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1 Il diritto, la disciplina giuridica che studia le norme giuridiche e la loro applicazione, la parola “diritto” è usata anche come sinonimo di “ordinamento giuridico”. Se un individuo è da solo non ha bisogno di regole cioè di diritto, invece se un individuo si trova in una società ha bisogno di regole in altre parole di diritto. Ma all’interno della società ci deve essere anche chi ha il potere di emanare le leggi e di farle rispettare; quindi la società si organizza e si viene a formare uno stato. Lo stato ha la sovranità e quindi il potere di imporsi anche con la forza per far rispettare le norme. Il parlamento italiano ha il potere di legiferare, anche il governo ha il potere di legiferare, con i decreti legge; il parlamento fa solo leggi ordinarie. Il diritto soggettivo (per esempio il diritto di proprietà è un diritto soggettivo) è quello che ha un soggetto perché esiste una normativa che lo tutela, questo soggetto può essere sia una persona fisica sia giuridica. Il diritto oggettivo è l’insieme delle norme giuridiche presenti in un paese in un determinato momento. Un’altra partizione delle norme giuridiche, è tra il diritto positivo che è imposto dallo stato e il diritto naturale che nasce con il soggetto ed è insito nella persona stessa. Infatti, una persona decide cosa è giusto e cosa è ingiusto, invece lo stato decide cosa è lecito e cosa è illecito. Comunque lo stato ha il compito di far tendere nel modo più possibile il diritto positivo verso il diritto naturale. Le norme giuridiche nascono dalle norme sociali, la norma è una regola di comportamento. Le norme giuridiche hanno dei caratteri che sono: - Coattiva o coercibile, le norme prescrivono e le norme sanciscono, quindi la norma è obbligatoria. - Generali, perché le norme s’impongono su tutta la collettività, però questo non sempre è vero, infatti, ci sono delle norme denominate “speciali” che sono create per tutelare le persone che si trovano in uno stato di debolezza. - Astratta, perché la norma non prevede un caso concreto ma una fattispecie. Anche questa caratteristica ha un’attenuazione che è rappresentata dalle norme eccezionali. Queste norme esistono per fermare i reati compiuti da determinate organizzazioni, queste norme inaspriscono le sanzioni, tutto questo perché le norme astratte non bastano. - Bilaterale, riconosce diritti e doveri di due persone che interagiscono. - Relativa, perché la norma si evolve continuamente. - Esteriorità, la norma non va a colpire l’animus ma l’azione. Le norme si dividono in quelle che prescrivono, cioè che dicono quello che si deve fare e quello che non si deve fare, cioè il comportamento. Le norme che sanciscono sono quelle che prevedono delle sanzioni se non sono rispettate le prime. Poi ci sono le norme organizzative che enunciano quali sono gli organi che fanno le norme (legiferare), e quali le devono far rispettare. Il diritto privato è quell’insieme di normative che vanno a regolamentare tutti i rapporti giuridici tra i cittadini e tra i cittadini e lo stato, quando quest’ultimo si comporta come un privato. Il diritto pubblico è quello che regola i poteri dello stato e i rapporti giuridici tra gli organi pubblici e i cittadini.

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Il diritto, la disciplina giuridica che studia le norme giuridiche e la loro applicazione, la parola “diritto” è usata anche come sinonimo di “ordinamento giuridico”. Se un individuo è da solo non ha bisogno di regole cioè di diritto, invece se un individuo si trova in una società ha bisogno di regole in altre parole di diritto. Ma all’interno della società ci deve essere anche chi ha il potere di emanare le leggi e di farle rispettare; quindi la società si organizza e si viene a formare uno stato. Lo stato ha la sovranità e quindi il potere di imporsi anche con la forza per far rispettare le norme. Il parlamento italiano ha il potere di legiferare, anche il governo ha il potere di legiferare, con i decreti legge; il parlamento fa solo leggi ordinarie. Il diritto soggettivo (per esempio il diritto di proprietà è un diritto soggettivo) è quello che ha un soggetto perché esiste una normativa che lo tutela, questo soggetto può essere sia una persona fisica sia giuridica. Il diritto oggettivo è l’insieme delle norme giuridiche presenti in un paese in un determinato momento. Un’altra partizione delle norme giuridiche, è tra il diritto positivo che è imposto dallo stato e il diritto naturale che nasce con il soggetto ed è insito nella persona stessa. Infatti, una persona decide cosa è giusto e cosa è ingiusto, invece lo stato decide cosa è lecito e cosa è illecito. Comunque lo stato ha il compito di far tendere nel modo più possibile il diritto positivo verso il diritto naturale. Le norme giuridiche nascono dalle norme sociali, la norma è una regola di comportamento. Le norme giuridiche hanno dei caratteri che sono: - Coattiva o coercibile, le norme prescrivono e le norme sanciscono, quindi la norma è obbligatoria. - Generali, perché le norme s’impongono su tutta la collettività, però questo non sempre è vero, infatti, ci sono delle norme denominate “speciali” che sono create per tutelare le persone che si trovano in uno stato di debolezza. - Astratta, perché la norma non prevede un caso concreto ma una fattispecie. Anche questa caratteristica ha un’attenuazione che è rappresentata dalle norme eccezionali. Queste norme esistono per fermare i reati compiuti da determinate organizzazioni, queste norme inaspriscono le sanzioni, tutto questo perché le norme astratte non bastano. - Bilaterale, riconosce diritti e doveri di due persone che interagiscono. - Relativa, perché la norma si evolve continuamente. - Esteriorità, la norma non va a colpire l’animus ma l’azione. Le norme si dividono in quelle che prescrivono, cioè che dicono quello che si deve fare e quello che non si deve fare, cioè il comportamento. Le norme che sanciscono sono quelle che prevedono delle sanzioni se non sono rispettate le prime. Poi ci sono le norme organizzative che enunciano quali sono gli organi che fanno le norme (legiferare), e quali le devono far rispettare. Il diritto privato è quell’insieme di normative che vanno a regolamentare tutti i rapporti giuridici tra i cittadini e tra i cittadini e lo stato, quando quest’ultimo si comporta come un privato. Il diritto pubblico è quello che regola i poteri dello stato e i rapporti giuridici tra gli organi pubblici e i cittadini.

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LE FONTI DEL DIRITTO. LA FONTE E’ QUALSIAI FATTO O ATTO DAL QUALE DERIVA UNA NORMA. PRODUZIONE (CHI?) GAZZETTA REGIONALE

FONTE GAZZETTA UFFICIALE

COGNIZIONE (DOVE?) CODICE CIVILE

CODICE PROCEDURA CIVILE

CODICE PENALE

CODICE PROCEDURA PENALE

FATTO CONSUETUDINI E USI

FONTE ATTO E’ UNA FONTE CHE PROVIENE DA UN DETERMINATO ORGANO, ED E’ CONTENUTA IN UN DETERMINATO DOCUMENTO. Le fonti poi sono classificate secondo una ben definita gerarchia, qui di seguito riportiamo solo i primi due livelli: 1) Costituzione, leggi costituzionali e di revisione costituzionale. 2) Leggi ordinarie e atti aventi forza di legge, tra questi distinguiamo i decreti legge i decreti

legislativi e le leggi regionali. La reiterazione consiste nel ripresentare un decreto legge simile a quello non approvato dal parlamento in tempo utile (60 g). Nel caso del decreto legislativo, il parlamento da un “compito” al governo, perché esso non è specializzato. Il parlamento da una legge delega con vari parametri (tempo, vincoli…). Le leggi di grado inferiore non possono contrastare con le leggi di grado superiore, e ci sono vari organi che hanno il compito di controllare tutte le leggi che sono legiferate. COSTITUZIONE COSTITUZIONALITA’ (CONSIGLIO DI STATO) FONTI PRIMARIE LEGALITA’ (TAR) FONTI SECONDARIE Oltre alla gerarchia esiste anche il criterio di competenza: le leggi dello stato hanno una competenza che riguarda tutto il territorio dello stato, invece le leggi regionali possono essere applicate solo in ambito regionale. Le fonti secondarie hanno una competenza che riguarda un certo numero di materie. Le competenze delle leggi della comunità europea riguardano l’agricoltura, l’inquinamento e in generale l’ambiente.

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ABROGAZIONE. L’abrogazione è un meccanismo che permette di eliminare o di cambiare le norme. Abbiamo vari tipi d’abrogazione: - L’abrogazione espressa ci dice quale norma sarà abrogata. - L’abrogazione tacita si ha quando è stata emanata una norma completamente opposta

ad una norma preesistente, la quale sarà eliminata automaticamente. - L’abrogazione implicita si ha quando sono modificate molte norme che costituiscono

un’intera materia, per esempio il diritto di famiglia. I rapporti giuridici pendenti, cioè stipulati prima dell’abrogazione delle norme, vengono regolati dalle norme vecchie. � Le norme retroattive sono quelle norme che hanno efficacia anche nel passato. � Le riserve di legge riguardano determinate materie, che sono talmente importanti che

solo una legge di stato (ordinaria) potrà modificarla, le riserve di legge sono assolute. L’INTERPRETAZIONE. L’interpretazione è un’attività importantissima che deve svolgere il giudice, l’interpretazione può essere privata, cioè quella eseguita da ingegneri, geometri … Poi abbiamo l’interpretazione della pubblica amministrazione. S’interpreta la norma giuridica perché essa è astratta, cioè prevede una fattispecie ma non un caso concreto. Quindi interpretare significa abbassare la fattispecie nel caso concreto. Le circolari sono un esempio d’interpretazione di una data norma. L’interpretazione più importante è quell’autentica che è eseguita dal legislatore. L’interpretazione giuridica si può fare in diversi modi. - STORICA: va a studiare la situazione economico-politico-sociale che esistevano al

momento dell’emanazione della norma, e quindi va a studiare i motivi per i quali è stata emanata.

- SISTEMATICA: essa va a studiare la singola norma interessata dall’interpretazione, ma anche tutte le altre norme ad essa collegate, potrebbe essere un’intera materia.

- LETTERALE: questo tipo d’interpretazione si pone l’obiettivo di andare a comprendere il significato dei termini tecnici (usufrutto, usucapione…).

- ANALOGICA: può accadere che una determinata situazione giuridica non sia disciplinata da alcuna norma, e quindi il giudice va per analogia, cioè va ad interpretare le norme di carattere generale per risolvere la situazione.

IL RAPPORTO GIURIDICO. E’ un legame (giuridico) che lega due parti, una è il soggetto attivo e l’altra è il soggetto passivo. Il rapporto giuridico è caratterizzato da un determinato contenuto che è un potere che il soggetto attivo ha su quello passivo. La parte può essere rappresentata da una persona fisica, da una persona giuridica o da più persone sia fisiche sia giuridiche. Poi abbiamo l’oggetto che può essere un bene. Le due posizioni giuridiche sono caratterizzate da determinati diritti e doveri: - POSIZIONI GIURIDICHE ATTIVE diritto soggettivo, le facoltà, la potestà, il diritto potestativo e l’interesse legittimo. - POSIZIONI GIURIDICHE PASSIVE dovere, obbligazione soggettiva e l’onere. Le posizioni giuridiche sono delle situazioni giuridiche che vengono riconosciute in capo ad un determinato soggetto. Arrivati a questo punto del corso di diritto, possiamo analizzare nei particolari i diritti e i doveri dalla parte attiva e passiva.

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POSIZIONE GIURIDICA ATTIVA. IL DIRITTO SOGGETTIVO.

L’INTERESSE POTESTA’ DEL VOLERE TUTELA GIURIDICA L’interesse è il vantaggio che si trae dal rapporto giuridico. La potestà del volere è la libertà di fare “quello che si vuole” del proprio bene, sempre nei limiti della legge. La tutela giuridica è il potere di ricorrere all’autorità giudiziaria per far rispettare il proprio diritto. I diritti soggettivi assoluti s’impongono su tutta la collettività e sono i diritti reali, i diritti sulla personalità e i diritti sui beni immateriali. I diritti reali sono i diritto sulle cose. DIRITTO SOGGETTIVO patrimoniale è un diritto il cui oggetto è suscettibile di valutazione economica. non patrimoniale beni immateriali. FACOLTA’. La facoltà consiste nel fatto che il proprietario si può comportare in una determinata maniera senza recare danno agli altri, essa è una manifestazione di fatto. POTESTA’. La potestà è un diritto e un dovere rispetto ad un altro soggetto, quest’ultimo è in una situazione di soggezione. IL DIRITTO POTESTATIVO. Il diritto potestativo è il potere che ha un soggetto di operare unilateralmente, e di apportare delle modifiche giuridicamente rilevanti sull’altro soggetto. L’INTERESSE LEGITTIMO. L’interesse legittimo è un interesse individuale: si può ottenere dall’autorità statale un comportamento corretto. L’interesse legittimo viene tutelato direttamente oppure direttamente ma non incondizionatamente. INTERESSE LEGITTIMO INTERESSE OCCASIONALMENTE PROTETTO (è un interesse individuale che viene tutelato indirettamente da una norma giuridica essenzialmente rivolta alla considerazione di un interesse collettivo, e deriva tale tutela dal fatto di essere in occasionale coincidenza con quest’ultima, infatti, l’interesse collettivo coincide con l’interesse individuale). DIRITTO SOGGETTIVO AFFIEVOLITO (è sempre un interesse individuale che viene tutelato ma non incondizionatamente). La proprietà è un diritto soggettivo affievolito perché esiste l’esproprio, l’occupazione… Il voto, lo stipendio… sono dei diritti soggettivi perfetti. � L’onere viene posto nei negozi a titolo gratuito (istituto giuridico), è un peso che viene

imposto per esercitare un’attività. A questo punto possiamo introdurre la prescrizione un importante istituto giuridico, che approfondiremo più avanti. Essa si ha quando il soggetto è in uno stato d’inerzia, e quindi il

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diritto entra in prescrizione. Ci sono delle eccezioni per quanto riguarda il diritto di proprietà e alle facoltà inerenti e i diritti indisponibili (diritto al voto, diritto alla vita…). La prescrizione è inderogabile, perché due soggetti non possono escluderla di comune accordo (contratto). La prescrizione può essere lunga (20 anni), breve (da 6 mesi a 5 anni) e ordinaria (10 anni). La prescrizione si può anche sospendere quando una persona ha dei problemi molto gravi di salute. Si ha l’interruzione quando il soggetto esercita il suo diritto. IL NEGOZIO GIURIDICO. GIURIDICAMENTE RILEVANTI ATTI GIURIDICAMENTE IRRILEVANTI FATTI FATTI NATURALI NASCITA, MORTE, RAGGIUNGIMENTO DELLA MAGGIORE ETA’ Esistono vari tipi di negozio giuridico. - UNILATERALE: quando c’è la manifestazione di volontà solo da una parte. - BILATERALE: la manifestazione di volontà c’è da tutte e due le parti, questi sono i

contratti. - PLURILATERALE: quando c’è la manifestazione di più parti, il classico esempio è la

società. - SOLENNE-FORMALE: poiché è richiesto un atto scritto. - NON SOLENNE-NON FORMALE: sono tutti gli altri e sono la maggioranza. - INTER VIVAS: si dice di negozi giuridici che avvengono “tra i vivi”. - MORTIS CAUSAS: riguardano la successione, cioè sono causati dalla morte. - PATRIMONIALE: sono i negozi giuridici suscettibili di valutazione economica. - NON PATRIMONIALE: riguardano il diritto di famiglia. - A TITOLO ONEROSO: avviene quando da tutte e due le parti c’è un sacrificio economico. � Il contratto è un negozio giuridico patrimoniale, perché è soggetto a valutazione

economica. Gli elementi del negozio giuridico possono essere naturali, questi nascono nel negozio stesso, cioè sono insiti in esso, oppure essenziali e sono la manifestazione di volontà, la causa, l’oggetto e la forma. La manifestazione di volontà può essere espressa cioè viene comunicata in qualche modo, tacita cioè che risulta da comportamenti concludenti, e quindi il tuo comportamento è diretto ad ottenere l’accettazione di un determinato contratto. La causa è la funzione economico-sociale di un contratto, cioè lo scopo; la causa deve essere sempre lecita. L’oggetto è la cosa o il diritto che si trasferisce, la cosa deve essere anche possibile sia materialmente sia giuridicamente (bene illecito), deve essere determinata o determinabile. La forma è il mezzo con cui un soggetto si serve per comunicare con gli altri. Determinati negozi giuridici hanno bisogno di una ad substantiom, cioè di una forma scritta, e poi ci sono determinati negozi giuridici che hanno bisogno di una ad probationem, possono essere stipulati oralmente, ma in caso di lite ci vuole la forma scritta. Gli elementi accidentali sono la condizione, il termine e l’onere o modus. La condizione può essere risolutiva cioè è un evento futuro, che al verificarsi del quale il contratto cessa di dare i suoi effetti. La condizione può essere sospensiva, poiché il contratto comincerà a dare i suoi effetti al verificarsi di un determinato evento futuro, stabilito dal contratto. Ci sono due termini quello finale e iniziale, s’impone un termine temporale al contratto che può determinare l’inizio dei suoi effetti e la fine. Il modus o l’onere è un peso che grava su

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una parte che per godere un determinato bene lo deve soddisfare, questo non deve superare il costo del bene ricevuto. Per esempio l’onere di costruire una casa di riposo su un terreno ricevuto, non è valido. CASI DI DIVERGENZA. La divergenza si ha quando c’è una discrepanza tra la volontà e la sua manifestazione. Il caso di divergenza più importante è la simulazione, essa accade quando due parti concludono un negozio giuridico (contratto), mentre in realtà ne vogliono concludere un altro (simulazione relativa), oppure non lo vogliono proprio (simulazione assoluta). La simulazione assoluta viene usata soprattutto da chi è in uno stato fallimentare e vuole svuotare il suo patrimonio. La simulazione relativa viene usata da chi vuole cambiare la proprietà dei beni. Esistono altri casi di divergenza meno importanti. - VIOLENZA FISICA: essa si verifica quando un soggetto non manifesta nessuna volontà. - ERRORE OSTATIVO: la divergenza è dovuta ad un errore di battitura oppure di

terminologia linguistica. - DICHIARAZIONI NON SERIE: sono le dichiarazioni di volontà fatte per scopo didattico,

cinematografico… - RISERVA MENTALE: si conclude un contratto controvoglia, dal punto di vista giuridico

non ha alcun effetto. I VIZI DELLA VOLONTA’. Questi vizi sono causati da vari errori che possono essere di varia natura: - l’inesatta o la mancata conoscenza di certi elementi; - possono essere di diritto quando non si conosce la normativa; - possono essere di fatto quando non si conoscono certe circostanze. L’errore deve sempre essere determinante, essenziale e riconoscibile. LA VIOLENZA MORALE E IL DOLO. La violenza morale è la minaccia di un male ingiusto e notevole, ingiusto perché è contro il diritto (illecito), notevole perché deve incutere timore ad una persona normale. Il dolo o dolus malus è un raggiro, è un comportamento fraudolento, che pone in essere una parte nei confronti di un’altra, per indurlo a volere il contratto. Il dolo deve essere sempre determinante. Il dolus bonus è usato dalla pubblicità, è un dolo accettato dalla collettività. L’INVALIDITA’ D’UN NEGOZIO GIURIDICO. Il negozio può essere valido o invalido, e l’invalidità si ha per nullità o per annullabilità. La nullità si ha quando manca un elemento essenziale oppure la causa è illecita, o l’oggetto è indeterminabile. La nullità è il caso più grave d’invalidità, ecco le sue caratteristiche. - ASSOLUTA, cioè tutti i cittadini possono ricorrere all’autorità giudiziaria per invalidare il

contratto. - RILEVABILE D’UFFICIO, il giudice può annullare il contratto senza chiedere nessun

consenso alle parti. - PERPETUA, perché l’invalidità non entra in prescrizione. Per far diventare valido il contratto si può fare una rinnovazione cioè sostituirlo con un altro contratto, una conversione cioè lo si fa valere per un altro. L’annullabilità si ha quando il negozio giuridico è stato concluso con un vizio oppure per incapacità d’agire. - RELATIVA cioè solo le parti la possono annullare.

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- NON E’ RILEVABILE D’UFFICIO, il giudice non lo può eliminare senza aver prima chiesto il consenso delle parti.

- PRESCRITTIBILE: dopo 5 anni il contratto diventa valido. - SANABILE, in quanto le parti possono mettersi d’accordo per eliminare il vizio. Un negozio giuridico annullabile da tutti i suoi effetti finche non viene sollevata la questione da una delle due parti. Il contratto annullabile può essere convalidato quando cessa la violenza tra le due parti. LA RAPPRESENTANZA. È un potere che viene dato da un soggetto ad un altro soggetto, per sostituirsi nel compimento di un’attività giuridica. Questo trasferimento di potere lo si fa attraverso la procura è un negozio unilaterale). La procura può essere generale o speciale. La procura generale si ha quando si può compiere tutta una serie di negozi giuridici tutti diversi, essa è speciale quando il rappresentante può compiere solo un determinati contratto. C’è la rappresentanza diretta si ha quando il soggetto agisce in nome e per conto altrui, quindi tutti gli effetti giuridici ricadono su chi ha dato la procura. Abbiamo anche la rappresentanza indiretta in questo caso il soggetto agisce per nome proprio e per conto altrui, sì da questo tipo di procura per non apparire. VARIE. La parte è un centro di interessi (negozio giuridico). Gli atti di ordinaria amministrazione non cambiano il valore del bene, invece gli atti di straordinaria amministrazione aumentano il valore del bene. Se non è possibile accertare chi muore per prima si chiama commorienza, e quindi si afferma che sono morti tutti allo stesso momento. Nelle società prevale l’elemento personale, invece nelle fondazioni prevale il patrimonio. Nelle società c’è un contratto plurilaterale, invece nelle fondazioni c’è un contratto unilaterale. Per costituire una società ci vogliono delle persone fisiche, dei capitali, uno scopo lecito e un riconoscimento da parte di un tribunale civile o dal presidente della repubblica o dal presidente della regione. LA PERSONA GIURIDICA. Per far nascere questo soggetto si ha bisogno del riconoscimento, se ha un’importanza nazionale sarà il D.P.R. (decreto del presidente della repubblica), se ha un’importanza regionale sarà il parlamento regionale a riconoscerlo. Le società vengono riconosciute dal tribunale con l’iscrizione nel registro delle imprese. Esistono anche persone giuridiche non riconosciute, per esempio i partiti e i sindacati perché se no avrebbero un controllo troppo accurato sul loro esecutivo. Se una persona giuridica ha una autonomia patrimoniale perfetta, a rispondere per tutte le obbligazioni sociali è la società stessa (S.p.A.).

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ORGANI. ASSEMBLEA Organo deliberativo cioè che prende delle decisioni, le persone

che ne fanno parte sono quelle che hanno fondato la società, cioè i soci.

AMMINISTRATORI Organo esecutivo, cioè che pone in essere le deliberazioni

dell’assemblea. Può essere amministratore anche un socio. SINDACI Organo di controllo (si chiamavano probiviri), i Sindaci non

esistono nelle piccole P.G., essi controllano l’operato dell’Assemblea e degli Amministratori. Nelle società quotate in borsa oltre i sindaci c’è una società di revisione. La società di revisione contabile non è un organo ma è qualcosa al di fuori della società, che tutela il risparmio dei cittadini. I Sindaci sono imposti dalla legge, non possono essere parenti di gradi inferiore al terzo con gli Amministratori.

Le persone giuridiche si estinguono per vari motivi, ad esempio per la scadenza di un termine, oppure perché si è raggiunto un determinato obiettivo, oppure non si riesce a raggiungerlo o per inattività dell’Assemblea (non si riesce a trovare la maggioranza). A volte può succedere che il capitale è insufficiente e la persona giuridica si estingue, per le S.P.A. il capitale minimo è di 200 milioni più il 5% di riserve legali. LA PROPRIETA’. La proprietà è il diritto reale per eccellenza, e quindi è un diritto sulle cose. Sono beni le cose che possono essere oggetto di diritto e queste cose sono solo ed esclusivamente beni economici (810 c.c.).

IMMOBILI: sono il suolo i fiumi, torrenti, corsi d’acqua e tutto ciò che BENI naturalmente o artificialmente incorporato ad esso.

MOBILI: sono tutti gli altri anche quelli immateriali (assegni, cambiali…). Si fa questa distinzione perché c’è un differente metodo per il loro trasferimento. Le universalità sono degli insiemi di beni mobili che appartengono allo stesso proprietario e che hanno la stessa destinazione. Ed ecco un’altra classificazione dei beni. - FUNGIBILI: sono dei beni che possono essere sostituiti facilmente con altri beni. - INFUNGIBILI: beni che non si possono sostituire con altri beni (automobile d’epoca,

quadro d’autore…). Nei contratti non può mai essere sollevata la prestazione per quanto riguarda i beni fungibili. I beni possono essere consumabili in quanto vengono distrutti durante il processo di produzione o inconsumabili quando sono oggetto d’ammortamento (abolescenza), cioè passando il tempo essi perdono di valore (macchinari…). CONCETTO D’APPARTENZA. Sono tutti i beni mobili o immobili che servono o per ornamento o per uso del bene principale. Le pertinenze sono importanti, infatti, se si trasferisce il bene principale, nel silenzio del contratto, si trasferiscono automaticamente anche le pertinenze. Se non si vuole trasferire le pertinenze lo si deve esplicitare nel contratto di compravendita. Le pertinenze possono essere mobili a mobili, per esempio l’autoradio dell’automobile. Abbiamo le pertinenze mobili ad immobili, per esempio le porte e le finestre di una casa, e infine le pertinenze immobili ad immobili, per esempio il garage di una casa o il giardino di una casa.

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� Tutti i beni producono dei frutti, questi sono dei beni prodotti da altri beni. Si dividono in naturali (maialini, pulcini…) e in civili (art. 820-821 cc) cioè il corrispettivo che il proprietario trae da un bene in uso ad un terzo, sono denominati interessi.

� I beni pubblici sono quelli che appartengono allo stato e sono destinati a finalità pubbliche, invece i beni privati sono quelli che appartengono ai privati cittadini.

BENI PUBBLICI. Essi si dividono in demaniali cioè i beni che appartengono allo stato e agli enti pubblici, territoriali (regione, provincia, comune), ed essi si dividono in accidentali e necessari. Mentre i beni patrimoniali che appartengono ad altri enti pubblici, si dividono in disponibili e indisponibili. Ecco uno schema che analizza nel dettaglio la classificazione. BENI PUBBLICI DEMANIALI NECCESARI: sono le spiagge che possono essere date

in concessione ai privati per un determinato periodo, in questa categoria sono compresi anche i fiumi e i laghi. ACCIDENTALI: sono le strade, autostrade, acquedotti e musei; tutte queste infrastrutture possono essere anche private.

BENI PUBBLICI PATRIMONIALI INDISPONIBILI: sono le caserme, i municipi e rimangono indisponibili finche sono destinati a quell’uso.

DISPONIBILI: possono essere alienati. I DIRITTI REALI. I diritti reali sono: - ASSOLUTI in quanto s’impongono su tutti. - IMMEDIATI, perché non si ha bisogno di nessuno per esercitare il proprio diritto. - TIPICI in quanto sono solo quelli stabiliti dall’ordinamento giuridico. Ecco la loro classificazione: IMMEDIATI DIRITTI REALI ASSOLUTI PROPRIETA’ DIRITTI DI GODIMENTO SU COSE ALTRUI

TIPICI (superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù prediali). DIRITTI DI GARANZIA SU COSE ALTRUI (pegno, ipoteca).

I diritti di credito sono relativi e non sono immediati. BREVE STORIA DELLA PROPRIETA’. Nel diritto romano, l diritto della proprietà era un potere assoluto, cioè poteva usarlo e anche abusarne, anche gli schiavi erano considerati delle cose. Gli unici limiti che troviamo nel diritto romano al diritto di proprietà, sono quelli riguardanti i rapporti di vicinato. Nella società feudale la proprietà non esisteva, ma esistevano solo situazioni di dominio. E la terra soggetta al dominio è denominata terra infeudata, dove distinguiamo diversi domini. - DOMINIO IMMININTE: è il dominio esercitato dal sovrano su tutto.

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- DOMINIO DIRETTO: è esercitato dal signore feudale. - DOMINIO UTILE: è il dominio esercitato dalla borghesia. Con la rivoluzione francese la borghesia assume il potere politico e il territorio rimane libero. Il codice di Napoleone del 1.804, enuncia che la proprietà è la facoltà di godere del proprio bene per il bene personale, nel modo più assoluto; questo principio è stato ripreso dalla nostra costituzione. Nelle costituzioni liberali dell’800, troviamo lo statuto Albertino, nel quale la proprietà è un diritto incondizionato, naturale e assoluto cioè inviolabile (art. 29). Ricordiamo che lo stato liberale deve essere neutro e ha solo il compito di difesa, ordine pubblico e difesa. Attualmente in Italia esiste la proprietà, perché dall’articolo 42 si evince che la proprietà è un diritto soggettivo affievolito. Infatti, esiste l’esproprio, l’occupazione… LA PROPRIETA’ DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO. La proprietà viene disciplinata dalle leggi ordinarie (codice civile), qui troviamo l’articolo 832, dove sono affermati i vari aspetti di questa. DISPOSIZIONE MATERIALE cioè la disponibilità della cosa. LA FACOLTA’ DI GODERE SODDISFARE UN BISOGNO. “VALORE D’USO” e quindi godere dei frutti naturali e civili. DISPOSIZIONE GIURIDICA, questa da la FACOLTA’ DI DISPORE possibilità di alienare, donare… il bene, e questo realizza il: VALORE DI SCAMBIO. - PIENEZZA: si realizza quando la disposizione e la facoltà di godere stanno in capo ad un

unico soggetto. Si dice nudo proprietario quando il godimento del bene è in capo ad una terza persona, proprio per questo il diritto di proprietà viene definito elastico.

- ESCLUSIVITA’: il proprietario ha il diritto di escludere le altre persone dal godimento del bene.

- L’articolo 832 definisce anche i limiti alla facoltà di godere e di disporre, questi sono gli atti di emulazione e la destinazione dei suoli.

OBBLIGHI DEL PROPRIETARIO ACCESSO AL FONDO TERRE INCOLTE: se il terreno risulta incolto per un lungo periodo senza motivo, i cittadini possono chiedere al comune un contratto forzato di affitto, che sì può ottenere con una sentenza.

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LA PROPRIETA’ IMMOBILIARE. La proprietà immobiliare (840-921 c.c.) si classifica in due categorie, quella edilizia (terreni e edifici in zone urbane) e agraria. Essa è caratterizzata anche da determinati limiti fisici. VERTICALE: il proprietario non può opporsi ad attività che avvengono a tale profondità o a tale altezza da non nuocere ESTENSIONE l’oggetto del suo diritto. ORIZZONTALE; in questo senso la proprietà si estende fino ai confini. Il proprietario può opporsi all’entrata di estranei, ma con qualche eccezione: se si rifugia un animale o viene smarrito un bene il proprietario del fondo deve restituirlo o in caso contrario, permettere al possessore del bene smarrito di accedere al suo fondo. Anche i cacciatori possono accedere liberamente al fondo, ovviamente se fa dei danni devono essere risarciti. Nel caso nel quale ci sia un edificio confinante ad un altro fondo e se lo spazio non è sufficiente per le opere di manutenzione, quindi si è obbligati ad accedere sul fondo confinante, il proprietario deve accettare l’accesso al suo fondo, ovviamente i danni devono essere risarciti. LIMITI NELL’INTERESSE ESPROPRIO per pubblica utilità. PUBBLICO REQUISIZIONE: avviene in caso di calamità o emergenze, abbiamo la requisizione in uso per esempio gli alberghi. La requisizione in proprietà si ha per i camper, i camion questi beni una volta requisiti non saranno più restituiti, ovviamente ci sarà un giusto indennizzo. OCCUPAZIONE, in molti casi è il primo passo per l’esproprio, perché lo stato ci risparmia. SERVITU’ PUBBLICHE: sono quelle aree destinate per ragioni di segretezza o di sicurezza a dei vincoli, per esempio non si può edificare oltre a una certa altezza. LE AREE NON EDIFICABILI, è dove non si può edificare perché sono state destinate, nell’interesse della collettività, ad altro uso.

