mm ee ss cc oo llaa ttoo aa ii pp aa ss ttoo rr ii · 2014-11-27 · mm ee ss cc oo llaa ttoo aa ii...
Post on 08-Jul-2020
9 Views
Preview:
TRANSCRIPT
MMeessccoollaattoo aaii ppaassttoorrii
3
Caro Gesù, anche tu ti devi abituare a non
ricevere più la posta natalizia inviata in modo
tradizionale. Internet, tweet, whatsapp,
smartphone, face book, skype ecc. obbligano
anche te ad adeguarti al progresso. Tuttavia
anche tu ameresti riceverne ancora qualcuna
di quelle vecchio-stile, una di quelle che si
imbucano con la complicità della Maestra e
della mamma. Fra tante letterine che ricevevi
e che leggevi con amorosa attenzione,
eccotene una che arriva da Vigo di Cadore.
Te la scrive il pastore del tuo gregge: nota
bene, Signore, del TUO gregge! Davanti al
presepio è commovente osservare
l’adorazione dei pastori cui si associano, a
modo loro, anche le pecore: tutti compresi di
ciò che stanno osservando e vivendo. Un
bambino che è un “niente di peso”, due
giovani sposi incantati, una mini-famiglia che
se ne sta lì, SENZA parole, perché in mezzo
ad essi c’è abbastanza PAROLA, Colui che
verrà chiamato LA PAROLA, il VERBO.
Accarezzano con lo sguardo quelli che
condividono l’evento lieto che si è
concretizzato. La gioia per la nascita non è
soltanto ed esclusivamente loro ma si è già
propagata nei dintorni. Ha contagiato perfino
il cielo, dato che sembra di sentire la voce
degli angeli che cantano e danzano per
quanto è accaduto. Mi metto tra quei pastori
prima di tutto perché mi piace “l’odore delle
pecore”. Sì, lo so che è una mia debolezza
che mi porto dietro dall’infanzia: non mi ha
mai ripugnato “puzzare di pecora”. Però
anche Papa Francesco ha detto ai vescovi e
ai preti che non è un cattivo odore, anzi, che
lo si deve sentire, che lo si deve “indossare”.
In un mondo che propone i profumi più
sofisticati e più penetranti, non è bello che
qualcuno faccia una proposta del tutto
opposta? Non è bello che questa immagine
serva a dire in poche righe quello che
intercorre tra il sacerdote e la sua comunità?
A godere quello spettacolo “poco celeste e
molto terreno” (per usare il titolo di un
simpatico film con Bud Spencer), lo
spettacolo di una coppia col suo neonato
“deposto in una mangiatoia”, si sono
presentati per primi coloro che avevano
ricevuto l’invito espressamente: sempre loro,
sempre i pastori. Non hanno tirato fuori le
solite scuse del freddo, della notte,
dell’essere poco graditi al resto della gente.
Hanno obbedito e sono andati là, solo a
vedere cosa veramente stava succedendo.
Hanno trovato, e si sono sentiti privilegiati di
avere il primo posto, loro che, di solito, non
venivano neanche creduti in tribunale perché
ritenuti furbacchioni e imbroglioni. Forse per
lo stesso motivo che ha spinto la nostra
gente a coniare il proverbio “coi preti e coi
pastori non c’è da mettersi a discutere”.
Spero che mi sentano collega di lavoro i
custodi delle greggi di quella notte di 201 4
anni fa, e che mi diano la possibilità di
inginocchiarmi davanti alla capanna di
Betlemme, in mezzo a loro. Spero che
sappiano che anch’io, come loro, non finisco
mai di fare le meraviglie quando vedo le cose
grandi che si fanno piccole, i misteri immensi
che diventano briciole. Il mondo – e io non
sono esente – tende a fare il contrario:
gonfiare ciò che è meschino, imbastire
grandezze con le cose da poco. Dio sceglie
l’altra strada, quella di assomigliare a noi “in
tutto, fuorché nel peccato”.
il Pievano
Monsignor Giovanni Maria Longiarù ci ha sempre voluto un gran bene, un
bene da “burbero benefico”. Ecco come si esprimeva nel bollettino del
febbraio 1958, dopo alcuni mesi di stanchezza e di inattività. Fare commenti
a un pezzo così espressivo sarebbe rovinare l’attualità dei richiami e la
veemenza della verità!
4
famil iare in Occidente non è quellaafricana e asiatica. In Asia ci sonomoltissimi matrimoni misti e con noncredenti, in Africa si rifiuta l 'omosessualitàe ci sono famiglie poligamiche. Per questoi vescovi hanno un registro diversoquando parlano delle famiglie.
Chiave 3. - Papa Francesco è rimasto insilenzio. Voleva ascoltare e non vuolepronunciarsi finché i temi trattati nonsaranno maturati e non verranno espostimeglio nel prossimo Sinodo ordinario del2015.I testi approvati sono “documenti dilavoro” che continueranno ad esserestudiati nel prossimo Sinodo. Si cerca diconiugare la “misericordia” di Dio conl'accompagnamento della Chiesa a “tutte”le famiglie, qualunque sia la lorosituazione, con la dottrina immutabile,derivante dalla Rivelazione sulla famiglia esul matrimonio.
Chiave 4. - Un Sinodo è un organoconsultivo del papa a cui partecipanorappresentanti di tutte le ConferenzeEpiscopali. Serve per riunirsi con il papa edibattere temi attuali, come in questo casoil tema della famiglia. È quello che sichiama vivere la “sinodalità” o“collegial ità”, detto con l'espressione delConcil io, ovvero “camminare insieme” evivere la corresponsabil ità nella vita dellaChiesa sotto Pietro, o con Pietro.
Chiave 5. - In tutti i Sinodi – come èavvenuto nel Concil io – esistonoinfiltrazioni nella stampa soprattutto suquestioni che possono colpire il pubblico,
come il tema degli omosessuali o deidivorziati. Le agenzie internazionalidiffondono queste infiltrazioni, e risultacome se fossero opinioni del Sinodo. È ilgioco attuale del mondo dellacomunicazione: “se non racconti cosestrane non ottieni un titolo”. Nei Sinodi,già al l 'inizio i media dividono i Padrisinodali in “progressisti” e “conservatori”.È sempre la stessa cosa. I conservatorisono logicamente quell i del la Curia, e iprogressisti i Padri sinodali che ottengonoprotagonismo perché rompono in qualchemodo con la dottrina tradizionale. Inquesto Sinodo il cl ima è stato buono,anche se con le logiche e normalidiscrepanze.
Chiave 6. - Una cosa è la comprensione el'accompagnamento delle famiglie vivendocon loro il dolore di una crisi o di situazioniirregolari, un'altra è accettare questesituazioni irregolari come se avessero ilbeneplacito della Chiesa. Il Sinodo èvenuto a cambiare non la dottrina, ma lapastorale.
