la previsione dei mercati finanziari con metodi quantitativi
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BARI FACOLTA’ DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE STATISTICHE ED ECONOMICHE DIPARTIMENTO di SCIENZE ECONOMICHE
La Previsione dei Mercati Finanziari con Metodi Quantitativi
Trading System-Modello Econometrico
RELATORE:
dott. Cristiano GRUA
ANNO ACCADEMICO 2002-2003
2
INDICE
1) La Prevedibilità delle Serie Storiche
Finanziarie
-Introduzione
3)L’Apporto Econometrico -Dal prezzo alla serie storica
-Valore medio atteso
-Varianza
-Autocovarianza
-La funzione d’autocorrelazione
-Impostazione econometrica
-I modelli ARCH e GARCH
-L’ARCH in formule
-Il modello lineare GARCH(p, q)
4)L’Applicazione Empirica -Lo strumento derivato: “Il FUTURE”
-Il FUTURE visto come serie storica
-Evidenza em. della scelta del modello GARCH
-Previsione della Volatilità
-Il trading system
Note
Bibliografia
3
La prevedibilità delle serie storiche finanziarie Introduzione
Nel mondo finanziario l’attenzione degli accademici e degli operatori si
concretizzano nello studio dell’evoluzione delle serie storiche finanziarie,
preffigendosi di rilevare comportamenti non casuali e quindi prevedibili.
L’attenzione di tutti è concentrata sullo studio dinamico del “bene” trattato
e sulla rilevazione del prezzo. Si è dibattuto molto su ciò che il prezzo può
o potrebbe indicare. Secondo i keneysiani il prezzo è “sganciato” dal valore
intrinseco del bene contrattato e connesso alle dinamiche della psicologia
delle masse. D’altro canto l ’ i p o t e s i astratta del percorso casuale dei
prezzi, che ha consentito di procedere con utilissime modellizzazioni, è
difficilmente percepita dagli operatori. Non da meno è l’ipotesi che vede
nelle dinamiche dei prezzi i cambiamenti delle dinamiche quantitative della
domanda e dell’offerta: il prezzo è il punto d’equilibrio fra compratori e
venditori. Proprio per la diversa interpretazione che si è data e sì da al
prezzo del “bene”, si sono sviluppati diversi approcci e metodologie
d’analisi. Ma tutte basate sulla previsione dell’andamento futuro dello
stesso.
In un mercato efficiente, per definizione, i prezzi delle attività finanziare
riflettono istantaneamente tutte le informazioni disponibili, così da rendere
incapace a qualsiasi tipo d’investitore l’elaborazione delle stesse e il
conseguimento di risultati d’investimento superiori alla media. In
letteratura le condizioni d’efficienza di un mercato, sono testate attraverso
modelli matematici di tipo random walk1. In tale teoria i prezzi delle
attività finanziarie fluttuano in modo casuale e si assume che il processo
generatore dei prezzi delle attività finanziarie sia un processo stocastico
“senza memoria” dove solo il presente permette di prevedere il futuro; la
storia non contiene alcun’informazione ed è quindi inutile per un’eventuale
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analisi e previsione finanziaria. Queste assunzioni escludono a priori
l’eventuale correlazione fra prezzi registrati in periodi differenti e negano,
di conseguenza, l’esistenza d’ogni tipo di trend.
In contrapposizione all’assunzione di “efficienza“ vi è quella di
“inefficienza”,che si espleta nell’assunzione dell’impossibilità da parte
degli investitori di sfruttare nello stesso istante le stesse informazioni,
quindi operazioni di compravendita di natura diversa. Un esempio di tale
inefficienza è riscontrata nel crescente utilizzo degli strumenti
derivati(opzioni, future, swap etc.) dove la leva finanziari rende sfruttabile
anche la più piccola oscillazione di prezzo. A supporto dell’assunzione di
“inefficienza” dei mercati corre la teoria matematica dei “frattali”.Tale
metodologia è capace di descrivere graficamente un gran numero di
fenomeni complessi e irregolari presenti in natura con algoritmi semplici e
ripetitivi, sfruttando strutture geometriche molto simili alle forme e ai
processi naturali complessi, quantificando il grado d’irregolarità con
procedimenti matematici rigorosi. Infatti, lo studioso Benoit Mandelbront
(The Fractal geometry of nature, 1982) ha dimostrato la presenza di una
qualche memoria nelle serie storiche dei prezzi, asserendo che è possibile
classificare il comportamento casuale e imprevedibile, nella classe di
sistemi deterministici caotici le cui manifestazioni osservabili possono
ricavarsi da leggi matematiche.
Le scoperte di Mandelbront hanno ulteriormente qualificato l’Analisi
Tecnica, che nasce come metodo induttivo ( grazie ai primi studi nel 1900
da parte di Dow-Jones) d’indagine economica le cui radici epistemologiche
sono da ricondursi alla ricerca empirica. L’analisi tecnica attraverso
l’osservazione dei prezzi cerca di valutare lo stato del mercato(non
osservabile) ed anticipare i movimenti mediante l’individuazione di
formazioni grafiche ricorrenti e la ragionata applicazione di strategie
operative. Dimostrare che nelle serie storiche vi è traccia di memoria,
significa poter prevedere(analizzando il passato e il presente) la tendenza
futura.
Ogni evento, nel tempo, si realizza in una certa misura, quindi è possibile
pensare ad uno stesso mercato in una certa misura efficiente o inefficiente,
sebbene in periodi diversi. In entrambi i casi, l’analisi tecnica considera il
mercato come un sistema complesso che riceve in ingresso sequenze
d’informazioni più o meno inerenti e correlate tali da generare possibili
scenari economici.
Il prezzo del bene trattato, è la sintesi ottima di tutte le variabili di tipo
economico che agiscono sul mercato e delle aspettative degli investitori.
Assunzione su cui si fonda l’ipostazione teorica secondo cui il mercato si
muova rincorrendo il prezzo d’equilibrio, con alterne fasi di
sopravvalutazione e sottovalutazione, fasi direttamente proporzionali al
grado d’incertezza e all’assenza d’informazioni a disposizione.
Il comportamento del mercato azionario italiano
Tradizionalmente il comportamento dei titoli nell’ambito del mercato
azionario è analizzato seguendo un approccio cosiddetto dei
fondamentali(analisi dello stato societario), verificando se il prezzo di
mercato coincide con il valore fondamentale o intrinseco del
titolo.Verga(1994, Il mercato azionario fra fondamentali e bolle
speculative) ha presentato un’analisi di questo genere riferita al valore
complessivo della capitalizzazione di un campione di 25 società quotate dal
1975 al 1992; tale valore è stato confrontato con l’andamento
corrispondente d’utili e dividendi, nonché con l’evoluzione dell’indice dei
prezzi. E’ primario il ruolo svolto dai risultati economici e dalla
remunerazione del capitale nella determinazione del valore delle imprese,
nonché l’effettiva funzione d’attività reali delle azioni nel lungo periodo;
altresì è risultata importante l’evoluzione passata dei dividendi e delle
percentuali d’autofinanziamento, nonché evidentemente l’andamento dei
tassi d’interesse di mercato.Il legame tendenzialmente molto forte tra
queste variabili ed il prezzo delle azioni risultano esistere nel lungo
periodo, ma è meno significativo nel breve periodo dove si riscontrano
irregolarità ed oscillazioni, di cui alcune di ampiezza significativa.