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LIMITI NELL’INTERESSE ATTI DI EMULAZIONE (833 c.c.): sono delle DEI PRIVATI molestie o delle turbative le quali recano danno. Le molestie o le turbative non devono essere utili a chi le pone in essere. RAPPORTI DI VICINATO: sono tutte quelle regole che sono destinate a tentare di ridurre i conflitti di vicinato. IMMISSIONI (844 c.c.): sono tutti quei odori, DISTANZE. rumori, esclamazioni e vibrazioni. Esiste un Tra gli edifici ci deve essere una distanza concetto di normale tollerabilità e se le minima di 3m. immissioni rientrano in questo, sono regolari. Quando si va a progettare si deve tenere Ma questo concetto dipende dal luogo e dalla conto del P.R.G. e quindi si deve seguire il priorità nell’uso abitativo, cioè da chi è regolamento, invece il c.c. dice solo la andato ad abitare per primo, dalle esigenze distanza da edificio a edificio. Si va a tenendo sempre conto che il diritto alla vedere prima il regolamento perché già di salute è preminente. per sé rispetta il c.c., anzi è più restrittivo. Se si costruisce il muro in appoggio, il proprietario per poterlo costruire deve chiedere il permesso e ovviamente il consenso dell’altro proprietario, quindi il muro maestro viene condiviso e il secondo proprietario (quello che ha costruito l’abitazione in appoggio) deve risarcire il valore di metà muro e il valore di stima del terreno occupato. Se si costruisce in aderenza, il proprietario deve chiedere il permesso e il consenso del proprietario dell’altra casa, in questo caso il primo deve pagare i danni dell’aderenza al secondo proprietario. I muri di cinta se sono più alti di 3m sono considerati vere e proprie costruzioni. Per quanto concerne i tombini e le tubazioni esse devono distare dal confine quanto minimo un metro. Gli alberi ad alto fusto (pioppi, pini, cedri…) devono essere tenuti almeno 3m di distanza dal confine, per determinare la distanza di un albero dal confine ci si riferisce dal punto centrale del tronco. Gli alberi a basso fusto devono essere tenuti almeno 1,5m dal confine e 50cm per le siepi, gli alberi a distanza non regolamentare possono essere usucapiti dopo vent’anni, nel silenzio degli altri proprietari confinanti. Le luci lasciano passare l’aria e ovviamente la luce, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino, la luci vanno sistemate nel caso esse siano al piano terra, come minimo a 2,5m dal pavimento, invece al primo piano a 2m. Le vedute (balconi, finestre) permettono di affacciarsi sul fondo del vicino, se la veduta è diretta essa deve essere almeno a 1,5m dal confine, se la veduta è obliqua può essere a 75cm dal confine. Nel caso in cui la finestra abbia un terrazzino la misura va riferita al puto più esterno di questo. Se uno o più alberi si trovano sul confine si prevede la comproprietà di questi. Nel caso in cui ci sia un muro sul confine, i problemi sorgono quando le opere di manutenzione sono economicamente impegnative, in questo caso la legge enuncia che il muro è in comproprietà e le spese per la manutenzione vanno divise in maniera equa tra i proprietari. In caso contrario bisogna dimostrare la non proprietà del muro, per esempio se il muro ha uno spiovente è di proprietà del proprietario del fondo dove sono raccolte le acque, per il principio dello stillicidio. Oppure si deve dimostrare la presenza di mensole o altri accessori a solo uso dell’altro proprietario. I fossi devono essere scavati a una distanza dal confine pari alla loro profondità: questa è la distanza minima. Se un fosso si trova sul confine si presume la comproprietà di esso, quindi la spese di manutenzione vanno divise in due, questo può essere evitato solo quando si dimostra che il fosso è utilizzato solo da un proprietario, oppure si può dimostrare la

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presenza di spurgo depositato da più di 3 anni sulla proprietà del vicino e quindi il fosso è di sua proprietà. � Il concetto di stillicidio (c.c. 908) stabilisce che le acque meteoriche che cadono da un

tetto devono andare sul terreno del proprietario del tetto. ACQUISTO DELLA PROPRIETA’. Una proprietà si acquista a titolo derivativo, quando c’è una persona che vi trasferisce la proprietà, questo trasferimento può essere per mortis causas o inter vivas, nel primo caso tramite un testamento o una successione stabilita dalla legge, invece nel secondo caso tramite un contratto di compravendita. I modi d’acquisto a titolo originario sono elencati qui di seguito. - OCCUPAZIONE: è l’atto di impossessarsi di cose mobili che non appartengono a nessuno,

con l’intenzione di farle proprie (il giornale abbandonato sulla panchina è un bene mobile abbandonato chiaramente).

- INVENZIONE: questo è un istituto giuridico che serve per chiedere il possesso di un oggetto smarrito, se il bene ha un valore economico abbastanza elevato il ritrovatore ha diritto a una ricompensa, stimata come una percentuale del valore del bene ritrovato. Chi ritrova un bene smarrito deve andare nel comune dove è avvenuto il ritrovamento, se trascorre un anno la proprietà del bene si trasferisce al ritrovatore. Per ritrovamento di tesoro (c.c. 932) si intende cose mobili di pregio di cui nessuno può provare di esserne proprietario. Nel caso in cui il ritrovatore del tesoro è anche il proprietario del fondo, dove è avvenuto il ritrovamento, è di sua proprietà. Se invece il tesoro viene ritrovato da una terza persona su un fondo altrui, si divide in due il valore del tesoro tra il proprietario del fondo e l’altra persona. Se la terza persona è stata assoldata per ritrovarlo, esso ha diritto solo al compenso pattuito. Se durante uno scavo vengono ritrovati dei beni di elevato interesse culturale, prima di tutto si deve bloccare i lavori e denunciare il ritrovamento, successivamente la soprintendenza delle belle arti verrà a fare un sopralluogo. Nel caso di beni storici importanti, l’area può essere espropriata.

- ACCESSIONE: essa si verifica quando il proprietario di una cosa considerata principale, diventa proprietario anche di un’altra cosa considerata accessoria. Ecco la sua classificazione.

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ACCESSIONE NATURALE AVULSIONE: essa avviene quando c’è un distacco di una notevole quantità di fondo dovuto all’azione erosiva dell’acqua, in questo caso la parte del fondo staccata deve essere chiaramente riconoscibile. Il proprietario del fondo danneggiato ha diritto a un risarcimento dal proprietario dell’altro fondo. ALLUVIONE: può capitare che la superficie del fondo venga incrementata dopo un tale evento, in questo caso la parte del fondo che è venuta ad aggiungersi, diventa di proprietà del proprietario del fondo principale ALVEO ABBANDONATO: nel caso in cui il fiume cambi percorso naturalmente, i proprietari dei fondi occupati non hanno diritto a nessun indennizzo, per quanto

riguarda l’alveo abbandonato dev’essere diviso in parti uguali tra

i proprietari dei fondi adiacenti. ARTIFICIALE ALVEO ABBANDONATO ARTIFICIALMENTE: in questo caso i proprietari dei fondi occupati hanno diritto a un risarcimento, per quanto concerne l’alveo abbandonato si veda il caso precedente. - L’UNIONE O COMMISTIONE: accade quando cose mobili appartenenti a diversi

proprietari, vengono unite per formare una cosa unica (per esempio si sofisticano diversi vini per ottenere dei gusti particolari, in questo caso la proprietà del bene è di chi ha messo il vino più pregiato, oppure se i vini hanno un valore economico simile c’è la comproprietà).

- SPECIFICAZIONE: consiste nella creazione di una cosa nuova da nuovi materiali appartenenti ad altri proprietari. La proprietà del bene è in relazione al valore del materiale usato e al valore del lavoro.

LA DIFESA DELLA PROPRIETA’. La difesa della proprietà può avvenire sia in sede civile sia in sede penale. In sede civile la proprietà viene difesa con le azioni petitorie. - L’azione di rivendica avviene quando il proprietario agisce in giudizio per rivendicare

la proprietà di una cosa da chi ne ha l’illegittima disponibilità. In questo caso si distinguono l’attore cioè colui che agisce in giudizio, il convenuto che è il soggetto chiamato in giudizio. L’attore deve dimostrare di essere il proprietario; questa azione di rivendica non si prescrive mai. Questa azione giudiziaria è difficile da espedire e per cui viene detta probatium diabolica. Per provare la proprietà il giudice deve risalire a un acquisto a titolo originario della proprietà.

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- L’azione negatoria sia ha quando il proprietario agisce nei confronti di chi vuole esercitare dei diritti sul suo bene, oppure delle molestie e\o turbative. Si deve avere una sentenza che inibisce la pretesa di qualche diritto da parete terza, in questo caso bisogna dimostrare solo la proprietà.

- L’azione di regolamento dei confini si ha quando non esiste il confine, i proprietari possono portare tutte le prove ritenute importanti, se no come soluzione finale si va a guardare le mappe catastali.

- L’azione di opposizione di termini si ha quando ci sono delle liti per quanto riguarda i muri, le recinzioni e le relative spese di manutenzione.

Le ultime due azioni petitorie riguardano soprattutto la proprietà fonderia. I DIRITTI REALI. Il proprietario rispetto al suo bene posseduto ha la facoltà di godere e di disporre, avvalendosi di quest’ultima possibilità può far godere a terzi il proprio bene, costituendo: - diritto reale di natura personale (affitto, locazione, comodato che è una locazione

gratuita); - diritto reale di godimento, cioè un diritto che può far valere nei confronti di tutti e

questi sono la superficie, l’usufrutto le servitù prediali… I diritti reali di godimento su cosa altrui si acquistano per volontà dell’uomo oppure per un piano di legge, infatti per i fondi interclusi viene prevista una servitù di passaggio coattiva. Si può acquistare un diritto reale per usucapione, cioè per un prolungato uso di una cosa. Un diritto reale di godimento su cosa altrui può estinguersi per la scadenza del contratto, per la rinuncia del titolare o per prescrizione, infatti se per vent’anni esso non viene usato lo si perde. Si può perdere un diritto reale di godimento anche per confusione, infatti non ha senso che un proprietario di un bene sia titolare di un diritto di godimento sullo stesso bene. Qui di seguito vengono elencati i caratteri dei diritti reali di godimento su cosa altrui. - Diritto di seguito o sequela, significa che il diritto segue la cosa e non il proprietario,

in altre parole è indipendente dai proprietari, infatti il diritto è opponibile a tutti i proprietari successivi.

- Difesa assoluta: il diritto può essere fatto valere nei confronti di tutti. - Tipici: i diritti reali di godimento sono solo quelli stabiliti dall’ordinamento giuridico,

questo per tutelare la proprietà. - Durata: i diritti possono essere temporanei (usufrutto, uso e abitazione), mentre tutti

gli altri possono essere perpetui. LA SUPERFICIE (art. 952 e seguenti). La superficie è il diritto di fare e di mantenere una costruzione o una casa al di sopra o al di sotto di un fondo altrui. In questa situazione giuridica ci sono tre diritti: la proprietà del fondo, il diritto di superficie e il diritto di proprietà su quello che è stato costruito, al di sopra o al di sotto del fondo. Quando viene istituita una superficie, viene ad inibirsi l’acquisto a titolo originario cioè l’accessione, e questa rimane inibita finche non decade il diritto di superficie. Il diritto di superficie può essere perpetuo o a 66-99 anni. Il proprietario del fondo (concedente) ha diritto a un corrispettivo, ed a un aumento del valore di stima del suo terreno. Il superficiaio ha il vantaggio di costruire a un minore costo. Questo diritto reale viene molto usato dai giornalai e dalle stazioni balneari.

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ENFITEUSI (art 959 e seguenti). Oggi l’enfiteusi è poco usata o addirittura scomparsa. L’enfiteusi è un diritto di estensione molto ampia, in quanto conferisce al titolare enfiteuta gli stessi diritti del proprietario, ma con degli obblighi cioè quello di migliorare il fondo e pagare un corrispettivo annuo al proprietario. Negli ultimi tempi è stato modificato giuridicamente l’enfiteusi. Qui di seguito elenchiamo un diritto sfacciatamente a favore dell’enfiteuta. - Diritto di affrancazione: l’enfiteuta può chiedere la proprietà del bene dando un

corrispettivo pari a 15 annualità. Il proprietario non può rifiutare, l’enfiteusi deve durare come minimo vent’anni. Il proprietario può riavere la disponibilità materiale del fondo solo se dimostra che il cannone annuo non viene pagato da due anni oppure può dimostrare che il suo fondo non è stato migliorato. Quindi con una sentenza può chiedere la devoluzione, ma l’enfiteuta come ultima possibilità può chiedere l’affrancazione.

USUFRUTTO (art. 981 e seguenti). È il diritto di godere una cosa altrui, ma con l’obbligo di non modificarne la destinazione economica. L’usufrutto è sempre temporaneo cioè limitato nel tempo. Se l’usufrutto è a favore di una persona fisica possiamo avere due situazioni, o nel contratto è posta una scadenza (10-20 anni), oppure se non è posta il diritto si estingue assieme alla persona fisica. Se una persona fisica muore prima del termine stabilito, il contratto si estingue lo stesso. Se il contratto è a favore di una persona giuridica, in questo caso la durata deve essere inferiore ai trent’anni. Il diritto di usufrutto è temporaneo per far sì che non gravi troppo sulla proprietà. L’usufrutto si può costituire con un contratto nel caso di intervivas, oppure in mortis causas per testamento, si può costituire per disposizione di legge. Se un minore riceve un bene in proprietà, l’usufrutto di questa viene data di solito ai genitori o a un ente, questo è denominato usufrutto legale, questo tipo di usufrutto viene usato anche per gli interdetti. Il primo diritto che ha l’usufruttuario è il possesso e poi quello di far suoi tutti i frutti civili e naturali che derivano dalla cosa. L’usufruttuario può trasferire ad altri il godimento del bene attraverso un contratto di affitto, questo dura finche dura l’usufrutto. L’usufruttuario ha l’obbligo di restituire il bene con la stessa destinazione economica, mentre il proprietario ha l’obbligo di fare un inventario per specificare quello che ha dato in usufrutto. Il terzo obbligo (non è un vero e proprio obbligo, deve essere chiesto da parte del proprietario) riguarda il pagamento di una somma di denaro da parte dell’usufruttuario come garanzia al proprietario. Il quarto obbligo è di mantenere una diligenza media, nell’uso del bene da parte dell’usufruttuario (diligenza del buon padre di famiglia). QUASI USUFRUTTO (art. 995). Questa è una forma particolare di usufrutto in quanto ha per oggetto cose consumabili (denaro, combustibili, derrate alimentari). Alla scadenza dell’usufrutto, l’usufruttuario deve restituire la stessa cosa nella stessa quantità, se non è possibile il valore in denaro della cosa. USO E ABITAZIONE ( art. 1021 e seguenti). Alcuni li considerano una forma particolare di usufrutto limitato, sono dei diritti molto personali. L’uso consiste nel godere una cosa altrui, se questa è fruttifera anche di raccogliere i frutti (1021 c.c.). L’uso e l’abitazione sono dei diritti limitati, ma sono trasferibili a terzi, se la cosa da dei frutti essi sono limitati nel loro godimento ai bisogni, il soprappiù

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deve essere restituito al proprietario. L’abitazione da diritto di abitare una casa limitatamente ai suoi bisogni e quelli della sua famiglia. SERVITU’ PREDIALI (art. 1027 e seguenti). Le servitù prediali consistono in un peso su un fondo detto servente da parte di un altro fondo detto dominante. Ecco qui di seguito elencate le tre principali caratteristiche peculiari. - Predialità: la limitazione deve essere a favore del fondo dominante e non deve essere

legata ai vantaggi del proprietario de fondo dominante, anche se indirettamente avrà un vantaggio.

- Realità: ad ogni passaggio di proprietà la servitù si trasferisce, sia nella parte attiva che nella parte passiva, quindi a vantaggio e a svantaggio di tutti i possibili proprietari.

- La servitù non può mai consistere in un fare. La servitù può consistere quando non c’è un fare, oppure possono avere per oggetto un sopportare.

Le servitù possono essere di diversi tipi. - Continue: sono quelle servitù dove non è necessaria l’attività dell’uomo. - Discontinue: sono quelle servitù dove è necessaria l’attività dell’uomo (per esempio le

servitù di passaggio). - Apparenti: sono le servitù che si vedono (strade). - Non apparenti: sono le servitù che non si vedono (acquedotti). - Affermative: che permettono lo svolgersi di una attività. - Negative: impongono di astenersi da una determinata attività. Le servitù si possono costituire tramite un provvedimento amministrativo e queste sono le servitù cooative (piani regolatori), certe servitù nascono con una sentenza. Le servitù volontarie nascono per contratto, che deve essere sempre fatto per iscritto e deve essere trascritto presso il registro pubblico dei beni mobili immobili. Le servitù possono nascere anche per testamento o per usucapione (acquisto a titolo originario). Una servitù prediale si può estinguere per confusione o no è stata usata per vent’anni (questo caso riguarda le servitù discontinue), o per esproprio da parte dello stato o da altro ente privato autorizzato. La servitù si può estinguere anche per rinuncia o per perimento (alluvione, terremoto). COMUNIONE. C’è comunione quando più parti sono contitolari de medesimo diritto. Il nostro codice civile va a disciplinare la comproprietà, i brevetti o i diritti d’autore. Ogni comunione si esprime con delle quote, questa determina la misura di partecipazione. Esistono tre tipi di comunione. - La comunione inacidentale si origina in circostanze fortuite (testamento), ed essa può

rimanere integra per un massimo di dieci anni. - La comunione forzosa viene imposta dalla legge (per esempio nel condominio). Ogni comproprietario può disporre della cosa, la sua quota può alienarla, donarla o impotecarla, purché non ci sia una clausola nel contratto che vieti tale disposizione. Lo scioglimento della comunione volontaria è sempre possibile, per quanto riguarda quella inacidentale lo abbiamo già visto, invece quella forzosa non può mai essere sciolta (con qualche eccezione). L’obbligo per i comproprietari è di affrontare le spese in relazione alla loro quota di partecipazione: se un comproprietario si trova impossibilitato ad affrontare le spese deve cedere la quota. L’amministrazione si divide in tre tipi: 1. Ordinaria amministrazione essa serve per mantenere il valore di stima eguale, per

questi atti serve solamente la maggioranza.

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2. Per gli atti di straordinaria amministrazione ci vuole una doppia maggioranza sia di persone che di quota.

3. Atti di disponibilità (donare, alienare), in questo caso ci vuole il consenso di tutti i comproprietari.

Lo scioglimento della comunione può avvenire in due modi: può essere amichevole o giudiziale (non si trova nessun accordo tra i proprietari). La divisione può essere materiale e questo può succedere quando il bene da diviso non perde la destinazione d’uso. La divisione può avvenire attraverso la vendita, successivamente si divide il ricavato tra i comproprietari; lo scioglimento della comunione può avvenire anche con l’assegnazione in proprietà: un comproprietario diventa proprietario del bene e liquida gli altri. CONDOMINIO. Il condominio di edifici è una forma particolare di comunione, che rincorre nei fabbricati formati da più unità immobiliari. Nel condominio troviamo due situazione giuridiche diverse: - La proprietà esclusiva cade su determinati m2 che appartengono al proprietario. - Poi abbiamo la comunione in proprietà (forzosa), per esempio le scale, gli

ascensori…(non sempre). In condominio i limiti di tollerabilità sono piuttosto bassi, quindi si può godere e disporre del proprio bene, ma nel rispetto degli altri. Se si vende la proprietà si vende automaticamente le parti in comune, e tutte le spese deliberate dall’assemblea vanno pagate (dipende). Il valore dell’immobile viene stabilito convenzionalmente eguale a mille, e i millesimi vengono stabiliti riferendosi a diversi indici, questi sono le superfici, la cubatura, l’altezza del piano e il prospetto. Il regolamento di condominio è obbligatorio per legge, quando ci sono più di dieci unità immobiliari. C’è il regolamento assembleare che può derogare a determinate leggi, poi c’è il regolamento contrattuale, esso viene stabilito dal costruttore dell’edificio, il regolamento contrattuale viene applicato quando il condominio ha una certa importanza. Si fa per stabilire il valore dell’immobile e quindi è più facile vendere. Nel condominio è presente l’organo deliberativo che è formato da tutti i condomini. La prima importante mansione di questo organo è di approvare il bilancio preventivo, consultivo e fissare il compenso all’amministratore. La convocazione dell’assemblea deve essere fatta dall’amministratore, che deve inviare ai condomini una raccomandata con ricevuta di ritorno (per avere la certezza), almeno cinque giorni prima, indicando il giorno, l’ora e l’ordine del giorno, che deve essere dettagliato. C’è una prima convocazione e se essa va “deserta” cioè non ci sono i 2/3 dei millesimi, la legge enuncia che entro dieci giorni si deve fare la seconda convocazione con 1/3 dei millesimi come minimo. In realtà le due convocazioni si fanno a distanza temporale ravvicinata, così ci sono meno spese. IL POSSESSO (art. 1140 e seguenti). Mentre la proprietà è una situazione di diritto, il possesso è una situazione di fatto, cioè è il comportarsi di un soggetto nei confronti di un determinato bene come se lui fosse il proprietario, anche se in realtà lui non lo è. Si parla di quasi possesso quando questo soggetto pensa di trovarsi nella situazione di chi ha dei diritti reali di godimento su cosa altrui. La situazione giuridica del possesso, si ha solo rispetto al diritto di proprietà e ai diritti reali di godimento su cosa altrui. Gli elementi peculiari del possesso sono due: 1. Il corpus possessionis è l’elemento oggettivo o il comportamento materiale, si esprime

con il comportarsi come il proprietario. 2. L’animus possedendi è l’elemento soggettivo, si esprime con la volontà di esercitare i

poteri propri del proprietario.

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Nella detenzione abbiamo lo stesso corpus del possesso ma cambia l’animus: 1. L’animus detinendi si manifesta quando il soggetto sa che il proprietario del bene è

un terzo. Se un soggetto dimostra di avere il corpus si presume che abbia anche l’animus, sempre che non ci sia un terzo che dimostra il contrario. Quindi esiste una presunzione generale di possesso. Abbiamo anche la presunzione di possesso intermedio (1142 c.c.), questo accade quando un soggetto dimostra di avere avuto il possesso in un determinato periodo passato, ed ha attualmente il possesso, si presume che abbia avuto il possesso del bene anche nel periodo intermedio. Il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore (1143 c.c.), deve essere provato. Solo in due casi la detenzione si può tramutare in possesso. - Causa proveniente da un terzo, cioè c’è una terza persona che vi trasferisce un bene

del quale però non è proprietario. - Opposizione del detentore, questa situazione si ha quando il detentore che aspetta

un credito da parte del proprietario (è un esempio), comunica a quest ultimo di tenere il bene per nome e per conto proprio.

SUCCESSIONE DEL POSSESSO (art. 1146). Il possesso può essere trasferito agli eredi, distinguiamo: - Successione del possesso, questo accade quando alla morte del possessore il

possesso continua negli eredi, allo stesso modo con gli stessi caratteri. - Accessione del possesso, questo accade solo se gli eredi ne fanno domanda, i tempi

del possesso essere sommati tra il de curios e gli eredi. POSSESSORI IN MALA E IN BUONA FEDE (art. 1147). Distinguiamo due tipi di possessori. - Possessore in mala fede: deve restituire il bene al proprietario, i frutti civili o naturali

da quando è iniziato il possesso, e i frutti percipiendi se avesse usato la diligenza del buon padre di famiglia. le addizioni devono essere tolte, le migliorie devono essere risarcite con la minima somma tra le spese e l’incremento del valore del terreno.

- Possessore in buona fede: deve restituire il bene, deve restituire i frutti civili e naturali dal momento della richiesta di restituzione, i frutti devono essere percepiti e percipiendi. Le addizioni e le migliorie devono essere risarcite.

� POSSESSO VALE TITOLO: per acquisire la proprietà di un bene mobile ci vuole il possesso, la buona fede al momento dell’acquisto e il titolo astrattamente idoneo al trasferimento del bene.

AZIONI A DIFESA DEL POSSESSO. Esistono vari tipi di azioni a difesa del possesso, queste azioni sono destinate a difendere il possesso nell’immediato ma soccombono davanti alla richiesta di proprietà da parte del proprietario. Il giudice si basa sulla semplice notorietà del possesso, ed emette la sentenza. - Azione di reintegrazione o spoglio, questa azione deve avvenire entro un anno

dall’avvenuto spoglio violento o clandestino, questa azione può essere fatta dal possessore o dal proprietario. Il giudice ordina la reintegrazione, riferendosi alla denuncia dell’avvenuto furto subito e sulla notorietà del possesso precedente.

- Azione di manutenzione, essa tutela il possessore che ne fa richiesta, dalle molestie e dalle turbative sia di fatto che di diritto. I beni interessati dal possesso devono essere immobili o universalità di beni immobili. Il possesso deve essere stato esercitato da più

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di un anno senza interruzioni, il possesso del bene deve essere stato preso senza violenza. Il giudice emana una sentenza in base alla notorietà.

AZIONI DI ANNUNCIAZIONE. - Denuncia di nuova opera: il proprietario o il titolare di un altro diritto reale, deve

denunciare che da una nuova opera teme che possa derivare un grave danno al bene oggetto del suo diritto. Per presentare la denuncia di nuova opera non deve passare più di un anno e l’opera non deve essere ultimata.

- Denuncia di danno temuto: il titolare di un diritto reale deve denunciare un danno temuto, che deve essere prossimo e grave.

USUCAPIONE (art. 1158 e seguenti). È un acquisto a titolo originario del diritto di proprietà. È un mezzo in virtù del quale per effetto del possesso protratto per un certo periodo, più certi requisiti, il soggetto diviene proprietario del bene o titolare di un diritto reale di godimento. Ci sono due modi per usucapire. - Ordinaria: per usucapire in maniera ordinaria ci vuole il possesso continuo e non

interrotto, non deve essere stato ne violento né clandestino e poi il tempo. Se si tratta di un bene immobile o universalità di beni immobili ci vuole 20 anni, per quanto riguarda i beni mobili registrati ci vogliono 10 anni.

- Abbreviata: per usucapire in modo abbreviato ci vogliono altri requisiti, la buna fede al momento dell’acquisto del bene cioè l’ignoranza di ledere qualche altro diritto. Un titolo astrattamente idoneo al passaggio di proprietà ( è astrattamente idoneo perché chi ha trasferito la proprietà, non era proprietario, infatti non si può trasferire più diritti di quelli che realmente si hanno). La trascrizione del titolo nel registro dei beni immobili e il parte dal momento della trascrizione. Poi ci sono tutti gli altri requisiti già elencati per l’usucapione ordinario. I tempi sono di 10 anni per i beni immobili e le universalità e 3 anni per i beni immobili registrati.

OBBLIGAZIONI (art. 1173 e seguenti). Le persone fisiche possono avere dei diritti sulle cose, ma possono avere dei diritti anche su altre persone fisiche. Per godere di un diritto reale molto spesso bisogna concludere delle obbligazioni, ed è un rapporto giuridico per effetto del quale una parte (debitore) è obbligata a tenere un determinato comportamento (prestazione) nei confronti dell’altro (creditore). L’obbligazione ha sempre per oggetto una prestazione. L’obbligazione può essere vista anche come dei diritti di credito che hanno per oggetto una prestazione, sono relativi, in quanto il titolare ha una difesa relativa. Il debitore è il soggetto passivo, che deve tenere un determinato comportamento (prestazione), dall’altra parte abbiamo il creditore che è avvantaggiato da questo comportamento. La prestazione può consistere in un fare, in un dare o in un non fare. Per quanto concerne le prestazioni di un non fare, c’è né solo una, quello di non fare concorrenza sleale. La prestazione deve essere lecita, determinata o determinabile, possibile e suscettibile di valutazione economica. Deve essere possibile sia nel senso giuridico in altre parole deve essere lecita (non va contro alle norme imperative e di bun costume), che materiale. La prestazione deve essere oggetto di stima. C’è l’obbligo alla correttezza, infatti per quanto concerne il creditore non deve ostacolare l’adempimento, anzi deve facilitarlo, per quanto riguarda il debitore ha l’obbligo di ottenere la massima soddisfazione da parte del creditore.

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OBBLIGAZIONI NATURALI. Sono dei doveri di carattere sociale e morale e per questo sono privi di rilevanza giuridica. OBBLIGAZIONI PARZIARIE E SOLIDALI. La parziarietà si verifica quando ci sono più soggetti da parte passiva o da parte attiva. In questo caso il debito deve essere pagato in parti uguali (dipende) tra i soggetti e viceversa. Quando da una delle due parti c’è una persona giuridica (società), siamo di fronte a una obbligazione solidale, infatti il creditore (o il debitore) si può rivolgere in modo indifferente ai soci, in quanto questi devono rispondere in modo solidale. Le obbligazioni possono essere indivisibili o divisibili. Alla prima categoria appartengono tutte quelle obbligazioni che hanno per oggetto un bene, che la divisione comporta un cambiamento della destinazione economica; alla seconda categoria appartengono tutte le altre obbligazioni. Le obbligazioni possono essere specifiche o generiche, per quanto riguarda le prime non può mai essere sollevata l’impossibilità dell’adempimento. Le obbligazioni specifiche sono quelle che hanno per oggetto beni unici nel loro genere, in altre parole infungibili. Le fonti delle obbligazioni sono varie, i più usati sono i contratti, i fatti illeciti (art. 2043 c.c.), oppure qualsiasi atto idoneo a creare una obbligazione, come la promessa al pubblico. ADEMPIMENTO DI UNA OBBLIGAZIONE. L’adempimento di una obbligazione consiste nella esatta esecuzione della prestazione. L’adempimento è un atto dovuto del debitore, può adempiere anche un terzo. Il creditore può dichiarare di non volere l’adempimento da una terza persona soltanto in due casi, quando c’è un particolare interesse da parte del creditore, oppure quando il debitore ha comunicato per iscritto al creditore di volere adempiere lui. Le modalità di adempimento sono due: se la prestazione è di un certo tipo basta la diligenza media, oppure ci vuole la diligenza professionale. La dazione in pagamento è un modo di adempiere, che si verifica quando si accetta una cosa diversa da quella pattuita precedentemente. Il luogo per l’adempimento viene deciso dalle parti, se non si individua un luogo, esso coincide con il luogo dove è nata la prestazione. Per quanto concerne le obbligazioni pecuniarie, l’adempimento avviene a domicilio del creditore. Ricordiamo che il luogo dipende anche dal tipo di obbligazione. Nel contratto ci può essere scritto “a favore del debitore”, “a favore del creditore” o “a favore di entrambi”, in quest ultimo caso deve essere fissata una data per l’adempimento. Quando è a favore del debitore viene sempre fissata una data, ma il debitore può adempiere prima del tempo pattuito. Se il contratto è a favore del creditore esso può pretendere la prestazione prima del tempo. Le obbligazioni pecuniarie hanno per oggetto una somma di denaro, per queste vale il principio nominalistico cioè il debitore deve ridare la somma di denaro uguale identica a quella ricevuta, infatti gli interessi sono delle obbligazioni accessorie. Per quanto riguarda l’ancoraggio di una somma di denaro, si deve ancorarla a una forte valuta o all’oro, questo per far in modo che il denaro venga restituito con lo stesso potere d’acquisto. L’inadempimento significa il non eseguire la prestazione, ed esso può essere assoluto o relativo. Quando il debitore è inadempiente si può metterlo in mora, per fare questo ci vuole un atto scritto, questo non serve nel caso in cui l’obbligazione è derivante da atto illecito, il debitore ha già dichiarato per iscritto di non voler adempiere oppure quando si tratta di una obbligazione che deve essere fatta a domicilio del creditore. Gli effetti della mora sono gli interessi moratori, il risarcimento danni e infine il passaggio del rischio. Il passaggio del rischio consiste che se anche il debitore dimostra di non avere né colpa né dolo nell’inadempiere l’obbligazione, lui sarà sempre responsabile, quindi deve risarcire lo stesso

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il valore del bene al creditore. C’è solo un modo per non rispondere al danno, quello di dimostrare che il bene sarebbe perito ugualmente nelle mani del creditore. L’impossibilità sopravvenuta si ha con l’impossibilità di adempiere e con la non imputabilità. L’impossibilità si ha quando chiunque trovandosi in quella determinata situazione non avrebbe potuto adempiere nel senso soggettivo, nel senso oggettivo è difficile determinare l’impossibilità. Non si ha l’imputabilità solo quando non c’è né dolo né colpa. Il dolo si ha quando si agisce volontariamente. La colpa si ha per imprudenza (mancanza di attenzione nell’adempiere), imperizia (mancanza di conoscenze) e negligenza (mancanza di diligenza e di cura). Un individuo può rispondere anche se non ha colpa né dolo solo nei seguenti casi: - Responsabilità oggettiva o senza colpa, se il bene era generico come il denaro,

l’obbligazione deve essere adempiuta. - Obbligo di detenzione o di custodia, questo si verifica nel caso delle banche, che

devono sempre e comunque adempiere (per esempio succede un furto). - Obbligo degli ausiliari, un imprenditore o il responsabile dei dipendenti, devono

sempre rispondere per tutti loro. DANNO. Il risarcimento del danno consiste in una somma di denaro, questa va a “coprire” due sottocategorie di danno: - Danno emergente che consiste nella perdita subita. - Lucro cessante che consiste nel mancato guadagno derivante dal danno. Per risarcire un danno si può fare un risarcimento danni in forma specifica, come il ripristino dei luoghi (abbattere una casa che non rispetta le distanze). Il creditore è in mora quando non mette in condizione di potere adempiere il debitore. Il debitore deve fare l’offerta formale, che può essere fatta in modo reale o per intimazione. Gli effetti della mora sono che il debitore non è più responsabile, quindi nessun interesse, niente risarcimento danni e niente rischio, il debitore che mette in mora il creditore può chiedere i danni per le spese subite. DIRITTI REALI DI GARANZIA SU COSE ALTRUI. I diritti reali di garanzia su cose altrui sono due, il pegno e l’ipoteca, essi hanno la funzione di vincolare un determinato bene a garanzia di un credito. Come tutti i diritti reali sono immediati (non c’è bisogno della collaborazione di nessuno), assoluti e godono del diritto di sequela (seguono il bene e non il proprietario), ed infine abbiamo il diritto di prelazione (in caso di mancato adempimento la banca mette all’asta il bene). Se si estingue l’obbligazione gratuita si estingue la stessa garanzia, questa proprietà viene denominata accessorietà. Il pegno e l’ipoteca devono essere su beni ben determinati, questa caratteristica viene chiamata specialità. Il pegno e l’ipoteca sono indivisibili, infatti devono cadere su tutto il bene, nella sua interezza. PEGNO (art. 2784 c.c e seguenti). Il pegno è costituito a garanzia dell’obbligazione, dal debitore o da un terzo per il debitore. Il pegno ha per oggetto beni mobili non registrati, crediti e le universalità di beni mobili. La costituzione di un pegno avviene attraverso un contratto scritto di tipo reale. Il possesso del bene dato in pegno passa al creditore, esso è obbligato a custodire la cosa con la diligenza media e non può usare il bene, quando il denaro viene restituito il creditore deve restituire la cosa al debitore. Se il denaro non viene restituito il bene deve essere messo

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all’asta. Il creditore non può diventare proprietario del bene per non creare pregiudizio al debitore (art. 2744 c.c.), infatti il patto commissorio è nullo. Se il bene viene rubato, l’obbligo della custodia da la responsabilità oggettiva o senza colpa, per cui il creditore deve risarcire il valore del bene. IPOTECA (art. 2808 c.c. e seguenti). Viene concessa dal debitore su un bene ben determinato, come garanzia di un credito ben determinato. I beni ipotecati possono essere beni immobili con le pertinenze, o beni mobili registrati e i diritti reali di godimento come l’enfiteusi, l’usufrutto… Una ipoteca si costituisce con l’iscrizione ai pubblichi registri immobiliari, questo diritto viene ad esistere solo quando c’è l’iscrizione. Esiste il cosiddetto grado dell’ipoteca, esso indica in ordine cronologico le varie aperture delle ipoteche. L’indicazione del grado serve nel caso di mancato pagamento e da il diritto alla prelazione in modo prioritario. Le ipoteche possono essere legali cioè previste per legge (art. 2817 c.c.), possono essere giudiziali cioè quelle stabilite da una sentenza e in fine quelle volontarie quando c’è l’accordo tra le parti. Il diritto reale di ipoteca è imprescrittibile. Dopo venti anni bisogna chiedere la rinnovazione dell’ipoteca cioè l’iscrizione nel registro dei beni immobili se no si passa all’ultimo grado (mi sto riferendo ai creditori). Quando l’ipoteca si estingue si deve chiedere la cancellazione dell’iscrizione nel registro dei beni immobili. I CONTRATTI. Il contratto è un negozio giuridico che può essere bilaterale o plurilaterale (contratti tra società), ed è sempre di carattere patrimoniale. I contratti si distinguono a seconda di come si perfezionano: CONSENSUALE Sono la grande maggioranza, essi si perfezionano con il Consenso delle parti indipendentemente dalla consegna. REALE Sono soltanto tre: il comodato, il pegno e il mutuo, essi sì perfezionano con la cosa trasferita. I contratti a seconda degli effetti si dividono in: EFFETTI REALI Questi sono tutti i contratti nei quali si trasferisce una proprietà. EFFETTI PURAMENTE OBBLIGATORI Sono tutti quei contratti dai quali nascono delle obbligazioni. I contratti possono essere onerosi o gratuiti, i primi si hanno quando c’è un sacrificio da tutte e due le parti (compravendita), invece i secondi solo da una parte (donazione). I contratti sono delle manifestazioni di volontà fra due o più parti, atte a creare, modificare o estinguere situazioni giuridiche di natura patrimoniale. Il contratto è un negozio giuridico e può essere bilaterale o plurilaterale. I contratti si distinguono a seconda di come si perfezionano, in consensuali o reali (mutuo, comodato, pegno, deposito). I contratti consensuali sono la gran maggioranza, la differenza consiste nel fatto che i primi si perfezionano con il consenso delle parti indipendentemente dalla consegna, di contro i secondi si perfezionano con la cosa trasferita cioè con il tradizio rei. I contratti a seconda degli effetti si classificano in:

• effetti reali; • effetti puramente obbligatori.

