che, di fronte alla
perdurante crisi economico-finanziaria, nonché ai limiti talora palesati dalla classe
politica locale nell’affrontare l’emergenza, molto spesso il legislatore è stato indotto
a rafforzare il sistema dei controlli a vario titolo affidati alla Corte dei conti – con il
decisivo avallo della giurisprudenza costituzionale – al fine di garantire il
1 Ci si riferisce, in particolare, alla riforma della legge di contabilità e al c.d. federalismo fiscale, vale a dire alle leggi 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e di finanza pubblica), 7 aprile 2011, n. 39 (Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall’Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri), entrambe di riforma della legge di contabilità, e alla legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione). 2 Da N. Lupo, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, in Il Filangieri – Quaderno 2011. Costituzione e pareggio di bilancio, a cura di di V. Lippolis – N. Lupo – G.M. Salerno – G. Scaccia, Napoli, Jovene, 2012, 137. 3 In questo senso, ex plurimis, le sentenze della Corte costituzionale n. 267 del 2006 e n. 179 del 2007, nonché, già, n. 29 del 1995.
4
consolidamento delle finanze pubbliche, soprattutto sotto la spinta dei vincoli
europei. L’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali costituisce uno dei
fondamentali presupposti di questo processo, poiché consente di confrontare
l’andamento dei conti pubblici dei diversi livelli territoriali di governo e,
conseguentemente, di verificare il rispetto degli obiettivi parametrici4.
Al riguardo, occorre ricordare che, all’indomani dell’entrata in vigore della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), la quale esprime un consistente favor nei confronti
dell’autonomia, il legislatore e la giurisprudenza costituzionale muovevano dal
presupposto che il processo di armonizzazione dei bilanci dovesse comunque lasciare
spazio alle scelte delle autonomie territoriali per la realizzazione delle loro politiche,
e che, sul versante dei controlli, soltanto quelli di tipo collaborativo avrebbero potuto
essere considerati conformi al rinnovato quadro costituzionale. Successivamente,
invece, la crisi economico-finanziaria e lo scarso rendimento, nelle forme di governo
regionali e locali, della richiamata tipologia di controlli hanno indotto a mutare
prospettiva, rafforzando i controlli interdittivi e quelli volti a prevenire squilibri di
bilancio, stante, tra l’altro, la scarsità delle risorse a disposizione degli enti
territoriali5.
Parte integrante dell’approccio da ultimo richiamato è senza dubbio costituito,
da un lato, dai controlli finanziari sugli enti territoriali e sui gruppi consiliari
regionali – culminati nel decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti
in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori
disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 2136 – e,
dall’altro, dalla rinnovata disciplina sullo status degli esponenti politici e dalla
4 In questa prospettiva, si colloca un’ormai consolidata giurisprudenza costituzionale: cfr., tra le tante, le sentenze n. 390 del 2004; n. 417 del 2005; n. 156 e n. 326 del 2010; n. 184 del 2016. 5 Per un approfondimento, sia consentito rinviare a G. Rivosecchi, L’autonomia finanziaria e tributaria degli enti territoriali tra (incompiuta) attuazione del Titolo V e (sedicente) federalismo fiscale, in Le autonomie in cammino. Scritti dedicati a Gian Candido De Martin, Padova, Cedam, 2012, 141 ss.; nonché, soprattutto, Id., I controlli della Corte dei conti sugli enti territoriali, in AA.VV., Studi in memoria di Sergio Zambardi, a cura di E. Brandolini e F. Lillo, Milano, Giuffrè, 2015, 120 ss. 6 Per un approfondimento di questo approccio riformatore e della relativa giurisprudenza costituzionale, sia permesso un rinvio a G. Rivosecchi, Il finanziamento dei gruppi consiliari, ovvero: dell’irresistibile pubblicizzazione del Giano bifronte, in Il finanziamento della politica, a cura di G. Tarli Barbieri e F. Biondi, Napoli, Edizioni Scientifiche, 2016, 301 ss.
5
relativa introduzione di forme di controllo molto spesso affidate alla stessa
magistratura contabile7.
In linea con queste tendenze del legislatore, corroborate dalla giurisprudenza
costituzionale, si colloca, a pieno titolo, anche la questione centrale relativa al
processo di armonizzazione dei bilanci degli enti pubblici, avviato dalle richiamate
leggi n. 42 e n. 196 del 2009 e dai relativi decreti legislativi intervenuti in materia:
decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 (Disposizioni recanti attuazione
dell’articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed
armonizzazione dei sistemi contabili) e decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1
e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), successivamente modificato dal decreto
legislativo 10 agosto 2014, n. 126 (Disposizioni integrative e correttive del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei
loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42),
nonché dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015).
L’armonizzazione dei bilanci e l’introduzione di una tassonomia contabile
comune a tutti gli enti territoriali – idonea a consentire l’omogeneità dei documenti
di bilancio e la conseguente raffrontabilità dei conti – costituisce infatti strumento
imprescindibile di attuazione dell’autonomia finanziaria nel quadro dei principi di
coordinamento, funzionali a garantire inderogabili esigenze unitarie. Infatti, nella
richiamata armonizzazione dei bilanci, si esprime il presupposto ai fini
dell’introduzione di strumenti di misurazione e di informazione di flussi finanziari e
tributari effettivamente omogenei tra i diversi livelli territoriali di governo, in grado
di garantire un adeguato grado di trasparenza in merito ai processi di prelievo e di
trasferimento di risorse, indispensabile per conseguire il pieno coordinamento della
finanza pubblica.
Quanto, però, alla determinazione dell’effettiva disciplina sull’armonizzazione
dei bilanci, dai lavori della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del
7 Su questi aspetti, cfr., volendo, G. Rivosecchi, La disciplina della politica. Lo status degli esponenti politici e la crisi dei partiti, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 2, 2015, 339 ss.
6
federalismo fiscale – che, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 42 del 2009, ha svolto il
decisivo ruolo prodromico alla predisposizione dei decreti attuativi – e dai decreti
stessi sull’armonizzazione dei bilanci, emerge la tendenza a introdurre schemi di
bilancio unici per tutti i diversi enti territoriali, la quale andrebbe per vero adeguata
al principio autonomistico. Quest’ultimo dovrebbe infatti indurre ad individuare nel
bilancio dell’ente territoriale strumento non soltanto di rappresentazione delle
grandezze contabili, ma anche di realizzazione delle politiche pubbliche. Ciò viene a
postulare un residuo margine di scelta dell’ente stesso in relazione alle modalità di
redazione del bilancio, di talché quest’ultimo si mantenga funzionale alle scelte di
autogoverno, ferma restando la necessità di assicurare sistemi di raccordo tra i
diversi livelli territoriali, idoneo a garantire la coerenza con i vincoli posti dal diritto
dell’Unione e con il sistema di contabilità europeo, ai fini del rispetto degli obiettivi
parametrici8.
La scelta del legislatore delegato, successivamente avallata dalla
giurisprudenza costituzionale, è stata invece quella di interpretare l’armonizzazione
dei bilanci in maniera unicamente funzionale al coordinamento della finanza
pubblica e al consolidamento dei conti pubblici, anche se la Corte costituzionale, in
alcune recenti pronunce, come la sentenza n. 184 del 2016, non ha mancato di
chiarire, come si vedrà meglio appresso, la portata e i limiti del suddetto processo di
armonizzazione, così contemperando le ragioni dell’autonomia e le inderogabili
istanze unitarie.
In questa prospettiva, guardando, ad esempio, ai controlli finanziari affidati alla
Corte dei conti, hanno assunto particolare rilievo quelli sull’idoneità delle regole
funzionali ad assicurare la completezza, veridicità e correttezza dei bilanci degli enti
territoriali e degli altri enti pubblici. Al riguardo, è sufficiente richiamare un ormai
corposo “filone” della giurisprudenza costituzionale – che si è coerentemente
sviluppato dal 2012 – avente ad oggetto l’estensione dei summenzionati principi alle
leggi regionali, caratterizzato dalla necessità di assicurare il rispetto della veridicità e
dell’attendibilità delle leggi regionali di bilancio, nonché il processo di
armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali posto in essere dalla legge n. 42 del
2009 e dai summenzionati decreti legislativi n. 91 e n. 118 del 2011. Questi ultimi,
8 In questa chiave di lettura, ad esempio, N. Lupo – G. Rivosecchi, Quando l’equilibrio di bilancio prevale sulle politiche sanitarie regionali, in Le Regioni, 2012, 1062 ss.
