aprile/maggio2010

19
Iniziativa patrocinata dall’Ateneo FEDERICO II Anno II - Numero VII Febbraio-Marzo 2010 Testata registrata al Tribunale di Napoli n. 99 del 22-12-08

Upload: alessandra-marziale

Post on 16-Mar-2016

215 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

Eco di Cassandra

TRANSCRIPT

Page 1: Aprile/Maggio2010

Iniziativa patrocinata dall’Ateneo FEDERICO II

Anno II - Numero VII Febbraio-Marzo 2010 Testata registrata al Tribunale di Napoli n. 99 del 22-12-08

Page 2: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

Direttore Responsabile: Lorenzo Crea

Fondatori: Leonarda Di Meo

Giancarlo Marino

Mara Russo

Impaginazione e Gestione sito

web: Alessandra Marziale

Redattori: Ilena Ambrosio; Simona Bonetti;

Lavinia M. Caradonna; Antonio

Cristiano; Fabrizio De Rosa, Mirella De

Sisto; Giovy De Vita; Eduardo Di

Pietro, Serena Di Vito; Matteo

Dell'Aria; Giovanni Di Benedetto;

Jundra Elce; Giulia Esposito; Sabrina

Gamella, Antonella Giacomaniello;

Simona Grieco; Sara Imbriani;

Annamaria Iodice; Fiorina Izzo;

Maurizio Esposito La Rossa; Francesco

Lobefalo; Enrica Mossetti; Angela

Marino; Alessandra Marziale; Andrea

Panico; Giovanni Schiavone; Gabriele

Stasino; Allegra Taglialatela; Vincenzo

Vezzi.

Vuoi partecipare anche tu a questo progetto? METTITI IN GIOCO! Per contatti ed info:

[email protected]

Per inviare i tuoi racconti: [email protected] Per inviare le tue poesie: [email protected]

SITO CASSANDRA http://ecodicassandra.altervista.org/

Forum Cassandra http://inchiostro.forumcommunity.net

Indice News Echi dall’Ateneo : San Carlo per i giovani

A tu per tu: con Alessandro Baricco

Dossier: L’ombra sul Novecento

Lettere in…chiostro: Recensioni Libri

Dietro lo schermo: Cinema e Tv

Arte in scena: Teatro

Il giardino di Epicuro: Riflessioni

Eventi

Page 3: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

A tu per tu con

Presentazione del libro “L'uomo verticale” di Davide Longo

Oggi lei ci presenta il libro “L'uomo verticale” di

Davide Longo, chi è costui ?

Davide Longo è uno scrittore al suo terzo romanzo, mio

ex allievo, anche lui piemontese che ha già pubblicato

due libri “Un mattino Engalen”e “Mangiatore di

pietre”

Che significa il titolo ?

E' un modo di dire spagnolo e significa un uomo tutto di

un pezzo, una persona coraggiosa e audace. Leonardo

(il protagonista del libro nda) non sembra potersi

identificarsi in questa apostrofazione. Egli è un

intellettuale appartato, evita la violenza, è un mite,

ricorda molto l'inetto di Svevo, apparentemente è la

vittima predestinata

E invece ?

E invece, come Zeno Cosini, la sua inettitudine lo rende

vincente. In tale libro è ben manifesto il coraggio nella

passività.

Che cosa le è piaciuto del libro ?

Oltre al fatto che Davide scrive bene, ciò che mi ha

entusiasmato è la velocità del libro. In un primo

momento è composto, lento, ti induce alla riflessione,

nella seconda parte è forsennata, dinamica. Inoltre si

nota il gusto per la metafora in un scritto prosaico e la

ricchezza d'immagini che si sovrappongono ai dialoghi.

Il libro a quale genere può essere ascritto ?

E' una via di mezzo tra il saggio politico e il genere

apocalittico che ha grande successo in America, basta

pensare a Corman McCarthy. L'opera è ambientata in

un futuro italiano non identificato completamento

sfaldato, in cui tutto anche i rapporti umani si sono rotti,

è sempre inverno ma poi quando si dialoga o si ricorda

la scrittura diventa amara e feroce. L'unica cosa che può

rinsaldare tutto in questo ambiente gelido è un

piccolissimo fuoco alimentato continuamente dai

bambini.

Andrea Panico

Alessandro Baricco (Torino 1958-) è un

noto scrittore, critico e regista italiano.

S'impone alla critica e al pubblico

italiano fin dai primi anni '90 con

romanzi “Castelli di rabbia”(1991),

“Oceano

mare”(1993),”Seta”(1996),”City”(1999)

e “Senza sangue”(2002) scatenando le

più disparate critiche tra estimatori

(Fernanda Pivano) e detrattori (Giulio

Ferroni). Giunge al trionfo con

“Novecento. Un monologo”(1994) da cui

vengono tratte

una pièce

teatrale con

Arnoldo Foà e

la

sceneggiatura

per il film di

Giuseppe Tornatore “La leggenda del

pianista sull'oceano”(1998). Tra i suoi

ultimi lavori il libro “I barbari”(2008) e

il film “Lezione 21”(2008).

“Davide Longo, tra le voci più importanti della nuova narrativa, scrive un romanzo sul nostro paese senza mai nominarlo, un luogo dove l'odio comanda, unisce e divide gli uomini ridotti a distruggersi e umiliarsi per sopravvivere”

Page 4: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

"Tutto ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale. “

Hegel

La sofferenza è dunque razionale?

Quest’articolo non vuole partito, né colore, né bandiera

Nella volontà di renderlo tale si è solo rincorsi una chimera, di fatti, ben presto si fa strada una prima ed importante soggettivizzazione operata già nella scelta dei brani da considerare. Si arriva così alla conclusione che chi scrive non è una penna bensì un pensiero che prepotente si fa inchiostro.

