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COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

senso, in quanto avvertivano che le Comunità a Sei non possono non procedere oltre, nello sviluppo della loro struttura istituzionale, se vogliono e impedire una rottura del loro equi- librio precario a vantaggio dei particolarismi nazionali = (lo avvertiva perfino, salvo poi non trarne le dovute conseguenze, la pur molto cauta relazione Dehousse aU'APE). Ed avevano il merito di far comprendere la necessità di con- trapporre - da un lato alle formule intergover- native di De Gaulle, dall'altro alla prospettiva dell'ingresso della Gran Bretagna nel Mercato comune, che avrà altrimenti presumibili effetti nello stesso senso - una decisa iniziativa di ulteriore integrazione politica di tipo (r co- munitario n. Ora di taii proposte, come ti dice- va, non è, nel comunicato finale, parola alcuna.

Nella risoluzione approvata in materja a fine giugno appunto dall'APE, &i diceva sostanzial- mente che, senza tali sviluppi politici, confe- renze regolari dei Capi di Governo o dei Mini- stri degli Esteri non potevano a costituire un progresso nell'integrazione europea n.

Schieriamoci, una volta tanto, insieme a un organo pur cosi imbelle, e riconosciamo che i risultati delia Conferenza di Bonn non costitui- scono un progresso e possono segnare, anziché (I l'atto di nascita dell'Europa politica 11, un'ul- teriore cristallizzazione dello statu quo, e quindi degli opposti nazionalismi.

Dopo l'Olanda, anche il Belgio ha dimostrato, per bocca del suo Presidente del Consiglio, un coraggio ed una spregiudicatezza degni di am- mirazione, affermando senza mezzi termini, subito dopo la riunione dei Capi di Governo, che la Conferenza di Bonn è stata mal pre- parata e inutile D; e che a a uno dei Sei (a uno soltanto?) manca decisamente ogni spirito europeo D (dichiarazione naturalmente ignorata da tutta la nostra stampa a ufficiale D).

Solo l'Italia regge passivamente la coda nel- i'Europa delle patrie, e si adatta a far da spet- tatore nel pericoloso gioco franco-tedesco, in cui ha tutto da perdere, rischiando di esser sempre piU confinata, anche politicamente, nella posizione periferica che la geografia le assegna.

E dire che Fanfani ha votato, a Roma, nelle elezioni per la Costituente europea!

Elevato discorso del Sindaco Cassinis Riportiamo alcuni estratti del discorso che

il Sindaco di Milano, prof. ing. Gino Cassinis, ha tenuto al Teatro Lirico di quella Città il 25 aprile scorso, sedicesimo anniversario della Liberazione.

Cassinis ha esordito ricollegando questa data a quella delle u cinque giornate D, ricordando come, in entrambe, è stata la partecipazione impegnata del popolo a permettere la libera- zione dallo straniero.

Dopo aver ringraziato, a nome della città, i partigiani, i combattenti e i deportati, il Sindaco ha detto: C fu manifestazione pa- triottica altissima la resistenza e la nuova liberazione del Paese che coincidette anche col desiderio del popolo italiano di riprendere un suo posto nel consesso delle Nazioni, dal quale il fascismo in virtù del suo deprecabile nazio- nalismo l'aveva praticamente estromessa.

E come ci si deve gloriare di essere milanesi di nascita o anche di adozione e di dare la propria opera per lo sviluppo e il progresso di questa nostra amata città, senza che ciò racchiuda sentimenti di scarsa considerazione o di disprezzo per le altre città d'Italia, tutte sorelle carissime, così si deve nutrire un vivo profondo affetto per la Patria di tutti gli ita- liani senza che ciò significhi avversione o non considerazione per gli altri popoli in base a concetti nazionalistici di superiorità o, peggio, di supremazia.

Solamente in questo modo, applicando un concetto manifestato all'epoca del Risorgimento dell'unità d'Italia e ripreso dalla Resistenza, si potrà anche agire intensamente per il rag- giungimento della unità europea avendo ben chiaro che tale unità non richiede l'annulla- mento o la scomparsa del patriottismo come l'unità d'Italia non ha richiesto la scomparsa dell'amore per la propria città o per il proprio borgo natio. Non è quindi vero, o giovani, che il movimento per una Federazione europea e la realizzazione di questa più ampia unità, che vediamo ormai alle porte, introducano un nuo-

vo patriottismo che superi o tenda a superare quello nazionale e che questo grande fatto metta nell'ombra i risultati conseguiti un secolo fa e anche quelli che oggi stiamo particolarmente commemorando: è vero il contrario perché nel- l'Europa unita i patriottismj potranno molto più serenamente e convenientemente estrinse- carsi di quanto non possa avvenire in una Europa divisa e senza il pericolo della loro trasformazione, in nazionalismi illogici e peri- colosi ))

Passando infine all'esame della posizione di Milano rispetto alla Federazione europea, Cassinis ha ricordato il ruolo importantissimo che la città riveste per la Comunità economica europea, ruolo che fece anche suggerire la sua candidatura come capitale europea:

II Alle caratteristiche geografiche, urbanistiche, culturali, industriali e commerciali va unita quella di avere una popolazione nella sua gran- de maggioranza entusiasticamente favorevole all'unione europea, sia per spirito atavico di grande città sede di scambi intensi con le Nazioni del continente, sia per il suo tempera- mento socievole e ospitale che le ha sempre fatto e le fa in sommo grado apprezzare la consuetudine con uomini di tutti i Paesi.

Ma si deve altresì considerare che Milano è stata una delle capitali della Resistenza, e in tale veste ha strettamente collaborato con le analoghe capitali dei diversi Paesi europei nei quali la Resistenza si è gloriosamente af- fermata. Tale collaborazione si è fatta ancora più stretta dopo il ritorno alle condizioni nor- mali di vita e prosegue viva e intensa, come per esempio è risultato anche dal Convegno sulla Storia della Resistenza che ha avuto re- centemente luogo qui a Milano. E poiché è dalla comune Resistenza dei popoli europei che ha preso forma e sostanza il proposito dell'uni- tà dell'Europa, cosi pare anche giusto un rico- noscimento all'opera insigne per essa data dalla nostra città 11.

Ente provinciale per il turismo di Roma Via Parigi 11 - tel. 461.851

UfJici informazioni Stazione Termini - tel. 465.461 Aeroporto Intercontinentale rc Leonardo da Vinci » - Fiumicino - tel. 601.478

Uficio nazionale informazioni turistiche Via Marsala (angolo Via Solferino) - tel. 491.856 - 450.117

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4 COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

sabilità di cui le loro politiche nazionali non tengono ancora sufficientemente conto.

Le riserve totali dei Paesi della Comunità sono quasi raddoppiate dal 1956; e, mentre i Paesi membri hanno separatamente riserve che vanno dai 2 ai 7 miliardi di dollari, la Comunità dispone complessivamente di 16 miliardi di dollari, livello vicino a quello delle riserve degli Stati Uniti (l).

La creazione di una Unione Europea delle Riserve che centralizzi almeno una parte delle riserve monetarie dei Sei Paesi e che vari in funzione delle loro riserve nazionali, creerebbe il fondamento tecnico per un'azione più efficace della Comunità all'interno e verso l'estero. Man mano che si realizzerà l'unione economica, dovrà aumentare la percentuale di riserve na- zionali nell'unione.

E' evidente che la progressiva attuazione della politica commerciale comune prevista dal Trat- tato di Roma richieda necessariamente una poli- tica monetaria comune e una moneta europea. L'Unione Euro~ea delle Riserve costituirebbe

IL COMITATO D'AZIONE PER GLI STATI U N I T I D'EUROPA

PARTITI SOCIALISTI BODSON Victor BRUTELLE Georges BURGER J.A.W. COLLARD Le0 MOLLET Guy OLLEr'FHAUER Erich SARAGAT Giuseppe WEHNER Herbert

- Membro del Comitato Direttivo del Partito operaio socialista lussemburghese - Segretario Generale aggiunto della SFIO - Presidente del Gruppo Parlamentme del Lavoro olandese - Presidente del Partito socialista belga - Segretario Generale della SIFIO - Presidente del Partito socialdemocratico tedesco - Segretario Generale del Partito socialista democratico italiano - Vicepresidente del Partito socialdemocratico tedesco

PARTITI DEMOCRATICI CRISTIANI BIESHEUVEL D. - Partito protestante olandese BLAISSE P.A. - Presidente della Commissione affari esteri del GIUPPO Parlamentare cattolico olandse VAN DEN BOEYNANTS P. - Presidente nazionale del Partito socialcristiano belga KIESINCER Kurt - C.D.U. Primo Ministro del Land Baden-Wurtemberz KRONE Heinrich - Presidente del Gruppo Parlamentare cristiano democratico tedesco (C.D.U.) LECOURT Robert ,- Ex presidente del Gruppo Parlamentare M.R.P. Francia MARGUE Nicolas - Vicepresidente del Partito cristiano lussemburghese MORO Aldo - Segretario politico della Democrazia Cristiana italiana

PARTITI LIBERALI DREZE René - Vicepresidente del Partito liberale belga FAURE Maurice - Partito radica1 socialista francese LA MALFA Ugo - Partito repubblicano italiano MALAGODI Giovanni - Segretario generale del Partito liberale italiano MOTZ Roper - Presidente onorario del Paxtito liberale belga PINAY Antoine - Ex Presidente del Giuppo indipendente contadino di Azione sociale francese PLEVEN RenB - Unione per la democrazia moderna - Francia

SINDACATI OPERAI

il primo passo verso tale obiettivo. ALDERS Jacq - Vicepresidente della Confederazione olandese dei Sindacati cattolici

Si potrebbe cosi organizzare il mutuo con- ~~~~~~~$~ z:;zrn - Segretario generale della C.G.T.-F.O. - Presidente della C.F.T.C. corso di tutti i Paesi che, oggi o domani, par- BRENNER Otto - Presidente della Federazione tedesca dei metalli

teciperanno all'unificazione del19Europa. Inoltre ;;;;AA;g;&.A fizo - - Presidente Unione italiana della Confederazione del lavoro dei Sindacati cristiani belgi

la riserva comune deve rendere possibile per la GUTERMUTH Heinrich - Presidente della Federazione tedesca dei minatori Comunità l'espressione di una politica comune ~ A ! j ~ ~ A ~ ~ i ~

- Presidente della C.G.T. - Lussemburgo - Segretario generale della Federazione generale del lavoro belga in seno al Comitato Monetario dell'OCDE. VAN DER ME1 D.F. - Sindacati cristiani olandesi

RICHTER Willi - Presidente della Federazione dei Sindacati tedeschi (D.G.B.) 11 Comitato richiede che la Commissione e ROSENBERG Ludwig - Membro del Comitato direttivo della Federazione dei Sindacati tedeschi (D.G.B.)

il Comitato Monetario del Mercato Comune XOEMERS D. - Presidente deLla Federazione dei Sindacati olandesi studino con urgenza e propongano ai Governi - Segretario generale della Confederazione italiana dei Sindacati lavoratori (GISL) - Presidente della Confederazione lussemburghese dei Sindacati cristiani dei Paesi membri i mezzi per creare una Unione Europea delle Riserve che centralizzi Presidente: MONNET Jean

almeno una oarte delle riserve dei Sei Paesi. KOHNSTAMM

Tale unione -permetterebbe alla Comunità di orgahizzare pna politica finanziaria comune, primo passo verso una moneta comune, e di contribuire in seno all'OCDE al rafforzamento del sistema monetario occidentale.

ADESIONE DELL'INGHILTERRA E DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI ALLA UNIFICA- ZIONE POLITICA ED ECONOMICA DEL- L'EUROPA

6. - I1 Comitato considera che la partecipa- zione dell'Inghilterra e di altri Paesi europei al complesso costituito dalle tre Comunità euro- pee e la cooperazione dei nostri Paesi sul piano politico darebbe un considerevole contributo all'unificazione dell'Europa e all'organizzazione dell'occidente.

I1 Comitato annette grande importanza alla prosperità del Commonwealth e ritiene che essa sarà favorita dall'adesione della Gran Bre- tagna all'unione europea, qualunque siano gli accordi commerciali necessari.

Perché tale adesione si realizzi a vantaggio di tutti, bisogna assicurare in futuro, come già in passato, la solidarietà di fatto dei Paesi membri. Tale solidarietà riposa cull'accettazione da parte di tutti di regole comuni ammini- strate da istituzioni comuni. Cib ha permesso di sostituire alle rivalità nazionali l'unità di azione dei no-stri Paesi.

Così il Mercato Comune, oltre ad una unione doganale, comporta essenzialmente procedure il cui scopo è di permettere la discussione comune e l'elaborazione di una politica comune in tutti i campi, agricolo, sociale, finanziario, commerciale ed altri. L'esperienza dimostra che i problemi che prima separavano le nazioni diventano comuni nella Comunità, e che le decisioni raggiunte tengono necessariamente conto degli interessi particolari dei Paesi mem- bri, nel quadro dell'interesse generale.

E' cosi possibile che l'Inghilterra aderisca alla Comunità economica e politica europea e questo necessariamente sulla stessa base dei Paesi attualmente membri, con gli stessi loro diritti ed obblighi.

Il Comitato afferma ancora una volta che la Comunità Europea è una Comunità aperta, e si augura vivamente che i Governi dellJInghil- terra e di altri Paesi europei decidano rapi- damente di aderire all'unione economica e politica europea che si sta formando.

