apparire è la regola, essere l'eccezione

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Apparire è la regola, essere l’eccezione Perché quello che si vede fuori conta più di quello che c’è dentro Davide Bacchini III H (2012-2013) Liceo classico G.D. Romagnosi

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Tesina per maturità classica riguardante la differenza tra apparire ed essere.

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Page 1: Apparire è la regola, essere l'eccezione

Apparire è la regola, essere l’eccezionePerché quello che si vede fuori conta più di quello che c’è dentro

Davide Bacchini

III H (2012-2013)

Liceo classico G.D. Romagnosi

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Sommario

Introduzione 2

A.Schopenhauer: Il mondo come rappresentazione 3

Luigi Pirandello 4

O.Wilde: The picture of Dorian Gray 6

Il fascismo 7

Tacito: Il ritratto di Tiberio 11

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INTRODUZIONE

Ho sviluppato questo elaborato interdisciplinare attorno alla tesi Apparire è la regola, essere l’eccezione. Questo tema ha suscitato il mio interesse, perché se pensiamo alla nostra quotidianità, viviamo in una società in cui quello che più conta è apparire. Cosa vuol dire essere, avere un’unica identità se possiamo averne migliaia, tutte diverse le une dalle altre? In Intervista sull’identità, nel terzo capitolo, Zygmunt Bauman sostiene che in un mondo fluido come il nostro risulti pericoloso impegnarsi per tutta la vita nei confronti di un’identità; le identità sono vestiti da indossare e mostrare, non da mettere da parte e tenere al sicuro … Il giornalista presenta come elemento caratterizzante della nostra società il cyber-spazio, il World Wide Web, il luogo dove possiamo creare false identità, in cui l’identità viene disintegrata e diventa un passatempo. Bauman rovescia la questione: è perché siamo costretti a torcere e a modellare senza posa le nostre identità senza poter rimanere legati a una sola di esse anche se lo volessimo, che lo strumento elettronico che svolge proprio questa funzione è sembrato comodo e utile. Inoltre critica la nozione di false identità poiché ciò è vero solo se vi è una vera identità, cosa che risulta essere poco credibile a persone che corrono dietro ai cambiamenti della moda: sempre e soltanto mode, ma sempre obbligatorie finché sono di moda.

Tale tendenza è caratteristica del Novecento, secolo caratterizzato dall’avvento delle ideologie che apparivano come il bene per il popolo e celavano la loro reale identità sotto false apparenze: analizzerò ciò nel fascismo. Per la letteratura italiana ho scelto Luigi Pirandello, poiché il punto fondamentale della sua poetica è proprio il contrasto tra apparenza e realtà esposto nelle sue diverse opere. Contemporaneo di Pirandello, nella letteratura inglese, troviamo Oscar Wilde che fa del protagonista del suo romanzo più celebre, Il ritratto di Dorian Gray, l’incarnazione del suddetto principio. Sul piano filosofico l’argomento è trattato da Schopenhauer nella sua opera più importante Il mondo come volontà e rappresentazione, in cui presenta il fenomeno come illusione, apparenza, velo di Maya. Ma questa tendenza non è solo caratteristica della storia recente, ma è tipico anche del mondo antico, come per esempio la figura di Tiberio, presentata da Tacito negli Annales.

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A.SCHOPENHAUER: IL MONDO COME RAPPRESENTAZIONE

Arthur Schopenhauer parte dalla distinzione kantiana di fenomeno e noumeno. Secondo questa distinzione, il fenomeno è la realtà, l’unica realtà accessibile alla mente umana e il noumeno è la cosa in sé o concetto-limite, che serve appunto a rammentarci i limiti della conoscenza. Per Schopenhauer invece il fenomeno è parvenza, illusione, sogno (rifacendosi alla cultura indiana degli antichi testi del Veda e dei Purana lo definisce velo di Maya), mentre il noumeno è una realtà “nascosta” dietro al fenomeno. Il fenomeno è dunque una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza: da qui deriva la tesi che apre l’opera Il mondo come volontà e rappresentazione, ossia il mondo è la mia rappresentazione.

