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APPUNTI STRUMENTAZIONE BIOMEDICA di BENITO FARINA e GIULIA DEL GUERCIO

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APPUNTI

STRUMENTAZIONE BIOMEDICA

di BENITO FARINA e GIULIA DEL GUERCIO

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INDICE

1. Introduzione alle misure biomediche 2. Sensori di spostamento

2.1 Sensori resistivi: potenziometri ed estensimetri 2.2 Sensori induttivi 2.3 Sensori capacitivi 2.4 Errori di interconnessione

3. Sensori termici 4. Amplificatori operazionali 5. Amplificatori per biopotenziali 6. Elettrocardiografo 7. Elettrodi per biopotenziali 8. Defibrillatore 9. Pacemaker 10. Elettrobisturi 11. Misure di pressione sanguigna 12. Pletismografia ad impedenza elettrica 13. Misure di flusso sanguigno 14. Flussimetro elettromagnetico 15. Pulsiossimetro 16. Incubatrice neonatale 17. Macchine per anestesia e Ventilatori polmonari 18. Radiologia: Fisica 19. Radiologia: Tubo radiogeno 20. Radiologia: Formazione dell’immagine radiografica 21. Radiologia: Qualità 22. Radiologia: TC 23. Litotrissia 24. Ultrasuoni 25. Ciclotrone 26. Domande frequenti

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L’esame di strumentazione è uno dei più belli del nostro corso di laurea. Le principali difficoltà che si riscontrano ad un primo approccio sono la grande mole di studio e l’elevato numero di fonti che bisogna consultare per poter studiare ogni argomento. Quando ci siamo imbattuti in quest’esame, io e Giulia ci siamo resi conto che la prima cosa da fare era avere a disposizione un unico “libro” da cui studiare. Nonostante ci siano voluti mesi, alla fine siamo riusciti a scrivere degli appunti che richiudessero un po’ tutto quello di cui si ha bisogno per poter superare l’esame. Tutto ciò è stato fatto tenendo conto delle slide del professore, dei libri consigliati e di alcune sbobinature del corso. Ci auguriamo che possano agevolare lo studio di chi si sta imbattendo ora in questo esame, riducendo notevolmente i tempi per poterlo sostenere con una buona preparazione.

Negli appunti manca solo la parte di medicina nucleare (tranne che per il ciclotrone) per la quale riteniamo che bastino le slide del prof.

Inoltre, nell’ultima sezione sono presenti le domande frequenti che abbiamo avuto modo di ascoltare durante alcune sedute d’esame.

Abbiamo controllato più volte che non ci fossero errori, ma se ne doveste riscontrare degli altri ci farebbe piacere che ce li segnalaste!

I libri che abbiamo consultato sono quelli proposti dal prof:

- J.G. Webster. "Medical Instrumentation: application and design" John Wiley & Sons editor

- G. Avanzolini. "Strumentazione biomedica progetto ed impiego dei sistemi di misura". Patron editore. Collana di ingegneria biomedica n. 4

- F.P. Branca. "Fondamenti di Ingegneria Clinica. Volume 1" Springer editore - F.P. Branca. "Fondamenti di Ingegneria Clinica. Volume 2: Ecotomografia".

Springer editore - D. De rossi et al. "Sensori per misure biomediche". Patron editore. Collana di

ingegneria biomedica n. 10

BUONO STUDIO!

BENITO FARINA

GIULIA DEL GUERCIO

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1. Introduzione alle misure biomediche L’architettura di un sistema per misure biomediche è di questo tipo:

II sensore converte energia dalla forma propria del misurando ad un’altra forma (tipicamente elettrica). Il segnale viene quindi elaborato e il risultato del processo di misura presentato in una forma percepibile dall’utilizzatore. A differenza dei sistemi di misura convenzionali, nei sistemi per misure biomediche la grandezza fisica da misurare è generata direttamente dal tessuto vivente o prodotta mediante energia applicata ad esso.