5
6
Anche la componente psicologica, influenza l’atteggiamento degli
investitori nei confronti del mercato azionario.La determinazione di questa
variabile e l’effetto sul mercato azionario è difficilmente perseguibile. Si
tratta di movimenti di prezzo particolarmente imprevedibili e
apparentemente inspiegabili in base ai fondamentali; infatti, in seguito ad
una crescita abbastanza prolungata del prezzo dei titoli, prende avvio un
processo che genera aspettative di nuovi incrementi e che attira nuovi
investitori, la cui domanda genera ulteriori incrementi nei corsi e così via.
Ad un certo punto il meccanismo si blocca e si verifica un crollo repentino
delle quotazioni, per ragioni che si possono far risalire ad un eccessivo
allontanamento dei fondamentali o per il verificarsi di qualche altro
fenomeno che muta le aspettative.
L’analisi tra fasi bullish (fase rialzista) e fasi bearish (fase ribassista)
rileva un comportamento assimetrico.Durante le tendenze rialziste, gli
operatori entrano (acquisto del bene) in modo relativamente veloce ma
sono al contrario più lenti nel chiudere (vendita del bene trattato) le
posizioni una volta che è iniziato il ribasso, probabilmente nella speranza
di recuperare le perdite nel prossimo futuro. Questa considerazione è in
linea con le risultanze di un’analisi congiunta di prezzi e volumi di
contrattazione; tale studio ha riscontrato che le fasi di borsa con scambi
molto vivaci si riferiscono in misura maggiore a periodi con forti aumenti
di prezzi, rispetto al numero di periodi con forti flessioni.
Caparelli F. e D’Arcangelis A.M. (1995, La Relazione in eccesso del
prezzo dei titoli: la teoria e una verifica empirica sulle azioni italiane)
hanno analizzato l’efficienza del mercato italiano dal punto di vista della
valutazione che gli investitori fanno delle informazioni sulla redditività
dell’impresa. Secondo tale ipotesi gli investitori tenderebbero ad attribuire
ai fatti un peso maggiore di quel corretto; quest’anomalia potrebbe avere
origine nella difficoltà di stima delle aspettative di lungo termine che
determinano il prezzo d’equilibrio del titolo, cosicché gli investitori
concentrerebbero la loro attenzione sulle implicazioni di breve termine
delle informazioni. Il mercato sarebbe quindi efficiente in quanto
assorbirebbe con rapidità le informazioni che hanno effetti sui corsi di
borsa nel breve periodo, mentre sarebbe inefficiente nel senso che non
trasferirebbe in modo corretto, nella valutazione, le informazioni di lungo
7
periodo. Di conseguenza i prezzi non coincidono con il vero valore se non
dopo che l’importanza sia valutata e la quotazione sia corretta di
conseguenza.
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L’Apporto econometrico
Se il trading system(visto come risultato finale dell’impiego di
diversi strumenti d’analisi quantitativa)nella sua completezza ci permette di
disciplinare l’operatività, l’apporto econometrico è fondamentale per
stimare la volatilità del “bene” ,su cui noi vorremmo speculare,e quindi
quantificare la rischiosità connessa. Inoltre la stima del comportamento
della volatilità, presupponendo l’adeguatezza dei modelli econometrici,può
essere impiegata per implementare regole di set-up ed entry e
successivamente un trading system .
Dal prezzo alla serie storica
Si definisce una serie storica una successione ordinata di numeri reali
che misura un certo fenomeno seguendo un preciso ordine temporale(nel
nostro caso si rileva il prezzo del bene su cui si vuole speculare , ogni
15/30/60 minuti e giornalmente ma è possibile arrivare a rilevazioni
decennali se non pure centenarie o al contrario ogni minuto o addirittura
ogni scambio). Lo studio di tale successione trova la propria ragion d'essere
nel fatto che la conoscenza di quanto è avvenuto determina ciò che avverrà
secondo un principio generale d’inerzia e di stabilità delle leggi che
conosciamo. Nel caso in cui la serie storica oggetto di studio non è di tipo
deterministico ma si basa su una certa distribuzione di probabilità, sarà
chiamata processo stocastico.
Si definisce processo stocastico una famiglia di variabili casuali
caratterizzate da un parametro "t" (dove nelle serie storiche t è l'unità di
tempo considerata). Tali variabili casuali sono definite tutte nel medesimo
spazio fondamentale "S"18 .
In altre parole si può affermare che una data serie temporale è una
particolare realizzazione di un processo stocastico. Nel grafico qui di sotto
si sono riportate graficamente le serie storiche, ponendo il prezzo sulle
ordinate e il tempo sull’ascisse,ovviamente il prezzo si riferisce al giorno in
cui è stato rilevato.
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Fig.1:Grafici della serie storica relativi al FUTURE del MIB30,
rilevato a 15/30/60 minuti e daily.
(Note:si è rappresentato l’andamento del prezzo di chiusura del future, rilevato in
diverso modo, in funzione del tempo.Tale rappresentazione permette di
avere subito un quadro generale sull’andamento dello stesso-output Matlab).
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)
In quest'ottica risulta fondamentale studiare i momenti19 della serie, i
cosiddetti momenti teorici, attraverso i quali si possono accettare
determinate ipotesi, come ad esempio la stazionarietà (ossia quando tali
momenti risultano essere costanti), che facilitano enormemente lo studio di
una serie. Lo studio dei momenti, ed in particolare d’alcuni momenti della
serie, deriva dal fatto che tutti i modelli stocastici sono in grado di generare
una serie temporale di lunghezza infinita, di conseguenza è necessario
riassumere le informazioni a disposizione attraverso poche grandezze
caratteristiche. Tale compito può essere svolto in due modi: o attraverso la
specificazione della distribuzione di probabilità congiunta della serie nel
corso del tempo, o attraverso il calcolo dei momenti del processo teorico.
La prima opzione risulta piuttosto complicata, di conseguenza si analizzano
i momenti teorici, in particolare i momenti di primo e second'ordine. Di
seguito saranno esposte le relazioni formali che esprimono i momenti
teorici di primo e second'ordine sottolineando com’essi siano tutti in
funzione dell'unità temporale.
Valore medio atteso Una volta assunto il modello da "associare" alla sequenza di valori
osservati, si assume che i valori generati da tale modello appartengano ad
un processo stocastico che chiameremo . Il valore medio atteso del
processo stocastico suddetto sarà espresso dalla relazione:
tZ
()( tZEt =µ
dove E sta per “expected value”. Tale terminologia sta a sottolineare che il
valore espresso è il valore che si attende dovrebbe realizzarsi nel lungo
periodo. In realtà la relazione suddetta è un vero e proprio "artificio
teorico" poiché, essendo la serie di lunghezza infinita, probabilmente non
si arriverà mai al valore suddetto. Il valore medio costituisce il momento di
prim'ordine della serie teorica studiata e si differenzia notevolmente dal
momento di prim'ordine della serie osservata: in quest'ultimo caso infatti il
valore non è nient'altro che la media dei valori osservati. Il valore atteso è
espresso in funzione del parametro temporale.
11
Varianza In formule si ha:
[ ] )var()()( 22tt ZtZEt =−= µσ
Anche in questo caso la relazione evidenzia la dipendenza della varianza
dal tempo. La varianza è un momento di second'ordine che esprime una
misura della dispersione media della variabile Z rispetto al suo valore
atteso nel corso del tempo. La radice quadrata della varianza si definisce
come scarto quadratico medio.
