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Fondazione IFEL
A cura di Francesco Monaco (responsabile Area Mezzogiorno e Politichedi Coesione Territoriale ANCI e Dipartimento Fondi Europei e InvestimentiTerritoriali IFEL) e Walter Tortorella (responsabile Dipartimento StudiEconomia Territoriale IFEL)
Gli apparati statistici sono stati sviluppati da Giorgia Marinuzzi
Gli apparati descrittivi sono stati redatti da: Carla Giorgio (Capitolo 1);Sabrina Lucatelli (Capitoli 2 e 3); Francesco Monaco (Capitolo 4);Simona Elmo in collaborazione con Anastasia Maria Sforza (Capitolo 5);Simona Elmo (Capitolo 6); Stefania Farsagli (Capitolo 7); Stefania Farsagli,Carla Giorgio e Giorgia Marinuzzi (Capitolo 8); Walter Tortorella (Capitolo 9)
Si ringrazia Massimiliano Sabaini del Dipartimento Finanza Locale IFELper le eleaborazioni statistiche relative agli investimenti fissi lordi dei comuni
La presente pubblicazione si chiude con le informazioni disponibilial 9 ottobre 2015
Progetto grafico:Giuliano Vittori, Pasquale Cimaroli, Claudia Pacellicpalquadrato.it
Indice
Premessa di Veronica NicotraIntroduzione di Pierciro Galeone
Capitolo 1.Il percorso di definizione fino all’Accordo di Partenariato
Capitolo 2.Quali e cosa sono le aree interne
Capitolo 3.L’obiettivo della coesione territoriale e le cinque innovazioni metodologiche
Capitolo 4.Il ruolo dei comuni e l’importanza delle gestioni associate
Capitolo 5.L’individuazione delle aree, gli strumenti di attuazionee le risorse
Capitolo 6.La Strategia nei programmi regionali della coesione
Capitolo 7.Dai comuni di aree interne alle aree progetto
Capitolo 8.Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Capitolo 9.Alcune prime considerazioni di mid term
Appendice
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31
41
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87
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135
5
Premessa
La Strategia per le aree interne, indicata dal Governo italiano come pro-
getto cardine nel Piano Nazionale di Riforma (PNR), interviene su un pro-
blema molto avvertito dall’ANCI: lo spopolamento e abbandono di molti
comuni interni, per lo più di piccole dimensioni demografiche e di monta-
gna, che soffrono peraltro di gravi disagi per le difficoltà di collegamento
con i distanti centri urbani di erogazione dei servizi fondamentali (sanità,
istruzione, mobilità).
Si tratta di 4.181 comuni (di cui 1.810 appartenenti alla tipologia “peri-
ferici” o “ultraperiferici”, distanti più di 40 minuti dal più vicino centro
di erogazione di servizi), classificati secondo la metodologia descritta
nell’Accordo di Partenariato 2014-2020, adottato con decisione di esecu-
zione della Commissione UE 29.10.2014 C(2014) 8021 e recepito dal CIPE
il 29 ottobre 2014.
Parliamo di poco meno di un quarto di popolazione che vive in oltre il
60,0% del territorio nazionale.
Investimenti significativi verranno canalizzati in questi comuni, sia con
le risorse nazionali sia con quelle disponibili dai vari programmi comu-
nitari, su interventi che potenzieranno l’offerta scolastica, miglioreranno
la riorganizzazione dei servizi sanitari, ammoderneranno la rete dei col-
6
legamenti, materiali e immateriali. Inoltre con le risorse dei Programmi
Operativi Regionali potranno essere sostenute iniziative imprenditoriali
nel campo dell’agricoltura, dell’uso delle terre pubbliche, del turismo so-
stenibile, della valorizzazione paesaggistica e culturale, dell’artigianato.
Scopo della Strategia è invertire il trend demografico negativo e sostene-
re crescita economica ed occupazionale.
Serviranno, certo, altri investimenti, non previsti nella Strategia, su disse-
sto idrogeologico, tutela della montagna, infrastrutture viarie e ferroviarie.
Il pregio della Strategia è che con l’innovativa metodologia di program-
mazione adottata sarà forse possibile far convergere intenzionalmente
verso questi comuni altre azioni e risorse (comunitarie, nazionali e regio-
nali) per coprire il fabbisogno di intervento.
Nel presente volume curato da IFEL troverete descritta questa nuova me-
todologia, il lavoro istruttorio svolto in questi mesi da un Comitato nazio-
nale, di cui ANCI è parte insieme alle amministrazioni centrali e regionali,
per la selezione delle aree progetto e pilota (ad inizio ottobre 2015 si tratta
di 317 comuni su cui verranno fatti i primi interventi) e le norme tecniche
dettate dal CIPE per la realizzazione degli investimenti.
L’auspicio è che, dopo una prima fase di analisi su quello che serve, la
selezione delle aree e la definizione degli interventi strategici, si passi
subito alle realizzazioni.
Sono sicura che l’anno prossimo potremo raccontare, in un altro rappor-
to, i risultati conseguiti dalla Strategia, verificando sul campo il miglio-
ramento delle condizioni di vita e di lavoro di questa importante parte
dell’Italia.
Veronica Nicotra Segretario Generale ANCI
7
Introduzione
La centralità degli interventi previsti dalla Strategia nazionale per le aree
interne (SNAI) trova un chiaro sviluppo sia nell’Accordo di Partenariato
2014-2020 negoziato dall’Italia con la Commissione europea sia nel Piano
Nazionale di Riforma (PNR) che il Governo italiano ha proposto nell’am-
bito del ciclo di bilancio europeo.
Gli obiettivi in essa contenuti costituiscono, nel loro insieme, una sfida
importante per i comuni e per l’intero paese. Si tratta di un rilievo ancor
più evidente se si considera che le amministrazioni comunali coinvolte
complessivamente dalla Strategia sono oltre 4.000, popolate da più di 13
milioni e mezzo di cittadini.
La SNAI si rivolge a territori diversificati tra loro, distanti da grandi centri
di agglomerazione e di servizio e con traiettorie di sviluppo instabili, ma
al contempo dotati di risorse con un grande potenziale di attrazione. La
sfida è quella di invertire il processo di marginalizzazione che ha colpito
queste aree, contrastando la caduta demografica e rilanciando lo svilup-
po di queste zone, grazie all’impiego di investimenti derivanti dai fondi
ordinari della Legge di Stabilità e dai fondi comunitari rientranti nel nuo-
vo ciclo di programmazione europea.