Chiave 7. - Il messaggio del Sinodomanifesta come Cristo passi per le stradee per le case mostrando la “bellezza” dellafamiglia riflessa nella testimonianzaquotidiana che offrono molte famiglie al laChiesa e al mondo con la loro fedeltà, laloro fede, la loro speranza e il loro amore,malgrado le difficoltà. “Si assiste, così, anon poche crisi matrimonial i, affrontatespesso in modo sbrigativo e senza ilcoraggio della pazienza, della verifica, delperdono reciproco, della riconcil iazione eanche del sacrificio”.
9
10
Chiave 8. - Pensiamo, dice il Messaggio
del Sinodo, al le “difficoltà economiche
causate da sistemi perversi. Pensiamo al
padre o alla madre disoccupati, impotenti
di fronte alle necessità anche primarie
della loro famiglia, e ai giovani che si
trovano davanti a giornate vuote e senza
attesa, e che possono diventare preda
delle deviazioni nella droga o nella
criminalità”. Pensiamo alle famiglie povere,
a quelle profughe, a quelle perseguitate
per la fede, che soffrono le guerre, al le
donne che subiscono violenza, agli abusi
su bambini e giovani.
Chiave 9. - Gesù Cristo non è andato a
cercare i buoni, ma i pubblicani e i
peccatori. Bisogna uscire verso le periferie,
senza trascurare le famiglie che fungono
da modello e testimonianza ad altre
famiglie. “Il vertice che raccoglie e
riassume tutti i fi l i del la comunione con
Dio e col prossimo è l’Eucaristia
domenicale, quando con tutta la Chiesa la
famiglia si siede alla mensa col Signore.
Egli si dona a tutti noi, pellegrini nella
storia verso la meta dell’incontro ultimo
quando 'Cristo sarà tutto in tutti ' (Col
3,11). Per questo, nella prima tappa del
nostro cammino sinodale, abbiamo
riflettuto sull’accompagnamento pastorale
e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati
risposati”.
Chiave 10. - Il Sinodo non mette in
discussione la dottrina, ma riflette sulla
pastorale, ovvero sul discernimento
spirituale per l 'applicazione di questa. La
misericordia non elimina i comandamenti.
La sessualità deve essere affrontata in
modo positivo, perché si parla tanto degli
aspetti negativi della sessualità al di fuori
del matrimonio che sembra che la
sessualità matrimoniale sia una
concessione a un'imperfezione.
Chiave 11. - L'amore tende per propria
natura ad essere per sempre, fino a dare
la vita per la persona amata (cfr. Gv 15,
13). “L’amore coniugale, unico e
indissolubile, persiste nonostante le tante
difficoltà del l imite umano; è uno dei
miracoli più bell i, benché sia anche il più
comune”. L'amore non è solo
procreazione, ma anche educazione nella
fede dei figl i. L'amore è “un dono di beni,
di compagnia, di amore e di misericordia,
e anche una testimonianza di verità, di
luce, di senso della vita”.
Chiave 12. - Il matrimonio, afferma il
Messaggio sinodale, è un'autentica
vocazione, e in quanto tale richiede fedeltà
e coerenza. Il cammino di preparazione al
matrimonio deve essere lungo,
personalizzato e serio, senza paura che
diminuisca il numero di matrimoni
celebrati in chiesa. La crisi di valori e il
secolarismo ateo, erodono la famiglia e
modificano i valori di unione tra l 'uomo e
la donna.
Salvador Aragonés
[Traduzione a cura di Roberta
Sciamplicotti]
Il 2014 per il CAI di Vigo è stato
un anno intenso, ricco di attività e grandi
soddisfazioni. Il soci guidati da Marco De
Nicolò hanno messo in campo una ricca
serie di iniziative tutte tese a valorizzare il
nostro territorio e a rilanciarlo sia dal
punto di vista escursionistico che turistico.
Si è iniziato con la Settimana Nazionale
dell’Escursionismo per poi passare alle
gite sezionali e con quelle organizzate per
i ragazzi del GREST.
Importanti lavori di manutenzione sono
stati poi eseguiti al bivacco Spagnoll i sotto
i Ciadin, con la sistemazione e
tinteggiatura del tetto nonché la pulizia e
il rinnovo delle suppellettil i del l’interno.
In autunno è stata ultimata la pulizia dei
sentieri di competenza e la nuova
tabellazione della “Via dei Forti”, cioè il
col legamento escursionistico tra il forte
del Tudaio e il museo all’aperto di Col
Ciampon con il fortino di M. Miaron e
Lorenzago.
Si tratta di un percorso che
permette di attraversare la
catena Tudaio-Brentoni con
possibil ità di visitare tutti
quegli apprestamenti difensivi
della così detta “Linea Gial la”,
realizzati durante la Grande
Guerra: i l forte del Tudaio,
Ciampon e Pian Poeca con la
piattaforma della stazione
intermedia della teleferica
Piane-Tudaio; quindi le trincee
di Adiès, la strada mil itare
Pramossei-Zergolon con salita
al bivacco Spagnoll i (sito della
baracca mil itare del 1917) con
le trincee sulle forcelle. Quindi
attraverso l’antica “Strada delle Fede”
attraversare le “Lavine de Selva” sotto i
Brentoni per arrivare a Camporosso e
Razzo e da qui a Doana per poi scendere
al Mauria per Col Pioi e Costa Bordonà
lungo il sentiero dei contrabbandieri e
infine poter visitare “l’appuntamento” del
M. Miaron oppure scendere a Lorenzago
lungo la “Via del Papa” passando per le
difese di Mezzarazzo e Sasso Croèra. Una
serie di itinerari escursionistici attraverso
luoghi intrisi di storia in un ambiente
incontaminato e per certi versi selvaggio.
11
IILL CCAAII DDII VVIIGGOO DDAALL BBIIVVAACCCCOO SSPPAAGGNNOOLLLLII
AALLLLAA VVIIAA DDEEII FFOORRTTII
in visita a Laggio
Si fa manutenzione al tetto del bivacco Spagnolli
14
AANNAAGGRRAAFFEE PPAARRRROOCCCCHHIIAALLEE
Defunti
De Martin Rossella, anni 60, i l 1 0.04.201 4
Da Rin Zoldan Teresa, anni 84, i l 28.04.201 4
Mancini Gino, anni 86, i l 1 .05.201 4
Piazza Silvio, anni 90, i l 1 2.06.201 4
Pilotto Pesci Vittorio, anni 79, i l 25.07.201 4
Da Rin De Lorenzo Francesco, anni 71 , i l 4.08.201 4
Da Rin Della Mora Marcella, anni 96, i l 1 2.08.201 4
Da Rin Delle Lode Claudio, anni 84, i l 21 .09.201 4
De Podestà Bell ina Rudy, anni 48, i l 7.1 0.201 4
Micel l i Anna Clorinda, anni 98, i l 1 4.1 1 .201 4
Aldo Da Rin Pister, anni 77, i l 24.1 1 .201 4
Rossella De Martin
Anna MicelliRudy De PodestàBellina
Claudio Da RinDelle Lode
Marcella Da RinDella Mora
Francesco Da RinDe Lorenzo
Vittorio Pilotto Pesci
Silvio PiazzaGino ManciniTeresa Da Rin Zoldan
Aldo Da RinPister
Leggiamo nella vita di S.Pio X che, anche da Papa, dai suoi familiari,
soprattutto dalle sorelle veniva chiamato “Bepi”. Un affetto spontaneo lega
sempre le persone di una stessa famiglia, e non sono certo i titoli o la carriera a
oscurare il sentimento e la semplicità.