(1) Inoltre le riserve e u r o w non sona come quelle degli Stati Uniti, gravate da considerevoli debiti a breve termine.

Alcuni membri italiani trattenuti per votazioni alla Camera, si erano fatti rappresentare da: Dal Falco e Scaglia. della Democrazia Cristiana, per Aldo Moro; M. Cifarelli, del Partito repubblicano italiano, Ugo La Malfa; A. Premoli, del Pai-tito liberale italiano. per Giovanni Malagodi.

D'altra parte: P.A. Blaisse si era fatto sostituire da J.J. Fens. membro del Gruppo Parlamentare cattolico olandese; Maurire Bouladous, si era fatto sostituire da Théo Braun. vicepresidente della C.F.T.C.: Heinrich Krone. si era fatto sostituire da Kurt Birrenbach, membro del Grupm Parlamentare cristiano demo-

cratico tedesco; Fbbert Leeourt, si era fatto sostituire da André Fosset, vicepresidente del grupm M.R.P. al Senato.

Nota sul17Unione europea delle riserve monetarie 1. - I1 Comitato d'Azione, nella sua decisione

del 20 novembre 1959, ha espresso l'opinione che sarebbe necessario, nel quadro della politica economica del Mercato Comune, creare un Fondo Europeo delle Riserve * accentrando, al- meno in parte, le riserve monetarie dei Sei Paesi, potendo, al bisogno, mettere in azione i mecca- nismi di mutuo concorso previsti dal Trattato, garantendo così le monete dei nostri Paesi a .

Questa decisione, rivolta al Consiglio dei Mi- nistri delle Finanze dei nostri Paesi non è stata seguita da un'azione dei rispettivi Governi.

Ma, in seguito, sono intervenuti dei fatti nuovi e molto importanti. Si tratta da una parte dello svilimento della situazione monetaria oc- cidentale, e dall'altra della creazione, in seno alla nuova organizzazione economica atlantica, l'OCDE, di un Comitato Monetario, che deve divenire lo strumento di associazione tra 1'Eu- ropa e l'America, in questo momento di vitale importanza.

Nella situazione attuale, una comune riserva Europea è divenuta urgente, non solo per il buon andamento dell'unione economica euro- pea, ma soprattutto per un contributo della Comunità al rinforzamento del sistema mone- tario occidentale. Nel 1959, era ancora possibile attendere gli sviluppi degli avvenimenti,. oggi esiste una necessità immediata di risoluzione.

La presente a nota D ha dunque lo scopo, di completare la proposta del 20 novembre 19598, alla luce dei fatti attuali.

Essa propone la creazione di un'unione Euro- -pea delle Riserve, associata alla Comunità Eco- nomica Europea.

Questa Unione Europea delle Riserve, sarà alimentata da una parte delle riserve degli Stati membri, variante col variare delle riserve stesse.

VERSO UNA MONETA EUROPEA

2. - La progressiva attuazione della politica commerciale comune, prevista dal Trattato di Roma richiede, evidentemente, una politica mo-

netaria comune ed una m o n e t a europea. L'Unione Europea delle Riserve costituirebbe il primo passo verso il raggiungimento di questo scopo.

Una tale unione, più che i fondi internazio- nali di tipo classico, riuscirebbe a legare le politiche monetarie dei Paesi membri. I suoi fondi varierebbero automaticamente col variare delle riserve dei Paesi membri e rifletterebbero così, in ogni momento le disponibilità dell'in- sieme, quali esse realmente sono. Associata all'unione economica in via di formazione, in seno alla Comunità Europea, l'Unione delle Ri- serve avrebbe delle regole comuni per la concessione dei fondi a ciascuno dei membri o all'esterno.

L'Unione comporterebbe necessariamente un più alto grado di coordinazione delle politiche finanziarie tra gli Stati membri, specialmente in materia di bilanci e di crediti.

Essa faciliterebbe, infine, l'eventuale finan- fwlztinua o pus. 16)

Una lettera di Monnet A un t e l e ~ a m m a di Serafini, inviato, nella sua qua-

lità di delegato internazionale del OCE per le relazioni coi movimenti europei, in occasione dell'ultima sessione del Comitato per gli Stati Uniti d'Europa, Jean Monnet ha così risposto:

OOMITP D'ACTiON POUR LES

PTATS-UNIS D'ETROPE

Cher Monsieur Serafini, le 17 juillet 1961

J'ai recu le télégramme que vous m'avez envoyé au nom du Conseil des Communes d'Europe, e t je vous remercie de tout I'appui quq vous donnez à la construc- tion de I'Europe.

De notre còté, nous faisona, vous le savez, de n o s t w mieux.

J e vous envoie ci-joint la d6claration commune adoptée par le Comité d'Action lors de sa derni8re session, le6 10 et 11 juillet, ainsi que ses annexes.

J e vous prie de croire. cher Monsieur Serafini, à I'expression de mes sentimenta tr8s dévoués.

JEAN MONNET

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COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

pone dei limiti strettissimi al processo unifica- tivo iniziato, una volta che questo, passando alla fase dell'unione economica, esiga una vera politica comune, per la quale manca l'autorità competente, capace di elaborarla e di deciderla nell'interesse comunitario, e quindi di imporla in tutta l'area della Comunità. indipendente- mente dalla volontà dei governi nazionali.

Ancora una volta viene in primo piano, . per la forza stessa dei fatti, il préalable isti-

tuzionale. E ancora una volta l'Europa ufficiale finge di ignorarlo.

La relazione della C.E.E. Tali considerazioni =no ulteriormente raf-

forzate dalla lettura della relazione presentata dalla Commissione della CEE per l'ultimo anno di attività della Comunità: una relazione che sarebbe assai difficile distinguere da quelle prodotte ogni anno con uguale diligenza dal- l'OECE, dall'ECE, dal BIT e da varie altre organizzazioni internazionali: tutte piene di acute considerazioni sugli sviluppi dell'econo- mia, della congiuntura, della tecnica, delle fonti di energia, degli investimenti, della situazione monetaria o finanziaria, e via discorrendo; tutte piene, altresi, di interessanti suggerimenti, di giudiziosi ammaestramenti e di saggi consigli ai Governi nazionali; ma tutte, ahimé, parlanti al condizionale, quando indicano ciò che si dovrebbe fare, se tutti i Governi si mettessero d'accordo, senza mai parlare in prima persona e poterlo fare esse stesse.

Una ulteriore conferma della nostra tesi che le Comunità cosiddette sovranazionali non si distinguono qualitativamente dalle Unioni in- ternazionali istituzionalizzate, come quelle ri- cordate poc'anzi.

La relazione della CECA e lo ((Statuto)) europeo del minatore

Sarebbe un errore credere che la CECA faccia eccezione. Non solo la sua relazione annuale presenta le stesse caratteristiche, e conferma l'incapacità da essa dimostrata sia

di fare applicare una politica comunitaria. per risolvere la crisi del carbone, sia, più in gene- rale, di concertare e mettere in pratica, insieme alle altre Comunità interessate, una- politica europea dell'energia; ma anche nelle questioni meno importanti tale organismo rivela-analoga impotenza.

Ricorderemo, a titolo di esempio caratteri- stico, l'interessante proposta discussa e appro- vata dall'Assemblea in una delle ultime sedute e concernente la creazione di uno statuto comu- nitario del minatore, suggerito dalla sua com- missione sociale, e avente lo scopo di stabilire unitariamente al livello europeo determinati vantaggi per questa categoria di lavoratori (orario ridotto, salari più elevati, garanzia di stabilità dell'impiego, particolari misure di si- curezza, di alloggio, ecc.).

Una proposta interessante, senza dubbio. Ma chi deciderà in proposito? Sarà l'Assemblea a legiferare, o l'Alta Autorità a imporre? No, semplicemente si demanda ogni decisione in proposito agli interessi in causa, a una Com- missione mista di datori di lavoro e di lavo- ratori esistente presso l'Alta Autorità, come è detto esplicitamente nella risoluzione approvata dall'Assemblea. E dire che l'Alta Autorità è considerata, dai teorici dell'europeismo ufficiale, l'organo più sovranazionale II !

La relazione dell'Euratom In quest'ordine di idee aggiungeremo ancora

una parola sulla relazione presentata dalla terza delle Comunità, 1'Euratom. Qui a dire il vero il nostro compito appare anche più facile, giac- ché il difetto, che è alla base dell'Euratom è ancora più grave e decisivo: la Comunità non ha, semplicemente, nessuna competenza per ciò che concerne lo sviluppo di una grande indu- stria atomica comunitaria, il suo controllo pub- blico e il suo indirizzo a fini di interesse comune. Tutto qui semplicemente resta nelle mani dei governi nazionali o di grandi aziende monopolistiche: e la relazione, ovviamente, non fa parola di questo argomento.

Le competenze delllEuratom si limitano, in- fatti, d t r e a queille proprie dOAgenzia, ai

campo sanitario (senza dubbio importante, ma di scarsa rilevanza politica) e a quello della ricerca: anzi, su quest'ultimo punto - come ha autorevolmente ricordato, al citato con- gresso torinese . Europa '61 D , Felice Ippo- lito, segretario generale del Consiglio nazionale delle ricerche nucleari - la sua competenza è solo parziale e relativamente modesta, il grosso della ricerca restando nelle mani dei governi nazionali: sì che non è infondata l'affermazione, fatta ad esempio da Raymond Rifflet, che in fondo 1'Euratom è stato creato per socializzare quella parte di ricerche che apparivano meno convenienti per le grandi industrie private,. lasciando invece nelle mani di queste tutti i profitti che potranno derivare dallo sviluppo dell'energia nucleare, una volta che, in forza appunto di tali ricerche, i prezzi di questa saranno divenuti competitivi.

E l'esposizione fatta in proposito da Hirsch a Strasburgo, per quanto eloquente, non ha sostanzialmente mutato tale impressione.

I1 « vertice europeo )) Tale era la situazione, alla vigilia del vertice

europeo n. E non c'era bisogno di essere profeti per prevedere l'esito della Conferenza dei Capi di Governo a Bonn, che viene commentata più ampiamente nell'editoriale di questo numero.

Nulla vi è stato detto, pur fra grandi pro- fessioni di fede europeistica, circa l'accelera- mento del Mercato comune, la politica agricola comune e l'equiparazione dei carichi sociali. (Viene in mente una frase, sempre nell'ultima sessione dell'APE, dell'on. Birkelbach, a nome del gruppo socialista, del resto ripetuta - ma assai più in mala fede - dal gollista Vendroux: a Nelle nostre discussioni incontriamo ad ogni passo grandi dichiarazioni di principio favore- voli, in astratto, all'idea europea; ma tutte le volte che vengono in gioco problemi concreti, siamo invariabilmente assai più prudenti D).

L'APE non ha visto neppur prese in conside- razione -' e ben le sta - le proposte su cui insiste sempre più fiaccamente, e con discussioni sempre più brevi e distratte, da anni: elezioni europee dirette, fusione degli Esecutivi, parte-

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nale, nel corso della riunione della Commissione Affari Esteri del Senato del 13 luglio.

Ricordando la risoluzione politica proposta all'APE, Granzotto Basso ha detto:

8 Quattro ragioni mi avevano indotto a pre- sentarla.

Anzitutto il fatto che pochi giorni prima, al Cosp;resso del Movimento Europeo a Bruxelles, il Ministro Spaak aveva affermato che è giunto ormai il tempo di rimettere in discussione lo Statuto della comunità politica europea, ela- borato nel 1953 dall'Assemblea ad hoc.

In secondo luogo la richiesta, recentemente formulata, al livello internazionale dal Con- siglio dei Comuni d'Europa, che all'Assem- blea Parlamentare Europea, eletta a suffragio universale diretto secondo il noto progetto Dehousse venga affidato il compito di elabo- rare lo statuto politico delllEuropa unita.

In terzo luogo la considerazione che le attuali proposte allo studio a Strasburgo, o presso i sei Governi (elezioni dirette dell'APE, fusione degli Esecutivi, politica estera comune, scelta di una unica sede per tutti gli organi comu- nitari), non possono trovare effettiva soluzione

Tutti i Comuni che desiderano pren- dere l'iniziativa per affratellamenti jumelages) con altri Comuni europei,

sono invitati, per evidenti ragioni di coordinamento delle numerose inizia- tive in corso e per documentazione, a tenersi in collegamento con la Segre- teria dell'AICCE, Piazza di Trevi 86 - Roma.

se non nel quadro di una organica riforma istituzionale più ardita ed unitaria.

Infine l'esigenza politica che l'ingresso della Gran Bretagna nel Mercato Comune, attual- mente allo studio delle cancellerie, vada con- giunto con un nuovo effettivo progresso da parte dei Sei sulla via dell'integrazione politica, solo mezzo per indurre in un secondo momento la Graii Bretagna a compiere un ulteriore passo anche in questa direzione, e ouindi solo mezzo efficiente, perché fondato sulla eloquenza dei fatti a mantenere in tutti la coscienza che il Mercato comune, secondo lo spirito stesso del trattato esecutivo, deve essere un punto di par- tenza e non di arrivo.

Ulteriori ragioni vorrei addurre ora, per invi- tare il Governo italiano a mettersi sulla stessa strada, che, come ricordavo, è stata suggerita tant3 dal Ministro Spaak come dal Consiglio dei Comuni d'Europa.

In primo luogo l'appello agli europei rivolto dal Presidente Fanfani agli inizi del mese di maggio, nel discorso da lui pronunziato a Torino alla solenne cerimonia inaugurale alle manife- stazioni del Centenario dell'unità d'Italia.

