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DONNE CHIESA MONDO MENSILE DELLOSSERVATORE ROMANO NUMERO 95 DICEMBRE 2020 CITTÀ DEL VATICANO L A PIETÀ DELLE DONNE L A PIETÀ DELLE DONNE DONNE CHIESA MONDO MENSILE DELLOSSERVATORE ROMANO NUMERO 95 DICEMBRE 2020 CITTÀ DEL VATICANO Devozioni popolari femminili in tempi di crisi credit Fb/exvoto2020 Sguardi diversi: due scrittrici e la loro città Antonella Cilento Napoli Evelina Santangelo Palermo

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  • D ONNE CHIESA MOND OMENSILE DELL’OSSERVATORE ROMANO NUMERO 95 DICEMBRE 2020 CITTÀ DEL VAT I C A N O

    LA PIETÀDELLE D ONNELA PIETÀDELLE D ONNE

    D ONNE CHIESA MOND OMENSILE DELL’OSSERVATORE ROMANO NUMERO 95 DICEMBRE 2020 CITTÀ DEL VAT I C A N O

    Devozioni popolari femminili in tempi di crisi

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    Sguardi diversi: due scrittrici e la loro cittàAntonella Cilento Napoli Evelina Santangelo Pa l e r m o

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    Abbonamento Luoghi DonneChiesaMondo 192x266.pdf 1 14/04/20 17:28

  • AL CUORE DELLE NOTIZIE

    tv2000.it/tg2000/

    sky 157tivùsat 18

    DA LUNEDì A SABATOORE 8.30 - 12 - 15.15 - 18.30 - 20.30

    Un portale multimediale in 35 lingueche informa con tempestivitàe offre una lettura dei fattialla luce del Vangelo

    www.vaticannews.va

    LE ULTIME NOTIZIE

    SU PAPA FRANCESCO

    LA SANTA SEDE

    E LA CHIESA NEL MONDO

  • D ONNE CHIESA MONDO 1

    Numero 95dicembre 2020

    La sete di Dio

    L a devozione popolare è un linguaggio di segni esteriorie di usanze condivise tramite il quale il popolo esprimela propria religiosità. I pellegrinaggi ai luoghi sacri, levisite ai santuari, il culto locale della Vergine e dei san-ti, l’uso di baciare e toccare le statue sacre, di venerarele reliquie, di recitare le litanie e di conservare santini fanno partedella religiosità popolare, soprattutto cattolica. Di fronte alla cre-scente partecipazione a queste usanze in molte parti del mondo, unfenomeno che tende a risvegliarsi durante tempi di crisi e di pande-mie, «Donne Chiesa Mondo» invita a riflettere sulla devozione co-me espressione di un popolo in cammino che ha sete di Dio e sulruolo che le donne hanno avuto nell’incoraggiarla a livello colletti-vo e nel testimoniarla anche come impegno personale in vista di unbene comune. La devozione popolare, insomma, non è la parentepovera o sfortunata della “vera” religione. Non può esser contrap-posta alla mentalità colta o al culto liturgico ufficiale. E non è nep-pure vuota di contenuti. Anzi, in quanto frutto di una spiritualitàinculturata, non cessa di trasmettere i contenuti della fede mediantela via simbolica. Certo, alcune deformazioni hanno spesso piegatola pietà popolare alle logiche della superstizione e ben sappiamoche la devozione in genere, individuale o collettiva che sia, rischiadi trasformarsi talvolta in idolatria, dipendenza o mitizzazione. Tut-tavia, se illuminata dalla sacra scrittura e animata dalla vita liturgi-ca, la pietà popolare sprigiona una forza evangelizzatrice molto im-portante per la Chiesa e di conseguenza per il mondo, come hannoricordato i Papi del post-concilio, da Papa Montini a Papa Bergo-glio. Negarlo sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santoche proprio tramite la devozione individuale o collettiva conduce susentieri di riscoperta delle origini e della radicalità del messaggiocristiano favorendone la testimonianza. La stessa devozione alla re-cita del Rosario, se non viene ridotta a cantilena ripetitiva o praticaquasi superstiziosa, diventa una preghiera contemplativa che aiuta aleggere la nostra storia personale e quella universale in chiave di fe-de e ci converte quindi più profondamente ai valori evangelici. An-che la devozione al Sacro Cuore di Gesù, se liberata da un intimi-smo emotivo, invita a venerare ciò che è essenziale nella vita cristia-na, cioè la carità, e a metterla in pratica.

    FRANCESCA BUGLIANI KNOX

    LE IDEE

    D ONNE CHIESA MOND O

    Mensile dell’Osservatore Romano

    Sito WebW W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /I T/

    D ONNE-CHIESA-MOND O.HTML

    EdizioniInglese

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /EN/

    WOMEN-CHURCH-W O R L D.HTML

    Spagnolo

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /ES/

    MUJERS-IGLESIA-MUND O.HTML

    Fr a n c e s e

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /FR/

    D ONNE-CHIESA-MOND O.HTML

    Portoghese

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /P T/

    MULHER-IGREJA-MUND O.HTML

    Te d e s c o

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /DE/

    F R AU E N -KIRCHE-W E LT.HTML

    Polacco

    W W W.O S S E R VAT O R E R O M A N O.VA /PL/

    KO B I E T Y -KO S C I O L -S W I AT.HTML

  • D ONNE CHIESA MONDO 2

    LE IDEE

    La sete di Dio

    FRANCESCA BUGLIANI KNOX A PA G . 1

    QUESTO MESE

    La collana«La Bibbia e le Donne»

    ARIANNA ROTOND O A PA G . 4

    COPERTINA

    Le devozioni femminili nelVecchio e Nuovo continente

    LUCIA CAPUZZI A PA G . 6

    STORIO GRAFIA

    Religione popolare:intervista con Gabriella Zarri

    FEDERICA RE DAV I D A PA G . 12

    LE PA R O L E DEI PAPI

    La fede dei semplicirisorsa per la Chiesa

    ALESSANDRO GISOTTI A PA G . 16

    SA N T UA R I MARIANI/CINA

    La Vergine di Sheshan

    GIANNI VALENTE A PA G . 30

    SA N T UA R I MARIANI/MESSICO

    Nostra Signoradi Guadalupe

    A PA G . 33

    LA STORIA

    Le suore che aiutaronogli emigranti nelle Americhe

    FRANCESCO GRIGNETTI A PA G . 35

    6 16

  • 3 D ONNE CHIESA MOND O

    OS S E R VAT O R I O

    L’irrisolta questionefemminile

    ROMILDA FE R R AU T O A PA G . 40

    SG UA R D I DIVERSI

    PALERMO

    Santa Rosaliadurante la pandemia

    EVELINA SA N TA N G E L O A PA G . 20

    NAPOLI

    Sante, suore, laichee la solidarietàin tempi di crisi

    ANTONELLA CILENTO A PA G . 25

    30

    CO M I TAT O DI DIREZIONERitanna Armeni

    Francesca Bugliani KnoxElene Buia Rutt

    Yvonne Dohna SchlobittenChiara Giaccardi

    Shahrzad Houshmand ZadehAmy-Jill Levine

    Marta Rodríguez DíazGiorgia Salatiello

    Carola SusaniRita Pinci (coordinatrice)

    IN REDAZIONEGiulia Galeotti

    Silvia GuidiValeria Pendenza

    RE A L I Z Z AT O INSIEME AElisa Calessi, Lucia Capuzzi

    Laura Eduati, Romilda FerrautoFederica Re David

    COPERTINAAnna Milano

    IM PA G I N A Z I O N EMarco De Angelis

    ORGANIZZAZIONEPiero Di Domenicantonio

    CO N TAT T IRedazione

    redazione.donnechiesamondo.or@sp c.va

    Abb onamentiosservatoreromano.it/pages/abb onamenti.html

    abb onamenti.donnechiesamondo.or@sp c.va

    DONNECHIESAMOND O

  • D ONNE CHIESA MONDO 4

    QUESTO MESE PRO GETTI

    di ARIANNA ROTOND O

    N el 2006 due note studiose eamiche, l’austriaca Irmtraud Fi-scher e l’italiana Adriana Vale-rio, concepivano il coraggiosoprogetto di creare un networkdi donne europee impegnate negli studi stori-co-esegetici e teologici, per condividere ricer-che, portate avanti in ambito accademico ed ec-clesiastico, spesso penalizzate da una scarsa cir-colazione dovuta ad una distanza non tantogeografica, quanto linguistica e culturale. Conl’adesione della spagnola Mercedes NavarroPuerto, la svedese Jorunn Økland e l’americanaChristiane de Groote, prende corpo il progettointernazionale La Bibbia e le Donne: Esegesi, Storia eC u l t u ra , che in questi anni ha fatto dialogarespecialisti cattolici, protestanti ed ebrei orga-nizzando convegni e workshop in tutta Euro-pa, preparatori all’edizione di volumi che han-no saputo raccogliere gli esiti di un confrontosempre aggiornato e appassionato. La pubbli-cazione dei venti volumi previsti in quattro lin-gue si deve all’impegno di altrettante case edi-trici, Kohlhammer per l’edizione tedesca, Ver-bo divino per la spagnola, Society of BiblicalLiterature/Brill-Leiden per l’inglese e Il Pozzodi Giacobbe per quella italiana, che hanno cre-duto a questa impresa pioneristica dal carattere

    internazionale, interconfessionale e multidisci-plinare, una sfida coraggiosa sul piano umano,culturale e religioso.

    Quello proposto è un lungo percorso stori-co-culturale che intende la religione come fat-tore centrale che, attraverso i secoli, ha esercita-to la sua influenza nella sfera politico-socialeper quanto concerne le relazioni tra i generi.Oggetto di studio è la Bibbia, la storia della

    sua ricezione in Occidente, e il modo in cui lasua interpretazione ha condizionato il rapportouomo-donna. Ampio spazio è riservato alla sto-ria dell’esegesi, un ambito di studi in cui la pre-senza femminile è mancata per una sottovaluta-zione delle donne come soggetti di lettura e in-terpretazione. Oltre a ricostruire come la Bib-bia sia stata interpretata rispetto allo status del-

    Venti volumiper un Libro

    Un’opera enciclopedica per raccontareil modo in cui la interpretazione del testosacro ha condizionato il rapporto uomo-

    donna. E che esce in quattro lingue:italiano, inglese, spagnolo e tedesco

    La Bibbia e le Donne

    Gerard DouDonna anziana che legge la Bibbia (ca. 1630)

    Rijkmuseum, Amsterdam (Wikipedia)

  • 5 D ONNE CHIESA MOND O

    QUESTO MESE PRO GETTI

    le donne, è centrale come le donne ne abbianofornito una loro interpretazione. L’intento delprogetto non è tanto recuperare un altro puntodi vista, quello delle donne, quanto riconside-rarle insieme agli uomini come soggetti dellaTra d i t i o , di un continuo processo di comprensio-ne, codificazione e trasmissione dei testi, del-l’incessante rimodularsi dell’annuncio cristia-no.

    Il piano dell’opera La Bibbia e le Donne è arti-colato in tre macrosezioni. La prima, riservataall’esegesi biblica, si articola in volumi su Anti-co e Nuovo Testamento, dedicati rispettiva-mente alla Torah, alla Profezia e agli Scritti del-la Bibbia ebraica, quindi ai vangeli canonici ealle lettere paoline. Una seconda sezione racco-glie gli Scritti apocrifi e pseudoepigrafici, glistudi sul giudaismo rabbinico e quello medie-vale. La terza sezione, sulla storia dell’esegesi,copre un arco temporale vasto: prende le mossedai Padri della Chiesa per proseguire con unaricostruzione del contributo delle lettrici dellaBibbia nell’Alto e Basso Medioevo, nel periodorinascimentale, nel complesso snodo della Ri-forma e della Controriforma; per allargare losguardo anche all’Illuminismo e alla Restaura-zione fino alla contemporaneità, con un volu-me sulle nuove tendenze fra XIX e XX secolo.