IFEL, collaborando attivamente con il Comitato tecnico aree interne, ha
partecipato alla fase di individuazione delle aree su cui la Strategia in-
terverrà nei prossimi anni. Il suo contributo scientifico è stato quello di
8
fornire analisi ed elaborazioni statistiche attingendo al ricco e aggiornato
database comunale di cui la Fondazione dispone.
Proseguendo questo impegno istituzionale e scientifico, con il presente
volume IFEL intende proporre un ulteriore contributo di analisi, appro-
fondendo il percorso che ha condotto alla definizione della Strategia e la
metodologia utilizzata per l’individuazione delle aree interessate dagli in-
terventi. In particolare, l’analisi delle variabili socio-demografiche, econo-
miche, istituzionali e finanziarie dei comuni insistenti nelle aree seleziona-
te e, tra di esse, in quelle scelte come pilota, cerca di fornire un primo test
per valutare l’efficacia del metodo di selezione individuato dalla Strategia.
Chiaramente le azioni previste dalla Strategia non possono avere la pre-
tesa di esaurire tutti i bisogni delle comunità coinvolte, ma costituiscono
un passo essenziale per il rilancio dello sviluppo di queste zone, in un’ot-
tica di organicità di interventi e di condivisione delle soluzioni da attuare.
Pierciro Galeone Direttore IFEL
Il quadro finanziariodei Comuni italiani
1
Il percorso di definizionefino all’Accordodi Partenariato
1
11
La Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) è stata costruita utiliz-
zando come occasione e leva, finanziaria e di metodo, l’avvio del nuovo
ciclo di programmazione dei fondi comunitari disponibili per il settennio
2014-2020.
L’idea di realizzare un progetto per queste aree viene lanciata ad ottobre
2012 dall’allora Ministro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca, pre-
sentata ufficialmente a dicembre dello stesso anno e divulgata nel corso
di un seminario tematico(1). Nelle note del Ministro le aree interne sono
provvisoriamente definite come «quella vasta e maggioritaria parte del
territorio nazionale non pianeggiante, fortemente policentrica, con dif-
fuso declino della superficie coltivata e spesso affetta da particolare calo
o invecchiamento demografico»(2). Sono indicate a grandi linee le basi
metodologiche, le motivazioni e gli obiettivi dell’idea progettuale che nei
mesi successivi vengono sviluppate dal gruppo di lavoro appositamente
costituito e denominato Comitato tecnico aree interne(3).
1 “Nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica regionale: le aree inter-ne”, Roma, 15 dicembre 2012.
2 “Un progetto per le aree interne dell’Italia. Note per la discussione”, ottobre 2012. Dal 2012 la Strategia ha ottenuto il consenso di ben tre Governi (Monti, Letta e Renzi).
3 Il Comitato è composto da: Agenzia per la Coesione Territoriale, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Ministero delle Infrastrutture e dei
12
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Le considerazioni di partenza muovono dalla constatazione che una parte
rilevante dell’Italia, le aree interne, dal secondo dopoguerra, ha subito,
gradualmente, un processo di marginalizzazione. Si tratta di aree in calo
demografico, talora sotto la soglia critica, con problemi legati all’occu-
pazione e che rappresentano un costo anche per l’intera nazione. È pro-
prio la presa di coscienza dei costi sociali connessi alla condizione in cui
versano che fa assumere alla questione aree interne un rilievo ed una
portata nazionali. In molti casi queste aree sono caratterizzate da processi
di produzione e investimento poco efficienti, a causa della loro scala e
della loro tipologia. L’instabilità idrogeologica che si associa alle modalità
attuali di uso dei paesaggi ne è un altro esempio. Altri tipi di costi altret-
tanto rilevanti sono legati alla perdita di diversità biologica, alle difficoltà
sempre più forti riscontrate dall’agricoltura di montagna e alla dispersio-
ne della conoscenza pratica (il saper fare locale).
Ulteriore elemento giustificativo di una prospettiva ed un intervento
nazionali, che si somma ai costi sociali rilevati, è il basso grado di ac-
cessibilità per la popolazione residente ai servizi considerati essenziali
per il diritto di cittadinanza, sanità, istruzione e mobilità, cui si aggiunge
la connettività virtuale. La ridotta accessibilità ai servizi di base, riduce
grandemente il benessere della popolazione locale di queste aree, che
rappresenta circa il 23% del totale nazionale, e limita il campo di scelta e
di opportunità degli individui, anche dei nuovi potenziali residenti.
Trasporti, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Dipartimento Affari Regionali, le Auto-nomie e lo Sport e Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ANCI - IFEL, INEA, ISFOL, UPI, regio-ne/provincia autonoma interessata. Il Comitato, coordinato dal Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha competenze: sui processi di sele-zione delle aree da finanziare; sulla definizione delle strategie d’area, una volta individuate le aree progetto; sulla verifica del rispetto dei cronoprogrammi degli interventi, una volta individuate le aree progetto.
13
Il percorso di definizione fino all’Accordo di Partenariato
Le aree interne del paese sono dunque realtà con importanti implicazioni
sociali e politiche; ma non sempre area interna è sinonimo di area in diffi-
coltà. Alcuni di questi territori sono stati spazio di buone politiche e buo-
ne pratiche ad esito delle quali la popolazione è rimasta stabile o è cre-
sciuta, i comuni hanno cooperato per la produzione di servizi essenziali
e le risorse ambientali o culturali di cui dispongono sono state tutelate e
valorizzate. Sono esempi di puntualismo virtuoso, di progetti di qualità
nati qua e là per l’Italia, a macchia di leopardo, utili perché dimostrano la
non inevitabilità del processo generale di marginalizzazione e la capacità
di queste aree di concorrere a processi di crescita e coesione.
In questo contesto nasce la SNAI, per costruire un quadro di riferimento
nazionale capace di individuare problemi comuni e sperimentare soluzio-
ni condivise in questi ambiti territoriali(4). Punto di partenza sono le azioni
private e pubbliche di potenziamento dei servizi e di sviluppo economico
già in corso che, coordinate con le politiche nazionali settoriali e comunita-
rie in via di definizione, possano avere maggiore forza, efficacia e visione.