"E' un appello il mio - diceva testualmente il Presidente del Consiglio - ail'unità del- l'Europa per il progresso della pace nel nostro e in tutti i paesi del continente. La storia del nostro processo unitario non ci nasconde le difficoltà che aspettano chi ripropone di esten- derlo con rinnovate probabilità all'Europa. Ma la storia stessa dei benefici che il raggiunto processo unitario ci ha dato impone di ten- tare di vromuoverlo e svolnerlo nell'ambito - europeo ".

In secondo luogo il fatto che il Presidente del Consiglio ha mostrato di avere una chiara idea delle difficoltà, di cui parlava in quel discorso e che è necessario affrontare, dando solenne- mente il suo voto favorevole, a Roma, in favore di una Assemblea costituente europea, voto in cui è stato imitato da 104 mila cittadini romani, e da alcune altre centinaia d i migliaia di cit- tadini di altre città italiane.

In terzo luogo il discorso del Ministro degli Esteri, on. Segni, tenuto in Campidoglio il 18 febbraio scorso, a l Consiglio direttivo della Associazione italiana del CCE, in cui si riconosceva in uuesto organismo "uno degli strumenti più ,:tili e più validi in favore del- l'idea europea , e si riconosceva quindi impli-

COMUNI D'EUROPA

citamente il valore dell'iniziativa internazionale sopra ricordata di questo organismo, che rap- presenta migliaia di Amministratori comunali dei Sei Paesi.

Infine e soprattutto il fatto, di particolare importanza politica, che recentemente il Go- verno olandese, sia nell'ultima conferenza dei Sei Capi di Governo, sia nella sua recentissima proposta di fusione degli Esecutivi comunitari, ha preso delle iniziative precise, in favore di soluzioni di carattere sovranazionale e contro soluzioni di tipo puramente intergovernativo, caldeggiate da alcuni Governi, e che segnereb- bero in realtà un regresso e non un progresso sulla via dell'unità europea.

Vorrei pertanto concludere invitando il Go- verno a pronunziarsi chiaramente sulla mia proposta formulata all'inizio: quella cioè di inserirsi nell'azione del Governo olandese, pre- sentando una proposta ancora più audace, e insieme più organica e più costmttiva: quella dell'immediata applicazione del progetto De- housse per le elezioni europee dirette, stretta- mente connessa a quella deil'affidamento, alla Assemblea europea cosi eletta, del compito di proporre il testo definitivo dello Statuto di Comunità politica, da sottoporre a referendum popolare nei Sei Stati, e di fissare a maggio- ranza la sede delle istituzioni comunitarie.

Sono certo che i l Vicepresidente delegato dell'Associazione italiana del Consiglio dei Co- muni d'Europa, sen. Micara - attualmente in Canadà per i suoi impegni, quale membro del- la Commissione parlamentare della NATO - difenderebbe, qui, se potesse essere presente, le stesse mie tesi, che sono anche quelle del- l'Associ.azione di cui è autorevole dirigente ..

Per comprendere quanto evasiva sia stata la risposta di Segni, bisogna tener conto che alla proposta di Granzotto Basso ne era seguita una molto più evanescente di Santero, il quale - leggiamo nel resoconto della seduta - aveva chiesto N se, nella relazione presentata dal- l'Italia per la prossima Conferenza di Bonn, si è tenuto conto di una interrogazione di un gruppo di senatori federalisti, in cui si chiedeva se il Governo avesse intenzione di farsi pro- motore di un accordo, in cui si determinassero le tappe e la durata del processo necessario a giungere a una Comunità politica. Non si può pretendere oggi che si discuta delle mo- dalità di questa graduale marcia verso la Comunità politica, ma si deve chiedere che almeno si decida il tempo di questa integra- zione, che è ormai sul tappeto da quindici anni D.

Santero, insomma, rinunciava a qualsiasi de- finizione della natura politica dell'unione (e quindi implicitamente accettava le tesi gol- liste); ma chiedeva che si fissassero almeno delle scadenze precise ... per una realizzazione di cui egli per primo non sapeva definire la natura.

Ecco la risposta di Segni. a E' difficile fissare fin da oggi scadenze precise, come vorrebbe il sen. Santero, su una integrazione politica l e cui forme, del resto, non sono ancora defi- nite. E' importante tuttavia che a Bonn si riaffermi nei prossimi giorni la volontà poli- tica di procedere su questa strada ..

Una risposta che non potrebbe essere più vaga ed elusiva.

Proprio lo stesso giorno Fanfani, parlando alla Camera, ripeteva formule altrettanto poco impegnative: I1 nostro massimo impegno si esvlica naturalmente. in Europa. nell'intento di promuovere l'unità Politica ed economica fon- damentale per gli Europei, per l'ampliamento dell'area di libertà e di progresso e per il man- tenimento della pace nel mondo. Tale iniziativa italiana si è esercitata e si esercita non solo sollecitando la piena e, quando possibile, acce- lerata attuazione del processo di integrazione economica previsto dai Trattati di Roma, ma anche attivamente adoperandosi perché da parte dei Paesi già impegnati all'integrazione economica si dia subito inizio alla realizzazione anche di quegli obiettivi di unità politica che sono impliciti nel trattato d i Roma.

A questo proposito vi è ora una fondata spe- ranza che, grazie anche a particolari iniziative

giugno-luglio 1961

assunte di recente dal Ministro on. Segni, la riunione dei Capi di Governo, che si svolgerà a Bonn il 18 corr., possa essere feconda di risultati per un effettivo rilancio politico del- l'Europa D.

I1 linguaggio non potrebbe essere più vago e generico. E quali siano, del resto, le prospet- tive di questa che viene definita a una parti- colare iniziativa deil'on. Segni n lo ha detto lo stesso Ministro degli Esteri, come si è visto, e proprio il medesimo giorno, alla Com- missione Affari Esteri del Senato.

In altri termini a l Governo italiano non sem- bra opportuno chiarire la fondamentale dif- ferenza politica che esiste fra l e tesi reazio- naria e conservatrice della confederazione ege- monica gollista e quella, non diremo federalista, ma semplicemente a comunitaria D di progresso, sia pur cauto e prudente, sulla via a sopra- nazionale., propugnata da uomini così poco

rivoluzionari come Spaak o Luns. I tempi di De Gasperi sono ormai lontani.

Quando quest'ultimo aderiva alla a petizione che dieci anni fa i federalisti lanciarono in Italia, egli faceva seguire a questo gesto, atti concreti nello stesso senso, quale l'articolo 38 della CED e la proposta di creazione dell'As- semblea ad hoc, ricordata da Granzotto Basso.

Quando Fanfani vota - come ha fatto a Roma - per l e elezioni del Congresso del Popolo Europeo D, egli lo fa solo platonicamente, non per prendere un impegno politico che preveda scadenze. Tanto la Federazione euro- pea non è il préalable della vita o della morte (come sostengono gli agitati) della democrazia in Europa ...

o. - b.

Una lettera di Paolo Rossi In seguito ad una riunione della Presidenza

del Consiglio italiano del Movimento euro- peo - alla quale ha partecipato, quale rappre- sentante dell'AICCE, il Segretario generale prof. Serafini, e che ha preceduto il Congresso di Bruxelles del Movimento stesso - il Presi- dente, oln. Paolo. Rossi, 'ha inviato a l Presiden- t e della Commissione delle riforme dei M.E. Boel, una lettera, di cui riportiamo l'essenziale:

Roma, 14 Giugn.0 1961 Caro Presidente,

Desidero fa r presente il mandato che il Consiglio di Presideilza ha conferito alla rap- presentanza del Consiglio Italiano: a) accor- do sul progetto della dichiarazione di prin- cipi che non dovrà i n alcun modo essere atte- nuata; b) pieno app-bggio a i Trattati di Parigi e di Roma, d i cui non dlovranno essere trascu-

O g n i nuovo abbonamento sostenitore a

Comuni d'Europa

ci permette di inviare un certo, ulte-

riore numero di copie in omag,qio a

cittadini che ancora non ci conoscono.

amici, ABBONATE VI!

rati gli aspetti sopranazionali e la chiara fina- lità di pervenire ad una federazione politica; C) energica campagna per le elezwnl:, a suffra- gio universale diretto dell'Assemblea Parlamen- tare Europea (secondo il progetto Dehousse), alla quale Assemblea così eletta dovrà essere conferito - attraverso una convenzione inter- governativa - i l manclato d i redigere lo statu- to politico europeo; d) inderogabile esigenza di una riforma del Movimewbo Europeo, che dia un neale peso alle sole associazioni e movimen- ti democralici, sia nazionali che internazionali, che abbiano esistenza reale, tenendo inoltre ben distinto i l pieso delle as~ociazioni con migliaia di aderenti e le singole persone aderenti a tito- lo individuale.

11 Consiglio Italiano del Movimento Europeo rende chiaro che l'efficacia della suu collabora- zione sarà subordinata ad un'attenta presa in considerazione delle sue ragionevoli proposte.

PAOLO ROSSI

bareuvc -- p faccia eccezione. Non SOIO l a sua I==-----

annuale presenta l e stesse caratteristiche e Le competenze a quelle UCLL ------ p r o p i e d'&'Agenzia,

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conferma l5ncapacità da essa dimostratn sia fatti. d e e

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Page 9: Anno IX Numero 6-7 IX Numero 6-7.pdf · tà dell'Europa, cosi pare anche giusto un rico- noscimento all'opera insigne per essa data dalla nostra città 11. Ente provinciale per il

giugno-luglio 1961 COMUNI D'EUROPA 9

' P E R L'EUROPA F E D E R A T A Il Bureau del C.C.E. a Milano termine del dibattito il Bureau ha concordato

con questa tesi decidendo che la collabo- razione del CCE verrà data solo in cambio di una raaaresentanza. nei diversi oreani del

Dibattito sull'appeiio ai Capi di Governo - Carta federalista del C.C.E. - Riorganizzazione del ~ov imen tò ' Europeo, 'adeguata all'imiortanza della nostra Organizzazione.

Movimento Europeo - Temi dei VI Stati generali - I giovani amministratori locali europei. definizione dei temi del VI Stati

I1 Bureau internazionale del Consiglio dei Comuni d'Europa si è riunito a Milano - ospi- te dell'amministrazione comunale - nei gior- ni 22 e 23 aprile scorso. Comuni d'Europa 11

ha già pubblicato, nel suo numero di maggio, il testo dell'appello che, al termine dei lavori, è stato rivolto ai Capi di Governo dei Paesi della Comunità europea e che ha rappresentato il fatto politico più impegativo del Bureau.

Ritorniamo in questo numero sulle due giornate di Milano per documentare sia la preparazione dell'appello, sia l'esame degli altri punti all'ordind del giorno della riunione, alla quale hanno partecipato i membri: Cravatte, presidente del CCE, e Bareth, segretario gene- rale; Berrurier, segretario generale della Se- zione francese; Briigner, presidente dell'Isti- tuto di studi e relazioni intercomunali di

riguardato la Carta federalista europea, la riorganizzazione del Movimento Europeo e la definizione dei temi degli Stati generali a Vienna.

Sul primo argomento Serafini, che era sta- to incaricato dall'Assemblea dei Delegati di Monaco di preparare un testo più ristretto della Carta, ha giustificato l'impossibilità del lavoro col fatto che il testo a disposizione era già un sintetico riassunto dei soli principi fondamentali del CCE. L'oratore ha proposto, piuttosto, che sia presentato, ai VI Stati generali di Vienna, un documento solenne che contenga i principi essenziali della Carta e che dovrà essere sotto- messo a referendum degli associati, come av- venne per la Carta europea delle libertà locali. Su questa proposta convenivano Muntzke, Ham-

generali, che erano stati già delineati a M3- naco di Baviera (dall'Assemblea dei Dele- gati), si è discusso ampiamente, specie sul pri- mo tema che doveva riguardare, secondo i precedenti accordi, l'autonomia locale e gli strumenti che debbono renderla effettiva. I1 testo definitivo, su proposta di Muntzke, è stato fissato in a Mezzi e possibilità per raf- forzare e garantire l'amministrazione autonoma locale dello Stato democratico moderno 11. Gli altri due temi restano fissati in u Contributi dei Poteri locali all'educazione della gioventù per una Federazione europea D, e 11 Pianifi- cazione del territorio, base e condizione prima di un equilibrio economico e sociale del- l'Europa ..

La seduta del 23 mattina si è aperta con la lettura fatta da Serafini del testo del-

1 quanto stabilito a Metz, doveva mettere in risalto la protesta degli elettori e degli eletti 1 locali per la lentezza del cammino dei Go-

i verni nazionali verso la Comunità soaranazio- - -~ ~.. - - ~ ~

nale, cosa del resto rispondente ai àeliberati degli Stati generali di Liegi e di Cannes, e nella sua redazione si doveva tenere sempre ben presente che per la sua maggiore efficacia era utile rimarcasse solo alcuni punti e non si dilungasse su tutta la problematica del CCE.

Alla . discussione sono intervenuti: Micara, che ha insistito affinché nell'appello che doveva nascere dalla risoluzione di Metz fosse indicata una data limite sia per le elezioni europee che per la fusione degli Esecutivi deille Tre Co- munità; Berrurier che ha mnfermato. l'ade- sione del Direttiva francese al testo di Metz, adesione data anche, per la Sezione tedesca, da Muntzke e da Mhch , i quali hanno fatto presente, però, la necessità che nell'appello fosse fatto cenno ai temi più connaturali all'at- tività del CCE, quali la pianificazione del ter- ritorio e la politica monetaria; Van den Eynde, che ha dato l'adesione della Sezione belga; e altri oratori, fra i quali M~ssé, Jori e Lafosse. E' stato deciso, al termine della discussione, di incaricare un Comitato ristretto: Serafini, Micara, M h c h , Bareth e Berrurier, per la re- dazione dell'appello.