    Per i tipi de Il Pozzo di Giacobbe sono statipubblicati nove volumi e altri tre sono in prepa-razione. L’editore Crispino Di Girolamo ha ac-colto questo progetto e ne ha garantito la pro-secuzione. Di prossima uscita è il volume Scrit-ti apocrifi e scritti di donne tra primo cristiane-simo e tardo antico, a cura di Silke Petersen,Outi Lehtipuu e la sottoscritta, volume discus-so nel colloquio internazionale organizzato aCatania nel 2014, in collaborazione con l’unitàdi ricerca etnea, che nell’ambito di un progetto«FIRB Futuro in ricerca 2012» ha lavorato suimodelli e le interazioni di genere nei gruppiprotocristiani. Questa raccolta di studi condotti

    sugli apocrifi cristiani antichi, mira a ricollocarenell’ambito della storia dei cristianesimi questescritture a lungo considerate eretiche ed emar-ginate, considerando un possibile ruolo da par-te delle donne nel loro processo di trasmissionee ricezione. Il discepolato femminile e le tradi-zioni di Eva nei “testi recuperati” di Nag Ham-madi, la figura di Maria in scritti dalla più notatradizione come il Protovangelo di Giacomo, eancora la continenza femminile, il rapporto fragenere e schiavitù e genere e disabilità negli At-ti degli apostoli apocrifi sono alcuni dei temidelle due prime sezioni del volume. Una terzaparte si occupa di testi scritti probabilmente dadonne (Perpetua, Proba, Egeria, Eudocia), o incui per lo meno è ravvisabile una “voce femmi-nile”. Chiudono questo percorso le iscrizionitombali di due diaconesse, che offrono una te-stimonianza di inedite strategie di ricezione deitesti più noti del Nuovo Testamento.

    Superiori in tempo di pandemia

    Non potendosi tenere corsi e lezioni inpresenza, è stato l’anno del webinar,seminario educativo e informativo,interattivo, tenuto su Internet. Lostrumento che più sta crescendo nelcampo della formazione online.Attivissima su questo fronte l’Unioneinternazionale delle Superiori generali(Uisg), che il prossimo mese ne organizzapiù di uno: il 2 dicembre «Esseresuperiori in tempo di pandemia», insiemeall’Unione Superiori generali (Usg). Il 16dicembre «La stampa e la vita religiosa».È stata una necessità, se ne è fatta virtù:perché consente di confrontare esperienzema anche di mantenere senso di comunità

  • D ONNE CHIESA MONDO 6

    COPERTINA

    E lo spazio sacroridiventa la casa

    di LUCIA CAPUZZI

    Omia bela Madunina che te dominet Milan». Il cielo di Lombardia èd’un azzurro imprevisto quell’11 marzo. “Così bello quando è bel-lo”, per parafrasare Alessandro Manzoni, da far dimenticare per unistante il grido acuto delle sirene con cui le ambulanze feriscono lacittà deserta. Sono “i giorni tribolati dal coronavirus”, e proprioManzoni viene molto riletto e citato per la peste del 1630 che deci-mò Milano, raccontata nei suoi Promessi sposi.Quattrocento anni dopo in tutto il mondo, le donne e gli uomi-ni, increduli e confusi, sono rintanati nelle case, in cerca di protezio-ne dal male. A chi rivolgersi per invocare aiuto?L’arcivescovo di Milano non ha dubbi: la città non è orfana. Las-sù, sulla guglia più alta del Duomo, la piccola Madonnina doratavigila su quella che è considerata la capitale economica e finanziariadell'Italia, competitiva e ricca secondo gli indici economici, ma av-viluppata in mille contraddizioni e diseguaglianze sociali e ora pie-gata dalla pandemia. E, così, Mario Delpini si arrampica fin sulleterrazze della Basilica. Ai piedi della Madunina, le parole fluisconoantiche e nuove. «Maria, virgo fidelis, incoraggia la perseveranzanel servire,/ la costanza nel pregare,/ la fermezza nella fede,/ la no-stra familiarità con Gesù ci aiuti a riconoscere Dio che è Padre,/ arifiutare le immagini di un Dio lontano, indifferente, vendicati-vo».

    10 aprile 2020, Venerdì Santo, il primo da tempo immemorabilesenza processioni nello Stato messicano del Queretaro, un’area cheregistra un crescente sviluppo industriale e imprenditoriale e vieneconsiderata la culla dell'indipendenza del Messico: qui fu redatta la

    Le devozioni nel Vecchio e Nuovo continente durante la pandemia

  • 7 D ONNE CHIESA MOND O

    COPERTINA

    11 marzo 2020: l'arcivescovo Mario Delpinisul tetto del Duomo di Milano

    prega la Madonnina (Chiesadimilano.it)

  • D ONNE CHIESA MONDO 8

    Costituzione del 1917, tuttora vigente. La Vergine Addolorata nonpuò percorrere le strade in cerca del Figlio, rassegnata a perderloper ritrovarlo, Risorto, tre giorni dopo. I fedeli non la seguono, perpiangere con Lei, in attesa di gioire insieme. La pandemia paralizzale celebrazioni proprio quando il popolo in lutto per i troppi mortidel virus ne avrebbe più necessità. Padre José Martín Lara Becerrilha un’idea audace: carica la statua di Maria su un elicottero “p re s t a -to” dalle autorità. Quando il velivolo si libra nell’aria, l’immaginedella Patrona diocesana viene adagiata accanto al finestrino affin-ché i suoi occhi vedano i municipi che scorrono uno dopo l’a l t ro ,mentre il sacerdote impartisce la benedizione. Attraverso Facebook,il video entra nelle case del Queretaro. Riunite di fronte al pc, le fa-miglie rompono l’isolamento proferendo all’unisono l’Ave Maria.La preghiera dei semplici, dei piccoli. Da una sponda all’altra del-l’Atlantico, sono moltissime le testimonianze di devozione alla Ma-donna ai tempi del Covid. Processioni aeree, Rosari e consacrazionivirtuali: i decreti di quarantena e il divieto di assembramenti, dauna parte, e la diffusione delle tecnologie, hanno stimolato soluzio-ni creative. «Ho conosciuto diverse donne di associazioni religioseche si sono connesse a zoom pregare insieme la propria Madonna diriferimento» afferma Emma Fattorini, storica dell’Università La Sa-pienza di Roma e acuta studiosa del fenomeno religioso nella socie-tà contemporanea, a cui ha dedicato, tra gli altri, il noto saggio Ita-lia devota. Religiosità e culti tra Otto e Novecento (Carocci 2012).

    Le forme innovative rivestono, però, una tradizione antica. Dasempre, i fedeli si rivolgono alla Madre nei momenti più dramma-tici. Soprattutto le donne, in prima linea nei riti della nascita e dellamorte. E, per questo, perno di quella “religione del popolo” che ac-compagna la storia della cattolicità, affiancando, integrando, eman-cipandosi anche, dalla liturgia. Spazio laicale, spontaneo, critico, avolte, e anti-gerarchico, di certo creativo, non è facile coniare unadefinizione esaustiva della religiosità popolare. Un fenomeno asso-ciato al Sud — d’Europa e del mondo — ma diffuso anche nel Nord,come dimostrano i grandi Santuari mariani di Aasebakken, a 25 chi-lometri da Copenhagen, e di Bergen, in Norvegia.

    Per Emma Fattorini, il filo rosso tra le sue varie forme è la “p ro s -simità”. Si cerca un rapporto diretto con Dio, meno mediato e isti-tuzionalizzato rispetto alle esperienze liturgiche tradizionali. E ciòavviene attraverso la vicinanza emotiva e enfatizzata dal ricorso aisensi, dal tatto all’olfatto, al proprio Santo, ad una reliquia, ad unSantuario. Dimensione a cui le donne, un po’ per cliché un po’ p errealtà, sono particolarmente sensibili. «Nella storia hanno avuto un

    Diverse donnedi associazioni

    religiose si sonoconnesse a Zoom

    per pregarela propriaMa d o n n a

    di riferimentoLa religiosità

    p o p o l a reha una straordinaria

    capacitàdi adattamento

    Emma Fattorinistorica, Università di Roma

  • 9 D ONNE CHIESA MOND O

    rapporto più diretto con Dio e con la corporeità, basti pensare allemistiche» sottolinea Fattorini. Secondo l’uruguayana María del Pi-lar Silveira, visiting assistant professor della Scuole di teologia e mi-nistero del Boston College, specializzata in mariologia popolare,proprio la religiosità popolare sembra accorciare le distanze fra i ge-neri, scardinando stereotipi consolidati. «Comportamenti conside-rati “femminili” — spiega la studiosa — come il pianto di fronte al-l’icona della Vergine o di Gesù o l’abbandono contemplativo ven-gono adottati da uomini e donne, senza distinzione». I quali pos-sono trovare nel rito, nel pellegrinaggio al Santuario, nella proces-sione, una cornice di comunicazione inedita.

    La pietà popolare si sviluppa in osmosi con il contesto sociale eculturale. Nel Vecchio Continente è cruciale il suo rapporto con lamodernità, con cui da sempre si confronta: spesso vi si oppone, ep-pure la veicola, rispondendo alla crisi di senso da essa innescata.Più che pre-moderna, nonostante nasca da un’arcaicità, è, dunque,post-moderna, il che la rende estremamente “re s i s t e n t e ” di fronte al-la secolarizzazione. «La religiosità popolare ha una straordinariacapacità di adattamento — aggiunge Emma Fattorini —. Pensiamo acome si sono modificate nel tempo le apparizioni mariane. Lourdese Fatima, tra Otto e Novecento, rispondono a profezie inerenti legrandi questioni dell’epoca: pace, guerra, scristianizzazione. Il lin-guaggio e le forme di Međugorje sono completamente differenti.La “scenografia” è quasi televisiva: le apparizioni avvengono all’a-perto, sotto un cielo che ricorda un grande schermo e si ripetonocon cadenza seriale». Anche la comunicazione dei suoi messaggi sievolve: dalle audiocassette alle email e, ora, alle catene di preghiera

    9 aprile 2020: l’e l i c o t t e rocon a bordo la Virgen de losDolores e il SantissimoSacramento sorvolale 25 città della Diocesidi Querétaro, in Messico,durante la settimana santaper chiedere la fine dellapandemia e la guarigionedei malati (diocesisqro.org)

  • D ONNE CHIESA MONDO 10

    virtuali delle madri che piangono le morte di un figlio. Nel Nuovomondo, la riflessione sulla religiosità popolare si arricchisce dell’op-zione preferenziale per i poveri fatta dalla Chiesa latinoamericananel post-Concilio. La sintesi più originale è la Teologia del popoloche vede negli ultimi, los nadie — la maggior parte dei latinoamerica-ni - coloro in cui più forte vibrano le corde profonde dell’America,forgiate dall’incontro — non sempre lineare ma reale — tra culture eprima evangelizzazione. Nella loro spiritualità popolare si ritrova,dunque, una relazione personale con Dio che ingloba simbolico esensibile, unendo cielo e terra in un anelito di trasformatore. La di-mensione storico-culturale è centrale per comprendere le espressio-ni di fede concrete del popolo. «Sono frutto di un processo storico.Per tale ragione la mistica popolare è dinamica: riceve apporti dalpassato e vi incorpora elementi nuovi» sottolinea Silveira.

    Il covid — grande acceleratore di molti fenomeni sociali — ci mo-stra con forza questa sua costante capacità di ridefinizione.

    Con le grandi celebrazioni soppresse per arginare il contagio, «lo“spazio sacro” ridiventa l’intimità della casa — afferma Fattorini -.Spesso in silenzio, dopo avere svolto doppi o tripli lavori, quell’o-razione domestica ricorda le donne ottocentesche in preghiera in-torno al focolare, adesso sostituito dalla tv o dal pc».

