laboratorio di inclusione sociale e dinamiche ... · risorse, umane e materiali, per un intervento...

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LABORATORIO DI INCLUSIONE SOCIALE E DINAMICHE INTERCULTURALI Prof.ssa Agostina CRESCENZI - agostinacrescenzi@virgilio.it

inserimento

Integrazione: E’ una situazione, guarda al singolo, Si esplica nel contesto educativo, Interviene prima sul soggetto poi sul contesto Inclusione: E’ un processo, guarda a tutti gli alunni, si riferisce alla dimensione educativa e sociale, interviene prima sul contesto e soltanto poi sul soggetto

A. Crescenzi

Perché nasce il problema “ INCLUSIONE” ?

Che cosa è utile per realizzare l’INCLUSIONE?

Perché l’inclusione ci crea tanta difficoltà ?

Ci rimanda all’idea di un contenitore nel quale non possono essere collocati tutti coloro che riteniamo essere differenti da noi. Chi stabilisce i termini della differenza? Chi decide che ci sono delle persone che non appartengono all’identità prevista ? La prima cosa che sarebbe doveroso fare : definire in che cosa essere inclusi ad evitare che ciascuno stabilisca il proprio metro di valutazione. E se parlassimo di costruzione sociale?

L’educazione inclusiva ⎫ ha una dimensione sociale: non prima “riabilitare”, poi socializzare, poi far apprendere, ma esprimersi in un contesto scolastico ricco nel confronto con i docenti e con i compagni A. Crescenzi

Inclusione:

. Scolastica (Didattica :, Dislessia, disabilità)

. Culturale (NAI)

. Sociale ( disagi)

•  riguarda tutte le persone che presentano difficoltà di vita e situazioni di disabilità/deficit/disagio ( fisica, di relazione, culturale...).

•  le strategie e le azioni da promuovere devono tendere a rimuovere quelle forme di esclusione sociale di cui le persone con disabilità soffrono nella loro vita quotidiana

–  A. Crescenzi

.

Il termine "integrazione" scolastica è stato ormai racchiuso e sostituito dal termine "inclusione“, intendendo con questo:

il processo attraverso il quale la scuola

insieme ai suoi protagonisti (studenti, insegnanti, famiglia, territorio) diventa

CONTESTO

E' il contesto il vero protagonista in quanto: •  espressione di sinergia tra i suoi protagonisti,

•  partecipazione sociale •  coinvolgimento delle persone in difficoltà.

----------------------- Ma allo stato attuale ancora qualcosa manca per il

raggiungimento di un processo di qualità: • un pensiero più costruttivo e condiviso tra i diversi

agenti, •  la creazione di ambienti accoglienti e facilitanti, •  buone strategie educativo-didattiche.

Che cosa è necessario fare?

Conoscere meglio: •  gli elementi di struttura dell'Istituzione

Scolastica:organizzazione, risorse umane, risorse strutturali, risorse finanziarie

•  gli elementi di processo: Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale, Piano Educativo Individualizzato, GLH, programmazione educativo-didattica, rapporti interistituzionali).

•  la rappresentazione sociale, le opinioni dei protagonisti: dirigenti, insegnanti e genitori, relativamente all’inclusione.

Dove intervenire e in che modo? E’ necessaria un'operatività forte che cancelli i modelli del

: "non ci sono abbastanza risorse sia materiali sia personali", "non c'è un'organizzazione", "non esiste una rete“…

•  L'inclusione comincia da noi, •  dal nostro cambiamento culturale, •  da ciò che possiamo fare partendo da ciò che abbiamo, •  dalla valorizzazione delle risorse presenti, •  dalla collaborazione tra le persone e i ruoli

•  dalla condivisione/convergenza delle competenze personali e professionali

•  da obiettivi condivisi.

Impegno di tutti

•  La sfida sull’inclusione è di enorme portata, una grande responsabilità di tutti i principali agenti di cambiamento: insegnanti, dirigenti scolastici, comunità scolastica, famiglie e territorio, ognuno con specifiche funzioni.