La penna di chi l’ha scritto seguirà il filo rosso immaginario di due libri divertendosi ad intrecciarlo e intersecarlo, sono libri scritti a non molti anni di distanza tra loro e da noi: “Se questo è un uomo” di Primo Levi e “Tutto scorre…” di Vasilij Grossman. Se non si hanno dubbi sulle tematiche del primo, probabilmente ai molti il secondo potrebbe destare qualche perplessità maggiore. Il Grossman scrisse “Tutto scorre…” tra il 1955 e il 1963, considerato il suo testamento, ha un duplice obiettivo: da un lato sottolineare la tortura della vita nei campi e dall’altro sottolineare la più sottile tortura di quanti ritornano e riconoscono la bassezza e il terrore negli occhi dei conoscenti e soprattutto il vero ruolo di Lenin e del suo spregio della libertà nella costruzione del mondo sovietico. “Per qualche ora possiamo essere infelici alla maniera degli uomini liberi. Strano, in qualche giorno, si ha sempre l’impressione di essere fortunati, che una qualche circostanza, magari infinitesima, ci trattenga sull’orlo della disperazione e ci conceda di vivere. Chi è colpevole, chi pagherà… Bisogna riflettere, non bisogna affrettarsi a rispondere. Come comportarsi con gli assassini delatori? Ma aspettiamo ancora, riflettiamo; non emetteremo la sentenza senza aver prima ponderato. Lui adempiva il suo dovere, non attuava vendette. Chi sottoporre al processo? La natura dell’uomo! È lei a generare questi cumuli di menzogna, di obiezioni, di vigliaccheria, di debolezza. Noi non crediamo alla più ovvia e facile deduzione: che l’uomo sia fondamentalmente brutale, egoista e stolto come si comporta quando ogni sovrastruttura civile sia tolta, e che lo Haftling non sia dunque che l’uomo senza inibizione. Noi pensiamo piuttosto che null’altro si può concludere, se non che di fronte al bisogno e al disagio fisico, assillanti, molte consuetudini e molti istinti sociali sono ridotti al silenzio. Tutta la sua vita era stato un unico grande atto di obbedienza, non una volta che avesse disobbedito. Ed ecco

Page 5: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

adesso che ricordava che un dubbio c’era. Lui aveva solo finto che non ci fosse. Il fatto è che, fosse pure convinto dell’innocenza di Bucharin, avrebbe comunque votato per la sua condanna a morte. Gli era più comodo non avere dubbi e votare. Quando piove si vorrebbe poter piangere. È novembre, piove da dieci giorni, e la terra è come il fondo di una palude. Ogni cosa di legno ha odore di funghi. Se potessi farei dieci passi a sinistra, c’è la tettoia sarei al riparo; mi basterebbe anche un sacco per coprirmi le spalle, o solamente la speranza di un fuoco dove asciugarmi; o magari un cencio asciutto da mettermi tra la camicia e la schiena. Ci penso, fra un colpo di pala e l’altro, e credo proprio che avere un cencio asciutto sarebbe felicità positiva. Da stamattina siamo confitti nella melma, a gambe larghe senza muovere i piedi dalle due buche che si sono scavati nel terreno vischioso; oscillando sulle anche a ogni colpo di pala. Ti avevo chiesto come avevano potuto, i tedeschi, nelle camere a gas, uccidere i bambini ebrei. Come potevano vivere, dopo questo? Quasi che gli uomini, e Dio, non li avrebbero giudicati. E tu dicesti: -Uno è il castigo del carnefice: lui, che non considera la sua vittima un uomo, cessa di essere uomo lui stesso; egli uccide l’uomo che è in lui, è il suo proprio carnefice; la vittima, invece, resterà un uomo nei secoli, per quanto tu lo distrugga- La neve si era ormai sciolta quando gli uomini cominciarono a gonfiare,era sopraggiunto l’edema da fame. Ora io ti chiedo: come ha potuto accadere tutto questo?”.

Se leggendo l’articolo non siete riusciti a scindere le parti che appartenevano ad un testo o all’altro vuol dire che la sofferenza, da che punto di vista si guardi, non è ammissibile in nessuna società civile.

C’è da fare una precisazione che lo stesso Levi sottolinea nell’Appendice del 1976 all’edizione scolastica di “Se questo è un uomo”, di fatti, il Levi indica “La sostanziale differenza tra i campi di concentramento tedeschi e russi: i campi sovietici non sono luoghi in cui il soggiorno è gradevole ma la morte dei prigionieri non era espressamente ricercata, era certo un incidente assai frequente, tollerato con brutale indifferenza, ma sostanzialmente non voluto e dovuto alla fame. Nel lugubre confronto tra

due modelli di inferno bisogna aggiungere che nei lager tedeschi, in generale si entrava per non uscirne: non era previsto alcun termine altro che la morte. Per contro nei campi sovietici un termine, seppur lungo, è sempre esistito. I campi di concentramento sovietici rimangono pur sempre una manifestazione deplorevole di illegalità e di disumanità. Non hanno nulla a che fare con il socialismo. È facile rappresentarsi un socialismo senza Lager: in molte parti del mondo è stato realizzato. Un nazismo senza Lager invece non è pensabile”.

Jundra Elce

Page 6: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

News News News News

Da un po' di tempo in Facoltà si aggirano graziose signorine in tailleur verde che distribuiscono

brochure, figure che invitano a visitare il nuovo teatro San Carlo, completamente tirato a lucido,

dopo i lavori fatti tra il 2009 ed il 2010. Il San Carlo viene in Facoltà per attirare i giovani che, si sa,

sono poco inclini all'opera e ai balletti. Ma

quest'anno il vecchio Mozart della locandina indossa

i blue jeans e per i minori di trent'anni ci sono

tantissime opportunità di risparmio. Pagare di meno

è un incentivo per avvicinare i giovani all'opera e

per farli innamorare della musica classica. Il teatro

mette a disposizione delle formule davvero

convenienti: le Card speciali con cui ognuno può

“comporre la propria stagione”. Già, perché con una

formula di soli 70,00 euro si può assistere ad un

opera e a ben quattro concerti, e con soli 40,00 euro,

invece, si ha diritto ad assistere a 4 concerti. La

stagione lirica è ricchissima, e si ha veramente

l'imbarazzo della scelta. Si va da Maria Stuarda alla

Traviata, passando per La Vedova Allegra. E ancora

più ricca è la stagione sinfonica. Insomma, dopo

un'opera di restauro durata due anni e circa 65

milioni spesi per renderlo all'avanguardia (è stato

ristrutturato proprio tutto: dal palco ai camerini),

vale davvero la pena farci un salto e provare

l'emozione dell'opera in uno dei più antichi teatri d'Europa. E per essere davvero all'avanguardia il

teatro San Carlo non poteva mancare su facebook, altro tentativo di attirare le giovani masse nei

suoi spazi rinnovati che aspettano solo pubblico giovane.