    L’accento sul femminile è forte. Si implora soccorso dalla Ma-donna, ma anche da sorelle, vecchie e nuove. Come dimostra la re-cente crescita di devozione nei confronti di Santa Corona in Ger-mania e Austria. Protettrice storica dei macellai, la martire romana,complice anche il nome, viene invocata nei casi di covid.

    Nei momenti di emergenza, inoltre, sono le donne a “farsi cari-co” della situazione. «In Argentina, abbiamo visto la loro forza intutte le ultime crisi, inclusa quella attuale. Ogni volta si attiva, inmodo spontaneo, una sorta di maternità sociale o comunitaria»spiega Carolina Bacher Martínez, teologa dell’Università Cattolicaargentina (Uca). Nelle baraccopoli latinoamericane, essa si esprimeproprio in quella mistica popolare per cui pratica religiosa e impe-gno sono tutt’uno. Le fedeli intensificano l’implorazione a Dio perla famiglia estesa che è la comunità. E, al contempo, se ne prendonocura, a partire dalle azioni più semplici, quotidiane, come condivi-dere i pasti con bambini di cui i genitori non possono, al momento,occuparsi. «Nelle villas, le baraccopoli di Buenos Aires, la carenzadi spazi rende molto difficile stare chiusi in casa. In accordo con ilgoverno si sono decise forme di “quarantena di quartiere” che han-no consentito la circolazione interna. Le cappelle delle villas sono,dunque, rimaste aperte e i sacerdoti hanno trasformato temporanea-

    In Argentinaabbiamo visto

    la forzadelle donne

    in tuttele ultime crisi

    Ogni voltasi attiva in modo

    spontaneouna sorta

    di maternitàsociale

    o comunitariaCarolina Bacher Martínez

    teologa, Università Uca

  • 11 D ONNE CHIESA MOND O

    mente alcuni degli spazi in mense per i tanti lavoratori informali ri-masti senza risorse. In queste mense è centrale il ruolo delle donnenella preparazione e distribuzione del cibo che i vicini passano poia ritirare — conclude la teologa argentina —. E lo fanno con la stessadevozione con cui, nelle pause, recitano il Rosario».

    Il pellegrinaggio in Rete per Luján

    Ogni anno, dal 1974, il primo fine settimana di ottobre, i giovani di Buenos Aires sirecano a piedi alla basilica di Nostra Signora di Luján, a 60 chilometri, per re n d e reomaggio alla Patrona dell’Argentina. Stavolta il pellegrinaggio fisico non ha potutoavere luogo. Non è stato, però, cancellato. Lo scorso 3 ottobre, l’arcidiocesi hariconfigurato l’evento in una maratona in Rete, con preghiere e testimonianze.«Un esempio di come la pratica viene rimodellata per adattarsi alla realtà»,sottolinea Carolina Bacher Martínez. Internet, se da una parte offre un’alternativa,dall’altra rischia di escludere, soprattutto nel Sud del mondo, la maggioranzapovera e tuttora disconnessa. La fede popolare virtuale diventerebbe, così, meno“p op olare”. «Non sta accadendo, grazie alla creatività dei più poveri. La casa,con il suo altare domestico, è lo spazio dell’orazione, con la recita quotidianadel Rosario o della Novena» osserva la teologa argentina.

    Basilica di Nostra Signoradi Luján.(Wikimeda Commons)

  • D ONNE CHIESA MONDO 12

    STORIO GRAFIA

    Il popolo? Quello di Dio

    di FEDERICA RE DAV I D

    Dice Gabriella Zarri: «Il concetto di religione popolare di tradizionemarxista e gramsciana, che la identificava come la religione delleclassi subalterne in contrapposizione a una religione delle élites, èsuperato dal punto di vista storiografico». E’ questo il primo puntoda chiarire per la direttrice della rivista Archivio Italiano per la Sto-ria della Pietà, già docente di Storia Moderna all’Università di Fi-renze, studiosa di istituzioni ecclesiastiche e vita religiosa. «I docu-menti dimostrano una partecipazione delle classi subalterne a moltiriti e devozioni praticati e promossi nell’ambito della chiesa istitu-zionale, una religione non connotata dal punto di vista sociale. Sevogliamo parlare di popolo, dobbiamo parlarne come popolo diD io».Da dove può partire il racconto di questa religiosità?

    Dai pellegrinaggi penitenziali, praticati nel periodo basso me-dievale a cura delle confraternite dei disciplinati; una devozione co-sì diffusa che l’antropologa Ida Magli ha intitolato il suo libro de-dicato alla cultura medievale Gli uomini della penitenza. Con l’af-fermarsi del Rinascimento e poi dello stato moderno, la religiositàcomincia a divenire più individuale e si accentua la devozione versola Vergine Maria. Immagini mariane si diffondono nelle chiese, nel-le case, nelle strade delle città, nei tabernacoli campestri. Intorno aqueste immagini si accentuano l’ossequio e la richiesta di grazie; simoltiplicano le manifestazioni miracolose e di conseguenza l’e re z i o -ne di santuari, i pellegrinaggi, l’affissione di ex-voto. Meni diffusi,ma ugualmente popolari, sono i culti riservati ad esempio a San-t’Antonio da Padova, Santa Rita, o più recentemente Padre Pio.

    Devozioni nate dal basso?Nel periodo medievale il culto mariano è legato soprattutto alla

    Zarri: superato il concetto di religione popolare opposta a quella delle élites

  • 13 D ONNE CHIESA MOND O

    STORIO GRAFIA

    Il popolo? Quello di Dio

    venerazione di immagini miracolose spesso rinvenute casualmenteda laici o bambini; nel corso dell’Ottocento, invece, si manifesta unprotagonismo nuovo della Vergine e inizia una lunga teoria di ap-parizioni, i cui destinatari sono ancora ragazzi o giovani donne: dal-la Francia, alla Spagna e all’Italia, fino a quelle più recenti nei Paesidell’Est europeo. Questo fenomeno si concretizza secondo i canonidella devozione santuariale: erezione di una chiesa sul luogo del-l’apparizione, pellegrinaggi, ex-voto per le grazie ricevute.

    E qualche conflitto con le gerarchie ecclesiastiche.Per l’erezione di una chiesa e le conseguenti concessioni di culto,

    sono necessari un’indagine sulla natura soprannaturale del fenome-no visionario e l’accertamento della mancanza di inganni e contraf-fazioni. Ciò non toglie che spesso la devozione popolare si manife-sti senza attendere l’autorizzazione della Chiesa. Questo è uno de-gli aspetti più tipici di quella che possiamo definire devozione po-polare: l’attenzione verso l’apparizione e l’ascolto di quello che laVergine dirà, che ha anche un po’ l’aspetto della profezia, del so-prannaturale. A volte la Chiesa non approva. Del resto ci sono statispesso episodi di falsità, anche per quanto riguarda i santi, comeracconto nel mio libro Finzione e santità.

    La devozione è un fattore di identità culturale?Soprattutto per i santuari mariani cittadini, oggetto di pellegri-

    naggi e feste annuali che nei secoli sono diventati una tradizione ci-vica. Anche se dal secondo dopoguerra abbiamo visto diminuiresensibilmente l’afflusso dei fedeli, non c’è dubbio che queste mani-festazioni di culto facciano ancora parte dell’identità cittadina. Conla pandemia, il ricorso alla Vergine che protegge la città è tornatocome elemento di rassicurazione collettiva. Si è riscoperto il valoretradizionale della protezione di Maria, come di Gesù. Ricordiamo ilpellegrinaggio del Papa con la statua di Cristo e, a Bologna, la Ver-

    Zarri: superato il concetto di religione popolare opposta a quella delle élites

    Duomo di Fidenza (Parma):bassorilievo con pellegriniin viaggio per Roma,situato su un lato della torrecampanaria di destra,XII secolo(Wikimedia Commons)

  • D ONNE CHIESA MONDO 14

    gine portata in città dal santuario fuori le mura.

    Anche per le donne c’è un aspetto identitario?La devozione femminile è più cristologica che mariana: non si

    manifesta tanto nei confronti della Vergine Maria, quanto verso Ge-sù. Come ha dimostrato la storica Alessandra Bartolomei Roma-gnoli esaminando l’agiografia medievale, le sante, o le donne vene-rate per tali, hanno visioni del Cristo; la Vergine, al più, porge loroil Bambino Gesù. Santa Brigida ha avuto la visione del Presepe,della Natività, mentre Caterina da Bologna, clarissa vissuta nelQuattrocento, è una delle prime ad aver avuto in visione la conces-sione del bambino da parte di Maria. Nelle immagini sacre, le don-ne sono per lo più ritratte ai piedi della Croce o al Sepolcro, in pre-ghiera o per curare il corpo di Gesù prima della sepoltura. Oppurein ascolto, come la Maddalena. Non a caso, sono gli uomini chehanno diffuso la devozione verso la Vergine; penso a San Bernardoe all’ordine dei Servi di Maria.

    C’è stata una femminilizzazione della vita religiosa?La storiografia ne ha parlato a partire dall’Ottocento. A me pare

    una generalizzazione non sufficientemente provata. Certo, c’è unmaggiore protagonismo femminile con la nascita delle nuove con-gregazioni a voti semplici, dopo la forzata chiusura napoleonica deimonasteri di clausura. Ed è vero che la pratica religiosa comincia adessere disertata dagli uomini. Ma la religione resta esclusivamentemaschile, tanto nella gestione del sacro, quanto nell’amministrazio-ne parrocchiale e nella gestione delle confraternite. In alcune regio-ni c’è una pratica in cui si specializzano le donne: la tradizione dellestatue vestite, che vengono ricoperte di abiti diversi a seconda deitempi liturgici o delle occasioni di esposizione al pubblico. A por-tarle in processione saranno però gli uomini. In un solo caso a menoto potrei riconoscere una connotazione di genere applicata a unadevozione. Le Oblate del Bambino Gesù, congregazione nata a Ro-ma nel XVII secolo, che basava la propria spiritualità nella contem-plazione del Cristo Bambino: ogni religiosa immaginava di nutrirlocon le proprie preghiere e giaculatorie, come insegnava CosimoBerlinsani, fondatore e guida spirituale della congregazione. LeOblate assumevano come compito anche l’insegnamento del cate-chismo alle bambine povere della città.

    Si tratta sempre di accudimento.Non solo. Le donne non possono ricevere l’ordinazione sacerdo-

    EX LIBRIS

    Ida Magli,Gli uomini della penitenza,

    Garzanti, 1977

    Gabriella ZarriFinzione e santità

    tra medioevo ed età modernaRosemberg&Sellier, 1991

  • 15 D ONNE CHIESA MOND O

    tale, non hanno alcun ruolo sacerdotale gerarchico, ma Gesù dà lo-ro il compito di predicare, perché ci sono le donne al momento del-la Risurrezione. L’unica caratteristica femminile è quella di agire edesprimere la religiosità al di fuori della struttura gerarchica dellaChiesa, ma ugualmente all’interno di un precetto: essere testimonidella Risurrezione e quindi in qualche modo predicare, interveniredirettamente nella catechesi, nel sacro.

    Alcune sante sono modelli femminili sociali, oltre che morali?Certamente Santa Caterina da Siena, modello sia per le claustrali

    contemplative sia per le terziarie di vita attiva al servizio degli altri.C’è lei all’origine della formalizzazione del Terz’Ordine domenica-no. Una delle sante più importanti dal punto di vista storico, poi, èAngela Merici, che a Brescia fonda la Compagnia di Sant’O rsolanel periodo appena precedente il concilio di Trento. Non c’è ancorala clausura monastica e molte giovani donne della città vorrebberodiventare monache, ma non hanno i soldi per la dote. Così, lei in-venta una confraternita dove le ragazze praticano una regola scrittavivendo nelle loro case, continuando il proprio lavoro. È il prototi-po della legittimazione del nubilato, inconcepibile per la società deltempo che obbligava le donne al matrimonio o al convento. Questoha avuto un’incidenza sociale notevole, che nei secoli si riproponecon le congregazioni femminili dell’Ottocento, con l’Azione Catto-lica, con tutte le forme di adesione femminile ad una partecipazionealla vita della Chiesa.