Come? •  Insegnanti: attuare prassi sempre “riviste e corrette”,

soluzioni originali, adeguate, opportune in tutt i i sensi :didattico-pedagogico, comunicativo e relazionale.

•  Dirigenti scolastici: fare attenta ad ogni dettaglio, ad ogni aspetto organizzativo.

•  Famiglie: richiedere partecipazione e collaborazione con il sistema scolastico sul progetto educativo per il proprio bambino.

•  Comunità scolastica: individuare e la valorizzare tutte le risorse, umane e materiali, per un intervento coordinato e funzionale.

•  Territorio : coinvolgere Enti, Associazioni e Istituzioni in un lavoro di rete coordinato.

il processo inclusivo si basa su un pensiero complesso, sistemico, com-partecipato di tutte le realtà

che appartengono all’ampio contesto scolastico, sociale,

familiare e territoriale; tramite le azioni di ognuna di esse

si possono costruire interventi sinergici e significativi

Ma la realtà qual è? Qualche opinione …. •  “Ma veramente abbiamo fatto passi in avanti in questi 30 anni? la mia

esperienza mi dice di no, siamo ancora alla famiglia che si scontra con la scuola per far valere i diritti del proprio figlio, a PEI e PDF solo sulla carta e fatti quasi esclusivamente dall'insegnate di sostegno. A PTOF che prevedono il coinvolgimento del corpo insegnante sempre solo sulla carta, a un lavoro di rete di fatto inesistente. Bisognerebbe che la diversità e la disabilità fossero un qualcosa di facente parte della cultura come un qualcosa che "normalmente" si affronta e non "obbligata" da leggi e normativa validissime, ma che spesso non vengono attuate. Finché non si arriverà alla "Normale Diversità" di tutti, sarà difficile raggiungere gli obiettivi”

•  “credo che il processo di inclusione sia qualcosa oltre una rete condivisa; l'inclusione è un'armonia che bisogna costruire dentro se stessi, solo così sarà possibile costruire una rete condivisa. Tante volte ho partecipato a GLH ma sono state solo belle parole ….”

E le belle parole cominciano da qui. Scegliere l’ottica dell’inclusione interculturale significa:

•  non limitarsi a strategie di integrazione né a misure compensatorie •  assumere la diversità come paradigma dell’identità per aprire l’intero

sistema a tutte le differenze •  superare gli stereotipi •  ricorrere a buone pratiche di intervento •  studiare strategie interculturali che evitino di separare gli individui in

mondi culturali autonomi ed impermeabili •  promuovere il confronto e la reciproca trasformazione per rendere

possibile la convivenza affrontando i conflitti che ne derivano •  ricercare la coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza

“plurima”, rivolgendo particolare attenzione a costruire una convergenza di valori

Le buone pratiche di intervento… sono spesso prodotti pronti nati dalle nostre

esigenze e sulle nostre abitudini, confezionati in maniera standard per una pronta consegna:

cooperative learning, tutoring….

Crescenzi

Ma le strategie devono essere assegnate

oppure ricercate , “create”, elaborate con sistemi e

strumenti anche

NON CODIFICATI ?

E allora da dove cominciamo?

I I

BES DSI

inclusione

Lo sterminato mare dei DSI …

Un "disturbo di insegnamento" è l’accanimento, che nasce dall’idea che ripetendo si impara.

il "disturbo di insegnamento" aumenta gli effetti del disturbo di apprendimento

Chi non ha capito alzi la mano !

Io non ho capito …

Io non LA capisco

Cosa sono i"disturbi di insegnamento"? Distorsioni del modo di concepire il proprio ruolo di docente, modello unico di funzionamento e di risposta uguale per tutti.

IO ho capito!! Sono il migliore!!!

J

Io NON HO CAPITO L

Io NON HO CAPITO.

Abbandono il campo ….L

IL VERO PROBLEMA …..

IO spiego

Io NON

CAPISCO

… E LA SOLUZIONE….

Io COMUNICO

J

Io COMPRENDO!!!

J

I "disturbi di insegnamento“

Una ragazza di terza superiore è stata sospesa per due giorni perché aveva raggiunto tre note.