Francesca Bianco

Page 7: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

Inchiostro Libri

Nell’ambito della settimana dedicata alle

donne, in occasione dell’8 marzo, alla

Soprintendenza Archivistica per la Campania

è stato presentato il volume sesto della collana

Archivio per la storia delle donne, edito da Il

pozzo di Giacobbe e a cura di Adriana

Valerio, della Fondazione P. Valerio. Tema

dell’incontro: La monacazione forzata. Fonti

e archivi per la storia delle donne. Gli archivi

sono “luoghi vivi”-sottolinea Adriana Valerio

“nel senso che è qui che si possono trovare i

documenti primari che danno poi il via alle

ulteriori indagini” ad esempio, certificati di

nascita o di battesimo. Spesso, poi, affiorano

notizie documentarie circa le donne e le loro

attività, così da ribaltare l’idea di un loro

ruolo marginale. In virtù di questa posizione

subalterna, le donne non hanno potuto

scegliere liberamente il proprio futuro e,

pertanto, sono state costrette spesso alla

monacazione. In realtà è proprio nei luoghi

sacri a loro deputati, che le donne hanno

espresso le loro potenzialità e conoscenze: il

monastero era non solo luogo di fede ma

anche di committenza artistica, di cultura e di

potere e dalle indagini su oltre 120 monasteri

napoletani, si è evinto che essi possedevano

una sala teatro (lo dimostra, ad esempio, il

fatto che erano il sito per eccellenza delle

feste del potere angioino). Numerosi poi gli

esempi letterari del monacarsi delle donne,

non per libera scelta, al di là del famosissimo

esempio manzoniano di Gertrude, come ha

sottolineato Giuseppina Scognamiglio,

docente di Letteratura teatrale italiana: dal

Gianbattista Pergolese di Francesco

Mastriani (amore contrastato con Maria

Spinelli, fanciulla napoletana di buona

famiglia, costretta nel 1834 a monacarsi), al

Ferdinando di Annibale Ruccello (in cui c’è

un rapporto intimo tra il sacerdote don

Catellino e la donna borbonica, Clotilde), e

già ne La tirannia domestica, ovvero la

Rachele, romanzo del 1793 di Pietro Napoli

Signorelli e fonte - afferma la docente - di

Manzoni per la sua Gertrude. Tantissimi altri

esempi si potrebbero addurre, tra questi Le

religiose alla moda di Dalbono (1768) o

ancora Diderot ed Enrichetta Caracciolo.

Nell’occasione è stato letto un passo da Ecce

Virgo, testo teatrale di Angela di Maso, da lei

interpretato con Arnolfo Petri. Moderatrice

dell’incontro, la Soprintendente archivistica

Maria Luisa Storchi.

Fiorina Izzo

Page 8: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

Inchiostro Libri

un romanzo di Lara Kant

Narrata in prima persona quasi come un

diario, La barca senza porto è una storia

particolare ispirata alla tragica esperienza di

Emma, una ragazza che Lara Kant incontrò

durante uno dei suoi viaggi e che le fece

sorprendenti dichiarazioni. L’autrice presenta

le vicende per poi lasciare la parola alla

protagonista, alternando dialogo e voce

narrante, senza che il lettore ne percepisca il

passaggio repentino. Così il romanzo si

addentra, a mano a mano, nella vita privata di

una fragile bambina di un orfanotrofio,

ritraendola nel suo diventar donna

prematuramente, quando soffre e si rialza,

quando parte e poi ritorna. La parte più cruda

della vita di Emma viene raccontata in modo

dettagliato e raccapricciante: a 13 anni, venne

stuprata dal padre di una sua amica, una

violenza che, in principio, la ragazzina

identifica come un tentativo di omicidio, e

che, poi, la fa precipitare in un gravissimo

stato di anoressia. Quando tutto sembrava

finito, accade qualcosa di prodigioso che

spinge quella mente passiva e affranta a

reagire e ad intraprendere una dura e lunga

lotta contro la morte. Con un’insolita forza di

volontà, Emma riesce a salvarsi, dimostrando

come sia possibile risollevarsi anche dalle

tenebre più oscure del dolore per ritrovare il

sorriso e la voglia di vivere. Racconto

struggente e a tratti commovente mette in

risalto i lati oscuri del destino, mostrando, da

un lato, la sofferenza umana in tutta la sua

tragicità, dall’altro, la possibilità di riscatto

anche in fin di vita.

Antonella Anna Giacomaniello

Page 9: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

Nel corso delle lezioni, gli studenti del Master

di II livello in “Letteratura, scrittura e critica

teatrale” incontrano artisti, autori, registi e

attori teatrali e, dopo Ernesto Maiheux e le

sorelle Rondinella, è la volta di Eduardo

Tartaglia, che da qualche tempo,

parallelamente agli impegni teatrali, è alle

prese con il cinema. Infatti, dal 12 marzo è

uscito in 150 copie in tutta Italia, prodotto da

Medusa, La valigia sul letto. Anche questo

terzo lavoro cinematografico del Tartaglia,

vede luce al teatro, in quanto trasposizione di

un precedente lavoro teatrale. Il tutto nasce,

dice Tartaglia, dalla osservazione della città,

Napoli, che è «metafora di se stessa, in cui

vivono ed operano personaggi interessanti ed

intriganti e, quindi, facili oggetti di scrittura».