    La devozioneè fattoredi identitàs o p ra t t u t t oper i santuarimarianiCon la pandemiail ricorsoalla Vergineche proteggela città tornaelementodi rassicurazionecollettiva

    20 maggio 2020: in Piazza Maggiore, a Bologna, l’Arc i v e s c o v oMatteo Zuppi ha impartito la Benedizione della Madonna di San Luca

    alla città e all’arcidiocesi (chiesadibologna.it)

  • D ONNE CHIESA MONDO 16

    LE PA R O L E DEI PAPI

    La fede dei semplicirisorsa della Chiesa

    Parte da Paolo VI la riscoperta della pietà popolare

  • 17 D ONNE CHIESA MOND O

    LE PA R O L E DEI PAPI

    di ALESSANDRO GISOTTI

    I l Papa cammina solo, con passo lento e gravido di sofferenze, nelcentro di Roma per recarsi alla chiesa di San Marcello al Corso do-ve viene custodito un Crocifisso ligneo del XIV secolo, consideratomiracoloso da generazioni di romani. Nessuno ad aspettarlo né asalutarlo lungo la via, solo pochi agenti della Gendarmeria ad ac-compagnarlo. Una “pro cessione” solitaria e proprio per questo conuna forza simbolica straordinaria. Passano pochi giorni. Il Papa disera, sotto un cielo plumbeo, prega in una piazza San Pietro vuota:la piccola figura bianca si staglia in uno spazio che sembra surreale.Con lui, solo quel Crocifisso che aveva venerato pochi giorni primae la Salus Populi Romani, icona mariana che da secoli accompagnale vicende del popolo dell’Urbe. Tra le immagini che ci consegna ilperiodo drammatico che stiamo vivendo a causa della pandemia,queste istantanee rimarranno sicuramente impresse nei ricordi dimilioni di persone.

    È da notare che i due momenti, così intensi spiritualmente, sonolegati a devozioni popolari fatte proprie da Papa Francesco, il Ve-scovo di Roma che come primo atto pubblico dopo l’Elezione havoluto rendere omaggio alla Madre, nella basilica di Santa MariaMaggiore, per poi tornarci decine di volte in occasione dei suoiviaggi apostolici. Una devozione che viene da lontano. Jorge MarioBergoglio, infatti, fin dagli anni di ministero episcopale a BuenosAires ha sempre valorizzato la devozione dei semplici. Per il futuroPapa, camminare insieme al popolo di Dio verso i Santuari — tratutti quello della Vergine di Lujan — è sempre stato un modo pri-vilegiato per assumere quell’odore delle pecore che ogni buon pa-store dovrebbe avere. Questo mettersi in cammino con il popoloper partecipare alle manifestazioni di pietà popolare è, nell’esp e-rienza di Bergoglio, al tempo stesso un atto di evangelizzazione e diimpulso missionario.

    La Conferenza di Aparecida dell’episcopato latinoamericano dacui nasce un Documento su discepolato e missionarietà imprescin-dibile per comprendere l’azione pastorale di Francesco, si svolgeproprio in un santuario mariano. Quanti abbiamo avuto il privile-gio di essere in quei giorni, nel maggio 2007, ad Aparecida — “unmomento di grazia” nelle parole del Papa — ricorda che i lavori deivescovi si svolgevano in uno spazio collocato al disotto del santua-rio brasiliano. I pastori, dunque, pregavano e si confrontavano traloro accompagnati dai canti dei fedeli. Quell’assemblea, vissuta inprima persona dall’allora cardinale Bergoglio, risuona nelle pagine

    27 marzo 2020: storicomomento di preghiera presiedutoda Papa Francesco sul sagratodella basilica di San Pietro conla piazza vuotae sprofondatain un silenzio irreale,ma seguito dai cattolici,e non solo, di tutto il mondominacciato dalla diffusionedel covid-19.Il Pontefice prega davantial crocifisso di San Marcello,che i romani in passatoportavano in processionecontro la peste(© Vatican Media)

  • D ONNE CHIESA MONDO 18

    di Evangelii gaudium, dedicate alla pietà popolare. Le sue diverseespressioni, scrive il Pontefice, «hanno molto da insegnarci e, perchi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamoprestare attenzione». La fede ha bisogno di simboli e affetti, di in-trecciarsi con la vita vissuta, non può essere limitata ad un eserciziointellettuale. La pietà popolare, è arrivato a dire Francesco conun’immagine icastica, «è il sistema immunitario della Chiesa».

    Anche sul tema della devozione popolare, come su altre questio-ni fondamentali, Evangelii gaudium richiama l'Esortazione apostolicadi San Paolo VI, Evangelii nuntiandi. È proprio Papa Montini, del re-sto, che fin dal concilio Vaticano II ha dato un nuovo slancio alladevozione popolare e soprattutto l’ha “difesa” dalla freddezza, e avolte sospetto con cui era guardata in alcuni ambienti cattolici. Nel-la Esortazione apostolica citata, che segue il Sinodo del 1974 dedi-cato all’evangelizzazione, Papa Montini dedica un numero intero, il48, alla religiosità del popolo rilevando che, su tale punto, si tocca«un aspetto dell’evangelizzazione che non può lasciare insensibili».Evangelii nuntiandi mette in guardia da alcune deformazioni che han-no piegato la devozione popolare alle logiche della superstizione,ma osserva che le espressioni della religiosità, vanno riscoperte co-me vie privilegiate di evangelizzazione. La pietà popolare, scrivePaolo VI, manifesta “una sete di Dio che solo i semplici e i poveripossono conoscere”.

    Questa riscoperta della pietà po-polare viene sviluppata e posta, an-che visivamente, al centro del Ponti-ficato, da san Giovanni Paolo II. Fi-glio della Polonia che, anche graziealla devozione popolare e in partico-lare alla Vergine, ha resistito alle dit-tature prima nazista e poi comunista,Karol Wojtyła “porta a Roma” que-sta dimensione popolare del cristia-nesimo che, nei suoi gesti come nelsuo magistero, è essenziale. Essaesprime la cattolicità, l’universalitàdella Chiesa e assieme l’inculturazio-ne del Vangelo in una specifica co-munità nazionale. La devozione po-polare diventa pure un fil rouge deglioltre cento viaggi apostolici che com-pie intorno al mondo, nei quali mai

    Papa Francescoe la Madonna di Aparecida

    durante la visitaal santuario dedicato

    alla patrona brasiliana,il 24 luglio 2013

    (© Vatican Media)

  • 19 D ONNE CHIESA MOND O

    manca un momento di preghiera in un santuario o un gesto di at-tenzione per le radici spirituali del Paese visitato. A Wojtyła spettaanche la pubblicazione, nel 2002, del Direttorio su Pietà popolare e Li-t u rg i a , ad opera della Congregazione per il culto divino.

    Con il Papa che ha iscritto nello stemma episcopale l’affidamen-to a Maria viene quindi definitivamente superato il disprezzo delleélite che considerano la religiosità popolare come una manifestazio-ne superficiale e impura della fede. Per Giovanni Paolo II, invece, èautenticamente popolare «una fede radicata profondamente in unacultura precisa, immersa sia nelle fibre del cuore e nelle idee, e so-prattutto condivisa largamente da un popolo intero». Come osser-vato dal cardinale polacco Stanislaw Ryłko, arciprete della basilicadi Santa Maria Maggiore, il pontificato di Papa Wojtyła ha “contri-buito a liberare la religiosità popolare dall’etichetta di residuo inestinzione” connotandola «come straordinaria risorsa spirituale an-che per la Chiesa di oggi».

    Sulla stessa lunghezza d’onda è Benedetto XVI, che già nei lun-ghi anni da prefetto della Congregazione per la dottrina della fedeaveva guardato con favore alle espressioni della pietà popolare. Losi vede anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, di cui JosephRatzinger fu il principale artefice per volere di Giovanni Paolo II.Sicuramente — come nel caso del suo predecessore polacco e delsuo successore argentino — ha influito su questo atteggiamento fa-vorevole l’esperienza dell’infanzia in Baviera quando — assieme allasua famiglia e in particolare al fratello Georg recentemente scom-parso — partecipava a pellegrinaggi e altri avvenimenti di religiositàpopolare. Non stupisce dunque che, una volta divenuto Papa, ab-bia sottolineato in più occasioni che «la pietà popolare è un grandepatrimonio della Chiesa» e lo abbia dimostrato concretamente fa-cendosi pellegrino in numerosi zantuari mariani in Italia e nei Paesivisitati nei suoi 24 viaggi internazionali.

    Questo tema è spesso ritornato nell’insegnamento di BenedettoXVI, specie nel tradizionale dialogo con i sacerdoti della diocesi diRoma. A loro, Papa Ratzinger ha chiesto di non parlare male dellepratiche devozionali né di considerarle dannose, ma piuttosto di ri-prenderle e spiegarle adeguatamente al popolo di Dio. Quindi, in-contrando la Pontificia Commissione per l’America Latina, nel2011, ha usato accenti che sarebbero poi stati ripresi da Papa Fran-cesco. Per entrambi, infatti, la pietà popolare non può essere con-siderata un aspetto secondario della vita cristiana, perché nella pre-ghiera semplice del popolo si crea «uno spazio d’incontro con GesùCristo e un modo di esprimere la fede della Chiesa».

    Per Francescoè il sistemaimmunitariodella ChiesaAnche perGiovanni Paolo IIe Benedetto XVIla religiositàdel popolonon può esserec o n s i d e ra t aun aspettosecondariodella vita cristiana

  • D ONNE CHIESA MONDO 20

    SG UA R D I DIVERSI

    Se la Santuzzanon si può toccare

    Palermo, la devozione a santa Rosalia negata dal covid

  • 21 D ONNE CHIESA MOND O

    SG UA R D I DIVERSI

    di EVELINA SA N TA N G E L O

    Santa Rosalia è Palermo e Palermo è santa Rosalia, dice il sindacoLeoluca Orlando. E nelle sue parole c’è la sintesi di un legame vi-scerale tra Palermo e la sua patrona che attraversa i secoli. Così, ilnome della santa risuona insieme a quello della città: Viva Palermoe santa Rosalia!Che la patrona sia una donna, Rosalia Sinibaldi, damigella d’o-nore di nobile schiatta cresciuta alla corte di re Ruggero II di Siciliaall’inizio del XII secolo è già qualcosa di non proprio ordinario, mache questa santuzza (piccola santa), come la chiamano amorevol-mente i palermitani, abbia salvato secoli dopo la sua morte un’inte-ra città suona ancora più straordinario.Era il maggio del 1624 quando una nave proveniente da Tunisiportò la peste a Palermo. Il contagio fu fulmineo quanto silenzioso.Solo un mese dopo venne proclamato ufficialmente che si trattavadi peste.

    Nonostante la chiusura delle porte cittadine, le quarantene per lenavi al porto, i lazzaretti, la peste dilaga. Sono diverse le sante cui lapopolazione si affida, sant’Agata, santa Cristina, santa Oliva, santaNinfa, ma la salvezza arriva dalla santuzza Rosalia, che prima ap-pare a un’appestata rivelandole il luogo dove si trovano le propriespoglie in una grotta di Monte Pellegrino, e l’anno dopo a un po-vero saponaro salito sul monte per farla finita dopo la morte dellamoglie: che il cardinale di Palermo mettesse fine «a dispute e dub-bi» sulla natura delle ossa ritrovate e che queste venissero portate inprocessione per la città, questo gli dice.

    È così che il 9 giugno 1625 man mano che le reliquie della santaattraversano le strade, gli appestati guariscono. La santa libera dallapeste Palermo trionfando sulla morte e assurgendo a patrona indi-scussa.