Autocovarianza L’autocovarianza è la covarianza tra valori della serie Z in istanti temporali
diversi. Normalmente la covarianza misura la tendenza di due grandezze a
variare nello stesso senso, in questo caso si utilizza un’unica variabile
misurata in due istanti temporali diversi. Si ottiene:
[ ] )cov())())(((),( kttktt ZZtZtZEktt ++ =−−=+ µµγ
Da notare che l’autocovarianza è funzione di due istanti temporali, t e
(t+k). In quest’ottica la varianza risulta essere un caso particolare
dell’autocovarianza, ponendo k=0.
La funzione d’autocorrelazione Sempre nell’ottica del perseguimento di un’esatta identificazione del
modello più appropriato da associare alla serie osservata. Risulta molto
importante l’analisi delle funzioni d’autocorrelazione e d’autocorrelazione
parziale. L’autocorrelazione supera, rispetto all’autocovarianza, il limite di
quest’ultima di non essere compresa fra limiti fissi in quanto compresa tra i
valori estremi di –1 e +1. L’autocorrelazione si ottiene semplicemente
dividendo l’autocovarianza per il prodotto degli scarti quadratici medi di
e . tZ ktZ −
La “funzione d’autocorrelazione globale” del processo stocastico
è il coefficiente di correlazione lineare tra le variabili casuali e
calcolato al variare di k=0,1,2,….
)(kρ
tX tZ ktZ −
12
)()(
),()()(ktt
kttktt ZVarZVar
ZZCovZZCorrk−
−− ==ρ ;
Lo strumento utilizzato per visualizzare le eventuali correlazioni seriali tra
i termini della serie è il correlogramma. Esso rappresenta l’insieme dei
coefficienti d’autocorrelazione per k=0,1, 2,3,….. K riportati su di un
sistema d’assi cartesiani che vede sull’asse delle ascisse il lag k e sull’asse
delle ordinate . I valori ottenuti saranno tutti compresi tra –1 e +1.
Molto spesso la morfologia assunta dal correlogramma aiuta nel processo
d’identificazione del giusto modello da associare alla sequenza osservata.
Va sottolineato inoltre che l’eventuale presenza di una forte correlazione
seriale rende impossibile assumere l’ipotesi d’indipendenza dei valori
osservati, creando problemi per l’identificazione di un modello
significativo. Un altro metodo utile per esaminare la dipendenza seriale tra
i termini della serie in esame è la funzione d’Autocorrelazione parziale.
Essa rappresenta un’estensione della funzione d’Autocorrelazione globale.
La funzione d’autocorrelazione parziale
)(kρ
kkφ è definita come la correlazione
lineare tra e al netto delle correlazioni lineari intermedie. tZ ktZ −
Impostazione econometrica
La ricerca econometria è rivolta alla corretta specificazione dei modelli
soffermandosi sulla formulazione dell’equazione che interpreta il valor
medio, e individuando le variabili esplicative e la forma funzionale più
idonea allo studio di un fenomeno. L’aumento dell’importanza assunta
dall’incertezza e dal rischio nella teoria economica ha richiesto lo sviluppo
di modelli che in grado di interpretare o non solo il valor medio, ma anche
e soprattutto la volatilità dei fenomeni analizzati. Le serie storiche di
carattere economico, e in modo particolare quelle finanziarie, presentano
spesso un problema di variazioni (scarto quadratico medio o volatilità) non
costanti nel tempo,soprattutto se osservate ad alta frequenza.
Per tale esigenza, sono stati proposti in letteratura i modelli ARCH( Auto
Regressive Conditioned Heteroschedasticity) che consentono di modellare
la varianza condizionata secondo uno schema di tipo autoregressivo; la
13
classe dei modelli originali è stata successivamente affiancata dai più
complessi modelli GARCH ( Generalized ARCH) e più recentemente dagli
schemi integrati I-GARCH Integrated GARCH), M-GARCH ( Mean
GARCH), E-GARCH ( Exponential GARCH). L’importanza di avere uno
strumento d’analisi in grado di interpretare le mutevoli manifestazioni della
volatilità risulta d’estremo interesse per gli operatori dei mercati finanziari,
per il naturale legame che esiste tra volatilità e rischiosità di un’attività
finanziaria.
La varianza di una serie finanziaria è un parametro fondamentale per
l’operatività dell'investitore. Infatti, l’investitore vorrebbe trovare il giusto
compromesso fra il rendimento medio atteso e la rischiosità, misurata
proprio dalla varianza. Accettare l'ipotesi di varianza costante nel tempo
(detta ipotesi di omoschedasticità e quindi stazionarie) di fatto vuol dire
introdurre nell'analisi della serie un elemento fortemente distorcente
soprattutto per quanto riguarda la stima dei parametri dei modelli
econometrici e i relativi test. Le analisi empiriche mostrano, infatti, che
grandissima parte delle serie finanziarie è caratterizzata da un
comportamento non costante, ovvero eteroschedastico, della loro varianza.
Generalmente la volatilità sembra assumere un comportamento particolare
a seconda del rendimento: in fasi di mercato crescenti i rendimenti tendono
ad essere caratterizzati da una volatilità inferiore rispetto ai rendimenti
legati a fasi discendenti dei titoli, sintomo questo di una vischiosità dei
corsi al rialzo (Schwert, 1989).
Un’altra caratteristica, empiricamente evidente nelle serie finanziarie, è che
le loro distribuzioni di probabilità sono leptocurtiche20. Le distribuzioni
leptocurtiche hanno la particolarità di assegnare una maggiore probabilità
ad eventi molto lontani dal valor medio della distribuzione rispetto alle
probabilità che sarebbero assegnate a tali eventi da una distribuzione
normale (detta mesocurtica). Per questo motivo si parla di distribuzioni con
code spesse. La presenza di leptocurtosi è compatibile con l’ipotesi di
varianza dipendente dal tempo. Eteroschedasticità e code spesse della
distribuzione di probabilità sono i due connotati di fondo delle serie
finanziarie, a cui si possono aggiungere altri elementi peculiari, primo fra
tutti la persistenza di shock esogeni sui titoli e sulle loro quotazioni. A ciò
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si aggiunge il comportamento asimmetrico, evidenziato dalle quotazioni, in
base al quale shock negativi sembrano incrementare la volatilità più di
quanto non facciano shock positivi (leverage effect).
Le Baron (1992) ha messo in risalto come volatilità e correlazione dei
rendimenti abbiano caratteristiche contrapposte, per cui a bassa volatilità
corrisponde alta correlazione e viceversa: intuitivamente, piccole
escursioni dei titoli, tipiche di fasi di stagnazione del mercato, sono legate
da una forte correlazione lineare.
I modelli ARCH e GARCH
I modelli ARCH, proposti dall’econometrico Engle (1982), possiedono
molte delle caratteristiche , nei loro parametri teorici ,che possono mimare
relativamente bene il comportamento delle quantità empiriche calcolate
sulle serie finanziarie. Essi hanno, ad esempio, una componente erratica
(quella a cui si può assegnare il compito di interpretare i rendimenti) che
non è autocorrelata, invece la sua varianza non è costante nel tempo ed è
autocorrelata, infine la distribuzione si presenta con le caratteristiche delle
distribuzioni leptocurtiche. La formulazione di questi modelli può essere
sintetica ma è necessario avere familiarità con le nozioni probabilistiche ed
econometriche: si proverà perciò a darne ragione in modo il più possibile
discorsivo. Anzitutto si osservi che il modello dei prezzi:
pt = pt-1+ rt
può essere riscritto, alla luce dell’assunzione del processo martingala [E(pt|
pt-1) = pt-1],
nel seguente modo:
pt = E(pt| pt-1)+ rt
Questa rappresentazione dice che il prezzo al tempo t è dato
dall’aspettativa che l’operatore si è formato sulla base delle informazioni
disponibili nel periodo precedente più il rendimento effettivo per lo stesso
tempo t. Qualora ci si chieda in che modo oscillano i prezzi, la risposta è
implicita nel concetto di varianza o volatilità; anche la varianza può essere
calcolata in modo condizionale rispetto alle informazioni disponibili.