La sorgente, cioè il tessuto vivente (e l’energia ad esso eventualmente applicata), genera il segnale che il sistema è chiamato a misurare, detto anche misurando. Esso rappresenta la quantità fisica, la proprietà o la condizione che lo strumento di misura deve valutare. Un fattore di estrema importanza è l’accessibilità del misurando: esso può essere interno (pressione sanguigna), può essere presente sulla superficie del corpo (potenziale elettrocardiografico), può essere emanato dall’organismo (radiazione infrarossa), o può essere ottenuto da un campione di tessuto (ad esempio mediante analisi chimico-cliniche del sangue o biopsia). Nel caso della strumentazione biomedica, tipicamente i misurandi possono essere: biopotenziali, pressioni, flussi, dimensioni (immagini), spostamenti (velocità, accelerazione, forza), impedenze, temperature, concentrazioni chimiche. Il misurando può essere relativo ad uno specifico organo o struttura anatomica.

Il sensore trasforma la grandezza fisica da misurare in un segnale elettrico (in maniera diretta o indiretta), utilizzabile dai successivi elementi del sistema di misura. E’ bene distinguere sensori e trasduttori: un trasduttore è un dispositivo che converte una forma di energia in un’altra, non necessariamente per finalità di misura. Ad esempio, un cristallo piezoelettrico, che genera un fascio ultrasonico in risposta ad un impulso elettrico, funziona da trasduttore; lo stesso cristallo può generare un segnale elettrico quando deformato da un’onda di ultrasuoni e quindi funziona da sensore.

Il sensore deve soddisfare diverse caratteristiche:

rispondere esclusivamente alla forma di energia presente nel misurando; essere in grado di interfacciarsi con il sistema vivente minimizzando l’energia assorbita; essere minimamente invasivo.

Molti sensori hanno un elemento sensibile primario (ad esempio un diaframma che converte la pressione in deformazione), seguito da un elemento di conversione (ad esempio un estensimetro in un ponte di resistenze che converte la deformazione in tensione elettrica). Talvolta la sensibilità del sensore può essere modificata agendo sull’elemento sensibile primario. Molti elementi di conversione richiedono un’alimentazione esterna per generare il segnale elettrico e sono perciò detti passivi.

Tipicamente, l’uscita del sensore non può essere inviata direttamente al dispositivo di visualizzazione, ma si rende necessario un blocco di condizionamento (o di elaborazione del segnale). Esso può includere

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l’amplificazione e il filtraggio del segnale (per eliminare componenti indesiderate di segnale), o può semplicemente adattare l’impedenza del sensore al dispositivo di visualizzazione. Nei sistemi moderni, il blocco di condizionamento include anche un convertitore analogico-digitale (ADC), che converte l’uscita del sensore in forma digitale, ed elabora il segnale digitale così ottenuto mediante specifici circuiti digitali.

Il risultato del processo di misura deve poter essere opportunamente visualizzato in una forma tale che un operatore umano possa percepirlo. Nella maggior parte degli strumenti di misura viene utilizzato un dispositivo di visualizzazione, che presenta i risultati in forma numerica o grafica, discreta o continua, permanente o temporanea. Tuttavia in alcuni casi (ad esempio nel caso del fonoendoscopio o dei segnali Doppler nei sistemi ad ultrasuoni), l’informazione è meglio percepita da sensi diversi da quello della vista come l’udito. Molti strumenti utilizzano come strumento per la visualizzazione un oscilloscopio, il quale genera un grafico in cui si rappresenta l’andamento di un segnale elettrico nel tempo. In genere, l’asse x è l’asse dei tempi che scorre, mentre l’asse y presenta la grandezza elettrica che si vuole misurare (di solito la tensione).

Oltre a questi componenti principali del sistema di misura biomedico esistono anche degli elementi ausiliari:

Elemento per la calibrazione del sistema: genera un segnale di calibrazione con proprietà simili a quelle del misurando e lo applica in ingresso al sensore o ai primi stadi della catena di manipolazione del segnale, in modo da calibrare lo strumento. Ad esempio, nell’elettrocardiografo il segnale di calibrazione è un’onda rettangolare di ampiezza 1 mV. Questo segnale serve al medico per poter leggere in maniera corretta il tracciato, in quanto gli consente di capire qual è l’ampiezza del segnale ECG.