Comicità assoluta, teatrante se così si può

dire, si innesta in un contesto sociale

contemporaneo, tra crisi sentimentale ed

economica della vita dei due protagonisti,

Achille Lo Chiummo e sua moglie Brigida,

che si ritrovano così al centro di mille

disavventure: sfrattati, senza più una casa né

un luogo sicuro in cui vivere, trovano riparo e

“acquistano” come propria dimora un cantiere

della metropolitana, ma poi si ritroveranno a

scappare, cercando addirittura di cambiare

identità grazie ad uno stratagemma

(cancellare una lettera dal cognome del

nonno), finendo poi per ritrovarsi parenti del

boss pentito Antimo Lo Ciummo. Tuttavia,

precisa il regista-attore, «La valigia sul letto

non è un film sulla camorra e nemmeno sulla

precarietà del lavoro degli ultimi anni. Volevo

descrivere principalmente le reazioni,

tipicamente napoletane, a questi due gravi

problemi. Trovare una via di fuga originale ai

problemi della vita è un classico della

commedia napoletana». Ed inoltre, la

Page 10: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

napoletanità non deve divenire un ostacolo

alla comunicazione bensì un valore

aggiunto, ragion per cui egli in questo

nuovo lavoro ha cercato di adottare un

codice espressivo più consono al cinema,

ben consapevole, infatti, che il limite dei

due film precedenti era quello di «aver

usato un modo di recitare e di narrare la

vicenda tipico del teatro comico

napoletano. Come attore cerco di

migliorarmi ogni volta, anche per questo

motivo coinvolgo professionisti talentuosi

come Maurizio Casagrande e Veronica

Mazza, due attori molto più bravi di me

che mi spingono a dare sempre il

massimo». Difficoltà ci sono state, come

afferma la stessa Mazza (compagna di

Tartaglia anche nella vita) «Interpretare

questo personaggio è stata una grande

sfida: all’inizio mi spaventava molto perché

Brigida sostiene il suo compagno anche di

fronte all’evidenza dell’errore, perciò ho

cercato di rendere le sue scelte simpatiche

allo spettatore ma allo stesso tempo volevo

che si rendessero conto che sono sbagliate e

immorali». Nel cast oltre a Ernesto

Mahieux, Peppe Miale, Nunzia Schiano e

Marjo Berasategui (attrice spagnola ma

napoletana d’adozione), anche Alena

Seredova che «perfettamente inserita in un

contesto di napoletani», veste i panni di un

serial killer della camorra, giunta dell’Est

per uccidere il pentito Antimo Lo Ciummo

(Biagio Izzo), un ex capoclan narcisista e

amante delle donne.

Fiorina Izzo

Page 11: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

L’ultimo lavoro del patriarca del cinema americano, Clint

Eastwood, è un film che rivive la storica pagina del primo

mondiale di rugby assegnato al

Sudafrica, nel 1995, durante lo

stato di transizione successivo

all’apartheid e poco dopo

l'insediamento di Nelson Mandela

come presidente della nazione.

Tra gli interpreti Morgan

Freeman, nel ruolo dell'ex

presidente del Sud Africa, e Matt

Damon in quello di Francois Pienaar, capitano del team South

Africa Springboks.

Il film, intitolato inizialmente The Human Factor, è stato

ribattezzato Invictus, dal latino “Invincibile”, riferito ad un

poema di William Earnest Henley del 1875, spesso citato da

Mandela. La pellicola prende spunto, inoltre, dal libro di John

Carlin intitolato Ama il tuo nemico.

Mandela, leader della lotta contro le leggi razziali, uscito da

poco di prigione, diventa presidente del Sudafrica grazie alle

libere elezioni. Così anche il mondo dello sport viene coinvolto

dall'evento: sulla scena internazionale ritornano gli

Springboks, la nazionale sudafricana, bandita, ormai dagli

anni '80, dai campi di tutto il mondo a causa dell'apartheid.

In occasione della cerimonia di apertura del campionato

mondiale, l'ingresso in campo del presidente Mandela, che

indossa la verde maglia di jersey degli Springboks, segna un

passo decisivo nel cammino verso la pace tra bianchi e neri.

I critici hanno inserito questo film tra le opere meno personali

del regista Eastwood, ma di grande respiro narrativo,

censurando un insolito eccesso di retorica.

Antonella Anna Giacomaniello

TITOLO ORIGINALE:

Invictus

GENERE:

Dramma, Biografico

ANNO DI PRODUZIONE:

2009

NAZIONE: United States

DISTRIBUZIONE:

Warner Bros

ANNO DI

DISTRIBUZIONE:

2010

DATA DI USCITA:

26-02-2010

REGIA:

Clint Eastwood

CAST:

Matt Damon (Francois

Pienaar)

Morgan Freeman (Nelson

Mandela)