Il documento che ha aperto il confronto pubblico in vista della definizione
dell’Accordo di Partenariato per l’Italia, “Metodi e obiettivi per un uso ef-
ficace dei fondi comunitari” di dicembre 2012(5), riconosce le aree interne
come una delle opzioni strategiche, insieme a Mezzogiorno e città, su cui
il paese punterà nel nuovo settennio di programmazione.
Le risorse finanziarie individuate per intervenire nelle aree interne sono
infatti quelle del nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei 2014-
2020 che si sommano alla previsione di risorse ordinarie dedicate in Leg-
ge di Stabilità. I fondi europei andranno a finanziare progetti di sviluppo
4 «Esiste in questa ampia parte del paese un forte potenziale di sviluppo che la costruzione di una strategia nazionale, robusta, partecipata e continuativa nel tempo può consentire di liberare», estratto dall’Accordo di Partenariato dell’Italia.
5 “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”, elaborato dal Mi-nistro per la Coesione d’intesa con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agricole, alimentari e forestali, 27 dicembre 2012.
14
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
locale mentre le risorse nazionali saranno destinate ad assicurare alle
comunità coinvolte un miglioramento dei servizi essenziali di istruzione,
salute e mobilità.
Alla base della scelta di articolare la Strategia in un duplice binario vi è la
constatazione che non vi può essere sviluppo economico senza inclusio-
ne sociale. Presenza di servizi e occasioni di sviluppo devono viaggiare
insieme per garantire opportunità di vita tali da mantenere e attrarre una
popolazione di dimensioni adeguate al presidio di un territorio.
In linea con le innovazioni metodologiche previste da Metodi e obiettivi,
per individuare e cogliere i migliori target di area su cui intervenire, ad
un tempo più bisognosi ma anche più ricchi di opportunità, la preferenza
è quella di “andare” nei luoghi e coinvolgere il territorio e i suoi attori
locali, in primis i comuni che insistono nelle aree interessate(6).
La Strategia non si configura come un tradizionale programma di inter-
vento nazionale chiuso e confinato a risorse date. Piuttosto si va definen-
do come un insieme di attori interessati a esperienze progettuali, ispirati
da un metodo d’azione e obiettivi condivisi per affrontare e interpretare
in modo collettivo il tema aree interne, pur nella diversità delle soluzio-
ni concrete(7). Questo metodo partecipato si riscontra anche nella fase
di costruzione della Strategia che ha previsto il coinvolgimento pubblico
attraverso l’organizzazione di forum dedicati e la predisposizione di uno
spazio web per discutere e condividere idee progettuali già in essere
nelle aree interne del paese(8).
6 «Sul piano strategico, è stato avviato un processo di co-progettazione da parte delle comu-nità delle aree interne, del mondo dell’impresa e della cultura, delle associazioni che faccia anche affidamento su una ricognizione delle esperienze in corso o recenti, al fine di utilizzar-ne le lezioni. Sarà dunque nell’interesse di ogni grumo locale di intelligenze collaborare con gli altri coaguli di energie positive per fare emergere (…) le linee di un progetto possibile», estratto dal citato documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari”.
7 «La scatola progettuale si monta nei luoghi e quindi i primi protagonisti sono le collettività territoriali e i loro referenti di responsabilità intermedia e regionale», estratto dall’Accordo di Partenariato dell’Italia.
8 Seminario “Nuove strategie per la programmazione 2014-2020 della politica regionale: le aree interne”, Roma, 15 dicembre 2012; “Forum Aree Interne: Nuove strategie per la pro-grammazione 2014-2020 della politica di coesione territoriale”, Rieti, 11 e 12 marzo 2013 e
15
Il percorso di definizione fino all’Accordo di Partenariato
Così concepita, la Strategia nazionale per le aree interne è stata trasmes-
sa all’Europa come allegato alla bozza di Accordo di Partenariato per l’Ita-
lia a dicembre 2013(9); in tale documento sono state illustrate in maniera
puntuale le motivazioni della Strategia, gli obiettivi, le azioni da intrapren-
dere, la governance del processo e le risorse finanziarie da attivare(10).
La trasmissione alla Commissione europea della bozza avanzata dell’Ac-
cordo a fine 2013, è stata seguita da una fase di interlocuzione informale
che ha portato all’invio ufficiale del documento il 22 aprile 2014. Il nego-
ziato formale si è concluso il 29 ottobre 2014, con l’adozione, da parte del-
la Commissione europea, dell’Accordo di Partenariato per l’Italia(11). Nel
contempo la SNAI è stata adottata nel Piano Nazionale di Riforma come
uno dei progetti strategici denominato “Criticità e opportunità: un paese
che valorizza le diversità”(12).
da ultimo il “Forum dei cittadini delle Aree Interne: ad un anno dal lancio della Strategia Nazionale delle Aree Interne”, Orvieto 8 e 9 maggio 2014. La piattaforma dei cittadini delle aree interne (http://community-pon.dps.gov.it/areeinterne/) ha la funzione di condividere le esperienze che hanno qualcosa da insegnare agli operatori che intendono cimentarsi nella progettazione dello sviluppo delle aree interne, con un chiaro orientamento verso la ricerca di soluzioni alle sfide tipiche della vita in queste aree.
9 “Strategia nazionale per le aree interne: definizione, obiettivi, strumenti e governance”, documento tecnico collegato alla bozza di Accordo di Partenariato trasmessa alla CE il 9 dicembre 2013 e disponibile su: http://www.coesioneterritoriale.gov.it/wp-content/uplo-ads/2014/01/Strategia-nazionale_AreeInterne.pdf.
10 Il passaggio formale del documento SNAI all’Europa è stato preceduto da incontri tra il DPS, le altre amministrazioni centrali di riferimento e i rappresentanti delle diverse regioni, sancendo l’inizio del negoziato sulle aree interne. Al confronto partenariale è seguita la trasmissione alla Commissione europea di una versione preliminare dell’Accordo il 9 aprile 2013 e una prima interlocuzione sul documento con i servizi della Commissione nei giorni seguenti. Il documento preliminare è stato successivamente rivisto per recepire i commenti della Commissione e anche per addivenire a una maggiore concentrazione delle scelte di intervento su un numero limitato di grandi obiettivi. È stata così elaborata una proposta sulla quale si è tenuto un confronto serrato con le regioni.