7
infatti, nella prospettiva richiamata, vengono talora evocati a parametro interposto
nei giudizi di legittimità costituzionale aventi ad oggetto leggi regionali per garantire
il coordinamento della finanza pubblica nei ricorsi dello Stato avverso le leggi
regionali, configurandosi, quindi, come “svolgimento” dei principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica9.
È questo il contesto in cui è intervenuta la legge costituzionale n. 1 del 2012,
che, in larga parte, costituzionalizza gli orientamenti della giurisprudenza anche
sopra richiamata. La legge costituzionale in parola ha infatti rafforzato le esigenze di
coordinamento e di consolidamento dei conti pubblici, sostituendo, tra l’altro, l’art.
81 Cost. e premettendo un comma all’art. 97 Cost., che impone a tutte le pubbliche
amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, di assicurare
l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico10.
Nella presente prospettiva di analisi, occorre soprattutto sottolineare che il
titolo di competenza “armonizzazione dei bilanci”, per effetto dell’art. 3 della legge
costituzionale n. 1 del 2012, è transitato dalla potestà concorrente alla potestà
esclusiva dello Stato, così determinando l’ulteriore attrazione in favore di
quest’ultimo di profili del coordinamento della finanza pubblica, poiché la
giurisprudenza costituzionale ha costantemente interpretato “armonizzazione dei
bilanci” e “coordinamento della finanza pubblica” alla stregua del loro strettissimo
nesso funzionale, quasi come un’endiadi11, funzionale ad assicurare la raffrontabilità
dei bilanci, il consolidamento dei conti pubblici e, in definitiva, l’unità economica
della Repubblica12.
Alla luce di quanto detto, l’armonizzazione dei bilanci costituisce
indubbiamente un tema centrale alla luce delle richiamate tendenze di governo delle
9 Per un approfondimento, sia consentito rinviare a G. Rivosecchi, Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, in Il regionalismo italiano tra giurisprudenza costituzionale e involuzioni legislative dopo la revisione del Titolo V, a cura di S. Mangiameli, Milano, Giuffrè, 2014, 200 ss. 10 Al riguardo, cfr. N. Lupo, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, cit., 92 ss. Per un approfondimento di questa prospettiva, anche per i già evidenti effetti del rinnovato parametro costituzionale sugli orientamenti assunti dalla giurisprudenza costituzionale, v. anche G. Rivosecchi, Amministrazione, governo dell’economia e vincoli di bilancio, in Amministrazione e democrazia. Atti della Giornata di studi per il ventennale del Centro Vittorio Bachelet, a cura di G.C. De Martin e D. Morana, Padova, Cedam, 2013, 151 ss. 11 Al riguardo, cfr. M. Cecchetti, Legge costituzionale n. 1 del 2012 e Titolo V della Parte II della Costituzione: profili di contro-riforma dell'autonomia regionale e locale (19 dicembre 2012), in www.federalismi.it, n. 24/2012, 5. 12 Cfr., ex plurimis, le sentenze n. 390 del 2004; n. 417 del 2005; n. 156 e n. 326 del 2010; n. 184 del 2016.
8
finanze pubbliche e del ruolo della Corte dei conti nel sistema, ponendosi al crocevia
tra le esigenze dell’autonomia, poiché il bilancio non è strumento funzionale alla sola
rappresentazione contabile dei conti, ma anche di realizzazione delle politiche
pubbliche poste in essere dall’ente territoriale, e quelle del coordinamento, poiché è
attraverso la redazione dei bilanci secondo principi comuni che può garantirsi la
raffrontabilità e il consolidamento dei conti, facendo così valere il principio di
responsabilità degli amministratori.
Privilegiando questa chiave di lettura, sarà illustrato il quadro costituzionale
di riferimento entro cui si inscrivono il coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario e l’armonizzazione dei bilanci, per poi ripercorrere le vicende
legislative e giurisprudenziali che hanno inciso sui richiamati titoli di competenza
legislativa. Ciò al fine di fornire un contributo alla comprensione di quanto essi
possano ritenersi in qualche modo sovrapponibili o quanto, piuttosto, sia possibile
tracciare una distinzione tra coordinamento e armonizzazione, pur ribadendone la
stretta connessione. Tale distinzione potrebbe ritenersi idonea ad assicurare margini
di autonomia agli enti territoriali, specie alla luce della più recente e, al riguardo,
assai significativa giurisprudenza costituzionale.
2. Il quadro costituzionale di riferimento in materia di coordinamento della finanza pubblica e armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali
Muovendo dal quadro costituzionale di riferimento, si può osservare che, alla
luce del vigente Titolo V della parte II della Costituzione, alla piena valorizzazione
dell’autonomia finanziaria e tributaria, insita nell’assetto policentrico della
Repubblica delle autonomie, corrisponde l’affermazione di inderogabili istanze
unitarie che vengono a permeare la Carta costituzionale sia sul piano istituzionale,
sia su quello funzionale, facendo assurgere il canone del coordinamento della finanza
pubblica ad architrave della costituzione finanziaria delineata dallo stesso Titolo V
Cost.13. Rispetto a quest’ultimo, già all’indomani della riforma costituzionale del
2001, risulta centrale la questione dell’“armonizzazione dei bilanci”, non a caso
13 In questo senso, ad esempio, G.M. Salerno, Alcune riflessioni sulla nuova costituzione finanziaria della Repubblica, in Federalismo fiscale, n. 1/2007, 119 ss.
9
ricondotta allo stesso titolo di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni,
giusto il disposto dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Inoltre, ai “principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario”, espressamente richiamati dall’art. 119, secondo comma, Cost., si
aggiungono il limite dell’“armonia con la Costituzione”; i principi di coesione e di
solidarietà sociale di cui all’art. 119, quinto comma, Cost.; il principio della
necessaria correlazione tra funzioni e risorse attribuite a ciascun ente territoriale, di
cui all’art. 119, quarto comma, Cost.14; il carattere integrativo e complementare –
rispetto ai tributi propri e alle compartecipazioni al gettito di tributi erariali – del
fondo perequativo, di cui all’art. 119, terzo comma, Cost., volto ad assicurare il
finanziamento integrale delle funzioni attribuite ai diversi livelli territoriali di
governo; il carattere sussidiario delle risorse aggiuntive e degli interventi speciali di
cui all’art. 119, quinto comma, Cost., finalizzati a costituire ulteriore (anche se
straordinaria) garanzia rispetto alla rimozione degli squilibri territoriali15.
In altre parole, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
è stato costantemente interpretato in stretta connessione con l’armonizzazione dei
bilanci pubblici, rispondendo alle imprescindibili esigenze di garantire la
raffrontabilità dei conti, al fine di assicurare l’unitarietà del sistema finanziario
rispetto alla tutela di interessi di rilievo nazionale e di quelli posti dal diritto
dell’Unione europea.
Occorre anzitutto ricordare che la Costituzione afferma la piena garanzia
dell’autonomia e responsabilità di tutti gli enti territoriali sia sul lato delle entrate, sia
su quello delle spese, senza rinvio alcuno alla legge della Repubblica (art. 119, primo
comma, Cost.). Al riguardo, è stato opportunamente osservato che si tratta di una
sfera direttamente delimitata dalla disposizione costituzionale in parola e che non
può quindi essere in alcun modo negata o compressa16. Anche il bilancio, che
costituisce un “bene pubblico”, funzionale alla scelte di autogoverno dell’ente 14 Su cui cfr., in maniera significativa, la sentenza n. 188 del 2015, con la quale la Corte censura l’irragionevole riduzione delle risorse ad invarianza delle funzioni affidate all’ente territoriale. 15 In questo senso, A. Brancasi e F. Merloni, Politiche statali, politiche regionali e autonomia politico-amministrativa e finanziaria degli enti territoriali, in Le regioni, 2009, 18 ss.; nonché, volendo, G. Rivosecchi, Il coordinamento dinamico della finanza pubblica tra patto di stabilità, patto di convergenza e determinazione dei fabbisogni standard degli enti territoriali, in Il coordinamento dinamico della finanza pubblica, Atti del Convegno di Cagliari 15-16 ottobre 2010 (aggiornati con riferimenti alle principali novità successivamente intervenute), a cura di L. Cavallini Cadeddu, Napoli, Jovene, 2012, 50. 16 Così, G.M. Salerno, Dopo la norma costituzionale sul pareggio del bilancio, cit., 566.