Robert Hobbs

Page 12: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

Da poco nelle sale è

uscito il nuovo film

diretto da Tim

Burton Alice in

Wonderland, che

prende spunto dal

romanzo di Lewis

Carroll Alice nel

paese delle

meraviglie e dall’omonimo cartone prodotto

dalla Walt Disney. Questa volta però Tim

Burton ha scelto di presentare avvenimenti

successivi a quelli già narrati. Infatti, a cadere

nel buco del Bianconiglio è una Alice già

adulta, che ormai si è dimenticato di quel

mondo “delle meraviglie”. Il film si apre con

una breve scena dove una Alice ancora

bambina si sveglia nottetempo in preda ad un

incubo ricorrente in cui, come dirà al padre,

vede un bruco blu e tanti altri strani

personaggi. Con un salto temporale,

ritroviamo Alice (Mia Wasikowska) ormai

diciannovenne che

partecipa ad una festa

dove riceverà una

proposta di matrimonio da

un lord inglese. Senza

rispondere, presa dal

panico, fugge in un bosco

dove scorge un coniglio bianco, incuriosita

inizierà a seguirlo. Ed è qui che Alice cade

nuovamente nella tana del Bianconiglio,

passaggio per quel mondo delle meraviglie

che lei credeva un sogno. Una volta entrata

nel paese delle meraviglie, attraverso una

piccolisima porta alla quale accederà

rimpicciolendosi grazie ad una pozione, si

trova davanti buffi personaggi che sostengono

che lei è l’Alice sbagliata. Sono personaggi a

noi già noti come il

Bianconiglio, lo

Stregatto ed il

Cappellaio Matto

(Jonny Deep) o il

Brucaliffo. Alice è

stata richiamata in

quel mondo per un

motivo ben preciso: è

la prescelta per la lotta

tra la Regina Rossa

(Helena Bonham

Carter) e la Regina Bianca (Anne Hathaway),

il suo compito sarà quello di uccidere il

Cicciarampa e liberare il paese delle

meraviglie. Tim Burton è riuscito a dare

l’idea di un mondo abbastanza inquietante,

animato da personaggi particolari, resi ancor

più strani dal grande effetto 3D che rafforza

la partecipazione al mondo surreale che viene

rappresentato. Il cast è molto buono: rilevanti

in particolare Jonny Deep, che ben interpreta

la stravaganza del cappellaio, ed Helena

Bonham Carter, che riesce, con semplicità, a

rappresentare la malvagità della Regina

Rossa. Il film non è certo uno dei migliori di

Tim Burton, ma risulta senz’altro ben fatto

per la cura dei costumi e dell’ambientazione.

Enrica Mossetti

Page 13: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

Se attuassimo

l’esperimento de Le

lettere persiane, il

grande romanzo di

Monesquieu in cui un

colto turista persiano in

Francia racconta la realtà

occidentale nel XVIII secolo, vista da un

uomo di cultura, religione e costumi

radicalmente opposti a quelli d’oltralpe,

all’Italia di oggi, cosa potremmo vedere

attraverso lo sguardo altrui?

Il nostro straniero, o persiano (o anche

padano!), ci racconterebbe di un luogo dove la

televisione trasmette show dal budget

milionario in cui una bella signora dai vestiti

appariscenti, tutti lustrini e lamé, presenta a

un pubblico sussiegoso canzone pseudo-

patriottiche; o curiosi spettacoli chiamati

reality show, in cui c’è una bizzarra

sovrapposizione tra chi dovrebbe fare la tv e

chi dovrebbe guardarla: chi dovrebbe stare a

casa con telecomando ed in poltrona, è invece

in studio, disinvolto e scaltro a fare il proprio

spettacolo.

E che dire del “Popolo viola”? Viola? Sarà

forse una confessione del cattolicesimo?

Un’altra etnia italiana? Un movimento! Un

movimento che si muove autonomamente,

senza gerarchie, senza un comitato direttivo e

comitati locali, senza un leader, nelle piazze?

E in cosa si riconosce? No alla guerra? Basta

effetto serra? Il credo comune è “Signor B.

vai a casa”? Oh buon Allah…

«Caro Uzbek,» direbbe il nostro turista

persiano «nella televisione italiana non sono

riuscito a rintracciare la libera informazione».

Eh già, il nostro disorientato straniero si

chiederebbe perché mai i giornalisti che fanno

il loro mestiere devono essere rimbrottati dal

governo; perché esista il conflitto di interessi

applicabile alla sfera dell’informazione,

perché alcune notizie debbano strisciare su

internet piuttosto che essere diffuse dai canali

nazionali. Nelle sue lettere concluderebbe che

l’Italia è proprio il paese del sole e della

canzone: l’opinione pubblica, infatti, è

infiammata più spesso e più ingentemente dai

talent show che danno da fare ai discografici

che dai bavagli ai giornalisti. Confuso e

incredulo il nostro visitatore scriverebbe

infine al suo corrispondente: “Qui l’aria che

tira non mi piace Uzbek, c’è odore di regime.

Io torno in Iraq”.

Angela Marino

Page 14: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

“Italia mia, benché 'l parlar sia indarno

a le piaghe mortali

che nel bel corpo tuo sí spesse veggio,

piacemi almen che ' miei sospir' sian quali

spera 'l Tevero et l'Arno,

e 'l Po, dove doglioso et grave or seggio…”

Così parlava all'Italia Francesco Petrarca nella sua canzone, quando

sognava un'Italia libera dalle lotte provocate dai principi, esortandoli a

cacciare dal loro suolo le milizie mercenarie germaniche. All'epoca era un

poeta a dolersi per le sorti dell'Italia, oggi c'è un principe che esorta l'Italia

a dolersi per la sua sorte. Il soggetto in questione è Emanuele Filiberto di

Savoia, appartenente ad una casata nobiliare che ha segnato la storia

dell'Italia moderna, ponendosi a capo del movimento di unificazione nazionale, che portò alla

proclamazione del Regno d'Italia nel 1861. Con l'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana

il 1° gennaio del 1948 i discendenti maschi di Casa Savoia furono costretti all'esilio, conclusosi nel

2002. Da quel momento in poi Emanuele Filiberto ha cominciato la sua ascesa nel mondo dello

spettacolo, non si sa in base a quale talento, probabilmente lo stesso che fa tanto apprezzare i così

detti “tronisti” del talk show della De Filippi, in fondo di mezzo c'è sempre un trono! Sicuramente

questa è stata la strada più facile per farsi apprezzare dal popolo, quella di essere alla moda e su

questo punto lo pseudo principe non si è fatto mancare nulla, lo abbiamo visto passare di

programma televisivo in programma televisivo facendo il ballerino, l'opinionista e persino il

cantante a Sanremo. Non mi stupisce il fatto che un nobile di sangue, senza particolari abilità, sia

potuto entrare nel mondo dello spettacolo, ciò che mi indigna è che anche un programma come

Sanremo che dovrebbe essere l'emblema del talento musicale sia diventato il trionfo dei

“personaggi”. A Sanremo, infatti, ha vinto un personaggio del talent show di Maria De Filippi,

Valerio Scanu e si è classificato terzo il protagonista di un altro talent show targato rai, Marco