11 Il 29 ottobre 2014 è stato approvato dalla Commissione europea l’Accordo di Partenariato 2014-2020 dell’Italia per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei. Il testo dell’Accordo è disponibile al link http://www.dps.gov.it/it/AccordoPartenariato.
12 Allegato al Documento di Economia e Finanza, 2014, Sezione III, Parte I, “La strategia nazionale e le principali iniziative”, deliberato dal Consiglio dei Ministri l’8 aprile 2014 e successivamente anche nel Documento di Economia e Finanza, 2015, Sezione III, parte I, “Il cronoprogramma del governo”, deliberato dal Consiglio dei Ministri il 10 Aprile 2015, alla
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I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Nel documento che definisce la strategia, le priorità e le modalità di im-
piego efficace ed efficiente dei fondi strutturali e d’investimento europei
(SIE) dell’Italia al fine di perseguire gli obiettivi posti dall’Europa (l’Accor-
do di Partenariato), la SNAI, insieme alla strategia urbana, rappresenta
la principale focalizzazione territoriale per il settennio 2014-2020. A diffe-
renza dell’opzione urbana, più allineata ad una dimensione ed attenzione
anche europea, le aree interne costituiscono una scelta strategica pro-
pria dell’Italia con cui si punta a sollecitare territori periferici e in declino
demografico, spesso connotati da vocazione prettamente rurale, verso
obiettivi di rilancio socio-economico, anche come contributo alla ripresa
del paese nel suo complesso.
voce “La strategia: politica di coesione, mezzogiorno e competitività dei territori”.
19
Una parte preponderante del territorio italiano è caratterizzata da un’or-
ganizzazione spaziale fondata su “centri minori”, spesso di piccole dimen-
sioni, che in molti casi sono in grado di garantire ai residenti soltanto una
limitata accessibilità ai servizi essenziali. Le specificità di questi territori
sono riassumibili utilizzando l’espressione aree interne.
Le aree interne italiane possono essere caratterizzate nel seguente modo:
• sono significativamente distanti dai principali centri di offerta di servi-
zi essenziali (istruzione, salute e mobilità);
• dispongono di importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi
agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e risorse culturali (beni
archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di me-
stiere);
• sono un territorio profondamente diversificato, esito delle dinamiche
dei vari e differenziati sistemi naturali e dei peculiari e secolari proces-
si di antropizzazione.
Questa prospettiva di analisi territoriale fa emergere un carattere fonda-
mentale delle aree interne italiane: la loro straordinaria varietà. Vi sono
profonde differenze (a tutti i livelli: geografico, economico, sociale, cultu-
rale, ecosistemico) tra i sistemi locali che compongono le aree interne. Il
riconoscimento delle differenze tra i sistemi locali delle aree interne è il
primo passo per il riconoscimento della loro complessità.
20
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
L’individuazione delle aree interne del paese parte da una lettura policen-
trica del territorio italiano, cioè un territorio caratterizzato da una rete di
comuni o aggregazioni di comuni (centri di offerta di servizi) attorno ai
quali gravitano aree caratterizzate da diversi livelli di perifericità spaziale.
I presupposti teorici da cui la mappatura delle aree interne prende le
mosse sono i seguenti:
• l’Italia è caratterizzata da una rete di centri urbani estremamente fitta
e differenziata; tali centri offrono una rosa estesa di servizi essenziali,
capaci di generare importanti bacini d’utenza, anche a distanza, e di
fungere da “attrattori” (nel senso gravitazionale);
• il livello di perifericità dei territori (in un senso spaziale) rispetto alla
rete di centri urbani influenza la qualità della vita dei cittadini e il loro
livello di inclusione sociale;
• le relazioni funzionali che si creano tra poli e territori più o meno peri-
ferici possono essere assai diverse.
Sulla base di queste premesse la scelta metodologica di classificazione
delle aree interne si fonda sul grado di perifericità di tali realtà da quei
comuni che si pongono come centri di offerta di servizi essenziali(1). Si
ricorda che una lettura del territorio legata alla distanza dai centri e sup-
portata da indicatori di accessibilità è riscontrabile sia nell’organizzazione
delle politiche territoriali di diversi paesi (ad esempio il caso del Canada(2))
come anche nelle ultime analisi e definizioni della ruralità sviluppate sia
in ambito Europeo che OCSE(3). In Italia l’Unità di valutazione degli inve-
stimenti pubblici (UVAL) ha sviluppato in nuce questo tipo di approccio in
una serie di analisi valutative nella seconda metà del duemila(4).
1 Per maggiori informazioni sulla metodologia di definizione delle aree interne, cfr. la “Nota Metodologica per la definizione delle aree interne” disponibile sul sito http://www.dps.gov.it/it/arint/Cosa_sono/index.html.
2 “Rural Policy Reviews: Québec, Canada”, OECD publishing, Parigi, 2010.
3 “Rural-Urban Partnership: An Integrated Approach to Economic Development”, OECD pub-lishing, Parigi, 2013.
4 “Servizi socio-sanitari nell’Umbria rurale”, S. Lucatelli, S. Savastano, M. Coccia, Materiali UVAL, Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, Roma, 2006; “Ruralità e pe-
21
Quali e cosa sono le aree interne
La scelta dei poli come centri di offerta dei servizi è stata effettuata dopo
un approfondimento tematico. Il percorso ha preso le mosse da una pri-
ma ipotesi che individuava i poli nei centri con popolazione residente su-
periore o uguale a 35.000 unità, definiti “urbani”. Tuttavia, le analisi suc-
cessivamente condotte allo scopo di supportare con evidenze statistiche
la scelta della soglia di popolazione adottata o, in alternativa, individuare
una soglia più appropriata, hanno portato a concludere la non esistenza
di una corrispondenza necessaria tra dimensione “fisica” del centro e la
capacità di offrire determinati servizi.