Il nostro “Don” Alessandro Coletti per tanti di Laggio è rimasto Alessandro,
perché lo ricordano ancora piccolino; come per i ragazzi che lo hanno avuto
animatore giovanile è diventato “Aled”; perfino il sottoscritto ce l’ha con questo
simpatico nomignolo nella sua rubrica telefonica!
La buccia – diciamo così – è la stessa; ma la sostanza è diventata altro. Dal 14
giugno 2014 lui è “presbitero”, prete insomma, e cosa ha innescato la sua
ordinazione sacerdotale lo sanno tutti quelli che hanno preso parte alla
cerimonia a Belluno.
Prima di tutto bisogna provare stupore davanti ad una vocazione che matura e
sfocia nella consacrazione definitiva. Lo stupore davanti al mistero di Dio che
lavora nel segreto, senza scoop giornalistici, ma lavora sodo quando ha
destinato un suo figlio a seguirlo nella vita sacerdotale.
Nei pochi anni in cui ho svolto il compito di rettore del Seminario provavo
questa forte emozione ogni volta che vedevo i seminaristi in cappella mentre
pregavano o adoravano l’Eucaristia o salmodiavano o prestavano l’orecchio alle
parole del Padre spirituale. “CHI” li ha condotti in questo luogo di riflessione –
16
DDoonn AAlleessssaannddrroo CCoolleettttii
Restauro conservativo della Chiesa di San Daniele(a cura dell’arch. Cristiano Da Rin Bettina)
I l programma di restauro della chiesa è iniziato ancora nell ’estate del
2011 con l’accatastamento della stessa presso l’Agenzia del Territorio di
Belluno, la stesura del progetto che inizialmente prevedeva anche il
restauro degli intonaci esterni, presentato al Comune, al la
Soprintendenza ai Beni Architettonici di Venezia ed alla Commissione
d’Arte Sacra Diocesana e varie domande di contributo, purtroppo non
tutte andate a buon fine.
I lavori sono stati affidati ad una Ditta accreditata presso la
Soprintendenza di Venezia: Impresa Consolrestauri di Farra d'Alpago e
sono iniziati i l 01 .09.201 4.
E' stato rimosso il manto di copertura in lamiera ondulata, ormai
fatiscente, e pure il tavolato in legno inferiore. Questa operazione ha
messo a nudo le capriate in legno che sostengono la copertura, per cui è
stato possibi le trattarle con prodotti conservativi , al fine di migl iorarne la
durata e l 'elasticità. Alcune travature in pessimo stato di conservazione
e marcescenti sono state sostituite.
E' stato poi posato i l tavolato di supporto della copertura, in tavole di
San Daniele oggi
19
20
legno di larice e stesa una guaina idrorepellente traspirante al di sopra di
questo. Sono state realizzate le grondaie , le calate (pluvial i) e le
scossaline in lamiera di rame naturale.
Al di sopra dell 'impalcato è stato steso uno strato di lamiera grecata
coibentata colore testa di moro. Questo strato costituisce una barriera di
sicurezza pressoché assoluta al le infi ltrazioni d'acqua che dovessero
scendere dal manto definitivo in scandola di legno. Inoltre la
caratteristica profi latura garantisce la venti lazione del manto e perciò la
salubrità del lo stesso. Naturalmente questa lamiera è stata completata
con pezzi special i per i l colmo e il displuvio, in modo da rendere ermetici i
punti di giuntura.
AI di sopra di questo strato è stato posto i l manto di copertura inscandole di legno di larice segate, posate "in seconda".Su richiesta dell ’Ufficio Tecnico sono stati previsti ancoraggi disicurezza (Linea Vita) per la manutenzione della copertura ed unimpianto “parafulmine” con i relativi picchetti di dispersione a terraposti al l 'interno di pozzetti , per la particolare localizzazione dellaChiesa, particolarmente esposta alle scariche atmosferiche.A questo lavoro ha provveduto la ditta Elettrodolomiti di Vigo diCadore.L'ultimazione delle opere è avvenuta i l 20.1 0.201 4.
La spesa totale dei lavori comprensiva di accatastamento delfabbricato, progettazione, direzione lavori ed altro ammonta ad Euro55.11 4,25.
I l pagamento verrà effettuato con i contributi e le offerte ricevute daEnti e Privati :
Contributo Europeo GAL Alto Bellunese ��. € 20.1 98,30Comune di Vigo di Cadore �������� “ 1 0.000,00Offerta a ricordo di Giuseppe e NelsoDa Rin Pagnetto e Cesira Trenti ����� “ 1 0.000,00Offerte dei Parrocchiani �������� “ 4.556,50
_____________€ 44.754,80
La differenza a debito è stata coperta con un prestito ottenuto dalFondo di cooperazione Interparrocchiale di Feltre.
22
L'anno di nostra Redenzione e Salute 1862.
Nel giorno 16. del mese di Giugno.
Regnando il Sommo Pontefice Papa Pio IX ed
Imperando Francesco Giuseppe l° Imperatore d'Austria.
Ad perpetuam rei memoriam.
Fino da epoca immemorabile esisteva in questo monte un Oratorio intitolato a S. Daniele
Profeta, eretto dalla pietà e dalla fede degli Avi nostri. Tale Oratorio, ricordando pie e
religiose tradizioni, venne mai sempre tenuto in conto di prezioso Santuarietto, e
risguardato siccome luogo di grazie e di benedizioni. Per cui, grande fu in ogni tempo la
devozione professata da questi fedeli e dai fedeli pure delle vicine parrocchie, a questa
stessa Chiesa ed a questo Santo.