Nel pomeriggio i temi in discussione hanno

Da sinistra: Muntzke, Micara, Cassinis, Lugger, Bareth, Berrurier, Van den Eynde.

mer, Micara e Mossé per cui il Presidente Cra- vatte suggeriva di dare a Bareth, in qualità di Segretario generale del CCE. e a Serafini, autore del primo testo, l'incarico di preparare un testo condensato dei principi contenuti nel- la Carta. adatto a diventare un documento so- lenne dei VI Stati generali. Questo progetto sarà inviato alle Sezioni nazionali le cui rispo- ste saranno discusse ad una prossima riunione del Bureau.

A proposito del Movimento Europeo, Bareth ha riferito sul rapporto preparato da Nord ed ha presentato un progetto di dichiarazione da inviare al Congresso del Movimento Euro- peo che si è tenuto a Bruxelles in giugno. Ha chiesto poi che il Bureau si pronunciasse chiara- mente sulla posizione del CCE di fronte al progetto di riforma: Mossé, Muntzke e Sera- fini, che' sono intervenuti subito dopo, hanno ricordato il molo svolto in passato dal Mo- vimento Europeo ed hanno auspicato un impegno del CCE per un rilancio del Movi- mento a condizione, come ha sottolineato Serafini, che esso sia veramente rappresen- tativo di tutte le forze militanti europee. Al

l'appello ai Capi di Governo preparato dal Comitato di redazione, tenuto conto di tutte le proposte avanzate: il testo (già pubblicato come detto sopra, sul numero di maggio di a Comuni d'Europa D), approvato all'unanimità, è stato deciso fosse indirizzato ufficialmente dal Presidente Cravatte ai Capi di Governo dei Sei Paesi della Comunità Europea, mentre ciascuna Sezione nazionale si sarebbe fatta parte diligente per una sua Iarga diffusione.

Sulla preparazione dei VI Stati generali ha riferito Hammer, per quel che riguarda la parte organizzativa e finanziaria, mentre sulla designazione dei relatori, su proposta di Muntzke, si è concordato di confidare il primo tema ad una personalità austriaca, il secondo ad una italiana, ed il terzo ad una francese. Si è specificato che vi saranno due relatori per ciascun tema: il relatore che preparerà il rapporto in collaborazione con le Sezioni na- zionali del CCE e con le Commissioni specia- lizzate, e la personalità che presenterà, in seduta plenaria, una prolusione libera sull'argo- mento.

A questo proposito Serafini ha chiesto se a

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1 O COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

Vienna la Carta federalista verrà annessa ad uno dei tre temi o formerà oggetto di un quarto tema e a quale Sezione nazionale verrà affi- dato questo compito. Hammer ha risposto che nell'impossibilità di riunire a Vienna quattro Commissioni, la Carta sarà in un primo mo- mento aggregata al secondo tema, e poi, se ne- cessario, si prevederà un relatore specifico, aiutato, nel lavoro preparatorio, dalla Sezione italiana.

I1 Bureau si è anche occupato del progetto di riorganizzazione della sezione svizzera; di al- cune comunicazioni dalla Sezione belga; ed infine della riunione costituita, che dovrà essere organizzata dalla Sezione italiana, del gruppo. dei giovani amministratori locali europei.

La sessione si è chiusa con una conferenza Stampa presieduta dal Sindaco di Milano, pro- fessor Cassinis.

Il Direttivo -del17AICCE a Torino L'Europa sdl'orlo deii'abisso - Stasi nel Movimento Europeo - La convocdone del Con- gresso nazionale dell'AICCE in novembre a Roma.

L'ultima sessione del Consiglio Direttivo del- l'AICCE si è tenuta a Torino il 30 giugno scorso, su invito del Sindaco Peyron, nella sala del Consiglio comunale di Palazzo Civico, durante lo svolgimento del Congresso a Europa '61 2 .

Erano presenti i membri: on. Francesco Amodio, Sindaco di Amalfi; geom. Guido Mo- nina, Assessore al Comune di Ancona; dottor Hans Ghedina, Sindaco di Brunico/Bruneck; avv. Angelo Castelli, Sindaco di Caravaggio; dott. Lino Celotti, Assessore al Comune di Faenza; avv. Giancarlo Zoli, Assessore al Co- mune di Firenze; prof. Icilio Missiroli, Sindaco di Forlì; dott. Andrea Crovetto, Assessore al Comune di Genova; prof. Umberto Rossi, Sin- daco di Ivrea; avv. Gianfranco Martini, Consi- gliere comunale di Lendinara; avv. Lamberto Jori, Consigliere comunale di Milano; ragionier Giorgio Li Vigni, Vice Sindaco di Santa Flavia; avv. Amedeo Peyron, Sindaco di Torino, Pre- sidente dell'AICCE e della CECC; dott. Renzo Pellizzari, Sindaco di Torri di Quartesolo; dottor Concetto Liggeri, Vice Sindaco di Venezia; avv. Nicola Buracchio, Sindaco di Chieti e Tesoriere dell'AICCE; prof. Maddalena Guasco, Consigliere comunale di Fano; prof. Umberto Serafini, Consigliere comunale di Palazzo Ca- navese e Segretario generale dell'AICCE; avvo- cato Corrado Massimo, rappresentante del MFE; dott. Vincenzo Ciangaretti, esperto dell'AICCE; prof.ssa Elena Sonnino, Segretaria della Sezione italiana dell'AEDE, prof. Aurelio Dozio, Sindaco di Meda.

Osservatori erano: il dott. Piero Fosson, As- sessore all'Agricoltura e Foreste della Regione della Va1 d'Aosta; il dott. Angelo Lotti, Segre- tario generale del Consiglio italiano del Movi- mento- Europeo; l'on. ~ G r l u i g i Romita, Consi- gliere comunale di Alessandria e Presidente

- della Commissione Enti Locali del PSDI; il dott. Augusto Todisco della Lega dei Comuni del Canavese e il dott. Pasquale Trozzi, respon- sabile dell'ufficio Enti Locali del PSDI.

All'apertura dei lavori il Presidente Peyron ha ricordato lo spirito delle manifestazioni del centenario dell'unità d'Italia ed ha augu- rato il benvenuto agli ospiti. Poi, passando al- l'ordine del giorno, ha dato la parola al Segre- tario generale Serafini, relatore su a l'Appello di Milano del CCE e lo stato dell'integrazione europea; la situazione attuale del federalismo europeo n.

Serafini ha esordito sottolineando la gravità permanente della situazione europea ed inter- nazionale, di cui, passate le crisi estive, i dirigenti nazionali tornano a dimenticarsi, di- stratti dalla favorevole congiuntura economica, che copre l'abisso. Toccando per un momento l'aspetto strategico-militare, Serafini ha fatto notare la condizione di estrema inferiorità - per trattative e nel caso di eventuale difesa - nella quale si trova l'Europa occidentale, priva di un potere politico sovranazionale, sia nella ipotesi di un conflitto con armi convenzionali, sia nell'ipotesi di un conflitto con armi atomiche.

In Europa occidentale c'è il vuoto politico (dove non c'è il fascismo); ci si preoccupa solo di fatti marginali o di interessi partico- lari come, per esempio, nei riguardi del d e t s - minante problema del a mondo terzo D , ci si domanda se aumentare o togliere imposizioni sui generi tropicali, senza preoccuparsi delle profonde ragioni che ci consiglierebbero di presentarci a quei popoli in maniera esemplare, quali portatori di una alternativa democratica alla proposta comunista. Purtroppo anche recen- temente a Strasburgo i rappresentanti parla- mentari africani e malgasci si sono fatti uno

scarso concetto delle prospettive politiche of- ferte dai Sei.

In questo quadro, estremamente grave, si inserisce il problema dell'ingresso della Gran Brentagna nella Comunità economica europea. Su questo punto Serafini, sgombrato il campo da un problema in sé astratto (se, cioè, l'In- ghilterra sia o no in buona fede), ha posto le due condizioni alle ~ u a l i , da parte dei Sei - che devono dettarle e non, come qualcuno vuole e come si è cominciato a fare, subirle - non si può rinunciare: l'entrata dell'Inghi1- terra non deve porre, in nessun modo, una ulteriore pastoia sul terreno del passaggio dalla integrazione economica a quella politica, sva- lorizzando definitivamente a livello di unione doganale la CEE; non si deve fermare, per aspettare l'ultimo arrivato, tutto il processo di accelerazione del Mercato comune iniziato l'anno scorso, mentre si debbono ormai com- piere passi irreversibili nel campo agricolo, monetario, ecc.

Ma il coraggio e la capacità di condurre a fondo la battaglia sopranazionale su queste linee manca non solo ai Governi nazionali - ha proseguito Serafini - ma anche a quei par- titi che, nati da una tradizione internaziona- lista, non sono capaci, al momento pratico, di intese dirette su scala sopranazionale, prefe- rendo invece bloccare i loro Paesi sulle rispet- tive posizioni a nazionali D , per modesti motivi elettoralistici. Nel caso particolare della que- stione dell'Alto Adige-Sud Tirol, per esempio, né i cattolici delle Nouvelles équipes interna- tionales né i socialisti del u Movimento socia- lista per gli Stati Uniti d'Europa D né i liberali del a Movimento liberale per l'Europa unita P hanno tentato di trovare una soluzione propria e al difuori dei canali diplomatici e delle pressioni elettoralistiche.

Da tutte queste preoccupazioni sono nati i presupposti dell'appello di Milano che. con- tiene, in sostanza, dopo la parte esortativa ai Capi di Governo, un invito ad una realizza- zione e una proposta concreta: la realizzazione delle elezioni europee a suffragio universale, secondo il progetto Dehousse; e la proposta concreta di inserire, per così dire, il momento costituente, con la richiesta di una Conven- zione intergovernativa che, nel momento stesso in cui si convocano i comisi elettorali, confe- risca all'Assemblea da eleggere secondo il progetto Dehousse il mandato di redigere lo Statuto politico dell'Europa.

In questo quadro, anche il Segretariato poli- tico, meglio se corretto (come proposto a suo tempo da elementi olandesi del Movimento Europeo) con la presenza, tra gli altri Capi di Governo, del Presidente dei tre Esecutivi comunitari unificati, prenderebbe l'aspetto di una contropartita provvisoria data al Governo francese in cambio della lealtà e della realiz- zazione degli articoli dei Trattati di Roma riguardanti le elezioni europee.

Serafini ha, infine, chiuso la sua relazione chiedendo un maggiore impegno da parte dei Consigli comunali, provinciali, regionali, af- finché, con una adeguata alleanza con le altre associazioni europee di settore (AEDE, ecc.), ci si avvii sempre più a condurre il discorso direttamente su base sopranazionale.

Terminata la relazione, ha preso la parola Jori per riferire sul Congresso del Movimento Europeo, dove, con Zoli, ha rappresentato 1'AICCE. Jori ha riferito che il Congresso doveva affrontare, oltre ai problemi organiz- zativi, anche quelii politici: però a Bruxelles, come dimostra la dichiarazione finale - di

generica affermazione di principi -, si è di- scusso più che altro della composizione degli Organi futuri in rapporto alle farze delle singole Organizzazioni associate. A rendere più pessimistico il giudizio suespresso, Zoli ha com-

-pletato l'esposizione, riferendo che il motivo principale per il quale il Congresso era stato convocato riguardava la riunione immediata degli organi direttivi, adempimento rinviato, invece, alla seconda metà d'ottobre; l'unico aspetto favorevole è stata invece la raggiunta affermazione, voluta dal CCE, del principio del- la bicameralità nella futura Costituzione europea.

Zoli ha illustrato, a questo punto, un ordine del 'giorno da trasmettere al Presidente del Consiglio italiano, che, dopo breve discussione, è stato approvato all'unanimità; esso dice:

a I' Consiglio dei Comuni d'Europa - Sezione italiana -, in occasione della sua riunione del Direttivo il 30 giugno 1961. nella Sala del Consiglio Comunale di Torino,

memore dell'invito che il Presidente Fan- fani rivolse agli europei nella stessa città, in occasione della solenne inaugurazione delle manifestazioni per il Centenario dell'unità d'Italia,

gli rivolge un invito vibrante e preoccupato perché, nello spirito di tali parole così elevate, voglia contribuire nella prossima riunione di Bonn ad un più rapido cammino verso gli Stati Uniti d'Europa,

e riconferma l'appello ai Capi di Governo approvato dal = Bureau International del Con- siglio dei Comuni d'Europa il 23 aprile di quest'anno R.