    «Il contatto… le ossa… Santa Rosalia non dice “p re g a t e m i ”, di-ce “portate le mie ossa per la città”— mi spiega l’antropologa Debo-rah Puccio-Den—. Il miracolo accade non perché si prega la santa,le si chiede di intercedere, o comunque non solo per questo, maperché le sue reliquie attraversano, toccano la città. È questo checrea quel legame fortissimo tra la santa e la polis, la comunità», rin-novato ogni anno la notte tra il 14 e il 15 luglio con la processionedel Festino tra le strade della città vecchia.

    Quanto sia importante il contatto per i devoti, lo capisci salendoal santuario sul Monte Pellegrino, il monte sacro di Palermo. Losperimenti la notte tra il 3 e il 4 settembre quando i fedeli, in piccoli

    La statua di santa Rosaliadurante una processione

    ( An s a ) .Sotto, una immagine

    della patrona di Palermoproiettata di notte

    sulle facciate dei palazzi.Una iniziativa ideata

    e lanciata in primaverada ex-Voto, collettivodi artisti e operatori

    culturali palermitani,in omaggio a tutti coloro

    che sono impegnatiin prima persona per liberare

    il mondo dal virus.(facebook.com/exvoto2020)

  • D ONNE CHIESA MONDO 22

    gruppi o intere famiglie, si fanno i 4 chilometri dell’acchianata, lasalita alla grotta del santuario, per commemorare la morte e ascesaal cielo della santuzza, vegliarla e l’indomani celebrarla con unamessa tenuta dal vescovo. Nelle mani, pezzetti di carta da lasciare alsantuario: ringraziamenti per grazia ricevuta o invocazioni per gra-zia da ricevere, scritti a penna meticolosamente o nel modo stentatodi chi ha poca dimestichezza con la parola.

    «Prima era tutto un toccare… la statua lignea di santa Rosalia al-l’ingresso, la roccia… tutto un togliersi bracciali, gioielli, oggetti ca-ri e metterli dentro la teca vicino alla statua distesa avvolta nel man-tello d’oro con la corona di rose sul capo. Era tutto un baciare ac-calcati… perché reliquie e immagini, in quel giorno, sono investitedella loro massima potenza salvifica, che è lì, manifesta, e bisognatoccarla, appunto», mi spiega l’antropologa Puccio-Den.

    E in quel «prima», in quel tempo al passato si annida la realtà dioggi.

    È una domenica di questo autunno 2020 in cui si tornano a con-tare anche in Italia i contagi e i morti da covid. Salgo al santuario.Pochi i fedeli che si fanno l’acchianata. A ogni tornante del montesi vedono i segni dell’incendio doloso del 2016 che ha scarnificato ilpaesaggio di pini eucalipti e cipressi. È l’ora della messa, si sentonole voci del culto. «Laggiù», mi dice una ragazza della protezione ci-vile. E laggiù è una grande tenda bianca di quelle che si issano peri terremoti. «Il distanziamento», aggiunge, alludendo alle dimen-sioni ridotte del santuario. Ma è una volta oltrepassato il sagrato edisinfettate le mani che si sperimenta un senso di vuoto, in quel luo-go che è stato sempre pieno di oggetti, gesti, segni di devozione: bi-gliettini, ex voto, rose, fedeli in ginocchio o in preghiera. Anche irubinetti da cui si beve o si tocca l’acqua sacra del monte sono a sec-co. Tra un percorso di paletti e catenelle di plastica rossa e bianca, siscorgono cartelli discreti ma onnipresenti che scandiscono divieti,ripetuti dalla voce dei volontari della protezione civile: vietato ingi-nocchiarsi, vietato deporre bigliettini, vietato depositare i fiori so-pra la teca, «dateli a me, ci penso io», dice una volontaria a unacoppia spaesata, vietato toccare il vetro, vietato poggiare un bacio,vietato accostare la mano al sistema di lamiere che corrono lungo lagrotta per far percolare l’acqua sacra del monte. «Se cade, cade,non può toccare!». Una devozione negata nei suoi gesti più ordina-ri e spontanei.

    Dentro la teca, nessuna traccia del tesoro di doni che ha semprericoperto la statua della santuzza. Il vicario del santuario cui chiedospiegazioni allarga le braccia. Per l’intero mese di settembre il san-

    Regali,ex voto, fiori

    biglietti: attornoalla statua

    della patronadi Palermo

    è tutto sparitoFra i fedeliche salgono

    al santuarioanche tanti

    ra p p re s e n t a n t idella comunità

    Ta m i l

  • 23 D ONNE CHIESA MOND O

    tuario è rimasto chiuso, tutto è stato messo al sicuro, nessuno è po-tuto salire, meno che mai la notte tra il 3 e il 4. Niente ex voto, do-nazioni, bigliettini, fiori.

    A marzo, durante il primo confinamento, alcuni artisti hannoproiettato sulle facciate dei palazzi vicino alla cattedrale (dove conocustodite le reliquie) l’immagine della santuzza: una mascherinachirurgica sul viso. Un modo di affidarsi alla patrona che sembrapiù un invito a proteggersi e a proteggerla.

    «Si vuole ritrovare la santa che libera dalla peste, però allo stessotempo non si può perché nelle forme in cui è tradizionale incontrar-la e renderla salvifica, toccandola e baciandola appunto, divente-rebbe una bomba di diffusione del virus», mi spiega l’amica antro-pologa. Una santa neutralizzata insomma, da pregare a distanza,persino in streaming, come mi dice una devota, la signora Carmela.È lei a spiegarmi che durante il confinamento dello scorso marzoogni sera seguiva online la messa celebrata da un parroco che siconcludeva con l’inno alla Patrona: «O Rosa fulgida...»

    Tra i fedeli che devono attenersi ai divieti nel santuario c’è unasignora dalle lunghe trecce nerissime, il viso bruno con il pottu ros-so delle donne sposate sulla fronte. Si siede composta nel suo ab-bigliamento decoroso su un sedile in pietra con un cero stretto tra le

    Donne tamil al santuariodi Monte Pellegrinoa Palermo.(ph. Sergio Natoli, rettoredella Chiesa S. Mariadei Miracoli)

  • D ONNE CHIESA MONDO 24

    mani trattenendo il respiro affaticato dalla salita. Ma lì non può sta-re. Bisognerà disinfettare! E lei si alza in silenzio. È una delle mi-gliaia di Tamil, indù o cattolici, devoti alla santa in una città comePalermo che conta la più popolosa e antica comunità Tamil d’Italia.Circa 8.000, arrivati già dal 1983 come rifugiati, mentre nello SriLanka infuriava una delle più sanguinose e dimenticate guerre civilitra la minoranza Tamil (indù e cattolici) e i Singalesi (buddisti).

    «Venire qua da santa Rosalia è come tornare a casa col cuore»,«anche noi costruiamo templi sulle montagne», «Non abbiamo unnostro tempio». Sono queste le frasi pronunciate dai Tamil indù perspiegare la loro devozione alla Madre della Montagna iniziata conun miracolo negli anni Novanta. Una bambina di 4 anni svegliatasidal coma mentre i genitori e centinaia di membri della comunità fa-cevano la spola tra l’ospedale e il santuario. Così, santa Rosalia haun suo posto tra le divinità indù. Perché «Dio è uno ma ha moltiaspetti, e uno di questi è santa Rosalia. La loro appartenenza reli-giosa è un elemento identitario forte. Ma non è un elemento esclu-sivo», spiega il professor Giuseppe Burgio che conosce a fondo ilmondo dei Tamil in città.

    I Tamil cattolici invece un tempio ce l’hanno: una chiesa nel cuo-re del centro storico in cui la messa è officiata da un sacerdote delloSri Lanka. Perché i Tamil, cattolici o indù, hanno una vita a sé den-tro la città: un loro Comitato coordinatore, i loro canali satellitari, levideocassette prodotte dall’industria cinematografica indiana. Ac-quistano cibo e abbigliamento nei negozi dei connazionali. In granparte, lavorano silenziosi nelle case come domestiche o domestici.Praticano il cricket (sport nazionale dello Sri Lanka). Hanno in-somma pochissimi contatti con i palermitani, ma ogni domenica al-l’alba si fanno 2 ore di cammino dalle abitazioni nel cuore della cit-tà vecchia (Ballarò, il Capo) sino al santuario.

    Per chiedere una grazia bisogna mettere in gioco il corpo, soffri-re. Questa la ragione di una devozione che si manifesta anche inmodi propri dei culti induisti: come la pratica deli uncini infilzati invarie parti del corpo come voto alla divinità.

    Me lo ricorda la giornalista Marta Bellingreri come, fino a qual-che tempo fa, nella notte tra il 3 e il 4 settembre alcuni uomini sa-livano al santuario appesi con degli uncini a un palo sorretto daconnazionali. Tutto questo prima del covid.

    Non sembra che la pandemia sia al centro delle preghiere, però.Ne chiedo conferma anche al vicario.

    Il vicario guarda il paesaggio d’alberi scarnificato, sospira. «Pa-lermo ha tante pesti» mi dice.

    Scrittrice ed editor.Per Einaudi hapubblicato i raccontiL’occhio cieco del mondo(premio Berto,premio Mondello,etc.) e diversiromanzi, tra i quali:S e n z a t e r ra e Da un altromondo (libro dell’anno2018 Fahrenheit Rai-radio 3; SuperpremioSciascia, etc.).Sempre per Einaudiha curato Terra mattadi Vincenzo Rabito,ha tradotto Firmino diSam Savage e Rock ’n’Roll di TomStoppard. Suoiarticoli sono usciti suquotidiani, blog esettimanali nazionali.

    L’autrice

    Evelina Santangelo(© Daniela Zedda)

  • 25 D ONNE CHIESA MOND O

    SG UA R D I DIVERSI

    Le donne di Napolie il culto dei vivi

    Sante, laiche, suore: tutte devote alla solidarietà

    di ANTONELLA CILENTO

  • D ONNE CHIESA MONDO 26

    Se c’è una strada per la salvezza di Napoli è una strada fatta dalledonne, per tradizione antica cancellate, dimenticate, calunniate dal-la città stessa.È per devozione che Maria Longo, in seguito beata, fonda nellaNapoli spagnola del Cinquecento l’Ospedale degli Incurabili, de-stinato nei secoli seguenti ad essere faro della ricerca scientifica eu-ropea ma, in prima istanza, ad essere ospedale per tutti, anche per ipoveri, ospedale per il parto e la follia, ospedale di donne per ledonne, poiché ad assistere medici e chirurghi sono prostitute toltealla strada.È per devozione che, ai primi del Seicento, suor Orsola Benin-casa mette insieme un resistente gruppo femminile, nonostante lacittà sia così ostile alle donne da condurre l’analfabeta Orsola allatortura: la interrogano e la tormentano, dubitando della sua santità,lei che, come santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, era cre-sciuta fra i soldati spagnoli, fra violenze, carestie, epidemie e stupri.Eppure, a lei il viceré obbedisce, molti anni dopo la sua morte, edi-ficando durante la peste del 1656 il convento che oggi è una dellepiù antiche università italiane.

    E se si fa un salto in pieno Ottocento è ancora a una donna, Te-resa Filangieri, filantropa e scrittrice, nipote di Gaetano Filangieri,filosofo e giurista, e figlia di Carlo, generale, che si devono, a Na-poli, la cucina di strada durante il colera e il primo ospedale pedia-trico d’Europa, il futuro Santobono.

    Le donne sono sempre in prima linea e in anticipo sui tempi poi-ché pensano e sostengono che tutti debbano essere curati, anche ipoveri, anche i bambini, che per ciascuno serve una giusta rispo-sta.