L’individuazione dei poli nei comuni che offrono un insieme specifico di
servizi è sembrata la strada migliore da percorrere, pur con la necessaria
approssimazione insita nella selezione dei servizi considerati. Nella scelta
operata si è sostituito il criterio della dimensione urbana, approssimato
mediante l’entità della popolazione, con quello della dimensione cittadi-
na, che guarda alla capacità dei centri di essere inclusivi in senso sociale
e quindi di cambiare il semplice abitante in cittadino. Questo approccio
ha permesso da un lato di identificare centri, anche piccoli, ma dotati di
tutti i servizi prescelti e dall’altro di cogliere, anche in questo caso in via
approssimata, il fenomeno dell’intercomunalità, ossia la capacità delle
amministrazioni comunali di fare rete mettendo in comune i servizi.
L’individuazione dei comuni poli, secondo il criterio di capacità di offerta
dei servizi essenziali, ha consentito di classificare i restanti comuni in 4
fasce: aree di cintura; aree intermedie; aree periferiche e aree ultraperife-
riche, in base alle distanze dai poli misurate in tempi di percorrenza.
La mappatura delle aree interne del paese così elaborata è, dunque, prin-
cipalmente influenzata da due fattori: i criteri con cui selezionare i centri
di offerta di servizi, i poli, e la scelta delle soglie di distanza per misurare
il grado di perifericità delle diverse aree.
rifericità: analisi territoriale dei servizi alla persona in Calabria”, S. Lucatelli, E.A. Peta, Mate-riali UVAL, Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica, Roma, 2010.
22
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
La scelta che si è operata riguardo agli indicatori deputati all’individuazio-
ne dei poli è la seguente:
• l’offerta completa di scuole secondarie superiori;
• la presenza di strutture sanitarie sedi di DEA di I livello;
• la presenza di stazioni ferroviarie di tipo almeno “silver”, corrisponden-
ti ad impianti medio-piccoli.
La caratterizzazione indicata in questo modo ha permesso di individuare
4.261 comuni di aree interne, ossia amministrazioni comunali che distano
oltre 20 minuti di percorrenza rispetto ad un polo o ad un polo intercomu-
nale (centro di offerta di servizi fondamentali). In particolare i comuni che
distano oltre 75 minuti dal polo o dal polo intercomunale più prossimo
sono considerati ultraperiferici, quelli compresi tra 40 e 75 minuti, peri-
ferici, mentre sono definiti intermedi i comuni che distano tra i 20 e i 40
minuti di percorrenza dal polo più vicino.
Sulla base di queste scelte metodologiche, su un totale di 8.092 comuni,
il 52,7% risulta essere di aree interne, il 2,7% un polo, l’1,3% un polo in-
tercomunale e il 43,4% di cintura (Tabella 1 e Figura 1).
Questa prima classificazione si basa sui dati del Ministero dell’Istruzione
del 2011, del Ministero della Salute e della Rete Ferroviaria Italiana (RFI)
del 2012, ma sarà suscettibile di modifiche sulla base degli aggiornamenti
dei numeri sulla dotazione di servizi scolastici, ferroviari e sanitari dei
comuni(5).
5 Per effetto della riorganizzazione delle strutture sanitarie, scolastiche o dei servizi di tra-sporto, infatti, un comune, da un anno all’altro, può perdere la classificazione di polo o polo intercomunale per diventare area di cintura o anche area interna, o viceversa, comuni che non soddisfacevano il criterio di offerta completa di servizi, in seguito all’acquisizione di nuovi servizi possono diventare polo o polo intercomunale. Per effetto di tali riorganizzazio-ni, ad inizio ottobre 2015, i comuni classificati come aree interne sono 4.181.
23
Quali e cosa sono le aree interne
I comuni di aree interne sono ampiamente diffusi su quasi tutto il territo-
rio nazionale, anche se è possibile rilevarne un numero maggiore nelle
regioni del centro-sud e lungo la dorsale appenninica. I comuni ultraperi-
ferici risultano concentrati nella parte centro-meridionale della Basilicata,
lungo la costa nord-occidentale della Calabria al confine con la Campa-
nia, in Sardegna, nell’estremità nord e a sud lungo la fascia orientale e in
alcune zone delle Alpi centrali (Figura 2).
Tabella 1. La classifi cazione dei comuni italiani in centri ed aree interne, 2012
TipologiaN. comuni
v.a. %
Centri
A - Polo 219 2,7%
B - Polo intercomunale 104 1,3%
C - Cintura 3.508 43,4%
Aree interne
D - Intermedio 2.377 29,4%
E - Periferico 1.526 18,9%
F - Ultraperiferico 358 4,4%
Totale* 8.092 100,0%
*La classifi cazione operata nel 2012 dal DPS si riferisce agli 8.092 comuni italiani esistenti in quell’anno. Si segnala che al 30 gennaio 2015 i comuni italiani sono 8.047.
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2012
Figura 1. La classificazione dei comuni italiani in centri ed aree interne,2012
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2012
Aree interne 52,7%4.261 comuni
Centri 47,3%3.831 comuni
24
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Figura 2. I comuni di aree interne, per grado di perifericità, 2012
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2012
D - Intermedio
E - Periferico
F - Ultraperiferico
25
Quali e cosa sono le aree interne
In valore assoluto il maggior numero di comuni di aree interne, 515, si
trova in Lombardia (Tabella 2) mentre la più alta percentuale di comuni di
aree interne sul totale dei comuni della regione si rileva in quelle del sud.
In particolare, oltre il 96% delle amministrazioni comunali della Basilicata
è di aree interne. Valori superiori a quello medio nazionale (52,7%) si os-
servano anche nelle realtà comunali della Sardegna (84,4%), della Cala-
bria (77,8%), della Sicilia (76,4%), del Molise (75,0%), dell’Abruzzo (70,8%)
e della Puglia (56,2%). Al centro, percentuali di comuni di aree interne
superiori al dato nazionale si rilevano nel Lazio (72,5%) e nell’Umbria
(66,3%). Al nord, in Trentino-Alto Adige, su un numero complessivo di 333
comuni, l’82,6%, 275, è di aree interne e dei 74 comuni della Valle d’Aosta
44 sono di aree interne (il 59,5% dei comuni della regione).