Mengoni vincitore di X-Factor. In un concorso musicale, come in qualsiasi altro contesto in cui

dovrebbe essere premiato il talento andrebbe votato l'artista, non il fenomeno televisivo. L'utilizzo

delle scorciatoie è ormai diventata una consuetudine in qualsiasi campo, dal mondo della

televisione a quello della politica, dove la regola che vige è che se ne parli, anche male, ma

l'importante è che se ne parli. Sul grande palcoscenico italiano tornano in scena le maschere, la più

apprezzata è quella della “vittima”, l'eroe tormentato ed escluso dal gruppo dei cattivi, lo pseudo

principe si è completamente immedesimato in questo ruolo a Sanremo, rievocando nella sua

canzone l'immagine del bambino che soffriva lontano dall'Italia. In realtà questo personaggio è

pieno di contraddizioni, afferma di amare l'Italia, ma velatamente critica il risultato di una

decisione costituzionale, afferma di credere in un ideale, probabilmente quello della monarchia,

basata sul principio che coloro che sono nati in una determinata dinastia sono superiori agli altri e

dunque possono comandarli, ma allo stesso tempo si duole per il popolo che possiede poco e

niente. Emanuele Filiberto è solo uno dei tanti personaggi che esprime le diverse contraddizioni

che caratterizzano il nostro Paese, è amato dal popolo, forse perché troppo abituato a credere nelle

apparenze.

Alessandra Marziale

Page 15: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

Il 1 marzo 2010 attraverso una nuova legge liberticida, i programmi d'informazione targati RAI e

solo RAI non potranno essere trasmessi per circa un mese, quello delle elezioni regionali. Da un

giorno all' altro (nel vero senso del lemma) sono stati cancellati “ANNOZERO” di Santoro, Vauro,

Travaglio, “PORTA A PORTA” di Bruno Vespa, “BALLARO'” di Floris, Crozza e “ULTIMA

PAROLA” di Paragone. Tutto questo nonostante la strenua, indefessa, pervicace battaglia di Zavoli,

Garimberti, alcuni politici, molti giornalisti e la stragrande maggioranza del “POPOLO LIBERO”

quello vero, non quello utopico di Berlusconi. Quel popolo libero che si sente rappresentato, difeso,

sostenuto e sostiene quel meraviglioso magma vitale chiamato “POPOLO VIOLA” e che coerente

con gli articoli della Costituzione difende, come non mai da tutte le volte che il Cavaliere assume il

controllo totale del suo feudo chiamato italia con capitale Arcore e succursale Palazzo Grazioli,

sopratutto l'Art. 21 che recita:

Se questo fondamentale articolo non esistesse o per merito di un efferato

e allucinato progetto di legge firmato Ghedini e Co. venisse epurato o

addirittura estinto per Nostro Signore sarebbe una grande soddisfazione,

il suo più riuscito miracolo. Sì, Berlusconi, il creatore del “Popolo della

Libertà” ribattezzato “Popolo dell'Amore” e prossimamente “Popolo

della Carità Misericordiosa” odia e teme tutto ciò che è contrario al suo

Verbo. Il solito avvilente paradosso, ma si sa l'Italia è il popolo del

paradosso (Pirandello docet). Lui asserisce furente di subire da tutti attacchi faziosi e che la par

condicio in tv è una norma assolutista. Come tutti i Crizia vomita contumelie gravissime, in una

democrazia, verso alcuni conduttori, giornalisti e magistrati, ma nemmeno si degna di comparire

davanti a loro e spiegare le sue ragioni come ha fatto Bertolaso. Vorrei rammentare al Presidente

del Consiglio il significato di due termini

Faziosità: Attaccamento viscerale, aggressivo e immotivato agli interessi di una sola parte.

Termine nato nel 1919 (DEVOTO-OLI)

Par condicio: Parità di condizione, per quanto riguarda l'accesso dei mass media, assicurata a

ogni partito o raggruppamento politico (DEVOTO-OLI)

Ebbene sia Santoro che Floris, da professionisti aderiscono a questo secondo principio, addirittura il

giornalista campano si deve trainare sempre quei giannizzeri di Belpietro, Sallusti e Ghedini che

creano solo confusione e in mancanza di controrepliche valide, tracimano con urli beceri e insulti

Tutti hanno diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,

lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta

ad autorizzazione o censure.

Page 16: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

inammissibili. Vespa, a mio dire, aderisce meno a tale principio, in quanto consente di far parlare e

straparlare Berlusconi per tre ore senza controinterrogatorio. Quando

il Cda prese la I decisione, ahimè provvisoria, di non far intervenire,

in questo nefasto mese, politici, Santoro ideò una splendida puntata

sulla droga chiamata “PROIBITO” a cui parteciparono Morgan,

cantante, Barbara Palombelli, giornalista, Antonio Scurati, scrittore e

Marco Baldini, conduttore radiofonico. Ma Nostro Signore e i suoi

angeli non ci stanno e da perfetto discente di Licio Gelli attua la

massima “COLPIRE QUALCUNO PER EDUCARLI TUTTI”..

Questa volta non è riuscito ad emanare un nuovo “Editto Bulgaro”

quello che violentò, stuprò la cultura e la libertà cancellando, nel 2004, dagli schermi tv Santoro,

Biagi, Luttazzi, Massimo Fini, Freccero, Sabina Guzzanti e Paolo Rossi forse perché è più solo di

prima con un Fini che non ci sta e una Lega che lo deride. L'Egoarca cerca di tenere duro vedendo

complotti da per tutto e rivoltandosi, immergendosi nella sua fetida e rancida melma a pari di

Nerone, Caligola ed Eliogabalo. Il nostro liberticida che nessuno riesce a fermare, guardate un po', è

ricattabile da uno stuolo di puttane assoldate da lui per sollazzarsi! Italia paese della farsa e della

beffa. Un nugolo di abiuristi della libertà non ci può negare l'informazione pubblica infarcendoci di

programmi triti e ritriti, di ragazze sculettanti, discinte e ammiccanti

e noiosi reality, verso cui io non ho nulla in contrario a che siano

trasmessi, ma giacchè la Rai vive del canone dei nostri soldi

vogliamo essere tutelati; nelle sue reti privati, di cui Berlusconi è il

padrone si può permettere di tutto anche di pisciare addosso a suoi

dissidenti. In un paese che, come profetizzò Pasolini, ingurgita la

merda rendendoci passivi noi dobbiamo ribellarci. Ma dove è finita

quella RAI che in prima serata oltre ai sublimi Supervarietà,

trasmetteva talk-show i cui protagOisti si chiamavano Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini,