I contratti ad effetti reali sono quelli che trasferiscono la proprietà, invece i contratti ad effetti puramente obbligatori sono quelli che danno luogo a delle obbligazioni, per esempio il deposito. I contratti gratuiti sono quei contratti dove solo una parte compie un sacrificio, di contro quelli onerosi è quando il sacrificio avviene da entrambi le parti.

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STRUTTURA DEL CONTRATTO. 1. ELEMENTI ESSENZIALI. 2. ELEMENTI ACCIDENTALI. 3. ELEMENTI NATURALI.

In un contratto ci possono essere questi tre elementi. Gli elementi naturali sono insiti nel contratto stesso, per esempio nel contratto di compravendita ci deve essere la mancanza di vizi e d’evizione, questi sono gli elementi naturali insiti in esso. Per vizi s’intende qualunque difetto che possa inficiarne la qualità, invece per evizione s’intende che il venditore deve garantire la sua proprietà sul bene trasferito. Gli elementi essenziali sono molto importanti, infatti, la mancanza di uno di questi pregiudica la validità del contratto. Prima di tutto ci deve essere l’accordo tra le parti, poi la causa deve essere lecita. Per quanto riguarda la prestazione, l’oggetto deve essere determinato o determinabile, poi abbiamo la forma che può essere tacita cioè determinata da comportamenti concludenti, espressa quando ci vuole l’atto scritto per esempio per l’acquisto di beni immobili. Esistono tre forme scritte: scrittura privata, scrittura privata autenticata e infine l’atto pubblico che è fatto tramite il notaio. Gli elementi accidentali sono la condizione che può essere sospensiva o risolutiva, il termine che può essere iniziale o finale e il modus od onere. Il modus od onere è un peso che grava sul bene donato, ovviamente l’onere deve essere proporzionato al valore economico del bene che un soggetto riceve. La condizione è un evento futuro ed incerto che al verificarsi di questa, il contratto cessa di dare i suoi effetti se la condizione è risolutiva, o inizierà a dare i sui effetti se la condizione è sospensiva. Il termine è un elemento accidentale certo, ed è individuato da un riferimento temporale (data) bene preciso. Nel contratto da una parte abbiamo una proposta e dall’altra parte un’accettazione, ma ci potrebbe essere anche una controproposta. Questo accade quando anche un solo elemento viene modificato. Affinché il contratto possa, però, ritenersi concluso, deve esserci l’esercizio da parte di un soggetto della facoltà d’accettazione. Questa deve essere inoltre conforme (uguale) alla proposta e tempestiva; dipende dall’uso e dalle consuetudini. L’opzione consiste nell’accordo fra le parti del contratto, con il quale una di esse si obbliga a mantenere ferma una proposta per un certo periodo di tempo; l’altra parte è libera di accettare o meno, ma comunque se accetta dovrà pagare per godere questo patto (art. 1.331). generalmente questo tipo di patto si applica nelle società, qualora si volessero investire nuovi capitali: i vecchi soci hanno diritto di essere informati per primi; qualora la proposta non sia di loro interesse, anche dopo aver mantenuto bloccato l’offerta d’azioni per un certo periodo, subentrano le banche e il mercato. Il diritto di prelazione è il diritto di essere preferiti rispetto agli altri nell’eventuale conclusione di un contratto, di questo diritto godono gli inquilini. Se il proprietario decidesse di vendere, dovrà informare gli inquilini attraverso un atto scritto (raccomandata con ricevuta di ritorno), qualunque sia la decisione degli inquilini dovranno comunicarla per iscritto. I contratti d’adesione sono dei contratti standard, in cui una parte essendo molto più forte dell’altra ti offre un qualcosa alla si deve sempre accettare e non si può cambiare. Esistono delle clausole nei contratti chiaramente a sfavore di una parte, e vengono denominate clausole vessatorie, queste per essere valide devono essere firmate dall’altra parte che le accetta accanto. Il contratto preliminare è un vero e proprio contratto, infatti dalla stipulazione le pari si obbligano a concludere un contratto futuro, e già da quel momento stabiliscono il contenuto del contratto. Il contratto preliminare deve essere fatto nella stessa forma del contratto definitivo. Le motivazioni per stipulare un contratto preliminare sono molteplici, per esempio la mancanza di denaro, oppure per avere il tempo di fare dei controlli sul bene oggetto del contratto, per vedere se è immune da pesi. Per acquistare dei beni immobili si stipula sempre

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il preliminare, che deve essere sempre fatto nella forma prescritta dalla legge, cioè stabilità dal contratto definitivo. L’autonomia contrattuale significa darsi delle regole, infatti esistono i contratti tipici e atipici, questi ultimi sono:

• leasing che consiste nell’affitto di beni strumentali, mediante un pagamento di un canone;

• franchising …. • Factoring che è un sistema per scambiare le cambiali.

In genere nei contratti tipici c’è libertà contrattuale ma con dei limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico: il monopolista deve contrattare con tutti, il datore di lavoro nell’assumere operai deve rispettare la lista di collocamento. LOCAZIONE (art. 1.571). È un contratto consensuale ad efficacia obbligatoria con il quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un certo tempo ad un determinato corrispettivo. La differenza fondamentale tra affitto e locazione consiste nel bene interessato, infatti la locazione sia per beni non produttivi. Si parla di locazione quando l’oggetto del contratto è un’abitazione. La normativa vecchia (n° 392 del 27-7-1978) si chiame legge dell’equocanone. Questa legge aveva lo scopo di tutelare quelle persone che non possedevano una casa o un reddito basso. Questa legge era equa per gli inquilini, non certo per i proprietari che si dovevano adeguare a dei corrispettivi prefissati: EQUOCANONE=VALORE CONVENZIONALE 3,85+AGGIORNAMENTO ISTAT. Il valore convenzionale è in relazione alla superficie calpestabile, più gli aggiornamenti ISTAT, infatti il costo della vita aumenta, ed erano quantificati con il 75% dell’incremento dell’inflazione. Il 3,85 è un coefficiente stabilito dall’ISTAT. Nel 1.992 ci sono stati i cosiddetti patti in deroga (L. 359), infatti la categoria dei proprietari protestavano, i patti in deroga era una legge temporanea in attesa di una nuova riforma, in questo caso erano le parti a trovare un accordo. Il 9-12-98 avviene la costituzione del nuovo regime per la locazione, ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1.999. questo stabilisce che ci sono due contratti uno a canone libero di durata di 4 anni rinnovabile d’altri 4; poi c’è il contratto a canone convenzionato con durata 3 anni rinnovabile di 2 anni. Con il primo contratto, il proprietario si deve impegnare come minimo quattro anni al canone pattuito, questo può aumentare con gli aggiornamenti ISTAT al 100%. Sei mesi prima dalla scadenza del quarto anno, il proprietario può mandare lo sfratto, ovviamente ci devono essere delle motivazioni valide per legge, se no il locatore ha il diritto di restare altri quattro anni, al massimo la locazione dure otto anni. Con il contratto a canone convenzionale si ha il beneficio di impiegare l’appartamento per un tempo minore, poi ci sono degli sconti fiscali, in termini d’ICI (i comuni possono ridurre l’ICI se si dimostra di avere un contratto convenzionato), in termini IRPEF (c’è un abbattimento del 30% sull’imponibile), in termini d’imposta di registro, è un’imposta per registrare il contratto (invece del 2% è del 1,4%). Nel contratto convenzionale si decide il canone in base alle associazioni degli inquilini e dei proprietari, il contratto convenzionale lo si fa nelle città considerate metropoli. Entro 6 mesi dalla scadenza del contratto si può mandare lo sfratto per i seguenti motivi, che possono essere famigliari entro il secondo grado, per ristrutturazione oppure si può dimostrare che l’inquilino non usa l’appartamento, oppure il proprietario deve vendere, in questo caso c’è il diritto di prelazione, o perché l’appartamento ha subito dei gravi danni. Se il proprietario non mantiene quello che ha detto, e lo ha fatto per locare l’appartamento ad un altro, l’inquilino sfratato ha diritto come risarcimento a 36 mensilità. Per ricapitolare abbiamo il canone libero e il canone convenzionato. Il primo si basa sulla libera contrattazione e quindi sul mercato, dura quattro anni + quattro anni. Il regime convenzionato dura tre anni + due anni, questi si basano su

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canoni contrattuali decisi dalle associazioni degli inquilini e dei proprietari. In questo caso il proprietario ha uno svantaggio dal punto di vista economico, ma ha il vantaggio di avere delle agevolazioni fiscali: sull’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), sull’ICI e sull’imposta di registro (viene pagata per il 50% dal locatore e per il 50% dal locatario, con un tetto minimo di 150.000 £), questa serve per registrare i contratti. Entro sei mesi dalla scadenza il proprietario deve mandare una raccomandata A-R all’inquilino per dare lo sfratto. Il proprietario per portare a risoluzione il contratto prima del tempo deve dimostrare che l’inquilino ha nello stesso comune un’altra casa sfitta, oppure perché vuole donare l’immobile. Il deposito cauzionale viene regolato dall'articolo 11 della vecchia legge sull'equocanone ed è ancora valido. Il deposito cauzionale non deve superare le tre mensilità, questo serve per eventuali danni. Queste tre mensilità vanno messe in un deposito fruttifero e a fine anno il proprietario deve restituire gli interessi all'inquilino. Se ci sono dei danni il proprietario trattiene dal deposito le spese affrontate. Alla risoluzione del contratto il deposito deve essere restituito. Se ci sono dei danni che richiedono un impegno economico superiore al deposito cauzionale, si può fare causa all'inquilino, ma è una strada difficile. Il canone non rimane uguale per tutto il tempo della locazione perché ci sono gli aggiornamenti ISTAT. Se l'inquilino è da due mensilità moroso, il proprietario può chiedere la risoluzione del contratto, però il locatore può andare dal giudice e dire di pagare tutto più gli interessi, questa azione può farla per tre volte. L'affitto a scopi artigianali, industriali, commerciali e ad interesse turistico dura 6 anni. L'affitto a scopi alberghieri dura 9 anni. DIRITTO COMMERCIALE.

• OGGETTO: imprenditore, azienda, società, brevetti, impresa; • STRUMENTI: contratti e titoli di credito; • TIPOLOGIA: all'interno dell'oggetto si hanno tipologie diverse (piccolo imprenditore,

artigiano, industriale, società di capitali, società di persone, imprenditore agricolo); • PATOLOGIA: fallimento.

Le fonti in ordine d’importanza sono la costituzione dove troviamo l'articolo 41, da questo si evince il concetto di Stato sociale; inoltre l'iniziativa economica privata è libera, ma il suo scopo deve essere lecito e socialmente utile, assicurando opportune garanzie (sicurezza e igiene nell'ambiente di lavoro, libertà e dignità dei lavoratori). Poi troviamo la legge ordinaria nel codice civile, il diritto commerciale e regolato dai libri quarto e quinto cioè delle obbligazioni e del lavoro, poi abbiamo i regolamenti dell'esecutivo che è la parte tecnica di una legge, perché ne danno esecuzione al testo legislativo (per esempio il parlamento approva una nuova imposta e il governo né specifica le modalità d’applicazione). Poi abbiamo i regolamenti internazionali e le direttive, che i vari stati sono obbligati ad accettarli entro un certo periodo di tempo, in caso contrario incorrono in sanzioni economiche. Poi abbiamo le leggi speciali, queste riguardano i marchi, i brevetti, sulla cambiale, sull'assegno e sul fallimento. Infine abbiamo gli usi e consuetudini che vengono raccolti in apposite camere soprattutto in quelle di commercio. Nel 1.802 nasce il codice di napoleone, nel 1.882 nascono due codici uno per il commercio e l'altro civile, ed infine nel 1.942 nasce il nostro codice che conosciamo. TITOLI DI CREDITO. Sono uno degli strumenti del diritto commerciale. Si possono considerare dei veri e propri documenti. Sono pregevoli, perché necessitano di una forma precisa e definita e incorporano sempre un diritto di credito. La circolazione dei titoli di credito avviene in base all'articolo 1.153 c.c. sono definiti come beni mobili, e circolano in base a questo principio:

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"possesso vale titolo". I titoli di credito sono disciplinati dall'articolo 1.992 all'articolo 2.027 c.c. + la legge sugli assegni e la legge cambiale. Nei titoli di credito esistono due rapporti:

• il rapporto causale è dato dalla ragione per cui è stato emesso il titolo (mutuo, compravendita, penale per inadempimento, risarcimento danni);

• il rapporto cartolare consiste nell'immissione del titolo di credito. Esempio: ci sono due soggetti A e B, il primo ha bisogno di una fornitura di merce per ultimare un’ordinazione, B è il fornitore a cui A si rivolge. A però non ha al momento i soldi per pagarlo e gli chiede di fargli credito, B accetta ma chiede ad A il rilascio di una cambiale firmata da quest'ultimo. Tra A e B si instaura un rapporto casuale (compravendita della merce) ed uno cartolare (cambiale). In questo caso se B decidesse di conservare la cambiale fino a scadenza, i due rapporti sarebbero insieme. Supponiamo che B abbia bisogno di un nuovo macchinario per lavorare la merce da fornire ad A, anche B non ha abbastanza denaro quindi decide di girare la cambiale ricevuta da A a C , il soggetto che deve fornire il macchinario. Tra B e C esistono nuovamente entrambi i rapporti, mentre C si rivolge ad A solo ed esclusivamente attraverso un rapporto cartolare. A non può mai rifiutarsi di pagare C , perché tra questi due soggetti esiste solo un rapporto cartolare, quindi A può sollevare le questioni derivanti dal rapporto casuale solo nei confronti di B, il fornitore della merce, per esempio quando questa è affetta da vizi. Il legittimo possessore di una cambiale può girarla ad altri soggetti, conservarla fino a scadenza, o effettuare una operazione di sconto, questa è una operazione bancaria, in questo caso la banca si impegna ad anticipare il denaro corrispondente alla cambiale, ma trattiene gli interessi dal conto corrente del soggetto interessato, più le spese come pagamento del servizio. La banca liquida la cambiale "salvo buon fine" (SBF): mediante questo sistema se il debitore, a cui si rivolge per il pagamento della cambiale si rifiuta di pagare, preleverà la cifra corrispondente dal conto corrente di chi ha chiesto l'operazione di sconto, anche con il rischio di interessi passivi. Le eccezioni del debitore si differenziano a seconda del rapporto nel quale ci troviamo. Nel rapporto cartolare il debitore può opporsi al pagamento solo con eccezioni reali (sulla cosa), questo si verifica quando la forma non è corretta, la firma è falsa, la letteralità non è rispettata (per esempio prezzo diverso da quello concordato), la mancanza di rappresentanza cioè non si hanno le competenze e il potere per firmare la cambiale, o il titolo, e infine la mancanza di capacità (minore). Nel rapporto causale il debitore può opporsi al pagamento con eccezioni reali ed eccezioni personali derivanti dal rapporto sottostante, o da rapporti personali di compensazione (si apre un conto che viene regolarizzato senza interessi a fine anno, con "dare e avere") CARATTERI. I titoli di credito sono:

• letterali cioè vale ciò che è scritto e non eventuali accordi sottostanti; • autonomi, cioè sono indipendenti dal rapporto sottostante che ha generato

l'emissione del titolo; • astratti, infatti non fanno menzione della causa (non si scrive il motivo dell'emissione

del titolo); le azioni, le obbligazioni e la fede di deposito sono causali, pur essendo titoli do credito, perché spiegano il motivo dell'emissione.

Se si acquistano la azioni di una società si diventa soci di questa. Le obbligazioni consistono in denaro prestato ad una società, che si obbliga di restituirlo maggiorato degli interessi pattuiti. La fede di deposito si ha quando della merce viene depositata nei magazzini generali; come prova si riceve un titolo di credito che da diritto al ritiro della merce.

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CIRCOLAZIONE DEI TITOLI DI CREDITO. I titoli al portatore circolano con la semplice consegna materiale del titolo e sono i BOT e i CCT, sono emessi solo dalla banca d'Italia. I titoli all'ordine circolano con una girata e sono le cambiali e gli assegni (art. 2.008 c.c.). la girata può essere piena (per me pagate all'ordine dal signor Verdi) o in bianco (la semplice firma del possessore). La cambiale ha girata piena, invece negli assegni di solito sono in bianco. I titoli nominativi (art. 2.021 c.c.) sono intestati al possessore e sono le azioni e le obbligazioni di stato, in questo caso la girata deve essere piena con la data e l'autentica della firma (si va all'ufficio atti notori) e la notazione nel registro della società (in realtà questo non avviene, ma avviene un'altra operazione detta transfert). Cosa succede se un titolo viene distrutto o rubato? Se il titolo è al portatore bisogna dimostrare con prova la distruzione del titolo, o in caso di furto si deve fare la denuncia hai carabinieri e poi si denuncia l'accaduto all'emittente e si attende il termine di prescrizione del titolo, e infine verrà emesso un nuovo titolo. Se i titolo rubato o distrutto è all'ordine o nominativo, solo per questi c'è la procedura di ammortamento (art. 2.016 c.c.), che serve per avere il titolo nuovo. LA CAMBIALE. Tutta la normativa si denomina legge cambiaria del 14-12-33 n° 1.669. la cambiale è un titolo di credito ed è letterale, autonoma e astratta ma è anche un titolo esecutivo perché in caso di mancato pagamento comporta una esecuzione forzata sui beni del debitore: l'ufficiale giudiziario si reca dal debitore, gli pignora certi beni che verranno venduti all'asta e con il ricavato si soddisfa il creditore. la cambiale può contenere una promessa di pagamento (pagherò) o un ordine di pagamento (tratta) dato dal creditore al debitore: si dice "spiccare tratta" quando do ordine di pagare questa cambiale in questa data a me stesso o a un altro beneficiario che di solito è una banca. Ovviamente la tratta deve essere controfirmata dal debitore. Gli elementi essenziali di una cambiale si trovano agli art. 1-3-8 della legge cambiaria. Nella cambiale non sempre si trova una data precisa ma altre clausole: - a vista, il pagamento deve essere effettuato quando il titolo viene presentato, il che deve

avvenire entro un anno dalla data di emissione; - a certo tempo vista, il pagamento deve essere fatto decorso un certo termine dalla data

di presentazione; - a certo tempo data, il pagamento deve essere fatto decorso un certo tempo dalla data

di emissione. Una cosa importante della cambiale è il bollo, infatti, diventa un titolo esecutivo solo se è bollata. L’emissione della cambiale può essere fatta anche senza bollo, ma non è più un titolo esecutivo, il bollo è il 12 per mille dell’importo della cambiale. Per emettere una cambiale bisogna avere la capacità di agire, ma una cambiale può essere emessa anche da un minore o da un interdetto, questa deve apportare anche la firma del tutore più l’autorizzazione nel primo caso da parte del tribunale dei minori. I REQUISITI DELLA CAMBIALE. La cambiale si dice in bianco quando non è riportato l’importo, essa viaggia sempre con un accordo di riempimento, per esempio quando si lega la merce a una valuta straniera. Il riempimento abusivo è disciplinato dal codice penale. La cambiale in bianco decade dopo tre anni dall’emissione. La girata è un ordine di pagamento che viene dato dal legittimo possessore. La girata non deve essere parziale pena la nullità di questa. Chi diventa legittimo possessore avrà un titolo di credito, questo è l’effetto principale della girata. Coloro che

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hanno girato la cambiale possono essere tutti chiamati al pagamento di essa, se il debitore non paga. L’unico modo per non rispondere è quello di porre oltre alla normale girata, la dicitura senza alcuna garanzia, con la firma: questo tipo di girata deve essere accettata dall’altra parte. La tratta è un ordine dato dal creditore al debitore di onorare la cambiale a un terzo (banca), ovviamente il debitore denominato trattario deve accettare. Il creditore si denomina traente, invece il terzo (banca) beneficiario. Il trattario deve porre la sua firma e accetta, per accettare la tratta, e non può porre condizioni al traente. L’avallo cambiario (art. 35-37 l.c.) è una garanzia cambiaria aggiuntiva, l’avallante è colui che presta la garanzia, mentre l’avallato è colui che la riceve. Si può avallare il trattario, un girante, il traente, l’emittente. Per avallare si deve porre una firma accanto a quella della persona che si vuole avallare, e la dicitura per avallo o per garanzia. L’avallo può anche essere parziale. L’effetto dell’avallo consiste che l’avallante risponda in solido con il debitore, in altre parole c’è una responsabilità solidale, infatti, alla scadenza della cambiale il creditore può andarla a riscuotere in modo indifferente dall’uno o dall’altro. Il pagamento di una cambiale deve essere effettuato entro due giorni non festivi successivi alla scadenza di questa, il creditore deve obbligatoriamente accettare pagamenti parziali. La fideiussione è un vero e proprio contratto. Si attua quando si va a chiedere un mutuo, la banca richiede ovviamente delle garanzie reali per esempio una ipoteca. Potrebbe chiedere anche una garanzia di natura personale cioè la fideiussione (art. 1936 c.c.) che consiste nella richiesta da parte della banca della garanzia di un terzo, che garantisce il cliente della banca. Questa terza persona è obbligata in caso di mancato pagamento, di rispondere in modo illimitato. Il pagamento di una cambiale può essere parziale, come ho affermato in precedenza, e questo perché in caso di pignoramento, vengono pignorati solo i beni necessari per coprire la cambiale. In caso di pagamento è meglio richiedere la restituzione del titolo di credito. Nella cambiale distinguiamo: - OBBLIGATI PRINCIPALI⇒ emittente (pagherò), trattario (colui che accetta la tratta),

loro avallanti. - OBBLIGATI DI REGRESSO⇒ giranti, traente, loro avallanti. Per poter agire contro gli obbligati di regresso ci vuole il protesto in altre parole un atto solenne (art. 51 l.c.), redatto da un pubblico ufficiale per il mancato pagamento della tratta o per la mancata accettazione di questa. Il protesto cambiario contiene la data, la causa di questo, il motivo, il luogo di elevazione e a chi è rivolto il protesto cambiario e la sottoscrizione del pubblico ufficiale. Per poter agire di regresso bisogna presentarsi entro due giorni successivi, non festivi, dalla scadenza. Ci si deve far firmare un documento che dichiari il rifiuti di pagamento e solo con questo si chiedere il protesto. In caso di mancata accettazione della tratta si può agire fino al momento della scadenza della cambiale. L’azione cambiaria nei confronti degli obbligati principali, ha le seguenti caratteristiche: - non si può effettuare prima della scadenza; - non è richiesto il protesto; - si prescrive in tre anni. Queste sono tutte azioni dirette che si fanno nei confronti degli obbligati principali. L’azione di regresso la si fa nei confronti degli obbligati di regresso ed ha le seguenti caratteristiche: - deve essere elevato protesto; - il protesto può essere elevato anche prima della scadenza solo se si dimostra un grave

stato fallimentare di quella persona; - si prescrive in un anno. Se sono decorsi i termini di legge appena riportati, si può proporre un’azione extracambiaria.

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1) Azione casuale: è quella azione che riguarda il mancato pagamento di una cambiale, essa si applica solo quando la cambiale non è stata girata, quindi sussiste il rapporto casuale (vedi all’inizio).

2) Azione di arricchimento: questa azione si sviluppa attraverso la sentenza di un giudice, dove si afferma che quel determinato soggetto si è arricchito, in modo ingiusto, ai danni della persona che ha richiesto questa azione. Questa azione è molto difficile da esperire, la si fa solo quando è impossibile applicare tutte le azioni precedenti.

ASSEGNO. Esistono due tipi di assegno, quello bancario e quello circolare. L’assegno bancario contiene un ordine di pagamento, mentre quello circolare contiene una promessa di pagamento. L’assegno presume sempre l’esistenza di una banca, l’assegno è uno strumento di pagamento, mentre la cambiale è uno strumento per concedere credito. La disciplina dell’assegno è del ’33 n° 1736 (regio decreto), ed è denominata “Legge assegni”. L’assegno circolare è una promessa di pagamento da parte di una banca, è più sicuro, non è intestato a nessuno, è come se fosse denaro liquido. L’assegno bancario è meno sicuro e più frequente, ed ha i seguenti requisiti: - presume il rapporto con una banca; - si deve avere dei fondi disponibili presso la banca; - si deve avere l’autorizzazione ad emettere assegni. L’istituto di credito consegna un libretto di assegni che danno ordine alla banca di pagare una terza persona a nome di chi lo ha emesso. Sull’estratto conto sono riportate tutte le operazioni bancarie. Trattaria in un assegno è sempre la banca, l’unica differenza consiste nel fatto che la banca non è obbligata all’accettazione. L’assegno deve sempre essere completo per quanto riguarda la somma di denaro in cifre e in lettere e la data. Gli assegni non possono essere senza data oppure post-datati. L’assegno è un mezzo di pagamento, se voi chiedete una dilazione del pagamento ci vuole una cambiale che ha un elevato costo di bollo, per evitare questo, si usa al loro posto (illegalmente) gli assegni postdatati, che vengono usati come se fossero dei mezzi per concedere credito. L’assegno bancario consiste in un ordine di pagamento che il cliente da alla banca che ha il compito di pagare una terza persona. L’assegno circolare è una promessa di pagamento da parte di una banca. L’assegno scoperto si ha quando l’importo di questo è maggiore della liquidità che c’è in banca, questo si denomina scoperto bancario. Per i contratti pattuiti si decide anche lo scoperto bancario, infatti la banca garantisce il pagamento degli assegni scoperti fino a un certo tetto deciso nel contratto. Ovviamente la banca chiede gli interessi passivi sullo scoperto. L’assegno postdatato, è un assegno dove è stata posta una data successiva a quella di emissione, in questo modo c’è evasione fiscale, perché si usa uno strumento di pagamento come se fosse uno strumento di credito, infatti la cambiale ha un bollo più elevato dell’assegno. L’assegno va riscosso entro otto giorni se è su piazza, e quindici giorni se è fuori piazza, per piazza si intende il territorio comunale. La legge del 1.990 n°382 è relativa agli abusi. Questa legge va leggermente a modificare la legge sugli assegni, da questa si evince che non è più illegale emettere assegni senza data. Per quanto riguarda gli assegni scoperti ci sono le seguenti sanzioni: un anno di reclusione e si congela per due anni il diritto ad emettere assegni. Per evitare tutto questo si deve pagare l’assegno entro 60 giorni, più gli interessi, più le spese di protesto e infine una penale corrispondente al 10% sull’importo dell’assegno. Si conoscono tipi particolari di assegno bancario: 1) l’assegno bancario sbarrato è quello che il traente o uno dei successivi portatori può

rendere intrasferibile tracciando due barre, due linee parallele sul titolo. In questo caso

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l’assegno non può essere girato, ed è pagabile soltanto se presentato alla banca da un’altra banca o da un suo cliente, in altre parole alla banca che è indicata tra le sbarre;

2) l’assegno intrasferibile è quello che è dichiarato tale con l’inscrizione della dicitura non trasferibile. In questo caso l’assegno può essere pagato soltanto ad una banca alla quale sia stato girato per l’incasso.

Che cosa succede se la banca paga degli assegni con firma falsa, si può agire contro la banca? No, perché bisogna dimostrare la colpa grave o il dolo. Si può però agire penalmente contro la persona che ha falsificato la firma. *Dopo aver elevato protesto contro i giranti si hanno sei mesi di tempo per agire.

DIRITTO COMMERCIALE. L’IMPRENDITORE. La figura dell’imprenditore si evince dall’articolo 2.082 de codice civile. 1) L’impresa la si evince dalla definizione d’imprenditore ai sensi del 2.082 c.c. - l’imprenditore svolge un’attività economica, la quale deve produrre ricchezza che può

essere materiale o di scambio. La ricchezza materiale è quell’industriale, e quella di scambio è la ricchezza economica. Per produzione s’intende qualunque attività economica atta ad aumentare l’utilità di un bene. L’incremento d’utilità di un bene può avvenire attraverso varie operazioni, le quali possono essere materiali, di trasporto, di conservazione oppure di confezionamento;

- un’attività economica ha sempre scopo di lucro, in altre parole essa è finalizzata al profitto;

- il profitto di un’attività economica è giustificato dal rischio di questa, tale rischio consiste nella possibilità di una mancata remunerazione del capitale investito.

2) L’articolo 2.082 afferma che quest’attività economica è organizzata. Essa è il risultato della combinazione di vari fattori: il capitale, il lavoro, la natura, l’organizzazione imprenditoriale e lo stato. Alcuni dottori del diritto individuano l’attività organizzata nell’intermediazione tra chi offre e domanda lavoro. 3) L’attività dell’imprenditore deve essere esercitata in modo professionale: - deve essere un’attività abituale, anche se non continuativa; - essa può non essere l’unica attività. 4) Deve essere un’attività diretta al mercato cioè finalizzata allo scambio, in altre parole quest’attività deve essere svolta per gli altri. Secondo il codice (art. 2.220 c.c.) non rientrano i casi d’artisti e professionisti, questi non sono considerati imprenditori, perché hanno delle obbligazioni di mezzi e non di risultati. I professionisti e gli artisti non sono obbligati a raggiungere un fine. In conclusione definiamo la figura dell’imprenditore come quel soggetto che organizza i fattori della produzione elencati in precedenza. IL PICCOLO IMPRENDITORE (art. 2.083 c.c.). Il piccolo imprenditore gode dei seguenti vantaggi: - è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili, cioè quelle richieste hai fini civilistici

all’imprenditore; - è esonerato dall’iscrizione nel registro delle imprese; - non è soggetto al fallimento. Abbiamo varie tipologie di piccolo imprenditore: - il coltivatore diretto del fondo è un piccolo affittuario di un fondo; - il commerciante è addetto al settore dei servizi; - l’artigiano è una delle figure più diffuse soprattutto in Veneto.

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Gli agricoltori e i commercianti non potranno mai essere degli artigiani. Gli artigiani possono produrre servizi (imprese di pulizia…), beni e semilavorati. Questa figura imprenditoriale è talmente diffusa che si è imposto un problema, quello di definire la soglia tra un artigianato e un imprenditore. In Italia esiste la legge quadro sull’artigianato denominata legge cornice 8-8-85 n°443. Ogni regione in base a questa legge, ha legiferato delle leggi regionali per andare a definire questi limiti. Questa legge quadro delimita i confini, oltrepassati i quali un piccolo imprenditore diventa imprenditore, questa legge quadro stabilisce inoltre che un artigiano non può essere né un agricoltore, né un commerciante. Questa legge quadro impone all’artigiano che la sua produzione deve avere la sua “impronta”, in altre parole il suo lavoro deve essere determinante. Questo non è sufficiente per definire l’artigiano, la legge pone un limite nel numero dei lavoratori. Se il lavoro è fatto in serie ci possono essere al massimo nove dipendenti, se il lavoro è manuale ci possono essere al massimo 18 dipendenti, nei trasporti al massimo otto dipendenti e nelle imprese di pulizie al massimo 10 dipendenti. L’imprenditore agricolo svolge delle attività essenzialmente agricole: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame e tutte le attività connesse, ai sensi dell’articolo 2.135 c.c. La selvicoltura significa coltivare il bosco e può essere oggetto di attività agricola. L’allevamento del bestiame per essere considerata un’attività agricola deve avere un’attinenza con il fondo. Per attività connesse si reputano tutte le attività di trasformazione e di alienazione, entrate a far parte della tradizione per ragioni storiche e culturali, e continuamente esercitate. L’imprenditore commerciale art. 2.195 c.c. può svolgere svariate attività: industriale, intermediario, trasporti, attività bancaria e assicurativa, e tutte le attività connesse alle prime (agenti, rappresentanti…). STATUTO DELL’IMPRENDITORE. Esistono una serie di norme denominate nel loro insieme statuto dell’imprenditore, che definisce i seguenti parametri: - capacità all’esercizio dell’impresa; - obbligo di iscrizione nel registro delle imprese; - obbligo di tenere le scritture contabili; - soggezione al fallimento. È imprenditore colui che ha la capacità di agire cioè ha compiuto i diciott’anni, oppure anche i minori emancipati (16 anni). I diplomatici, i funzionari e chi ha ricevuto una grave condanna non possono essere imprenditori, nei primi due casi questo avviene per evitare ogni tipo di collusione di interessi, nell’ultimo caso a causa dell’interdizione legale. Anche i minori possono essere degli imprenditori, in questo caso ci sono i tutori. Presso le cancellerie dei tribunali si trova il registro delle imprese dove c’è iscritto se trattasi di impresa individuale, il nome dell’imprenditore, le rappresentanze e le procure. Per quanto riguarda le società nel registro delle imprese ci deve essere iscritto tutto: i soci, gli organi, i bilanci… La registrazione delle piccole imprese si trova nella camera di commercio dove c’è il REC (registro esercenti commerciali), per gli artigianati c’è l’album degli artigiani, per le società c’è il BUSARL (bollettino ufficiale società per azioni a responsabilità limitata), questo bollettino è stato voluto da una direttiva CEE del 68, ed è entrata in vigore nel 69. Le scritture contabili sono previste dall’articolo 2.114 c.c., dal punto di vista civilistico le scritture contabili sono: - libro giornale; - libro degli inventari; - obbligo a tenere la corrispondenza per 10 anni.