10
territoriale, può ritenersi espressione della suddetta nozione di autonomia17. Tale
garanzia è contemperata dai principi cooperativi, solidaristici e di perequazione, a
più riprese ribaditi dal Titolo V della Parte II della Costituzione18.
In secondo luogo, quale elemento pregnante del nuovo assetto della finanza e
dei tributi tra i diversi livelli territoriali di governo19, occorre ricordare che l’art. 119
Cost. prevede la piena disponibilità di risorse per tutte le autonomie territoriali (art.
119, secondo comma, Cost.), affermando, nel contempo, la facoltà di stabilire e
applicare “tributi ed entrate propri” (art. 119, secondo comma, Cost.). Ne consegue
che la legge regionale può entrare a pieno titolo nella legislazione impositiva, anche
se nei limiti dei principi di coordinamento del sistema tributario che discendono dagli
art. 5 e 117, terzo comma, Cost. Già all’indomani dell’entrata in vigore del Titolo V
del 2001, la giurisprudenza costituzionale ha confermato tale interpretazione dei
principi di coordinamento del sistema finanziario posti dalla legge statale e della loro
idoneità a delimitare l’esercizio delle competenze di rilievo finanziario e tributario
attribuite agli enti territoriali20.
In terzo luogo, l’art. 119, terzo comma, Cost. riserva alla legge dello Stato la
disciplina di un fondo perequativo senza vincolo di destinazione per i “territori con
minore capacità fiscale per abitante”, al fine di attenuare le asperità e gli squilibri
territoriali che caratterizzano un sistema come quello italiano21.
Dalla disamina del complesso dei mezzi di finanziamento così istituiti per le
autonomie territoriali segue che ciascun ente è chiamato all’autosufficienza
finanziaria mediante tre canali: tributi propri; compartecipazioni al gettito di tributi
erariali riscontrabili sul territorio secondo il criterio della territorialità dell’imposta –
principio maggiormente innovativo, sotto il profilo del federalismo fiscale – e risorse
17 Si vedano, al riguardo, le pregnanti considerazioni espresse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 184 del 2016, ove si qualifica espressamente il bilancio come “bene pubblico […], funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, sia in ordine all’acquisizione delle entrate, sia all’individuazione degli strumenti attuativi delle politiche pubbliche” (sentenza n. 184 del 2016, punto n. 3 del “Considerato in diritto”): sul punto v. anche infra, paragrafo 4. 18 Cfr., per tutti, A. Brancasi, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., in Le Regioni, 2003, 41 ss. 19 Per riprendere l’espressione di R. Bifulco, Le relazioni intergovernative finanziarie negli Stati composti tra costituzione, politiche costituzionali e politiche di maggioranza, in Federalismi fiscali e Costituzioni, a cura di V. Atripaldi – R. Bifulco, Torino, Giappichelli, 2001, 1 ss. 20 Cfr., ad esempio, sentenza n. 37 del 2004, spec. punto n. 5 del “Considerato in diritto”. 21 In questo senso, cfr. A. Brancasi, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali di fronte ai vincoli europei ed alla riforma costituzionale sul “pareggio di bilancio”, in Le Regioni, 2014, 50 s.
11
derivanti dal fondo perequativo22. Le tre componenti devono coprire il complesso
delle spese che ciascun ente territoriale è chiamato a sostenere, secondo il
fondamentale principio del finanziamento integrale delle funzioni (art. 119, quarto
comma, Cost.)23.
Le disposizioni richiamate, unite alle norme costituzionali sull’autonomia
patrimoniale e di investimento degli enti territoriali (art. 119, quinto e sesto comma,
Cost.) e a quelle sui poteri sostitutivi (art. 117, quinto comma, e 120, secondo
comma, Cost.), delineano il quadro di riferimento nel processo di attuazione dell’art.
119 Cost. e dell’intero Titolo V Cost. messo in moto dalla già richiamata legge n. 42
del 2009, e dai relativi decreti legislativi attuativi, fornendo solido ancoraggio
costituzionale alla funzione di coordinamento delle finanze pubbliche.
Da un primo punto di vista, all’autonomia finanziaria e tributaria predicata per
tutti i livelli di governo dall’art. 119, primo comma, Cost., corrisponde una
differenziata potestà normativa: potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117,
secondo comma, lett. e), Cost., sul “sistema tributario e contabile dello Stato” e sulla
“perequazione delle risorse finanziarie”), potestà concorrente regionale (art. 117,
terzo comma, Cost., sul “coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario”24) e potestà regolamentare degli enti locali, sia pure con tutti i limiti
indicati dalla giurisprudenza costituzionale, la quale, già all’indomani dell’entrata in
vigore del Titolo V del 2001, ha negato che la disciplina del sistema tributario degli
enti locali spetti alla potestà legislativa residuale delle regioni25. Di conseguenza,
viene posta un’esigenza indefettibile di coordinamento da parte del legislatore, in
quanto, in ragione della riserva di legge ex art. 23 Cost. – che comporta la necessità
di disciplinare a livello legislativo quanto meno le norme di “base” della
prestazione26 – l’effettivo spazio normativo a disposizione della potestà
22 Sul punto, cfr. Astrid, L’attuazione del federalismo fiscale. Una proposta, a cura di F. Bassanini e G. Macciotta, Bologna, Il mulino, 2003, 6 ss. 23 Su cui si vedano le considerazioni di A. Brancasi, L’autonomia finanziaria degli enti territoriali di fronte ai vincoli europei, cit., 51 s. 24 Poiché, come già detto supra, per effetto dell’art. 3 della legge costituzionale n. 1 del 2012 la materia “armonizzazione dei bilanci pubblici” è transitata dai titoli di competenza concorrente a quelli di potestà legislativa esclusiva dello Stato. 25 Cfr., ad esempio, sentenze n. 296 del 2003; n. 37 del 2004, punto n. 6 del “Considerato in diritto”. 26 Sul punto, cfr. A. Fedele, Art. 23, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Art. 22-23, Rapporti civili, Bologna-Roma, Zanichelli-Il Foro italiano, 1978, 29 ss.
12
regolamentare degli enti locali viene fissato dalla legislazione statale e da quella
regionale nelle materie di rispettiva competenza27.
Analogamente, gli altri principi e norme costituzionali richiamati finiscono per
presupporre l’esercizio di funzioni di coordinamento del sistema tributario ai sensi
dell’art. 117, terzo comma, Cost., le quali hanno trovato ulteriore conferma nelle
esigenze unitarie e in quelle di leale collaborazione insite anche nell’attuazione
dell’art. 119 Cost., nonché, nella fase più recente, nei rinnovati parametri
costituzionali (art. 81, 97, 117 e 119 Cost.), come modificati dalla legge
costituzionale n. 1 del 2012.
3. Il coordinamento della finanza pubblica e l’armonizzazione dei bilanci nella giurisprudenza costituzionale
Di fronte a questa scissione tra potestà impositiva propria di ciascun livello di
governo e differenziata potestà legislativa, la Corte costituzionale, svolgendo in
questo come in altri ambiti materiali una delicata funzione di supplenza28, ha
individuato nella legge generale di coordinamento della finanza pubblica e
nell’armonizzazione dei bilanci la precondizione per poter procedere all’attuazione
del disegno autonomistico29, sottolineando la necessità di estendere i principi di
coordinamento all’intero sistema delle autonomie territoriali, al fine di conseguire
l’equilibrio unitario della finanza pubblica30.