«Il mondo è la mia rappresentazione»: è questa una verità che vale nei confronti di ogni essere vivente e conoscente […] Gli apparirà allora chiaro e certo che egli non conosce il sole e la terra, ma solamente un occhio che vede un sole, una mano che sente una terra; e che il mondo che lo circonda esiste soltanto come rappresentazione, vale a dire, esclusivamente in relazione ad altro, il rappresentante, che è lui stesso. […] Nessuna verità è dunque più certa, più indipendente da tutte le altre e meno bisognosa di prova di questa: che ogni cosa presente alla conoscenza, quindi tutto questo mondo, è soltanto oggetto in rapporto al soggetto, intuizione dell’intuente, in una parola: rappresentazione. Tutto ciò che in qualche modo appartiene o può appartenere al mondo è affetto da questo condizionamento causato dal soggetto ed esiste solo per il soggetto. Il mondo è rappresentazione. 

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili: soggetto rappresentante e oggetto rappresentato. Soggetto e oggetto esistono soltanto all’interno della rappresentazione e non ci può essere soggetto senza oggetto in quanto nessuno dei due precede o può sussistere indipendentemente dall’altro. Essi si delimitano immediatamente: dove comincia l’oggetto, cessa il soggetto. Inoltre Schopenhauer ritiene che vi siano tre forme a priori: spazio, tempo e causalità.

[…] le forme essenziali e quindi generali di ogni oggetto, costituite da tempo, spazio e causalità possono essere trovate e pienamente conosciute a partire dal soggetto, anche senza la conoscenza dell’oggetto stesso, cioè per dirla con Kant, si trovano a priori nella nostra coscienza. L’aver fatto questa scoperta è il merito principale e grandissimo di Kant. Io sostengo inoltre che il principio di causa è l’espressione comune per tutte queste forme a priori dell’oggetto a noi conosciute e che, di conseguenza, tutto ciò che noi sappiamo di meramente a priori non è nient’altro che, appunto, il contenuto di quel principio e di ciò che da esso deriva.

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LUIGI PIRANDELLO

Crediamo d'intenderci; non c'intendiamo mai! Diceva Pirandello in Sei personaggi in cerca d’autore. Tutti dentro hanno un mondo di cose; ciascuno il suo. Ed è impossibile intendersi se ognuno in ciò che dice mette il senso e il valore delle cose per come le vede, mentre chi le ascolta, le assume con il senso e con il valore che hanno per sé.

Pirandello sostiene che, il contrasto tra apparenza e realtà, non esiste solo fuori di noi, ma anche e soprattutto nell’intimo della coscienza: tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, tra ciò che siamo e ciò che risultiamo agli occhi degli altri, tra ciò che appare (la forma) e ciò che è (la vita); ma il reale è inafferrabile, la vita è perennemente mutevole, è un flusso dominato dal caso, quindi la verità non esiste, se non nell’illusione di ciascuno di noi. Tutto ciò che si stacca da questo flusso e assume una forma individuale è destinato a morire. L'uomo si accorge così dell'ambiguità della propria identità. A seconda del punto di vista gli viene attribuita una forma e si ritrova imprigionato sotto una maschera, costretto a recitare di continuo. La nostra realtà non è altro che una sovrapposizione di maschere che soffocano in noi la vita e che non permettono la realizzazione al di fuori di esse poiché al di fuori della maschera l’uomo non si conosce e trova solo il nulla.

Il personaggio:

è uno quando viene messa in evidenza la forma che lui si dà; è centomila quando viene messa in evidenza la forma che gli altri gli danno; è nessuno quando si accorge che ciò che lui pensa e ciò che gli altri pensano

non sono la stessa cosa, quando la propria forma non è universale, ma assume una dimensione individuale e soggettiva.

I personaggi provano a ribellarsi ma l’evasione è impossibile. Solo il filosofo, colui che comprende il gioco delle forme e riesce ad estraniarsi, ad osservare il flusso della vita dall'esterno sarà libero da ogni trappola. Le trappole vengono generate sia dalla società che ci impone certe forme, dal lavoro che ce ne impone altre come per Belluca ne Il treno ha fischiato e dalla famiglia ,come avviene ne Il fu Mattia Pascal e in Uno, nessuno e centomila. Per evitare l'isolamento si può solo continuare ad indossare la maschera: quando un personaggio cerca di rompere la forma, o quando si è capito il gioco, viene allontanato e rifiutato. Tutta l’esistenza si fonda su una realtà o che ti disperde e disintegra, o che ti incatena fino a soffocarti.