Orsono quattro anni tale Oratorio, guastato ed affranto dalla propria antichità, crollava,
con generale rincrescimento di paesani e di forestieri. Da quel momento, un voto, non
meno comune, che ardente, si manifestò di vederlo subitamente riedificato. Animati da
vivo zelo e da vero sentimento religioso gl'infrascritti Signori Fabbricieri e Signori Deputati
prestaronsi solleciti in dar mano all 'opera per la sospirata ricostruzione. Approntati i Mezzi
ed ottenuta la superiore approvazione Ecclesiastica e Civile, finalmente, in questo lieto e
fausto giorno, quassù portaronsi a porre di questa novella veneranda Chiesa la prima
Pietra, benedetta a cura del proprio Sig. Pievano pure infrascritto.
Nella spesa pel compimento di quest'Opera religiosa vi concorsero unanimi il Comune e la
Chiesa Parrocchiale; Quello nell 'importo di Fiorini austriaci 700.00; Questa nell 'importo di
525.00 che costituiscono la somma di Fiorini 1225.00. Dal canto loro offrirono pure il
proprio Obolo tutti questi devoti paesani, altri in denaro ed altri in prestazioni gratuite,
nessuno soffrendo andare escluso dal concorso di un' opera tradizionale sì sacra, sì
rel igiosa, sì pia.
Ci benedica e tutti ci salvi i l nostro Signore Iddio Ottimo e Massimo per le preghiere e
l'intercessione di S. Daniele!
Il Pievano: P. Simeone Del Favero
I Fabbricieri: Da Ronco Cipriano
De Martin Zaccaria
Darin Giuseppe
I Deputati: Dolmen Angelo
Darin Giuseppe
Sopra un blocco dolomitico privo
quasi di vegetazione, che in lontananza
sembra una protuberanza del Tudaio, sorge la
chiesetta di San Daniele, meta ordinaria di
passeggiate per chi vuoi darsi l'aria di fare una
salita, senza grave rischio e pericolo. Da
Laggio parte una strada militare, che prima
della guerra vittoriosa era un semplice
sentiero, che monta fino a Ciampon, di dove
s'inerpica un sentiero tra rocce e burroni, che
porta fino alla chiesa. Vi si celebra la messa
una volta all'anno, alla fine d'agosto e allora il
piccolo spazio davanti la chiesetta si riempie
di pellegrini venuti da tutte le parti del Cadore.
La leggenda dice che San Daniele si rifugiò
lassù per sfuggire le persecuzioni. E a
suffragio di questa assurda leggenda, si
mostra sul sentiero, impresso nella viva
roccia, lo stampo grossolano di una mano,
dove dicono che il Santo si sarebbe
appoggiato nella faticosa salita.
La verità è molto più semplice. Prima esisteva
una chiesetta più bassa, dedicata a San
Giovanni Battista, Quando questa fu ridotta
dal tempo e dalle intemperie in condizioni
inabitabili, pensarono di costruirne un'altra, più
in alto, per renderla più visibile ai molti devoti
e la dedicarono, forse perché vi fu traslato
dalla chiesa parrocchiale di Vigo un quadro di
San Daniele tra i leoni, a questo Santo, che
probabilmente nella lontana Babilonia non
avrà mai sentito nominare il Cadore. Ci
avevano riferito che sul pianoro sovrastante
alla chiesa, tra i mughi serpeggianti si
23
SSaann DDAANNIIEELLEEI l racconto del Dott. G.L. AGNOLI di Pelos
aggiravano due camosci. Si decise dunque tra
noi cacciatori di fare una spedizione venatoria.
Alla chiesetta ci fu una breve sosta, per
combinare il piano della battuta, poi, pian
piano, per non muovere i sassi, su, su fino al
pian di Poeca, meta delle nostre speranze.
Il primo posto fu assegnato al più anziano della
compagnia e noi su con ogni riguardo per
evitare ogni rumore che potesse insospettire le
bestie. Improvvisamente due colpi di fucile
lacerarono l'aria. Ci volgemmo e vedemmo il
compagno della prima posta che agitava in
aria il fucile col grido di prammatica: morto!
Ci precipitammo ansiosi di vedere la vittima.
Ma il primo arrivato si volse con un gesto di
desolazione, che ci sorprese e diede ali ai
nostri piedi. Quando fummo sul posto ci
trovammo davanti a un grosso caprone
boccheggiante. Ci guardammo in faccia e
qualcuno aveva una gran voglia di ridere, ma
si tratteneva per non mortificare il compagno, il
quale era già molto depresso e s'affannava a
spiegare come era avvenuto lo scambio. La
caccia era finita e restava soltanto da, salvarci
dal ridicolo e non diventare la favola del paese.
Di trasportare il morto non se ne parlò
neppure. Si decise invece, appena raggiunta la
chiesa, di separarci e per vie diverse di
rientrare in paese.
Ma i montanari sono molto mattinieri, e per i
campi c'erano già dei lavoratori, che dovevano
aver visto qualcuno di noi. Fatto è che pochi
giorni dopo capitò a casa mia un contadino di
Laggio, a reclamare il prezzo della capra. Da
prima cercai di fare l'indiano, ma mi accorsi
subito che il montanaro aveva informazioni
troppo precise sulla nostra spedizione. Pagai
dunque e, ridendo, lo pregai di non propalare
la cosa. Ridendo promise. Ma pochi giorni
dopo la storiella correva sulla bocca di tutti e
tutti, come avviene in queste cose, vi
aggiungevano la propria frangia.
Il più danneggiato fu il tragicida, il quale giurò
che non avrebbe più preso il fucile in mano, e
mantenne la promessa.
24
26 agosto 201 4
Don Bosco, il prossimo 16
agosto 2015, «compirà
200 anni»: bicentenario
della sua nascita. Forse
vecchio nel tempo ma non
molto nel suo carisma,
vivo e attuale in quanti
continuano a espandere la
sua opera: salesiani, suore
Figl ie di Maria ausil iatrice,
cooperatori, ex all ievi,
amici, gruppi della
Famiglia salesiana. Don
Bosco ora è presente in
oratori, centri giovanil i,
scuole, missioni, tra i
ragazzi di strada, in case famiglia.
Sognatore, ispiratore, promotore,
educatore, fondatore, comunicatore…
«santo e giovane con i giovani»« indica la
via della santità nell’essere educatori ed
educandi, seguendo «il Vangelo della
gioia attraverso la pedagogia della
bontà».
Duecento anni ci separano da quel giorno
in cui in un piccolo borgo dell 'astigiano,
come frutto dell 'amore di due sposi
profondamente cristiani, Margherita e
Francesco, il Signore ha regalato al
mondo Giovanni Bosco, futuro Padre e
Maestro della gioventù, ancora oggi
conosciuto, amato e venerato in tante
parti del mondo.
Molte sono le iniziative in cantiere per
sottolineare questo avvenimento. Con
gesto davvero paterno l'Arcivescovo di
Torino ha ottenuto di poter inserire nel
corso delle celebrazioni anche
l'Ostensione della Sindone in Cattedrale e
ora abbiamo anche la conferma della
visita di Papa Francesco a Torino il 21
giugno p.v.