I1 Presidente Peyron, che prima di leggere l'indirizzo sopra riportato, aveva fatto alcune dichiarazioni sulle centinaia di convegni svol- tisi a Torino per il centenario ed in particolare su quello della cosiddetta Federazione mondiale ddle Città gemelle - dichiarazioni che hanno trovato d'accordo il Consiglio -, ha illustrato brevemente il secondo punto all'ordine del giorno del Direttivo, recante la convocazione del IV Congresso nazionale. Dopo aver moti- vato il perché della scelta di Roma fatta dal Comitato esecutivo, ha dato la parola, per illustrare gli altri aspetti, al Segretario gene- rale. Serafini ha suggerito alcuni temi possi- bili di relazioni congressuali. riassumendoli in una relazione organizzativa 'scritta, una rela- zione politica federalista. una sulle Istituzioni europee (per quanto interessano i Poteri locali), una sulle autonomie locali ed una sulle imprese pubbliche locali in una prospettiva europea. Buracchio, che è intervenuto subito dopo per esaminare il Congresso dal punto di vista finanziario, ha consigliato anche, d'accordo sostanzialmente con Jori, di conglobare la rela- zione sulle istituzioni in quella politica generale.

Peyron concludeva la discussione, dopo gli interventi di alcuni membri del Direttivo su una proposta della prof.ssa Sonnino (AEDE) di creare una Commissione, a lato del Con- gresso, per studiare il problema dell'informa- zione dell'opinione pubblica (proposta deman- data all'Esecutivo), chiedendo al Consiglio di avanzare candidatura per i relatori del Con- gresso.

Ridotte a tre le relazioni, sono risultati pro- posti per la prima il Segretario generale, pro- fessor Serafini; per la seconda il consigliere provinciale, avv. Martini; e per la terza il Segretario nazionale della Confederazione delle Municipalizzate, dott. Giacchetto.

Gli Stati generali di Vienna, terzo punto all'o.d.g., interessavano il Consiglio direttivo per la partecipazione della delegazione italiana e aarticolarmente aer la scelta del relatore per il -secondo tema, per un vicepresidente ed-un segretario di Commissione. I1 Consiglio, avan- za'ie alcune candidature, ha rinviato a l Comi- tato esecutivo la designazione definitiva.

Infine il tesoriere Buracchio ha svolto la rela- zione finanziaria, la quale, dopo gli interventi di Serafini, Crovetto, Peyron, Liggeri e Dozio, è stata approvata all'unanimità, con una asten- sione di Crovetto.

Prima di sciogliersi il Direttivo ha anche approvato all'unanimità un ordine del giorno rivolto al Ministro del Tesoro, affinché acceleri la presentazione della legge per un contributo statale annuo a favore dell'AICCE, di cui ha preso l'iniziativa - fin dal dicembre 1960 - il Ministro degli Esteri, senza che finora si sia concretato nulla.

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COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

zialmente a tre documenti dei quali tutti sono in qualche modo corresponsabile, e di toccare con molta finezza e molto acume, nel suo stes- so rapporto, alcuni punti salienti di una batta- glia, insieme dottrinale e politica, che il Con- siglio dei Comuni d'Europa - che ho qui l'onore di rappresentare - ha, diciamo così, wme suo pane quotidiano. Naturalmente questa premessa non è una minaccia di resistenza passiva alle norme, alle disposizioni di tempo stabilite dalla presidenza, ma certamente è una confessione anticipata di una inevitabile con- fusione che ci sarà nel mio intervento, nel tentativo di affrontare forse più di un punto e assai rapidamente.

Vorrei dire subito che mi ha dato motivo di soddisfazione, nei vari interventi e princi- palmente nella relazione del prof. Biscaretti, quanto mi pare sia stato unanimemente accet- tato, che cioè sulla linea di certi principi formali di rivendicazione generale - tanto per intenderci: dei postulati della Carta euro- pea delle libertà locali, citata dal prof. Bi- scaretti - non c'è materia di contesa; la contesa nasce allo stadio immediatamente suc- cessivo, là dove è sorto il dibattito su quanto decisamente si debba procedere, poi, sul ter- reno della uniformizzazione dei concreti Enti territoriali locali, che di questi principi gene- rali di libertà locale, espressi nella Carta, dovrebbero usufruire.

Mi corre subito l'obbligo di fare una osser- vazione alla proposta dell'amico prof. Partsch, a proposito del trasferimento di alcuni principi della Carta europea delle libertà locali, o comunque di alcuni principi per noi tutti acquisiti, in una Carta di rivendicazioni, di cui si farebbe garante una Corte europea a Strasburgo. Vorrei dire che, forse, di queste Carte rivendicativè o di garanzia, poste in manri ad organi che non hanno potere reale, è ormai passato il tempo e che esse proba- bilmente sono più controproducenti che pro- ducenti: infatti in realtà, anche per l'altra Carta, quella dei diritti individuali, noi siamo certi che non solo non si muoverà un passo qualora questi diritti siano infranti, perché a Strasburgo non si ha il potere di muoverlo, ma anche il potere' persuasivo, illuministico, di detto aocumento sarà assai blando. Vice- versa a me sembrerebbe estremamente oppor- tuno di proporci di inserire, in una Carta programmatica, in una enunciazione di prin- cipi generali di una Costituzione federale euro- pea, alcuni di questi principi di tutela delle libertà locali, espressi oggi nella Carta delle libertà locali. E, allora, questa rivendicazione dal piano accademico passerebbe a un più concreto piano politico, e soprattutto non si farebbe nascere negli amministratori locali l'illusione di essersi battuti in qualche modo per la difesa dei loro diritti - la Carta come risulterebbe accettata a Strasburgo - e di sgonfiarne quindi la capacità di pressione quando ormai, sistemati lì questi principi, essi poi non avrebbero nessuna capacità operativa.

E' stata viceversa estremamente interessante la parte susseguente del dibattito, sulla minore o maggiore, eventuale o meno, uniformizzazio- ne, omogeneizzazione come è stato detto ieri, degli Enti territoriali locali su scala europea. E qui debbo dire all'amico Partsch che sono d'accordo con lui, che sul terreno istituzionale non dovrebbe competere allo stato federale la sistemazione formale di questa materia: ma ciò non toglie che a me sembri, per una serie di ragioni che dirò, estremamente importante di fare di questa omogeneizzazione, viceversa, - omogeneizzazione, intendiamoci bene, come orientamento generale e non come sistemazio- ne assolutamente identica di questi enti nei diversi stati federati - di farne insieme un oggetto sia di battaglia dottrinale che di bat- taglia politica, e quindi una tappa importante della storia della federazione. Perché ritengo importante questa battaglia?

Noi vediamo che proprio nel processo di integrazione economica, e in tutta una serie di altri fatti relativi alla distribuzione del potere politico, relativi al problema preliminare della preparazione dell'habitat per il dibattito poli- tico, che porta all'espressione della rappre- sentanza, due enti sono costantemente rico- nosciuti di fondamentale importanza, e in dottrina e praticamente anche da noi ammi- nistratori locali. Un ente, che in italiano po- tremmo chiamare genericamente - in Italia dove non esiste questo ente - circondario de- mocratico, cioè un ente piuttosto vicino ai

piccoli comuni, il quale dia appunto ai comuni piccoli una capacità che è fondamentale in questa epoca di nuova rivoluzione industriale, rivoluzione soprattutto energetica, di energia facilmente trasportabile ovunque, cioè la capa- cità (fra l'altro) di approntare infrastrutture, il cui approntamento è divenuto proprio uno dei compiti essenziali degli Enti territoriali locali. E poi un ente maggiore, che chiamerei Regione, se passando già dall'itiliano al fran- cese il termine ( r regione N non assumesse significazioni diverse: ma io lo cito nel senso della Costituzione italiana, che a sua volta in dottrina (mi rifaccio all'Ambrosini) trae ispi- razione da altre esperienze europee, l'esperien- za del Land (ma piuttosto quella austriaca che non tedesca) e l'esperienza della Costi- tuzione spagnola repubblicana. Dico un ente maggiore, il quale ha pure una grande impor- tanza nel processo di integrazione sopranazio- naie, in quanto sarebbe l'ente che dovrebbe presiedere all'armonico coordinamento ed equi- librio fra le attività di produzione industriale, le attività agricole e le attività terziarie, e procedere anche a un controllo democratico di quel decentramento, di cui stamattina ci ha fatto parola il prof. Vedel (col quale, dirò poi tra poco, concordo in grandissima parte), di quel decentramento economico sopranazionale, di quella pianificazione del territorio, che non potrà essere condotta su un piano esclusiva- mente burocratico, schematico, ma che dovrà viceversa (e si capisce, può darsi che siano chiusi in partenza gli amministratori locali, ma bisogna svegliarli a questo problema), che do- vrà - dicevo - vedere un dialogo (e una alleanza) tra le amministrazioni locali - e quindi regioni e Landkreise, non le provincie di tipo napoleonico, e anche altri enti sene- scenti - e le Comunità economiche europee ora, o la Comunità politica sopranazionale poi. La nostra quotidiana esperienza di europei ci dice quanto le Comunità economiche europee abbiano trovato di sordità nelle classi politiche nazionali e nelle burocrazie centrali, là dove hanno trovato assai più sensibili, anche se ine- sperti, gli enti territoriali locali. E gli enti ter- ritoriali locali, mi si conceda, sono appunto enti territoriali, quindi almeno in definizione non enti di interessi sezionali, ma di interessi ge- nerali, anche se talvolta tendono a diventare enti di interessi generali si, ma particolari- stici: ma può essere proprio il dialogo ente infranazionale-comunit8 sopranazionale a spar- ticolarizzare auesti enti locali.

Quindi una battaglia politica, che indubbia- mente dovrà trovare il perno nelle regioni e nei circondari democratici, per quelle dette e per altre molteplici ragioni che per brevità io ometto, ma che comunque sono. tutte non dedotte dalla 11 Natura n, osserverei al profes- sor Vedel, ma da una realtà incandescente, attuale, dinamica; e che viceversa dovrà porre noi, proprio in considerazione delle forme di più avanzata rivoluzione industriale, in atteg- giamento critico nei riguardi delle grosse città metropolitane, le città del carbone e dell'ac- ciaio, direbbe il Mumford. Ormai, anzi, abbia- mo superato o stiamo parzialmente superando anche la successiva fase descritta dal Mumford, cioè quella alluminio-elettricità; noi siamo già nella fase nucleare, pur essendo ancora con un piede nelle fasi precedenti: e dunque il problema delle articolazioni, e direi anche dello sgonfiamento della grande città metropo- litana, è un problema anch'esso non astratto o utopistico - il ritorno alla campagna -, ma è un problema storico e di estrema modernità, è il problema proprio del tempo dell'energia facilmente trasportabile; e il trasporto delle installazioni produttive è più economico e so- cialmene più agevole che non l'emigrazione degli uomini, la cui ambientazione psicologica è estremamente difficile ed economicamente costosa.

Le perplessità, del resto, del prof. Vede1 di questa mattina mi facevano tornare in mente grossi dibattiti, che si sono svolti nella vita del Consiglio dei Comuni d'Europa, tra uno degli uomini che citava stamattina Vedel, un urbanista che però era anche amministratore locale ed è stato anche ministro francese della ricostruzione nazionale, il Claudius Petit, e un nostro sindaco rurale, che appunto faceva - inizialmente - una teorizzazione estrema- mente idilliaca di questo comune rurale. Ebbe- ne è appunto contro tale teorizzazione idilliaca che ha finito per schierarsi il Consiglio dei Comuni d'Europa: teorizzazione che potrebbe

risultare chiaramente conservatrice (il muni- cipalismo rurale mitologizzato, ostile alle dia- volerie tecniche e al mondo operaio). Vice- versa deve aver luogo una battaglia per questi enti che siano la traduzione istituzionale - e qui mi rifarei alla natura, a certe dimensioni costanti della psiche del cittadino - deli'esi- genza di un contmllo democratico dell'accen- nata, modernissima fenomenologia economica e sociale.

Sfiorerò, appunto pek tenermi al tempo pre- scritto dal Presidente (almeno il più possibile), una problematica estremamente interescante, che dovrebbe essere sollevata in questo con- vegno e che è stata sollevata altmve circa il rapporto fra le nuove forme di economia - poniamo l'economia a doppio settore - e la riforma delle istituzioni. Economia a doppio setbre, per esempio, che a noi non interessa direttamente su scala nazionale, ma piuttosto su scala regionale, su scala Iocale, e che im- plica anche una deduzione di diverse attribu- zioni degli enti territoriali locali proprio in funzione ,di questa nuova realtà, di circostanze alle quali Si può tentare di resistere, ma cui si resiste anacronisticamente. Viceversa non vor-

I1 Sindaco di Stresa, Cattaneo.

rei tralasciare di fare un accenno a un pro- blema non economico, ma direi piuttosto economico-finanziario, che mi sembra molto interessante nelle sue conseguenze istituzionali. Ricordo una dichiarazione di alcuni anni fa di un nostro Ministro del Tesoro, il quale in periodo di recessione disse che apriva la borsa della Cassa depositi e prestiti: e per quanto noi, amministratori locali, ci si possa scanda- lizzare che non si aprano le casse della Cassa depositi e prestiti in funzione delle reali esi- genze degli enti territoriali locali, ma in fun- zione di una esigenza generale relativa alla congiuntura economica, rimane pur sempre ve- ro che sarebbe una politica economica quanto mai anacronistica, largamente anteriore al- l'ultima guerra, quella che pretendesse che lo Stato, non dico socialista ma anche liberale, nrin faccia una sua politica di regolazione degli investimenti, una sua politica della congiun- tura. Però se noi ci fermiamo a questa situa- zione, ne deriva che l'autonomia locale, in tutta la parte finanziaria, che è una parte fon- damentale, viene per sempre imbavagliata. E allora ecco il problema, un problema che non voglio, Presidente, in nessun modo affrontare nella sua possibile soluzirine, ma che pongo all'attenzione dei colleghi e degli studiosi: come su queste premesse non si possa riven- dicare l'autonomia finanziaria locale a poste- rzori. Non siamo più nell'èra delle sfere di interesse del tutto separate: si dovranno per- tanto trovare forme istituzionali perché il dia-

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logo tra il potere centrale e i poteri periferici, nella ripartizione della spesa, quando si è in fase di congiuntura recessiva o quando si è in fase inversa, sia in qualche modo condotto a priori; e quando parlo di potere centrale alludo, in questa sede, anche a quello sopra- nazisnale.