    Il Novecento a Napoli è una fila di scrittrici e donne impegnatecontro la fame e l’ignoranza, da Matilde Serao, giornalista e editri-ce, che chiede a gran voce il risanamento della città, ad Anna MariaOrtese, voce altissima della letteratura e dell’etica, che ottienela chiusura dello scandaloso quartiere dei Granili, uno scempio dipovertà e sporcizia, scrivendo l’indimenticabile capitolo de Il marenon bagna Napoli, mostrando a un’Italia ancora fragile e miope per lafine della guerra condizioni abitative disastrose; da Fabrizia Ra-mondino che, prima d’essere scrittrice è impegnata nella fondazio-ne della Mensa Bambini Proletari, alla militante professoressa VeraLombardi, perché, ricordiamolo, è a scuola che si formano le co-scienze.

    Le donne a Napoli, dove, che si tratti di colera, peste, camorra ocovid, i problemi non mancano mai, sono una linea, un indirizzo,

    Nella pagina precedenteCasa Santuario

    di Santa Francescadelle Cinque Piaghe

    (facebook.com/s a n t a m a r i a f ra n c e s c a )

  • 27 D ONNE CHIESA MOND O

    una certezza, rappresentano spesso il meglio di una fioritura lette-raria, filosofica e artistica fra le più alte al mondo.

    E nei giorni del covid non è stato diverso.Anna Fusco, artista e commerciante, ha ereditato la più antica li-

    cenza di tabaccaio di Napoli, in piazza Trieste e Trento, nel cuoredel centro storico: durante i mesi di lockdown, Anna, che pure sof-fre di asma e problemi polmonari, prende in mano l’eredità di Te-resa Filangeri, che in pieno colera aveva portato tutte le nobildonnedi Napoli a rimboccarsi le maniche dei ricchi vestiti e a cucinare instrada, perché le epidemie vengono anche dalla fame.

    Anna cucina con tutta la sua famiglia piatti caldi, sostituisce lemense cittadine chiuse: a mangiare da lei vengono i senza tetto maanche tante persone prive di famiglia e di sostegno.

    Anna finisce sul «New York Times» per la sua ingegnosa e ge-nerosa iniziativa.

    A raccontarlo per prima, però, è un’altra donna, Laura Guerra,da sempre impegnata nel sociale, giornalista della redazione napo-letana di »Scarp’ de Tenis», giornale di strada in parte scritto e di-stribuito in numerose città italiane da homeless. Laura insegnascrittura nella sede della sua cooperativa e durante il lockdown re-gistra a distanza un lavoro che non cessa, anzi si intensifica nella cit-tà che vive da sempre già in una complessa, stratificata emergenza.

    Laura segnala il lavoro di Pina Tommasielli, medico di base, cheoffre test sierologici gratuiti agli insegnanti, che si occupa di pre-venzione in quartieri periferici e difficili della città, Soccavo e Pia-nura e sottolinea che le donne si occupano di tutto in famiglia, dellemalattie di tutti, del lavoro e del cibo di tutti, spesso trascurandosi.In fine, quando si ammalano, è troppo tardi: viene meno il motoredella casa. Un motore che trascura di fare prevenzione per pensaresempre prima agli altri.

    Laura racconta sul suo giornale della maestra Angela Parlato, in-segnante da quarant’anni e attivista in numerosi centri sociali, che aMontesanto e nei Quartieri Spagnoli (quelli di Sant’Orsola Benin-casa, gli stessi di Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, per-ché i secoli sono passati ma i problemi restano, anche se in apparen-za mutati) si occupa di portare un paniere a chi non può fare la spe-sa e la consegna a chi non può uscire di casa.

    E si accorge, così, che la didattica a distanza nei bassi, anticheabitazioni cieche e asfittiche, ricavate al pian terreno e affacciate di-rettamente sulla strada, senza un computer o senza connessione,nelle famiglie dove un telefonino è diviso in quattro, funziona peg-gio di quanto non funzioni già male per tutti. Per questo la maestra

    Dalla beataMaria Longo,che fondòl’Ospedaledegli Incurabili,ad Anna Fusco,che cucinaper stradaPassandoper Seraoe Orteseche si battevanoper risanarela città

  • D ONNE CHIESA MONDO 28

    Angela decide di far da ponte fra la didattica a distanza e i bambinidelle case dove va a portare la spesa. Pasta, pomodori pelati, giga diricarica e fotocopie: il paniere di Angela Parlato ha beni di diversoconsumo e necessità.

    Del resto, non avere connessione nei vicoli di Napoli, fra i muridel Cinquecento, è facile.

    Intanto, le scuole nel caldo autunno del sud, a giorni alternisconvolto dal cambiamento climatico, da piogge improvvise e trom-be marine (le “trop ee”), hanno riaperto fra la disperazione dellemadri, il panico degli insegnanti e il costo, altissimo, economico eculturale, che la pandemia e le sue conseguenze hanno già genera-to: un prezzo che a Napoli e al Sud è più alto che altrove, che hacolpito imprese, negozianti, alberghi, teatri, cinema, scuole e uni-versità, che espone i più deboli.

    Un’emergenza culturale gigantesca è dunque di nuovo e semprein atto nella città dove da sempre l’educazione dei bambini è stato ilproblema delle donne, come scrivevano Matilde Serao, Anna MariaOrtese, Fabrizia Ramondino e ancora oggi dice, ripete, denunciachi di noi lavora a stretto contatto con le scuole, coi ragazzi di ognietà, con gli insegnanti.

    Alla Sanità, quartiere famoso per aver dato i natali ad Antoniode Curtis, in arte Totò, e peralcuni dei palazzi barocchipiù incantevoli della città di-segnati nel Settecento dall’ar-chitetto Ferdinando Sanfelicema anche per terribili faide dicamorra e per le “stese”, spa-ratorie che spesso coinvolgo-no comuni cittadini e di fre-quente bambine e bambini, daanni, per esempio, resiste PinaConte, insegnante e imprendi-trice, che impegnando tutto ilpatrimonio della sua famiglia,ha ristrutturato un palazzo an-tico dove si fa scuola per chi ascuola non sarebbe andato,dove si studia anche mandoli-no e musica, dove si imparanoa fare costumi per il teatro.Dalle aule di Pina Conte sono

    Anna Fusco, artistae commerciante di Napoli,

    durante il lockdownha cucinato piatti caldi

    per i senzatetto e personeprive di famiglia

    e di sostegno (courtesyNapoliToday- Citynews spa)

  • 29 D ONNE CHIESA MOND O

    usciti, ormai, lavoratori, professionisti, artisti che avrebbero potutoperdersi e finire con una pistola in mano.

    C’è, insomma, chi non si ferma mai, anche nell’oblio del suo im-pegno, come Suor Giuseppina Esposito, per anni attiva al Binariodella Solidarietà a Gianturco: Gianturco è quel quartiere mai nomi-nato nei suoi romanzi ma che i lettori di tutto il mondo ormai at-traversano leggendo Elena Ferrante, dove le emergenze sono conti-nue.

    C’è un mondo di donne devote a Napoli: devote alla cultura, allasaggezza, a buone pratiche sociali, a solidarietà senza chiacchiere ebandiere, spesso spontanea. E senza escludere gli uomini: penso aPeppino Sansone, giornalaio e libraio del quartiere Chiaia, che haportato medicine e giornali a tutti i clienti e, nel giorno delle Palme,l’olivo benedetto alla porta di chi nemmeno se lo aspettava.

    Chi viene la prima volta in città scopre una tradizione antica, cherisale alla terribile peste del 1656, quando la città fu ridotta di dueterzi in sei mesi e le persone morivano in strada, anche ventimila algiorno: scopre che i napoletani venerano teschi anonimi nel cimite-ro delle Fontanelle, gigantesco ossario ricavato in una delle cave ditufo alte come cattedrali che fanno di Napoli, dai tempi dei greci,una città di mare e luce in superficie e di caverne, piscine e acque-dotti in profondità.

    Alle “capuzzelle”, ovvero ai teschi ribattezzati con un nome, peri quali si inventano storie e cui si attribuiscono poteri (teschi che su-dano, teschi che appartengono a capitani di nave, teschi di mortiche, se offesi, tornano a vendicarsi, teschi di giovani spose cui chie-dere la grazia della gravidanza o di un felice matrimonio), i napo-letani sono stati per lunghi secoli devoti: durante la peste seicente-sca a migliaia si nascosero i corpi dei morti sotto le strade, si calci-ficarono fosse comuni con su scritto «tempore pestis: non aperia-tur», si consegnarono parenti in agonia ai seggiari, becchini reclu-tati fra i detenuti che portavano via i cadaveri ma anche i vivi.

    Poi, in un giorno d’agosto, dopo un grande acquazzone i mortivennero fuori dal Chiavicone, la grande fogna che scorre sotto lacittà; caddero anche dei palazzi. La devozione per i morti iniziò inquell’anno, o meglio, prese una forma speciale, frutto di un enor-me dolore, di un senso di colpa, della colpa di essere rimasti vi-vi.

    Mai come oggi serve la devozione per i vivi.Una devozione per la vita, che è fatta di pasti, di cure ma anche

    e soprattutto di cultura: le donne a Napoli lo sanno, lo hanno sem-pre saputo. E non se ne dimenticano.

    Nata a Napoli nel1970. FinalistaPremio Strega nel2014 con Lisario o ilpiacere infinito delledonne (Mondadori),ha pubblicatonumerosi romanzi,raccolte di racconti,reportage storici.Dirige dal 1993 unadelle più antichescuole di scritturaitaliane, LalineascrittaLaboratori diScrittura( w w w. l a l i n e a s c r i t t a . i t )e coordina il primomaster di scrittura eeditoria del SudItalia, Sema, conUniversità SuorOrsola Benincasa.Dirige da dodici annila rassegna diletteraturainternazionale S t ra n ecoppie.Scrive per il teatroe La Repubblica -Nap oli.

    L’autrice

    Antonella Cilento(© Giliola Chisté)

  • D ONNE CHIESA MONDO 30

    SA N T UA R I MARIANI

    di GIANNI VALENTE

    V ista da lontano, sembra unacroce. Poi ti avvicini, e ti ac-corgi che la figura issata sullatorre campanaria è quella dellaVergine Maria, rappresentatain una posa singolare, mentre solleva finoal di sopra della sua testa Gesù Bambino,per mostrarlo a tutti come si mostra un tro-feo, in segno di vittoria.

    Dalla torre del santuario sulla collina diSheshan, a 35 chilometri da Shanghai, lascultura in bronzo della Madonna e di suofiglio si affaccia sui boschi di bambù chescendono a distesa sulla pianura sottostan-te. L’attuale basilica, l’unica con questo ti-tolo in tutta la Cina, fu costruita in cima alcolle tra il 1924 e il 1935 sotto la direzionedell’architetto gesuita portoghese Fran-çois-Xavier Diniz e mescola tratti e formeneo-romanici e neogotici. Ma già da moltotempo prima la collina di Sheshan ha co-minciato a essere intrisa di umori, lacrimee contentezze dei cattolici cinesi.

    «Quando ti avvicini a Sheshan, senti diessere tornato a casa» racconta l’anzianoPietro Liu Fu. Ricorda l’entusiasmo giova-nile con cui partecipava da Shanghai aipellegrinaggi di maggio. Coi pellegriniche arrivano ai piedi del colle santo conbarche e battelli, lungo i canali che solcanola fertile pianura, e salgono i fianchi del-l’altura cercando consolazione e refrigerio.Lungo i sentieri si incontra la statua di Cri-sto sofferente nel Getsemani, le 14 stazionidella Via Crucis, altre piccole cappelle.

    Anche oggi Nostra Signora di Sheshanraccoglie il respiro di preghiera di ognimadre giunta al santuario per affidare aLei i suoi figli e le sue pene, le suppliche diogni figlio arrivato a chiedere soccorso per

    La Madre della CinaTornano i pellegrini sulla collina di Sheshan

    i genitori malati. Ma Sheshan è anche illuogo in cui si intrecciano passato, presen-te e futuro della Chiesa cattolica in Cina.Anche da lì Maria ha confortato e conti-nua a accudire tutta l’avventura dei catto-lici cinesi, con le sue ferite e le sue guari-gioni.