Dal 16 agosto 2014 al 16 agosto 2015
sarà davvero un anno ricco di sante
“provocazioni” e di possibil ità di
riflessione per tutti; ci auguriamo di
concretizzarne alcune anche nella nostra
realtà. Queste celebrazioni non vogliono
essere momenti trionfalistici, e nemmeno
semplice evocazione storica, ma
occasione per riflettere sull 'azione dello
Spirito Santo, che ha agito in don Bosco e
continua ad agire oggi.
E' ancora occasione per una seria
26
Il 16 agosto 2014 è iniziata ufficialmente la grandeavventura della celebrazione del Bicentenario dellanascita di Don Bosco, padre e fondatore della nostraFamiglia Salesiana
in visita a Laggio
riflessione sul delicato tema
dell 'educazione dei giovani, sfida che oggi,
come allora, si fa urgente e preoccupante.
E' soprattutto occasione per una ripresa di
vita cristiana significativa, profonda e al
tempo stesso attiva, testimoniante e
coraggiosa, come ci ricorda spesso Papa
Francesco, al la luce della figura luminosa
di don Bosco.
Per questo accanto al giorno della nascita
ci piace ricordare anche quello del
Battesimo, il 17 agosto 1815. Lasciamo
agire in noi i l dono della grazia
battesimale.
Possiamo dire che don Bosco ha iniziato la
sua avventura da quando aveva nove
anni: «A quell’età ho fatto un sogno, che
mi rimase profondamente impresso nella
mente per tutta la vita: «…Renditi umile,
forte e robusto!…A suo tempo tutto
comprenderai». Sono state indicazioni
celesti, in seguito confermate anche da
altri sogni. Per esempio, si trovava a
Barcellona in Spagna a chiedere elemosina
per i suoi missionari. In un sogno intravide
una lunga linea geografica che
congiungeva Santiago del Cile a Pechino
in Cina attraversando l’Africa con centinaia
di presenze salesiane indicate nel globo
terrestre.
Desideriamo quindi per questo anno
giubilare offrire a ciascuno questo
messaggio/impegno: riscoprire la gioia di
essere figl i di Dio, chiamati ad una
eternità felice, generosi compagni di
viaggio con quanti ci camminano accanto,
solleciti soprattutto verso i più piccoli e
fragil i . Don Bosco ci attende tutti nel
Giardino salesiano del Paradiso, da lui
sognato. Lasciamoci guidare da lui in
questo viaggio della vita. E non
dimentichiamo che è con la protezione di
Maria che egli ha potuto realizzare tutta la
sua opera. Invochiamola anche noi con
fiducia.
Buon anno giubilare e la benedizione di
Don Bosco ci raggiunga tutti!
suor Gabriella
27
Arturo a 1 9 anni
“La Chiesa non ha bisogno di riformatori, ma di santi.” (George Bernanos )
Dunque, una volta per tutte, ti viene proposto un breve precetto: ama e fa
ciò che vuoi. Se tu taci, taci per amore: se tu parl i , parla per amore; se tu
correggi, correggi per amore; se tu perdoni, perdona per amore. Sia in te la
radice dell 'amore; e da questa radice non può derivare se non il bene.
(Sant’Agostino, Commento alla prima lettera di Giovanni VI I , 7-8)
«Domani non ci sarà più posto per i "piccoli' cristiani" e i "sacerdoti funzionari".Questo ti rianimi e dia le ali (ali serie, non retoriche) alla tua preparazione. Siavvicina l'ora in cui ci sarà ancora "gusto a fare il prete"». (Don PrimoMazzolari a un seminarista)
70 anni fa , i l 6 giugno 1944, tra i
protagonisti del D-DAY, ovvero dello
sbarco alleato in Normandia, ci fu pure
Arturo Da Rin De Lorenzo “Rial”, nato l’11
agosto 1924 a Joliet nell’Il l inois da
Giobatta (classe 1894) e Teodora Da Rin
Zoldan, entrambi originari di Laggio.
Arturo, assieme ad altri due reduci
novantenni, è stato invitato alla cerimonia
che si è tenuta sulla piazza principale di
Joliet, per l’occasione cosparsa con la
sabbia giunta dalla spiaggia di Omaha,
dove è stato inaugurato un monumento
inviato dalla Francia, sul quale il nostro ha
posto un mazzo di fiori in memoria dei
suoi amici caduti nello sbarco.
Il rappresentante del Governo degli Stati
Uniti, Jerry Weller, gl i ha donato un
nastro di combattimento e due medaglie
commemorative per la campagna mil itare
e per la vittoria, dicendo testualmente: “Il
sig. De Lorenzo è un esempio del
coraggio che fu della miglior generazione
americana e la nostra nazione gli è
debitrice di gratitudine”.
Arturo nel 1942, dopo essersi diplomato,
si arruolò come volontario nella marina
americana, dove frequentò la scuola di
meccanica e motoristica, finendo
imbarcato su un LST 262, il famoso
mezzo da sbarco che poteva trasportare
fino a 500 uomini. Il suo equipaggio,
dopo un lungo addestramento presso
Chesapake (Baltimora), nell’aprile del
1944 raggiunse Falmouth in Inghilterra,
per imbarcare le truppe destinate
all’invasione della Normandia.
“L’operazione era segretissima - ci
racconta - ma intuimmo che la faccenda
stava diventando seria quando fecero
salire a bordo due preti. Il 3 giugno 1944
il tempo era pessimo, ma si partì lo stesso
e quando fummo al largo ci dissero che
stavamo andando in Francia.
Trasportavamo parte della 29a Divisione
di fanteria, destinata alla spiaggia di
Omaha. Il 6 giugno gettammo l’ancora a
poche miglia dalla spiaggia ed iniziammo
le operazioni di sbarco: venivano messe
28
IL CADORINO ARTURO DA RIN DE LORENZO
REDUCE DEL D-DAY FESTEGGIATO IN USA
in visita a Laggio
in mare delle imbarcazioni più piccole
chiamate Coxswain, con 5 uomini di
equipaggio, con le quali si potevano
portare fin sulla spiaggia 31 uomini
oppure una jeep od altro materiale. Il
primo trasporto fu per noi i l più
angoscioso. Come nel famoso film di
Spielberg, giunti sulla spiaggia
abbassammo il portellone e molti fanti
furono subito investiti dal fuoco tedesco.
Altri, carichi di materiale, a causa delle
buche sul fondo finirono annegati.
Impressionati tentammo di fare
retromarcia per un secondo viaggio, ma il
motore non funzionava più per la sabbia
che era stata aspirata e rimanemmo
incagliati. Tentai più volte di ripulire le
pompe ed i filtri, ma non ci fu niente da
fare, bisognava attendere l’alta marea.