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Per particolari società sono necessarie anche delle scritture contabili integrative, se si tratta di S.P.A oppure una S.R.L: - il libro delle adunanze; - il libro dei soci; - il libro delle delibere. Esistono anche altri libri facoltativi, per esempio il libro mastro che registra le operazioni secondo i criteri dell’imprenditore. Il libro giornale è destinato all’indicazione di tutte le operazioni in ordine cronologico, queste indicazioni devono essere immediati. Il libro degli inventari è fatto all’inizio dell’attività, e lo si rifà ogni inizio anno, questo libro contabile ha il compito di registrare la situazione patrimoniale, con i beni che entrano ed escono dal patrimonio. Le scritture contabili devono essere tenute in modo adeguato. Ogni libro contabile ha delle qualità estrinseche, infatti, deve essere vidimato dal notaio (questo avviene tramite dei timbri posti su ogni pagina del libro). Ci sono anche le qualità intrinseche che sono a discrezione del proprietario, queste qualità riguardano la tenuta dal libro dal punto di vista materiale, il registro deve essere tenuto in ordine le voci errate devono essere cancellate con una linea nera, non ci devono essere né abrasioni né cancellature con il bianchetto. COLLABORATORI DELL’IMPRENDITORE. AUSILIARI SUBORDINATI CONTRATTO DI LAVORO AUTONOMI INSTITORI (art. 2.203 c.c.) PROCURATORI(art. 2.209 c.c.) COMMESSI (art. 2.210-2.213 c.c.) I lavoratori subordinati sono legati da un contratto di lavoro, mentre i lavoratori autonomi hanno un contratto diverso (contratto di mandata, contratto di spedizione…). L’institore è il direttore generale ed è preposto all’esercizio dell’impresa o a un ramo di questa, non può firmare cambiali e non può vendere i beni presenti nell’inventario, e sempre un lavoratore subordinato e deve rispettare le direttive dell’imprenditore. Il procuratore può essere il direttore di un settore determinato dell’impresa, per esempio il direttore del personale. Il commesso può essere destinato a vendere in locali adibiti allo scopo, oppure può essere incaricato a riscuotere il denaro, esso non possiede alcun potere decisionale. L’AZIENDA (art. 2.555 c.c.). L’azienda è lo strumento che l’imprenditore usa per l’esercizio dell’impresa. In altre parole l’imprenditore si avvale dell’azienda per operare il processo di produzione. L’azienda è costituita da un’insieme di beni, i quali si differenziano in: - beni materiali (mezzi, manufatti, materiali, terreni, magazzini…); - beni immateriali, in altre parole le conoscenze, l’avviamento (capacità di un’impresa di

generare reddito, in altre parole l’idoneità a produrre reddito, questo è rilevante nei trasferimenti di proprietà), brevetti.

L’azienda può essere trasferita a terzi in godimento o in proprietà (art. 2.556 c.c.), questo trasferimento, qualunque esso sia, deve essere provato da una forma scritta e denunziato al registro delle imprese. Nel caso di trasferimento in proprietà chi acquista l’azienda può farne quello che vuole. Nel caso di trasferimento in godimento, chi la acquista deve esercitare l’attività aziendale sotto la ditta che la contraddistingue, e deve rispettare la destinazione dei beni aziendali data dal proprietario. Il trasferimento di una società avviene attraverso l’acquisto delle sue azioni, mentre una S.r.l attraverso l’acquisto delle sue quote. Un’azienda si trasferisce secondo i beni che la costituiscono: i beni mobili si trasferiscono

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secondo il loro iter, mentre i beni immobili si trasferiscono sempre secondo il loro iter, la forma scritta non è obbligatoria, ma è fatta per prova dell’avvenuto trasferimento. Non sempre un’azienda costituisce un’universalità di beni, le universalità riguardano solo i beni mobili, invece in azienda ci sono anche beni immobili. I beni mobili che fanno parte di un’universalità devono appartenere tutti allo stesso proprietario, ed essere destinati allo stesso fine. Solo quando sono verificate contemporaneamente queste tre condizioni, si può parlare di universalità di beni. Un’azienda vive grazie a una serie di contratti stipulati, nel trasferimento di essa i contratti che servono per l’esercizio dell’azienda (contratti di lavoro, contratti di somministrazione…) si trasferiscono automaticamente, in altre parole hanno una successione naturale. L’altra parte contrattuale può recedere da esso entro tre mesi dall’avvenuto trasferimento, in questo caso non c’è nessuna penale da pagare. I contratti intuitu personaee, sono tutti quei contratti strettamente personali e quindi basati sulle fiducia, questi contratti vanno a risoluzione con il trasferimento, per esempio il contratto stipulato con il commercialista o con altri professionisti. I crediti si trasferiscono automaticamente, e questo trasferimento deve essere notificato ai creditori, per quanto concerne i debiti, il creditore deve accettare il trasferimento, in caso contrario il debito va pagato in solido tra il venditore dell’azienda e il compratore. L’azienda ha tre segni distintivi che la identificano, e ogni uno di questi riguarda un elemento specifico. DITTA IMPRENDITORE L’INSEGNA I LOCALI MARCHIO PRODOTTO La ditta individua l’imprenditore, in altre parole la ditta è in nome dell’imprenditore. Nelle imprese individuali si denomina ditta, nelle società di persone si parla di ragione sociale, mentre per le società di capitali si parla di denominazione sociale. La ditta nelle imprese individuali e nelle società di persone deve richiamare il nome o il cognome dell’imprenditore per il principio di verità. Per le società di capitali decade quest’obbligo, infatti, può essere dato un nome di fantasia o che richiami il prodotto, questo nome non deve trarre in inganno i terzi. Il trasferimento dell’azienda può avvenire anche senza la ditta (il nome dell’azienda), mentre quando si trasferisce la ditta automaticamente si trasferisce anche l’azienda. L’insegna indica i luoghi dove si trova l’azienda. Per l’insegna si paga una tassa comunale, e il suo ammontare dipende dalla sua dimensione, dal luogo di affissione, se è illuminata oppure no e da quanto sporge sul marciapiede. L’insegna può essere generica o specifica nel caso in cui affigga un determinato nome. Quando si trasferisce l’azienda si trasferiscono anche le insegne, e quando queste sono specifiche si deve pagare una determinata somma. L’insegna deve essere lecita. Il marchio è il segno distintivo più tutelato dall’ordinamento giuridico. Il marchi può essere un emblema, una denominazione speciale, può essere un numero, oppure può coincidere con la ditta. Il marchio in generale deve essere lecito, deve essere nuovo, deve essere veritiero (non deve trarre in inganno i terzi), non deve essere generico. Distinguiamo due tipi di marchio: - il marchio debole ha una forte corrispondenza con il prodotto, infatti, questi possono

essere utilizzati da altre ditte magari con piccole differenze; - il marchio forte non s’identifica con il prodotto. Il marchio di fabbrica appartiene all’imprenditore che opera la produzione, invece il marchio di commercio identifica coloro che commercializzano il prodotto, questo non deve offuscare il marchio di fabbrica. Per registrare un marchio a livello nazionale, c’è a Roma un officio “brevetti e marchi”, per registrarlo a livello internazionale si va a Berna in

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Svizzera. I marchi registrati sono garantiti per vent’anni, quelli non registrati hanno una bassa tutela. Un marchio può essere perso per il mancato rinnovo della registrazione, oppure perché è stato alienato, oppure per rinuncia, il mancato esercizio per un tempo di cinque anni, oppure per la volgarizzazione del marchio. LA SOCIETA’ (art. 2.247 c.c.). La società è un negozio giuridico plurilaterale, in altre parole è un contratto plurilaterale consensuale. Le società a scopo di lucro hanno l’obbiettivo del profitto, le società a scopo mutualistico hanno il fine di fornire beni o servizi ai consociati e/o proposte di lavoro a condizioni più favorevoli rispetto al mercato. Per esempio le cooperative sono delle società a scopo mutualistico: queste hanno delle notevoli agevolazioni fiscali. Il contratto societario ha le seguenti caratteristiche: 1) conferimenti dei soci; 2) l’esercizio in comune di un’attività economica; 3) partecipazione agli utili (art. 2.265 c.c.). I conferimenti sono ciò che i soci conferiscono, questi possono essere il capitale, i beni (in proprietà o in godimento per esempio l’usufrutto), i crediti salvo buon fine (S.B.F.), oppure nelle società di persone le prestazioni d’opera. Ciò che fa di un’attività economica, un’attività esercitata in comune è l’assunzione in comune del rischio, questo consiste nella possibilità di perdere tutto quello che è stato conferito, secondo la dottrina prevalente del professor Galgano. Quest’attività economica deve essere sempre lecita, possibile e determinata, infatti, per avere l’omologa si deve dichiarare il tipo di attività economica effettuata. Tutti i soci devono partecipare agli utili, in base ai loro conferimenti, alle perdite e agli utili. L’articolo 2.265 c.c. vieta il “patto leonino”, nel quale un socio fa la parte del “leone” rispetto agli altri. Qui di seguito elenchiamo i tipi di società. SOCIETA’ DI PERSONE S.S. (società semplice) S.n.c. (società in nome collettivo) S.a.s (società in accomandita semplice) società a SOCIETA’ DI CAPITALI S.p.A (società per azioni) scopo di S.r.l. (società a responsabilità limitata) lucro. S.A.A. (società in accomandita per azioni) SOCIETA’ COOPERATIVE A RESPONSABILITA’ LIMITATA società a scopo SOCIETA’ COOPERATIVE A RESPONSABILITA’ ILLIMITATA mutualistico. Nelle società di persone esiste l’autonomia patrimoniale imperfetta, invece nelle società di capitali esiste l’autonomia patrimoniale perfetta. Nel primo caso, per le obbligazioni sociali risponde prima di tutto il fondo sociale, e se questo è insufficiente rispondono i soci in solido e in modo illimitato, questo significa che i soci devono rispondere con tutti i loro beni presenti e futuri. Per le obbligazioni particolari (prese da un singolo socio) risponde il singolo socio, il creditore può anche chiedere un’azione forzata sugli utili della società, oppure la liquidazione della quota del socio indebitato. Se siamo in presenza dell’autonomia patrimoniale perfetta (società di capitali) i soci rispondono alle obbligazioni sociali solo con il fondo sociale, in altre parole i soci rispondono solo per la parte conferita in società. Per quanto riguarda le obbligazioni particolari assunte da un singolo socio che non le adempie, il creditore non può chiedere la liquidazione della quota del socio indebitato, non può escutere il patrimonio sociale, e non può chiedere nessun’azione forzata sugli utili della società. Le società di persone si dicono anche intuitu personaee, infatti, questo significa che tra i soci ci deve essere un forte legame di fiducia. Un’altra caratteristica peculiare delle società di persone, consiste nell’intrasferibilità della quota, la qualità di socio non si trasferisce, a

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meno che non ci sia l’unanime accordo degli altri soci. Se muore un socio, agli eredi spetta la liquidazione della quota. Le modifiche al contratto sociale devono essere approvate a un’unanimità. Nelle società di capitali l’importanza dei soci dipende dalla loro quota conferita, e rispondono alle obbligazioni sociali solo con questa. In queste società di solito la qualità di socio è dissociata dalla qualità di amministratore. Le quote possono essere trasferite a chiunque, a meno che sul contratto sociale non ci sia una clausola (prevista dalla legge), che obblighi il socio che vuole cedere la sua quota, a renderlo noto all’assemblea degli amministratori. Anche per le società le modifiche al contratto sociale ci vuole l’unanime accordo dei soci. Il contratto sociale è costituito dall’atto costitutivo al quale può essere affiancato uno statuto sul funzionamento interno della società (regolamento). Le società cooperative hanno un fine mutualistico, in queste società ogni socio ha un limite massimo di conferimento di 80 milioni di lire. Ci devono essere almeno nove soci, e ogni uno di essi conta per uno (voto), al contrario delle altre società dove la forza dei soci dipende dal loro conferimento. SOCIETA’ SEMPLICE. Questa società non ha nessuna personalità giuridica, e questo lo si evince dagli articoli 2.331-2.498 c.c. Questa è la forma più semplice di società, essa non è ammessa per le attività commerciali. Queste società di solito sono costituite per le attività agricole, gli studi associati e di revisione contabile. Questa è una società di persone e gode di autonomia patrimoniale imperfetta, essa si costituisce in relazione hai beni dell’azienda, non è necessario fare un atto costitutivo e registrarla nel registro delle imprese. Se i soci conferiscono dei beni immobili, questo deve avvenire con un atto scritto, possono anche conferire del denaro, beni, crediti e servizi (socio d’opera cioè che conferisce il suo lavoro). Il capitale sociale è costituito dall’insieme dei conferimenti, ed è diverso dal patrimonio che si costituisce con il tempo. Il patrimonio è l’insieme del capitale sociale e di tutti i beni che sono creati con l’attività economica (per esempio la riserva legale, la riserva statuale e gli attivi). Il capitale sociale e il patrimonio coincidono solo quando nasce la società, il capitale sociale rimane sempre fisso a meno che non ci siano delle future modifiche all’atto costitutivo, mentre il patrimonio varia a seconda della gestione. I soci sono responsabili in modo illimitato, solidale (rispondono tutti insieme indipendentemente da chi ha firmato) e diretto (i soci possono essere chiamati a rispondere direttamente). Tutti i soci possono essere amministratori, nelle S.S. l’amministrazione può essere disgiunta o congiunta. Nel primo caso ciascun socio può compiere degli atti amministrativi senza consultare gli altri, gli altri soci possono opporsi, in questo caso si deve decidere a maggioranza. Nel secondo caso gli atti amministrativi sono compiuti in modo congiunto da tutti i soci che sono anche amministratori. L’articolo 2.269 del codice civile afferma che chi entra in queste società è obbligato ad adempiere anche ai debiti precedenti. L’esclusione di un socio è una delle cose più difficili. Un socio può recedere con un preavviso di tre mesi nelle società a tempo determinato, invece nelle società a tempo indeterminato un socio può recedere per giusta causa, che deve essere dichiarata agli altri soci (per esempio gravi problemi famigliari), che devono riconoscerla, in caso contrario ci vuole la sentenza di un giudice per liquidare la quota in modo coattivo. Se un socio promette il conferimento di qualcosa e non la mantiene, può essere escluso dalla società. Un socio può essere escluso per condanne penali oppure

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perché è stato interdetto o è inabilitato, oppure perché fa concorrenza alla società (per esempio lavora in un’altra società). SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO. Per la nascita di questa società si deve fare l’atto costitutivo e lo statuto tramite scrittura privata autenticata o atto pubblico. L’atto costitutivo è il motivo per il quale la società è stata costituita, lo statuto è il regolamento della società. Una copia dell’atto costitutivo deve essere lasciata in cancelleria insieme al registro delle imprese, se questa copia non è consegnata si perdono tutti i vantaggi della S.n.c. perché non è stata chiesta l’autorizzazione. Per le obbligazioni sociale il debitore prima deve escutere il fondo sociale, e poi si potrà rivolgere ai soci. Per le obbligazioni particolari, il debitore non potrà mai chiedere la liquidazione della quota del socio che ha firmato, non può optare neanche per un’azione coattiva sugli utili. Una S.n.c. non registrata non gode di questi vantaggi. Una copia dell’atto costitutivo deve essere depositata nel registro delle imprese. Il potere di amministrare spetta a tutti i soci: colui che è amministratore deve depositare la sua firma nel registro delle imprese entro 15 giorni dalla sua nomina, il compito principale per gli amministratori è quello di presentare il bilancio a fine anno. La società si può sciogliere a causa del mancato raggiungimento dello scopo prefissato. Lo scioglimento può avvenire in seguito a un provvedimento amministrativo che richiede il rispetto, per esempio, di determinate norme di sicurezza, alle quali la società non riesce ad adattarsi. Lo scioglimento della società può avvenire a causa dell’impossibilità di lavorare per vari motivi. Lo scioglimento consiste nella liquidazione della società con l’alienazione di tutte le attività, con queste attività si coprono le eventuali passività e si richiede la cancellazione dal registro delle imprese. SOCIETA’ PER AZIONI (S.p.A.). È la forma di società di capitali più importante e complessa, essa è prevista per le imprese di grandi dimensioni, infatti, questo tipo di società è uno strumento per raccogliere cospicui capitali. Questa società ha una personalità giuridica, essa svolge un’attività economica grazie hai conferimenti e agli utili non distribuiti. Sotto il profili economico questa è una struttura che permette di raccogliere molti capitali con l’azionariato, essa principalmente ha due caratteri. 1) RESPONSABILITA’ LIMITATA i soci rispondono solo per la quota conferita; 2) QUOTE sono costituite dalle azioni, le quali sono dei titoli di credito causali, esse hanno un valore nominale che è dato dal capitale sociale diviso il numero delle azioni; il valore reale dipende dall’andamento del mercato per le società quotate in borsa, e dall’andamento della società per quelle non quotate. Per la costituzione di questa società si devono affrontare tre passaggi: la stipula del contratto, l’omologazione e l’iscrizione. La stipula del contratto avviene tra più parti (contratto plurilaterale), in altre parole il contratto costituisce l’atto costitutivo (per costituire una S.p.A. ci vogliono almeno 200 milioni di lire), il quale passa al tribunale che lo omologa (controllo), dopo di che se l’atto costitutivo è stato omologato, il tribunale ordina l’iscrizione nel registro delle imprese. Dalla stipula all’iscrizione possono passare anche dei mesi, in questo periodo la società non esiste. Per ottenere l’iscrizione nel registro delle imprese, si devono rispettare tre condizioni definite dall’articolo 2.329 c.c. 1) Il capitale sociale deve essere interamente sottoscritto dai soci. 2) È richiesto il versamento di 3/10 del denaro liquido conferito alla Banca d’Italia in un

conto infruttifero, un volta fatta l’iscrizione questo denaro viene restituito.

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3) Per ottenere l’omologa e la relativa iscrizione, si deve portare al tribunale l’atto costitutivo e la ricevuta dell’avvenuto deposito.

Ricapitolando dobbiamo sottolineare che la S.p.A. è un società con una sua personalità giuridica e la sua forma favorisce l’entrata di molti capitali. Il contratto societario è costituito dallo statuto e dall’atto costitutivo. Il contratto può essere stipulato in maniera simultanea (più persone si trovano assieme e stipulano il contratto), questo modo è il più usato. Il contratto può avvenire con una stipula successiva, questo modo è desueto, quindi la spiegazione di questo modo per la stipula non è necessaria. L’atto costitutivo deve rispettare i requisiti indicati dall’articolo 2.328 c.c. L’atto costitutivo deve indicare: 1) il cognome ed il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza dei soci,

nonché il numero delle azioni sottoscritte da ciascuno di essi; 2) la denominazione, la sede della società e le eventuali sedi secondarie; 3) l’oggetto sociale; 4) l’ammontare del capitale sottoscritto e versato; 5) il valore nominale e il numero delle azioni e se queste sono nominative o al portatore; 6) il valore dei crediti e dei beni conferiti in natura; 7) il metodo usto per la ripartizione degli utili; 8) il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la

rappresentanza della società; 9) il numero dei componenti del collegio sindacale; 10) la durata della società; 11) l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico

della società. Lo statuto contiene le norme relative al funzionamento della società, esso si considera parte integrante dell’atto costitutivo e deve essere a questo allegato. In una S.p.A. ci possono essere vari tipi di azioni, queste possono essere ordinarie che danno diritto allo status di socio. Questo status da dei diritti e degli obblighi, l’obbligo più importante è quello di conferire quanto promesso (l’obbligo del conferimento), i diritti sono molteplici: - diritto di intervenire nell’assemblea; - diritto di voto; - diritto al dividendo qualora ci sia; - diritto di riparto (quando la società si scioglie); - diritto d’opzione (se la società ha bisogno di incrementare il suo capitale sociale, si da

diritto di mantenere il proprio potere all’interno della società hai soci già presenti, che devono apportare dei finanziamenti entro sei mesi. In caso contrario ci si rivolge ad altri soggetti).

Esistono anche le azioni privilegiate esse sono limitate nel diritto di voto e vengono assegnate a determinati soci che sono privilegiati nella divisione degli utili. Nella società abbiamo il capitale sociale, la riserva legale (5% del capitale sociale) e ci potrebbe essere anche la riserva statutaria che sono degli utili non distribuiti. Quando c’è la necessità di ridurre il capitale sociale, si opera un sorteggio tra i soci, i soci sorteggiati vengono liquidati con il costo nominale delle loro azioni e poi con azioni di godimento (per non creare ulteriore pregiudizio), esse corrispondano all’interesse legale esistente in quel momento e sono prive di diritto di voto. Le azioni di risparmio sono state introdotte nel ’74 (periodo di crisi economica) per incrementare il capitale delle società, sono delle azioni molto vicine alle obbligazioni, queste azioni non hanno il diritto di voto, ma hanno delle agevolazioni fiscali. Come abbiamo appurato in precedenza, per incrementare il capitale sociale prima ci si rivolge ai soci già presenti in società per il diritto d’opzione. Se non ci sono conferimenti

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ci si rivolge ad altri soggetti, oppure si può chiedere un prestito obbligazionario, per chiedere questo prestito la società deve dimostrare di poter coprire questo prestito, le obbligazioni hanno un interesse pattuito. L’assemblea può essere generale quando ci sono tutti i soci, le assemblee speciali ci sono soltanto solo in quelle società dove ci sono le azioni privilegiate, in queste assemblee si riuniscono solo i soci privilegiati. L’assemblea ordinaria deve riunirsi almeno una volta l’anno per approvare il bilancio consultivo e preventivo e la nomina o l’eventuale conferma degli amministratori. Le assemblee straordinarie si occupano di particolari argomenti, per esempio la modifica dell’atto costitutivo, in queste assemblee deve essere presente un notaio che redige un verbale, che verrà depositato presso la cancelleria del tribunale nel registro delle imprese. L’organo deliberativo è l’assemblea (ha il compito di prendere decisioni), gli amministratori costituiscono l’organo esecutivo, il collegio sindacale formato dai sindaci è l’organo di controllo. Questi ultimi concetti devono essere ben chiari, quindi li riassumiamo. ASSEMBLEA ORDINARIA STRAORDINARIA ORGANO DELIBERATIVO AMMINISTRATORI ORGANO ESECUTIVO COLLEGGIO SINDACALE SINDACI ORGANO DI CONTROLLO L’assemblea deve essere convocata dagli amministratori, e se questi non la convocano, deve essere convocata dai sindaci. La convocazione deve essere pubblicata nella gazzetta ufficiale almeno dieci giorni prima, nella convocazione deve essere riportato il giorno, l’ora e l’ordine del giorno. Gli amministratori hanno il compito di gestire l’impresa, la loro carica non può durare oltre i tre anni, ma sono rieleggibili, il loro nome deve essere scritto nel BUSARL. I sindaci costituiscono l’organo di controllo, esso è costituito da tre a cinque membri e due membri supplenti. Il sindaco deve essere una persona capace, non deve essere mai stata dichiarata fallita, non può mai essere parente degli amministratori e non può essere inabilitata e/o interdetta. I sindaci devono essere delle persone con una competenza adeguata, devono conoscere lo statuto della società, di solito sono dei commercialisti. Il 9 aprile ’91 con un decreto n°127 lo stato italiano ha recepito una direttiva CEE, la famosa quarta direttiva (la direttiva è un consiglio, ma da poco è stato firmato un trattato che fa diventare le direttive dei regolamenti che gli stati membri devono recepire altrimenti ci possono essere delle sanzioni amministrative). Il bilancio (art. 2.423 c.c.) è costituito da tre documenti: - stato patrimoniale; - conto economico; - nota integrativa. Il bilancio ha il fine di proteggere i terzi, infatti, da esso emergono gli utili e le perdite che durante l’anno la società ha evidenziato, gli utili poi devono essere distribuiti tra i soci. Lo stato patrimoniale rappresenta la situazione economico-finanziaria di una società. Il conto economico è sempre un prospetto economico, rappresenta tutti i costi e i ricavi, alla fine si fa la differenza tra queste due voci e quindi risultano gli attivi o le passività. La nota integrativa illustra i criteri con i quali si sono fatti i conti, in altre parole è una chiave di lettura che illustra il metodo dei conteggi; ci possono essere altre note: i compensi agli amministratori, il numero dei dipendenti, il valore nominale delle azioni…

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Oltre al bilancio c’è un altro documento, denominato relazione degli amministratori, in questa viene esposta la situazione della società, l’andamento della gestione, una “spiegazione” del bilancio e le politiche auspicabili per quel tipo di società. IL FALLIMENTO. È un’esecuzione concorsuale, ed è un processo di esecuzione forzata sui beni di un’impresa insolvente, i beni vengono venduti e con il ricavato si soddisfa tutta la massa di creditori. Un’altra procedura è l’amministrazione controllata che tenta di risanare l’impresa con l’affiancamento di altri amministratori. Queste due procedure vengono dette concorsuali per la parcondicio creditorum, le procedure di cui si tratta tendono a soddisfare, nei limiti del possibile e col rispetto del pari trattamento di tutti, tutti i creditori dell’imprenditore, esplicando procedure che valgono per tutti che non devono essere promosse da ciascuno nel proprio esclusivo interesse. Distinguiamo due tipi di creditori, i creditori con diritto di prelazione, sono tutti quelli che hanno un credito garantito da garanzie reali. I creditori chirografari sono tutti quelli che hanno delle fatture o delle parcelle non pagate. Il fallimento interessa l’intera universalità dei beni del fallito, in altre parole significa che l’intero patrimonio del fallito è interessato dal fallimento, con tutti i suoi beni presenti e futuri. Fallisce l’imprenditore definito ai sensi degli articoli 2.082 e 2.195 de codice civile, non falliscono mai gli enti pubblici ( in questo caso c’è una procedura particolare denominata liquidazione coatta amministrativa) e i piccoli imprenditori. Il presupposto soggettivo del fallimento, in altre parole il soggetto del fallimento è costituito da imprenditori, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori. Per quanto concerne le grandi imprese c’è la legge Prodi del ’79 n°95, quando queste andavano in crisi. Per grandi imprese si consideravano quelle con un elevato numero di lavoratori, il fallimento di queste imprese comportava un danno sociale (perdita di posti di lavoro) e un danno economico(abbattimento della domanda). Il riconoscimento di grande impresa e l’applicazione di questa legge, comporta il non fallimento dell’impresa e la massa di creditori non veniva soddisfatta. In questo modo i creditori venivano gravemente danneggiati, come un’ulteriore beffa, questi dovevano pagare le imposte sul credito concesso. Per evitare tutto questo lo stato ha posto un freno all’applicazione di questa legge. Questa legge favoriva il lato sociale (con la salvaguardia dei posti di lavoro e dell’economia), ma penalizzava il lato liberale (deprimeva l’iniziativa privata). L’imprenditore siamo abituati a identificarlo con una persona fisica, in realtà può essere imprenditore anche una persona giuridica. Esiste anche il fallimento di un socio defunto oppure che ha lasciato la società, la richiesta di fallimento deve avvenire entro un anno dal declino o dall’abbandono della società. Nelle società di persone fallisce sia la società sia i soci che hanno conferito, nelle società di capitali fallisce soltanto la società. A questo punto passiamo ad analizzare il presupposto oggettivo in altere parole il motivo per il quale viene dichiarato il fallimento. Il fallimento è dichiarato per uno stato di insolvenza (articolo 5 della legge fascista e regio decreto n°267 del ’42). Dall’articolo 5 comma 2 si evince che l’imprenditore può essere insolvente o inadempiente, l’imprenditore è insolvente se è debitore di una somma che investe l’intero suo patrimonio, invece l’inadempienza riguarda solo i singoli rapporti creditizi. L’inadempienza dell’imprenditore può essere individuata anche da determinati segni esteriori: - fuga o latitanza dell’imprenditore; - proteste degli operai (che non percepiscono lo stipendio); - ricorso agli usurai; - elevazione di protesti cambiari;

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- svendita di macchinari, in altre parole pagamento con mezzi non normali (i debiti vengono pagati per mezzo la svendita di macchinari).

L’articolo 6 della legge fallimentare enuncia da chi può essere chiesta la dichiarazione di fallimento: - dai creditori; - dallo stesso debitore; - dal pubblico ministero ( per esempio durante un procedimento penale il P.M. si accorge

che una delle parti è insolvente e quindi ne dichiara il fallimento); - d’ufficio da un tribunale (questo può avvenire nei procedimenti civili, oppure lo si evince

dai protesti cambiari e quindi il tribunale dichiara il fallimento). PROCEDURA FALLIMENTARE. Quando la domanda di fallimento viene inoltrata dai creditori o dal debitore stesso, il tribunale è tenuto a fare una verifica di insolvenza. Da questa il tribunale può rigettare l’istanza (rifiuta la domanda dei creditori o del/dei debitore/i, anche se quest’ultima possibilità è alquanto rara), oppure fare una dichiarazione di fallimento con una sentenza (art. 16 L.F.). questa dichiarazione ha i seguenti contenuti: 1) nomina del giudice delegato per la procedura; 2) nomina del curatore; 3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili presso il tribunale; 4) tutti i creditori entro un mese devono presentare la domanda presso la cancelleria, per

l’ammissione al passivo; 5) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza nella quale si procederà all’esame dello

stato passivo, essa deve essere svolta dal trentesimo giorno dalla dichiarazione di fallimento, al cinquantesimo giorno.

La sentenza deve essere pubblicizzata ai sensi dell’articolo 17 L.F., l’estratto della sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale e deve essere pubblicata nel foglio degli annunzi legali della provincia. Alla sentenza di fallimento si può fare opposizione, comunque è una via molto difficile da esperire, perché si è messa in moto una “macchina” difficile da fermare. Nel caso in cui avvenga la revoca, l’imprenditore che è stato inattivo per mesi a causa della procedura fallimentare, deve essere risarcito da chi ha chiesto il fallimento (danni e spese), per questo i creditori devono fare attenzione quando chiedono il fallimento di un imprenditore. Il tribunale fallimentare è composto da tre giudici, ed è investito da tutta la procedura fallimentare. Il giudice delegato vigila, verifica (per esempio le stime sui beni del fallito) e dirige le operazioni del fallimento. Il curatore di solito è un professionista (commercialista), amministra tutti i beni del fallito (tutti gli aspetti contabili). Il suo compenso è costituito da una percentuale sull’attivo realizzato con la vendita dei beni strumentali dell’imprenditore. Gli atti di ordinaria amministrazione li compie il curatore, per gli atti di straordinaria amministrazione, il curatore deve chiedere l’autorizzazione al giudice delegato. Il curatore deve svolgere una relazione dove motiva il perché del fallimento, inoltre deve assistere il giudice delegato nel formare lo stato passivo, in realtà il curatore fa lo stato passivo e il giudice delegato lo firma. Il curatore deve procedere alla liquidazione delle attività vendendo tutti i beni, ogni due mesi deve fare una previsione di riparto delle somme attive, alla fine deve presentare un rendiconto di gestione. Il comitato dei creditori non è sempre presente, è formato da 3-5 creditori, quelli più rappresentativi, il comitato può chiedere notizie sullo stato del fallimento, può esprimere dei pareri, ma questi sono facoltativi. Solo in un caso il comitato dei creditori può dare un parere vincolante, quando chiede la continuazione dell’attività dell’imprenditore. Per far continuare un’attività a un imprenditore, saranno necessari nuovi finanziamenti, chi fornisce il supporto economico

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dovrà essere pagato per primo rispetto agli altri creditori, questi debiti si chiamano di massa. Per esempio un imprenditore è titolare di un’impresa di costruzioni che sta ultimando delle casette a schiera, se i creditori ritengono più opportuno fargliele ultimare, per poi ricavare dalla loro vendita maggiori finanziamenti di quelli che potrebbero ottenere con la vendita del cantiere, il loro parere è vincolante. EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO. Nei confronti del fallito abbiamo effetti di natura personale e patrimoniale. EFFETTI PERSONALI Il fallito non può svolgere determinate professioni Non può ricoprire determinati uffici (curatore). Tutta la corrispondenza sia personale che amministrativa indirizzata al fallito viene girata al curatore. Il fallito perde l’elettorato sia attivo che passivo per 5 anni.