Elementi di controllo e retroazione: sono necessari per stimolare la sorgente e produrre il misurando, per regolare il sensore e il blocco di condizionamento del segnale, per dirigere il flusso delle informazioni ai dispositivi di visualizzazione, memorizzazione e trasmissione.

Elementi di memorizzazione: in alcuni casi una porzione di segnale deve essere temporaneamente memorizzata per consentire certe forme di elaborazione, o per permettere all’operatore di esaminare i dati che precedono condizioni di allarme. Inoltre, la memorizzazione dei dati prima dello stadio di condizionamento consente successivamente di applicare allo stesso segnale diverse procedure di elaborazione.

Elementi di trasmissione: utilizzando protocolli di comunicazione standard, i dati acquisiti possono essere trasmessi a dispositivi remoti posizionati ad esempio nelle sale infermieristiche, in studi medici, o in unità mediche di elaborazione dei dati.

I dispositivi per le misure biomediche possono lavorare in due modalità differenti a seconda delle caratteristiche del misurando:

Modalità diretta: quando il misurando desiderato è facilmente accessibile o può essere ottenuto mediante accettabili procedure invasive, esso viene applicato direttamente in ingresso al sensore.

Modalità indiretta: quando il misurando non è accessibile, esso non può essere applicato direttamente al sensore. In questo caso, si preferisce utilizzare un altro misurando, in relazione nota col misurando desiderato, o una qualche forma di energia o di materiale che interagisce col misurando desiderato, tale da generare un nuovo misurando che sia più facilmente accessibile.

Esempi di misura indiretta sono: la determinazione della gittata cardiaca (volume di sangue pompato dal cuore in un minuto) mediante misura della respirazione e della concentrazione di gas nel sangue o mediante diluizione di un indicatore; l’individuazione della morfologia degli organi interni a partire da immagini a raggi X; la determinazione dei volumi polmonari in base alle variazioni di impedenza toracica misurate mediante tecniche pletismografiche.

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Anche il prelievo del segnale può essere fatto in due modalità differenti:

Modalità a campionamento: molti misurandi - come la temperatura corporea e la concentrazione di ioni – cambiano così lentamente da poter essere campionati sporadicamente. In questo caso, si può prelevare il segnale anche in istanti di tempo distanti tra loro.

Modalità continua: molte grandezze - come l’elettrocardiogramma e il flusso respiratorio - richiedono un monitoraggio continuo. In questo caso, il segnale va prelevato in maniera continua o comunque in istanti di tempo molto vicini tra loro.

Anche i sensori possono essere diversi a seconda del misurando:

Sensori attivi producono il segnale di uscita utilizzando l’energia fornita direttamente dal segnale in ingresso (il misurando), e non hanno quindi bisogno di una sorgente esterna di energia.

Sensori passivi utilizzano una sorgente di energia esterna per trasformare il segnale in ingresso in un segnale di energia diversa (tipicamente elettrica) in uscita.

Ad esempio, una cella fotovoltaica è un sensore attivo: infatti, fornisce in uscita una tensione che dipende dalla radiazione luminosa che lo colpisce senza bisogno di alcuna sorgente di energia aggiuntiva. Al contrario, una cella fotoconduttiva è un sensore passivo: è necessario applicare una sorgente di energia esterna al sensore per misurare il cambiamento di resistenza indotto dalla radiazione luminosa.

I segnali che contengono le informazioni da misurare possono essere analogici, cioè continui e che possono assumere qualsiasi valore all’interno del loro intervallo di ampiezza, o digitali, cioè discreti e che assumono solo un numero finito di valori differenti. La maggior parte dei sensori attualmente disponibili opera in modo analogico. L’uso crescente di metodi di elaborazione digitale ha, però, reso necessario l’uso di convertitori analogico-digitali e digitale-analogici per interfacciare i calcolatori con sensori analogici e con dispositivi analogici di visualizzazione. I vantaggi del modo di funzionamento digitale includono maggior accuratezza, ripetibilità, affidabilità e immunità ai disturbi; inoltre non è richiesta la calibrazione periodica del sistema.