La prima era stata data a tutta la classe, la seconda perché non

prendeva appunti durante le lezioni, la terza perché non aveva studiato a memoria i quaranta verbi irregolari assegnati dall’insegnante di inglese. La ragazza non vuole più tornare a scuola. l’insegnante di inglese non vuole sentire ragioni. L’interrogazione è programmata da tempo e quindi per quel giorno la ragazza deve sapere tutti i verbi irregolari.

Il luogo in cui la conoscenza circola di più è il mondo esterno, ma la scuola è un mondo a sé…

Il quadrato di binomio

In linguaggio matematico

(a+b) = a + b + 2ab 2 2 2

In lingua italiana

a più b alla seconda è uguale al quadrato del primo (a)

più il quadrato del secondo (b) più il doppio prodotto del primo per il

secondo

In comunicazione simbolica (a+b)2

BINOMIO = 1° + 2° + 2 . ( 1° . 2° )

doppio

prodotto

del

A. Crescenzi

2

PERCHE’ PARLIAMO DI INCLUSIONE PIUTTOSTO CHE DI

INTEGRAZIONE ?

E Che dire delle

DINAMICHE INTERCULTURALI?

PRATICHE PEDAGOGICHE NELL’INTERCULTURALITA’

1.  La fase dell’accoglienza, in cui i primi alunni stranieri nelle classi suscitavano curiosità.

2.  La fase dei dispositivi d’integrazione, ( mediatori culturali, protocolli di accoglienza, insegnamento intensivo dell’italiano, modalità di valutazione, rilevazione delle competenze culturali e linguistiche pregresse ) Finalizzata a “ricondurre in un sistema strutturato ( il nostro)” lo studente straniero privo delle competenze linguistiche e curricolari. Realtà metodologiche ancora fortemente diffuse sul territorio.

3.  La fase dell’inclusione, in cui la scuola cerca di lavorare nell’ottica di una multiculturalità, dando spazio all’inclusione e non solo all’integrazione e cercando di coniugare gli apprendimenti con il corretto vivere insieme nelle diversità, in pari dignità. Cittadini di uno stesso Paese” .

A. Crescenzi

L’ottica interculturale, quindi, non punta alla sola integrazione né considera solo le misure compensatorie e le attività progettuali. Essa assume la diversità come paradigma dell’identità stessa, come occasione per aprirsi a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica).

Perciò prevede una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura in una cultura rigida ritenuta superiore, sia gli stereotipi o la folklorizzazione. E’ necessario promuovere il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano. Questi gli obbiettivi: conoscere ed apprezzare le differenze, ricercare coesione sociale, realizzare la convergenza verso valori comuni”. A. Crescenzi

All’allievo immigrato viene chiesto:

•  di integrarsi nel nostro sistema scolastico rigido e sostanzialmente immutato;

•  di seguire interventi integrativi, progetti preconfezionati dalla scuola.

A. Crescenzi

Non si riesce a vivere la diversità come realtà scolastica ordinaria, a svolgere attività funzionali ai bisogni della sua utenza reale, rimuovendo barriere culturali e superando ostacoli linguistici e relazionali di tutti gli studenti.

Io sono senegalese

Io sono cubano

Io sono indiano

Io sono Italiano

L’obbiettivo è lontano e faticoso da raggiungere ….

La coesione sociale

nasce non solo dal “diritto alla diversità” ma anche dal “diritto alla somiglianza”, che pone tutti i membri di una comunità

alla ricerca di un modus vivendi

orientato alla solidarietà” (Santerini 2010).

L’inclusione chiama la scuola ad una grande responsabilità: garantire a tutti gli alunni la piena partecipazione a prescindere dalle condizioni fisiche , personali, sociali. L’educazione inclusiva si realizza attraverso una scuola che : . progetta e non programma . non corre affannosamente dietro alle necessità, ma fa di queste un punto di forza . Si impegna in una adeguata, opportuna, preventiva organizzazione coerente con la realtà umana che ha di fronte. A. Crescenzi .