Siccome l’aspettativa non ha variabilità (ha variabilità zero) e i rendimenti
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sono indipendenti o non correlati rispetto all’aspettativa, si può dedurre la
seguente relazione:
V(pt| pt-1) = V(rt| pt-1),
cioè la volatilità dei prezzi è uguale alla volatilità dei rendimenti.
La sua variabilità può esprimersi, in generale, attraverso una funzione delle
informazioni disponibili al tempo t-1, vale a dire:
V(rt| pt-1) = f(pt-1).
Dalle assunzioni sulla forma della funzione f(pt-1) discendono varie classi di
modelli.
La classe di modelli ARCH assume che f(pt-1) sia definito come
combinazione lineare di un preassegnato numero p di rendimenti quadratici
rt-12, rt-2
2, . . ., rt-p2.
Il numero di rendimenti quadratici coinvolti è segnalato attraverso la
notazione ARCH(p). Un limite dei modelli ARCH può essere dato dal
numero troppo elevato di rendimenti necessari per adattarlo ai dati
osservati. Per superare questo limite, Bollerslev (1986) propone di
utilizzare una classe di modelli più generale, detta dei processi ARCH
generalizzati (GARCH). Definita con ht = f(pt-1) la varianza condizionale al
tempo t, la classe dei modelli GARCH assume che tale varianza sia definita
come combinazione lineare di un preassegnato numero p di rendimenti
quadratici (come per la classe dei processi ARCH) e di un preassegnato
numero q di varianze condizionali ritardate nel tempo, cioè ht-1, ht-2, ..., ht-q.
Anche in questo caso il numero dei rendimenti e delle varianze utilizzato
nel modello è indicato dalla notazione GARCH(p,q); nella pratica
econometrica raramente si utilizzano modelli d’ordine superiore al modello
GARCH(1,1).
L ‘ ARCH in formule
Una delle caratteristiche fondamentali di tali processi è la presenza di una
distribuzione della varianza condizionata del termine d’errore
omoschedastica. In realtà è piuttosto frequente osservare come numerose
serie finanziarie presentino un andamento eteroschedastico della varianza
16
]
condizionata. Si parla di varianza condizionata poiché si fa riferimento a
quella porzione della variabilità della serie spiegata dal modello utilizzato.
In generale, data una generica variabile casuale Y , il valore atteso e la
varianza non condizionata sono espressi dalle seguenti relazioni:
t
µ=)( tYE ;
22 ])[()( σµ =−= tt YEYV .
Se la medesima variabileY può essere “spiegata” da un set informativo
, il valore atteso e la varianza condizionata sono dati da:
t
1−tI
);/( 1−= ttt IYEm
V , )/(]/)[()/( 12
12
1 −−− =−= tttttt IeEImYtEIY
da cui si ricava che la varianza condizionata coincide con lo scarto al
quadrato . Se si assume che il set informativo è rappresentato dalla
combinazione lineare dei p valori passati della stessa variabile Y , i due
momenti condizionati diventano:
2te 1−tI
t
; ptptt YYm −− +++= ααα ...11
V /[])...[()/( 122
111 −−−− =−−−−= ttptptttt IeEYYYEIY ααα
L’eteroschedasticità si evidenzia osservando il secondo momento
condizionato, spesso caratterizzato da periodi di forti oscillazioni alternati a
periodi di “calma”. Conseguentemente a ciò è sembrato inopportuno
l’utilizzo di processi con varianza condizionata omoschedastica. In
quest’ottica si è cercato di individuare delle variabili significative che
spiegassero l’andamento della varianza condizionata. Il primo a fornire una
risposta a tale problema è stato Engle, proponendo il processo ARCH(p).
La sigla ARCH stà per Autoregressive Conditional Heteroschedasticity
with Estimates of the Variance. L’idea alla base del lavoro d’Engle
consisteva nell’assunzione di una varianza condizionata che dipendesse dal
passato.
Engle parte da un processo stocastico autoregressivo d’ordine uno poiché
la modellistica ARIMA si era rivelata un ottimo strumento previsivo
17
proprio per l’uso che in essa era fatto della media condizionata della
variabile in esame nell’insieme delle informazioni disponibili. L’idea era
quella di introdurre le informazioni passate anche nella varianza
condizionata oltre che nella media condizionata. In tal modo utilizza una
nuova classe di processi stocastici caratterizzati da incorrelazione seriale e
media nulla, con varianza non condizionata costante e varianza
condizionata non costante ma dipendente dal set d’informazioni disponibile
al tempo t-1. Il modello, da un punto di vista formale, risulta essere:
);,,.......,,,(
;22
32
22
1
2/1
αεεεε
ε
pttttt
ttt
hh
hz
−−−−=
=
con :
;1)(;0)(
.;..);,0(/ 1
==
>−−
t
t
t
ttt
zVarzEdiiz
hNψε
dove p è l’ordine del processo ARCH ed è un vettore di parametri
incogniti, h varianza condizionata.
α
18
Il modello GARCH(p,q)
Uno dei problemi generalmente riscontrabili nella stima dei modelli
ARCH è costituito dalla necessità di introdurre una quantità considerevole
di ritardi temporali nell’equazione della varianza condizionata. Al fine di
disporre di una parametrizzazione più parsimoniosa del modello si pensò
(T.Bollerslev, “Generalized Autoregressive Conditional
Heteroskedasticity”, Journal of Econometrics 1986) di utilizzare la stessa
logica che permette di passare dai processi AR(p) ai processi ARMA(p,q).
La varianza dell’errore è stata perciò definita sulla base di un processo
eteroschedastico generalizzato autoregressivo d’ordine “p”, “q”:
ttqtqtptptt hLLhhh )()(...... 2011
22110 βεααββεαεαα ++=++++++= −−−− ;
con ; 0,...,,0,...,,;0 21210 ≥≥> qp βββαααα
Il comportamento della varianza condizionata dipende dunque, oltre che
dagli errori passati al quadrato, anche dai valori antecedenti della varianza
stessa. Risulta inoltre immediato che per q=0 si ricade nella modellistica
ARCH(p).
L’analisi del processo è condotta in modo analogo a quella già vista per il
modello ARCH(p), portando alla conclusione che la stazionarietà in
covarianza di un processo GARCH(p,q) lineare è possibile, se e solo se, è
soddisfatto il seguente vincolo:
111
<+∑∑==
q
jj
p
ii βα .
Oltre a ciò il calcolo della Kurtosi mostra che anche in questo caso la
distribuzione degli è leptocurtica. Va sottolineato infine che è stato
dimostrato che le proprietà statistiche degli al quadrato sono simili a un
processo ARMA perciò la procedura di identificazione degli ordini “p” e
“q” comunemente usata può essere analoga a quella indicata da Box e
Jenkins per l’identificazione dei modelli classici ARMA (p, q), inoltre con
l’ausilio di un Likelihood Ratio Test, posso verificare l’equivalenza fra un
GARCH (1,1) e un GARCH (2,1), per esempio.
tε
tε
19
L’Applicazione Empirica
La ricerca del miglior strumento possibile per ottenere profittevoli
operazioni di trading ,ha portato allo sviluppo di sistemi complessi per la
previsione e la gestione delle attività d’investimento con alterni risultati . I
mercati finanziari moderni offrono una vasta gamma di strumenti finanziari
per investire e speculare che sono utilizzati dalle diverse figure
professionali che , ogni giorno, operano in essi.