Naturalmente, i sensori devono acquisire i segnali in tempo reale, mentre i segnali si stanno effettivamente verificando. Tuttavia il risultato del processo di misura potrebbe non essere disponibile immediatamente in uscita: infatti, alcuni tipi di elaborazione, come il calcolo della media o il calcolo delle trasformate, richiedono l’acquisizione di una considerevole quantità di dati per poter produrre il risultato. Generalmente, piccoli ritardi in uscita sono tollerabili, a meno che non siano richieste procedure urgenti di controllo e feedback dipendenti dall’uscita. Quindi un sensore che fornisce immediatamente la stima del misurando si dice che agisce in real-time. Se, invece, la misura non viene fornita nel momento stesso della misurazione ma con un certo ritardo, si parla di tempo differito.

Le grandezze di maggior interesse in campo biomedico sono innumerevoli; esse si distinguono ovviamente sia per il tipo di sorgente che le ha generate, sia per le caratteristiche del segnale prodotto, in termini di ampiezza e frequenza. Ognuna di queste grandezze può essere misurata da un apposito sensore.

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Si nota come la maggior parte delle grandezze presenta ampiezze piuttosto piccole rispetto alle grandezze non biomediche. Ad esempio, i potenziali elettrici sono nel campo dei microvolt e le pressioni nel campo dei 100 mmHg. Inoltre, questi segnali hanno frequenze significative, generalmente inferiori a 20 kHz. Si nota, inoltre, come la temperatura abbia una banda frequenziale tra 0 e 0.1 Hz. Ciò significa che la temperatura oscilla una volta ogni 10 secondi. Essa quindi non varia velocemente, le variazioni sono piccole tra istanti di tempo successivi, per cui quando si campiona il segnale è possibile scegliere periodi di campionamento anche lunghi. Ovviamente, quando il segnale viene campionato bisogna sempre rispettare il teorema di Nyquist, per cui la frequenza di campionamento deve essere almeno pari a 0.2 Hz.

Inoltre si nota come i vari segnali abbiano tutti ampiezze e frequenze abbastanza differenti tra loro. Questo può essere evidenziato ancora di più dal grafico seguente:

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Caratteristiche statiche e dinamiche di uno strumento di misura

E’ importante specificare le caratteristiche offerte da uno strumento di misura per conoscere quanto fedelmente uno strumento di misura riproduca il misurando e quanto la misura effettuata dipenda da possibili interferenze. Normalmente le prestazione di uno strumento di misura si dividono in statiche e dinamiche (in base alla frequenza del segnale di ingresso).

Le caratteristiche statiche descrivono le prestazioni dello strumento per ingressi costanti (de) o lentamente variabili; valutano la qualità della misura, compresi gli effetti non lineari e statistici, senza considerare il comportamento dinamico. Invece, le caratteristiche dinamiche descrivono le prestazioni dello strumento nel caso di ingressi rapidamente variabili nel tempo, e richiedono l’uso di equazioni differenziali. Sebbene le caratteristiche statiche dello strumento (ad esempio gli effetti non lineari e la variabilità statistica) influenzino anche le prestazioni dinamiche, includerle nell’analisi dinamica renderebbe molto difficile trattare le equazioni differenziali. Le prestazioni complessive di uno strumento di misura sono quindi ottenute approssimativamente tramite una sovrapposizione delle caratteristiche statiche e dinamiche.

Quando si effettuano delle misure ovviamente c’è la possibilità di commettere degli errori. Essi possono essere:

Errori dovuti allo strumento di misura: - variazioni di temperatura; - invecchiamento; - imperfette tracciatura e suddivisione della scala dello strumento; - imperfezioni della struttura meccanica dello strumento;

Errori di lettura - Errore di parallasse - Errore di apprezzamento

Errori causati dalle operazioni di misura

In genere, gli errori possono essere di due tipi diversi:

Errori sistematici: sono quegli errori che rimangono costanti ripetendo l’operazione di misura, oppure hanno un andamento prevedibile. Ad esempio, gli errori dovuti agli strumenti di misura sono errori sistematici: l’imperfetta tracciatura della scala comporta un errore costante. La variazione dell’indicazione con la temperatura è invece un errore avente andamento prevedibile.