27 In questo senso, si veda la sentenza n. 30 del 2005, nella quale la Corte afferma l’esigenza di delimitare l’ambito riservato alla potestà regolamentare di Stato e regioni nelle materie di rispettiva competenza. 28 “Non richiesta e non gradita”, come ebbe a definirla l’allora Presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky nella Conferenza stampa annuale per il 2003. Al riguardo, cfr. U. De Siervo, Il regionalismo italiano fra i limiti della riforma del Titolo V e la sua mancata attuazione, in www.issirfa.cnr.it; C. Salazar, Politicità e asimmetria nel giudizio in via principale: un binomio in evoluzione?, in Corte costituzionale, I ricorsi in via principale, Atti del Seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 19 novembre 2010, Milano, Giuffrè, 2011, 69 s. Secondo S. Mangiameli, La nuova parabola del regionalismo italiano tra crisi istituzionale e necessità di riforme, in Id., Le Regioni italiane tra crisi globale e neocentralismo, Milano, Giuffrè, 2013, 102, anche la crescita della conflittualità costituzionale tra lo Stato e le Regioni è la “conseguenza diretta dell’inversione dei ruoli tra il legislatore statale e la Corte costituzionale, in quanto il primo, resistendo all’applicazione delle nuove disposizioni costituzionali, ha di fatto demandato al giudice costituzionale il compito di attuare in forma giudiziale il nuovo Titolo V”. 29 Cfr., in particolare, sentenza n. 37 del 2004. 30 Cfr., ex plurimis, sentenze n. 267 del 2006; n. 179 del 2007; n. 60 del 2013; n. 221 del 2013, n. 23 e n. 88 del 2014; n. 19 e 141 del 2015.
13
A partire dalla sentenza n. 37 del 2004, la Corte ha infatti affermato che
l’attuazione dell’art. 119 Cost. – e, più in generale, del Titolo V Cost.31 – richiede la
necessaria premessa dell’intervento di coordinamento del legislatore statale, il quale,
al fine di coordinare l’insieme della finanza pubblica, deve non soltanto fissare i
principi cui il legislatore regionale è tenuto ad attenersi, ma anche determinare le
grandi linee dell’intero sistema finanziario e tributario, definendo, nel contempo, gli
spazi e i limiti entro i quali può esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente, di
Stato, Regioni ed enti locali.
In effetti, sul versante del coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario degli enti territoriali, la giurisprudenza costituzionale si è costantemente
mossa lungo la direttrice di armonizzare la potestà impositiva di regioni ed enti locali
con le esigenze di coordinamento. Ciò al fine di garantire le imprescindibili istanze
unitarie, soprattutto nell’inerzia del legislatore rispetto alla determinazione dei
principi fondamentali di coordinamento, tra i quali rientrano quelli relativi
all’armonizzazione dei bilanci32. La Corte ha infatti costantemente affermato che,
contrariamente alle altre materie di potestà concorrente33, detti principi non sono
desumibili dalla legislazione esistente, perché “incorporati in un sistema di tributi
governato dallo Stato”34.
In questa prospettiva, il Giudice delle leggi, all’indomani dell’entrata in vigore
del Titolo V Cost., ha escluso, ad esempio, l’immediata attivazione della potestà
impositiva di regioni ed enti locali. In effetti la Corte, nel dichiarare la conformità a
Costituzione delle norme statali su IRAP, ICI e addizionale IRPEF, ha anzitutto
affermato che: a) la potestà impositiva degli enti territoriali, ridefinita Titolo V del
2001, può essere esercitata soltanto nei confronti dei tributi propri di tali enti; b) sono
31 In base allo stesso nesso tra attuazione dell’art. 119 Cost. e attuazione dell’intero Titolo V Cost., delineato dalla Corte costituzionale, la quale, ad esempio nella sentenza n. 370 del 2003, ha affermato che “appare evidente che la attuazione dell’art. 119 Cost. sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione, poiché altrimenti si verrebbe a contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle nuove disposizioni; inoltre, la permanenza o addirittura la istituzione di forme di finanziamento delle Regioni e degli enti locali contraddittorie con l’art. 119 della Costituzione espone a rischi di cattiva funzionalità o addirittura di blocco di interi ambiti settoriali”. 32 Cfr. sentenze n. 390 del 2004; n. 417 del 2005; n. 156 e n. 326 del 2010; n. 184 del 2016. 33 Sentenza n. 282 del 2002. 34 Sentenza n. 37 del 2004.
14
qualificabili come tributi regionali propri esclusivamente quelli istituti e disciplinati
da fonte regionale35.
All’opposto, in caso di impugnazioni statali avverso leggi regionali istitutive di
tributi “propri”, nel senso chiarito dalla summenzionata giurisprudenza
costituzionale, la Corte ha fatto salve le norme regionali non già ritenendole
conformi alle norme statali da essa stessa precedentemente qualificate come principi
di coordinamento del sistema tributario, ma in virtù del fatto che il potere di istituire i
tributi in parola è stato conferito alla regione da un intervento di coordinamento dei
tributi locali da parte del legislatore statale36.
In definitiva, nel delineare gli ambiti di competenza rispettivamente di Stato e
regioni nella disciplina dell’IRAP e dell’addizionale IRPEF, non possono non
rilevarsi alcune oscillazioni della giurisprudenza costituzionale avente ad oggetto le
norme statali di coordinamento del sistema tributario, spiegabili alla luce della
necessità di “stabilizzare” l’interpretazione del quadro costituzionale sull’autonomia
finanziaria e tributaria all’indomani dell’entrata in vigore del Titolo V Cost. del
200137. Infatti, le sentenze n. 37 e n. 241 del 2004 ascrivono alla potestà legislativa
statale di coordinamento le modifiche apportate (dalle disposizioni di legge statale
impugnate) alla previgente disciplina dei due tributi summenzionati, ma soltanto sino
all’approvazione delle nuove norme di principio ai fini del coordinamento del
sistema tributario, e affermano, nel contempo, il divieto di sopprimere, nell’esercizio
della potestà di coordinamento, gli spazi di autonomia tributaria già riconosciuti dalle
leggi statali. Al contrario, la sentenza n. 381 del 2004, nel rigettare le censure
regionali avverso disposizioni di legge statale che sospendevano – sino al riordino
complessivo dell’assetto dei tributi regionali e locali – la potestà degli enti territoriali
di determinare le aliquote di questi due tributi, ha consentito, di fatto, alla disciplina
statale di sopprimere spazi di autonomia già precedentemente riconosciuti dal
legislatore statale a regioni ed enti locali38.
La giurisprudenza costituzionale ha quindi sostanzialmente distinto regole di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario in senso statico e
35 Sentenze n. 296 del 2003 e n. 311 del 2003. 36 Sentenza n. 297 del 2003. 37 In questa prospettiva, cfr. A. Brancasi, Per “congelare” la potestà impositiva delle Regioni la Corte costituzionale mette in pericolo la loro autonomia finanziaria, in Giur. cost., 2003, 2562 ss., spec. 2564. 38 Cfr. A. Brancasi, Per “congelare” la potestà impositiva delle Regioni, cit., 2563 s.
15
regole di coordinamento in senso dinamico. Sono riconducibili alla prima categoria
quelle regole di coordinamento funzionali a edificare l’autonomia finanziaria e
tributaria degli enti territoriali, mediante la determinazione degli ambiti materiali di
entrata e di spesa delle autonomie, che la Corte aveva “congelato” da un lato
negando il libero dispiegarsi della potestà concorrente, come invece accaduto nelle
altre materie dell’art. 117, terzo comma, Cost., e, dall’altro, non riconoscendo la
sussistenza di una potestà legislativa regionale residuale sui tributi degli enti locali,
con ciò presupponendo, su entrambi i versanti, l’approvazione della legge generale di
coordinamento del sistema tributario39.
Il coordinamento in senso statico è quindi finalizzato a porre i principi
fondamentali del sistema tributario, per i quali – sin dalle prime sentenze della Corte
costituzionale sull’art. 119 Cost. – è previsto un regime differenziato dai principi
fondamentali delle altre materie ascrivibili alla potestà concorrente.