L’idea di poter conoscere a priori l’andamento della volatilità di una serie
storica finanziaria può essere un elemento chiave per implementare un
trading system del tipo “break-out volatility”.
Le piattaforme professionali “ Tradestation” e “Metastock” , permettono la
scrittura, la programmazione ed infine l’implementazione dei trading
system(e la relativa fase d’ottimizzazione e verifica della loro efficacia),per
passi successivi.Abbiamo programmato l’algoritmo (ossia la funzione
base), un indicatore ed infine implementato il trading system(questa fase è
ancora in atto vista la complessità della scrittura e l’uso congiunto di
piattaforme informatiche di natura diversa).La funzione base è la
“deviazione standard” ossia la volatilità,che è stata la linea guida della
costruzione del sistema con l’idea di individuare una regola di “set-up ed
entry” e simultaneamente di gestire le posizioni già in essere attraverso
regole di “stop-loss” e “reversal ”.Per testare il trading system e la sua
profittevolità, abbiamo scelto uno strumento finanziario caratterizzato da
una volatilità non costante , liquido(cioè presenza di compratori e
venditori),e con un elevato effetto leva. Di seguito spieghiamo cos’è questo
strumento finanziario ossia il Future e perché si usa. Nelle sezioni
successive procediamo all’analisi della serie storica e con l’ausilio
dell’approccio econometrico si cerca di modellare la volatilità e di
prevederla.
20
Lo strumento derivato: “il FUTURE”
Che cosa sono i futures. Il futures è un contratto che impegna ad acquistare
o vendere, ad una data futura, una determinata quantità di merce o attività
finanziaria ad un prezzo prefissato. Le contrattazioni dei futures in Borse
specializzate e regolamentate danno origine a dei prezzi pubblici e ufficiali.
Le quotazioni sono fissate mediante una trattazione ‘alle grida’ (al Pit)
nelle Borse maggiori (Chicago, Londra). Nelle altre Borse (aperte in epoca
più recente) le trattazioni avvengono con il sistema telematico, per esempio
il Mif (Mercato italiano dei futures) è un mercato esclusivamente
telematico. I contratti conclusi nelle Borse regolamentate devono
rispondere a dei requisiti (altamente standard) sia in termini di quantità che
di qualità dello strumento sottostante. La consegna del bene o dell’attività
finanziaria deve avvenire in periodi fissi (normalmente sono previste
quattro scadenze per ogni anno), secondo quantitativi fissi per ogni singolo
contratto e, in alcuni casi, il luogo della consegna e la quantità sono
elementi predeterminati. Attraverso la standardizzazione dei contratti si è
cercato di aumentare la liquidità del mercato e di ridurre, quindi, i costi
degli operatori. Con la concentrazione degli scambi in un unico luogo,
invece, si è voluto favorire la trasparenza dei prezzi per far sì che essi
riflettano l’effettiva domanda e offerta. Il contratto futures, particolarmente
se si tratta di un financial futures anziché un commodity futures, raramente
è regolato mediante la consegna fisica del bene. Normalmente, la sua
liquidazione avviene con il pagamento della differenza del valore (positiva
o negativa) rilevata fra il mercato a contanti ed il prezzo indicato nel
contratto a termine (cash settlement). L’acquisto o la vendita di un
contratto futures genera dei profitti o delle perdite che sono giornalmente
calcolati e accreditati o addebitati sul conto che ogni operatore ha presso la
clearing house (si tratta del principio marking to market).L’andamento
delle quotazioni del futures è connesso alle aspettative di prezzo
dell’attività sottostante. Il prezzo del derivato, risultante dalla
combinazione tra domanda e offerta, rappresenta il punto d’equilibrio delle
21
aspettative formulate dal mercato. Pertanto, il prezzo del futures tende a
convergere al valore del sottostante man mano che si avvicina la data di
scadenza. Per quanto concerne i prezzi dei futures, normalmente è
predefinita la minima variazione di prezzo che in gergo è definita tick .Nel
mercato italiano un tick corrisponde ad un incremento minimo di cinque
punti
A cosa serve il futures. L’azienda o il privato che effettua una
compravendita in futures può avere due finalità prevalenti. La prima è
quella di ‘copertura’, vale a dire l’operazione è eseguita per eliminare un
rischio sorto nel corso di un’attività economica (un esempio può essere
quello dell’azienda esportatrice che si copre dal rischio di cambio o dal
rischio d’interesse). La seconda è quella di ‘speculazione’. L’operatore si
serve di contratti futures per speculare su eventuali differenze fra le sue
aspettative concernenti i movimenti futuri dei prezzi e le attese correnti del
mercato. I futures (e in generale i derivati) permettono di gestire in modo
efficiente i rischi legati all’andamento di un portafoglio poiché
rappresentano una sorta di ‘polizza assicurativa’. L’acquisto di titoli di
Stato è soggetto ad un rischio specifico, connesso all’andamento dei tassi
d’interesse, la compravendita in valute incorpora il rischio di cambio e
quella in azioni implica il pericolo di variazioni di prezzo contrarie
all’operazione eseguita. Questi rischi possono essere efficacemente coperti
mediante l’utilizzo di futures. In particolare, essi consentono di coprire il
rischio mediante l’apertura di posizioni a termine contrarie a quelle sorte
dalle contrattazioni a pronti. Tuttavia, sono rare le cosiddette coperture
perfette (perfect hedge), vale a dire operazioni di hedging che eliminano
completamente il rischio. I principali motivi di ciò sono:
1) la durata della copertura è diversa dalla scadenza naturale del futures;
2) la merce o lo strumento finanziario che deve essere coperto non coincide
con l’attività sottostante del futures;
3) non si conosce esattamente la data d’acquisto o di vendita della merce o
del prodotto finanziario.
Il financial futures. Il financial futures è un contratto che obbliga il
contraente ad acquistare, o a vendere uno strumento finanziario ad una data
22
futura e ad un prezzo prefissato. Si distinguono tre tipologie principali:
1) l’interest rate futures;
2) il currency futures;
3) lo stock index futures.
L’interest rate futures. L’interest rate futures è un financial futures dove lo
strumento finanziario sottostante è rappresentativo di un tasso d’interesse.
In altri termini, si tratta di un contratto che impegna a consegnare o a
ricevere, uno strumento finanziario che può consistere in titoli di Stato.
.
Il currency futures. Nel currency futures i contraenti si obbligano a cedere,
o a ricevere, a termine un certo ammontare di valuta ad un cambio
prefissato. L’oggetto della compravendita è, in questo caso, una divisa.