    Prima del 1870, sulla collina c’era solouna casa di riposo e una piccola cappellaper i gesuiti di Shanghai, costruite sulle ro-vine di un tempio buddista. In quel temposu Shanghai incombeva l’esercito ribelledei Taiping, gli “Adoratori di Dio”, segua-ci di Hong Xiuquan, il visionario che sipresentava come fratello minore di Gesù. Igesuiti invocarono la protezione della Ver-gine, chiedendo che Shanghai fosse rispar-

    Il santuario di Sheshan a Shangai:sulla torre campanaria la statua

    in bronzo della Madonna che sollevail Bambino. A destra, Nostra Signora

    di Sheshan all’interno della chiesa(Wikimedia Commons)

  • 31 D ONNE CHIESA MOND O

    SA N T UA R I MARIANI

    zione giapponese, riprende la guerra civiletra comunisti e nazionalisti. E nuove tribo-lazioni arrivano nella “Nuova Cina” diMao Zedong. Ignazio Gong Pingmei, ilvescovo di Shanghai già messo nel mirinodagli apparati, nel 1954, sentendo avvici-narsi l’uragano, sale al santuario di She-shan con tutti i preti della sua diocesi, etutti insieme giurano di non tradire mai lafede e la Chiesa, con l’aiuto della Vergine.Di lì a poco, verranno quasi tutti arresta-ti.

    Negli anni stravolti della Rivoluzioneculturale, anche Sheshan appare come unaterra desolata: le vetrate infrante, le stazio-ni della Via dolorosa divelte. Tirano giùpure la statua di Maria e di suo Figlio. La

    La Madre della CinaTornano i pellegrini sulla collina di Sheshan

    miata dalle devastazioni dei ribelli. Poi,scampato il pericolo, nel 1871 iniziarono acostruire su Sheshan il primo santuariomariano. Nel giugno 1924, mentre stannoiniziando i lavori per la nuova chiesa, sal-gono a Sheshan i 25 vescovi che hannopreso parte al cosiddetto “Concilio diShanghai”, convocato dal delegato aposto-lico Celso Costantini quasi per segnare l’i-nizio di una Chiesa cinese locale, non piùtotalmente dipendente dalla guida deimissionari stranieri.

    Poi, nel 1946, la statua in bronzo di Ma-ria che solleva in alto Gesù bambino, co-nosciuta come Nostra Signora di Zo-sé,viene issata sulla torre campanaria. Intantoi tempi si sono fatti cupi. Finita l’o ccupa-

  • D ONNE CHIESA MONDO 32

    fede viene custodita nei cuori, in attesa ditempi migliori.

    Quando Deng Xiaoping guida la Cinafuori dai deliri della Rivoluzione culturale,vengono riaperte le chiese. Il gesuita Alo-ysius Jin Luxian, uscito da prigione e ordi-nato vescovo senza il consenso della SantaSede, sceglie di insediare proprio sulla col-lina di Sheshan il Seminario regionale, pa-gato anche coi soldi del governo, che aprei battenti nel settembre 1986 a 115 semina-risti. Segno che la persecuzione ha provatoi cuori, ha seminato discordia tra i fratelli,ha lasciato eredità controverse e dolorose,ma non ha spento la fede.

    Anche Sheshan torna ad animarsi dipreghiere e pellegrini. E il primo maggiodel 2000, sempre Jin presiede la cerimoniacon cui la statua in bronzo di Nostra Si-gnora di Zo-sé, alta quasi quasi quattrometri, viene di nuovo issata sulla torrecampanaria, a sovrastare l’orizzonte dallacollina.

    Anche negli anni più recenti, Nostra Si-gnora di Sheshan ha confortato la pazien-za del popolo fedele di Dio, davanti a nuo-ve prove. Vive ancora nel Seminario diSheshan anche Thaddeus Ma Daqin, ilgiovane vescovo di Shanghai, ordinato nel2012 e subito caduto in disgrazia agli occhidel governo. Il giorno stesso della sua or-dinazione episcopale, il vescovo Thaddeusaveva espresso la volontà di abbandonare

    gli incarichi, fino ad allora ricoperti negliorganismi ufficiali ispirati dalla politica re-ligiosa cinese, per dedicarsi totalmente allavoro pastorale.

    Gli apparati si risentirono di quellamossa, e da subito impedirono a Ma Da-qin di esercitare il suo ministero episcopa-le. Lui, per tanto tempo, ha continuato ascrivere e diffondere dal seminario pensieri

    e riflessioni spirituali, nati all’ombra diNostra Signora di Sheshan. Lì è potuto ac-cadere anche questo: un vescovo che con-forta e guida la diocesi con semplici scrittidiffusi da un santuario.

    In questo 2020, le moltitudini dei pelle-grinaggi di maggio non hanno potuto rag-giungere Sheshan, a causa della pandemia.Ma adesso i pellegrini cominciano a torna-re, con discrezione, senza patemi. Da She-shan hanno visto altre tempeste, hannoimparato la pazienza e l’attesa.

    Santa Madre in Cina

    Lo calità Shanghai • T i t o l a re Maria Ausiliatrice • Diocesi ShanghaiArchitetto Alphonse Frédéric De Moerloose • Stile architettonico arte romanicaPrima chiesa 1863 • Costruzione attuale 1925-1935

    L’unica basilica con questo titolo nel Paese.Ma Sheshan è anche il luogo in cui si

    intrecciano passato, presente e futuro dellaChiesa cattolica in Cina

  • 33 D ONNE CHIESA MOND O

    SA N T UA R I MARIANI

    M o re n i t afesta diffusaIl 12 dicembre basilica

    vuota a Città del Messico

    di LUCIA CAPUZZI

    N essun colore dominante maun’esplosione di variazioni cro-matiche. Adagiati gli uni suglialtri, milioni di petali giaceran-no ai piedi della Morenita. Pertutto il mese di novembre, i fedeli si sono recatialla collina di Tepeyac portando in dono omag-gi floreali e candele, spesso a nome di parenti eamici lontani, come suggerito in un video-mes-sagio web dal rettore della basilica, SalvadorMartínez Ávila. Il personale ha trattato i fioriin modo da conservarli per l’evento. Ovvero laNoche guadalupana quando, trasformati in unenorme tappeto, ricopriranno il pavimento deltempio. Vuoto e senza momenti liturgici, comedeciso dalla Conferenza episcopale messicanaper arginare il rischio di contagio. A rischiararel’oscurità, la luce dei ceri portati dai devoti.Fuori sarà silenzio. Le tradizionali mañanitas, icanti di compleanno, non risuoneranno fino al-l’alba del giorno successivo per la spianata. Laloro melodia, però, sarà diffusa di casa in casadai pc e, soprattutto, dai cellulari. Mentre lamanifestazione artistica ha traslocato sulla Re-te, ad appagare l’esigenza di presenza reale so-no gli altari, allestiti con settimane di anticiposulle mensole della cucina, nei salotti, all’ango-lo delle strade, all’entrata dei negozi, accantoall’immancabile immagine della “Vergine bru-na”. Il covid non ha cancellato la grande cele-brazione di Nostra Signore di Guadalupe che,ogni anno, tra l’11 e il 12 dicembre, porta all’o-monima basilica di Città del Messico dieci mi-lioni di cattolici. Bensì ha “diffuso” la festa nel-l’intero Paese e Continente, flagellato dallapandemia e ancor più bisognoso del confortodella “M a d re ”. La stessa che asciugò le lacrimedell’indigeno Juan Diego, affranto per lo ziomoribondo. «Non ci sono forse qui io, io cheho l’onore di essere tua Madre?», gli disse la

    L’immagine originale della Verginedi Guadalupe. Nella pagina seguente

    le basiliche sul monte del Tepeyac pressoCittà del Messico (Wikimedia Commons)

  • D ONNE CHIESA MONDO 34

    Signora dalla pelle scura e i tratti nativi, visibil-mente incinta, una mattina di 489 anni fa. Quelgesto di amore incarnato si impresse a fuocosulla pelle del Continente. Come il volto e ilcorpo della Vergine sulla tiara, mantello, diJuan Diego: ogni anno, quaranta milioni dipersone si recano nella basilica dove è conser-vata per venerarla. Con la sua “sortita” nonvio-lenta e accogliente, compiuta nel momento piùdrammatico della scoperta-conquista — il 1531,poco dopo le imprese di Hernán Cortés — Ma-ria offrì una possibilità di incontro “evangeli-co” con l’altro. Un “a l t ro ” troppo facilmenteconsiderato alieno e non fratello, con cui la ci-viltà europea, in modo drammatico e, al con-tempo, appassionante, era chiamata a fare iconti. Se, come afferma la filosofa Amelia Po-detti, l’irruzione dell’America rappresenta il“parto del mondo nella sua totalità”, è la Vergi-ne di Guadalupe ad accompagnare la gravidan-za di questa terra e, di riflesso, del resto del glo-bo. Mentre le spade e le malattie portate dagliinvasori decimavano i popoli autoctoni e la lo-ro cultura, la Morenita ne assunse le carni, ab-bracciando il Mondo Nuovo in tutta la suacomplessità, per condurlo alla pienezza attra-verso l’incontro con il Figlio, che portava nelgrembo. La devozione guadalupana è moltopiù di un’espressione, forse la più emblematica,della mistica popolare latinoamerica: il suo mi-stero affonda nelle viscere stesse dell’immensaregione compresa tra il Rio Bravo e la Terra del

    Fuoco. Il viso scuro della Vergine è la mappaspirituale delle sue genti. Non sorprende, dun-que, che l’America Latina — epicentro dellapandemia, che là fa il maggior numero di vitti-me —, cinque secoli dopo, cerchi quella stessastretta misericordiosa per andare avanti.

    Lo ha fatto a Pasqua quando, alle 12 messi-cane, il cuore del Continente ha battuto all’uni-sono mentre i vescovi delle differenti nazioni —

    collegati dalla Rete — consacravano il Conti-nente alla Morenita nel pieno dell’e m e rg e n z acovid. Di nuovo, le donne e gli uomini d’Ame-rica stanno facendo ricorso a tutta la loro crea-tività per tornare a Lei, in questo dicembreanomalo, senza pellegrinaggi e bagni di folla.E di nuovo, tra tecnologia e tradizioni riadatta-te, Maria sembra venire loro incontro, ripeten-do le parole che disse a Juan Diego: «Non cisono forse qui io, io che ho l’onore di essere tuaM a d re ? » .

    Nel pieno dell’emergenza Covid, a Pasquai vescovi delle nazioni americane, collegatiin Rete, hanno consacrato il Continente

    alla Vergine di Guadalupe

  • 35 D ONNE CHIESA MOND O

    Con gli emigrantioltre l’O ceano

    di FRANCESCO GRIGNETTI*

    Alla fine dell’Ottocento un fiume di umanità dolente varcò gli ocea-ni. Milioni di persone lasciarono il Vecchio Continente per le Ame-riche alla ricerca di fortuna. Si calcola che tra 1836 e 1914, trenta mi-lioni di europei siano emigrati in America settentrionale. Di questi,almeno quattro milioni erano italiani. Altrettanti sbarcarono in Ar-gentina e Brasile.Non gli Stati di origine, ma i religiosi e soprattutto le religiose siprodigarono ad aiutarli nel loro cammino. Il primo a scandalizzarsidi questo esodo fu il vescovo di Piacenza, Giovanni Battista Scala-brini (1839-1905). «In Milano — scrisse — fui spettatore di una scenache mi lasciò nell’animo un'impressione di tristezza profonda. Vidila vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente invasi da tre oquattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppidiversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe pre-coci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degliaffetti che agitavano in quel momento il loro cuore».

    È immaginabile lo choc della separazione tra chi partiva e chi no.Sul molo di Napoli a volte restavano povere donne, senza più unsoldo in tasca perché tutti gli averi erano stati impegnati per com-prare il biglietto della nave. Donne disperate, alla mercé di chiun-que.