In questo modo, il Giudice delle leggi ha fornito un contributo decisivo a
definire e stabilizzare gli ambiti materiali di entrata e di spesa degli enti territoriali,
in quanto tali meritevoli di essere disciplinati in Costituzione o nelle leggi
ordinamentali di riforma, rispetto ai quali procedere all’attuazione delle norme
costituzionali sull’autonomia tributaria degli enti territoriali. Tale funzione si esprime
nella determinazione delle regole fondamentali del coordinamento finanziario, poste
in parte in Costituzione, in parte nelle leggi di contabilità (legge n. 196 del 2009 e
legge n. 39 del 2011) e nella legge n. 42 del 2009 sul c.d. federalismo fiscale (nonché
nei relativi decreti legislativi attuativi).
Assumono invece i caratteri di regole di coordinamento in senso dinamico
quelle mutevoli nel tempo, che definiscono l’apporto quantitativo e qualitativo delle
autonomie territoriali al mantenimento dei vincoli al governo dei conti pubblici: dal
rispetto dei saldi di finanza pubblica determinati sulla base degli obiettivi parametrici
concordati in sede europea, al patto di stabilità interno, al patto di convergenza40.
39 Per un approfondimento, sia consentito rinviare a G. Rivosecchi, Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, cit., 156 ss. 40 Per uno sviluppo di questa prospettiva, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, cfr. A. Brancasi, I due scrutini sul funzionamento dinamico del federalismo fiscale: autonomia finanziaria ed obbligo di copertura degli oneri posti a carico di altri enti del settore pubblico, in Giur. cost., 2006, 1425 s.; Id., Ambito e regole del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, in Il coordinamento dinamico della finanza pubblica, cit., 3 ss., spec.5 s.; nonché, se si vuole, G. Rivosecchi, Il coordinamento dinamico della finanza pubblica, cit., 48 ss.
16
Risultano ascrivibili a questa seconda categoria l’insieme delle disposizioni
volte ad assicurare l’armonico orientamento di determinate istituzioni verso fini
comuni, pur essendo quelle regole stesse finalizzate a mantenere l’autonomia dei
soggetti interessati41. Nella fattispecie del coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario, sembrano riconducibili a questa tipologia le disposizioni sul
processo di convergenza delle finanze pubbliche, messo in moto dalle richiamate
leggi n. 42 del 2009 e n. 196 del 2009, e, successivamente, dalla legge costituzionale
n. 1 del 2012, destinato a mutare nel corso del tempo – generalmente con una
periodicità di tipo annuale, essendo definite nella legge di stabilità, anche se le più
recenti esperienze di flessibilizzazione del patto di stabilità interno postulano un arco
temporale più ampio, per consentire variazioni compensative sia a livello geografico
sia intertemporale, da ultimo anche con la revisione dell’art. 119 Cost.42 – al fine di
garantire l’adeguamento del sistema finanziario e tributario agli obiettivi previsti in
termini di governo dei conti pubblici43. A questa seconda categoria possono essere
ricondotte anche le regole fondamentali sull’armonizzazione dei bilanci pubblici, in
quanto funzionali a garantire la raffrontabilità dei conti e i processi di convergenza
delle finanze pubbliche dei diversi livelli territoriali di governo.
Da queste regole si distinguono – come si accennava – quelle di coordinamento
in senso statico, volte piuttosto a indicare l’insieme delle disposizioni, generalmente
collocate in fonti sovraordinate rispetto alle prime, orientate alla predeterminazione
delle sfere materiali di rispettiva spettanza dei soggetti partecipi del coordinamento.
Nella fattispecie della finanza e dei tributi, si tratta delle disposizioni volte
all’individuazione delle tipologie di entrata e degli ambiti di spesa affidati agli enti 41 Cfr. V. Bachelet, voce Coordinamento, in Enc. dir., X, Milano, Giuffrè, 1962, 631 e 633. 42 L’art. 4 della richiamata legge costituzionale n. 1 del 2012 ha infatti modificato l’art. 119 Cost., introducendo, al primo comma, il principio dell’equilibrio dei bilanci degli enti territoriali, e, al sesto comma, la facoltà di prevedere piani di ammortamento “a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”. 43 In questo senso, M. Barbero, La “territorializzazione” del patto di stabilità interno, in Il coordinamento dinamico della finanza pubblica, cit., 227 ss., spec. 246 ss. Più in generale, sugli elementi di flessibilità nel riparto di competenze, cfr. G. Falcon, Modello e transizione nel nuovo Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2001, 1252 ss.; F. Benelli, La “smaterializzazione” delle materie. Problemi teorici ed applicativi del nuovo Titolo V della Costituzione, Milano, Giuffrè, 2006, passim, spec. 122 ss.; V. Onida, Il giudice costituzionale e i conflitti fra legislatori locali e centrali, in Le Regioni, 2007, 20 ss.; G. Di Cosimo, Materie (riparto di competenza), in Dig. disc. pubbl., III Aggiornamento, I tomo, Torino, Utet, 2008; M. Belletti, Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale. Tra tutela di valori fondamentali, esigenze strategiche e di coordinamento della finanza pubblica, Roma, Aracne, 2012, 224 ss.; S. Calzolaio, Il cammino delle materie nello Stato regionale. La definizione delle competenze legislative nell'ordinamento costituzionale, Torino, Giappichelli, 2012, 186 ss. e 255 ss.
17
territoriali, generalmente riconducibili a fonti di rango costituzionale o a leggi di
sistema.
Da ciò segue la necessità di dover distinguere le regole di coordinamento del
sistema tributario in senso statico da quelle in senso dinamico non in base al
contenuto delle disposizioni, ma in base alle funzioni da esse materialmente svolte44.
Da questo punto di vista, la giurisprudenza costituzionale ha riconosciuto, a
partire dall’art. 119 Cost., delle istanze di coordinamento sostanzialmente
inderogabili anche da parte delle autonomie speciali45. Questo approccio appare, tra
l’altro, sostanzialmente in linea con il necessario processo di adeguamento
dell’ordinamento ai vincoli europei al governo dei conti pubblici posti dal patto di
stabilità, espressamente costituzionalizzati dall’art. 117, primo comma, Cost., e con
le relative regole sul riparto di responsabilità finanziaria tra i diversi livelli di
governo.
In particolare, quanto al sistema tributario, la giurisprudenza costituzionale,
muovendo dal presupposto che l’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. assume
come oggetto della competenza legislativa esclusiva statale tutta la materia del
“sistema tributario dello Stato”, ha riconosciuto alle regioni una potestà impositiva
soltanto in via residuale: al fine, cioè, di istituire tributi regionali propri in senso
stretto46.
Basti richiamare ancora quella giurisprudenza che non consente il dispiegarsi
della potestà legislativa regionale concorrente in materia finanziaria e tributaria senza
la preventiva adozione di una legge che determini i principi fondamentali della
44 Sul punto, si vedano ancora le considerazioni di V. Bachelet, voce Coordinamento, cit., 632, secondo il quale “di coordinamento deve parlarsi piuttosto nei confronti delle attività, che non dei singoli atti”. Per una prima distinzione tra regole statiche e regole dinamiche del coordinamento della finanza delle autonomie territoriali, nell'accezione sopra richiamata, si veda ancora A. Brancasi, I due scrutini sul funzionamento dinamico del federalismo fiscale, cit., 1425. 45 Tra le sentenze più significative, cfr. n. 179 del 2007; n. 60 del 2013; n. 88 del 2014; n. 19, n. 65, n. 77, n. 82, n. 89 e n. 155 del 2015. Sull’estensione di principi di coordinamento del sistema tributario alle autonomie speciali, cfr. G.C. De Martin e G. Rivosecchi, Coordinamento della finanza territoriale e autonomie speciali alla luce della legge n. 42 del 2009 (Commento all’art. 27), in Il federalismo fiscale, a cura di V. Nicotra, F. Pizzetti, S. Scozzese, Roma, Donzelli, 2009, 338 s.; nonché G. Rivosecchi, Finanza delle autonomie speciali e vincoli di sistema, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, www.rivistaaic.it, fasc. n. 1/2016. 46 Al riguardo, cfr. F. Gallo, I principi del federalismo fiscale, in Diritto e pratica tributaria, n. 1/2012, 13; Id., I principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario nel federalismo fiscale, in Federalismo fiscale: evoluzione e prospettive, Atti del convegno tenuto a Bari il 6 luglio 2012, a cura di A. Uricchio, Bari, Cacucci Editore, 2013, 33.