Lo stock index futures. Un indice di borsa è una media dei prezzi delle
azioni che lo costituiscono.Esso rappresenta l’andamento del mercato
mobiliare cui si riferisce, ovvero di una sua frazione, ed ha la funzione di
informare il pubblico dell’andamento delle quotazioni di un insieme di
titoli trattati. Oltre a adempiere un ruolo informativo, gli indici di borsa
svolgono anche una funzione economica. Essi possono costituire l’attività
sottostante di contratti a termine.Lo stock index futures è un contratto che
obbliga il possessore a comprare o a vendere ad una data scadenza un
indice di borsa ad un prezzo prefissato. Il suo funzionamento è del tutto
simile a quello d’ogni altro contratto a termine. In questo caso l’entità
sottostante è un indice, quindi un numero, e ciò non deve disorientare. Si
può pensare, infatti, che il sottostante sia un portafoglio azionario
identificato dall’indice (o un suo multiplo). Poiché non è sempre possibile
costruire un portafoglio rappresentativo di un indice (costi elevati,
indivisibilità delle azioni, ecc.), alla scadenza di uno stock index futures
non si procede all’effettiva consegna del portafoglio sottostante, bensì alla
liquidazione per contanti. Alla data di scadenza del contratto, se il livello
dell’indice è superiore al prezzo a termine pattuito, il compratore a termine
dell’indice riceve dal venditore la differenza, mentre se il valore dell’indice
è inferiore al prezzo pattuito è il compratore che versa al venditore la
differenza. Come per le altre tipologie di futures, anche gli stock index
23
futures sono scambiati in borse organizzate. Ciò significa che si tratta di
contratti caratterizzati da un rischio d’insolvenza della controparte nullo, da
un’elevata liquidità e da una notevole trasparenza nel processo di
formazione del prezzo. Le funzioni economiche degli stock index futures
possono essere molteplici. L’impiego più importante è quello di copertura.
Si tratta di strumenti d’indubbia efficacia ed utilità nella gestione dei
portafogli azionari diversificati. La copertura di un portafoglio diversificato
può avvenire mediante la vendita di stock index futures (oltre che con altri
derivati come le opzioni). Il detentore di un portafoglio composto di
diverse azioni può proteggersi da eventuali ribassi dei corsi azionari
attraverso i guadagni derivanti dalla posizione in futures. Questa strategia
fa sì che il portafoglio d’azioni si trasformi in un portafoglio”sintetico” di
titoli di Stato a breve termine e presenta dei vantaggi rispetto alla strategia
di vendita delle azioni ed acquisto dei titoli di Stato.
Lo stock index futures si presta anche ad un uso speculativo. Un operatore
sulla base delle sue aspettative sul futuro andamento del mercato azionario
può acquistare o vendere contratti a termine sull’indice. Non bisogna,
tuttavia, sottovalutare la pericolosità di questo strumento (la chiusura di
numerose gestioni in derivati proposte da banche e sim italiane testimonia
ciò). Uno stock index futures è il Fib 30 che è un contratto a termine sul
Mib 30.L’indice Mib 30 è un indice a pesi fissi basato sulle trenta azioni
italiane più liquide e a più ampia capitalizzazione. La sua composizione è
rivista una volta l’anno (salvo eventi straordinari). Quest’indice costituisce
l’entità sottostante del Fib30. Per poter eseguire operazioni di
compravendita è necessario depositare un margine di garanzia che non può
essere inferiore al 4% del controvalore di ciascun contratto Fib 30
valorizzato al prezzo di chiusura del giorno precedente. La garanzia può
essere in denaro ovvero in titoli di Stato, mentre gli eventuali reintegri
devono essere fatti esclusivamente in contanti. Le scadenze previste in un
anno sono quattro, rispettivamente nel mese di marzo, giugno, settembre e
dicembre, e l’ultimo giorno di contrattazione di ciascun mese di scadenza
coincide con il terzo venerdì del mese solare. Non è prevista la consegna
fisica dei titoli che compongo l’indice Mib 30. Per la determinazione del
valore delle posizioni contrattuali ancora aperte successivamente alla
chiusura delle contrattazioni nell’ultimo giorno, si procede al calcolo
24
dell’indice Mib 30 considerando i prezzi d’apertura dei titoli che lo
compongono.La maggioranza delle operazioni effettuate nel mercato del
Fib 30 sono di tipo speculativo. Si stima che solo il 20% del totale delle
operazioni ha finalità di copertura dei rischi di portafoglio e il 10%
riguarda arbitraggi. Il restante 70% degli scambi ha finalità speculativa (il
40% circa sono operazioni della durata d’alcune ore o giorni e il 30%
hanno durata di poche settimane o mesi).Si consideri l’esempio di un
operatore che decide di eseguire un trade (operazione d’acquisto o vendita
da tale termine nasce il termine trader) sul Fib 30 della durata di pochi
minuti al fine di speculare su piccoli movimenti dei corsi. L’elevato
leverage, infatti, consente di ottenere buoni guadagni anche su piccole
fluttuazioni di prezzo. Alle ore 10,30 la quotazione del Fib 30 è 28250.
L’operatore decide di acquistare n contratti perché pensa che la tendenza
intragiornaliera dei prezzi sarà al rialzo. Pertanto alle 10,35 il trader
comunica al broker di voler comprare n contratti al prezzo di 28300 on
stop, stop loss a 28150 (l’uso dello stop loss è sempre consigliabile data la
pericolosità di questo strumento derivato). Il broker gli dà l’eseguito a
28305 (per semplicità assumiamo che tutti gli n contratti siano stati
comprati allo stesso prezzo). Alle 10.45 il valore del Fib 30 è a 29150. A
questa quotazione l ’operatore ritiene opportuno chiudere il trade poiché
pensa che sia vicino un movimento discendente. Pertanto, comunica al suo
broker di vendere “al meglio”(tipo d’ordine di vendita ) gli n contratti
precedentemente acquistati. L’ordine impartito è eseguito al prezzo di
29100. Il profitto derivante dall’operazione è di 795 punti al lordo delle
commissioni. Naturalmente, in questo esempio si è considerato il caso in
cui l’aspettativa dell’operatore è corretta. Tuttavia, qualora l’attesa si fosse
verificata errata (i prezzi incominciano a scendere dopo l’esecuzione
dell’ordine), la perdita dell’operatore sarebbe stata di circa 150 punti
(dipende dal prezzo di vendita; comunque, salvo casi particolari, questo
valore si colloca vicino allo stop loss).
Gli strumenti d’analisi. Come più volte ribadito, da un punto di vista
operativo, le finalità principali del futures sono quelle di copertura e
speculazione. In conformità a questi fini varia l’oggetto dell’analisi che un
25
attento operatore dovrebbe effettuare per utilizzare in modo appropriato lo
strumento futures. Per un’efficace copertura di una posizione cash si deve
studiare attentamente la relazione tra prezzi spot e futures e prevederne la
sua evoluzione nel futuro oltre che la volatilità, mentre per un uso
speculativo è utile stimare l’andamento futuro dei prezzi del sottostante e
del futures, oppure degli spread fra le quotazioni di derivati diversi.
Due strumenti idonei a svolgere queste analisi sono la statistica e
l’econometria. Un appropriato utilizzo di questi strumenti d’analisi richiede
un continuo studio e l’uso di metodologie che non sono sempre di facile
applicazione.
26
Il FUTURE visto come serie storica
Per questa analisi abbiamo rilevato il valore del contratto future dal
20/07/2001 fino al 11/11/2002 ogni 15/30/60 minuti e giornalmente(daily)
così da avere quattro serie storiche. Nella tabella qui di sotto sono riportati
i parametri statistici che caratterizzano le quattro serie storiche ottenute
rilevando il valore del future. Le ipotesi che le serie storiche da me trattate
siano leptocurtiche, assimetriche, non stazionarie e eteroschedastiche è
confermata dai valori dell’indice di Kurtosi (ben oltre tre, valore limite per
la mesocurtosi, quindi code spesse), da quello di Skewness21 (negativo,
quindi assimetriche), dai grafici più che eloquenti dell’autocorrelazione
(anche parziale e di secondo ordine) e dalla non costanza della varianza
calcolata asintoticamente.