Il passaporto viene ritirato. Non si può allontanare dalla sua residenza, se né ha la necessità lo deve chiedere al curatore, che a sua volta chiede l’autorizzazione al giudice. EFFETTI PATRIMONIALI Spossessamento da tutti i suoi beni presenti e futuri, in altre parole il fallito è privato dall’amministrazione e dalla disponibilità dei suoi beni. Il fallito può essere titolare di un’altra attività, tutte le entrate di questa devono essere convogliate al curatore che amministra tutti i beni del fallito. Il curatore destina una parte dei soldi al sostentamento della famiglia del fallito. Gli effetti del fallimento nei confronti dei creditori, sono principalmente due: 1) apertura del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, questo ha l’obbiettivo di

accertare il numero dei crediti e la loro natura; 2) stato dei crediti. Tutti i crediti vengono stabilizzati, cioè per questi non si calcolano gli interessi, tranne per i crediti garantiti da pegno o da ipoteca, per questi gli interessi maturano. All’apertura del concorso tutti i creditori possono chiedere di entrare nello stato del passivo per par condicio. Il fallito prima della dichiarazione di fallimento può aver compiuto degli atti pregiudizievoli nei confronti dei creditori. Il fallito può cercare di “svuotare” il suo patrimonio vendendo i beni a terzi con contratti simulati. Un’azione pregiudizievole può essere anche quella di favorire solo alcuni tra tutti i creditori. Il curatore attraverso gli atti revocatori può recuperare i capitali usciti dal patrimonio. Il curatore va a vedere tutte le azioni dei cinque anni precedenti, ma per ipso iure cioè di diritto, vengono revocati tutti i debiti pagati prima della scadenza e tutti gli atti a titolo gratuito (regali, donazioni) nei due anni precedenti. I regali d’uso e le donazioni che hanno una finalità pubblica non possono essere revocati, per revocare gli atti compresi tra i due anni e i cinque anni addietro, è necessaria una sentenza del giudice. Anche i creditori privilegiati che sono stati pagati quando il loro debito doveva ancora scadere, devono restituire queste somme allo stato fallimentari. Sono revocati non ipso iure, ma per iniziativa del curatore tutti gli atti a titolo oneroso con una forte sproporzione: tra il debito dovuto e l’adempimento. La revocatoria ordinaria si applica prima dei due anni, per essere applicata il curatore deve dimostrare il pregiudizio a terzi. La presunzione Muciana afferma che il coniuge è complice. Tutti gli atti fatti dal coniuge negli ultimi cinque anni vengono revocati, a meno

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che il coniuge non dimostri che quegli atti siano stati fatti con denaro proprio e non del coniuge fallito. Tutti i beni intestati al coniuge del fallito ritornano al fallimento, quindi tutti i passaggi di proprietà in questo caso fatti durante il matrimonio e non solo negli ultimi cinque anni. FASI DEL FALLIMENTO. Le fai del fallimento sono principalmente cinque: 1) conservazione e amministrazione; 2) accertamento del passivo; 3) accertamento dell’attivo; 4) liquidazione; 5) riparto. Una volta ottenuta la sentenza di fallimento si mettono i sigilli agli immobili del fallito, ovviamente questo non è sempre possibile (immobile abitato), quindi si fa un processo verbale, in altre parole una descrizione accurata e attenta dei beni presenti. L’amministrazione la si fa quando vengono tolti i sigilli, in questo caso il curatore deve registrare tutti i beni presenti. Un altro compito del curatore è quello di stillare un elenco dei creditori dopo aver ricevuto tutte le ammissioni al passivo, questa operazione si denomina accertamento del passivo. L’accertamento dell’attivo è l’operazione più lunga, essa avviene determinando le possibili entrate, con la vendita dei beni e con la revoca delle azioni. Alla fine di tutto questo c’è la liquidazione dei creditori. Per quanto concerne la vendita dei beni: i beni mobili possono essere alienati attraverso una trattativa privata coordinata dal curatore, invece i beni immobili si vendono all’incanto cioè all’asta. Chi acquista all’asta deve tenere conto anche di una tassa destinata al tribunale, ed è costituita da una quota percentuale. Dopo la liquidazione dei creditori, c’è il riparto, esso consiste nella ripartizione dell’attivo, prima si liquidano i debiti di massa e poi le spese di procedura. Il residuo va diviso tra i creditori con garanzia e i chirografari. È meglio chiarire cosa sono i debiti di massa e le spese di procedura, i primi sono dovuti ai professionisti che hanno eseguito delle prestazioni, le spese sono dovute (per esempio) ai collaboratori del curatore. L’art. 118 del codice civile, va a stabilire in quali casi c’è la chiusura del fallimento. Può avvenire quando non c’è nessuna domanda di ammissione al passivo, ma questo caso è alquanto raro. La chiusura del fallimento è più probabile che avvenga nel caso in cui tutti i debiti sono stati liquidati, oppure quando non esiste nessun attivo, allorché si verificasse tale ipotesi, il fallito viene sanzionato, a questa dovrà rispondere con tutti i suoi beni futuri per pagare le spese della procedura fallimentare (per esempio il curatore). Una volta chiusa la procedura fallimentare, tutti gli organi vengono sciolti. L’effetto principale della chiusura del fallimento nei confronti del fallito, e che il suo patrimonio viene reintegrato, in altri termini tutti i beni vengono restituiti al fallito. Dal punto di vista personale il fallito può chiedere la riabilitazione, cioè la cancellazione dal registro fallimentare (registro nero). Per ottenere ciò, deve dimostrare di aver pagato tutti i creditori, in caso contrario può chiedere la riabilitazione dopo cinque anni, se dimostra di essersi comportato bene. Dopo la chiusura del fallimento, il curatore e i creditori possono agire legalmente nei confronti del fallito, ma è una strada che molto spesso non porta nessun risultato. Per diminuire il pregiudizio sia nei confronti dei creditori, sia nei confronti del fallito, esiste il concordato fallimentare, questa strada permette inoltre di diminuire drasticamente i tempi. Questo può accadere quando l’imprenditore ha ancora una buona forza produttiva, e per evitare maggiori pregiudizi cerca di ottenere un concordato fallimentare, per esempio

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l’imprenditore afferma di riuscire a pagare al 100% i debiti privilegiati e al 40% i debiti chirografari. Il tribunale deve analizzare se tale concordato è vantaggioso, tutti i creditori chirografari devono essere d’accordo, solo con queste condizioni il tribunale può concedere l’accordo fallimentare, in linea di massima ai creditori chirografari conviene accettare l’accordo. Ricapitolando, tale accordo avviene tra il fallito e i creditori, il tribunale in questo caso si riserva il compito di verificare l’opportunità, l’affidabilità e la legittimità di tale accordo. Il tribunale verifica l’opportunità, in altri termini valuta se i creditori chirografari possono ottenere di più del 40% (per esempio). Dopo di che l’imprenditore può ricominciare la sua attività. Il fallimento può essere caratterizzato dalla banca rotta semplice o fraudolenta. La banca rotta semplice si ha quando una persona ha agito con colpa (negligenza, imperizia e imprudenza), per esempio quando un imprenditore ha fatto degli investimenti rischiosi, oppure quando il fallito non riesce ad adempiere l’accordo fallimentare, oppure quando i registri contabili non sono tenuti secondo la legge. La banca rotta semplice prevede dai 6 mesi hai 2 anni di reclusione. A questo punto possiamo affermare che con la banca rotta entriamo nella parte penale del fallimento. La banca rotta fraudolenta si verifica quando si è agito con dolo cioè con la volontà di creare pregiudizio, essa si può avere quando sono state sottratte le scritture contabili, oppure è avvenuta la distruzione o sottrazione di beni. La sottrazione di beni può avvenire quando sono stati usati come mezzi di pagamento, solo per pagare alcuni creditori. DIRITTO DI FAMIGLIA. L’articolo 3 e 29 della costituzione sono i principi fondamentali del diritto di famiglia, il primo afferma l’uguaglianza sia in senso formale che sostanziale, il secondo riconosce come unità fondamentale e naturale la famiglia fondata sul matrimonio. Partendo dal presupposto che il codice civile è nato nel 1942 e la costituzione italiana nel 1948, negli anni ’40 la famiglia italina era basata sul patriarcato. La società di quel tempo si reggeva con l’agricoltura, per evitare la frammentazione delle proprietà terriere e per garantire una adeguata forza lavoro, infatti, a quel tempo non esistevano le culture intensive e il rendimento dei campi era modesto perché non esisteva la meccanizzazione. Per queste motivazioni esisteva la famiglia patriarcale. Per quanto concerne la normativa di quei tempi, ovviamente essa tutelava la famiglia patriarcale, tale normativa affermava che il marito aveva la potestà sia sul figlio e sia sulla moglie, in altre parole il marito poteva decidere il futuro dei figli anche senza il consenso della moglie. Le cose sono cambiate notevolmente nel ’48 con la costituzione italiana con l’articolo 3 che afferma la parità tra i sessi e l’articolo 29, che afferma l’uguaglianza giuridica e morale tra i coniugi. Molti penseranno che le leggi sul diritto di famiglia del c.c. siano incostituzionali, ma forse alcuni si ricorderanno che la costituzione può essere programmatica cioè prevedere per il futuro delle leggi da adottare, aspettando la maturazione della società cercando di legiferare le leggi quando la società è pronta per accettarle. Si deve dire che negli anni ’50 c’è stato il boom economico, questo ha provocato un radicale cambiamento del tessuto sociale, con lo smembramento delle famiglie patriarcali, quindi i figli maschi se ne andavano dalla casa natale per formare un altro nucleo. Nonostante questa evoluzione il codice civile è rimasto tale fino al 19 maggio del 1975, quando è stata legiferata la legge n°151 con la riforma del diritto di famiglia. Ricordiamo che nel ’48 il codice civile non è stato modificato, infatti, quelle modifiche non erono realizzabili nell’immediato, si sono posti solo degli obbiettivi da raggiungere. Nella famiglia si instaurano vari rapporti.

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- CONIUGIO Il rapporto che lega i due coniugi - PARENTELA IN LINEA RETTA Discendono l’uno dall’altro (nonno-

papà-nipote). IN LINEA COLLATERALE Non discendono l’uno dall’altro (zii). La parentela è un rapporto che lega tutti i consanguinei. - AFFINI Non c’è un rapporto di parentela, ma c’è un rapporto di affinità per esempio nuora-suocera. Per stabilire il grado di parentela si contano tutte le persone e si toglie lo stipite. Per chiarire meglio il concetto consideriamo il grado di parentela che intercorre tra nonno e nipote (NONNO-PADRE-NIPOTE), non si conta lo stipite, quindi il nonno, e si contano le persone rimaste, in questo caso due: il grado di parentela è il secondo. Il grado di parentela preso in considerazione è in linea retta. Calcoliamo il grado di parentela tra due cugini di primo grado:

NONNO-NONNA FIGLIO 1 FIGLIO 2 NIPOTE 1 NIPOTE 2 Come si può facilmente vedere i due nipoti tra di loro sono cugini, quindi ci apprestiamo a calcolare un grado di parentela collaterale, cioè che non deriva da una discendenza diretta. Non consideriamo gli stipiti (NONNO-NONNA) e contiamo le persone rimaste, in questo caso quattro: la parentela è del quarto grado. I rapporti di parentela vengono considerati per gli eventuali impedimenti al matrimonio: l’obbligo agli alimenti, matrimoni tra parenti (si deve considerare il grado) e l’eredità. Il Italia la famiglia è fondata sul matrimonio, questi possono essere di vario tipo: civile, cattolico, acattolico. la differenza sostanziale tra questi tre tipi di matrimonio riguarda solo il celebrante. Lo Stato italiano richiede che ci siano delle pubblicazioni almeno 180 giorni prima delle nozze, queste devono rimanere pubblicate almeno due domeniche consecutive, questo per consentire a chiunque di opporsi al matrimonio. Dalla data delle pubblicazioni le nozze si possono posticipare di 180 giorni, se tale data viene fissata oltre questo termine le pubblicazioni devono essere rifatte. La legge richiede che durante la celebrazione ci sino almeno due testimoni, il celebrante come prevede la legge deve leggere gli articoli 143-144-147 del codice civile. Il matrimonio civile è celebrato in municipio dove il celebrante è di solito il sindaco. Con il concordato del ’29 (Patti Lateranesi) il matrimonio cattolico ha anche valore civilistico. Il matrimonio acattolico si ha quando il celebrante appartiene ad altre religioni (ebraica, islamica), queste religioni hanno fatto degli accordi con lo Stato italiano, per cui anche questi matrimoni hanno valore civilistico. Finche non ci si sposa una persona può cambiare deliberatamente idea, gli obblighi si hanno quando ci sono dei contratti fatti di comune accordo. Se si rompe il fidanzamento, scatta la responsabilità per la parte che ha negato senza motivo la possibilità di matrimonio, ma tale responsabilità sussiste solo quando risulta da un atto scritto. L’atto scritto per eccellenza sono le pubblicazioni, in questo caso devono essere restituiti tutti i regali d’uso (l’anello di fidanzamento, collane, bracciali, automobili) di un certo valore.

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INVALIDITA’ DI UN MATRIMONIO. � INESISTENTE Manca la celebrazione.

Manca il consenso tra gli sposi. Persone dello stesso sesso.

� IRREGOLARE Impedimenti impedienti (pubblicazioni fatte in modo irregolare e lutto vedovile, infatti, una donna in Italia deve aspettare trecento giorni dalla morte del marito per evitare il problema di un’eventuale paternità come ribadisce l’articolo 134 c.c.).

� INVALIDITA’ Impedimenti dirimenti (il fatto di non avere la, maggiore età, interdizione giudiziale, incapacità naturale, libertà di Stato, infatti, in Italia la bigamia è un reato ed inoltre la sussistenza dei gradi di parentela; non si può sposare l’adottato e non si può mai sposare una persona il quale coniuge di questo ha subito un omicidio o un tentato omicidio). Vizi del consenso (l’errore, la violenza e timore di eccezionale gravità, infatti, si può invalidare un matrimonio, se questo è frutto del timore che succeda qualcosa a un’altra persona).

L’errore per esempio si ha quando si scopre che ci sono degli errori sulle qualità fisico psichico e morali (devianze sessuali). La violenza è la minaccia di un male ingiusto e notevole. La simulazione di matrimonio la si fa molto spesso per avere la cittadinanza italiana. La simulazione si ha quando due parti hanno la volontà di concludere un negozio ma non ne vogliono gli effetti. Nel caso del matrimonio la simulazione è assoluta cioè le parti non vogliono gli effetti del matrimonio. I RAPPORTI TRA CONIUGI. Ci sono i rapporti personali e i rapporti di natura patrimoniale. Con la riforma del ’75 i coniugi hanno pari poteri, la potestà ce l’hanno tutti e due, infatti, le decisioni devono essere prese da entrambi. Solo in caso di pericolo di morte del figlio l’ultima parola spetta al padre, ma come si può vedere è un caso estremo. La legge italiana permette ai coniugi di riferirsi al giudice per le eventuali discordie che possono sorgere. Ai sensi dell’articolo 143 con il matrimonio sorgono tra i coniugi degli obblighi che sono la fedeltà. La collaborazione, la coabitazione, assistenza morale e materiale nell’interesse della famiglia. Se viene meno uno di questi obblighi è un’aggravante in caso di separazione, ad ogni modo non ci sono delle sanzioni. La moglie unisce al suo cognome quello del marito, negli atti ufficiali riguardanti beni in comune si mettono i due cognomi. Gli obblighi di tipo patrimoniale derivano da due situazioni diverse, che si possono verificare, detti regimi patrimoniali.

1) COMUNIONE LEGALE (REGIME LEGALE). Prima del 1.975 nel silenzio i coniugi di trovavano automaticamente in regime di separazione dei beni, mentre ora, al contrario, la condizione è di comunione dei beni. Significa che tutti i beni acquisiti dopo il matrimonio ricadono nella comunione, al contrario dei beni acquisiti prima del matrimonio, che rimangono al di fuori della comunione legale. Tutti i beni ad uso strettamente personale, acquisti anche dopo il matrimonio, tutti i beni che servono per l’esercizio della professione. L’immobile ad uso strumentale, in questo caso il notaio ha l’obbligo di domandare se tale bene deve ricadere

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nella comunione. Le eredità, le donazioni, le pensioni di invalidità, i risarcimenti dei danni, tutte queste cose non cadono nella comunione. Non cadono in comunione tutti i beni acquisiti con i proventi generati dai beni esclusi dalla comunione. L’amministrazione ordinaria può essere fatta da entrambi i coniugi in modo indipendente. Gli atti di straordinaria amministrazione devono essere eseguiti in modo congiunto. La comunione si può sciogliere con il comune accordo, passando al regime convenzionale. Se la scelta viene compiuta al momento del matrimonio è gratis, se viene fatto dopo si devono affrontare le spese notarili.

Il regime convenzionale è costituito da tre regimi.

- Separazione dei beni. - Comunione convenzionata. - Fondo patrimoniale.

Il fondo patrimoniale è un fondo a servizio della famiglia. Oggi non viene più usato anche per la sua difficile gestione. Infatti per svincolare un bene dal fondo patrimoniale è necessaria la firma congiunta dei coniugi, le firme dei figli maggiorenni e del giudice, che deve autorizzare l’alienazione avallando che la vendita del bene è nell’interesse della famiglia. Il fondo patrimoniale ha sostituito quella che un tempo era la dote. Nella separazione dei beni tutti i beni acquisiti dopo il matrimonio ricadono nella sfera giuridica di chi li ha acquisiti. Per cambiare regime ci vuole un atto notarile oppure lo si deve dichiarare nelle nozze. La comunione convenzionale è una comunione legale con l’aggravante. Molto spesso qui c’è un’impresa famigliare che esiste da prima delle nozze, secondo le regole della comunione sarebbe di proprietà di uno dei due. Per coinvolgere l’altro coniuge si deve fare la comunione convenzionata. FILIAZIONE. I figli possono essere:

- Figli legittimi. - Figli naturali (riconosciuti, non riconosciuti). - Figli naturali riconosciuti e legittimati. - Adottivi.

Il figlio legittimo è nato da donna certa, coniugata, autore del concepimento deve essere il marito, ed il concepimento deve essere avvenuto durante il matrimonio. Si presume nel silenzio delle parti che il presunto padre sia il marito. Per essere concepito durante il matrimonio deve essere nato dopo 180 giorni dalle celebrazioni delle nozze, oppure 300 giorni dalla separazione o morte del marito. Il figlio legittimo può essere contestato. Può essere colpita la legittimità, questa questione può per esempio essere sollevata dagli eredi, cioè fratelli o parenti. Il papà può disconoscere la paternità. Questa può essere provata con la mancata presenza o per impotenza a generare, oppure dimostrando che la moglie aveva un’altra relazione. Il marito può disconoscere la paternità entro un anno, anche la mamma può disconoscere il figlio entro sei mesi. L’altro istituto può essere il reclamo della legittimità. I figli che non sono stati riconosciuti possono chiedere, con tutte le prove possibili, di essere legittimati. I figli naturali nascono al di fuori del matrimonio, e questi possono essere riconosciuti da entrambi i genitori, oppure da uno solo. Il figlio naturale riconosciuto e il figlio legittimo, sono uguali, sia come dovere che come diritti. Un tempo vi erano delle differenze concernenti alla possibilità di ereditare lasciti lasciati da altri parenti, oggi questa differenza non esiste più. I figli naturali riconosciuti

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possono essere legittimati con il matrimonio dei genitori, oppure con la sentenza di un giudice, se per esempio queste due persone di trovano nell’impossibilità di sposarsi. Il figlio adottivo non ha alcun legame biologico con i genitori adottivi. L’adozione è un istituto giuridico che crea un legame parentale, un vincolo di filiazione, tra soggetti che non sono legati da nessun vincolo di natura biologica. È necessario che questi banbini siano nelle condizioni di adottabilità, questo status può essere ottenuto da quei bambini in condizioni di totale abbandono sia materiale che morale. Non ci deve essere nemmeno una parvenza di padre o di madre, quindi non si può strappare un bambino da un nucleo poco presente, in questi casi vi sono altri istituti di tutela del minore, come i servizi sociali o l’affidamento temporaneo. Per quanto concerne i genitori essi devono essere coniugati da almeno tre anni, e non devono essere separati, neppure di fatto. Ci devono essere almeno 18 anni di differenza tra chi adotta e chi viene adottato, e non più di 45. Si deve dimostrare di essere dei genitori, certamente il già avere figli, aiuta nella procedura di valutazione. A seguito dell’arrivo del minore, vi è un anno di prova, ove la nuova famiglia viene seguita da un sociologo. Dopo di che l’adozione diviene definitiva, e l’adottato diviene un figlio legittimo a tutti gli effetti, e vengono tagliati tutti i legami con il passato. L’adozione dei maggiorenni è poco usata, e si procede con il consenso di quest’ultimo; in questo caso i due cognomi vengono uniti. L’affido è un altro istituto giuridico. Con questo si da sostegno materiale e morale a un figlio di un’altra coppia. Questi minori vengono individuati dagli assistenti sociali, e questi possono essere affidati. I genitori affidatari sono obbligati a far tornare l’affidato una volta superate gli impedimenti che hanno generato la necessità dell’affido. SEPARAZIONE. La legge sul divorzio è la n°898 del 1.970. Quando i due coniugi ritengono che la loro unione materiale e morale sia conclusa, possono decidere di separarsi per un certo periodo di tempo, per poi, eventualmente, riappacificarsi e ricostituire il nucleo famigliare. La separazione consensuale la si ha quando i due coniugi riescono a trovare un accordo sulla separazione dei beni, e sul mantenimento degli eventuali figli. Se l’accordo non arriva si deve percorrere la via della separazione giudiziale; quindi deve decidere il giudice che guarda sempre l’interesse dei figli. L’accordo nelle separazioni consensuali deve essere omologato dal tribunale, il quale lo sottopone ad un controllo per verificare se gli interessi dei figli sono tutelati. Anche se la separazione è dovuta ad un adulterio, questo non è pregiudiziale per il mantenimento dei figli. In questo caso si ha una separazione con addebito di colpa, in altre parole il coniuge adultero avrà diritto ai soli alimenti e non al mantenimento. La separazione di fatto la si ha quando due persone non coabitano, questo fatto non ha nessuna rilevanza giuridica, lo ha solo al momento della richiesta di adottare un bambino. Qualora le condizioni economiche dei due coniugi dovessero mutare, può essere richiesta la variazione dei termini economici della separazione. Il mantenimento si configura come una somma di denaro corrisposta dal coniuge più forte al più debole, al fine di preservare le stesse condizioni di vita di questo anche dopo la fine dell’unione. La separazione ha una durata massima di tre anni, passati i quali il giudice può tentare un ultimo tentativo di riconciliazione, altrimenti si procede al divorzio, quindi allo scioglimento legale del matrimonio civile, non quello cattolico. La moglie perde il cognome del marito, tranne nei casi di danno evidente. Si può arrivare al divorzio direttamente, senza passare per la separazione.

- Quando uno dei due coniugi è stato colpito da una pena all’ergastolo, o oltre i 15 anni di reclusione.

- Quando uno dei due coniugi si è sposato all’estero.

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- Quando il matrimonio non è stato consumato. - Cambio di genere, secondo la legge n°164 del 1.982.

LE SUCCESSIONI. Le successioni possono essere tra vivi o per mortis causas, noi vediamo il secondo caso. La morte fisica di un soggetto comporta.

1) Estinzione di tutti i diritti personali, i diritti patrimoniali e i diritti patrimoniali strettamente personali (uso, usufrutto, abitazione).

Ci sono una serie di diritti che devono essere gestiti, come i diritti ereditari, dato che in Italia è riconosciuta la proprietà privata come valore sociale. Possiamo avere tre tipi di successione.

- Legittima, cioè quella prevista dalla legge. - Necessaria, questa va contro il testamento. - Testamentaria, rispecchia la volotà del De Cuius.

Se la successione è legittima, sono capaci a succedere tutte le persone fisiche viventi alla morte del de cuius, e tutte le persone concepite, e nate vive, non oltre trecento giorni dalla morte del marito. Per quanto riguarda il testamento, possono succedere le persone fisiche, le persone concepite, e quelle ancora da concepire. Sono capaci succedere anche le persone giuridiche, questo accade solo nelle successioni testamentarie. Per una società di capitali o commerciale non ho la necessità di nessuna autorizzazione, mentre per le associazioni riconosciute e le fondazioni ho bisogno di una autorizzazione governativa. Gli incapaci a succedere sono:

- il non nato; - il non concepito; - il tutore; - il notaio, i testimoni e gli interpreti nel caso di testamento pubblico.

L’indegno a succedere è chi ha commesso atto grave come la calunnia, l’omicidio, il tentato omicidio, la falsa testimonianza. Quindi se abbiamo una successione legittima non erediterà nulla. L’indegno può essere riabilitato solo per volere testamentario. Istituto della delazione.

- Sostituzione. Si ha quando nel testamento c’è scritto “Destino tutto il mio patrimonio a ….”, ci potrebbe essere il nome del primo beneficiario, ed eventualmente di un secondo nel caso il primo rifiuti, o non sia più in vita.

- Rappresentazione. Questo può essere il caso nel quale l’eredità sia destinata ai fratelli, ad esempio tre fratelli, ora se uno di questi non è più in vita al momento dell’apertura del testamento, la sua parte andrà ai suoi eredi (figli). La rappresentanza è valida solo per i figli e fratelli sorelle.

- Accrescimento. Si ha quando gli eredi non sono ne fratelli, ne sorelle, ne figli. Ad esempio il de cuius lascia il suo patrimonio a tre cugini, se uno di questi viene a mancare, la sua quota viene divisa in parti uguali tra gli altri due cugini.

La successione si apre nel luogo dell’ultimo domicilio. Una volta aperta dal notaio, segue l’accettazione oppure la rinuncia. Dal punto di vista giuridico sono dei negozi unilaterali del diritto potestativo, in altri termini sono dei diritti potestativi di natura patrimoniale. L’accettazione è irrevocabile, quindi non si può tornare nei propri passi. La rinuncia è

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revocabile. L’accettazione può essere espressa o tacita, nel primo caso un atto scritto, nell’altro con comportamento concludenti, per esempio il godimento del bene, oppure la vendita di un bene dell’eredità. Per accettare l’eredità vi è un tempo di dieci anni, finché l’eredità non viene accettata ne rifiutata, si parla di eredità giacente, quindi si deve nominare un curatore che l’amministri negli atti ordinari. L’eredità può essere così accettata.

1) Imposta dalla legge: questo succede quando prima di accettare l’eredità, l’erede sottrae dei beni (lo fa in malafede) per poi magari non accettare, questo ovviamente crea pregiudizio ai possibili creditori.

2) Accettazione pura e semplice: in altre parole il patrimonio dell’erede si confonde con quello dell’estinto, si ha per cui la confusione dei due patrimoni. Tutti i rapporti reciproci in essere si annullano, e dovrà rispondere oltre l’attivo di tutte le obbligazioni che gravavano sul de cuius.

3) Con beneficio di inventario: l’erede risponde sempre fino all’attivo ereditario, il passivo residuo rimane insoddisfatto. Se si accetta con beneficio di inventario prima si devono sodisfare i debiti che gravano sull’eredità, poi eventualmente quelli che gravano direttamente sull’erede.

I creditori hanno tre mesi di tempo dall’apertura della successione, per richiedere che il patrimonio dell’eredità venga diviso da quello dell’erede, per evitare comportamenti pregiudiziali da parte di quest’ultimo, questo deve essere ottenuta da sentenza del giudice. La successione legittima (prevista dalla legge) si può fare quando non ci sia un testamento (oppure quando questo non sia ritenuto valido), questo istituto esiste per esigenze di solidarietà famigliare, dato che si presume che il de cuius voglia comunque tutelare i famigliari più stretti. La successione legittima (art. n°565c.c. e seguenti) prevede che i successori legittimi siano il coniuge, i discendenti, poi gli ascendenti, fratelli e sorelle, e tutti gli altri, in ordine, fino al sesto ordine. Se non c’è nessuno, erede è lo Stato, che copre le passività con le attività, se vi sono altre passività rimarranno insolute. Se c’è comunione dei beni, al coniuge va il 50%, mentre l’altra metà verrà spartita in parti uguali tra il coniuge ed i figli (all’altra metà concorrono tutti). Se non ci sono figli, il coniuge concorre con gli ascendenti eventuali. Ci sono due principi che regolano le successioni legittime.

- Ogni gradi parentela esclude l’altro, se ci sono i figli non va nulla agli ascendenti, e questo è il principio di esclusione.

- Concorso, tutti i figli concorrono. Il coniuge oltre al patrimonio dell’eredità ha diritto di avere l’uso dell’abitazione coniugale e di tutti i mobili, dato che il coniuge è il legatario legittimo. La successione necessaria va contro anche al testamento, dato che il principio base è sempre la solidarietà famigliare. Per esempio un padre non può lasciare tutto ad un terzo soggetto, lasciando nulla agli eredi legittimi. Se non ci sono ne figli, ne coniuge, ne ascendenti, può disporre liberamente del suo patrimonio, infatti la legge protegge solo tre categorie parentali. Esiste anche l’anticipo dell’eredità, ad esempio possiamo avere un padre che regala un appartamento ad un figlio per il suo matrimonio (valore 140.000€). Al momento della successione legittima, si scopre che agli altri due figli vanno 100.000€, questi possono chiedere la lesione della legittima, con il rientro nella successione degli 80.000€ di differenza. Se non state fatte delle migliorie la stima deve sempre farsi all’inizio. Sempre in funzione di tutela di quella che è la quota legittima, alla morte dei de cuius, si deve fare una riunione fittizia dei beni, e se c’è stata lesione della legittima, vanno recuperati i beni donati. Il testamento è un negozio unilaterale (è la manifestazione di volontà di un’altra parte), questo può essere olografo, oppure solenne che può essere segreto o pubblico per atto notarile. Il testamento (602 del c.c.) olografo è fatto dal de cuius su una carta qualsiasi,

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l’importante che sia scritto di proprio pugno, non deve essere scritto a macchina, deve essere datato, cioè deve avere una data certa, deve essere firmato, ed eventuali codicilli devono essere firmati anch’essi. Questo pezzo di carta non costa nulla, ma ha una serie di difetti: manomesso, sottratto, calligrafia non chiara, da luogo a possibili interpretazioni diverse, pure terminologiche, può essere provata l’incapacità mentale. Il testamento redatto dal notaio è solenne e formale, può essere anche pubblico, in questo caso vi è la necessità di due testimoni, ci può essere anche un interprete. Certamente il primo difetto è il costo, il pregio è la sua perfezione sia nella forma che nella sua interpretazione, ma soprattutto non può essere perso, si tenga conto che i due testimoni e l’eventuale interprete non possono ereditare. Il testamento solenne segreto viene consegnato in busta chiusa direttamente al notaio, che ha solo il compito di custodirlo. In questo caso il testamento può anche essere scritto a macchina, ma può sempre avere problemi di interpretazione. Il legatario riceve alcuni beni dal de cuius (per esempio la classica moto antica), invece l’erede subentra per una parte del patrimonio, e risponde per le attività e passività. I beni immobili fanno parte del patrimonio, il legato è sempre un bene mobile GLI ELEMENTI DEL DIRITTO PUBBLICO. Lo Stato italiano è un ente politico e giuridico che ha fini collettivi, perché deve soddisfare gli interessi di tutti i cittadini. Lo Stato nasce quando una collettività organizzata da potere ad una autorità. Una autorità viene riconosciuta quando questa può imporre la forza per far rispettare le proprie norme. Lo Stato è caratterizzato dalla presenza di tre elementi: il popolo, il territorio e la sovranità. Il popolo è l’insieme dei cittadini, diverso è il significato di popolazione che si intendono tutte quelle persone che vivono in un determinato paese, in un determinato momento essi sono i cittadini e gli stranieri (comunitari e extracomunitari). L’Italia è uno Stato nazionale perché la maggior parte dei cittadini è di nazionalità italiana. Per nazionalità si intende appartenere ad un etnia che ha in comune gli stessi usi e consuetudini. La cittadinanza italiana si acquista per nascita da genitori con cittadinanza italiana, oppure perché si è nati sul territorio italiano, oppure perché una persona sposa un cittadino italiano. Nell’ultimo modo si devono distinguere due casi: se tra le due persone esiste la residenza si può ottenere la cittadinanza dopo 6 mesi, se non c’è tale residenza si può ottenere la cittadinanza dopo 3 anni. L’extracomunitario può ottenere la cittadinanza dopo 10 anni e deve dimostrare la residenza. Per quanto riguarda i comunitari e gli apolidi la cittadinanza può essere ottenuta, per i primi dopo 4 anni e per i secondo dopo 5 anni. Il territorio è il luogo racchiuso da determinati confini, dove lo Stato esercita la sua sovranità e dove c’è un determinato popolo. I confini possono essere naturali (confini italiani), oppure possono essere dei confini artificiali (reti, paletti), quando i confini sono nel deserto si scelgono dei confini convenzionali (meridiani, paralleli). Il mare viene suddiviso in mare territoriale, in mare libero o internazionale. È territorio italiano anche il sottosuolo e lo spazio aereo. Il territorio italiano si estende anche agli aerei e alle navi militari, il suolo italiano si estende anche alle ambasciate straniere. La sovranità è il potere che ha lo Stato di imporre le leggi su un determinato popolo e su un determinato territorio. L’elemento più importante è la sovranità, la quale è originaria in altri termini nasce con lo Stato ed è riconosciuta dagli altri paesi. La sovranità è unica, cioè esiste solamente la sovranità dello Stato. Lo Stato è l’unica istituzione ad avere il monopolio della forza, per far rispettare le proprie norme. Per quanto concerne la sovranità dello Stato essa può essere interna o esterna. Interna si intende che lo Stato può usare tutti i suoi poteri ed esercitare il monopolio della forza, sul popolo stanziato su quel determinato territorio. Esterna significa che lo Stato è autonomo e indipendente rispetto agli altri stati. Con la Comunità europea l’Italia ha limitato la sua sovranità a parità degli altri stati, su determinate materie: agricoltura, formazione

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professionale e legislazione ambientale. In conclusione si può dire che la sovranità esterna obbliga gli altri stati a non interferire con la legislazione e la sovranità. Il contenuto della sovranità e condensato da tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. L’organo legislativo è rappresentato dal parlamento, ma limitatamente anche dal governo che ha inoltre il potere esecutivo, ed infine il potere giudiziario e rappresentato dalla magistratura. I vari tipi di Stato si classificano in base al rapporto tra la sovranità e il territorio. Lo Stato unitario si ha quando il potere è tutto centralizzato, è il caso della Francia. L’Italia è uno Stato regionale dove le regioni hanno una limitata sovranità in base all’articolo 117 della Costituzione italiana, più eventuali leggi delegate, in Italia esistono anche le regioni a statuto speciale (Trentini-Alto-Adige, Friuli-Venzia-Giulia), esse hanno una sovranità più ampia per particolari ragioni socio-storiche. Gli U.S.A. è uno Stato federale, in questo caso le uniche materie in comune sono la difesa, l’ordine pubblico (FBI) e la politica estera, infatti, ogni Stato ha il suo statuto. In relazione invece al rapporto sovranità-popolo distinguiamo lo Stato assoluto, lo Stato di polizia e lo Stato di diritto. Lo Stato assoluto è rappresentato dai grandi stati nazionali che sono esistiti nel ‘500, il potere era rappresentato interamente dal sovrano, il quale esercitava il suo potere incondizionatamente sui sudditi, per quanto concerne l’economia esisteva solo una cassa gestita dal sovrano. Gli stati di polizia erano del periodo illuminista, questi stati erano governati da dei despoti illuminati, per esempio Maria Teresa d’Austria, la quale operò una divisione della cassa in due casse, una personale e una riservata agli interventi a beneficio del popolo, che comunque rimane suddito, infatti, non esisteva una carta costituzionale. Comunque alla fin fine c’è una certa considerazione da parte del sovrano sull’importante ruolo del popolo. Nell’800 si hanno le prime costituzioni tra le quali lo Statuto Albertino. L’esistenza di una costituzione garantisce determinati diritti ai sudditi. Nello Stato di diritto i cittadini hanno dei diritti e dei doveri, in questo tipo di Stato il singolo cittadino può andare contro lo Stato, ricorrendo alla giustizia amministrativa. Lo Stato di diritto è nato nel 1.948 in Italia. Un’altra differenza può essere fatta in relazione all’intervento dello Stato sul tessuto economico-sociale, possiamo distinguere lo Stato liberale e lo Stato sociale. Lo Stato liberale interviene per garantire l’ordine pubblico, la difesa e l’amministrazione della giustizia. L’intervento dello Stato è nullo nel settore economico, lo Stato non garantisce nessun servizio, e tutto viene lasciato all’iniziativa privata. Lo stato liberale in altri termini è neutrale, e lascia il tessuto sociale ed economico al suo equilibrio così detto “naturale”, secondo le teorie sulle quali si fondava tale Stato. Dall’altra sponda abbiamo lo Stato socialista, in questo caso lo Stato rappresenta tutto e pianifica tutto (esso si fonda sulle teorie marxiste). L’Italia è uno Stato sociale cioè interviene in tutti i settori per garantire l’equilibrio del sistema socio-economico, cercando di non deprimere l’iniziativa privata ma garantendo tutti i servizi essenziali (sanità, istruzione, trasporti …). Lo Stato sociale è a metà strada tra lo Stato liberale e lo Stato socialista, esso interviene per esempio garantendo dei sussidi ai cittadini più deboli economicamente, ed offrendo dei servizi che sono pubblichi e non privati. Per quanto riguarda le forme di governo distinguiamo principalmente due tipi: la monarchia e la repubblica. Le monarchie possono essere: - assolute; - costituzionali; - parlamentari.