Con il resto dell’equipaggio trovai rifugio
dietro ad un muro di cemento, da dove
potei seguire tutto il calvario della
29aDivisione, che perse il 90% degli
effettivi.
C’erano moltissimi feriti e, quando il fuoco
nemico ce lo permetteva, l i raccoglievamo
e li portavamo al sicuro. Di questi terribil i
momenti mi è rimasto impresso il volto di
un soldato che era rimasto senza il braccio
sinistro. Alle 9 di sera, con l’alta marea,
finalmente riuscimmo al ripartire con un
carico di feriti. Continuammo a sbarcare
uomini per due giorni ed infine il terzo
giorno l’LST toccò la spiaggia per
scaricare molti camion carichi di
munizioni.
L’8 maggio 1945 la guerra finì e due
settimane dopo eravamo già a New York,
poi a Norfolk ed infine in Florida, a
Neworleans, dove fui congedato: dopo 3
anni, 3 mesi e 13 giorni finiva anche per
me la Seconda Guerra Mondiale”.
w.m. – g.d.d.
29
Arturo a 1 9 anni
“Il Natale, bambino mio, è l'amore in azione. Ogni volta che amiamo, ogni
volta che doniamo, è Natale.” (Dale Evans 1912 – 2001)
Una persona grata è grata in ogni circostanza. Un’anima che si lamenta, si
lamenta anche se vive in paradiso. (Anonimo)
Vorrei poter mettere lo spirito del Natale all'interno di un barattolo e poterlo
tirare fuori mese permese, poco alla volta. . (Harlan Miller)
Il momento di gloria giunse
assolutamente inaspettato e mai più egli
avrebbe pensato che tra quelle crode tanto
amate potesse spuntare una medaglia
d'argento al Valor Mil itare. Della guerra poi
non amava certo parlare, nemmeno a
distanza di tempo e dopo tante lodi meritate,
tagliava corto sostenendo che essa era
sempre inutile e portava alla morte la
migliore gioventù. Eugenio Da Rin Puppel era
fatto così, uomo semplice e leale e tale
rimase fino all 'ultimo giorno della sua vita,
rifiutandosi di indossare l'abito del
protagonista, quel ruolo di primattore che la
storia peraltro, sembrava avergli ritagliato
nei suoi ineffabil i meandri. Nato il 29 agosto
del 1893 a Vigo di Cadore ed arruolato nel 7° Reggimento Alpini "Pieve di Cadore" il
15 settembre 1913, fu promosso caporale e si guadagnò la patente di buon "skiatore".
La sua grande occasione, quella che gli avrebbe fatto meritare appunto la medaglia di
argento al valor mil itare e la citazione sui l ibri di storia, si presentò praticamente
all 'inizio delle ostil ità, proprio in faccia al la tripl ice cuspide di Lavaredo. Ai primi di luglio
gli austriaci affidarono ad un gruppo di guide, al comando del famoso Sepp Innerkofler,
i l compito di riconquistare di sorpresa la croda e la sella del Monte Paterno. Il piano
prevedeva di sfruttare una via aperta alcuni anni prima dall 'Innerkofler, di costringere
gli ital iani ad abbandonare la cima e di occupare tempestivamente con un altro
plotone la sella. Nello scontro sulla cima Sepp perse la vita colpito, si disse, dalle
scariche di sassi dell’alpino De Luca e la sua morte fu oggetto di numerosi studi fioriti
negli anni seguenti, soprattutto da parte di Antonio Berti. Oggi, a 100 anni di distanza
proponiamo la versione inedita del nostro alpino, persona molto riservata, così come fu
raccolta nel 1935 dalla maestra di Vigo, Maria Righetti: “Prestavo servizio come caporal
maggiore nel 1° plotone della 268^ Compagnia del Battaglione “Val Piave”. In quei
giorni mi trovavo alla forc. del Passaporto e il 1° luglio, con 12 uomini fui mandato sul
Paterno per dare il cambio agli alpini della 75^ Comp. del Batt. “Cadore”. Ricordo che
con me c’erano gli alpini De Luca e Valentino Possamai che cadde qualche tempo dopo
nell’azione di conquista del Sexten Stein (Sasso di Sesto). Alle ore 4 del mattino del 4
luglio, l’artigl ieria nemica iniziò un accanito bombardamento contro il Paterno, che durò
30
EEUUGGEENN II OO DDAA RRII NN PPUUPPPPEELL DD II
VVII GGOO ,, LL’’ AANNTTII –– II NN EERRKKOOFFLLEERRGrande Guerra
due ore. La sottostante forc. del Camoscio in quei frangenti era presidiata dal un
plotone della 267^ Comp. del Val Piave al comando del Ten. Cadamuro. Avevo disposto
6 uomini al controllo degli accessi principali e 6 li avevo tenuti non nella trincea sulla
cima, ma un po’ più in dietro, di riserva. Cessato il bombardamento tre pattuglie
nemiche si presentarono all’assalto lanciando delle bombe a mano all’interno della
trincea. Dopo lo scoppio i sei alpini saltarono dentro la trincea e da questa fecero una
scarica di fucileria. Poi, visto che gli assalitori si erano nascosti negli anfratti
fiancheggianti i l canalone, e non potevamo colpirl i coi fucil i, iniziammo tutti a difenderci
lanciando dei sassi. Dopo un accanito combattimento della durata di qualche ora, i l
nemico venne rigettato a sassate. Non ricordo se la guida Innerkofler fu uccisa dai colpi
di fucile o dai sassi e da chi. Il recupero della sua salma fu eseguito da tre soldati della
75^ Comp. del Batt. Cadore, non ricordo se fra di essi c’era l’aiutante di sanità Loschi,
come si dice, perché non ero con lui, e neppure l’alpino Vecell io, invece sono certo che
uno dei tre era il mio compaesano Eliseo De Donà, classe 1891 morto nel 1920
all’ospedale di Verona a causa delle ferite riportate in guerra. La sera del 4 luglio,
cessato il combattimento, ricevemmo il cambio dagli uomini della 267^ Comp. con il
caporal maggiore De Carlo. Tra il 14 e il 19 agosto presi parte all’azione per la conquista
del Sexten Stein, dove rimasi ferito alle mani. Con noi c’era il cappellano don Pietro
Zangrando”. Per l’azione del Paterno Eugenio fu insignito della Medaglia d’Argento al
V.M. : “Comandante di una piccola guardia, in assalto tentato da tre pattuglie nemiche,
dimostrò mirabile fermezza d’animo rigettando, dopo due ore di intensa lotta,
l’avversario. M. Paterno, 4 luglio 1915”. Dopo il ricovero all’ospedale di Pallanza fu
inviato di nuovo al fronte dove ricevette i gradi di sergente. Catturato dagli austriaci ai
primi di novembre del 1917 al bosco del Cansigl io nel corso della ritirata di Caporetto, fu
tenuto prigioniero nel campo di concentramento di Radstadt fino alla fine della guerra.