Tabella 2. I comuni di aree interne in Italia, per regione, 2012
Regione Numero comuni di aree interne (a)
Numero comuni della regione (b)
% comuni di aree interne (a/b)
Piemonte 505 1.206 41,9%Valle d'Aosta 44 74 59,5%Lombardia 515 1.544 33,4%Trentino-Alto Adige 275 333 82,6%Veneto 191 581 32,9%Friuli-Venezia Giulia 86 218 39,4%Liguria 106 235 45,1%Emilia-Romagna 149 348 42,8%Toscana 128 287 44,6%Umbria 61 92 66,3%Marche 118 239 49,4%Lazio 274 378 72,5%Abruzzo 216 305 70,8%Molise 102 136 75,0%Campania 286 551 51,9%Puglia 145 258 56,2%Basilicata 126 131 96,2%Calabria 318 409 77,8%Sicilia 298 390 76,4%Sardegna 318 377 84,4%Totale 4.261 8.092 52,7%Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2012
26
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Il 70,2% dei comuni del paese con popolazione inferiore a 2.000 unità e
oltre la metà (51,4%) di quelli con un numero di abitanti compreso tra
2.000 e 4.999 residenti è di aree interne (Tabella 3). In generale all’au-
mentare della classe di ampiezza demografica, la percentuale di comuni
di aree interne sul totale di ciascuna classe decresce sensibilmente, fino
ad azzerarsi in corrispondenza della fascia demografica più popolosa con
oltre 250.000 residenti. Solo il 4,3% delle amministrazioni comunali con
popolazione tra 60.000 e 249.999 residenti è di aree interne.
Oltre 13 milioni e mezzo di abitanti, il 22,8% della popolazione nazionale,
risiede in un comune di aree interne (Tabella 4). Esistono forti differenze a
livello geografico. Si passa dal 74,7% della popolazione dei comuni della
Basilicata che vive in un comune di aree interne all’8,8% dei cittadini delle
realtà comunali della Liguria. In generale nelle regioni del sud la percen-
tuale di popolazione residente nei comuni di aree interne sulla popolazio-
ne regionale è superiore al dato nazionale; unica eccezione è rappresenta-
ta dalla Campania, in cui il 15,9% della popolazione risiede in un comune
di aree interne. Al centro, oltre un terzo della popolazione umbra vive in un
comune di aree interne; percentuali superiori alla media paese si osserva-
no anche nei comuni del Lazio (24,3%). Al nord, oltre la metà dei residenti
dei comuni del Trentino-Alto Adige risiede in un comune di aree interne;
Tabella 3. I comuni di aree interne in Italia, per classe demografi ca, 2012
Classe di ampiezzademografi ca
Numero comuni di aree interne (a)
Numero comuni della classe
demografi ca (b)
% comuni di aree interne (a/b)
0 - 1.999 2.472 3.520 70,2%
2.000 - 4.999 1.109 2.156 51,4%
5.000 - 9.999 417 1.188 35,1%
10.000 - 19.999 183 709 25,8%
20.000 - 59.999 76 415 18,3%
60.000 - 249.999 4 92 4,3%
>= 250.000 0 12 0,0%
Totale 4.261 8.092 52,7%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2012
27
Quali e cosa sono le aree interne
tale percentuale scende al 30,5% per ciò che concerne la popolazione dei
comuni della Valle d’Aosta pur mantenendosi sopra la media nazionale.
I comuni di aree interne coprono nel complesso una superficie pari a
183.959 kmq, pari al 61,0% della superficie totale del paese. I comuni
di aree interne della Basilicata si estendono sul 92,3% della superficie
complessiva dei comuni della regione. Percentuali superiori all’80% si
osservano anche in Trentino-Alto Adige (89,8%) e in Sardegna (84,5%).
Tabella 4. La popolosità e l’estensione territoriale dei comuni di aree interne, per regione, 2011
Regione
Popolazione residentenei comuni di aree interne
Superfi cie (kmq) dei comuni di aree interne
v.a.% su pop.
dei comuni della regione
v.a.% su sup.
dei comuni della regione
Piemonte 639.479 14,7% 12.520 49,3%
Valle d'Aosta 38.680 30,5% 2.337 71,6%
Lombardia 1.046.793 10,8% 11.049 46,3%
Trentino-Alto Adige 574.062 55,8% 12.221 89,8%
Veneto 892.029 18,4% 6.926 37,6%
Friuli-Venezia Giulia 167.905 13,8% 4.227 53,8%
Liguria 138.269 8,8% 2.783 51,3%
Emilia-Romagna 598.881 13,8% 9.955 44,4%
Toscana 495.636 13,5% 12.020 52,3%
Umbria 297.448 33,6% 4.947 58,5%
Marche 287.226 18,6% 4.811 51,4%
Lazio 1.336.255 24,3% 10.207 59,2%
Abruzzo 376.181 28,8% 7.172 66,6%
Molise 133.985 42,7% 3.308 74,5%
Campania 916.017 15,9% 8.856 65,2%
Puglia 1.180.592 29,1% 9.816 50,7%
Basilicata 431.512 74,7% 9.228 92,3%
Calabria 995.959 50,8% 11.896 78,9%
Sicilia 2.137.718 42,7% 19.330 75,2%
Sardegna 856.897 52,3% 20.350 84,5%
Totale 13.541.524 22,8% 183.959 61,0%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat, 2012
28
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Osservando i principali indicatori demografici, economici ed istituzionali
dei comuni di aree interne rispetto a quelli classificati come centri e alla
media dei comuni del paese, si possono cogliere alcuni segnali che indi-
cano una maggiore sofferenza rispetto agli altri (Tabella 5).
In dieci anni, dal 2001 al 2011, la popolazione residente nei comuni di aree
interne è cresciuta circa la metà (il 2,2%) rispetto ai centri (4,9%) e alla
media dei comuni italiani (4,3%). Analogamente anche la densità abitati-
va nei comuni di aree interne, pari a 73,6 abitanti per kmq, è oltre cinque
volte inferiore rispetto a quella dei comuni classificati come centri (391,0
abitanti per kmq) e circa tre volte meno di quella media dei comuni del
paese (197,2 ab./kmq).