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Le repubbliche possono essere: - parlamentari; - semi presidenziali; - presidenziali. Nelle monarchie assolute i poteri sono tutti concentrati nelle mani del monarca (Stato del Vaticano). La monarchia costituzionale si viene a formare quando il monarca concede una carta costituzionale ai sudditi (Statuto Albertino). Le monarchie attuali sono quelle parlamentari, dove il monarca ha solo una funzione rappresentativa e di unione. La repubblica parlamentare si ha in Italia dove c’è il presidente che rappresenta la nazione e l’unità nazionale, si denomina parlamentare perché la sovranità è del popolo. La repubblica semipresidenziale si ha quando il presidente viene eletto dal popolo ed è sia capo dello Stato che capo di governo, essendo anche capo di governo deve eleggere i suoi ministri e quindi formare un governo, questo deve avere la fiducia del parlamento. La repubblica presidenziale (Stati Uniti d’America) si ha quando il popolo elegge il presidente, lui nominerà i suoi ministri ed essi dovranno rispondere a lui, quindi è capo dello Stato e dell’esecutivo. BREVE RIASSUNTO DELLA STORIA ITALIANA. Nel 1.815 vi fu il trattato di Vienna che frantumò l’Italia in una serie di staterelli: Regno dei Savoia (Sardegna e Piemonte), il Regno delle Due Sicilie, Stato del Vaticano, invece il lombardo-veneto era dell’Austria. I patrioti di tutti questi stati volevano l’unità d’Italia, infatti, nel 1.831 cominciarono i primi motti rivoluzionari nello Stato della Chiesa, a Parma e a Modena, comunque questi venero subito repressi. Ma nel 1.848 cominciano i veri motti, per paura di perdere il trono Carlo Alberto (Re del Regno dei Savoia) il 4 marzo 1.848 concede ai suoi amatissimi sudditi lo Statuto Albertino su consiglio di Camilo Benso conte di Cavur. Nel 1.849 abbiamo la prima guerra di indipendenza che Carlo Alberto perde contro l’Austria, la quale chiese che lo Statuto Alberino venisse ritirato perché stava creando molti problemi nel Lombardo-Veneto. Carlo Alberto per non ritirare lo Statuto abdica a favore del figlio, nel 1.859 abbiamo la seconda guerra di indipendenza la quale viene vinta. La data storica 1.861 dopo due guerre di indipendenza, la spedizione dei Mille l’Italia viene unita, mancano all’appello Roma e le tre Venezie che erano ancora in mano austriaca. Nel 1.866 viene conquistato il Veneto, e nel 1.870 grazie alla famosa breccia di porta Pia, l’esercito italiano riesce ad entrare a Roma e a confinare il Papa nei palazzi vaticani, per risanare i rapporti tra Stato e Chiesa si deve attendere il 1.929 con i Patti Lateranesi. Caratteri dello Statuto Albertino: 1) concesso (otriato) dal sovrano che lo da al popolo; 2) è breve perché si limita ad elencare i diritti dei sudditi; 3) flessibile perché si poteva modificare facilmente (Mussolini ha avuto vita facile proprio

per questo). La struttura dello Stato italiano a quel tempo è la seguente:

RE P.L. P.E. P.G. SENATO-CAMERA GIUDICI

GOVERNO Con lo Statuto Albertino nasce per la prima volta il bicameralismo, il Senato è eletto dal Re, invece la Camera è eletta dalla ricca borghesia (gli elettori sono tutti maschi con età maggiore hai 21 anni che versano all’erario almeno 40£). Il potere esecutivo spetta al Re il

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quale nomina i ministri, quindi il governo doveva rispondere del suo operato al Re. Tra il governo e il Senato-Camera c’era un rapporto di fiducia, se mancava tale fiducia il Re doveva nominare un nuovo governo. I giudici venivano nominati dal Re e le sentenze erano emesse in nome del Re. Dal 1.861 al 1.892 l’Italia è un paese liberal elitario, in altri termini non esistevano partiti, sindacati e il potere era in mano ad una piccolissima parte del popolo. Dal 1.892 al 1.922 il paese è liberal democratico, infatti, con l’industrializzazione nasce la classe del proletariato che si organizza in sindacati, abbiamo la presenza di partiti politici (il partito socialista) e si allarga la base elettiva. Nel 1.919 per la prima volta entrano in parlamento i socialisti e i popolari. Dal 1.919 al 1.921 si ha il biennio rosso in quanto ci furono tantissimi scioperi, occupazioni e atti di vandalismo per il malcontento generale della popolazione per la disoccupazione e l’esito negativo della Prima guerra mondiale. A quel tempo l’Italia si trovava in una grandissima difficoltà economica dopo una lunga campagna militare che aveva stremato la popolazione. Nel frattempo a Milano nascono i Fasci di combattimento che raccolgono gli ex combattenti, i Fasci diventeranno partito nel 1.921 (partito fascista). Nel 1.921-1.922 abbiamo il biennio nero, nel ’21 ci sono le elezioni e solo pochi fascisti riusciranno ad entrare alla camera, tra questi c’era anche Benito Mussolini (insieme a Marinetti e Toscanini). Tale biennio è denominato nero per la crescente violenza, durante tale biennio cresce il consenso popolare per il partito fascista. Nel 1.922 ci fu la famosa marcia su Roma che ebbe un forte consenso popolare, il Re ha posto per fermare tale marcia solo degli sbarramenti formali. Il Re dopotutto decide di dare il potere a Mussolini che diventa capo di governo, questo fu un grave errore istituzionale (che secondo alcuni gli costerà la corona), infatti, lo Statuto Albertino non permetteva al Re di dare il potere a un partito che in parlamento aveva una rappresentanza molto limitata. Nel ’23 il governo fascista cambia la legge elettorale, affermando che bastava il 25% dei votanti per avere i 2/3 del parlamento. Nel ’24 ci furono le elezioni e grazie a questa legge il partito fascista riesce ad avere la maggioranza in parlamento. Dal ’25 in poi ci furono le leggi fascitissime. 1) Il capo di governo si sceglie lui i ministri e deve rendere conto solo al Re e non al

parlamento. 2) Le fonti del diritto cambiano, tutte le fonti vengono concentrate nei decreti legge e il

parlamento viene sollevato da tale compito. 3) Nasce una magistratura speciale chiamata di pacificazione sociale, tutte quelle persone

che discordavano con il partito fascista venivano mandate al confino (isole) per chi invece si macchiava con “gravi colpe” veniva mandato in carcere.

4) Vengono cancellate tutte le organizzazioni sindacali, rimangono il sindacato del partito fascista e la Confindustria (associazione dei datori di lavoro).

Abbiamo la soppressione di tutte le libertà individuale (la libertà di parola, di pensiero, di associazione e organizzazione…). Nel 1.938 arriva a Venezia Hitler che considera Mussolini come un maestro. Ma Mussolini per timore e anche per ambizione entra in guerra nel 10-06-40. La guerra dura poco più di tre anni per l’Italia, l’armistizio viene fatto l’8-09-43, il Re firma la pace incondizionata perché l’Italia era presa così male che non poteva porre condizioni. Il periodo più drammatico della storia italiana si verificò tra l’armistizio e la liberazione avvenuta nell’aprile del ’45, questo perché ci fu un bombardamento a tappeto praticato dagli alleati per combattere i tedeschi. In questo periodo nascono i CLM (comitati di liberazione nazionale) i cosiddetti partigiani. Il fascismo muore giuridicamente nella notte tra il 24-25 luglio del ’43, con la delibera Grandi che afferma che il fascismo ha perso e Mussolini deve dimettersi, questa legge fu approvata dal Gran Consiglio Fascista. La stessa notte Mussolini va da Re per dare le dimissioni, ma lo stesso Re lo arresta, a questo punto Mussolini va a finire in carcere nel Gran Sasso. Successivamente Mussolini fu liberato con una ardita azione militare da parte dei tedeschi, successivamente Mussolini fondo la

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repubblica di Salò. Il Re fuggì a Brindisi. Ci fu una dispersione dell’esercito, i disertori andarono a rimpinguare le file del CLM. I tedeschi per far fronte a questa situazione introdussero le leggi di rappresaglia, uno dei bruttissimi aspetti della seconda guerra mondiale. Nel ’45 si svolse la Consulta nazionale, la quale era formata da persone che rappresentavano la società (finanzieri, politici, industriali, sindacalisti….), tele riunione aveva l’obiettivo di traghettare l’Italia nella nuova era, dalla liberazione del 25/4/1.945 alle elezioni del 2/6/1.946. Questa data rappresenta una svolta della storia italiana, perché gli italiani saranno chiamati a votare un referendum costituzionale (il primo e l’ultimo), e ad eleggere i 556 rappresentanti della costituente. Nel frattempo il 9/5/46 Vittorio Emanuele abdica a favore di Umberto, il quale se ne dovrà andare in esilio dopo il risultato sfavorevole del referendum. Il presidente della costituente era Enrico de Nicola. La costituente ha eletto a loro volta 75 persone tra le quali troviamo i maggiori giuristi. Queste 75 persone si divisero in tre gruppi per studiare tre tematiche fondamentali: diritti, doveri e principi fondamentali. Il 22/12/47 viene approvata la carta costituzionale definitiva, la quale entrerà in vigore l’1/1/48. I suoi caratteri principali sono: - votata, in altri termini essa e nata dalla volontà popolare che si è espressa tramite il

voto; - compromissoria, perché è il frutto di un compromesso tra le varie ideologie politiche. A quel tempo esistevano principalmente tre ideologie: cattolica, socialista e liberale. I primi volevano che venissero ribaditi i valori della solidarietà, la difesa della famiglia, la difesa della persona e la difesa della piccola proprietà. I secondi premevano per l’uguaglianza sociale, la centralità del lavoro e il controllo statale dell’economia. Infine i liberali pretendevano l’assoluta libertà individuale e che l’iniziativa economica deve essere dei privati e non dello Stato. Dalla libera competizione di queste ideologie è nata la Costituzione la quale ha le seguenti caratteristiche: - lunga, oltre a stabilire i principi basilari, essa si pone il fine di raggiungere degli obiettivi

contenuti nei principi di natura generica; - rigida, la Costituzione si può modificare solo con una legge di revisione costituzionale; - democratica (la spiegazione di tale termine è ampia e si rimanda a più avanti); - programmatica, la nostra Costituzione è un vero e proprio programma, in quanto si

prefissa degli obiettivi per i quali è previsto un determinato tempo per raggiungerli. La corte costituzionale è nata nel 1956, il C.S.M (congresso superiore della magistratura) nel 1958, invece nel 1970 sono nate le regioni, questa è una dimostrazione che la Costituzione è programmatica. Il primo principio afferma che “L’Italia e fondata su una repubblica democratica”, qui si esprime il concetto di democrazia (etimologia: “governo del popolo”), in altri termini il popolo esercita il suo potere decisionale tramite lo strumento delle elezioni definendo una maggioranza e un minoranza. La democrazia si può verificare sotto diverse forme di attuazione: - diretta, quando esiste il referendum abrogativo; - indiretta, quando si va ad esplicitare attraverso il voto; - partecipativa, avviene tramite le petizioni cioè delle richieste scritte fatte dai cittadini

nei confronti di una autorità, molto spesso e il presidente della repubblica. Nel caso di iniziative legislative si devono raccogliere come minimo 50000 firme.

Per definire in modo appropriato il termine democrazia si deve considerare ancora alcuni elementi. Il popolo è considerato un insieme di numerosi soggetti, gruppi sociali con diverse ideologie, diversi interessi e di versi programmi. Il potere politico si forma dalla libera competizione di tutte queste forze, quindi in Italia si ha una democrazia competitiva. Questo comporta delle libere elezioni, una pluralità di partiti, la protezione delle minoranze e queste a loro volta possono diventare maggioranze e libertà di opinione. Il secondo

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principio enuncia il rispetto della persona umana in quanto tale, in altri termini le leggi devono rispettare l’uomo come famiglia, come associazione, questo principio è stato voluto fortemente dalle forze cattoliche (art. 2-6-8, dal 13 al 23 e 39 della costituzione). Un altro principio fondamentale della nostra Costituzione è il pluralismo cioè il rispetto delle diversità e delle opinioni (art. 19-21 della Costituzione). All’articolo 3 troviamo il principio dell’uguaglianza sia formale che sostanziale. Formale equivale a dire che tutti siamo uguali teoricamente; sostanziale (secondo comma) perché lo Stato si impegna a rimuovere tutti quegli ostacoli che impediscano l’uguaglianza dal punto di vista pratico, infatti, esiste la sanità pubblica, l’offerta di lavoro (uffici di collocamento), l’istruzione pubblica, trasporti pubblici… Sempre nel primo articolo della Costituzione oltre a trattare il principio democratico, afferma che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e non sui privilegi come invece avveniva in passato, quindi il benessere del nostro paese dipende dal lavoro di tutti (art. 1-4). Lo Stato fara il possibile per garantire il diritto al lavoro con la costruzione di infrastrutture, con incentivi, con gli accordi internazionali per abbattere le barriere doganali, questo principio è stato voluto dalla sinistra. Il principio pacifista afferma che lo Stato italiano si prodiga per la cooperazione internazionale, e ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie. Tale principio è stato limitato da alcuni accordi internazionali per esempio la Nato. Il principio di decentramento interno afferma che l’Italia è unica e indivisibile, ma rispetta le amministrazioni locali (art. 5-117). L’ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA. Potere legislativo Parlamento Presidente della repubblica Potere esecutivo Governo Corte cost. Potere giudiziario Magistratura Il presidente della repubblica centra con tutti i poteri, pur avendone neanche uno. POTERE LEGISLATIVO. Il potere legislativo è esercitato principalmente da parlamento. In Italia c’è il bicameralismo , cioè il parlamento è composto da due camere: la Camera dei Deputati e il Senato. Il bicameralismo perfetto si ha quando le due camere hanno gli stessi poteri ed è nato con lo Statuto Albertino. Le camere solitamente lavorano separatamente, in determinate circostanza il parlamento è in seduta comune cioè le due camere si riuniscono: per la nomina di un nuovo presidente della repubblica, per il suo giuramento e la messa in stato d’accusa del presidente. Le camere si trovano in seduta comune anche quando si elegge 1/3 del G.S.M. (i componenti in totale sono 33, dei quali 3 sono di diritto, quindi i componenti che vengono eletti sono 10), e 1/3 della Corte Costituzionale. I membri del Senato sono 315 (310 eletti, più 5 di diritto, questi sono i senatori a vita i quali sono ex presidenti e personaggi che si sono distinti), invece quelli della Camera sono 630. Per essere eletti deputati ci vogliono almeno 25 anni e gli elettori 18, di contro per votare i senatori ci vogliono almeno 25 anni, per essere eletti ci vogliono almeno 40 anni. Il sistema elettorale italiano è uno dei più complessi. Il 75% dei seggi viene attribuito attraverso il sistema uninominale maggioritario, il restante 25% viene attribuito con il sistema maggioritario. Nel primo sistema vince chi ha più voti, nel sistema maggioritario non si vota un soggetto, ma una lista di candidati che viene presentata da ogni partito, sarà poi quest’ultimo a decidere il candidato, per quanto concerne la Camera le liste sono a livello nazionale, mentre per il Senato sono a livello regionale. La legislazione in Italia dura cinque anni, ma di solito tale periodo è minore per la scarsa stabilità dei governi. Abbiamo la presenza di un presidente per ogni Camera e un ufficio di presidenza che collabora con il presidente. Ci sono altre

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organizzazioni all’interno delle Camere: giunte, gruppi e commissioni parlamentari. La giunta viene nominata dal presidente per particolari motivi (indagini su un determinato argomento), le giunte sono temporanee. I gruppi parlamentari riuniscono senatori o deputati di una forza politica per esempio per indirizzare l’organizzazione di un partito. Le commissioni sono divise per settore e sono necessarie per la funzione legislativa, esse devono rispettare le proporzioni politiche della Camera e del Senato. Le commissioni hanno una funzione consultiva cioè danno dei pareri, possono essere in sede referente o deliberante. Alle camere ci sono due differenti modi per votare, la votazione palese con l’alzata di mano, e la votazione segreta con l’ausilio dei pulsanti sotto il tavolo. La maggioranza semplice è composta dalla metà più uno dei votanti, la maggioranza qualificata è formata dai 2/3 degli aventi diritto al voto. In base all’articolo 68 della Costituzione i membri del parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Ad ogni parlamentare vengono retribuite delle indennità ( sono 17 milioni lordi al mese, le spese per le visite vengono rimborsate, possono viaggiare gratuitamente in treno, in aereo, autostrada e taxi gratis fino a una quota massima di lire 23 milioni. Gli vengono retribuiti 4 milioni all’anno per viaggi studio…). Le funzioni del parlamento italiano sono molteplici. - Controllo politico: si esplica attraverso le interrogazioni parlamentari, le interpellanze,

le mozioni e le inchieste parlamentari, ovviamente il controllo politico viene fatto sul governo. L’interpellanza è una richiesta scritta rivolta al governo da parte dei parlamentari sulla condotta del governo. L’interrogazione parlamentare è per far si che il governo risponda su un determinato fatto considerato di importanza rilevante. Le più importanti sono le mozioni che sono fatte dai parlamentari per discutere sull’operato del governo, alle mozioni segue una votazione. La più importante è la mozione di sfiducia, alla quale segue una votazione che può dare la fiducia o la sfiducia al governo, il quale in quest’ultimo caso è obbligato a dimettersi. Le inchieste parlamentari vengono condotte da alcuni parlamentari nominati per affrontare delle indagini conoscitive su un determinato fatto rilevante.

- Controllo amministrativo/finanziario: in questo caso si parla principalmente del controllo del bilancio. Il Ministro del Tesoro stende il bilancio preventivo che deve essere approvato dal governo tramite una votazione, dopo di che si fa la legge finanziaria. In aprile il Ministro del Tesoro stende il bilancio consultivo che deve essere approvato dal parlamento che lo controlla rispetto a quello preventivo.

- Funzione conoscitiva delle esigenze delle comunità nazionali tale funzione avviene attraverso le petizioni, infatti, i cittadini le possono fare e i parlamentari possono prenderle più o meno in considerazione.

- Funzione elettiva: il parlamento elegge i presidenti delle regioni, 1/3 del G.S.M. e 1/3 della Corte Costituzionale.

- Funzione giurisdizionale: il parlamento può mettere in stato d’accusa il presidente della repubblica per alto tradimento.

- Funzione legislativa: essa prende forma da un input che può essere il governo, gli stessi deputati o senatori, 50.000 firme dei cittadini, dai consigli regionali e poi dal Comitato Nazionale Economia del Lavoro. Il governo presenta dei disegni di legge, in tutti gli altri casi si parla di proposta di legge, la differenza deriva dal fatto che nel primo caso l’atto è più pregevole rispetto agli altri. L’input viene consegnato al presidente della Camera o del Senato, dal presidente passa all commissione deliberante dopo l’approvazione di questa passa al presidente dell’altra camera, che a sua volta la passa alla sua commissione deliberante, se anche in questa sede viene approvata, deve essere promulgata cioè firmata dal presidente della repubblica. Se non viene promulgata il

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disegno di legge o la proposta di legge viene rimandata da dove era partita (da presidente di una delle due camere). Successivamente la legge viene pubblicata nella gazzetta ufficiale e comincia a dare i suoi effetti dopo un determinato periodo (vacati legis) che deve essere come minimo di 15 giorni. In realtà difficilmente si verifica tale percorso legislativo. Per gli argomenti e le materie più importanti il lavoro preparatorio viene affidato a una commissione in sede referente, tale lavoro preparatorio viene poi posto alla Camera o al Senato in assemblea alla quale la commissione documenta tutto il suo operato. Il testo deve essere approvato dall’assemblea che lo passa al presidente e da qui in poi avviene lo stesso iter descritto precedentemente.

Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità del nostro paese è garante della Costituzione (art. 83 in poi) e rappresenta l’Italia all’estero. Per eleggere il presidente della repubblica è necessaria la maggioranza qualificata (i 2/3 degli aventi diritto al voto), dalla quarta in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno dei votanti). Per essere presidente della repubblica si devono avere come minimo cinquant’anni, essere cittadino italiano (sia maschi che femmina). In caso di impedimento lo sostituisce il presidente del Senato, in caso di decesso il presidente della Camera indice nuove elezioni. Il presidente della repubblica coadiuva tutti i poteri (cioè li rappresenta tutti), senza averne uno in specifico. In Italia il presidente della repubblica rimane in carica per sette anni, nel silenzio della normativa può essere rieletto, ma questo non è mai accaduto. Se il presidente della repubblica non può più esercitare le sue normali funzioni viene sostituito dal presidente del Senato, fino a che il presidente della Camera non indice nuove elezioni. La funzione legislativa del presidente della repubblica si snoda attraverso queste attività: 1) indice le elezioni; 2) indice i referendum; 3) promulga le leggi; 4) invia messaggi alle camere; 5) emana i decreti legge e i regolamenti ponendo la sua firma; 6) sciogliere le camere in caso di nozione di sfiducia da parte del parlamento; 7) può convocare in via straordinaria le camere in sede disgiunta. La funzione esecutiva del presidente della repubblica si snoda attraverso queste attività: 1) nomina il nuovo governo (presidente del consiglio dei ministri e i ministri); 2) nomina i diplomatici e alti funzionari (ambasciatori, prefetti…); 3) ha il comando delle forze armate; 4) conferisce le onorificenze; 5) riceve i diplomatici e altri presidenti. La funzione giudiziaria del presidente della repubblica si esplica attraverso le seguenti attività: 1) presiede il Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.); 2) nomina i cinque membri della Corte Costituzionale (vedi dopo); 3) firma le grazie e può commutare le pene.

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IL GOVERNO. È l’organo esecutivo del nostro paese, gli organi che formano il governo sono: - PREVISTI DALLA COSTITUZIONE Presidente del consiglio dei ministri Ministri Consiglio dei ministri - PREVISTI DALLA LEGGE Vicepresidente Sottosegretari Consigli di gabinetto Comitati interministeriali Il Presidente del consiglio dei ministri tiene e dirige l’unità politica del governo, la sua posizione viene definita primus inter pares (primo tra i pari), in altri termini il suo compito è quello di mantenere la linea politica del governo. I Ministri sono tutte quelle persone che sono a capo di un dicastero per esempio: sanità, esteri, difesa, finanze, grazia e giustizia… Ogni uno dei Ministri è a capo di un ramo dell’amministrazione statale. Il Consiglio dei ministri è l’insieme del presidente e di tutti i ministri, dei quali abbiamo già visto le loro funzioni. Di solito chi vince le elezioni è una coalizione di partiti, di solito il presidente del consiglio dei ministri fa parte del partito che ha preso più voti, il vicepresidente ovviamente fa parte dell’altro partito, questo ha il compito di controllare l’operato del presidente. Tale organizzazione dei poteri permette di mantenere il più possibile compatta la coalizione, quindi la figura del vicepresidente è stata introdotta proprio per tale motivo. I sottosegretari sarebbero in realtà i viceministri. Ma loro denominazione deriva dal Regno d’Italia (c’erano i segretari che sono gli attuali ministri e i sottosegretari, in questo caso la loro denominazione non è cambiata). I sottosegretari hanno il compito di sostituire il loro ministro in caso di impedimento. Il Consiglio di Gabinetto (ogni ministero ha il suo gabinetto) praticamente è lo staff del ministro, è costituito da tecnici esperti del settore. Le Commissioni interministeriali sono costituite da membri che lavorano in più ministeri e discutono di argomenti che interessano più ministeri. Un nuovo governo può nascere in seguito a delle elezioni politiche oppure in seguito a una nozione di sfiducia (il Primo Ministro rimette nelle mani del presidente della repubblica il mandato), per quest’ultima non esistono delle leggi ma solo delle consuetudini costituzionali. Subito dopo la nozione di sfiducia il presidente della repubblica comincia a fare le consultazioni con gli ex presidenti della repubblica, i presidenti del Senato e della Camera, i maggiori segretari di partito. Queste consultazioni hanno la funzione di individuare un soggetto, il quale può accettare l’incarico con riserva, l’incarico è quello di trovare una maggioranza. Dopo aver trovato la lista dei ministri, ritorna dal presidente della repubblica e toglie la riserva, comunque entro dieci giorni dalla nomina del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, deve presentarsi alle camere con il suo programma e deve ottenere la fiducia. Accettare con riserva significa che l’eventuale Presidente del Consiglio dei Ministri se non riesce a trovare una maggioranza e i rispettivi ministri per i vari rami amministrativi, può rifiutare la nomina. Le funzioni del governo sono: - di indirizzo politico; - funzione esecutiva; - funzione amministrativa; - funzione normativa. L’indirizzo politico lo si evince dal programma che il futuro governo aveva presentato in vista delle nuove elezioni attraverso l’uso della propaganda politica. La funzione esecutiva è quella con la quale il governo pone esecutive le leggi tramite la funzione amministrativa, infatti, il Parlamento legifera e il governo pone le leggi legiferate esecutive. Il governo ha una limitata

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funzione normativa, infatti, il governo fa atti aventi forza di legge e sono i decreti legge e i decreti legislativi. LA MAGISTRATURA (art. 101 della C.I.). La giustizia è amministrata nel nome del popolo e i giudici con il loro operato sono soggetti alla legge. Da questo articolo della Costituzione si evince il concetto di indipendenza della magistratura che si manifesta sia internamente che esternamente. Nel primo caso perché la magistratura è indipendente dagli altri poteri dello Stato (questo non accadeva per esempio con il Fascismo). Nel secondo caso perché il giudice non è soggetto alla giurisprudenza, in altre parole non esiste una gerarchia tra i magistrati. In realtà le altre sentenze possono essere studiate, ma non hanno nessun potere vincolante, infatti, l’interpretazione può essere diversa da quella di altri giudici. La magistratura si divide principalmente in ordinaria e speciale. La magistratura ordinaria si divide in civile e in penale. Le magistrature speciali sono strettamente stabilite dall’ordinamento giuridico e sono la Corte dei Conti, il tribunale militare e il tribunale amministrativo. La procedura per la giustizia amministrativa si divide in due gradi: - il primo grado è il TAR (tribunale amministrativo regionale); - il secondo grado è costituito dal Consiglio di Stato nelle sue diverse sezioni. la procedura della giustizia amministrativa è una procedura documentale (cioè valgono solo i documenti, e non c’è il contraddittorio come nel penale e nel civile. Una atto amministrativo può essere silurato per illegittimità e discrezionalità. L’articolo 104 della Costituzione definisce un importante organo, il Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.), tele organo è chiamato a garantire l’indipendenza della magistratura. Questo organo è composto da 33 membri, 3 sono do diritto e 30 sono eletti. Il G.S.M. è presieduto dal presidente della repubblica, il presidente della Corte di Cassazione e il procuratore generale sempre della Corte di Cassazione, questi sono i tre membri di diritto. Gli altri membri sono eletti per 1/3 dal parlamento in seduta comune (come specificato in precedenza) e per i 2/3 dai colleghi giudici. Il C.S.M. può essere definito l’autogoverno della magistratura, ed è chiamato a garantire l’autonomia di questa rispetto agli altri poteri dello Stato; inoltre si interessa alle questioni inerenti ai vari magistrati, l’assunzione di nuovi magistrati tramite l’allestimento di concorsi, una volta superata la selezione la destinazione dei vari magistrati viene decisa dal G.S.M. Il G.S.M. decide anche le sanzioni, gli scatti da anzianità, in altre parole tale organo si prende cura di decidere tutti gli elementi della carriera dei magistrati, per esempio i possibili trasferimenti richiesti dai magistrati. Il Ministero di Grazia e Giustizia può solamente sollevare una questione diffronte al C.S.M., sarà poi questo se ritiene opportuno a prendere gli eventuali provvedimenti. Il compito del Ministero di Grazia e Giustizia si limita a provvedere al sistema carcerario e al funzionamento amministrativo del sistema (cancelleria…). LA CORTE COSTITUZIONALE (dall’art. 134 in poi). È un organo formato da 15 giudici, 5 membri eletti dal presidente della repubblica, 5 eletti dal parlamento in seduta comune, gli altri 5 sono eletti in questo modo: - 3 dalla Corte di Cassazione; - 1 dalla Corte dei Conti; - 1 dal Consiglio di Stato. Sono tutte persone che hanno maturato una elevata esperienza e possono essere professori di università, magistrati…di solito hanno una certa età. La funzione principale di tale organo è dare un giudizio sulla legittimità costituzionale delle leggi e anche degli atti aventi forza di legge, le leggi regionali, regolamenti comunitari.

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Decide sui conflitti di attribuzione dei poteri dello Stato, infatti, tra i poteri dello Stato ci possono essere dei conflitti, per esempio tra Stato e regioni. Se il presidente della repubblica viene accusato di alto tradimento (accusato dal parlamento in seduta comune), esso viene giudicato dalla Corte Costituzionale +16 membri (si prendono i primi sedici da una lista di trentadue membri scelti dal parlamento in seduta comune). Un’altra funzione di tale organo è quello di controllare l’ammissibilità dei referendum (si devono raccogliere 500.000 firme per il referendum abrogativo, successivamente sarà la Corte di Cassazione a controllare le firme e l’ammissibilità sarà controllata dalla Corte Costituzionale). Alla Corte Costituzionale si può arrivare per via incidentale o principale. Il primo caso si verifica quando il problema viene sollevato nel corso di un processo, per esempio la difesa ravvisa incostituzionalità di una norma, sarà il giudice a dichiarare se tale richiesta è fondata. Se tale richiesta è ritenuta fondata, il giudice sospende il processo e lo fa presente alla Corte Costituzionale che deve dichiarare se tale richiesta è fondata, in caso affermativo deve apportare le opportune modifiche alla norma, il giudice alla luce di questa “nuova” norma riprende il processo. Per via principale quando è una questione sollevata dallo Stato, per esempio quando una regione si prende più competenze di quelle effettive , ovviamente la Corte di Cassazione può accettare o rigettare la richiesta. IL DIRITTO AMMINISTRATIVO. Per funzione amministrativa si intende la cura concreta degli interessi dello Stato, in funzione della linea politica di quel tempo. La cura concreta degli interessi viene fatta in base alle scelte politiche del governo (esecutivo), in altri termini in conformità alla linea politica del governo. I compiti della pubblica amministrazione sono i seguenti: - i compiti di garanzia in altre parole le garanzie sanitarie, tributarie, economiche,

ecologiche… - i compiti di benessere in altre parole l’istruzione, la sanità, le telecomunicazioni… Nell’ottocento i compiti dello Stato liberale erano di garantire l’ordine pubblico, la difesa e la giustizia. C’è stata una evoluzione dal sistema liberale, infatti, nel 1929 con la crisi del capitalismo, viene introdotto il Well fare, dove: Y=C+I+G Nell’equazione del reddito oltre al capitale e l’interesse (ci sono anche altri fattori che vengono ignorati), è stato introdotto G cioè la spesa pubblica, tale fattore è lievitato negli ultimi tempi. Proprio nel ’29 ci una grave crisi economica negli Stati Uniti, difatti, il mercato non assorbiva tutti i beni prodotti, che non potevano neanche essere esportati, perché l’Europa aveva una politica chiusa (con il nazismo e il fascismo). Tutto questo provocò una profonda crisi dell’industria americana che cominciò a licenziare gli operai, questo provocò un circolo vizioso che portò a una profonda crisi economica. Tale crisi durò per quattro anni. Solo Roswell introducendo G (spesa pubblica) e cercando di rimettere in moto l’economia introducendo appalti finanziari e quindi con l’assunzione di nuovi operai. Lo Stato moderno offre molte più garanzie, per esempio in campo economico c’è la CONSOB, che ha il compito di controllare tutte le società quotate in borsa, in atri termini controlla tutti i bilanci delle società (tale controllo avviene tramite le società di revisione contabile). Tale controllo ha il fine di garantire la stabilità finanziaria delle società quotate in borsa (le quali non devono fallire). Le garanzie sanitarie si esplicano per esempio attraverso il controllo sanitario sui medicinali e solo dopo tale controllo potranno essere commercializzati. Il controllo avviene tramite una commissione della sanità. Il controllo tributario avviene tramite il controllo della finanza, che deve accertare che tutti i cittadini abbiano pagato le tasse. Il controllo ecologico avviene tramite l’accertamento da parte degli organi competenti, dell’impatto ambientale di

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tutte le attività produttive che non devono inquinare. Lo Stato deve perseguire anche il fine di garantire il benessere ai cittadini, cercando di migliorarne il tenore di vita. I principi fondamentali della pubblica amministrazione si evincono dall’articolo 97 della costituzione: - legalità; - di buona amministrazione (efficace, efficiente, economicità, rapidità e minimo

danno); - imparzialità che fa riferimento al principio di uguaglianza. Il principio di legalità, significa che tutti gli atti devono essere tipici, cioè stabiliti dall’ordinamento giuridico. La pubblica amministrazione deve tendere all’efficienza, in altri termini ottenere il massimo con il minimo sforzo. Il termine efficace significa che il confronto tra le premesse con gli obiettivi, deve risultare il più possibile conforme, senza grandi discrepanze. L’economicità e la rapidità sono due importanti componenti della buona amministrazione, che tendono a far subire il minor danno possibile per l’utente. La pubblica amministrazione non deve fare dei favoritismi, cioè garantire il principio di imparzialità. La pubblica amministrazione la si può vedere sotto due aspetti, in senso soggettivo quando si fa riferimento agli organi e in senso oggettivo quando invece si fa riferimento agli atti. ORGANI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. La pubblica amministrazione può essere diretta quando si fa riferimento al complesso degli organi amministrativi dello Stato, può essere indiretta quando si considerano tutti gli organi della pubblica amministrazione. In riferimento agli organi il nostro paese ha una determinata organizzazione amministrativa. Organizzare significa ordinare gli organi da parte di una persona giuridica, che è lo Stato. Organizzazione si fonda su due principi. - principio gerarchico: ciascun organo è subordinato ad un altro organo superiore, la

gerarchia si esplica tramite il commando e il controllo e con la risoluzione dei conflitti di competenza degli organi subordinati;

- principio di competenza: ciascun organo ha una sfera di attività , la competenza può essere per materia o territoriale, oppure può essere anche per gradi. Per esempio il prefetto è subordinato al presidente della regione.