Quando interviene l’accidente che libera il personaggio, tutti pensano che la diversità di comportamento sia dovuta all’improvvisa alienazione mentale del personaggio, a una sua forma di follia che scatena in tutti il riso, perché non è comprensibile da parte

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della massa. Solo la follia permette al personaggio il contatto vero con la natura e la possibilità di scoprire che rifiutando il mondo si può scoprire se stessi. Ma questi contatti sono solo momenti passeggeri, spesso irripetibili perché troppo forte il legame con le norme della società, come accade per Belluca ne Il treno ha fischiato.

Il tema dell'apparenza e della realtà è il tema centrale della novella Così è (se vi pare), la quale è incentrata sulla tesi la verità è inconoscibile, secondo la quale ciascuno ha la sua verità che non sempre combacia con quella degli altri.

Il signor Ponza, sua moglie e la suocera, la Signora Frola si trasferiscono in un paesino del Sud. Il comportamento dei tre forestieri è, a dir poco, strano: il Signor Ponza ha affittato un appartamentino all’ultimo piano di un caseggiato popolare per la moglie, che tiene chiusa a chiave, e un quartierino elegante per la suocera che egli va a trovare tutti i giorni ma può vederla solo da lontano. La gente inizia a insospettirsi e a chiedersi perchè la figlia di questa donna non esca mai di casa. Dai vari dialoghi tra i curiosi del paese si delineano due possibilità: o lui e’ malato di mente, ossessionato dalla gelosia per la moglie, o la suocera e’ pazza e crede sua figlia la moglie del genero, mentre invece questa e’ solo la seconda moglie, essendo la prima morta. Ma alla fine la curiosità generale rimarrà insoddisfatta. La Signora Ponza un giorno uscì dalla sua casa per svelare la sua identità ma invece disse: Io sono si’ la figlia della Signora Frola - e la seconda moglie del Signor Ponza – si; e per me nessuna! Nessuna! Io sono colei che mi si crede. Luigi Pirandello ha sapientemente e giocosamente sviluppato la sua tesi che la Verità resta per l’uomo inconoscibile, inafferrabile e che ci si deve accontentare di verità soggettive che mutano al mutare del punto di vista.

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OSCAR WILDE: THE PICTURE OF DORIAN GRAY

The picture of Dorian Gray is a novel written by Oscar Wilde and published in 1890. The novel tells of a young man named Dorian Gray, the subject of a painting by the artist Basil Hallward. Basil is impressed by Dorian's beauty and becomes infatuated with him, believing his beauty is responsible for a new mode in his art. Dorian meets Lord Henry Wotton, a friend of Basil's, and becomes enthralled by Lord Henry's world view. Espousing a new hedonism, Lord Henry suggests the only things worth pursuing in life are beauty and fulfillment of the senses. And because of Lord Henry Dorian loses his innocence. Realizing that one day his beauty will fade, he wishes to stay forever young and handsome and that the painting is subject to decay and aging. His wish is fulfilled but the portrait does not represent his body, but his soul. So he pursues a life of debauchery: the portrait serves as a reminder of the effect each act has upon his soul, with each sin displayed as a disfigurement of his form, or through a sign of aging. But after leading Sybil Vane to suicide and after killing Basil, he is no longer able to tolerate the burden that the picture makes him feel: he picks up a knife and stabs the horrible portrait. The servants find Dorian's body stabbed in the heart and suddenly aged, withered and horrible. Beside him, however, the portrait has reverted to its original form.

So the character of Dorian Gray completely embodies this contrast between reality and appearance. In fact we can make a distinction between Dorian Gray and the portrait: Dorian Gray is the appearance, is forever young, beautiful, nice, he maintains his apparent innocence and purity but mainly his extraordinary beauty; the portrait instead is Dorian’s true character. Dorian is cruel, vicious, depraved. The painting reveals or externalizes what Dorian conceals: his conscience, his aging, his moral corruption and psychological decadence. In the society described in the novel what matters is the appearance and Dorian is the perfect character because as I have already said he prefers to appear beautiful and young and to hide his evil soul. So he becomes the idol of this kind of society and is more and more pushed to follow his behavior.