Di fronte al prestigio e alla fama del grande Innerkofler, davanti al quale si
inchinarono riverenti entrambi gli eserciti, onorando in lui innanzitutto l 'amore per la
montagna e il senso del dovere spinto fino alle estreme conseguenze, forse la figura
di Eugenio Da Rin impall idisce. Egli non fu certo protagonista dell 'alpinismo dolomitico.
La sua notorietà non conobbe, né prima né dopo il confl itto, quella dilatazione e quella
valorizzazione che il mito sa donare ai suoi eletti. Si può dire però che la cruenta lotta ha
saputo elevare i due contendenti sul lo stesso piano di grandezza e magnanimità patria e
che da parte sua il nostro piccolo grande uomo ha fatto sempre di tutto per sfuggire alle
luci della ribalta e per ritornare al più presto alla sua dimensione squisitamente
personale e cadorina, conservata con coerenza e dignità fino all 'ultimo giorno della sua
vita (mori Cavaliere di Vittorio Veneto il 13 dicembre l969 all’età di 76 anni).
Una dimensione che rigettava per principio l 'odio e il nazionalismo, un carattere aperto e
disponibile pronto a tendere per primo la mano all 'antico avversario. Come Eugenio Da
Rin fece puntualmente allorché, molti anni dopo la fine del confl itto, si incontrò all 'ombra
di Lavaredo con il fratel lo di Sepp, stringendolo in un commosso abbraccio che valeva
più di ogni parola.
31
Chesta era na maestra veramente de
fèr, sia de salute che de caratere. Ten
doi ane de scola no la mai manciòu
n’ota, mai na linea de fiora, mai na
influenza, mai che par causa soa i
tosate avese perso ma lezion. Tante
ote vedeone i tosate de chele autre
clasi, co le maestre davante, che dèa
ciasa contente e beate. Le stufe che
era alora te le scole de spes le fumaa,
e cheste maestre le tosèa doi minuti, e
po dute a ciasa. Ma la nostra no! La
verdèa le finestre e con carton la
paraa fora el fumo, e chela stufa là,
pian pian, la se s’ciaudaa e no fumaa
pi, e le nostre oraziòn no avèa serviu
a gnente.
La so ciasa era puoco distante da le
scole e calche rara ota la n’tardivaa
magare den minuto e, cognosendo la
so puntualità, sempre n’anticipo se
pensaa, avendo anche ela doi tosate
picui, che forse i dèa al asilo e
magare noi stasèa ben. Ma no! La
ruaa quasi de corsa co la cartèla sote
el brazo e… “avanti ragazzi”! E
anche chel dì no se consumaa
scarpete!
32
LLAA MMAAEESSTTRRAA DDEE QQUUAARRTTAA EE QQUUIINNTTAA
La maestra Palatini e la scolaresca di Laggio, (giovani nati 1 923 - 1 925)
Chi ane là se dèa a scola da le nuove a
medodì e da le doi ale quatro par le
tose, e da le doi ale siè par i tos.
Scriveone pagine e pagine: na sera
“non devo…”, la sera dopo “devo…”,
quante de ste righe avaron scrito! E
sempre tra na riga e chelautra na
giaculatoria a la maestra. (Chel
Signòr me perdone).
A chela età là, dièse o undese ane, la
scola era la nostra disperazion! E
pasou calche an (masa svèlto) e i
tosate no e pì chi e anche el giudizio su
la maestra a cambiou. Ca te ste crode
el uso de la reson al vièn n’tin tarde e
no aveone capiu che la maestra la se
sacrificaa dute le sere, no la podea
pensà che i so scolari, finiu le
elementari che finia anche la scola del
obligo, noi savese almanco rangiase
tei laore che i avarae vu davante par
duta la vita.
I laore era sempre chi e solo chi:
agricoltura e pastorizia. Che ala
pensou sta maestra! La fato portà n’tin
de late da doi tosate che avèa le vacie
e là, te na mastèla, sun taulin tel
cianton de la scola, avon spietou doi dì
che viene la brama, e col mistro
“Mario Perutto”, n’tosato che savèa
fei (lavèa n’parou a monte co so pare)
la portou el “conaeo” (caglio) e
sempre sote la sorveglianza de la
maestra, che ne spiegaa punto par
punto, avon fato el botiro e anche el
formai là su chela famosa stufa de
maton.
No ei pi desmenteou! Aonde se ciata
adès na maestra che n’segna cheste
robe là te scola? Forse chesto no serve
pì, ma e sempre tanto autro da
n’segnà! Chi ese che ne a n’segnou
come se misura n’pas de legne e come
se misura na taea? Chi ese che e a fato
capì la diferenza che e dan metro stero
an metro cubo? Chesto no era el
programa de la scola, ma ne servia de
pì che savè come che era morto Giulio
Cesare.
La ne a n’segnou ste robe parchè che
te le compre o che te le vende te sepe
feite i conte, chesto era al so pensièr,
che savone defendese. La vita era bèlo
grama, almanco da no restà
n’broiade! Chela maestra là, che me a
fato patì, coi ciavei su drete par doi
ane, no lèi mai pì desmenteada e no
finirei mai de lodala par limpegno che
la vu par tante ane coi suoi “ragazzi”,
come i fose stade i suoi fioi.
Ei fato n’sogno! Là sul piazal de le
scole de Vigo (che la maestra a
esercitou la so profesion par medo
secolo) n’bèl monumento:
“ALL’INSIGNE MAESTRA TERESA
D’ANDREA-PALATINI con tanta
riconoscenza per i suoi preziosi
insegnamenti! I tuoi scolari”.
Pecà, e stou solo n’sogno, ma el merito
resta, non svampise!
di Tita de Ina
33
Arturo a 1 9 anni
Non si sentiva un “emigrante”, bensì
“un cadorino che lavora e vive in
Austral ia”: così amava definirsi Eugenio
Da Rin Pagnetto, originario di Laggio,
scomparso a Sidney il 16 aprile scorso
all’età di 78 anni. “Genio” era molto
conosciuto nella città austral iana, dove
con l’amico Ettore De Podestà faceva
l’imprenditore e dove nel 1970, con
Giovanni Pinazza di Domegge e Mario
Zanella di Feltre, aveva
fondato la “Famiglia di
Sidney” dei “Bellunesi nel
Mondo”.
In un’intervista rilasciata 25
anni fa, al momento di
andare in pensione,
ricordava le tappe principali
della sua avventura
austral iana: “Anche mio
nonno, che si chiamava
Eugenio come me, era
emigrato negli Stati Uniti,
vivendo poi per circa 30 anni
tra Detroit e Chicago, dove
si costruì una fama di uomo
onesto, tranquil lo e con
molta voglia di lavorare,
come, del resto, la
maggioranza dei cadorini.