E con questo arrivo a un'altra delle questioni che hanno trovato voci discordi durante il di- battito: quella del Senato europeo comunita- rio., Qui debbo farvi una confessione: 'nel- l'ambito della stessa Organizzazione che rap- presento, n9n è che io sia uno dei più patiti, uno dei più accanitamente attaccati a questo Senato comunitario; però mi sembra che alcu- ne delle osservazioni, che l'osservazione che ha fatto lo stesso relatore. mi' esonerino dallo spezzare una lancia sugli aspetti positivi di questo Senato comunitario, che fra l'altro è stato fatto anche suo da un politico, il quale è contemporaneamente un uomo di studio co- me molti di voi, il senatore Dehousse. Egli, che è un giurista, ha apportato alcune corre- zisni agli stessi progetti in questo senso enun- ciati originariamente dal Consiglio dei Comuni d'Europa.

Debbo comunque osservare che, si pervenga o meno a questo Senato, che oltretutto non sarebbe delle sole comunità locali, ma è stato pensato come un Senato misto, parte rappre- sentativo degli Stati federati e parte delle co- munità locali, comunque si pensi di questa Camera alta di un Parlamento bicamerale euro- peo, rimane pur sempre della massima impor- tanza - e qui mi rifaccio ad osservazioni fatte dal prof. Maranini - che si guardi poi un po' addentro alla strutturazione dell'ente territo- riale locale: appunto perché nsn ci si gingilli nel parlare di una scuola di democrazia, di un primo pilastro della rapresentanza e di altri analoghi postulati, e magari ci si lamenti sulla politicizzazione e partiticizzazione estrema di questi enti, senza essere andati a vederne la causa che spesso è nella struttura stessa degli enti di cui si parla.

Mi pare intanto di poter affermare (a pro- posito di vedute opposte manifestatesi tra il prof. Partsch e il prof. Vedel) che non è im- mediatamente vero che, data una voce rap- presentativa agli enti territoriali locali, poi - come ha sostenuts Partsch - verranno i sindacati, poi verranno le altre categorie,' e noi entreremo in una specie di babele; come non è neanche vero e auspicabile, senza che si faccia qualche precisazione, quanto ha detto VedeI, forse su un piano un po' diverso, e che cioè è bene che si dia voce a tutte le strut- ture funzionali. Gli enti locali mno appunto territoriali, quindi sono enti o dovrebbero esse- re enti, sia pure nel loro particolarismo, espres- sivi di un interesse generale; locale ma gene- rale, il che non si verifica per le altre categorie ipotizzate dal prof. Partsch; e viceversa in me suscita, in me che sono fortemente interessato ad esperienze di democrazia funzionale, tut- tavia suscita un estremo sospetto il fatto che di questa democrazia non si parli chiarendo la sua sostanziale differenza da forme corporative. Qui mi vorrei rifare a pagine, che andrebbero meditate, del mio amico Adriano Olivetti, il quale ha ipotizzato gli ordini politici e non una rappresentanza di categorie.

Che cosa vuol dire ordine politico? La de- mocrazia indubbiamente, ed anche la demo- crazia locale, ha bisogno non solo di una rappresentanza generica, ma anche di una rappresentanza secondo fini differenziati della comunità pubblica: potranno essere l'insedia- mento umano - quello che si chiama con voca- bolo, che è restrittivo, l'urbanistica -, il ser- vizio sociale, il servizio culturale, una serie di altre funzioni fondamentali della comunità, locale o statuale; e in questo senso è giusto che si dia una voce ai cittadini in base all'esperienza che essi hanno fatto secondo questi particolari fini della comunità. Viceversa dobbiamo evitare di parlare in maniera am- bigua di comunità intermedie che comunque ci interessano, siano esse territoriali o meno, senza specificare che ci sono delle comunità non territoriali che sono semplicemente delle categorie di interessi, cioè delle corporazioni, alié quali noi mai dovremmo dare una parti- colare rappresentanza, perché al peso che già di fatto hanno nella società per lo stesso loro esistere - a parte la categoria dei disoccupati che, come fu osservato, esiste ma sfugge alla catalogazione - si aggiunge una seconda ra-

COMUNI D'EUROPA 13

Un bel l 'esempio

n Comune di Meda, su proposta d d Sindaco, prof. Aurelio Dozio, dando seguito alla raccomandazione espressa a suo tempo dagli Organi direttivi delllAICCE, riconosciuta l'alta finalità che si propone I'Associazione italiana per ii Consiglio dei Comuni d'Europa e ritenendo pertanto doveroso un contributo alla stessa da parte dell'Amministrazione comunale» ha concesso all'Associazione uni, contributo straordinario di L. 50.000.

gione di peso, che è quella della rappresentanza istituzionale. Quindi è evidente che parlare di democrazia funzionale ci deve sempre te- nere estremamente lontani da deviazioni di tipo corporativo, da confusioni di tipo corporativo.

E concludo. Concludo osservando che forse di una cosa non si è, viceversa, fin qui parlato ed era anche giusto in qualche modo. perché la relazione era prevalentemente giuridica: ma forse è bene anche che usciamo da quest'ambito per entrare nel campo della scienza politica. I1 Brugmans ha con una felice espressione detto che l'Europa è per i federalisti ciò che il proletariato è stato per Carlo Marx. Cosa vusl dire questo? Vuol dire che in realtà l'Europa non è che interessi da un puro punto di vista di politica diplomatica, perché c'è bi- sogno in un dato momento storico, in una data area geografica, di uno Stato di deter- minate dimensioni: ma in realtà l'Europa fe- derata per motivi storici, giuridici, scientifici e per vari altri mutuati da esperienze quoti- diane, è il punto di riferimento per una più larga battaglia democratica che, considerate tutte le altre possibilità, non si presenta su altri terreni; è la battaglia decisiva per la de- mocrazia occidentale di cui tanto saesso si parla, cioè la battaglia per il fecferalismo integrale.

E in questa battaglia, evidentemente, c'è po- sto im~ortante per i dottrinari e per i politici: ma i dottrinari non debbono essere soltanto dottrinari di una ipotizzata meta finale, la Co- stituzione della fedwazione europea; debbono essere anzituto i dottrinari di questo problema, sul quale io vorrei chiudere con un punto in- terrogativo: noi vogliamo l'Euroga, ma come sempre quando sul terreno del realismo storico e politico noi ci poniamo' un fine e vogliamo uscire dal puro campo iilurninistico, quali sono le forze concrete sulle quali possono agire le élites (prof. Vedel, d'accordo!); possono fisio- logicamente agire le élites per realizzare il fine ?

Come diceva un amico assai oscillante e mo- derato del federalismo europeo, ma in una se- rata di realismo, Chaban-Delmas, i governi na- zionali - e se lo diceva lui, bisognava creder- ci - sono biologicamente incapaci di rinuncia- re senza pressioni o congiunture particolari a porzioni anche minime del loro potere politico. D'altra parte non saremo noi così astratti da

pensare che l'Europa si possa faire sok-mto per una pressione popol&e. A me sembra che se volgliamo stare con i piedi per terra - e qui mi rifaccio' a una esperienza italiana, queila che riandando al nostro, proceeso risorgimen- tale ci fa subito venire in mente i nomi di per- m a l i t à così diverse, di Cavour e di Mazzi- n i -, se vogliamo stare con i piedi per terra è evidente che l'Europa unita dovremo farla na- scere dall'incontro di un lavoro politico-dipio- matico e di una pressione popolare. Non vo- gliamo fare le mosche cocchiere e lasciamo a politici di vertice - ma collaborando con lo- ro, beninteso - di percorrere la loro strada sul terreno politico-diplomatico: direi che su questo temeno l'esempio che sarà più interes- sante per gli stolrici futuri è quello di Jean Monnet, che impersona questa linea politica. Ma parallelamente po~niamoci un problema che molti amici federalisti, incluso l'amico Spinelli, per lunghi anni, non si sono posti: come n d a società moderna, da una pressione genexica- mente popolare, noi arriveremo a coagulaziome di forze in un'epoca che certamente non è quel- la delle barricate? Ed ecco che qui possono giuocare i Poteri lacali per tutta una serie di ineliminabili carattwistichei che è in e&; e dobbiamo1 essere noi proprio - e mi dispiace di non vedere in sala il prof. Vedel -, proprio come federalisti, che a freddo dobbiamo muo- vere questa grande forza, come altri settori che non siano - mi rifaccio a quanto ho detto poco fa - settori di interessi sezionali, ma set- tori di interessi generali anche se differenziati: poteri locali, e potrei aggiungere cocmunità di uomini di studio, della scuola, e potrei andare ancora d t ie : in sostanza tutte quelle forze, nelle quali etica professionale e fini specifici si identifichino con certi obiettivi politici so- pranazionali. Ebbene, su questo terreno mi pare che il compito squisitamente politico - e la- sciatemi, al termine del mio intemento, dire sinceramente e schiettamente rivoluzionario II - degli amministratori locali, è un compito incontr~vertibile. Ho detto un compito rivolu- zionario e la parola non dovrà spaventare nes- suno; non dovrà spaventare nessuno anche per- ché (lo ha ricordato il relatore) per molti di noi - e finisco1 - questa B una rivoluzione giu- ridicamente permessa. Dice il Mortati in una pagina assai importante che battersi per il fe- deralisnm: ger l'espansione sopranazionale del-

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la democrazia non è soltanto un lecito costitu- zionale, ma addirittura un imperativo. Quindi è una rivoluzione legale quella che, almeno in termini italiani, io propa'ngo ai cdleghi a m i - nistratori locali e che propongo ai do,ttrinaui, nel senso di farsene i teorici, ed è comunque una rivoluzione necessaria per ogni democra- tico, e che propongo a tutti i concittadini m- rolpei qui presenti.

Intervento del prof. Serafini sulla relazione del prof. Leoni.

Avevo, Signor Presidente, iniziato un dialogo tacito col prof. Leoni, leggendo lo schema che ci era stato distribuito prima del Convegno. Ma evidentemente la sua relazione di stamat- tina mi ha eccitato a una risposta più viva, dato che alcuni punti del suo schema sono stati portati alle estreme conseguenze, e alcuni nuovi argomenti, decisamente polemici, sono stati introdotti nel discorso. Nello schema il prof. Leoni ci diceva come, per collettività lo- cali da utilizzare nella lotta per la federazione sopranazionale, gli sembrava che, per ragioni storiche e psicologiche, fosse ovviamente cam- peggiante il Comune. Ora, essendo rappresen- tante del Consiglio dei Comuni d'Europa, non è che spezzerò una lancia contro questa posi- zione; ma questo atteggiamento ii comunalisti- co )I cosi netto del prof. Leoni mi aveva spinto a vedere, se mai, i limiti di tale impostazione. Il Comune si presenta storicamente come qual- cosa di ben solidificato e, direi, ha tutta una sua mitologia, ma in realtà lo spirito di Co- mune è uno spirito assai diverso, ce l'ha detto poco fa il prof. Friedrich, se ci si riferisce alla megalopoli, o ci si riferisce al Comune medio o al Comune polvere. Ed è anche un senti- mento, se noi lo scandagliamo un po', assai com- plesso. Se noi vogliamo utilizzare a fini di lotta politica questa entità, evidentemente il Comune polvere ci presenta questa situazione: è talmente piccolo, cristallizzato, isolato che non c'è in esso il campo sufficiente di selezione per una classe dirigente e neanche per l'impo- stazione di una lotta politica. Là dove, special- mente per una battaglia federalista, nella grande città, nella grandissima città ci si im- batte nella difficoltà opposta: le strutture nazio- nali tradizionali di lotta politica, il partito na- zionale, il sindacato nazionale si trovano già presenti tra il cittadino e l'amministrazione nella grande città, sia pure nelle loro forme de- centrate, ma non per questo mmo oligarchiche, la sezione di partito, la Camera del lavoro; quindi come il Comune polvere è troppo pic- colo, presenta alcune difficoltà nella sua proie- zione verso la battaglia federalista - e poi farò qualche accenno se questa battaglia debba . o non debba essere rivoluzionaria -, egual- mente la grande città presenta altre difficoltà. Mi permetterei a questo punto di introdurre anche altri tipi di collettività locali, di zone abitate, a cui corrispondono talvolta entità am- ministrative, sulle quali si può far leva come entità sufficientemente determinate e che com- portano anche una lealtà psicologica da parte dei loro abitanti e concrete possibilità per la lotta federalista: le Valli, per esempio. Adesso abbiamo in Italia un organo amministrativo che tende a corrispondervi: la comunita* di valle. Nelle città,, in certe megalopoli o in certe vecchie città che tendono a diventare me- galopoli, alcuni quartieri sono entità dotate di unità e con una solidarietà fra i loro abi- tanti, e ci sono viceversa nelle stesse le 11 co- munità non comunitarie 11 dei déracinés, i nuovi sobborghi anonimi e senza centri (sociali o culturali) di riferimento, i vecchi slums ottocenteschi. Quindi effettivamente, se non da un punto di vista mitologico, ma da un punto di vista più attentamente scientifico, ci met- tiamo ad esaminare cosa sia questo Comune, del quale ci si deve servire o ci si può forse servire per la battaglia federale europea, i dubbi possono crescere. Ma come ho chiarito all'inizio, ci si serve della parola s Comune 11

per una ragione di semplificazione, per soste- nere una mitologia politica, nella quale tutta- via l'aspetto mitologico è superato dal fine razionale che noi ci proponiamo. E in questo senso, abbiamo avuto anche altre obiezioni - mi dispiace non sia qui presente l'avv. Ca- sati -. Più volte ci è stato obiettato: perché Consiglio dei Comuni d'Europa? e le Provincie

e le Regioni? Ma almeno in italiano, e del resto anche in altre grammatiche europee, c'è una figura retorica, la auale ci indica una parte per il tutto, si serve del nome di una cosa limitata per una serie di cose di maggiore comprensione; quindi il Comune, il Consiglio dei Comuni d'Europa, ma in realtà questo Consiglio dei Comuni comprende le Provincie, comprende le Regioni, comprende tutti i Poteri locali funzionali per la battaglia federalista.