People say sometimes that beauty is only superficial. That may be so, but at least it is not so superficial as thought is. To me, beauty is the wonder of the wonders. It is only shallow people who do not judge by appearances. The true mystery of the world is the visible, not the invisible.

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And the same principles can be found in the Preface: All art is at once surface and symbol. Those who go beneath the surface do so at their peril. Those who read the symbol do so at their peril. It is the spectator, and not life, that art really mirrors.

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IL FASCISMO

Il fascismo si è contraddistinto sin dall’inizio per privilegiare l’apparenza alla realtà in quanto mirò ad ottenere sempre più consenso tra le masse e per fare questo fu necessario dire quello che il popolo voleva sentirsi dire. Prendiamo come esempio il Manifesto dei Fasci pubblicato nel 1919 (quindi proprio agli albori del movimento) due anni prima della nascita del Partito nazionale fascista. Questo manifesto programmatico proponeva in ambito politico suffragio universale con voto ed eleggibilità per le donne, l’abolizione del Senato e la convocazione dell’Assemblea Costituente; in ambito sociale giornata lavorativa di 8 ore, la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori alla direzione tecnica dell’industria; in ambito finanziario imposta straordinaria a carattere progressivo sul capitale, nazionalizzazione di tutti i beni delle congregazioni religiose e sequestro dell’85% dei profitti di guerra. Già in questo documento possiamo cogliere un esempio di quello che gli studiosi hanno chiamato ambivalenza delle formule, ossia raccogliere intorno ad un programma verbalmente rivoluzionario e opportunisticamente di sinistra forze sociali eterogenee capaci di rendere possibile la conquista del potere e l’impianto di una politica nuova. Sarà una caratteristica peculiare del fascismo l’utilizzare formule di sinistra al fine di ottenere il consenso delle masse per poi realizzare obiettivi di destra. Infatti da questo Manifesto il fascismo sembra antimonarchico (ricordiamo che i senatori erano scelti dal re e il fascismo propone l’abolizione del Senato), antiecclesiastico, anticapitalistico, a favore delle donne e del suffragio universale. In realtà si caratterizza come filo-monarchico, prende accordi con la Chiesa (Patti Lateranensi del ’29), nella prima fase è filo-capitalistico, si delinea come misogino e antiparlamentare. Possiamo riscontrare quanto detto negli eventi successivi: a seguito della Marcia su Roma del 28 Ottobre 1922 il governo Mussolini appena formatosi procede con l’abolizione della nominatività dei titoli e viene lasciato cadere il progetto di legge per la riforma agraria (per favorire i proprietari terrieri). Il fascismo comincia già a rivelarsi quello che è in realtà: difensore degli interessi dei ceti abbienti e del grande capitale. Inoltre già dal Gennaio ’23 comincia ad avvicinarsi ai cattolici per garantirsi il loro appoggio promulgando una serie di decreti che costituirono le grandi linee della riforma scolastica: introduzione dell’insegnamento religioso nella scuola elementare e il riconoscimento ufficiale delle scuole secondarie cattoliche. Da non dimenticare poi l’eliminazione dell’opposizione politica. Infatti gli oppositori sono i nemici numero uno di un regime poiché mirano a mostrare come le cose stanno realmente, ossia cercano di lacerare quel velo di apparenze che il regime si è costruito e che gli procurano i consensi. E’ per questo che il 10 giugno 1924 il deputato Giacomo Matteotti viene ucciso da un gruppo di squadristi, dopo aver denunciato alla Camera le violenze e le illegalità elettorali dei fascisti oppure che il 3 gennaio la camera approva leggi che di fatto eliminano la libertà di associazione nonché quella di stampa e consentono di licenziare funzionari statali non il linea con le direttive politiche del governo. Poi nel ’26 viene abolito il diritto di sciopero, sono disciolti i partiti di opposizione, viene istituito il confino di polizia e ripristinata la pena di morte; si

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costituisce inoltre il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. La Camera dichiara decaduti i deputati aventiniani e numerosi esponenti dell’opposizione, fra cui Gramsci, sono arrestati; molti altri, come Turati, Treves e Nenni, riparano all’estero. Nel 1927 viene organizzata l’OVRA (polizia politica segreta per la repressione dell’antifascismo).