Errori accidentali: sono errori che non si mantengono costanti e non hanno un andamento prevedibile ripetendo l’operazione di misura; hanno un andamento fluttuante in alcune misure in eccesso, in altre in difetto.

Si definisce errore assoluto εa di una misura la differenza tra il valore misurato della grandezza xm ed il valore esatto x:

𝜀 = 𝑥 − 𝑥

Nella pratica, però, interessa riferire l’errore al valore misurato; infatti si può dire che l’errore è piccolo o grande, e quindi più o meno tollerabile, se lo si confronta con la misura della grandezza. Per questo motivo, si introduce l’errore relativo εr:

𝜀 =𝜀

𝑥=

𝑥 − 𝑥

𝑥

da cui si ricava l’errore percentuale ε%:

𝜀% = 𝜀 ∙ 100

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Caratteristiche statiche di uno strumento di misura

1. Accuratezza (accuracy), esattezza (trueness) e precisione (precision). Dato un campione di dati, si dice esattezza la differenza tra il valor medio del campione ed il valore vero; essa è quindi associata agli errori sistematici. Si dice, poi, precisione la dispersione dei dati rispetto al valor medio del campione (misurata, per esempio, con la deviazione standard); essa è quindi associata agli errori accidentali. Infine, l’accuratezza è descritta in termini di precisione e di esattezza e rappresenta una misura dell’errore totale, dovuto sia all’errore sistematico (che assume lo stesso valore in prove ripetute ed è eliminabile con la calibrazione) sia all’errore accidentale (dovuto ad una pluralità di fattori il cui effetto è impossibile eliminare. Ovviamente, noto l’errore sistematico ed apportate le correzioni idonee ad eliminarlo, accuratezza e precisione assumono lo stesso valore. Molto spesso si definisce l’accuratezza di una sola misura come lo scostamento tra il valore vero ed il valore misurato. Analogamente, si definisce accuratezza di uno strumento di misura l’attitudine a fornire valori privi di errori sistematici e prossimi al valore vero del misurando.

Un indice dell’accuratezza di uno strumento è la classe di precisione Cp definita come:

𝐶 =|𝛥𝑦 |

𝐹𝑆∙ 100

dove |𝛥𝑦 | è il massimo errore di previsione e FS il fondo scala dello strumento. Le norme prevedono un numero finito di classi di precisione, come 0.2, 0.5, 1, 1.5 e così via. Quindi, conoscendo la classe di uno strumento è possibile definirne facilmente il massimo errore di misura che esso può commettere. Ad esempio, un voltmetro di classe 0.2, caratterizzato da un errore assoluto al massimo uguale allo 0,2% del valore di fondoscala e impiegato con una portata di 300 V, presenta un errore assoluto di (0,2*100)/300=0,6 V. Il limite superiore dell’errore assoluto è quindi costante, e dipende solo dalla portata; ne deriva che l’errore percentuale della misura è tanto maggiore quanto più la lettura è fatta in prossimità dell’inizio della scala.

2. Riproducibilità o ripetibilità. E’ la capacità dello strumento di fornire la stessa uscita per valori uguali dell’ingresso applicati entro un certo periodo di tempo. Anche in questo caso, una elevata riproducibilità non implica una elevata accuratezza.

Si nota come a sinistra i dati sperimentali non sono riproducibili in quanto tra una misura e l’altra c’è grande variazione, ma hanno elevata precisione (accuratezza), in quanto il loro valor medio si avvicina molto al valore vero. Invece, a destra la misura è molto ripetibile, ma poco precisa. In quest’ultima caso si ha un errore di offset che bisogna risolvere.

3. Campo di misura. E’ il massimo intervallo entro cui lo strumento è in grado di misurare la grandezza di ingresso rispettando le specifiche dichiarate dal costruttore. Qualunque sensore ha un campo di misura in cui esso funziona con una certa legge, per esempio quella lineare. Per uno strumento lineare