    Per le “scartate” di Napoli, quattro suore salesiane Figlie di Ma-ria Ausiliatrice aprirono un ricovero che si rivelò fondamentale perospitare le emigranti rimaste a terra, curarle, accompagnarle ad unaseconda visita medica, e poi, se tutto era a posto, aiutarle nell’im-

    Suore coraggiose a sostegno degli italiani nelle Americhe

    LA STORIA

  • D ONNE CHIESA MONDO 36

    barco. Nel 1911 suor Clotilde Lalatta confidava alla superiora: «Pernoi le ore di vita comune sono ben scarse, ed essendo insufficienti allavoro, l’orario è assai compromesso. Nei giorni di partenza dei pi-roscafi, c’è d’andare al porto una o due volte al giorno; in casa, dacucire, da stirare, fare la pulizia, assistere e servire le donne alberga-te, attendere alla porta. Poi le commissioni e spese, poi le visite deimedici curanti le donne, i ricevimenti alle persone che hanno dirittodi vedere la casa».

    È solo un piccolo esempio di quale eccezionale sforzo fecero lereligiose per assistere questo immane moto di popoli. Per moltevenne presto la sfida dell’opera missionaria. «Come altri fondatori— ricorda suor Grazia Loparco, storica, docente alla Pontificia fa-coltà di Scienze dell’educazione Auxilium — don Bosco si sentì in-terpellato dalla precarietà in cui si imbattevano i migranti. Di fatto,prima di giungere nella sognata Patagonia, le missioni salesiane inArgentina e Uruguay si interessarono delle famiglie italiane chespesso, si diceva, nell’oceano perdevano la fede. Sul piano operati-vo molti istituti religiosi, oltre a offrire assistenza spirituale, soste-gno sociale e legale, ebbero come punti di forza la scuola e l’i s t ru -zione. Nel 1877, sei giovani Figlie di Maria Ausiliatrice inauguraro-no le spedizioni missionarie in Sud America, iniziando a lavoraretra le famiglie dei migranti. In seguito, sotto la guida del successoredi don Bosco, don Michele Rua, le religiose, come i salesiani, allar-garono il campo d’azione prima in America del Sud, poi in MedioOriente, Svizzera, Belgio, Inghilterra e qualche anno dopo negliStati Uniti».

    Aiutare gli emigranti era un dovere morale. Il Vaticano peraltroera preoccupato perché tanti perdevano la fede durante la traversa-ta o perché non trovavano ad attenderli una parrocchia dove si par-lasse la propria lingua, e invece incontravano un’attiva propagandaanticlericale, socialista e massonica. Le masse di emigrati diventaro-no così oggetto di una ri-evangelizzazione. Stranoto è l’impegno disuor Francesca Saverio Cabrini, la prima cittadina americana ad es-sere stata dichiarata santa. Nata in una ricca famiglia nell’Italia delNord nel 1850, a trent’anni fondò la congregazione delle Missiona-rie del Sacro Cuore di Gesù. Papa Leone XIII la inviò espressamentead evangelizzare le Americhe e nel 1889 suor Cabrini raggiunseNew York. Era stato un viaggio duro, da emigrante tra gli emigran-ti. Ma l’attendeva una realtà ancor più dura. L’arcivescovo di NewYork, Michael Augustine Corrigan, le fu ostile e le disse a bruttomuso che per lei non c’era niente da fare a New York e di tornare inItalia.

  • 37 D ONNE CHIESA MOND O

    Così andavano le cose, a quel tempo.Fortissime erano le diffidenze reciproche egli scontri tra i gruppi di varie nazionalità.Anche tra cattolici. «Gli italiani puzzano —arrivò a scrivere l’arcivescovo Corrigan alPapa — e se dovessero andare nella chiesaprincipale gli altri non verrebbero più».

    Nel 1887, Propaganda Fide autorizzò ne-gli Stati Uniti le parrocchie nazionali, chia-mate anche personali o linguistiche. «Ma ledivisioni nazionali — spiega Matteo Sanfi-lippo, docente all’Università della Tuscia —spaccavano anche gli ordini religiosi incari-cati di proteggere i propri migranti. Spessole spaccature erano molto complesse negliStati di nuova formazione: è noto che i mis-sionari dell’Italia settentrionale disprezzava-no i migranti e i sacerdoti dell’Italia meri-dionale, ma succedeva lo stesso anche in Germania dove il Nord hasempre disprezzato la Baviera. Di fronte a tale assoluta confusione,Scalabrini propose prima di morire la formazione di una segreteriavaticana che si occupasse di tutti gli emigranti rifiutando gli aprio-rismi nazionali: i cattolici dovevano essere seguiti secondo linee uni-versali e non in base ad origini nazionali».

    Suor Cabrini si rimboccò le maniche e trovò da sola i primi fi-nanziamenti. Seguirono anni terribili ed esaltanti. Lei e le consorel-le cominciarono dai vicoli maleodoranti di Little Italy, ma la madrefu una viaggiatrice instancabile, con ventotto traversate atlantiche, el'attraversamento a cavallo delle Ande per raggiungere Buenos Ai-res partendo da Panama. Non c’è da meravigliarsi. Suor Cabrini eraun’interprete del nuovo spirito dei tempi, di quando le religiose an-darono in prima linea, fuori dai conventi, nel mondo, ad assisteregli ultimi, a testimoniare il Vangelo. Né le sfuggiva il valore anchepatriottico del suo impegno. Poco dopo il 1890, a New Orleans ilcapo della polizia locale fu assassinato da ignoti e la colpa ricaddesenza prove sui “D agos”, cioè gli italiani che affollavano la città, la-ceri, malnutriti, senza fissa dimora. Ci furono orribili episodi di lin-ciaggio nelle strade. La Cabrini si recò in città annunciando: «Gliitaliani sono stati diffamati, al punto che la folla, aizzata da chi nevoleva l'espulsione, ne ha linciati a dozzine».

    L’America fu una grande sfida. Le religiose italiane aprironoscuole, asili, ospedali, orfanotrofi per i “l o ro ” emigranti. Quasi mai

    Immigrati italiani all’arrivo a Ellis IslanNew York, 1905, in una delle foto del sociologo

    e fotografo statunitense Lewis Hine(Wikimedia Commons).

    Nella pagina accanto, Francesca Saverio Cabrinidurante la sua opera di assistenza agli immigrati

    ( c a b r i n i s h r i n e n y c . o rg )

  • D ONNE CHIESA MONDO 38

    Una rappresentazione del linciaggio degli italiani,New Orleans, 1981 (Wikimedia Commons).Nella pagina accanto, Raffaello Gambogi«Gli emigranti», 1894 (Wikipedia)

    avevano titoli di studio e perciò si poterono oc-cupare solo della prima infanzia, non dellescuole superiori. «Ad inizio Novecento — ricor-da la storica Maria Susanna Garroni, docenteuniversitaria e curatrice del volume Sorelle d’ol-t re o c e a n o — le religiose italiane provenivano spes-so da piccolissimi centri e da una nazione pre-industriale. Sbarcando negli Stati Uniti, resta-rono disorientate dalla modernità delle metro-poli e dal confronto con una società industrialein crescita».

    Videro all’opera gli “animal spirits” del capi-talismo. «Raccontavano la nostalgia per l’Ita-lia, come anche lo smarrimento di fronte aigrattacieli, le strade larghe, la folla brulicante.In più dovevano confrontarsi con il clero prote-stante. Scoprirono che, a parte qualche vescovoilluminato che spianò loro la strada, nessuno le

    avrebbe aiutate. Sì, trovarono magari qualche finanziamento bene-fico iniziale, ma poi dovevano farcela da sole perché anche le operepie dovevano autosostenersi economicamente.

    La società americana le costrinse ad industriarsi e a camminaresulle proprie gambe. Quando arrivò la Grande depressione, poi, lesuore più anziane andarono perfino lungo le strade a raccogliere leerbe spontanee per sfamarsi. Molte furono costrette alla questua.Oltretutto i vescovi erano restii ad autorizzare, perché temevano dimettere ancor più in cattiva luce i cattolici italiani. Tutto ciò, in de-finitiva, le costrinse a una rapida evoluzione. Suor Cabrini, da que-sto punto di vista, provenendo da una famiglia della borghesia ric-ca, mise in mostra una particolare capacità manageriale, ma tutte sitrasformarono, e ne uscirono più intraprendenti, sicure di sé, evolu-te».

    Le congregazioni femminili si rafforzarono, tante si gettarononell’impresa. Negli Stati Uniti erano più numerose le Cabriniane, leApostole del Sacro Cuore, le Figlie di Maria Ausiliatrice, le MaestrePie Filippini, le Battistine del canonico Alfonso Fusco, le Pallottine,le Suore di S. Dorotea (della Frassinetti), le Francescane di Gemo-na, le Suore Venerini. In Argentina e Uruguay, oltre al gruppo con-sistente di Figlie di Maria Ausiliatrice, le Suore della Misericordiadi Maria Rossello, le Figlie di Nostra Signora dell’Orto di Chiavari,le Suore della Misericordia di Carlo Steeb di Verona, le Cabrinianee le Piccole Suore della Carità di don Orione. In Brasile, di nuovo

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    le Figlie di Maria Ausiliatrice, e poi le Scalabriniane, le Apostoledel Sacro Cuore, le Cabriniane, e le Suore di S. Giuseppe di Cham-bery. Un racconto per tutte, tratto dagli studi di suor Loparco: ungruppo di suore Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1908 apriva a Pater-son, vicino New York, una casa con scuola per l’educazione e l’i-struzione degli italiani. Conosciamo dalle loro relazioni gli sforzi, isuccessi e gli insuccessi: non erano tutte ferrate in inglese, e avendodovuto imporre una tassa mensile, al principio gli alunni furono po-chi. E poi il locale era povero e disadorno, anche se non mancava diluce. I primi libri, li regalò il console d’Italia.

    Fu coltivato comunque lo studio della lingua inglese, obbligato-rio, e della lingua italiana. Al termine del primo anno si poté dareun saggio nelle due lingue. Era un passo fondamentale per l’inte-grazione nella nuova realtà. Nel secondo anno, arrivarono 120 allie-vi. Le famiglie italiane di Paterson, pur molto povere, accettavanodi pagare una retta perché riconoscevano l’utilità di quella scuolaparrocchiale. Ma la strada era in salita «Nel 1911 — così suor Lopar-co riferisce di una loro relazione a Roma — il numero era cresciuto esarebbe anche maggiore se i parenti non dovessero pagare una quo-ta mensile, che pareva loro grave, tanto da costringerli a mandare ifigli alle scuole pubbliche». Ma Paterson comunque andò avanti. Ecosì la Chiesa partecipava alla nascita del mondo nuovo.

    *Giornalista de «La Stampa»

  • D ONNE CHIESA MONDO 40

    L’irrisolta questione femminilenon riguarda prioritariamente ruoli e funzioni

    di ROMILDA FE R R AU T O

    L a Santa Sede sostiene il persegui-mento della parità tra donne e uo-mini, aspetto fondamentale di unasocietà giusta e democratica. Lo haribadito monsignor Janusz Ur-bańczyk, rappresentante permanente dellaSanta Sede presso l'Osce a Vienna, in occasio-ne della Terza Conferenza di riesame della pa-rità di genere. Ma cosa si intende per parità ? Esiamo sicuri che Santa Sede e Osce la vedanonello stesso identico modo?

    Il rappresentante della Santa Sede è statochiaro in proposito quando ha dichiarato chenon ci si può limitare a favorire una maggioreinclusività delle donne nei parlamenti o nellearee di responsabilità. Le donne dovrebbero es-sere valorizzate per il loro “genio femminile”,mantenendo la loro specificità, la loro ricchez-za e forza morale e spirituale.

    Niente di nuovo in fondo. Nel 2009, monsi-gnor Celestino Migliore, spiegava già alle Na-zioni Unite che la tendenzaad annullare le diversità trauomo e donna non aiuta araggiungere l’uguaglianza.Al contrario, il conferimentodi maggiori