18
materia47, apparentemente in deroga rispetto ad un consolidato orientamento del
Giudice delle leggi, maturato sia nell’originario, sia nel Titolo V del 2001. Una
giurisprudenza, quest’ultima, che, in realtà, ben può spiegarsi giacché la Corte
afferma di non poter desumere principi fondamentali del sistema finanziario e
tributario dalla legislazione vigente, atteso che – come già sottolineato – essi
risultano “incorporati”, per così dire, “in un sistema di tributi sostanzialmente
governati dallo Stato”48. Sicché, secondo la Corte, deve essere rigettata la tesi,
secondo cui la materia del “sistema tributario degli enti locali” spetterebbe alla
potestà legislativa “residuale” delle Regioni, ben potendo il legislatore statale dettare
disposizioni di principio “in materia di tributi locali o devoluti agli enti locali (che si
tratti dell’imposta sulla pubblicità o dell’ICI o dell’addizionale all’IRPEF)”. Queste
norme, in altre parole, “recano modifiche particolari ad aspetti di tali tributi che già
erano oggetto di specifica disciplina in preesistenti leggi statali, e sui quali quindi il
legislatore statale conserva potere di intervento, fino alla definizione delle premesse
del nuovo sistema impositivo delle Regioni e degli enti locali”49.
In tal modo, viene posto un regime differenziato per i principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica rispetto a quelli delle materie di potestà
concorrente, in quanto i primi sono riconducibili a ben più pregnanti istanze unitarie,
al di là, cioè, della necessaria determinazione di principi fondamentali nelle materie
di potestà concorrente.
Si pensi ancora a quella giurisprudenza che tende a respingere le
interpretazioni “regionaliste” orientate a riconoscere una potestà legislativa residuale
sul sistema tributario degli enti territoriali50, o a quella giurisprudenza che tende ad
avvalorare un’interpretazione eccessivamente centralistica del coordinamento della
finanza pubblica, con forti limitazioni di spesa agli enti autonomi, anche in
riferimento all’impiego di risorse proprie51, giudicando conformi a Costituzione –
proprio in quanto riconducibili ai principi di coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario – disposizioni dettate dal legislatore statale (prevalentemente in
leggi finanziarie e, dal 2009, in leggi di stabilità) incidenti in modo penetrante
47 Sentenza n. 37 del 2004. 48 Sentenza n. 37 del 2004. 49 Così, sentenza n. 36 del 2006, punto n. 6 del “Considerato in diritto”. 50 Cfr. sentenze n. 296, n. 297 e n. 311 del 2003. Nel senso sopra richiamato, cfr., invece, F. Gallo, I principi del federalismo fiscale, cit., 19. 51 Sentenza n. 289 del 2008.
19
sull’autonomia finanziaria degli enti territoriali, spesso configurandole come riflesso
del necessario coordinamento finanziario degli enti autonomi sotto la spinta dei
vincoli posti dal diritto dell’Unione europea52. Al riguardo, si pensi alle diverse
declinazioni del patto di stabilità interno che si sono susseguite dal 1998 – anno in
cui è stato, per la prima volta, previsto l’istituto – ad oggi53. Al di là delle diverse
formulazioni, può comunque osservarsi che un conto è l’individuazione del limite
massimo all’entità dei disavanzi, coerente con i vincoli imposti dal patto di stabilità
europeo; un altro conto sono i limiti alla crescita di determinati comparti di spesa
corrente rispetto al precedente esercizio finanziario, oltre ad altre misure a vario
titolo ancor più restrittive54, anche in materia tributaria, tra l’altro nella più recente
fase della crisi economico-finanziaria spesso introdotte mediante un largo ricorso alla
decretazione d’urgenza55.
Analogamente, ancora sul lato delle entrate, la Corte costituzionale ha poi
vietato ogni doppia imposizione regionale sul medesimo presupposto statale,
negando, al contempo, la legittimità di interventi autonomi delle Regioni sulle basi
imponibili e sulle aliquote di tributi stabiliti da leggi statali56.
La giurisprudenza costituzionale ha quindi ravvisato nella legge di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario la condizione
preliminare ai fini dell’attuazione dell’art. 119 Cost. e dell’intero Titolo V della Parte
II della Costituzione.
Come per la difficile individuazione dei principi fondamentali nelle materie di
potestà legislativa concorrente, espressione di rilevanti istanze unitarie, insuscettibili
di frazionamento57, a fortiori per il coordinamento del sistema tributario la Corte
52 Sentenze n. 4, n. 17 e n. 36 del 2004. 53 Per un approfondimento, sia consentito rinviare a G. Rivosecchi, Il coordinamento dinamico della finanza pubblica, cit., 53 ss. 54 In questo senso, cfr., ad esempio, C. Pinelli, Patto di stabilità interno e finanza regionale, in Giur. cost., 2004, 515 s. 55 Per un approfondimento, sia permesso un rinvio a G. Rivosecchi, Decretazione d’urgenza e governo dell’economia, in “Legislazione governativa d’urgenza” e crisi, Atti del I Seminario di studi di Diritto costituzionale – Unitelma Sapienza – Roma 18 settembre 2014, a cura di R. Calvano, Napoli, Editoriale Scientifica, 2015, 119 ss. 56 Cfr. F. Gallo, I principi fondamentali di coordinamento del sistema tributario nel federalismo fiscale, cit., 34. Sul punto, sia consentito rinviare anche a G. Rivosecchi, Il federalismo fiscale tra giurisprudenza costituzionale e legge n. 42/2009, ovvero: del mancato coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, in Rivista di diritto tributario, vol. XX, n. 1/2010, 55. 57 Cfr., ad esempio, F. Benelli, La “smaterializzazione” delle materie, cit., 122 ss.; M. Belletti, Percorsi di ricentralizzazione del regionalismo italiano nella giurisprudenza costituzionale, cit., 213 ss.
20
costituzionale si è trovata di fronte a vincoli e limiti opponibili all’intera finanza
pubblica, espressione di istanze di carattere unitario. Ciò ha favorito quella
interpretazione finalistica ed espansiva che ha valorizzato il coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario come clausola trasversale nel riparto delle
competenze58, peraltro in linea con gli elementi desumibili dal diritto positivo e con i
principi costituzionali59. Si pensi, soltanto a titolo di esempio, alla riserva di legge
posta dall’art. 119, secondo comma, Cost., la quale impone che il coordinamento
finanziario sia legificato, non potendo quindi lo Stato esercitare tale funzione
mediante atti amministrativi privi di esplicito fondamento legislativo o comunque
non sufficientemente circoscritti nella loro discrezionalità dalla legge stessa.
L’esercizio di forme di coordinamento del sistema tributario da parte dello Stato
trova quindi – anche nella fase antecedente alla legge costituzionale n. 1 del 2012,
che ha rappresentato un considerevole ampliamento dei parametri, come si vedrà
appresso – un duplice radicamento costituzionale: non soltanto nell’art. 117, terzo
comma, Cost., ma anche nell’art. 119 Cost., spettando al legislatore statale – proprio
in virtù della richiamata riserva di legge – l’individuazione di principi che
disciplinano il sistema finanziario e tributario della Repubblica60.