Leonarda Sciascia, Italo Calvino, Primo Levi ? Adesso l'opinione pubblica è morta o almeno si è

estinta in quanto non si conoscono più i fatti e i msfatti del Belpaese ma in cambio sappiamo tutto

dei furori erotici e delle scurrilità dei reality show e delle misure esorbitante e gonfiate di alcune

ragazze. Ma perchè non viene letta la Costituzione ? I pensieri dei grandi italiani liberi del

Novecento e di questo Duemila? Noi abbiamo l'obbligo di sostenere tutte le persone che hanno

speso e spendono la loro vita guidate dal Dio-Libertà. Un ultima notizia: Marcello Dell'Utri

(liberticida) ha ritrovato un appunto di “Petrolio” di Pasolini (padre della libertà). Sarà vero ? Mah!

Mistero dei misteri italiani.

Andrea Panico

Page 17: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

Ecuba di Euripide al Teatro

Stabile di Napoli

Ha debuttato lo scorso 3 marzo, con repliche

fino al 14 al Teatro Stabile di Napoli, lo

spettacolo Ecuba di Euripide con protagonista

Isa Danieli, presentato dalla Compagnia Gli

Ipocriti nell'adattamento e la regia di Carlo

Cerciello. La grande Isa Danieli ha interpretato,

dunque, una delle più moderne figure femminili

della tragedia greca, Ecuba, che da regina di

Troia diventa schiava degli Achei per poi essere

testimone di un’ineluttabile storia: da un lato,

assiste, infatti, alla morte, per mano dei nemici

greci, della figlia Polissena, dall’altro, per la

mano amica del re Polimestore, a quella del

figlio Polidoro. Una doppia tragedia che indurrà

la protagonista, madre e regina, ad uccidere per

vendetta i figli di Polimestore e ad accecare il

loro padre.

Accanto ad Isa Danieli hanno recitato anche

Franco Acampora, Fortunato Cerlino, Ciro

Damiano, Niko Mucci, Imma Villa, Raffaele

Ausiello, Caterina Pontrandolfo, Autilia Ranieri

e Daniela Vitale. Le scene sono state curate da

Roberto Crea, i costumi da Daniela Ciancio, le

musiche da Paolo Coletta, le luci da Cesare

Accetta, le immagini video da Filippo

Andreatta.

“Ecuba” scrive Carlo Cerciello nella lunga nota

di regia “è un testo straordinariamente moderno,

in cui accanto ad una crudeltà spietata, tanto

assimilabile a quella delle nostrane faide

criminali, dove in nome dell’onore e dei vincoli

parentali si può ottenere soddisfazione per il

torto subito, trovano posto l’amore

meraviglioso, assoluto di una madre e quelle

richieste di pietà e giustizia disattese dalla

consapevole sordità del potere, cui oggi siamo

purtroppo abituati”.

Antonella Anna Giacomaniello

Il gabbiano di Marco

Bernardi al Teatro Bellini

Deve avere ancora qualcosa da raccontarci Il

Gabbiano, dramma in 4 atti scritto da Cechov

nel 1895, se registi e attori, giovani e maestri

avvertono, tuttora, la necessità di confrontarsi

con un testo tanto "misterioso" per coglierne a

pieno fascino e valenza drammaturgica. È

quello che è capitato anche a Marco Bernardi

che, al suo secondo incontro con il

drammaturgo russo, dopo Il giardino dei ciliegi,

dal 2 al 7 marzo, ha portato l’opera al Teatro

Bellini di Napoli.

Con straordinaria maestria, il regista mette in

rilievo il burrascoso rapporto genitori-figli, il

contrasto fra nuovo e vecchio teatro che

caratterizza il passaggio da una generazione

all’altra. Il cast formato da Patrizia Milani,

Carlo Simoni e Maurizio Donadoni permette di

rendere la contemporaneità di un dramma che,

sebbene ambientato nel 1895, è ancora attuale

per i sentimenti e le sofferenze raccontate. Il

metaforico gabbiano del titolo nasconde, in

realtà, amori e odi, grida e sussurri, inquietudini

ed infelicità. C’è l’amore nelle sue forme più

ciniche e spietate, ci sono i sentimenti di chi

vive in modo malinconico e disincantato, c’è la

vecchiaia anagrafica che non rinuncia ai suoi

sogni e poi c’è l’arte e il teatro che, pur

rinnovandosi, non perdono la forza delle

emozioni.

Antonella Anna Giacomaniello

Page 18: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n° VIII anno II

È stato aperto al pubblico lo scorso 4 marzo, nel Carcere alto di

Castel Sant'Elmo, il "Museo del 900 a Napoli". Nato da un progetto

di Nicola Spinosa, il Museo intende documentare quanto realizzato a

Napoli nel corso del XX secolo. Si tratta di un'esposizione di circa

150 opere, tra dipinti, sculture, disegni ed incisioni, di 90 autori,

partenopei e non, disposte in un percorso cronologico suddiviso per

sezioni: dalla documentazione della Secessione dei ventitré del 1909

o del primo Futurismo a Napoli degli anni 1910-1914, al movimento

dei Circumvisionisti e del secondo Futurismo. Seguono varie testimonianze del periodo tra i due

conflitti mondiali fino alle esperienze del secondo dopoguerra (1948-1958). Alcune sezioni sono

poi riservate agli anni Settanta, con sperimentazioni di tipo poetico-visivo. La sezione conclusiva è

dedicata, infine, all'attività di quegli artisti che, pur continuando ad operare dopo il 1980, si erano

già affermati in città prima che il sisma del 23 novembre colpisse e segnasse la città e altre aree

meridionali. Il Museo dispone, inoltre, di un catalogo edito da Electa, con le presentazioni del

Presidente della Giunta Regionale Antonio Bassolino, del Direttore Generale per il Paesaggio, le

Belle Arti, l'Architettura e l'Arte Contemporanee Roberto Cecchi e del Soprintendente Lorenza

Mochi Onori. La scelta degli artisti e delle opere è stata curata da Angela Tecce, direttrice del

complesso di Castel Sant'Elmo, con la costante collaborazione dello stesso Nicola Spinosa, mentre

la realizzazione del Museo si è resa possibile per il diretto coinvolgimento nel progetto della

Regione Campania Assessorato al Turismo e Assessorato ai Beni Culturali, con l'utilizzo dei fondi

disponibili grazie al co-finanziamento dell'Unione Europea POR- FESR Campania 2007-2013.