Il tasso migratorio, inteso come differenza tra iscritti e cancellati all’ana-
grafe ogni 1.000 abitanti, consente di avere una misura dell’attrattività dei
Tabella 5. I principali indicatori demografi ci, economici ed istituzionalirelativi ai comuni di aree interne (un confronto con i centri ed il totaledei comuni italiani)
Areeinterne Centri Totale comuni
italiani
Var. % popolazione residente 2001/2011 2,2% 4,9% 4,3%
Densità abitativa (ab./kmq) 2011 73,6 391,0 197,2
Tasso migratorio (per 1.000 ab.) 2014 10,2 22,2 19,5
Incidenza degli stranieri residenti 2014 6,3% 8,6% 8,1%
Reddito imponibile IRPEF per contribuente (migliaia di euro) anno d'imposta 2011
20,12 24,36 23,48
% comuni specializzati nel primario 2013 72,9% 43,4% 58,9%
% comuni specializzati nel secondario 2013 19,9% 44,1% 31,4%
% comuni specializzati nel terziario 2013 7,2% 12,5% 9,7%
% comuni in Unioni di Comuni (ottobre) 2015 30,6% 27,6% 29,2%
% comuni in Comunità Montane 2014 30,2% 10,3% 20,8%
% comuni attuatori di progetti FESR 2007-2013 (febb.) 2015
52,8% 38,1% 45,8%
Dove non diversamente specifi cato, i dati si riferiscono alla data del 1° gennaio di ciascun anno.
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, Istat, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Infocamere, Anci, Ancitel, anni vari
29
Quali e cosa sono le aree interne
comuni di aree interne rispetto ai centri e alla media dei comuni italiani.
In particolare, mentre nei comuni di aree interne il tasso migratorio nel
2014 si ferma a 10,2 ogni 1.000 abitanti, nei centri il dato sale a 22,2 ogni
1.000 residenti; valore quest’ultimo superiore al dato medio nazionale
(19,5 per 1.000 abitanti).
Nei comuni di aree interne si registra una concentrazione di popolazione
straniera residente più bassa rispetto ai comuni classificati come centri
e alla media nazionale. Gli stranieri residenti nei comuni di aree interne
rappresentano nel 2014 il 6,3% della popolazione di questi comuni, con-
tro l’8,6% dei centri e l’8,1% della media dei comuni italiani.
Il reddito imponibile ai fini IRPEF può permettere di misurare e confron-
tare la ricchezza economica dei comuni di aree interne rispetto agli al-
tri comuni. Nell’anno d’imposta 2011 l’ammontare di reddito imponibile
medio per ciascun contribuente residente in un comune italiano è stato
pari a 23,48mila euro. Nei centri il reddito medio, pari a 24,36mila euro,
si attesta sopra la media nazionale, mentre nei comuni di aree interne il
dato si riduce a poco oltre i 20mila euro pro capite.
Considerando l’incidenza delle imprese attive in un determinato settore
economico in ogni comune rapportata al totale delle imprese attive nel co-
mune stesso, si misura l’indice di specializzazione economica(6). Un comu-
ne può essere definito “specializzato” se tale rapporto risulta maggiore
dello stesso rapporto calcolato a livello nazionale. L’analisi è stata svolta
relativamente ai tre settori economici: primario (agricolo), secondario (in-
dustriale) e terziario (i servizi). Le realtà comunali italiane, nel complesso,
manifestano una vocazione imprenditoriale agricola: nel 58,9% delle am-
ministrazioni comunali tale specializzazione è prevalente. Nei comuni di
aree interne il dato si amplifica: il 72,9% di essi è specializzato nel settore
6 Da un punto di vista analitico si è proceduto al calcolo, per ciascun comune, dei quozienti di localizzazione (QL) dei tre settori (primario, secondario e terziario). A ciascun comune è stata poi attribuita la specializzazione economica corrispondente al massimo valore di QL osservato.
30
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
primario. I comuni classificati come centri mostrano invece una minore
propensione al settore agricolo con il 43,4% specializzato in tale settore.
I comuni di aree interne specializzati nel settore secondario sono meno del-
la metà rispetto ai centri (19,9% i primi e 44,1% i secondi). Analogamente i
comuni di aree interne specializzati nei servizi sono il 7,2% del totale, con-
tro il 12,5% ed il 9,7% dei centri e della media nazionale rispettivamente.
Da rilevare il dato sulla percentuale di comuni di aree interne partecipanti
a forme di gestione associata di funzioni, quali Unioni di Comuni e Comu-
nità Montane, rispetto alla media nazionale e ai comuni centri.
Poco meno di un terzo dei comuni di aree interne, il 30,6%, fa parte di un’U-
nione di Comuni (ottobre 2015) e, nel 2014, oltre il 30% di una Comunità
Montana (30,2%). Nei centri tali percentuali si riducono al 27,6% e al 10,3%
rispettivamente, mentre a livello nazionale risalgono al 29,2% per quanto
riguarda le Unioni di Comuni e al 20,8% per le Comunità Montane.
Da rilevare il dinamismo dei comuni di aree interne per quanto riguarda
l’attuazione degli interventi finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Re-
gionale (FESR) nel ciclo di programmazione 2007-2013. Infatti il 52,8% dei
comuni di aree interne è attuatore di progetti FESR contro il dato medio
nazionale del 45,8% e il 38,1% dei centri.
33
La Strategia e l’obiettivo della coesione territoriale
Negli ultimi due decenni, la riflessione sulle politiche europee, in riferi-
mento sia alla politica agricola che a quella di coesione, si è evoluta fino
al riconoscimento di tre importanti necessità:
• rinforzare l’approccio “place based”, così da rispondere propriamente
ai bisogni specifici dei territori;
• riconoscere in maniera più adeguata l’interdipendenza tra i territori,
prescindendo dalle frontiere amministrative (le cosiddette aree funzio-
nali, come ad esempio quelle che riconoscono i legami esistenti tra le
aree urbane e quelle rurali);
• rendere maggiormente equa la distribuzione degli investimenti sui
territori.