In generale il regime fascista è caratterizzato da una forte propaganda, ossia una grande capacità comunicativa attraverso la quale viene stabilito un controllo totale sull'informazione e la cultura. L'aspetto fisico del perfetto fascista prevede il volto sbarbato e il corpo allenato da una vita attiva e sportiva. Il modo di camminare deve dare l'impressione di sicurezza: movimenti scattanti e veloci. Il fascista si riconosce da un proprio modo di salutare: con braccio e mano tesa in avanti, il saluto romano, obbligatorio nelle circostanze ufficiali e nelle parate. Tramite la propaganda che effettuò un controllo politico su tutti i mezzi di comunicazione, avvenne il processo di fascistizzazione del paese, con lo scopo di orientare l’opinione pubblica, di caricarla, comunicando l'esaltazione della missione nazionale. I messaggi furono rivolti a tutte le categorie della società italiana e vennero diffusi incessantemente attraverso la radio, la stampa e il cinema. In seguito alla nascita dell’impero l'Italia fascista venne celebrata sulla stampa con tutta l’enfasi comunicativa possibile; le popolazioni furono investite da una emissione continua di messaggi in cui era prevalente il tema dello scontro ideologico. Si cercò di dare una giustificazione alle iniziative di guerra e di conquista dell'impero, attraverso l'uso politico che viene fatto della storia e la sua riscrittura sulla base dei miti della romanità e delle imprese coloniali riviste in chiave eroica, in modo da ottenere quel consenso fondamentale al fascismo per poter governare.

Ecco alcuni esempi di come un regime totalitario miri controllare tutta la giornata e più in generale la vita di ognuno e faccia in modo che nessuno pensi con la propria testa, ma che creda a quello che gli viene detto:

Il Dopolavoro: a partire dal 1925 il regime fascista avviò il programma di nazionalizzazione del tempo libero, dai divertimenti agli sport, il cui primo passo fu la creazione (aprile 1925) dell’Opera Nazionale Dopolavoro (OND) che mirava a controllare istruzione, educazione fisica ed educazione artistica. A partire dal 1929 si sviluppò anche il dopolavoro agricolo, le cui finalità convergevano nel proposito di "non distrarre dalla terra" i contadini. Alla fine degli anni Venti venne inoltre messo a punto un programma ricreativo femminile, che implicava un accurato addestramento per "l’elevazione morale" delle donne nella società fascista, e corsi di pronto soccorso, igiene ed economia domestica.

Gioventù Italiana del Littorio: Il fascismo considerava fondamentale la missione educativa, dedicando le cure maggiori all’educazione giovanile attraverso

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istituzioni di carattere assistenziale, risolvendo tutti i problemi attinenti alla scuola ed esplicando opera rigorosa nelle istituzioni educative, scolastiche e parascolastiche, come la Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.). Il motto della G.I.L. era "credere, obbedire, combattere"; essa organizzava tutti i fanciulli e giovani italiani dei due sessi, dai sei ai ventun’anni, nelle seguenti categorie: per i maschi Giovani Fascisti, Avanguardisti e Balilla; Giovani Fasciste, Giovani Italiane e Piccole Italiane per le femmine; più i Figli della Lupa per maschi e femmine. Il regime affidò alla G.I.L. la preparazione sportiva, spirituale e premilitare delle nuove generazioni. Per la gioventù maschile la G.I.L. coltivava ogni attitudine militare, impartiva una formazione che li preparava alla vita in Marina o nell’Aviazione. Invece per quanto riguarda la gioventù femminile possiamo citare i corsi di preparazione alla vita domestica, nei quali le fanciulle italiane si addestravano al buon governo della casa in quei lavori che corrispondevano alle loro attitudini e alle esigenze pratiche della vita che avrebbero dovuto condurre.