Antonella Anna Giacomaniello

Il 3 marzo scorso in aula Pessina, nella sede Centrale di Corso Umberto, si è tenuto un importante

seminario dal titolo “Il diritto dell'informazione e della comunicazione”, in occasione della

ripubblicazione del libro omonimo di Paolo Caretti, costituzionalista dell'Università di Firenze. Il

seminario è stato organizzato da Sandro Staiano, coordinatore del dottorato di ricerca in Diritto ed

Economia dell'Istituto Italiano di Scienze Umane, ed è anche il primo ad introdurre il seminario,

ritenendo che il tema del diritto dell'informazione alla luce degli ultimi fatti di cronaca politica, sia

un tema attualissimo che trova spunto proprio con i fatti di questi giorni, ovvero la delibera che

limita l'informazione politica in Rai, durante la campagna elettorale. Il professor Staiano illustra i

fondamenti del testo di Caretti, un manuale adatto a studenti più maturi, ritenendo che la ««la libertà

di espressione non è solo una libertà che si aggiunge alle altre, ma ne è fondamento», inoltre il

prof. etichetta il rapporto tra comunicazione e magistratura come “controverso e frammentato”.

Interviene anche Ottavio Grandinetti, docente esperto di diritto dell'informazione e della

comunicazione, che apprezza del manuale di Caretti «la matrice unitaria che resta allo studente» e

analizza la situazione di diarchia tra le due tipologie di programmi informativi: i notiziari e i

programmi di approfondimenti. «Diarchia in quanto la Rai vede dettare le regole dalla

Commissione di Vigilanza, che riceve pressioni dai partiti politici. Questa Commissione si

assoggetta alle regole politiche e ciò determina violazioni della legge sulla par condicio».

Francesca Bianco

Page 19: Aprile/Maggio2010

L’eco di Cassandra n°VIII anno II

Per ricordare la figura di Salvatore Di Giacomo, drammaturgo, poeta

e autore di canzoni, l'Università Federico II in collaborazione con il

Dipartimento di Filologia Moderna e il Master di II livello in

Letteratura, Scrittura e Critica Teatrale, ha organizzato una giornata

di studio (10 marzo 2010) dal titolo Ritorna Di Giacomo? Bilancio e

prospettive di una storia a 150 anni dalla nascita (1860-2010).

L'obiettivo di fondo era tentare una ricostruzione del complesso

profilo di Di Giacomo, inserendo in una prospettiva interdisciplinare i

nuclei tematici e i nodi fondamentali della sua scrittura, senza

tralasciare la storia linguistica dei testi (interventi dei docenti N. De Blasi e P. Bianchi), i

rapporti con le arti figurative e il cinema (prof. E. Massarese e P. Iaccio), la feconda attività

giornalistica intesa come importante “palestra letteraria” (D. Trotta e S. De Stefano). Ed è

quanto emerso nel corso delle tre distinte sessioni congressuali: l’opera del poliedrico

Salvatore Di Giacomo continua ad affascinare numerosi studiosi, nonché semplici lettori

anche a distanza di secoli. Dopo il saluto iniziale del preside della Facoltà, Arturo De Vivo, si

è registrato il primo intervento del convegno, firmato da Toni Iermano, docente di

Letteratura italiana all’Università di Cassino e studioso di Di Giacomo intitolato Ma solitario

e lento / more 'o mutivo antico.

Affermatosi giovanissimo nell’ambiente culturale napoletano, Di Giacomo vive a pieno il suo

tempo registrandone i cambiamenti che coinvolgevano quella sua città, Napoli, folle e

irrazionale, che fa da modello alle sue novelle ( pubblicate su La Gazzetta letteraria già dal

1778-79). Lui, che può essere considerato il primo cronista, assiste e registra i mutamenti

seguenti al Risanamento e che investono anche il piano del linguaggio, cosicché nella sua

opera convivono tradizione e innovazione. Le radici della sua scrittura affondano, dunque, in

Napoli – come sottolineato da Pasquale Sabbatino – “città disgraziata, in mano di gente senza

ingegno e senza cuore”. Certo, la realtà era la sua fonte di ispirazione proprio come la

pittura, come nel caso di L‟acciso ed è quanto affermato dal prof. Raffaele Giglio nel suo

intervento Pittura e poesia in Salvatore Di Giacomo: per Paglietta (questo lo pseudonimo con

cui si firmava come critico d’arte) l’opera d’arte doveva “esprimere la realtà e comunicare

emozione”, come nel caso della poesia „Na tavernella (1907). La giornata di studi si profila,

dunque, come un tentativo di indagine a tutto tondo sull’immagine di Di Giacomo e la sua

immensa opera, che spazia dal giornalismo alla novellistica, dalla musica alla saggistica, dal

teatro con l’Assunta Spina e O mese mariano (quest’ultimo, uno dei drammi più toccanti di Di

Giacomo, come ha specificato Giuseppina Scognamiglio nel suo intervento Titina De Filippo

interprete sublime del digiacomiano) alla biografia (Vincenzo Caputo, Il dubbio

“impaziente”dell‟arte. Salvatore Di Giacomo biografo: Morelli, Dalbono, Gemito).

In definitiva, l’estrema varietà linguistica non deve essere rapportata all’attività di poeta,

ridare una classicità all’autore di Assunta Spina e, pertanto, una ricostruzione filologica dei

suoi testi, seppur complessa sembra doverosa.

Fiorina Izzo