Tabella.1:Tabella relativa ai parametri statistici delle quattro serie
Parametri statistici
Future 15min
Future 30min
Future 60min
Future daily
Min -0.0470 -0.0510
-0.0579
-0.1043
Mean -4.6964e 005
-9.5128e-005
-1.7653e-004
-9.3801e-004
Median 0
0
0
-0.0016
Max 0.0474 0.0481 0.0545
0.0763
Total N. 9149 4578 2467
476
Std Dev. 0.0035 0.0050 4139.852
0.0184
Variance 1.2547e-005
2.4520e-005
1713.837
3.3925e-004
Skewness -0.2706 -0.2066
-0.1717
-0.1593
Jarque-Bera 1 1 1 1
Kurtosis 40.2392 23.3788 15.0736 5.7293
(Note:parametri che ci permettono di poter capire che tipo di distribuzione caratterizza la
serie, se essa ha code spesse, è assimetria ,e se lo è vedendo che valori assume la media e
la mediana , capire se è assimetria positivamente o negativamente-output Matlab )
27
28
Il passo successivo è stato quello di verificare la non stazionarietà delle
serie attraverso il computo e la rappresentazione del correlogramma e del
correlogramma parziale.Per confermare tale ipostesi il correlogramma deve
presentarsi con un andamento decadente lento,mentre il correlogramma
parziale deve presentare un decadimento repentino dopo il primo lag
(ritardo).Poiché come software d’analisi si è utilizzato Matlab ( con gli
applicativi “Garch e Statistic” tool), si fa rilevare che l’ipotesi di non
stazionarietà è confermata se i grafici presentano valori compresi in delle
bande che vanno da –0,1 e 0,1, tale rappresentazione è caratteristica di tale
software. Le figure confermano le ipotesi di non stazionarietà:
Fig.2:Grafici relativi alla serie rilevata a 15 minuti-30minuti,60minuti e
daily
.
29
30
Fig.3: Grafici relativi alla serie rilevata giornalmente
31
(Note:i grafici rappresentano i rendimenti calcolati (returns) ,il correlogramma, il
correlogramma parziale e quello di secondo ordine. L’andamento soprattutto del
correlogramma,di quello parziale e secondo ordine, ci permettono di poter capire se le
serie risultano essere stazionarie oppure no –output Matlab)
Dall’analisi dei grafici dove si evince la non stazionarietà, si è passati alla
modellizzazione della volatilità. Particolare attenzione si è dovuta porre
sulla scelta dei parametri “p,q” che caratterizzano il modello GARCH..
Per la scelta del modello migliore applicabile alla serie , ho seguito la
procedura indicata dallo stesso software, che prevede una serie di prove ,
con relative variazioni dei parametri “p,q” e l’ausilio di un test statistico
unidirezionale per la scelta definitiva. Tale analisi è stata effettuata per
tutte le quattro serie 15/30/60 minuti e daily sfruttando la funzione
“garchset” e applicando il “Likelihood Ratio Test”.
32
Evidenza empirica della scelta del modello G.A.R.C.H.
(1,1) e G.A.R.C.H. (2,1)
a) SERIE DAILY:stima parametri caratteristici con modello GARH(1,1)
Parameter Value (T statistic)
C -0.00082562 (-0.8099)
K 45915e-006 (0.7854)
GARCH(1) 0.91332 (15.4962)
ARCH(1) 0.072757 (1.6158)
LLF11=638.3942
b) SERIE DAILY:stima parametri caratteristici con modello GARH(2,1)
Parameter Value (T statistic)
C -0.0008274 (-0.799)
K 46015e-006 (0.5881)
GARCH(1) 0.91317 (0.5754)
GARCH(2) 0 (0)
ARCH(1) 0.072881 (0.662)
LLF11=638.3942
33
b)SERIE 15/MINUTI: stima parametri caratteristici con modello GARH (1,1)
Parameter Value (T statistic)
C -2.3117e-005 (-0.7727)
K 25324e-009 (9.4963)
GARCH(1) 0.99404 (10504.1807)
ARCH(1) 0.0059175 (65.2425)
LLF11=39670
d) SERIE 15/MINUTI :stima parametri caratteristici con modello GARH (2,1)
Parameter Value (T statistic)
C -4.9098e-005 (-1.5693)
K 1.1255e-008 (17.3539)
GARCH(1) 0.18225 (1664.0926)
GARCH(2) 0.80477 (7181.5359)
ARCH(1) 0.012639 (580473)
LLF11=39687
34
Applicando il Likelihood Ratio Tests, con ipotesi nulla uguale
all’equivalenza di un modello GARCH (1,1) con un GARCH (2,1), posso
concludere che per una serie a così alta frequenza, come quella a 15 minuti,
è stata rifiutata l’ipotesi nulla al contrario di quella scelta, ossia in questo
caso per modellare e predirne la volatilità è preferibile un modello GARCH
(2,1), come si evince dall’output del test effettuato:
H pValue Stat CriticalValue 1 3.2973e009 34.9998 3.8415
Per tutte le altre daily,60/30 minuti va bene un modello GARCH (1,1)
35
Previsione della Volatilità Dopo aver constatato che possiamo usare un modello GARCH (1,1) per la
serie giornaliera /60 minuti e 30minuti ,al contrario di quella a 15 minuti
(per cui si è usato un modello GARCH (2,1) si è passati a stimare la
volatilità. Si è imposto al modello di prevedere una deviazione standard e
varianza anche nel futuro per 15 periodi (giorni,ore e mezze ore ) e 40
periodi (quarti d’ora) ,previsione che è stata possibile sfruttando a pieno le
funzioni del GARCH -TOOL di Matlab. Sono stati calcolati anche dei
parametri caratteristici che confermano le ipotesi teoriche che sottendono il
modello, e poi opportunamente poste in tabella. Nelle prime due righe sono
stati riportati i valori calcolati dei minimum mean square error (MMSE)
relativo alla previsione della deviazione standard e della media
condizionata su un solo periodo (giorno/ora/mezz’ora/quarto d’ora). Al
contrario di quelli riportati nella terza e quarta riga ,dove invece si sono
calcolati supponendo una previsione asintotica, ossia prevedendoli per
periodi molto ,molto lunghi ,per esempio per l’arco temporale relativo alla
serie a 15 minuti ,si è imposto al modello di effettuare una previsione di
30000 periodi nel futuro. L’evidenza empirica mostra come la media
condizionata rimane costante per ogni periodo previsto mentre la
previsione della deviazione standard cambia da periodo a periodo
36
Tab.2:Tabella parametri teorici/caratteristici
Future daily
Future 60m.
Future 30m.
Future 15m.
.