L’organizzazione amministrative può essere: - di accentramento quando tutto il potere amministrativo è in mano agli organi Statali,

pochissimo è invece riservato agli organi locali, l’accentramento ha il vantaggio di una uniformità di trattamento amministrativo, in altri termini evita difformità di condotta, ma ha lo svantaggio di non tener conto delle esigenze delle comunità locali, un altro punto debole sono i tempi burocratici lunghi;

- di decentramento è il modo di organizzare l’amministrazione opposto al precedente, ma ha l’handicap di non garantire una uniformità di trattamento. La finalità del decentramento è quella di adeguare al meglio l’attività amministrativa alle concrete esigenze che vengono avanzate dalla collettività circoscrizionale e alle richieste di normative specifiche di determinati settori.

Gli organi diretti costituiscono la pubblica amministrazione diretta centrale, che possono essere attivi (presidente del consiglio dei ministri, il consiglio dei ministri, i ministri e i ministeri che sono degli uffici pubblici, ed ogni uno di essi dirigono un ramo della pubblica amministrazione, emanando gli emendamenti più importanti e impartendo gli ordini agli organi subordinati). La pubblica amministrazione diretta centrale consultiva (Consiglio di Stato, Cnel, in quest’ultima partecipano tutti i rappresentati delle categorie lavorative produttive ed il suo ruolo è quello di esprimere dei pareri, poi abbiamo l’avvocatura dello

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Stato che fornisce pareri giuridici agli organi dello Stato che richiedono il suo intervento, è composta da avvocati esperti di diritto amministrativo). La funzione degli organi consultivi è quello di fornire dei pareri agli organi attivi sulla opportunità e legittimità, infatti, gli atti amministrativi possono essere silurati per illegittimità o loro inopportunità. I pareri possono essere di tre tipi:

- facoltativi; - obbligatori, il parere è obbligatorio per quel dato procedimento; - vincolanti, il parere deve essere rispettato.

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DIRETTA CENTRALE. Il Consiglio di Stato è composto da sei sezioni, tre sezioni sono di consulenza, le altre tre sono giurisdizionali. I pareri sono emessi dalle sezioni consultive, e possono essere di carattere facoltativo, obbligatorio e vincolante. Le altre tre sezioni giurisdizionali danno pareri di carattere giuridico. I pareri facoltativi si danno un ministero, un regione chiede dei pareri su determinate materie. Sono obbligatori quando ci sono le stipule dei contratti della pubblica amministrazione. I pareri vincolanti sono molto rari, l’unico che si ricordi è per riavere la cittadinanza. Il CNEL (Consiglio Nazionale Economia e del Lavoro è un organo che negli anni ’80 è stato completamente rinnovato i suoi membri rappresentano la forza produttiva del paese. Esso viene consultato dal governo e dai presidenti delle camere per prendere delle decisioni in materia economica e sociale. Tale organo da pareri facoltativi. La Corte dei Conti è un organo di controllo, ed è composto da sette sezioni, tre a Roma, e quattro nelle regioni a statuto speciale, tranne la Valle d’Aosta. Essa ha una funzione di controllo sugli organi attivi. Tutti gli atti fatti dagli organi attivi vengono ad essere controllati dalla Corte dei Conti; il controllo è sia di legittimità che di merito. La Corte dei Conti è composta da magistrati, scelti per concorso pubblico o per designazione discrezionale del governo. La prima funzione è il controllo preventivo di legittimità sugli atti amministrativi del governo, tranne i decreti legge e i decreti legislativi (che vengono controllati dal parlamento) e i decreti di grazia (che hanno carattere politico). Mentre sono soggetti a controllo tutti quei atti che prevedono spese. ���� → ��������������� → ��������� → �������������������������������→ ������� → ������������������������������ → ���������������. Tutti gli atti rilasciati dalla Corte dei Conti con visto di riserva, vengono presentati ogni quindici giorni al parlamento. Questa è la spiegazione del debito pubblico, perché esiste un meccanismo di controllo, ma esiste pure il modo per aggirarlo. Il consigliere delegato è delegato dalla Corte dei Conti, se costui nega il visto al ministero, questo può richiedere il visto alla sezione di controllo, se anche qui non lo ottiene, a questo punto il ministero deve ottenere una delibera dal governo, che pone la questione alla Corte dei Conti a sezioni riunite, anche se il visto viene ancora negato, vi è comunque l’obbligo di accettazione ma con riserva. La Corte dei Conti fa anche un controllo successivo tramite il giudizio di pianificazione del bilancio. Entro il 31 Maggi il ministro del tesoro deve redigere il bilancio consultivo alla Corte dei Conti, che lo confronta con il bilancio governativo e stende una relazione. La relazione ed i bilanci vengono restituiti al ministro del tesoro, che entro il 31 Giugno deve presentare il tutto al Parlamento dando le opportune spiegazioni.

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LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE DIRETTA LOCALE O PERIFERICA. È presente nelle circoscrizioni: regioni, provincie, comuni.

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Il Commissario del Governo è previsto dalla costituzione italiana all’articolo 124 comma 2, tale organo ha il compito di sovraintendere le funzioni amministrative e di coordinamento con quelle delle Stato. Viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio. Può essere un magistrato o un altro dirigente dello Stato, un membro dell’avvocatura dello Stato o un prefetto. Quali sono i suoi compiti.

1) È l’anello di giunzione tra le direttive governative e le esigenze amministrative di livello locale.

2) Accerta il rispetto dei limiti posti dalla costituzione al potere legislativo regionale, il quale è limitato, infatti esso pone il visto su ogni atto legislativo. Prima che la legge promulgata dal presidente della regione viene posto un visto in funzione di due elementi. La legittimità e l’opportunità. Tale controllo avviene dopo che la legge sia stata votata dal consiglio e prima che sia promulgata. Il primo controllo ha il fine di verificare se tale legge rispetta la carta, il secondo controllo definisce se tale legge non vada contro gli interessi della regione in quel dato momento storico. Se non viene apposto il visto, la legge deve tornare in consiglio, che la deve rivedere o rivotare, in quest’ultimo caso il commissario di governo la manda alla Corte dei Conti in caso di illegalità o al Parlamento in caso di inopportunità. Se la Corte dei Conti si esprime a favore della legge (molto raro) il commissario di governo è obbligato ad apporre il visto governativo.

Il Prefetto viene nominato dal Presidente della Repubblica con un D.P.R. su proposta del Ministro degli Interni, e deve sempre godere della fiducia del governo. Rappresenta il potere esecutivo nella circoscrizione provinciale. Una volta il prefetto aveva un ruolo rilevante (durante lo Stato Liberale ed il Fascismo). Attualmente il Prefetto gode di un potere generale di coordinare tutte le attività amministrative locali, tranne quelle militari e giudiziarie. Indice le elezioni nella circoscrizione provinciale. Rappresenta il massimo organo responsabile dell’ordine pubblico, dal quale dipende il questore e tutte le forze pubbliche. Può anche assumere dei provvedimenti amministrativi come l’occupazione, la requisizione, le precettazioni, dispone di tutte le operazioni di soccorso, quindi è anche un organo di protezione civile. Il Sindaco è un ufficiale governativo che è subordinato dal prefetto e quindi dal ministro degli interni. Come ufficiale di Stato civile celebra i matrimoni, tiene tutti i registri (nascite, morti, certificati elettorali, ecc…), ed emette le ordinanze, atti con forza di legge (concessione edilizie, igiene, e sanità).

ENTI PUBBLICI TERRITORIALI. Gli enti pubblici territoriali sono espressione del decentramento amministrativo, infatti le regioni, le provincie ed i comuni godono di una certa autonomia, sia in senso politico, sia in senso amministrativo, che normativo e legislativo. Sia le regioni, che le provincie ed i comuni possono emanare dei provvedimenti amministrativi. Mentre autonomia in senso normativo le hanno le sole regioni e le provincie autonome, entro certi limiti, mentre i comuni e le provincie non hanno in genere questa autonomia. L’autotutela è quel negozio giuridico che consente alla pubblica amministrazione di revocare gli atti illegittimi, e tale compito è riservato al TAR. La legge 142/90 è la legge

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sull’ordinamento della autonomie locali. Lo spirito della legge è di avvicinare l’azione dello Stato alle esigenze dei cittadini:

- riconoscimento delle autonomie statutarie, significa che ogni regione, provincia e comune può darsi uno statuto, nel quale viene ad essere stabilita l’organizzazione e il funzionamento dell’organo, ovviamente sempre nel rispetto della legge italiana;

- potestà regolamentare, ove si da attuazione a quelle che sono le norme statutarie;

- maggior partecipazione popolare, con proposte da parte dei cittadini, infatti possono essere pure previsti dei referendum popolari, che di solito è solamente di tipo abrogativo a livello nazionale, mentre a livello locale possiamo avere dei referendum consultivi.

ATTO AMMINISTRATIVO. E’ un atto giuridico posto in essere dagli organi della pubblica amministrazione nell’esercizio della loro attività amministrativa e funzioni. È un atto giuridico perché ha conseguenze giuridicamente rilevanti. Gli atti amministrativi hanno i seguenti requisiti.

- Soggetto che emana l’atto amministrativo. - Oggetto dell’atto amministrativo, ad esempio un terreno espropriato, in altri

termini il bene che l’atto va a colpire. - Contenuto, ove si definisce la volontà giuridica da parte dell’organo. - Forma: quasi sempre hanno una forma scritta vincolata, ma ci possono essere

anche atti amministrativi che includono la forma orale (ad esempio nel far disperdere una manifestazione) o di forma particolare (il vigile nel suo ruolo di controllare e dirigere il traffico).

Gli atti amministrativi si dividono in due grandi famiglie: - atti amministrativi in senso stretto; - provvedimenti amministrativi.

I primi sono tutti quegli atti di scienza, conoscenza e pareri richiesti. Ad esempio il certificato di famiglia è un atto amministrativo in senso stretto di conoscenza, ma non comporta nessun effetto a carico della sfera giuridica del soggetto che lo richiede (certificato di nascita, stato di famiglia, pareri di organi consultivi, come per esempio l’avvocatura dello Stato). I provvedimenti invece influiscono sulla sfera giuridica dei soggetti interessati, ampliandola o restringendola. I provvedimenti amministrativi hanno le seguenti caratteristiche:

- autoritarietà → si impongono unilateralmente e non c’è contrattazione; - concretezza → si riferisce ad un determinato soggetto e a un determinato

oggetto; - esecutorietà → se il soggetto non si adegua al contenuto del provvedimento

amministrativo, è la pubblica amministrazione che lo rende esecutivo comunque; - discrezionalità → la pubblica amministrazione è vincolata dal fine di raggiungere

l’interesse pubblico, ma la pubblica amministrazione è libera di decidere le vie più opportune per raggiungere tale scopo. Qui si inserisce il concetto di opportunità che varia da luogo a luogo.

Tutti i provvedimenti amministrativi devono essere tipici, cioè stabiliti dall’articolo 23 della Costituzione.

1) Provvedimenti estensivi (cioè che allargano la sfera giuridica di un soggetto). - Autorizzazioni: ad esempio l’abilitazione all’esercizio della professione, patente

di guida, abitabilità (case provate), agibilità (loghi aperti al pubblico), il porto d’armi, licenza di caccia, pesca, ecc…

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- Concessioni: è un modo con il quale la pubblica amministrazione concede ai privati concessioni per l’uso ed il godimenti di beni pubblici. Lo Stato per motivi di interesse pubblico può sospendere in qualsiasi momento l’uso della concessione. In concessione viene il servizio telefonico, la televisione, servizi per i trasporti ferroviari, la concessione a costruire. Infatti con la legge 10 del 1.977 (Legge Bucalossi) lo ius edificandi è stato separato dal diritto di proprietà, ed è amministrato dalla pubblica amministrazione, che amministra tale diritto per conto dello Stato.

- Ammissioni: ad esempio l’ammissione ad una scuola, all’esame di Stato, o alle biblioteche.

- Dispense: ad esempio la dispensa di non prestare al servizio militare, quando esisteva ancora la leva obbligatoria.

- Incentivi: ad esempio per la rottamazione, o destinati alle imprese, anche se questi non si devono configurare come aiuti di Stato, secondo la normativa europea.

2) Provvedimenti restrittivi. - Ordini: ad esempio abbattimenti di animali considerati infetti e quindi un pericolo

per la salute pubblica e degli altri animali. L’ordine di chiudere un locale per motivi di igiene o sanitari, oppure ordini emessi per motivi di sicurezza.

- Provvedimenti sanzionatori: questi sono dei provvedimenti restrittivi con la sanzione data a censura di particolari comportamenti di dati soggetti, ad esempio la sospensione da una scuola.

- Provvedimenti ablativi (togliere): tutti i provvedimenti di esproprio per pubblica utilità, requisizioni, occupazioni d’emergenza, confisca (esproprio senza indennizzo, per reati).

Quando la pubblica amministrazione ha di consulenze o opere da privati, può pervenire alla stipula di contratti, come se fosse un privato. Per arrivare a fare questi contratti si deve seguire un iter stabilito dal diritto amministrativo. In questo caso si devono approntare delle gare, che possono essere:

- l’asta pubblica; - licitazione provata; - l’appalto o concorso; - trattativa provata.

L’asta pubblica è preceduta da un bando di concorso, e chi vuole partecipare deve presentare opportuna domanda, poi ci sarà una commissione che analizzate tutte le domande, sceglierà quella più vantaggiosa. La licitazione provata (in questo caso la pubblica amministrazione fa una scelta a priori). Si tratta sostanzialmente di un invito alle imprese interessate, che si presentano con le loro referenze (e non con l’offerta). Quando pervengono tutte queste presentazioni, la commissione sceglie in ragione delle referenze, e solo le imprese scelte partecipano all’asta con le loro offerte. L’appalto-concorso è ancora più selettivo (si fa per le opere pubbliche di una certa portata) in questo caso si deve presentare il progetto, i tempi, i costi e le modalità operative. Certamente le gare pubbliche servono per evitare favoritismi e discriminazioni. Le aste pubbliche sono aperte a tutti, i partecipanti devono presentare una domanda, poi sarà onere della commissione decidere quale partecipante a cui concedere la stipula del contratto. I criteri di selezione della ditta devono essere preventivamente stabiliti nel bando di concorso (deve essere molto dettagliato). L’appalto-concorso lo si fa per opere più importanti, ed è certamente molto selettivo.

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La trattativa privata può essere fatta solo in due casi: 1) quando si tratta di opere di poco conto; 2) quando si tratta di un bene prodotto solo da un’impresa, quindi si tratta di un bene

praticamente unico. Un atto amministrativo può essere valido o non valido; certamente l’atto conforme alla legge è un atto valido, l’atto non conforme alla legge è un atto invalido. La condizione di invalidità può essere definita da un atto nullo, che non produce nessun effetto, oppure da un atto annullabile, che può essere eliminato. L’atto amministrativo è nullo quando vengono a mancare uno degli elementi essenziali:

- soggetto amministrativo (per esempio quando l’atto è preso da un soggetto amministrativo in un altro ramo della pubblica amministrazione);

- potere, quando manca la competenza, ed è strettamente collegata alla causa di nullità precedente;

- forma, ad esempio l’uso della forma orale e non scritta; - l’oggetto, quando non esiste o ne è impossibile la determinazione.

L’atto amministrativo è annullabile quando sussistono vizi di legittimità, quali incompetenza, eccesso di potere, violazioni di legge. L’incompetenza si realizza qualora l’organo aveva il potere di emanare l’atto amministrativo ma non la competenza (ad esempio l’atto amministrativo di esproprio invece della firma del presidente della regione, porta la firma del prefetto). In questo caso l’atto non è nullo ma annullabile. L’eccesso di potere si realizza quando viene intaccata l’indiscrezionalità, infatti tutti gli atti amministrativi devono essere motivati. L’eccesso di potere è un vizio di legittimità che va ad intaccare le motivazioni dell’atto amministrativo. Le motivazioni ci devono sempre essere per il principio della discrezionalità. Questo può accadere quando i soggetti che hanno approvato l’atto amministrativo avevano dei conflitti di interesse con gli effetti dell’atto medesimo. Per violazioni di legge quando viene ad esempio nominata una persona che non ha le caratteristiche per poterlo essere. Altro motivo di annullamento è se l’atto è stato preso in mancanza del numero legale, quindi l’atto è annullabile per violazione di legge. Vale anche per le assemblee di condominio quando non c’è il numero legale. Gli atti invalidi si possono sanare:

- sanatoria; - annullamento.

Per sanatoria si intende la rettifica o convalida, nel primo caso, ad esempio per incompetenza, l’organo competente firma l’atto. La convalida si definisce con l’ottenimento del parere mancante, oppure c’è una nuova convocazione e l’atto amministrativo viene approvato con il numero legale, se questo è mancato alla prima approvazione. La rettifica viene fatta solo nel caso di incompetenza.

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GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. La giustizia amministrativa ricorsi amministrativi; ricorsi giurisdizionali. I ricorsi amministrativi gerarchico; in opposizione straordinaria al capo dello Stato. Il ricorso amministrativo gerarchico si fa quando un provvedimento amministrativo è lesivo dei vostri interessi, e si può colpirlo sia per motivi di legittimità che di merito (inopportuno). Tale ricorso viene posto in essere nei confronti del superiore gerarchico (per esempio il provveditore è un superiore gerarchico rispetto al preside). Se l’atto amministrativo è stato prodotto dallo stesso ministro, tale ricorso non è attuabile perché non ha nessun superiore gerarchico. La domanda di ricorso la si fa entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento. La P.A. ha 90 giorni di tempo per prendere in considerazione il ricorso, oppure rigettarlo, se rimane in silenzio per tutto questo tempo, si parla di silenzio-riggetto, in altri termini l’atto amministrativo non subisce alcuna modifica. Se il ricorso è rifiutato si ha ancora un po’ di tempo per ricorrere in appello al TAR oppure fare un ricorso straordinario al capo dello Stato. Il ricorso in opposizione lo si deve fare entro 5 giorni dalla notifica dell’atto, dopo di che non si può più ricorrere in alcun modo. Esso funziona solamente quando si è in presenza di errori materiali, infatti, in questo caso controllo e controllore coincidono, ed è quasi impossibile che l’organo che ha emesso l’atto dichiari di aver sbagliato. E’ un ricorso che non richiede la presenza di un legale. Il ricorso straordinario al Capo dello Stato viene fatto solo per motivi di legittimità, il ricorso in questo caso viene fatto al ministro competente. Il ministro è obbligato a chiedere un parere vincolante al Consiglio di Stato, quest ultimo da tale parere, dal quale poi prende forza un D.P.R. (decreto del Presidente della Repubblica). Il Capo dello Stato ha soltanto il dovere formale di porre la firma su tale decreto. Il cittadino o i cittadini hanno 120 giorni per agire: tale ricorso è definitivo cioè non si può ricorrere contro il D.P.R., tale ricorso non richiede la presenza di un avvocato. RICORSI GIURISDIZIONALI. In Italia esiste la giustizia amministrativa e la giustizia ordinaria, tali giustizie esistono perché sono previste agli articoli 24 e 113 della Costituzione, da quest ultimo si evince la ripartizione della giurisdizione (contro gli atti della P.A. che ledono un diritto soggettivo o un interesse legittimo è sempre prevista una tutela personale davanti alla giustizia ordinaria o alla giustizia amministrativa). Se il provvedimento è lesivo rispetto a un diritto soggettivo si procede in giustizia ordinaria, se è lesivo di un interesse legittimo si procede in giustizia amministrativa. Un diritto soggettivo può essere tutelato direttamente e incondizionatamente (nessuno può essere privato di tale diritto) per esempio lo stipendio e il diritto al voto. Ci sono anche i diritti soggettivi tutelati direttamente ma non incondizionatamente, per esempio la proprietà privata (essa è un diritto soggettivo di natura affievolita). L’interesse legittimo è un interesse di natura personale tutelato da norme giuridiche, per esempio un provvedimento di esproprio illegittimo oppure una concessione non concessa (pur avendo tutti gli elementi), vanno a ledere l’interesse legittimo. LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA. Il T.A.R. è il tribunale amministrativo regionale, e costituisce il tribunale amministrativo di primo grado. Esso è formato da tre magistrati, ed è presente in ogni capoluogo di regione, è competente di giudicare tutti i provvedimenti amministrativi presi nell’ambito della regione. Contro un provvedimento del T.A.R. si può ricorrere al Consiglio di Stato, esso è un giudice

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amministrativo di secondo grado, ed è formato da 6 sezioni, le prime tre sono consultive, e le altre tre sono giurisdizionali. La Corte Costituzionale svolge il compito di regolatrice di funzioni. La Corte di Cassazione non è un tribunale amministrativo di terzo grado, ma fa parte della giustizia ordinaria. Per arrivare in Cassazione si deve dimostrare che c’è stata una lesione di un diritto soggettivo e non più di un interesse legittimo. Il ricorrente se perde in 1° e 2° grado può spostare la questione alla Corte di Cassazione che ha il compito di ravvisare lesioni al diritto soggettivo (tutto dipende dalla bravura degli avvocati). I poteri di un giudice ordinario dinanzi ad un provvedimento amministrativo è di disapplicarlo, ma non di annullarlo perché esso non è un giudice amministrativo), ma può obbligare la pubblica amministrazione a risarcire gli eventuali danni. Se un cittadino ottiene la ragione dal T.A.R. e se per esempio il comune non libera il terreno espropriato ingiustamente, quindi nel caso in cui la pubblica amministrazione non si adegui alla sentenza, il soggetto interessato deve ricorrere nuovamente in giudizio al T.A.R., per ottenere un giudizio di ottemperanza, questo solo nel caso in cui la pubblica amministrazione non si adegui spontaneamente alla sentenza. Nella giustizia amministrativa esistono due parti: il ricorrente e resistente (che in primo grado è sempre la pubblica amministrazione). A chi si ricorre? Se il provvedimento interessa il territorio regionale o comunque si localizza all’interno del territorio regionale, si ricorre al T.A.R. della regione competente. Se il provvedimento amministrativo oggetto del ricorso interessa il territorio di più regioni, si ricorre al T.A.R. del Lazio. il controricorso è fatto dai soggetti che hanno un interesse personale, attuale e diretto a mantenere quel determinato provvedimento amministrativo. Se c’è una parvenza di buon diritto (fumus boni iuris), ravvisata dal T.A.R. al primo esame di quel determinato ricorso, blocca immediatamente il provvedimento amministrativo senza fare tutto l’iter. GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE SPECIALI. La prima giurisdizione amministrativa speciale è la Corte dei Conti, esso come abbiamo detto è un organo di controllo, ma è anche un giudice amministrativo. Ha una giurisdizione per quanto riguarda la materie di contabilità, infatti, giudica sulle responsabilità dei funzionari pubblici e sulle responsabilità contabili degli agenti dello Stato e degli Enti territoriali. Ha anche il compito di giudicare le controversie poste in essere dai dipendenti pubblici sulle pensioni. Oltre all Corte dei Conti ci sono altre due giurisdizioni amministrative speciali meritevoli di menzione. � Commissioni tributarie: controllano le controversie in materia di contabilità; � Tribunale delle acque: si interessano di problemi inerenti alle acque e alle

concessioni relative.

ESPROPRIO. Lo si fa per pubblica utilità ed è un provvedimento amministrativo ablativo (che toglie) ed è restrittivo (restringe la sfera giuridica di un soggetto). L’esproprio è uno dei più importanti provvedimenti amministrativi con il quale la pubblica amministrazione priva di tutto oppure in parte di un diritto (proprietà ed altri), dietro corresponsione di un giusto indennizzo. Fermo restando che lo scopo deve sempre essere di pubblica utilità. Si espropria per realizzare opere pubbliche oppure opere private ad interesse pubblico (migliorare le proprietà private che hanno un interesse generale, per esempio quando i proprietari non hanno i denari per risistemare una palazzina), oppure aree che devono essere risistemate, oppure per interesse artisitco-storico.

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La legge 991 del 1.951 enuncia l’esproprio dei terreni montani abbandonati, la legge 657 del 1.957 enuncia la formazione di un patrimonio pubblico (formato da beni storici e culturali). All’articolo 43 della Costituzione è previsto il trasferimento coattivo di imprese. Per esempio negli anni ’60 è nata l’ENEL che il risultato di una fusione di più imprese (che producevano energia) private espropriate coattivamente. Le imprese che possono essere oggetto di tale esproprio sono quelle che hanno un interesse generale (fornitura di servizi considerati essenziali per esempio la fornitura di energia), oppure quando c’è una situazione di monopolio (lo Stato può decidere di espropriare l’impresa monopolista proprio per questo motivo). PROCEDIMENTO DI ESPROPRIO (legge 865 del 1.971). L’espropriante è il soggetto al quale va il vantaggio dell’esproprio, l’espropriato è il soggetto che lo subisce. Oltre a questi due soggetti c’è anche l’autorità che esegue la procedura dell’esproprio. Se l’esproprio è di competenza statale, a firmare è il prefetto, se invece l’esproprio è di competenza regionale a firmare è il presidente della regione in base alla legge fondamentale. Se l’esproprio è di competenza comunale firma il sindaco (di solito si usa per fare le case popolari) come è previsto dalla legge casa. Le due condizioni fondamentali per procedere all’esproprio sono:

� il pubblico interesse legalmente dichiarato; � il pagamento di un giusto indennizzo.

L’esproprio è disciplinato dalle seguenti leggi: � legge 2.359 del 1.865⇒indennizzo fondato sul valor venale; � legge 2892 del 1.885⇒indennizzo fondato sul valor legale; � legge 865 del 1.971⇒legge casa; � legge 10 del 1.977⇒legge Bucalossi; � legge 359 del 1.992.

La procedura dell’esproprio si evince dall’articolo 9 della legge casa. Per la concezione liberale la proprietà privata deve essere sempre garantita, la funzione sociale è limitata soltanto ad alcuni casi. L’esproprio avveniva in casi eccezionali per esempio la rottura di argini. Per la concezione socialista la funzione sociale deve prevalere sulla proprietà privata. Per quanto concerne i cattolici sono d’accordo con la piccola proprietà privata. Per effettuare l’esproprio ci vuole una legge, l’autorità e al dichiarazione di esproprio. Vediamo quindi, distintamente, i due procedimenti. a)Il procedimento di espropriazione per le opere di cui all’art. 9 della legge n. 865 del 1971. Tale procedimento si applica per le opere elencate all’articolo 9 della suddetta legge: - realizzazione degli interventi di edilizia residenziale; - acquisizione delle aree comprese nei piani di zona per l’edilizia economica e popolare;-

realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, compresi i parchi pubblici. La stessa legge, all’art. 44, chiarisce (in aggiunta all’art. 4 legge 29 settembre 1964 n. 847) che cosa si deve intendere per urbanizzazione secondaria e cioè: a) asili nido e scuole materne; b) scuole di obbligo; c) mercati di quartiere; d) delegazioni comunali; e) chiese ed altri edifici per i servizi religiosi; f) impianti sportivi di quartiere; g) aree verdi di quartiere; mentre l’urbanizzazione primaria è costituita da: a) strade residenziali; b)fognature; e) rete idrica; d) pubblica illuminazione; e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas ecc.;

- realizzazioni di singole opere pubbliche;- risanamento, anche conservativo, degli agglomerati urbani;

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- ricostruzione di edifici o quartieri danneggiati o distrutti da eventi bellici o da calamità naturali;

- acquisizione delle aree comprese nelle zone di espansione; - acquisizione degli immobili necessari per la costituzione di parchi nazionali. La procedura inizia con il deposito, nella segreteria del Comune che comprende gli immobili da espropriare, di una relazione esplicativa dell’opera o dell’intervento da realizzare, corredata dalle mappe catastali sulle quali siano individuate le aree da espropriare, dall’elenco dei proprietari iscritti negli atti catastali, dal FAL (fogli annunzi legali della provincia), nonché dalle planimetrie dei piani urbanistici vigenti. Il Sindaco notifica ai proprietari dei beni da espropriare l’avvenuto deposito della domanda e ne dà avviso attraverso le forme già viste (affissione nell’Albo del Comune, pubblicazione nel Fai della Provincia).Entro quindici giorni dalla pubblicazione sul Foglio annunzi legali, gli interessati possono presentare osservazioni scritte. Terminato tale periodo il Sindaco trasmette gli atti al Presidente della Giunta regionale. Il Presidente della Giunta regionale, entro trenta giorni, dichiara, con decreto costituente provvedimento definitivo, la pubblica utilità nonché la indifferibilità e l’urgenza delle opere e indica l’indennità di espropriazione da corrispondere, determinata nei modi che vedremo di seguito. Il decreto viene pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione e nel Foglio annunzi legali. Notificato agli aventi diritto l’ammontare dell’indennità provvisoria, i proprietari possono accettare l’indennità così determinata, comunicando tale volontà al Presidente della Giunta regionale ed all’espropriante. In caso di accettazione, l’espropriante entro trenta giorni deve versare presso la Cassa Depositi e Prestiti l’indennità prevista, mentre nel caso di mancata accettazione, l’indennità viene determinata dalla apposita Commissione provinciale e quindi versata, a cura dell’espropriante, presso la Cassa Depositi e Prestiti. Eseguiti i ricordati versamenti, l’espropriante richiederà al Prefetto l’emissione del decreto di espropriazione definitiva. Tale decreto sarà notificato all’espropriato, inserito per estratto sul FaI della Provincia e trascritto presso il competente ufficio dei registri immobiliari. b) Procedimento di espropriazione per le opere eseguite dallo Stato o col concorso dello Stato e per opere comunque non indicate nell’art. 9 della legge n. 865 del 1971. Per ottenere la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da intraprendere è necessario presentare una specifica domanda, accompagnata da una sommaria relazione nella quale si devono indicare la natura e lo scopo dell’opera da eseguirsi, la presunta spesa, i mezzi di esecuzione ed il termine entro il quale le opere saranno terminate; tale domanda sarà corredata da un piano di massima con la descrizione delle opere e dei terreni da occupare. La domanda deve essere pubblicata in ciascun Comune in cui l’opera deve essere eseguita e deve trovare un’idonea forma di pubblicità mediante l’inserzione nel Fal. Per 15 giorni la relazione ed il piano di massima debbono rimanere depositati nell’ufficio del Comune nel quale dovrà eseguirsi l’opera, in modo che chiunque vi abbia interesse possa fare le sue osservazioni. I tecnici, incaricati della formazione del progetto di massima, potranno introdursi nelle proprietà private e procedere alle operazioni di rilievo purché siano muniti della prevista autorizzazione, previo avviso ai proprietari e con l’obbligo di risarcimento degli eventuali danni arrecati. Per le opere dello Stato (grandi lavori di interesse nazionale, come ferrovie pubbliche, strade nazionali ecc.) la cui esecuzione deve essere autorizzata con legge, non è necessaria una apposita dichiarazione di pubblica utilità, essendo questa contenuta nella legge stessa. Negli altri casi, la dichiarazione di pubblico interesse è fatta, in relazione al tipo di opere, con decreto del Capo dello Stato, ovvero del Ministro competente, ovvero ancora del Prefetto. L’atto che dichiara un’opera di pubblica utilità stabilisce i termini entro i quali dovranno avere inizio e compiersi l’espropriazione ed i lavori,

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termini che possono essere prorogati per casi di forza maggiore e per altre ragioni indipendenti dalla volontà degli operatori. Trascorsi i termini, la dichiarazione di pubblica utilità diventa inefficace e non potrà procedersi alla espropriazione se non in forza di una nuova dichiarazione. Ottenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, il soggetto che intende realizzare i lavori deve formare un piano particolareggiato di esecuzione. Approvato il piano di esecuzione dall’autorità competente, il Prefetto ne ordina il deposito nell’ufficio comunale per quindici giorni consecutivi; al piano deve essere data opportuna pubblicità attraverso l’affissione all’Albo del Comune, l’inserzione nel Fal e, secondo la più recente procedura, attraverso la notifica diretta agli interessati. Dalla data della pubblicazione e dell’inserzione dell’avviso dell’eseguito deposito, decorre il termine di quindici giorni durante il quale le parti interessate possono prendere conoscenza del piano di esecuzione e proporre nel merito le loro osservazioni. Se non vi sono state osservazioni, il Prefetto ordina che il piano si esegua. Se vi sono osservazioni, si apre una particolare procedura prevista dagli artt. 19 e seguenti della legge in argomento. Possono comprendersi nell’espropriazione non solo i beni indispensabili all’esecuzione dell’opera, ma anche quelli attigui, la cui occupazione giova ad integrare la finalità dell’opera ed a soddisfare le sue prevedibili esigenze future. A richiesta dei proprietari, debbono pure comprendersi tra i beni da acquistarsi dagli esecutori dell’opera le frazioni residue degli edifici e terreni solo in parte segnate nel piano di esecuzione, qualora le medesime siano ridotte in modo da non poter più avere, per il proprietario, un’utile destinazione o siano necessari lavori considerevoli per conservarle od usarle in modo proficuo. Il proprietario del bene da espropriare può o accettare il prezzo offerto o rifiutarlo. Per l’accettazione è comunque necessaria una dichiarazione scritta da farsi al Sindaco del Comune nel quale si trovano i beni da espropriare; il silenzio corrisponde alla non accettazione. L’espropriante è tenuto al deposito dell’indennità offerta (in caso di accettazione) ovvero di quella determinata da una apposita commissione (in caso di mancata accettazione) con versamento alla Cassa Depositi e Prestiti. Accertato che sia stato effettuato il deposito da parte dell’espropriante, l’autorità competente pronuncia con decreto la espropriazione del bene e ne autorizza l’occupazione definitiva. L’ente espropriante è comunque tenuto a ripristinare, ad avvenuta esecuzione dell’opera, lo stato dei luoghi modificato a causa dell’opera stessa. RETROCESSIONE. La retrocessione consiste nel ritorno totale o parziale del possesso sul bene espropriato. Comunque questo può accadere quando non è stato costruito nulla, se invece è stato costruito qualcosa, oppure è stato costruito e poi è stato smantellato, l’area non può più essere retrocessa. La retrocessione può essere chiesta su iniziativa dell’espropriato o su iniziativa dell’espropriante. Perché avvenga la retrocessione ci deve essere la dichiarazione di decadenza della pubblica utilità. I comuni sui fondi retrocessi godono di un diritto di prelazione. Supponiamo che su un fondo espropriato non si stato edificato nulla, dopo aver ottenuto la dichiarazione di decadenza della pubblica utilità, prima che il fondo sia retrocesso all’ex proprietario, il comune ha 180 giorni di tempo per esercitare il suo diritto di prelazione, ovviamente il proprietario ha diritto a un indennizzo. Per le eventuali controversie si può ricorrere al giudice ordinario se si ravvisa una lesione del diritto soggettivo, oppure al giudice amministrativo ne caso ci fosse una lesione dell’interesse legittimo. Si va dal giudice ordinario per controversie che riguardano per esempio la liquidazione dell’indennizzo, oppure risarcimento di danni per causa di una occupazione illegittima. Restituzione dei beni, per esempio sono passati 180 giorni e il proprietario non è stato messo in condizione di rientrare in possesso del bene. Le lesioni di interesse legittimo si verificano quando ci sono

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dei vizi di forma nell’iter espropriativo, per esempio manca la pubblicazione al FAL, oppure la mancata notifica dell’indennità, oppure la mancata notifica del decreto d’esproprio. OCCUPAZIONE. Può essere temporanea o d’urgenza, la prima è uno strumento giuridico per occupare temporaneamente delle aree per costruire delle opere, per esempio edificare una strada, un ponte, oppure per sistemare una strada, oppure per il deposito di materiali, cantieri… Il proprietario dell’area occupata ha diritto a un indennizzo. La competenza (D.P.R. n°8 del 1.972) spetta alla regione che deve firmare i decreti di occupazione temporanea. Il fondamento giuridico dell’occupazione d’urgenza si ricava dalla legge fondamentale 2.359 del 1.865, essa deve essere fatta per casi eccezionali secondo questa legge. ma l’applicazione della legge fondamentale in merito a questo è stata allargata dalla legge casa (865 del 1.971), che ha esteso l’occupazione d’urgenza anche all’esproprio. Qualora venga dichiarata l’urgenza e l’indifferibilità dell’opera, l’ente espropiante può dichiarare l’occupazione d’urgenza e solo poi espropriare il fondo, questo permette di saltare tutto l’iter dell’esproprio e quindi di avere immediatamente la disponibilità del fondo. Per riassumere le due procedure espropriative possiamo stillare i seguenti schemi: Iter normale. Iter stabilito dalla legge casa. - Domanda; - Domanda; - Dichiarazione di pubblica utilità; - Dichiarazione di pubblica utilità; - Formazione pino particolareggiato; - Occupazione d’urgenza; - Versamento dell’indennizzo; - Formazione piano particolareggiato; - Occupazione del bene. - Approvazione;

- Versamento indennizzo.