Infine per apparire, per ottenere consenso è fondamentale l’uso dei mass-media:

La radio: più di ogni altro mezzo assunse un ruolo di primo piano. I programmi trasmessi , in cui erano presenti svago ed informazioni allo stesso tempo per aumentare il numero degli ascoltatori, erano costituiti per lo più da discorsi del Duce o del Fuhrer, marce ufficiali o conversazioni sul razzismo. La radio diventava, così, la voce ufficiale dello stato.

La stampa: I quotidiani presentavano, attuando una censura su cronache nere e di fallimenti economici, il periodo fascista come un modello storico di pace e moralità. Addirittura anche i giornali per bambini erano del tutto concentrati su argomenti che erano strettamente legati all’ideologia fascista (superiorità dei bianchi sui neri, malvagità degli ebrei e altri dello stessa tipologia). Con le Leggi Fascistissime e quelle del 31\12\1925 Mussolini dispose che ogni giornale avesse un direttore responsabile inserito nel partito fascista e che il giornale stesso, prima di essere pubblicato, fosse sottoposto ad un controllo. Queste leggi inoltre istituirono "L’Ordine dei Giornalisti" i cui membri dovevano far parte del partito fascista. Nel 1937 nacque il Ministero Della Cultura Popolare (Min.Cul.Pop.) Questo Ministero aveva l’incarico di controllare ogni pubblicazione sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti "ordini di stampa" (o "veline") con i quali s’impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei titoli e la loro grandezza. Il Min.Cul.Pop., oltre a controllare le pubblicazioni, si pose come obiettivo quello di suscitare entusiasmo intorno alla guerra d’Etiopia e di esaltare il mito del Duce.

Il Cinema: nel 1925 venne costituito l’istituto nazionale L.U.C.E., ovvero L’Unione Cinematografica Educativa. Questo istituto, i cui cinegiornali venivano proiettati obbligatoriamente in tutte le sale cinematografiche a partire dal 1926,

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rappresenta il più efficace mezzo del regime nel campo dello spettacolo. La tematica più ricorrente diventa il mito bellico con il conseguente elogio del patriottismo. L’Unione Cinematografica Educativa divenne il fulcro del cinema e venne posto alle dirette dipendenze del Capo del governo con l’obbligo della supervisione diretta di Mussolini sui materiali realizzati. Nel cinegiornale apertura e chiusura erano dedicate a notizie che riguardavano Mussolini o la Casa Savoia, e all’interno trovavano spazio i documentari dall’estero.

Infine è molto interessante il duplice atteggiamento della politica fascista verso le donne: da una parte le colloca a casa come custodi e angeli del focolare, dall'altra le coinvolge nella partecipazione al regime nella ricerca di un consenso alla dittatura. Si punta alla creazione di "una donna fascista per l'Italia fascista" sottolineando il ruolo della madre, della massaia, fino ad arrivare alla missione patriottica. E' il modello della donna-madre ad essere sostenuto dalla retorica a cui si uniscono una serie di interventi legislativi quale la creazione dell'O.M.N.I. (Opera Nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia). Vi fu una politica per la formazione della donna: viene istruita nell'economia domestica, nell'educazione all'infanzia, nell'assistenza sociale ed educata alla salute e a una sana maternità attraverso l'introduzione dell'educazione fisica e dello sport femminile. “Madri nuove per i figli nuovi" è lo slogan del duce che tende sempre a ad esaltare in ogni occasione la funzione sociale della donna. Da sempre delusa e ignorata dal potere, la donna è sensibile all'appello diretto del duce, alle scenografie di massa che le daranno l'illusione dell'appartenenza attiva alla Nazione, di fatto l'ideologia fascista inquadra le donne in una visione gerarchica del rapporto fra i sessi, dovuta al culto della virilità, enfatizzato della mentalità fascista. L'ideologia del regime sostiene le aspirazioni della donna, anche se di fatto la chiude nei ruoli tradizionali e vara misure contrarie al lavoro femminile.