Tutto ciò – come risulta dall’analisi della giurisprudenza costituzionale61 –
finisce per postulare spazi ulteriori per la legge statale, la quale acquista la facoltà di
utilizzare le tecniche di interferenza e di parziale sovrapposizione rispetto ad ambiti
materiali riconducibili alla potestà legislativa regionale, secondo quella “concorrenza
delle competenze”, avallata dal Giudice delle leggi, specie quando non si impone il
carattere di prevalenza di una determinata materia62. In questa prospettiva, il
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario può esplicarsi non
soltanto attraverso la predisposizione di vincoli, ma anche di vere e proprie
limitazioni frapposte allo svolgimento dell’autonomia, allorché si tratti di
58 Cfr., ad esempio, S. Calzolaio, Il cammino delle materie nello Stato regionale, cit., 224 s., secondo il quale “una vera e propria materia trasversale nelle competenze concorrenti è la ‘armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica’”. 59 Al riguardo, una pregnante analisi è in S. Mangiameli, La nuova parabola del regionalismo italiano tra crisi istituzionale e necessità di riforme, cit., 110 ss. 60 Così, G.M. Salerno, Dopo la norma costituzionale sul pareggio del bilancio, cit., 565 ss., spec. 568 s. 61 Per un ulteriore approfondimento della quale, sia consentito rinviare a G. Rivosecchi, Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, cit., 181 ss. 62 Ex plurimis, dalla sentenza n. 370 del 2003 alla sentenza n. 278 del 2010.
21
determinare il bilancio degli enti territoriali sia nel suo complesso, sia nel rapporto
tra entrate e spese, sia nelle singole voci che lo compongono63.
Non va poi trascurato che – specie negli ultimi anni e, in particolare, alla
stregua dei rinnovati vincoli posti dal diritto dell’Unione europea, anche in reazione
alla perdurante crisi economico-finanziaria64 – mediante l’esercizio della funzione di
coordinamento della finanza e dei tributi il legislatore statale assicura altresì la
coerente trasposizione, sul piano interno, degli obiettivi parametrici di governo dei
conti pubblici, rendendoli pienamente operanti per la finanza del sistema delle
autonomie territoriali65. Tale approccio è stato ampiamente corroborato dalla
giurisprudenza costituzionale, sulla scorta degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., e
successivamente ribadito dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 mediante la
revisione non soltanto dell’art. 81 Cost., ma anche dell’art. 119 Cost., e – soprattutto
– per effetto del già menzionato comma premesso all’art. 97 Cost., il quale richiama
tutte le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione
europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico66.
Sotto il profilo da ultimo richiamato, è indubbio che il coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario svolga anche una funzione di
intermediazione, trasposizione e di vera e propria concretizzazione dei vincoli e degli
impegni assunti in sede internazionale dall’Italia67. Ne consegue che non può non
individuarsi un fascio di interessi statuali, che sembrano innervare l’esercizio della
63 Sulla distinzione tra vincoli e limiti di coordinamento finanziario, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, cfr. G.M. Salerno, Dopo la norma costituzionale sul pareggio del bilancio, cit., 572 ss. 64 Per un approfondimento, cfr., ad esempio, G.L. Tosato, La riforma costituzionale del 2012 alla luce della normativa dell’Unione: l’interazione fra i livelli europei e interno, in Corte costituzionale, Il principio dell’equilibrio di bilancio secondo la riforma costituzionale del 2012. Atti del Seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 22 novembre 2012, Milano, Giuffrè, 2014, 95 ss.; nonché, se si vuole, G. Rivosecchi, Il governo europeo dei conti pubblici tra crisi economico-finanziaria e riflessi sul sistema delle fonti, in www.osservatoriosullefonti.it, fasc. n. 1/2011; Id., Il coordinamento della finanza pubblica: dall’attuazione del Titolo V alla deroga al riparto costituzionale delle competenze?, cit., 181 ss. e 201 ss. (con particolare riguardo alla giurisprudenza costituzionale su finanza e tributi). 65 Cfr., ad esempio, G.M. Salerno, Equilibrio di bilancio, coordinamento finanziario e autonomie territoriali, in Il Filangieri – Quaderno 2011, Costituzione e pareggio di bilancio, a cura di V. Lippolis – N. Lupo – G.M. Salerno – G. Scaccia, Napoli, Jovene, 2011, 150 s. e 159; M. Cecchetti, Legge costituzionale n. 1 del 2012 e Titolo V della Parte II della Costituzione: profili di contro-riforma dell'autonomia regionale e locale, cit., 5. 66 Al riguardo, cfr. N. Lupo, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, cit., 127; nonché, volendo, G. Rivosecchi, Legge di bilancio e leggi di spesa tra vecchio e nuovo articolo 81 della Costituzione, in Rivista della Corte dei conti, n. 1-2, 2013, 457 ss. Valorizzano significativamente il comma premesso all’art. 97 Cost. le sentenze n. 60 del 2013 e n. 88 del 2014. 67 Sul punto, cfr. G.M. Salerno, Dopo la norma costituzionale sul pareggio del bilancio, cit., 569 s.
22
suddetta funzione, confermando in tal modo l’impressione che non si tratti di una
“semplice” competenza legislativa concorrente. Infatti, altrimenti opinando, si
dovrebbe osservare che, da un lato, la competenza amministrativa e regolamentare
spetterebbe alle Regioni e, dall’altro, la giurisprudenza costituzionale non avrebbe
individuato – come invece si è potuto verificare, sin dalle prime pronunce sull’art.
119 Cost. – un regime differenziato per i principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario rispetto a quelli delle materie di
potestà concorrente68.
La prospettiva richiamata è ulteriormente avvalorata dalla legge costituzionale
n. 1 del 2012 e dalla legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione
del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della
Costituzione), nella parte in cui pone regole finanziarie e fiscali per gli enti
territoriali, valevoli anche per le autonomie speciali. Al riguardo, occorre infatti
ricordare che la giurisprudenza costituzionale ha prevalentemente ancorato la potestà
statale di coordinamento del sistema tributario ai rinnovati parametri costituzionali
(artt. 81, 97, 117, co. 2, e 119, Cost.) piuttosto che all’art. 117, terzo comma, Cost.,
pur nei limiti degli specifici oggetti espressamente riservati alla legge rinforzata
dall’art. 81, sesto comma, Cost. e dall’art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012.
Quest’ultimo, infatti, al comma 1, lett. d) ed e), affida, tra l’altro, alla legge
rinforzata il compito di individuare le condizioni a cui è consentito il ricorso
all’indebitamento (anche per le autonomie territoriali) e le regole sulla spesa
orientate a salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del debito pubblico,
in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica posti dall’Unione europea, così
rafforzando il parametro costituzionale sul coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario69.
In tal modo, sembra essere avvalorata una duplice potestà statale di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario opponibile alle
autonomie territoriali: l’una fondata sull’art. 117, terzo comma, Cost., e operante
secondo lo schema ascrivibile alla potestà concorrente; l’altra fondata sui richiamati
68 In questo senso, v. ancora G.M. Salerno, Dopo la norma costituzionale sul pareggio del bilancio, cit., 570 ss. 69 Anche in specifico riferimento alle autonomie speciali: cfr. sentenza n. 88 del 2014.
23
titoli competenziali, come modificati dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, e
operante nell’ambito materiale espressamente riservato alla legge rinforzata70.
Tutto ciò non si è rivelato indifferente circa l’espansione della legislazione
statale sull’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali.
4. Qualche spunto conclusivo: l’“avviso ai naviganti” della Corte
costituzionale sulla portata e i limiti all’armonizzazione dei bilanci
Alla stregua della richiamata giurisprudenza costituzionale, occorre in
conclusione chiedersi quali siano le prospettive del rinnovato parametro
costituzionale rappresentato dall’“armonizzazione dei bilanci”, titolo di competenza
che, come si è detto, per effetto dell’art. 3 della legge costituzionale n. 1 del 2012, è
transitato dalla potestà concorrente alla potestà esclusiva dello Stato.
Non vi è dubbio che la richiamata revisione costituzionale abbia determinato,
quantomeno in una prima fase, all’indomani dell’entrata in vigore della legge
costituzionale n. 1 del 2012, l’ulteriore attrazione in favore del legislatore statale di
profili del coordinamento della finanza pubblica, atteso che la giurisprudenza
costituzionale ha costantemente interpretato “armonizzazione dei bilanci” e
“coordinamento della finanza pubblica” alla stregua del loro strettissimo nesso
funzionale71.