URBANISTICA. La legge urbanistica in Italia: � Fondamenti giuridici; � origine ed evoluzione dell’urbanistica; � strumenti urbanistici in generale. Il diritto urbanistico è un ramo del diritto amministrativo, che fa parete del diritto pubblico, all’interno del diritto urbanistico c’è anche la legislazione edilizia. La ratio legis dell’urbanistica è lo scopo di regolamentare lo sfruttamento del territorio, nel rispetto della normativa riguardante la sicurezza statica, delle norme igienico-sanitarie e nel rispetto del territorio e dell’ambiente. In altri termini uno sviluppo che tenga conto delle risorse del territorio e sia in armonia con l’ambiente. La legislazione edilizia stabilisce le modalità di attuazione delle modifiche di attuazione apportate dall’urbanistica, per esempio stabilendo gli indici di edificabilità. Nessuna legge parla direttamente dell’urbanistica, ma si può evincere una limitata libertà ad edificare dagli artt. 42-43-44, in questi articoli si evince che l’iniziativa privata deve essere finalizzata agli scopi sociali. L’articolo 117 ha attribuito alle regioni a Statuto ordinario tutta una serie di competenze riguardanti l’urbanistica, infatti, esistono delle competenze a livello statale, regionale, provinciale e comunale. Come abbiamo detto l’urbanistica si evince da numerose leggi nel loro contenuto complessivo, solo una legge può essere definita “legge urbanistica” ed è la 1.150 del 1.942, la legislazione urbanistica se così si può definire in certe sue componenti risulta abbastanza confusa, ma ad ogni modo la dottrina (fissata dai dottori del diritto) e la giurisprudenza (l’insieme delle sentenze), hanno in gran parte risolto tutti i problemi legati all’urbanistica. Ecco un elenco di tutte quelle leggi che vanno a costituire la legislazione urbanistica italiana:

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� legge n°2.359 del 25/6/1.865 (legge fondamentale); � legge n°1.150 del 17/8/1.942; � legge n°765 del 6/8/1.967 (legge ponte); � legge n°865 del 22/10/1.971 (legge casa); � D.P.R. n°616 del 24/7/1.977; � legge n°10 del 28/1/1.977 (legge Bucalossi) � legge n°457 del 5/8/1.978 (piano decennale per la casa); � legge n°47 del 28/2/1.985 (legge sull’abusivismo); � legge n°179 del 17/2/1.992; � legge n°662 del 23/12/1.996; LEGGE FONDAMENTALE. - Finalità. - Difetti. Prevedeva l’esproprio di determinate aree per l’esecuzione di opere pubbliche, conferì agli enti locali una possibilità di controllo dello sviluppo urbanistico, siamo in un sistema liberale quindi questa legge ha dell’eccezionale rispetto al pensiero politico di quel tempo. Questa legge è stata voluta dai borghesi per avere la possibilità di costruire le ferrovie, che rappresentavano un incremento di ricchezza. In virtù di questa legge sono stati fatti pochissimi espropri perché c’era un problema finanziario (insufficienza di fondi), questo perché l’indennizzo era calcolato in base al valor venale, poi c’era una impreparazione tecnica degli amministratori locali e non per ultimo: non c’era la volontà politica di fare gli espropri. LEGGE URBANISTICA n°1.150 del’42. ⇒ Finalità: strumento urbanistico;

obbligatorietà; pianificazione; destinazione d’uso; licenza edilizia; livelli di pianificazione.

⇒ Difetti: regolamento attuativo disinteresse della nazione.

Nel 1.942 il governo va ad approvare una legge urbanistica nel totale disinteresse della nazione. Stabilisce la gerarchia e la natura degli strumenti urbanistici, venne stillato un elenco di tutti i comuni che erano obbligati ad avere gli strumenti urbanistici (i comuni di maggior interesse), la pianificazione si estendeva all’interno del territorio comunale con la diversificazione della destinazione d’uso. Con questa legge per la prima volta si parla di destinazione d'uso: il territorio viene diviso in aree, ed ogni una di esse viene destinata ad un uso diverso (destinazione agricola, industriale…). Il comune che si dotava di strumenti urbanistici pone un controllo sull’edificazione nel proprio territorio, subordinandola alla concessione di una licenza edilizia. A sua vola la licenza edilizia era subordinata al tipo di pianificazione applicata. Ci sono due livelli di pianificazione: 1) la redazione di un P.R.G. costituiva il primo livello di pianificazione; 2) c’erano anche i piani territoriali di coordinamento, infatti, certi comuni potevano applicare

una pianificazione che riguardasse altre zone oltre al centro, esistevano anche i piani regolatori intercomunali, in quanto consideravano lo sviluppo di due comuni limitrofi.

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Il grande difetto di questa legge è che manca un regolamento attuativo, infatti, nel ’42 non c’è stato il tempo per farlo (per il susseguirsi degli eventi bellici). Questa legge praticamente non è mai stata vista dai cittadini, infatti, la nazione era impegnata in altre cose ben più importanti purtroppo. Tale legge poi è stata travolta dall’opera di ricostruzione dopo la guerra, che venne fatta quasi senza regole. LEGGE PONTE n°765 del 1.967. - finalità: estensione della licenza su tutto il territorio comunale; limiti di edificabilità; snellimento del procedimento; piano di lottizzazione; sanzioni penali; opposizioni; standards minimi; - difetti. È un tentativo per procedere a una integrale revisione della legge urbanistica, è un tentativo di revisione parziale, per questo venne definita “legge ponte”, essa estende l’obbligo della licenza a tutto il costruito dell’intero comune. Fissa dei limiti di edificabilità anche per quei comuni che non c’erano. I tempi per l’approvazione dei piani urbanistici vengono drasticamente ridotti (riduzione del tempo per la consegna dei piani urbanistici). Per strumenti urbanistici si intende per esempio il P.R.G., che viene redatto dalla pubblica amministrazione, e sono pubblici cioè indirizzati alla collettività. In altri termini vengono fissati dei termini perentori per la consegna di questi piani urbanistici. Il P.R.G. ha bisogno dei piani attuativi per esempio i piani particolareggiati (P.P), o i piani di lottizzazione (P.L.). Ebbene con la legge ponte il piano di lottizzazione può diventare alternativo al piano particolareggiato, quindi diventa attuativo al P.R.G. Vengono inasprite le pene in caso di abusivismo edilizio, questo per cercare di ridurre le speculazioni sul territorio. Qualunque cittadino può opporsi ad eventuali licenze, qualora dimostrasse che tali licenze andavano contro a leggi o regolamenti, prima di questa legge questo non poteva essere fatto. Vengono introdotti gli standard minimi. Vengono stabiliti i servizi minimi standard che sono costituiti dalle opere di urbanizzazione primaria, quindi un’area non può essere edificata se mancano tali opere (fognature, acqua, corrente elettrica…). Rende obbligatorie le misure di salvaguardia (stabilite dalla legge n°1.902 del 1.952): se il comune sta per elaborare un nuovo P.R.G., oppure si sta facendo una variante, il sindaco non deve rilasciare licenze. Essa era una legge del 1.952 ma era disattesa da tutti. La legge ponte riafferma l’obbligatorietà di rendere valide le misure di salvaguardia. Secondo alcuni tale legge rilancia l’edilizia pubblica grazie allo snellimento delle procedure burocratiche e all’esigenza da parte della collettività di aver case. Questo sviluppo urbanistico veniva fatto su l’esistenza di standards minimi. Le opere di urbanizzazione primaria gravavano sulle spalle della pubblica amministrazione. Le amministrazioni locali non riuscivano a far fronte all’enorme sviluppo edilizio, le opere di urbanizzazione venivano spesso lasciate incomplete. LEGGE PER LA CASA n°865 del 1.971. La finalità di tale legge è l’espropriazione per pubblica utilità all’interno dei piani di zona, determinando l’indennizzo in base al valore agricolo medio del fondo. La finalità dell’espropriazione era principalmente rivolta all’edificazione dei piani PEEP. I piani PEEP erano fatti con delle convenzioni, stipulate tra il comune ed imprese o cooperative, in altri

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termini un vero e proprio contratto. Tale convenzione è l’atto con cui il comune (che ha espropriato il fondo) cede il diritto di superficie all’altra parte, in cambio l’imprese o la cooperativa deve edificare sul fondo. I PEEP sono i piani di edilizia economica popolare. La convenzione oltre a stabilire la cessione del diritto di superficie subordinandolo all’edificazione dell’opera, stabilisce in base a un elenco a chi dovranno andare gli appartamenti. Questa legge è stata in gran parte cassata con la sentenza 5 del 1.980 della Corte Costituzionale. Attualmente dal punto di vista politico ha mantenuto la sua validità, infatti, ha iniziato una politica a favore della casa. D.P.R. 616 del 1.972. Questo D.P.R. riguarda le regioni. Il punto di partenza della normativa regionale è il D.P.R. n°8 del 15/1/1.972, con questo decreto abbiamo il trasferimento delle materie di urbanistica e di viabilità alle regioni a statuto ordinario, viene trasferita anche la competenza a redigere i piani regolatori (questi erano stabiliti da una legge del ’39 n°1.497). il trasferimento è stato completato con una legge del 22/7/1.975 n°312 e il D.P.R. n°616 del 1.977. Queste due leggi trasferiscono in modo attuativo le varie materie alle regioni. Le regioni possono dotarsi di strumenti urbanistici, per esempio abbiamo il P.T.R. (piano territoriale regionale), quindi è con la legge del ’75 che le regioni cominciano a dotarsi di strumenti urbanistici, di solito le leggi regionali non si discostano di molto dalle leggi statali. Il D.P.R. 616 ha dettato in nuovo concetto di urbanistica, il quale viene legato alla legislazione ambientale. In altri termini detta una nozione diversa di urbanistica: che diventa la disciplina dell’uso del territorio, comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le opere di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonché la protezione dell’ambiente. Per la prima volta il legislatore ha dato una nozione di urbanistica dove c’è la connessione tra urbanistica e ambiente. LEGGE BUCALOSSI n°10 del 1.977. La legge Bucalossi è un tentativo di risolvere i problemi di distorta utilizzazione del territorio. Problemi di abusi, speculazioni in zone sismiche ed anche in zone demaniali. - finalità: concessione onerosa; espropriazioni; lotta all’abusivismo; P.P.A. È una legge che parla delle norme sull’edificabilità dei suoli. Si passa dalla licenza edilizia ad una concessione onerosa, per edificare si devono onorare dei tributi, nella fattispecie dei contributi. Si determinano dei nuovi regimi per le espropriazioni. C’è un inasprimento delle sanzioni contro l’abusivismo, addirittura il proprietario può perdere la proprietà. Con la Bucalossi si scorpora il diritto di proprietà dal diritto di edificare (che passa alla pubblica amministrazione che può concederlo o meno in base a determinati requisiti), prima della Bucalossi questi due diritti erano riuniti in un’unica persona. Il soggetto che vuole edificare deve fare una apposita richiesta alla pubblica amministrazione. Vengono introdotti i piani pluriennali di attuazione, viene ad essere gestito dalla pubblica amministrazione anche il quando edificare, in altri termini i tempi per l’edificazione e il suo inizio (questo dal ’77 in poi), il dove che veniva fissato con gli strumenti urbanistici.

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PIANO DECENNALE PER LA CASA n°457 del 1.978. L’articolo 31 di questa legge è il più importante in quanto fissa le categorie di interventi sugli immobili. Questa legge ha fatto finalmente chiarezza sui vari tipi di manutenzioni e per i quali è necessaria la concessione edilizia, abbiamo la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria, il risanamento e il risanamento urbanistico. Questa legge è rivolta soprattutto sul piano edilizio che su quello urbanistico. L’unico aspetto urbanistico è che permette ai comuni di individuare delle zone in degrado per estendere dei piani di recupero (con lo scopo di recuperare la zona in degrado). Questi piani grazie a questa legge vengono realizzati velocemente (abbreviando l’iter), per questi piani c’erano anche dei finanziamenti (finanziamenti pubblici privilegiati) e quindi finanziamenti per le opere da effettuare. Addirittura i piani di recupero possono costituire una variante per il piano regolatore. LEGGE SUL CONDONO EDILIZIO n°47 del 1.985. Già con la legge Bucalossi erano state inasprite le sanzioni contro l’abusivismo. L’abusivismo può essere formale o sostanziale, quest ultimo si ha quando è stato costruito senza concessione, ma il costruito non rispetta alcuna norma delle leggi urbanistiche e dei piani urbanistici, tale abusivismo non è sanabile. L’abusivismo formale si può avere quando ci sono questui elementi: - non c’è la concessione; - il costruito è in totale difformità alla concessione; - con variazioni essenziali, rispetto a quello che stabilisce la concessione; - in parziale difformità alla concessione. Per tale abusivismo si può chiedere la concessione in sanatoria, ma comunque non è detto che venga concessa. L’abusivismo sostanziale si ha quando si è costruito in zona demaniale per esempio. La legge 47 viene definita “norme in materia di controllo delle attività urbanistico-edilizie, sanzioni, recupero e sanatorie”, la legge 298 del 1.985 è la continuazione di questa. Per variazioni essenziali si intende aumentare in modo consistente la cubatura, aumentare la superficie del solaio, modifiche sostanziali ai parametri urbanistico-edilizi, oppure ci sono delle violazioni delle norme antisismiche. In totale difformità significa creare un organismo edilizio che è completamente diverso per caratteristiche tipologiche e planovolumetriche. Nei primi tre casi cioè si costruisce in mancanza di una concessione, in totale difformità oppure con variazioni essenziali, il sindaco emette un provvedimento di demolizione, entro 90 giorni da questo si può sistemare, fare un nuovo progetto, osi può chiedere la concessione in sanatoria. La parziale difformità si ha quando per esempio c’è un terrazzino in più oppure una finestra in più, anche in questo caso il sindaco emette un provvedimento di demolizione, ma in questo caso si hanno 120 giorni per chiedere una concessione in sanatoria (oltre ovviamente alla possibilità di sistemare la difformità: eliminandola), dimostrando che senza l’opera in più si pregiudica la stabilità del fabbricato. Il condono edilizio viene ad essere previsto da questa legge, è un qualcosa di straordinario, è speciale e temporaneo. Esso è definito speciale perché riguarda solo alcune particolari categorie di costruzioni, ed è temporaneo, infatti, si deve presentare la domanda e il progetto entro un determinato termine. È meglio chiarire la differenza tra il condono e la concessione in sanatoria, quest ultima si può ottenere solo quando c’è un provvedimento amministrativo, quindi siamo in corso d’opera, in vece il condono lo si fa per quelle opere (nel caso che ci sia una normativa che lo preveda) già edificate. Sia per ottenere il condono, sia per ottenere la concessione in sanatoria, si deve pagare una multa. il recupero edilizio

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non è altro che l’adeguamento dei piani urbanistici, in Italia situazioni di fatto abbastanza pesanti sono state sanate tramite la redazione dei piani urbanistici tenendo conto del costruito, in altri termini a quello che è la situazione esistente in quella zona in quel determinato momento. L’articolo 17 della legge 47 introduce una disposizione piuttosto importante, tutte le permute da 1.985 in poi (quando si firma un contratto che determina il trasferimento di proprietà), si deve scrivere sull’atto gli estremi della concessione (il numero), oppure della concessione in sanatoria, pena nullità dell’atto. Nel caso di semplice omissione si possono porre gli estremi da dichiarazione successiva, questo articolo ha lo scopo di evitare che ci siano delle costruzioni in assenza di concessione edilizia. LEGGE n°142 del 1.990. Questa legge sulle autonomie locali dal punto di vista urbanistico ha introdotto il piano territoriale di coordinamento (P.T.C.), la redazione di tale piano è compito della provincia. Ha imposto la pianificazione territoriale delle aree metropolitane. Ha introdotto l’accordo di programma che è un metodo di concertazione, i comuni vicini possono mettersi d’accordo sulla pianificazione del territorio, questo metodo ha funzionato solo nelle comunità montane, questo perché se tale pianificazione veniva fatta, c’erano anche dei fondi collegati ad essa. LEGGE n°179 del 1.992. L’articolo 16 di tale legge ha una connotazione urbanistica. Ha introdotto il programma integrato di intervento che consiste nell’accordo tra istituzioni pubbliche e private sulle decisioni concernenti alla pianificazione urbanistica. Questa norma è stata definita sconvolgente, è la prima volta che si da hai privati la possibilità di partecipare alla programmazione della pianificazione urbanistica. In altri termini si mettono assieme le istituzioni pubbliche e private per fare della programmazione urbanistica. In secondo luogo il programma integrato di intervento può costituire una variante per il piano regolatore. Molte regioni contro questa norma alla Corte di Cassazione, ritenendo che questa intromissioni da parte dei privati fosse una grave interferenza con il loro compito di pianificazione urbanistica. Con un sentenza questo articolo è stato cassato, e si è lasciata una pura e semplice dichiarazione di principio, la pubblica amministrazione deve ha soltanto il compito di avvertire i privati. In questo caso i privati erano rappresentati dagli esponenti delle classi tecniche (geometri, architetti e ingegneri). LEGGE n°662 del 1.996. Questa legge è collegata alla finanziaria, introduce un sistema di concertazione tra pubblico e privato, per interventi urbanistici complessi su vaste aree. Questa concertazione può essere fatta attraverso patti territoriali, contratti di aree e contratti di programma. Tutta la normativa fino ad ora non ha fatto altro che snellire l’iter per ottenere la concessioni, le autorizzazioni, gli strumenti urbanistici e tutte la sanzioni. DIRITTO AMBIENTALE. Il problema ambientale è recente perché i problemi ambientali li sentiamo adesso, ed esiste la consapevolezza che per risolvere tali problemi ci vuole la cooperazione di tutti i paesi. La prima conferenza promossa dall’ONU è stata fatta nel 1.972, da questa conferenza è nata UNEP nel 1.973, il suo compito è quello di valutare l’impatto ambientale, formulare politiche ambientali, formare ed educare. Nel 1.983 l’ONU costituisce una commissione mondiale sull’ambiente, è stata fatta perché nel modo sono successi dei fatti molto gravi. Il susseguirsi di questi gravi eventi diedero la spinta a fare più attenzione alla problematica ambientale.

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Nel 1.987 c’è il rapporto di Brundtland (pron. Brudlar), il quale conteneva una serie di principi legali per la protezione ambientale, per la prima volta si parla di sviluppo sostenibile: lo sviluppo di tutti i paesi deve essere sostenibile dal sistema ambiente. Nel 1.992 c’è la conferenza di Rio Janeiro, la quale è un momento di verifica delle politiche ambientali. Nel 1.997 c’è la conferenza di Tokio che fissa tutti i limiti di immissione degli agenti inquinanti. TUTELA DELL’AMBIENTE IN EUROPA. Nel Trattato di Maastricht redatto nel 1.992, vengono fissati dei principi di prevenzione, il principio di chi inquina paga, il principio di precauzione e il principio di correzione. In Europa c’è una agenzia europea per l’ambiente che fa dei controlli sulle emissioni degli agenti inquinanti e sull’ambiente, e da informazioni dal punto di vista ambientale. TUTELA AMBIENTALE IN ITALIA. La Costituzione italiana non parla mai dell’ambiente direttamente, ma agli artt. 32(sanità)-41(libera iniziativa economica, la quale deve essere controllata)-44(sfruttamento del suolo). Quindi la Costituzione italiana non interviene direttamente ma indirettamente. In Italia esiste il ministero dell’ambiente, istituito con la legge n°349 del 1.986 (prima di questa data il ministero dell’ambiente non c’era). Con il decreto legislativo n°300 del 1.999, il ministero dell’ambiente verrà accorpato al ministero dei lavori pubblici dalla prossima legislatura (13 maggio 2.001). per risolvere il problema ambientale sono richieste misure forti e tempestive. Il ministro dell’ambiente ha due braccia, uno è l’ANPA (introdotto con la legge n°61 del 1.994), che è il braccio operativo, esso ha le seguenti funzioni: � consulenza; � raccolta dati e loro elaborazione; � supporto tecnico-scientifico; � controllo delle regioni, tale controllo avviene tramite le agenzie regionali ARPA (esse

hanno le stesse ma a livello regionale). Un decreto legislativo n°112 del 1.998 le regioni hanno competenze sull’inquinamento delle acque, atmosferico, acustico ed elettromagnetico, oltre a tutta la competenza sulle risorse idriche e la difesa del suolo per la prevenzione delle calamità naturali, tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche, smaltimento dei rifiuti e controllo degli scarichi. I comuni con la legge n°142 del 1.990, hanno la competenza di valutare la qualità dell’aria e ad emettere dei provvedimenti per risolvere situazioni di inquinamento dell’aria. Con la legge n°112 del 1.998, il comune oltre alle competenze viste in precedenza, è competente in materia di inquinamento acustico, gestione e raccolta dei rifiuti urbani, programmazione e controllo della rete fognaria. Le comunità montane sono nate con la legge 1.102 del 1.971, per valorizzare zone montane e promuovere l’unione tra i comuni (si da la possibilità ai piccoli comuni di unirsi ed affrontare progetti assieme soprattutto a livello turistico). Alle comunità montane spettano dei finanziamenti, mentre ai singoli comuni no. I compiti sono il controllo degli scarichi, la gestione degli acquedotti e dei depuratori. C’è anche la prevenzione degli incendi, anche se questo non è più a livello delle comunità montane ma a livello del ministero dell’ambiente. L’articolo n°18 della legge 349 del 1.986 parla di danno ambientale, cioè qualsiasi fatto doloso o colposo che arrechi un danno all’ambiente, l’autore di questi fatti è obbligato a risarcire lo Stato. È previsto anche l’arresto da 6 mesi ad un anno di reclusione, più una penale fino a 50 milioni.

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LA CONCESSIONE EDILIZIA (Legge n°10 del 1.977). Prima della legge Bucalossi c’era la licenza edilizia: lo ius edificandi è passato alla pubblica amministrazione, quindi il diritto di proprietà viene scorporato dal diritto di edificare. Vediamo ora le caratteristiche di questo provvedimento amministrativo (concessioni edili).

1) La concessione è data ai proprietari e agli aventi diritto (il titolare di un diritto di superficie, usufruttuario, enfiteuta, titolari di servitù volontarie o coattive).

2) La concessione edilizia è trasferibile agli aventi diritto e ai successori, per ottenere lo trasferimento si deve fare domanda al comune, che non si può rifiutare, tranne in casi molto particolari.

3) La concessione è irrevocabile, può essere revocata per i casi di decadenza. 4) La concessione ha per oggetto lo svolgimento di un’attività edificatoria.

Per iniziare i lavori vi è tempo un anno dal momento del rilascio della concessione, e si hanno tre anni di tempo per completare l’opera, se i lavori non vengono ultimati entro i termini, si deve fare domanda di una nuova concessione edilizia per la parte rimanente da ultimare. L’articolo 3 della stessa legge stabilisce che l’onerosità della concessione deve essere commisurata al costo di costruzione e alle opere di urbanizzazione.

������ ��� → ! ������������������"�������� ����������� → # ���������������� Il costo di costruzione viene ad essere fissato da tabelle redatte dal ministero dei lavori pubblici, fissando il costo in ragione alla tipologia di costruzione. Si corrisponde al comune una percentuale di questo costo. Questo oneri possono essere corrisposti alla fine dei lavori, e comunque non oltre i 60 giorni dal termine. La parte del contributo inerenti agli oneri di urbanizzazione si deve pagare subito. Quindi gli oneri di urbanizzazione sono stabiliti dal comune dai singoli comuni, ma la loro discrezionalità è limitata, infatti sono stabilite dalle regioni delle bande di oscillazione degli oneri di urbanizzazione. LA CONCESSIONE IN DEROGA (n°765 del 1.967, Legge Ponte). Tale concessione è uno dei modi per sanare situazioni di abusivismo. Tale concessione opera in deroga ed è limitata ad edifici od impianti che siano pubblici o che abbiano finalità pubbliche. C’è una sentenza del TAR del 1.990 che ha ritenuto anche un albergo una opera a finalità pubblica. La concessione in deroga viene concessa dal Sindaco su delibera del consiglio comunale, previo il nullaosta della Regione. La concessione in deroga la si fa solamente per abusivismi formali. INQUINAMENTO IDRICO. Gli agenti inquinanti derivano dalle attività antropiche. E possiamo avere inquinamento chimico, fisico (rifiuti solidi, ad esempio) o biologico (parassiti, batteri, ecc…). LEGISLAZIONE SULLE ACQUE. La prima forma di tutela la troviamo nello Statuto Albertino. La legge 2248 del 1.865 è uno dei primi esempi di disciplina nell’uso delle acque. Essa riguarda i lavori pubblici che devono essere fatti in determinato modo per evitare danni gravanti su fiumi o torrenti. Questa normativa va a disciplinare l’uso idrico, ma nulla dice sugli inquinanti. Il testo unico del 1.933 serve per controllare l’acqua, sempre nei termini di uso, ma anche qui nulla si dice sul suo inquinamento. Nel 1.976 abbiamo la legge Merli n°319 ed è la prima legge che va a fissare quelli che sono i limiti delle sostanze inquinanti negli scarichi. Dal controllo di tutti gli scarichi

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si scopre che nessuno allora era a norma. La legge 36 del 1.994 è la Legge Galli (è stata abrogata) è introdotto un concetto molto importante: tutte le acque sono pubbliche. Dal ’94 in poi chi avesse un pozzo lo deve denunciare. Se un privato ha disponibilità dell’acqua, può usarla, ma con ordinanza del Sindaco potrebbe essere costretto a chiudere il pozzo, perché i bisogni primari dell’uomo vengono prima di tutti gli altri. Poi c’è il testo unico del 1.999 n°52 che riordina tutte le materie e recepisce due direttive della Comunità Europea (trattamento della acquee reflue, protezione delle acque da inquinamento da nitrati dai fondi agricoli). Possiamo dire che questo testo unico abbia abrogato la Legge Galli e Merli, e si è proceduti ad un riordino complessivo della normativa, con i seguenti obiettivi:

- potenziamento dei controlli preventivi e necessari; - obbligo di fare le fognature nei comuni con più di 15000 abitanti; - obbligo di depurare tutte le acque reflue urbane prima di immetterle

nell’ambiente; - autorizzazione allo scarico deve essere rilasciata dalla provincia che deve

predisporre anche i controlli. STRUMENTI URBANISTICI.

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�$�%$�'%'��($ → ) ��������������������������������������*� ���������������������������������, ������������′50� Questi sono strumenti di massima, anche se talvolta danno delle prescrizioni. Devono essere rispettosi dei piani cornice. �$�%$���&$�"(��'��$�&$"�&&/�&$�$

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Il Piano Territoriale Regionale assume diverse denominazioni (piano urbanistico regionale, piano territoriale regionale di coordinamento, quadro di riferimento regionale), ma la sostanza non cambia. Ha la funzione generale di essere un piano cornice, quindi le sue prescrizioni sono vincolanti per le province e i comuni che devono attenersi alle sue direttive. È il presupposto al PRG e PTC. È uno strumento di governo del territorio su grande scala, cioè tutta la regione. Ha delle prescrizioni non solo di tipo urbanistico, ma ha delle forti connotazioni di tipo ambientale ed economico. Indica le zone di riserva a particolare destinazioni stabilendone i limiti. Fissa le zone destinate ad insediamenti, che possono avere natura abitativa, oppure relazionali (terziario), culturali ed ambientali. Una volta individuato queste aree il piano ne definisce i vincoli ed i limiti. Il PTR è costituito da un testo e da documenti cartografici (il testo è una relazione). Il Piano Territoriale di Coordinamento Sovracomunale (PTC) è previsto dalla legge urbanistica agli articoli 5 e 6. Attualmente viene redatto dalle diverse province, e tutti gli elaborati passano alla regione che li approva in base al DPR 616 del 1.977. La stesura del

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PTC è regolata dalla legge 142/90 articolo 15 secondo comma. Attualmente le provincie si pongono come centro di raccolta e di coordinamento di tutte le proposte fatte dai comuni, sulle quali applica un primo controllo sulla base delle direttive definite dalle regioni. Da un punto di vista pratico il PTC contiene l’indicazione delle diverse destinazioni del territorio secondo vocazione, la localizzazione di massima delle diverse infrastrutture, linee di intervento per la sistemazione idrica ed idrogeologica. Il Piano Regolatore Generale PRG lo si trova nella legge urbanistica del 1.942, nella legge Ponte e nella Legge Bucalossi. Ha la funzione di stabilire le linee essenziali ed il programma di sviluppo del territorio comunale. Al giorno d’oggi alcuni comuni hanno dei piani talmente particolareggiati da indurre in confusione. Il PRG può riguardare il territorio di più comuni limitrofi, e questo è il Piano Regolatore Generale Intercomunale. Ci sono due vincoli: ricognitivo e costitutivo. I vincoli ricognitivi fanno riferimento a leggi speciali. Un’altra caratteristica dei PRG è la zonizzazione che può essere:

- infrastrutturale, ove vengono fissati i territori di servizio; - architettonica, in questo caso si fa riferimento alle categorie edilizie e alle

dimensioni delle costruzioni; - funzionali, ove si fa riferimento ai diversi usi consenti agli inabili.

PROCEDIMENTO PER LA FORMAZIONE E APPROVAZIONE DI UN PRG. L’elaborato è fatto da tecnici del comune. Per i comuni di piccole dimensioni tale compito può essere affidato a studi privati attraverso delle gare pubbliche, sarà poi lo studio privato ad approntare tutte le indagini necessarie e le rilevazioni, anche all’interno delle proprietà private, con regolare autorizzazione. Una volta finito l’elaborato viene lasciato in municipio per trenta giorni, per le eventuali osservazioni. Viene pubblicato tramite l’albo dei prettori. Terminati i 60 giorni (i primi 30 viene lasciato in municipio, poi ci sono altri trenta giorni) la commissione edilizia discute le varie osservazioni. Poi viene approvato. Una volta approvato viene trasmesso tutto in regione che lo può approvare, respingere o imporre delle modifiche, questo da quando c’è la legge 281 del 1.970. Alla fine di tutta la procedura, il decreto di approvazione del PRG viene ad essere pubblicato nel BUR. CONTENUTI. I contenuti si definiscono nella zonizzazione, nelle norme urbanistico-edilizie di attuazione, tutela del patrimonio storico e culturale, individuazione di quelle che sono le zone di recupero del patrimonio edilizio esistente. Il fattore principale che divide il PRG dal PF, è che in quest’ultimo mancano le zone di espansione e mancano le localizzazioni. Ed inoltre nella stesura dei PF i cittadini non hanno possibilità di apporre osservazioni. Quindi il PF non rispetta la stessa procedura di approvazione ed esso viene redatto come regolamento.

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