Le strade della pedagogia interculturale:

‐ La didattica del confronto : individuare analogie e differenze alla

ricerca delle possibili convergenze. ‐ la didattica dei punti di vista : mettersi nei panni dell’altro, per

permettere una comparazione. ‐ la didattica antirazzista, per smontare gli stereotipi e adottare

metodologie cooperative che incidano sui comportamenti. -  la didattica dell’espressività centrata sull’espressione artistica

anche non codificata, spontanea, intesa come linguaggio universale.

Gli obbiettivi cognitivi:

-  problematizzare e non semplificare, -  spostare il focus attentivo da sé all’altro per

coglierne i punti di vista -  procedere per multi‐interpretazioni dei dati o

eventi in un’ottica di continuo confronto A. Crescenzi

La ricerca del modus vivendi necessita di atteggiamenti e

strumenti non soltanto cognitivi: . l’empatia, per esempio, è una delle competenze interculturali

più rilevanti : nelle sue dimensioni cognitiva, affettiva e sociale,è “distinta dal contagio emotivo, dall’identificazione e dalla simpatia” (Santerini).

. è un “moto” grazie al quale si entra in rapporto profondo con l’altro senza tuttavia smarrire la propria identità, una sorta di capacità di comprensione in cui i confini tra sé e l’altro rimangono definiti.

Nella relazione interculturale l’empatia facilita, promuove

l’incontro in situazione di differenza e induce a sviluppare abilità comunicative necessarie all’interazione. A. Crescenzi

Nella relazione interculturale l’empatia facilita, promuove l’incontro in situazione di sofferenza/differenza e induce a

sviluppare abilità comunicative necessarie all’interazione

CORAGGIO, ti sono vicino

NESSUNO mi capisce

A. Crescenzi

Le competenze interculturali sul piano affettivo.

-  sviluppare empatia, -  Sospendere il giudizio per promuovere la conoscenza dell’altro

attraverso il percorso di : ascolto , conoscenza , confronto, convergenza - Riflettere sui momenti in cui si è stati dominati da disorientamento,

estraneità a se stessi Quindi:

Lavorare criticamente sulle diffidenze e sui luoghi comuni che ostacolano la conoscenza reciproca, aumentano le distanze e strutturano le discriminazioni. A. Crescenzi

Il “metodo ludico umoristico” per la soluzione creativa dei conflitti:

“1. Non ti affrettare a trarre delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della tua ricerca.

2. Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per conoscere il tuo punto di vista, devi cambiarlo.

3. Per comprendere ciò che un altro sta dicendo, devi assumere che abbia ragione e chiedergli di aiutarti a capire perché.

4. Le emozioni sono uno strumento centrale della cognizione se impari a leggere il loro linguaggio.

5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali che egli trova più importanti sono quelli che sembrano ininfluenti o seccanti, che sono al contempo marginali e fastidiosi,perché si rifiutano di andare d’accordo con le convinzioni e certezze pregresse.

6. Un buon ascoltatore è felice di ascoltare le contraddizioni che si esprimono nei pensieri personali e nelle comunicazioni interpersonali. I malintesi vengono accettati come opportunità di entrare nel campo più affascinante di tutti: la gestione creativa del conflitto.

7. Per diventare un esperto nell’ascolto devi seguire una metodologia basata sull’umorismo. Ma una volta che hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé” (Sclavi 2008, 178‐179).

L'inclusione può dirsi compiutamente realizzata: - quando partecipiamo concretamente ad un processo di crescita sociale; - quando facciamo parte del tutto pur non rinunciando alla nostra individualità/identità; - quando le nostre specificità e differenze diventano un punto di forza, perchè complementari al sistema.

A. Crescenzi

Ciò significa:

riconoscere , affermare, conferire dignità alle differenze

spostando l’attenzione dalla persona al contesto,

per individuarne gli ostacoli e rimuoverli

Inclusione come progettualità ,

come processo dinamico verso un orizzonte comune

A. Crescenzi

Da un lavoro finalizzato all’INTEGRAZIONE

ad un lavoro finalizzato

all’INCLUSIONE

Da dove cominciare …… ?

Laboratorio Esempio NAI

.