Ma la parola “emigrazione”
non mi sembra adatta nel
nostro caso, perché i veri
emigranti vanno considerati
quei nostri avi che
lasciavano la casa e la
famiglia partendo a piedi, con un po' di
polenta fredda e qualche pezzo di
formaggio raccolti in un tovagliolo, per
raggiungere l'Austria nella speranza di
trovare un lavoro per alcuni mesi e
riportare in patria un modesto guadagno.
Noi invece, anche se siamo andati a
vivere all’estero, lo abbiamo fatto per
libera scelta e in condizioni certamente
migliori. Io a 18 anni ero andato in
34
EEUUGGEENN IIOO DDAA RRIINN PPAAGGNNEETTTTOO,, NNOONN CCHH IIAAMMAATTEEMMII EEMMIIGGRRAANNTTEE
Originario di Laggio, è scomparso a Sidney lo scorso 16 aprile a 78 anni,
dopo una vita intensa e ricca di soddisfazioni
Eugenio con la moglie Daniela
Francia, rientrando due anni dopo perrispondere alla chiamata alle armi; e cisarei anche tornato se, dopo il periodomil itare, le solite pastoie burocratiche perl’espatrio non me lo avessero impedito. Edè qui che avvenne la svolta della mia vita.Eravamo nel 1959 e una domenica,tornando da messa con gli amici, vidi unmanifesto con la richiesta di manodoperaper l 'Austral ia. In quel periodo, su da noi,i l lavoro era scarso ed io ormai mi sentivoun veterano del viver fuori casa dopo leesperienze della Francia e del mil itare.Così da quel giorno, con gli amici,cominciai a fantasticare sulle avventureche avremmo vissuto in Austral ia, anchepensando che, in ogni caso, non sarebbestato difficile raggranellare i soldi pertornare a casa. Così alcuni mesi dopo, nel1960, siamo partiti in undici dal nostropaese. Io avevo 21 anni: mi sono fattoprestare da mia sorella i soldi per ilviaggio e arrivai a Sydney con la nave“Roma” della flotta Lauro, dopo 25 giornidi noiosissima navigazione.La vita in Austral ia? È stata dura per iprimi 4-5 anni, soprattutto per la scarsaconoscenza della l ingua, per il diversomodo di vivere, per una cultura che nonpenetravamo ancora del tutto. Il governoaustral iano aveva bisogno di tanta nuovagente, proveniente da diversi paesieuropei, con abitudini e culture diverse,perché aveva bisogno di sviluppare in tuttii campi l’economia di questo immensopaese, ma i residenti non ci vedevano dibuon occhio. Forse si attendevano deidocil i animali da soma, invece videroarrivare persone che sapevano vestirebene, avevano una propria cultura e lavolevano difendere, conoscevano le buone
maniere, anche a tavola… Insomma, purrispettandoci, non sembravano volercitanto bene. Appena arrivato, ho trovatoBepi Da Rin De Barbera, un carissimoamico e compaesano, che già avevaorganizzato tutto per noi. Raggiungemmocon il treno e altri mezzi un cantiere acirca 1300 chilometri di distanza, dove luiera capo. Dopo 4 giorni e 4 notti diviaggio cominciammo a lavorare alla posadi l inee elettriche alle dipendenze della“Transfield”, una ditta ital iana che oggi èfra le più importanti d'Austral ia. Sono statitre anni duri, ma esaltanti. Avevamocantieri bene organizzati, con cucina esistemazione tutti al l 'ital iana, tanto che cisembrava quasi di non esserci mossi dalnostro paese. Eravamo una quarantina diuomini, quasi tutti scapoli e sotto itrent'anni. Sono stati, per me, tre anni diapprendistato, che mi sono serviti aimparare a lavorare sodo, imparare lal ingua e capire come era possibile mettersiin proprio con successo.Così ho fondato un’azienda che oggi ènelle mani di mio figl io Robert. Ma - loripeto - non mi sento un emigrante. Hoimparato piano piano a conoscere bene lagente di qui e ho instaurato con essa unbell issimo rapporto, senza alcunadiscriminazione. Oggi sono un cadorinoche lavora in Austral ia, ma anche unaustral iano che sta benissimo qui, con lapropria famiglia, con la moglie Danila cheho sposato nel 1963, con i figl i (e inipotini) che mi amano e che mi fannosentire un uomo soddisfatto per la sceltafatta di andare a lavorare altrove. Non diessere andato a fare l'emigrante”.
Walter Musizza - Giovanni De Donà
35
36
FFEESSTTEE EESSTTIIVVEE
Si è svolta domenica 20
lugl io la tradizionale Festa
del Pan del Prà, organizzata
dal Capitolo di S. Antonio
abate, che ricorda la
generosità di una donna di
Laggio verso il proprio paese
devastato dall 'incendio di
metà ottocento. A presiedere
la Santa messa celebrata in
Arena è stato chiamato il
nostro vescovo diocesano
mons. Giuseppe Andrich.
Per l 'occasione
l 'Associazione Bellunesi nel
mondo era presente col
proprio raduno annuale.
Numerose le "Famigl ie"
rappresentate con i propri
labari.
foto in alto: la sfilata entra in Arena
foto in basso: mons. Vescovo
durante la celebrazione
Anche quest'anno la Festa dei
Ciantoi ha caratterizzato l 'estate
laggese. Antichi mestieri , giochi,
stand gastronomici hanno
permesso ai numerosi
intervenuti , vi l leggianti e paesani,
di trascorrere una "due giorni" di
divertimento e relax. Tutti
ricorderanno il 2 e 3 Agosto con
piacere.
foto: scultori al lavoro
37
Quest'anno il Palio di San
Martino ha interessato due fine
settimana: 1 9 e 20 lugl io, 30 e 31
agosto. Nel corso delle prove a
punti costitute dal tiro con la
balestra e dal tiro con l 'arco, è
risultato vincitore i l borgo di Vigo
che custodirà i l Drappo presso la
propria chiesa di San Martino.
Gli spettacoli proposti: battagl ie,
duel l i armati, bal l i medievali ,
pranzi e cene e, per finire, lo
spettacolo di fuochi d'artificio
hanno soddisfatto i l pubblico
intervenuto. Inoltre domenica 31
Agosto abbiamo avuto modo di
ospitare un gruppo di Leisach
accompagnati da parroco e
sindaco che, in segno di amicizia,
hanno voluto contraccambiare la
nostra visita del lo scorso anno.
Foto in alto: duello
Foto in basso: colpo di spingarda
CIANTOI 201 4
foto: il costruttore di gerle
top related