MMSE forecasts of the conditional
standard deviations
0.0151 0.0062 0.0046 0.0032
conditional mean of the return series -0.0006 -0.0002 -0.0001 -0.0000
Previsione fatte sui returns (rendimenti)
ma su un solo periodo
the unconditional standard deviation
of {et} 0.0244 0.0079 0.0052 0.0057
AsyBehaviour: f forecast of the
conditional mean and s.t.d
0.0151/18 (crecente)
-0.0006(k)
0.0062;/65 (crecente)
-0.0002(k)
0.0046/48 (crecente)
-0.0001(k)
0.0031/32/33- (crecente)
0
Previsioni fatte su periodi che vanno dai:15giorn,15ore, 15 mezze ore e 40
quarti di ora
(Note:si è riportato volutamente i valori della deviazione standard e quella della media
condizionata rilevati su un periodo e asintoticamente,proprio per risaltare come nel
secondo caso la deviazione standard risulta essere crescente a differenza della media)
Qui di seguito sono riportati i grafici relativi alle quattro serie . Si può vedere
la previsione relativa alla deviazione standard e alla varianza dei rendimenti
37
Fig.4:Grafici relativi alla previsione della deviazione standard della serie a
rilevazione giornaliera,sessanta /trenta /quindici minuti
(Note:si rileva la previsione della deviazione standard e della varianza ,anche
asintoticamente, per la serie a rilevazi0one giornaliera –output Matlab)
38
(Note:si rileva la previsione della deviazione standard e della varianza ,anche
asintoticamente,per la serie rilevata a 60 minuti -output Matlab )
39
(Note:si rileva la previsione della deviazione standard e della varianza ,anche
asintoticamente,per la serie rilevata a 30 minuti -output Matlab)
40
(Note:si rileva la previsione della deviazione standard e della varianza ,anche
asintoticamente, per la serie a 15 minuti ,ma con il modello GARCH(2,1) -output Matlab )
41
Come ultima analisi abbiamo voluto testare se la previsione della volatilità
risulta essere attendibile anche nel futuro, ossia verificare la presenza di un
eventuale differenza fra valori teorici e quelli empirici. Per questo abbiamo
rielaborato la serie del contratto future rilevazione daily, fino al 6/12/2002
,ossia 15 osservazioni in più , l‘equivalente del numero di periodi previsti
dal nostro modello sulla volatilità.
Come si evince nella fig.5 il comportamento della volatilità del Future
risulta essere concorde con quello previsto dal modello, infatti lo stesso,
prevede una crescita della volatilità nei 15 periodi successivi(in questo caso
corrispondono ai 15 giorni successivi) che è mostrata nel grafico seguente
ed evidenziata attraverso il cerchio.
. Fig.5:Grafico relativo alla rilevazione della deviazione standard del future
daily rilevato fino al 06/12/2002
42
L’Algoritmo,l’indicatore e il trading system
Qui di seguito sono riportati una serie di grafici ottenuti con l’utilizzo
del Tradestation, ma lo stesso output è ottenibile anche con l’utilizzo del
Metastock, che ci permettono di comprendere intuitivamente l’operatività
del trading system, realizzato appunto con l’intento di sfruttare appieno la
modellistica econometrica.. Sistema automatico che è ancor oggi in fase di
implementazione ed ottimizzazione,perché la Mathworks da poco tempo ci
ha reso disponibile l’interfaccia che permette l’elaborazione dei dati in real
time,così da poter conoscere e modellare la volatilità in tempo reale. Nel
primo grafico si mostra il Future (linea continua nera e più marcata) e
l’indicatore, che consiste in quattro linee(tratteggiate), che sono i livelli
soglia calcolati dall’algoritmo sfruttando la deviazione standard del Future.
L’idea di base ,come già detto è sfruttare questi livelli soglia per
ottimizzare l’operatività su tale strumento finanziario. Il sistema in fase di
implementazione ha un operatività temporale di tipo giornaliera, le regole
di set-up ed entry non sono strettamente legate all’andamento della
volatilità anche se il primo livello soglia (color Magenta) potrebbe essere
sfruttato per tale fine, al contrario delle regole di stop-loss e reversal
(verde,celeste,rosso) che sono state codificate tenendo conto
dell’andamento della volatilità.Nel trading system che si sta elaborando
(tenendo conto del numero max di operazioni che si vogliono effettuare,
del drawdown su operazione,etc..) si è constatato che per una migliore
ottimizzazione si sono resi necessari i primi due livelli soglia tarati
diversamente a seconda della previsione della volatilità effettuata su 15 e
30 periodi. Se si passa invece all’utilizzo di una serie rilevata a
1/5/15/30/60 minuti il sistema deve usare tutti i livelli soglia calcolati
dall’indicatore, tarandoli su previsioni della volatilità fatta su 15/30/60/90
periodi, perché l’uso congiunto risulta essere provvidenziale, per una
gestione al meglio delle posizioni in essere(quando si è acquistato o
venduto il future). Infatti si riesce a filtrare quei comportamenti erratici che
la serie può presentare nell’arco della stessa giornata , per esempio quando
43
è pubblicata una notizia relativa ad un dato economico o societario che può
influenzare l’andamento del mercato sia in senso ascendente che
discendente.Qui di seguito sono riportati i grafici con inserito l’indicatore
Fig.6:Grafico del Future rilevazione giornaliera e dell’indicatore.
Fig.7:Grafico del Future rilevazione giornaliera ,relativo al periodo del
11/09/2001
44
Effettuando una serie di simulazioni passando da modelli con ordine dei
ritardi differenti a serie con rilevazione da 1 minuto fino alla settimanale ,
si è potuto riscontrare e confermare che a cambiamenti nel trend anche di
breve periodo corrispondono aumenti della volatilità , quindi presenza di
volatilità clustering. Attraverso il modello G.A.R.C.H ho previsto un incremento della
deviazione standard, ossia un aumento della volatilità. Sulla base di questa
informazione si ottimizzano i parametri di controllo dell’indicatore e
quindi la stessa funzionalità del trading system.
Fig.8:Grafici del Future,in cui si evince l’operatività del trading system si
evidenzia il bottom (picco negativo) del future.
45
Riporto nuovamente la previsione della volatilità relativa alla serie storica
del future estendendo l’arco temporale dirilevazione
Come si evince dal grafico ,si vede l’estensione ascendente del Future
46
In questo grafico si mostra lo stesso indicatore ma implementato su
METASTOCK.
47
NOTE 1 Processo autoregressivo del tipo yt=ayt-1+ut con media zero e varianza pari sigma quadro,
in cui però il processo autoregressivo è a radice unitaria . Caratteristiche simili a quelle del
moto oscillatorio -moto browniano- seguito da piccoli granelli di polline sospesi in una
soluzione liquida,scoperto nel 1827 dal botanico Robert Brown. 4 Già esplicitati precedentemente, comunque i rendimenti giornalieri sono stati calcolati
nella forma usuale come la differenza tra i logaritmi dei prezzi azionari al tempo t ed al
tempo t-1. La differenza logaritmica definisce in modo esatto il rendimento composto
continuo, cioè quel rendimento che si ricava da una capitalizzazione continua nel tempo. 5 Per mercato sottile si intende un mercato in cui i beni scambiati sono contraddistinti da
bassi volumi ,orari di contrattazione ridotti e scarsa attenzione da parte degli investitori.
18 Lo spazio fondamentale è l’insieme degli eventi possibili. Quando si parla di variabili
casuali esso coincide con il campo d’esistenza di una funzione, la variabile casuale
appunto, la quale va da S R con R insieme dei numeri reali. 19 In una serie storica si parla infatti di studi dei momenti fino al quarto:media,
varianza,autocovarianza,autocorrelazione 20 La leptocurtosi è una proprietà che può essere espressa attraverso il valore di un parametro
statistico.Questo parametro assume il valore 3 per la distribuzione normale mesocurtica,
mentre è superiore a tale valore nel caso di distribuzioni leptocurtiche.Tale parametro
statistico è l’indice di KURTOSI che in serie ad alta frequenza di rilevazione raggiunge
lavori di ben oltre il valore soglia di 3,per esempio su rilevazioni a 5 minuti raggiunge a
60. 21 Altro parametro statistico ,che se assume valori negativi indica assimetria. 23 Mercato regolamentato su cui sono contrattate le opzioni legate solo all’indice Mib30,al
contrario del mercato IsoAlpha dove sono contrattate le opzioni legate alle azioni che
formano l’indice del paniere Mib30.Gli Istituiti Finanziari che provvedono a rendere il
mercato liquido, nel senso da assicurare sempre una domanda ed offerta , sono indicati
come Market Maker.
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