Nel mio villaggio noi teniamo una festa ogni settembre. Noi la chiamiamo EKU, è una danza tradizionale dove i bambini, gli anziani , i giovani e le persone più importanti, vengono a danzare e cantare in onore degli DEI per ciò che essi hanno concesso. I danzatori e i cantanti danzano e cantano di fronte al palazzo del Re. Molti sacrifici sono stati fatti per ringraziare i nostri progenitori ( antenati)

.

E’ sempre motivo di divertimento per chi osserva, vedere i guerrieri tenere il fuoco tra le loro mani e in bocca. Essi usano appoggiare sul loro corpo la pelle o la pelliccia di animali come il leopardo, il serpente, etc. Le ragazze usano coprire il loro corpo come gli uomini non fanno.

Per realizzare l'inclusione è necessario considerare tutti i punti di vista, imparare ad osservare la realtà in modo diverso a partire da noi stessi. Anche noi dobbiamo essere al centro della riflessione, prendere in esame il nostro “ ME “ A. Crescenzi

Da che cosa è ostacolata l’inclusione? • Da un'esperienza scolastica vissuta ai margini della classe e non sempre supportata adeguatamente, • Dall’abbandono scolastico, • Dalla mancata acquisizione di competenze sociali e di vita, • Dall’esclusione dal mondo del lavoro, • Da esperienze affettive spesso relegate all’ambiente famigliare, • Da una scarsa partecipazione alle attività sociali e di tempo libero. Tutto ciò è esclusione sociale

Dunque è fondamentale non tanto la socializzazione come percorso circolare

Quanto il processo socializzante, che proietta la persona nella dimensione sociale intesa come partecipazione alla vita sociale all’interno di un determinato contesto: includere vuol dire offrire l’opportunità di essere cittadini a tutti gli effetti

Agire sul territorio, concretamente significa creare occasioni d’incontro, scambio, conoscenza, condivisione e dialogo in grado di coinvolgere le realtà del territorio attraverso proposte che sappiano creare le condizioni ideali per la costruzione di relazioni positive. Vuol dire promuovere occasioni di inclusione sociale e di sensibilizzazione attraverso la costruzione di reti informali che coinvolgano in progetti concreti e di varia natura semplici cittadini, istituzioni, scuole, oratori, centri giovanili e centri per anziani, la cooperazione sociale, associazioni, gruppi informali, biblioteche. Ponendo l’accento non solo sulla condizione di disagio ma sulla ricerca di un benessere comune, proponendo esperienze partecipative: dall’organizzazione di momenti d’intrattenimento e socializzanti alla realizzazione di progetti comuni dove ogni partecipante può sperimentarsi in un ruolo attivo.

Una società inclusiva è basata sul rispetto reciproco e sulla solidarietà, garantisce pari opportunità e un tenore di vita dignitoso per tutti e considera la diversità come un elemento di forza e non di divisione. È una visione europea o è realtà? L’inclusione sociale vuol dire senso di appartenenza a una comunità, essere uniti da un’identità comune e da valori condivisi. La povertà è uno dei motivi principali per i quali le persone si sentono escluse. Non avere accesso ai servizi sanitari e sociali o al lavoro è un altro motivo di esclusione sociale. Anche chi ha un alto livello di istruzione ed è benestante può sentirsi escluso. L’esclusione sociale non riguarda quindi solo le persone indigenti. In Europa e in Asia centrale il fenomeno colpisce circa una persona su tre. I giovani e l’inclusione sociale I giovani sono tra le categorie sociali più vulnerabili, specialmente durante una grave recessione economica. Un minore su cinque (fino a 17 anni) vive in famiglie a rischio di povertà, e più di un terzo dei giovani adulti (dai 18 ai 24 anni) nell’UE è attualmente disoccupato, cioè ha abbandonato la scuola, è senza lavoro o non segue alcuna formazione. Anche la zona in cui si vive svolge un ruolo importante. Nelle zone rurali le persone sono quasi quattro volte più esposte all’esclusione sociale rispetto a chi vive in agglomerati urbani.

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Don Lorenzo Milani

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