In realtà, i parametri richiamati, pur rimanendo strettamente connessi,
potrebbero essere valorizzati in maniera distinta. Basti pensare che l’armonizzazione
dei bilanci è un tema centrale ai fini dell’equilibrata configurazione del rapporto tra
omogeneità e differenziazione nel governo delle politiche pubbliche, perché il
bilancio è anzitutto strumento di realizzazione delle politiche dell’ente territoriale.
In questa prospettiva, volta a contemperare le ragioni delle autonomie
costituzionalmente garantite con quelle del consolidamento dei conti pubblici, 70 Al riguardo, si veda la sentenza n. 88 del 2014. Sul punto, cfr. A. Brancasi, La Corte costituzionale al bivio tra il tradizionale paradigma del coordinamento finanziario e la riforma costituzionale “introduttiva del pareggio di bilancio”, in Giur. cost., 2014, 1633 ss.; nonché, se si vuole, G. Rivosecchi, Armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117.3), in Le materie dell’art. 117 nella giurisprudenza costituzionale dopo il 2001. Analisi sistematica della giurisprudenza costituzionale sul riparto di competenze tra Stato e Regioni 2001-2014, a cura di R. Bifulco e A. Celotto, Napoli, Editoriale Scientifica, 2015, 401 s. 71 Tra le tante, cfr. sentenze n. 390 del 2004; n. 417 del 2005; n. 156 e n. 326 del 2010; n. 184 del 2016.
24
sembrano di estremo interesse le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte
costituzionale n. 184 del 2016. Infatti, con quest’ultima pronuncia, da un lato, viene
ribadito il nesso intercorrente tra armonizzazione dei bilanci e coordinamento della
finanza pubblica, e, dall’altro, viene significativamente riconosciuto il bilancio
dell’ente territoriale quale strumento di classificazione delle poste e delle grandezze
contabili in quanto mezzo di finanziamento delle politiche pubbliche dell’ente
territoriale. Ciò lo rende atto idoneo a consentire il confronto tra il programmato e il
realizzato nella gestione delle risorse delle collettività amministrate e a far
conseguentemente emergere la responsabilità dei governanti.
Infatti, per un verso, il Giudice delle leggi ha ribadito che “l’armonizzazione
dei bilanci pubblici è finalizzata a realizzare l’omogeneità dei sistemi contabili per
rendere i bilanci delle amministrazioni aggregabili e raffrontabili, in modo da
soddisfare le esigenze informative connesse a vari obiettivi quali la programmazione
economico-finanziaria, il coordinamento della finanza pubblica, la gestione del
federalismo fiscale, le verifiche del rispetto delle regole comunitarie, la previsione di
gravi irregolarità idonee e pregiudicare l’equilibrio dei bilanci”72. Per l’altro, però, in
quella stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha affermato che dall’attribuzione
della materia “armonizzazione dei bilanci pubblici” al titolo di competenza esclusiva
dello Stato non discende in alcun modo che il sistema contabile regionale sia stato
sottratto ad un’autonoma regolazione, trovando quest’ultimo soltanto limiti esterni
funzionali al rispetto dei vincoli europei73. Sicché sono ammissibili soltanto le
censure mosse avverso una legge regionale in materia di contabilità e di redazione
dei bilanci che lamentino puntuali contrasti tra le disposizioni di legge regionale
impugnate e le norme statali di principio contenute nel decreto legislativo n. 118 del
2011 sull’armonizzazione dei bilanci, come successivamente modificato dal decreto
legislativo n. 126 del 2014. Come a dire: l’art. 3 della legge n. 1 del 2012, facendo
transitare la materia “armonizzazione dei bilanci pubblici” dalla competenza
concorrente a quella esclusiva dello Stato, non ha determinato l’assorbimento di ogni
profilo inerente alla contabilità pubblica nel titolo competenziale statale, atteso che il
bilancio – come osserva efficacemente la Corte – è un “bene pubblico”, “funzionale
a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, sia in ordine
72 Sentenza n. 184 del 2016, punto n. 2.1 del “Considerato in diritto”. 73 Sentenza n. 184 del 2016, punti n. 2.2 e 2.3 del “Considerato in diritto”.
25
all’acquisizione delle entrate, sia all’individuazione degli strumenti attuativi delle
politiche pubbliche”74. Il che presuppone quantomeno un residuo margine di
autonomia dell’ente territoriale.
Da quanto detto discende che le modalità di redazione dei bilanci degli enti
territoriali vengono opportunamente ricondotte dal Giudice delle leggi ad un
intreccio di titoli di competenza che, anche alla stregua della legge costituzionale n. 1
del 2012, non possono essere ritenuti esclusivamente statali, impingendo nella
potestà legislativa concorrente (coordinamento della finanza pubblica), in quella
residuale regionale e nell’autonomia finanziaria dell’ente territoriale riconosciuta
dall’art. 119 Cost.
Il recente orientamento della Corte costituzionale sembra esprimere un
significativo “avviso ai naviganti” sulla portata e i limiti del titolo di competenza
“armonizzazione dei bilanci”. Afferma, infatti, il Giudice delle leggi che, ancorché
transitato alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, il titolo di competenza in
parola non è idoneo ad assorbire nella potestà legislativa statale ogni profilo della
contabilità pubblica regionale, poiché quest’ultima trova fondamento costituzionale
nella stessa autonomia dell’ente territoriale.
In altri termini, l’armonizzazione dei bilanci è finalizzata a realizzare
l’omogeneità e la raffrontabilità dei bilanci degli enti territoriali. Ciò costituisce il
presupposto per soddisfare le esigenze informative e di andamento della contabilità
dei vari livelli territoriali, funzionali agli obiettivi di governo dei conti pubblici: dalla
programmazione economico–finanziaria, al coordinamento della finanza pubblica,
all’attuazione dell’autonomia finanziaria e tributaria degli enti territoriali, alle
verifiche del rispetto delle regole poste dal diritto dell’Unione europea, alla
prevenzione degli squilibri di bilancio75. Pertanto, intrecciandosi con molteplici titoli
di competenza, riconosce la stessa Corte costituzionale che il richiamato nesso di
interdipendenza abbia determinato la “profonda e reciproca compenetrazione” con
altre materie, così consentendo la progressiva espansione della legislazione attuativa
in materia di armonizzazione dei bilanci76.
74 Sentenza n. 184 del 2016, punto n. 3 del “Considerato in diritto”. 75 Cfr. sentenza n. 184 del 2016, punto n. 2.1 del “Considerato in diritto”. 76 Il riferimento a questi aspetti, contenuto nella sentenza n. 184 del 2016, si coglie con estrema chiarezza anche soltanto prendendo in esame la normativa, articolata e puntuale, contenuta nel decreto legislativo n. 126 del 2014 e nei relativi allegati.
26
Nondimeno, il Giudice delle leggi opportunamente precisa che
“l’armonizzazione si colloca contemporaneamente in posizione autonoma e
strumentale rispetto al coordinamento della finanza pubblica”77, sicché non può non
residuare spazio alla contabilità regionale ai fini della realizzazione delle politiche
pubbliche.
In definitiva, l’armonizzazione dei bilanci costituisce strumento prezioso di
controllo democratico dell’ente territoriale poiché, consentendo il confronto tra il
programmato e il realizzato, viene a contemperare le esigenze dell’autogoverno con
quelle del coordinamento della finanza pubblica e del consolidamento dei conti,
contribuendo a consentire l’emersione del significato più profondo della nozione di
autonomia, indissolubilmente legata a quella di responsabilità.
Osserva, infatti, significativamente la Corte che “la specificazione delle
procedure e dei progetti in cui prende corpo l’attuazione del programma, che ha
concorso a far ottenere l’investitura democratica, e le modalità di rendicontazione di
quanto realizzato, costituiscono competenza legislativa di contenuto diverso
dall’armonizzazione dei bilanci”, poiché quest’ultima rappresenta, invece, “il limite
esterno – quando è in gioco la tutela di interessi finanziari generali – alla potestà
regionale di esprimere le richiamate particolarità”78.
77 Sentenza n. 184 del 2016, punto n. 2.1 del “Considerato in diritto”. 78 Sentenza n. 184 del 2016, punto n. 3 del “Considerato in diritto”.