E vengo ai punti più spinosi, ai punti più polemici della relazione del prof. Leoni. Con una premessa: che in realtà il momento della integrazione europea nel quale ci troviamo, e mi pare di aver13 già accennato nel mio in- tervento l'altro giorno sulla relazione del prof. Biscaretti, è il momento di un incontro, deli'incontro necessario fra l'Europa politico- diplomatica e l'Europa popolare, l'Europa dei cittadini. L'aurorale, incompleta - e probabil- mente di per sé incapace di ulteriore progresso federale Europa politico-diplomatica è l'Euro- pa di cui il caposcuola - dissi l'altro giorno - può essere considerato Monnet, è l'Europa di queste Comunità a mezza sovranazionalità: adesso non farò la discussione formale sulla CECA o sul Mercato Comune. perché vorrei eventualmente non farla sul terreno istituzio- nale, questa volta, ma sul terreno sociologico (ne fece un accenno il prof. Maranini l'altro giorno). A me interessa che certe Comunità creino una burocrazia sovranazionale, mi inte- ressa anche la formazione di certi trusts euro- pei, mi interessa la prossima battaglia per il salario europeo: tutte cose che, in squisita linea teorica, possiamo e non posiamo condi- videre. ma che oggi sono delle potenzialità sulle quali dobbiamo lavorare se, come sto per dire, la creazione della Federazione Europea è realmente una rivoluzione (e lo dico dal punto di vista sociologico, essendo più esitante a parlarne su un terreno a me meno familiare, quello giuridico). Parallelamente constato che questa Europa politico-diplomatica è incapace di decisivi sviluppi (e qui arrivo all'altro pun- to) se non ha il complemento del federalismo popolare. I1 quale - sempre dicevo l'altro gior- no - si trova tuttavia di fronte a questa enor- me difficoltà del mondo contemporaneo, del mondo delle masse: come trovare una canaliz- zazione politica ad un sentimento popolare europeista con la precisa concorrenza di forze politiche già organizzate su piano nazi~nale e che su piano nazionale tendono a resisitere alla generica istanza popolare? Tali si presentano, nel più dei casi, i Parlamenti nazionali, i par- titi politici nazionali che sono dietro questi Parlamenti, tali le Confederazioni nazionali sindacali, tali sono altre f ~ r z e e oscuri feudi politico-economici organizzati su piano nazio- nale. E allora, di fronte a queste resistenze cristallizzate, ecco l'analisi e la proposta del federalista, del militante federalista, del poli- tico federalista per trovare dei canali più felici per questa battaglia di rottura del cosid- detto ordine nazi~nale. E venendo subito ad una obiezione del prof. Leoni, vogliamo spe- rare questa rottura nella convinzione che non si andrà mai troppo in là, poiché siamo ben lontani, parlando i Poteri locali al servizio della federazione sopranazionale, dall'avvici- narci ad una Europa frantumata, anarchica, caotica, fatta - come egli paventa - di Poteri locali 11 indipendenti n. Siamo appena a un modesto tentativo di indebolire in qualche mo- do la resistenza dello Stato nazionale a la- sciarsi togliere una piccola parte della sua sovranità: quindi, se in teoria il dubbio del prof. Leoni può essere valido, a me sembra che in pratica questo dubbio, con la realtà che ci troviamo di fronte, è un dubbio non eccessivamente rilevante. Soprattutto vorrei aggiungere che auesta azione dei Comuni, dei Poteri locali, non ha mai sostenuto di voler pre- scindere dall'altra realtà, quella deWEuropa politico-diplomatica, quella delle Comunità europee, quella della burocrazia europea, con la quale indubbiamente questa azione di base finirà per dover fare i conti: essa finirà per trovare il suo alveo in un compromesso, che a noi sembra debba essere un compromesso di equilibrio nella libertà.

E' evidente poi che, in questa come in altre innumerevoli azioni politiche, i Poteri locali, gli amministratori locali sono i soggetti e gli oggetti dell'azione federalista: senza una prima minoranza, senza una élite, senza un primo raggruppamento politico che canalizzi la richie-

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sta, talvolta anche anarcoide dei Poteri locali, per una maggiorazione indiscriminata delle loro autonomie, i pericoli sottolineati dal pro- fessor Leoni potrebbero farsi avanti. Ma è appunto il tentativo di canalizzare questo scon- tento di base, che rimane lì inoperoso ai fini di una costruzione democratica, che dovrebbe essere il segreto.de1 movimento dei Poteri locali verso la creazione deila comunità politica so- vranazionale. Spesso il progresso dell'autono- mismo locale verso la sovranazionalità segue vie non immediatamente apparenti; faccio un breve esempio: il Credito comunale europeo. I Comuni e molti colleghi amministratori hanno cominciato col chiedere in maniera indiscrimi- nata, particolaristica, il credito finanziario per l'autonomia locale; più credito, più denari, e basta così. Senonché di mano in mano che sul piano europeo questa battaglia si è posta e si va ponendo (e .mi vedo proprio di faccia l'amico Mossé, Segretario generale della Co- munità europea di credito comunale). ci si è imbattuti in un compito irrinunciabile, come ricordavo l'altro giorno, per uno Stato ma- derno: cioè lo Stato si trova di fronte ai feno- meni della congiuntura e non può rinunciare al governo dei medesimi. Se quindi vogliamo, su scala europea, parlare di credito ai Comuni, dobbiamo immediatamente postulare, fin dal principio, una politica monetaria comune, una politica congiunturale comune; e auindi ine- vitabilmente, sempre se vogliamo come ammi- nistratori raggiungere il nostro scopo, dob- biamo postulare il soggetto istituzionale di questa politica monetaria, perché avere una politica monetaria comune - qualsiasi eco- nomista ce lo insegna - vuol dire avere un potere politico corrispondente: infatti il se- greto della sovranità giace proprio nel governo della moneta, gelosissimo dominio riservato della sovranità. E quindi già vedete l'iter di questa battaglia: si comincia in forma anar- coide, se volete, con una richiesta di denari, di credito; ma appena seriamente si pone il problema sul terreno sovranazionale, ci si im- batte di fronte alla necessità di un potere - ecco l'antagonista - il quale sia soggetto di una politica della moneta, della congiuntura, e quindi immediatamente l'azione popolare si ricongiunge (ma la porta alla sua realizza- zione, altrimenti sarebbe ferma senza auesta pressione, che talvolta dovrà essere al limite della rivoluzione), si ricongiunge con quella Europa politico-diplomatica, nel cui alv& questa spinta popolare deve andarsi a collocare.

Siccome il Presidente mi ha giustamente ricordato che il mio tempo sta per scadere, vorrei soltanto sottolineare, sul terreno della esperienza pratica, al prof. Leoni che in realtà noi, ponendo nei Consigli comunali, anche i più modesti, i temi della federazione europea, non poniamo i temi di Lumumba o, immediata- mente e astrattamente, di qualsiasi grossa scel- ta tattica di vertice. Noi pensiamo che la diffe- renza sostanziale sia questa: noi poniamo, di regola, semplici problemi, come quello stesso del credito, il quale, risalendo poi al livdlo al quale può essere risolto, ci porta necessa- riamente non solo alla integrazione economica, ma alla integrazione politica sovranazionale Questa sarebbe una strada delle più naturali per un dibattito in un ente locale, che giu- stamente deve arrivare fino alla soluzione lontana di qualsiasi esigenza, che concreta- mente lo riguardi. Ma anche auando viceversa cominciamo direttamente, frontalmente, il di- battito federalista di tipo politico, noi non fac- ciamo un discorso sulla tattica, sulle scelte contingenti, ma (quale che sia l'interpretazione del testo dell'amico prof. Mortati) facciamo un discorso sulle istituzioni, facciamo un di- scorso, per cosi dire, sui principi democratici generali: e difficilmente mi sembra, e lo ricor- dava l'altro giorno, in una lettera di vivace polemica il Presidente della Provincia di To- rino, Grosso, al prefetto della stessa Torino, difficilmente si può impedire a una viva comu- nità locale, che non abbia una autonomia intesa in senso puramente paternalistico, di discu- tere, oltre che i suoi contingenti problemini, anche i problemi di fondo delle istituzioni de- mocratiche e della educazione democratica. Per- ché altrimenti non avrebbe più senso neanche quella educazione di base dei cittadini alla democrazia, di cui più volte si fa retorica richiesta agli enti territoriali locali. Grazie.

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non disponga di un prop~rio Fondo' monetario per le sue ol~merazioni di credito intra.euroaeo ed extraewogeo.

La Banca europea degli investimenti pokreb- be diventare questo1 centro di mobsilita,zioae di crediti amministrati in prima istanza dalle ban- che centrali di ciascun paese: ~ua lche cosa co- me una banca centrale delle banche centrali. La mobilitazione dei crediti a medio tennine potrebbe costituire il comgletamento naturale delle sue operazioni a lungo termine.

Da tutto ciò traspare la possibilità di creare in seno alla Comunità un vero e pro.prio mer- cato monetario, del tipo di quello londinese: un immenso1 serbatoio delle liquidità monetarie

mondiali. Parigi? Arnsterdam? Francoforte? Ognuna di queste piazze offre deile possibilità, ma nessuna ha ancora dimostrato di possedere una vera vocazione inteirnazionale. Ora hanno l'occasione di colmare questa l a c m .

L'Europa cofntinentale sarà così indotta pro- gressivamente a cr'eaxsi una istituzione che sarà responsabile della gestione monetaria della Co- munità, sia verso1 i g a s i membri sia verso gli altri paesi. I1 Comitato moneixio~ costituisce l'embrione di questo organismo; ma lunghi anni dovranno anco'ra trascorrere perché esso possa pienamente assolvere le funzioni che abbiamo descritto.

Maurice Masoin

Comitato Monnet: nota sull'Unione europea delle riserve

(continuazione dalla pag. 4 )

ziamento del mutuo concorso previsto dal Trat- tato di Roma, in favore dei Paesi membri, o che si aggiungeranno in futuro. -

LA COMUNITA' EUROPEA E IL SISTEMA MONETARIO OCCIDENTALE

3. - A queste ragioni di ordine interno del- l'unione economica europea, in via di fsrma- zione, se ne aggiungono, oggi, altre a livello occidentale. .

E' molto urgente infatti che la Comunità Europea rinforzi la sua politica monetaria verso l'interno.

Dopo la guerra, la prosperità e i tassi di sviluppo hanno superato, nei nostri Sei Paesi le più ottimistiche previsioni.. Ma tutti questi risultati, di cui ci sentiamo tutti orgogliosi, rischiano di essere, nuovamente, messi in peri- colo a ogni istante, a causa della rinnovata

instabilità del sistema monetario mondiale. I1 disordine, sviluppatosi, lo scorso ottobre, nel mercato dell'oro, la crisi del dollaro che ne è derivata. le difficoltà che potrebbero continua- mente erigersi a minaccia della sterlina. i mo- vimenti dei capitali provocati dalla rivaluta- zione del marco e del fiorino, la svalutazione del dollaro canadese, hanno finalmente messo in allarme i dirigenti del mondo occidentale sulla vulnerabilità delle istituzioni che reggono i rapporti dei Paesi occidentali sul piano mone- tario.

4. - I Paesi della Comunità hanno una parti- colare responsabilità nel porre rimedio a questa situazione. Dopo il 1950, le riserve dei Sei Paesi sono state più che quintuplicate, per raggiun- gere un livello prossimo a quello degli Stati Uniti. Nello stesso tempo, le riserve delle mo- nete internazionali, come la lira sterlina e il dollaro, sono diminuite, partendo, veramente,

da un altissima livello iniziale, ciò si riferisce, in particolar modo agli Stati Uniti.

Riserve ufficiali in oro e valuta (2). (miliardi dollari)

flne arie 1960 marzo

1961 Stati Uniti . . . . . . 22,s 17,4 Comunità Europea . . . 3,l 16,O Regno Unito . . . . . . 3,7 3,O

L'attuale contrasto tra la situazione della Co- munità, da una parte, della Gran Bretagna e dell'America dall'altra, risulta ancora più evi- dente se si tiene conto dei debiti esterni a breve scadenza.

Riserve e debiti a breve scadenza verso l'estero (3).