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TACITO: IL RITRATTO DI TIBERIO

[6,1] Primum facinus novi principatus fuit Postumi Agrippae caedes [...] Nihil de ea re Tiberius apud senatum disseruit: patris iussa simulabat […] Propius vero Tiberium ac Liviam, illum metu, hanc novercalibus odiis, suspecti et invisi iuvenis caedem festinavisse. [3] Nuntianti centurioni, ut mos militiae, factum esse quod imperasset, neque imperasse sese et rationem facti reddendam apud senatum respondit. Quod postquam Sallustius Crispus particeps secretorum […] monuit Liviam ne arcana domus, ne consilia amicorum, ministeria militum vulgarentur, neve Tiberius vim principatus resolveret cuncta ad senatum vocando: eam condicionem esse imperandi, ut non aliter ratio constet quam si uni reddatur. [7,3] Nam Tiberius cuncta per consules incipiebat […] [5] Sed defuncto Augusto signum praetoriis cohortibus ut imperator dederat; excubiae, arma, cetera aulae; miles in forum, miles in curiam comitabatur. Litteras ad exercitus tamquam adepto principatu misit, nusquam cunctabundus nisi cum in senatu loqueretur. […] [7] Dabat et famae, ut vocatus electusque potius a re publica videretur quam per uxorium ambitum et senili adoptione inrepsisse. Postea cognitum est ad introspiciendas etiam procerum voluntates indutam dubitationem: nam verba vultus in crimen detorquens recondebat.

[6,1] Primo atto del nuovo principato fu l'assassinio di Postumo Agrippa […] Tiberio non ne fece parola in senato: fingeva trattarsi di un ordine del padre […] Appare più verosimile invece che Tiberio e Livia, l'uno per paura, l'altra per odio di matrigna, si siano affrettati ad eliminare il giovane sospetto e inviso. [3] Al centurione venuto a riferire, secondo la prassi militare, che l'ordine era stato eseguito, Tiberio rispose di non aver ordinato nulla e che bisognava rendere conto dell'accaduto al senato. Quando lo venne a sapere, Sallustio Crispo, bene informato di ogni trama segreta […] suggerì a Livia di non divulgare i segreti della famiglia , i consigli degli amici e i servizi resi dai militari, e a Tiberio di non sgretolare la forza del principato col rimettere ogni cosa al senato: condizione essenziale del potere è che si renda conto di tutto solo ed esclusivamente ad un'unica persona. […][7,3]Tiberio infatti prendeva ogni iniziativa attraverso i consoli […] [5] Però, alla morte di Augusto, aveva dato la parola d'ordine alle guardie pretorie come imperator; le sentinelle, le guardie armate e tutto il resto richiamavano la realtà di una vera corte; soldati lo accompagnavano nel foro, soldati lo scortavano nella curia. Inviò messaggi agli eserciti, come se avesse in pugno il principato, e l'esitazione traspariva solo quando parlava in senato. […] [7] Non trascurava neanche la pubblica opinione e ci teneva ad apparire come prescelto e chiamato dallo stato e non invece arrampicatosi al potere, grazie agli intrighi di

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una moglie e all'adozione compiuta da un vecchio. In seguito fu chiaro che aveva indossato la maschera dell'esitazione, per scrutare anche i sentimenti dei cittadini più autorevoli. Fissava infatti nella mente parole ed espressioni del volto, per distorcerle poi in elementi di accusa.

Si tratta di un ritratto indiretto, ossia lo storico non dà il ritratto una volta per tutte, ma fa sì che esso si delinei progressivamente attraverso una narrazione sottolineata qua e là da osservazioni e commenti. Tacito ci mostra quindi come il principato di Tiberio sia il regno degli arcana domus, i segreti di famiglia, che non vanno assolutamente svelati. Dal testo evinciamo che egli è un uomo ipocrita e dissimulatore, assetato di potere e pronto a tutto pur di ottenerlo. A ciò viene legato il terribile omicidio: l’uccisione di Postumo Agrippa, possibile rivale nella successione di Augusto. Risulta subito chiaro al lettore che Tiberio è implicato nell’omicidio e Tacito ne sottolinea la natura dissimulatrice e ipocrita, quando Tiberio finge di essere completamente all’oscuro di tutto. Anche nel paragrafo 7 tutto ciò è ben evidente, in particolar modo nel suo atteggiamento nei confronti del senato: questi dissimula le sue vere intenzioni (gestione assolutistica del potere) e blandisce i senatori con ostentata quanto falsa modestia. È quindi evidente come anche in epoca antica apparire fosse più importante che essere.

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