(fine dicembre 1960) (miliardi dollari)

debiti riserve a breve

scadenza Stati Uniti . . . . . .. 17,8 18,8 Comunità Europea . . . 15,5 2,O (4) Regno Unito . ' . . . . 3 2 10,9

Si può notare così, che i debiti a breve sca- denza degli Stati Uniti eccedono le loro riserve, e quelli dell'hghilterra le eccedono di molto (benché questa situazione duri da tempo in limiti controllabili, si tratta infatti, essenzialmente di debiti in corso nell'area della sterlina). I debiti dei =Sei D, invece, non rappresentano che una frazione delle loro riserve.

6. - Queste cifre portano a due conclusioni. La prima è che la Comunità Europea ha occu- pato, nel suo insieme, un posto nel sistema

(2) Fonte: « Statistiche Finanziarie Internazionali », FMI. Maggio 1961.

(3) Fonte: <C Statistiche Finanziarie Internazionali ». FMI. Maggio 1961.

(4) Questa cifra esclude i debiti a breve scadenza delle banche di deposito francesi e itnliane. Include invece, i debiti tra i Paesi della Camunità.

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centrale

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via del corso, 173

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18 COMUNI D'EUROPA giugno-luglio 1961

I S V E I M E R ISTITUTO PER LO SVILUPPO ECONOMICO DELL'ITALIA MERIDIONALE

231 per L. 16.391.500.000, in ampliamenti e ram- Assemblea per IJappr ione modernamenti di impianti industriali già esi- stenti, nei quali risulteranno investite, (immo- bilizzi e quota scorte). L. 31.411.639.000.

La produzione di beni strumentali ha rappre-

del bilancio 1960 sentato l'oggetto di circa un terzn dei finan- ziamenti accordati, tanto nel 1959, quanto nel 1960; nel 1960, in confronto al 1959, sono per-

I1 giorno 20 aprile c.a. si è tenuta in Napoli 1'Assem-blea dei partecipanti all'Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale 11 ISVEIMER r .

Alla riunione, che si è svolta sotto la presi- denza del cav. del lav. marchese dott. Domenico Battiloro, hanno partecipato, oltre ai rappre- sentanti della Cassa per il Mezzagiorno, del Banco di Napoli, delle Casse di Riwarmio e delle Banche Popolari dell'Italia Meridionale, i componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, i Ministri on. Colombo ed on. Pastore, il Sottosegretario on. Natali e numerose autorità.

Era presente il direttore dell'Istituto, avvo- cato Giuseppe Frignani.

I1 Presidente ha dato lettura della relazione per l'esercizio 1960, mettendo in risalto che i'amento dell'attività industriale italiana e la favorevole congiuntura economica hanno avuto favorevoli riflessi sullo sviluppo delle iniziative nell'Italia Meridionale; essi sono stati accre- sciuti dal concorso di altre due circostanze: la piena applicazione dei provvedimenti legisla- tivi e governativi adottati nel 1959, che mi- glioravano gli incentivi a favore dell'indu- strializzazione nell'Italia Meridionale, l'affer- marsi e il diffondersi di criteri più amai e più realistici nel considerare l'insieme di problemi che va sotto il nome di R questione meridionale B.

I1 risollevamento economico del Mezzogiorno e la perequazione del dislivello che separa il Nord dal Sud non si pongono soltanto come esigenze di giustizia, di assistenza o di solida- rietà, nei confronti di territori e di popola- zioni finora meno avventurati: si è giunti finalmente, a convincersi che l'incremento economico del Mezzogiorno condiziona l'intero sviluppo dell'economia nazionale, ne è parte inscindibile, deve essere considerato nel suo insieme e soltanto in esso può essere risolto.

Per lo Stato non esiste soltanto il dovere di effettuare interventi riparatori, ma di servire nel miglior modo l'interesse nazionale; per gli imprenditori privati non si tratta di sfruttare occasioni particolari o di procurarsi condi- zioni di favore, ma di tutelare un loro più alto e vitale interesse, e di assicurarsi possibilità di espansione e di competizione nel campo interno ed internazionale.

Può sussistere qualche ragionevole perples- sità circa il permanere di una congiuntura altamente favorevole, quale si è manifestata nello scorso anno: le previsioni più autorevoli sembrano concordi nel ritenere che le dimen- sioni dell'incremento avvenuto nel 1960 si atte- nueranno, ma che lo sviluppo non sarà inter- rotto e continuerà con un ritmo almeno pari a quello medio raggiynto nel decennio 1950-1959.

Non esiste, pero, nessun dubbio circa la prosecuzione e la intensificazione dell'azione di Governo per l'industrializzazione meridio- nale, riconosciuta come il fulcro del risolle- vamento economico del Mezzogiorno, e circa il miglioramento degli strumenti ed il perfezio- namento dei metodi per promuoverla.

La relazione pone in evidenza il risveglio delle iniziative, già delineatosi nel 1959 e conti- nuato in dimensioni più vaste nel 1960. Per misurarne la portata, basterà riferire le cifre che riguardano il numero e l'importo delle domande di finanziamento pervenute nell'ul- timo triennio, e cioè nel 1958 n. 206 per lire 34.334.870.000; nel 1959 n. 404 per L. 55 miliardi 7.330.000; nel 1960 n. 637 per L. 83.000.557.000.

L'aumento delle domande avvenuto nel 1960 è rappresentato dal 57%, come numero di ri- chieste, e dal 50,9%, come importo, in con- fronto all'anno precedente, e dal 158%, come numero, e dal 120% , come importo, in con- fronto alla media annua del sessennio 1954-1959; è evidente che l'iniziativa privata si è riscossa e che essa si avvia a partecipare alla valoriz- zazione industriale del Mezzogiorno con quella ampiezza che era stata da anni auspicata.

Per quanto riguarda la ripartizione settoriale, la comparazione fra i due ultimi anni mette in evidenza, nel 1960, un incremento percen- tuale particolarmente notevole nelle domande da parte delle industrie alimentari e trasfor- matrici, dei prodotti agricoli, seguito da un meno sensibile accrescimento da parte delle industrie del legno e delle industrie manifat- turiere varie.

Per quanto concerne le dimensioni delle ini- ziative, le domande riguardanti piccole ini- ziative industriali inferiori a L. 50.000.000 nella quota a credito, rappresentano, come numero, oltre la metà del totale, pur superando come importo appena il 10% dell'intera richiesta; le domande relative ad impianti di notevoli di- mensioni, cioè eccedenti un finanziamento di un miliardo. si conservano, come numero, in una proporzione di poco superiore al 2% e, co- me importo, intorno al 30% del totale; tra i due estremi, le domande di medio ammontare, nelle loro varie gradazioni, e con qualche oscillazione nel rapporto percentuale fra l'una e l'altra di esse, si sono lievemente accresciute: dal 43 al 45% come numero, continuando a mantenersi intorno al 59% come importo.

Lo slancio delle iniziative. particolarmente notevole nel 1960, sembra obbedire a due im- pulsi fondamentali: accrescere la statura e la efficienza delle antiche unità industriali, so- prattutto per adeguarsi alle trasformazioni in atto nella prqduzione agraria ed all'amplia- mento del mercato; creare nuove unità indu- striali di varie dimensioni, nei settori che mostrano le maggiori carenze di strutture pro- duttive o che offrono prospettive di sviluppo particolarmente favorevoli.

I1 Consiglio di Amministrazione si è pronun- ciato, nel 1960, su 580 richieste di finanziamento, per L. 83.513.787.000, di fronte a n. 267 per L. 46.056.563.000 nel 1959.

Le domande accolte rappresentano il 70% co- me numero ed il 66,6% come importo, rispetto al totale delle domande sulle quali è intwve- nuta la deliberazione del Consiglio; nel 1959 le percentuali stesse erano risultate alquanto inferiori, e cioè. rispettivamente, il 67% e il 54,9 per cento.

Le domande aprovate nel 1960 hanno deter- minato la concessione di n. 406 finanziamenti per l'importo di L. 44.876.500.000; le somme accordate rappresentano mediamente il 79% di quelle richieste, in confronto all'84,5% con- sentito nel 1959.

Le cifre suesposte documentano che il grado di ammissibilità delle iniziative è migliarato, e ciò deve essere ritenuto un sintomo confor- tevole, specie se si abbia riguardo alla larga affluenza delle domande; non deve meravi- gliare, invece, che l'importo richiesto abbia su- bito, in media, una più forte riduzione, qualora si tenga conto che tutte le domande pervenute nel 1960 hanno compreso, per la prima volta, una quota per le scorte, quota che le disposi- zioni di legge hanno rigidamente limitato, ma che, da molti richiedenti è stata indicata in misura più elevata, e rispondente all'effettivo fabbisogno.

L'importanza dell'incremento avvenuto nella azione dell'Istituto durante il 1960, può dedursi dai dati relativi ai mutui concessi nell'ultimo triennio: nel 1958 n. 126 per L. 18.870.100.000; nel 1959 n. 179 per L. 21.361.700.000; nel 1960. n. 406 per L. 44.876.500.000.

I 'mutui dèliberati nel 1960 determineranno un investimento complessivo, per immobilizzi e per quota scorte, di L. 81.944.202.000; essi sa- ranno destinati, per il 43,1% come numero ed il 63.5% come importo, e cioè in numero di 175 per L. 28.485.000.000, alla costruzione di nuovi stabilimenti industriali, in cui risulte- ranno investite (immobilizzi e quota scorte) L. 50.532.563.000, e per il 56,9% coine numero ed il 36,5% come importo, e cioè in numero di

centualmente diminuiti gl'interventi a favore d'industrie ~roduttrici di beni destinati ad uti- I - - - . . - . -- - . - - .. . . . -

lizzazione h e d i a t a per la produzione, ed. aumentati quelli a favore d'industrie produttri- ci dei beni di consumo, sino a raggiungere il 50% dell'importo totale.

La percentuale media deli'intervento credi- tizio si è elevata dal 53.0% nel 1959, al 54,8% nel 1960, l'occupazione operaia prevista, come effetto delle concessioni avvenute nel 1960, rag- giungerà 17.227 unità; l'investimento medio complessivo (per immobilizzi e quota scorte) corrispondente all'occupazione di una unità la- vorativa si è lievemente ridotto, da L. 4.812.000 nel 1959, a L. 4.767.000 nel 1960, mentre l'im- porto della quota media di credito relativa è di poco aumentato, da L. 2.551.000 a L. 2.605.000.

'Le domande per sovvenzioni cambiarie, da parte 'di piccole industrie, per la provvista od il rinnovo di macchinari, si sono più che rad- doppiate nel 1960, in confronto all'anno. prece- dente, ed hanno raggiunto il numero di 247 e l'ammontare di L. 1.205.255.694.

La legge 16 settembre 1960 n. 1016, ha dispo- sto la concessione di finanziamenti a medio termine, a condizioni di favore, alle medie e piccole imprese commerciali, per la realizza- zione di programmi di apprestamento, di am- pliamento e di rinnovo delle attrezzature, ed ha autorizzato YISVEIMER al compimento di oaerazioni di tale natura nella propria zona . . di competenza.

Le cifre dello stato attivo e passivo dell'Isti- tuto, al 31 dicembre 1960, raffrontate con quelle alla fine dell'esercizio precedente. mostrano chiaramente i risultati dell'inten%a attività svolta nello scorso anno. - .-

I mutui per impianti industriali in essere al 31 dicembre 1960, hanno raggiunto l'ammon- tare di L. 100.313.420.719 di fronte a L. 79 mi- liardi 119.309.747, al 31 dicembre 1959.

I fondi patrimoniali dell'Istituto, formati dal fondo di dotazione, dal fondo speciale e dal fondo di rotazione costituito con legge del 12 febbraio 1955, n. 38, dall'importo originario di L. 22.248.500.000, sono ascesi, mediante le successive attribuzioni di quote di utili annui, a L. 23.470.172.897.

L'utile netto dell'esercizio è risultato di L. 303.904.834.

La relazione si conclude osservando che alla fine del settimo esercizio, l'azione dello ISVEMER, la quale non dovrebbe venir misu- rata e considerata soltanto nell'angusto giro di ogni singolo anno, può cominciare ad essere va- lutata nei suoi lineamenti genei-ali e nei suoi ricultati complessivi; essa si riassume in tre cifre principali: mutui per impianti industriali accordati, n. 1.356 per L. 155.096.198.000; investi- mento complessivo negli impianti stessi, lire 288.529.125.000: occupazione di unità lavorative promossa n. 58.782.

Tale azione non è stata certo, immune da deficienze, ed è suscettibile di molti maggiori sviluppi, ma un equo giudizio su di essa deve tener conto della somma di difficoltà incontrate e superate, ed anche delle limitazioni e delle insufficienze degli stessi provvedimenti legi- slativi che essa-è stata sin qui. chiamata ad applicare.

Due constatazioni sembrano , lecite. e cioe: che lo speciale strumento creditizio creato dalla legge 11 aprile 1953, n: 298, per il Mezzogiorno Continentale, ha raggiunto una considerevole efficienza; che l'apporto auantitativo e qualita- tivo da esso dato all'industrializzazione delle regioni meridionali si concreta, ormai, in cifre deane di rilievo e che legittimano speranze ed asiettative più alte.

-

Ha quindi preso la parola il dott. Salvatore Viaggio, Presidente del Collegio Sindacale, per dare lettura della relazione dei Sindaci.

L'Assemblea ha approvato all'unanirnità il Bilancio al 31 dicembre 1960 e il riparto de- gli utili.

Hanno poi preso la parola i Ministri onore- voli Colombo e Pastore, per fare importanti dichiarazioni.

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