Dopo il lancio del periodo di programmazione 2007-2013, nel periodo
2007-2009, una serie di lavori e di iniziative testimoniano questa evolu-
zione(1). Il trattato di Lisbona, adottato nel 2009, fa della coesione territo-
1 Il disegno di una politica marittima integrata (PMI, 2007), che offre un quadro di coor-dinamento a tutti gli attori del mondo del mare e dei suoi litorali. È la prima iniziativa a livello di Unione europea che mira a coordinare un insieme di politiche per lo sviluppo di un’area specifica. La pubblicazione del Libro Verde della Commissione sulla Coesione Territoriale (2008). La diffusione del Rapporto Barca: “An Agenda for a reformed cohesion
34
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
riale un obiettivo dell’Unione europea e riconosce il carattere fortemente
diversificato dei territori che la compongono. Gli obiettivi chiave della
coesione territoriale sono la promozione di uno sviluppo più equilibrato,
di una maggiore solidarietà tra territori e di un accesso equilibrato dei
cittadini ai servizi di base. Si tratta anche di rendere operativi alcuni prin-
cipi organizzativi propri della coesione territoriale: perseguire fluidità tra
i diversi livelli territoriali all’interno di forme di governance multi-livello
e non gerarchizzate; facilitare il coordinamento tra politiche territoriali e
settoriali e perseguire strategie integrate e cooperazione tra territori.
Contemporaneamente all’elaborazione della proposta della Commissio-
ne europea, anche i ministri responsabili della gestione del territorio dei
27 Stati membri hanno iniziato a considerare ai più alti livelli la questione
della coesione territoriale. Si è così arrivati all’adozione, nel maggio 2011,
sotto la presidenza ungherese del Consiglio europeo, della “Agenda terri-
toriale dell’UE 2020: Verso un’Europa inclusiva, intelligente e sostenibile,
fatta di regioni differenti”. Cinque proposte di questo documento sono
interessanti dal punto di vista della Strategia in favore delle aree interne:
• realizzare la Strategia UE 2020 in linea con i principi della coesione
territoriale;
• valorizzare le specificità dei territori e il loro capitale territoriale per
assecondare il loro sviluppo anche attraverso la messa in rete dei ter-
ritori stessi e le azioni di cooperazione territoriale;
• rinforzare la dimensione territoriale della programmazione dei fondi
europei (ovvero FEASR, FESR, FSE) a tutti i livelli (definizione delle
priorità e degli interventi; valutazione; impatto e controllo);
• incoraggiare gli approcci sperimentali di sviluppo locale integrato nei
diversi contesti territoriali;
• facilitare l’integrazione della dimensione territoriale nelle politiche (ivi
comprese quelle settoriali) e assicurare il coordinamento di queste politi-
che a tutti i livelli implicati nei processi amministrativi e della governance.
policy” (2009). L’adozione da parte del Consiglio europeo di una Strategia macro-regionale per il Mar Baltico (2009).
35
L’obiettivo della coesione territoriale e le cinque innovazioni metodologiche
La Strategia costituisce sicuramente un unicum in Europa, sia dal punto
di vista della sperimentalità che da quello dell’approccio territoriale del-
le politiche settoriali, in questo caso quella dell’istruzione, della salute e
della mobilità.
I legami tra la città e le aree rurali vengono analizzati dall’OCSE in relazio-
ne a tre diverse dimensioni territoriali: le città metropolitane e le aree peri-
urbane; i legami tra città di medie dimensioni; le aree rurali periferiche e
le “piccole città mercato”. I risultati di una serie di casi di studio in corso in
diverse aree dell’Europa sono stati discussi nel corso della IX Conferen-
za OCSE sulle politiche di sviluppo rurale di Bologna “Partenariati rurali-
urbani: un approccio integrato allo sviluppo economico(2)” (OCSE 2013).
Le aree prototipali selezionate dalle diverse regioni del paese hanno ca-
ratteristiche che rientrano in queste tre tipologie individuate dall’OCSE, ci
sono infatti aree interne a ridosso di città metropolitane (il caso dell’An-
tola Tigullio e Genova, Mugello-Bisenzio-Valdisieve sopra Firenze); aree
che costituiscono vere e proprie reti di città di piccole e medie dimensioni
(l’Appennino Basso Pesarese e Anconetano nelle Marche e la Sud-Ovest
dell’Orvietano in Umbria); aree periferiche dai bassissimi livelli demo-
grafici e caratterizzate da reti di comuni di piccolissime dimensioni (Valli
Maira e Grana in Piemonte e Alta Marmilla in Sardegna).
La Strategia nazionale per le aree interne dell’Italia costituisce uno degli
esempi più interessanti ad oggi, nel contesto europeo, di perseguimento
dell’obiettivo della coesione territoriale, sia sul piano dei contenuti che
del suo obiettivo ultimo: restituire alle aree interne un ruolo importante
nel concorrere alla ripresa dello sviluppo economico del paese, sia sulla
governance prescelta, che punta su aree vaste rappresentate da associa-
zioni di comuni, sia sulla forte cooperazione richiesta tra Stato, regione e
associazioni di comuni interessati.
2 “Rural-Urban Partnership: An Integrated Approach to Economic Development”, OECD pub-lishing, Parigi, 2013.
36
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Le cinque innovazioni metodologiche
La prima innovazione della Strategia è rappresentata dall’intervento con-
giunto e concomitante in favore dello sviluppo (in un’ottica di mercato) e in
favore della cittadinanza (upgrading e facilitazione dell’accesso ai servizi).
Nel breve periodo, la Strategia ha il duplice obiettivo di adeguare la quan-
tità e qualità dei servizi di istruzione, salute, mobilità (cittadinanza) e di
promuovere azioni di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e
culturale di queste aree, puntando anche su filiere produttive locali (mer-
cato). Al primo obiettivo sono assegnate le risorse nazionali previste ap-
positamente dalla Legge di Stabilità 2014 e 2015; al secondo obiettivo
le regioni destineranno i fondi comunitari (FESR, FSE, FEASR, FEAMP)
2014-2020, nei diversi programmi interessati. La Strategia è partita nel
2014 dando il via all’identificazione da parte di ogni regione e dalla pro-
vincia autonoma di Trento di un’area pilota(3).
Nel lungo periodo, l’obiettivo della SNAI è quello di invertire le attuali
tendenze demografiche delle aree interne del paese.
Per realizzare gli obiettivi della Strategia, gli interventi per lo sviluppo
delle aree interne saranno perseguiti con due classi di azioni congiun-
te. Da un lato l’adeguamento della qualità/quantità dell’offerta dei servizi
essenziali. Il miglioramento dell’organizzazione e della fruizione di servi-
zi (tra cui in particolare quelli sanitari, dell’istruzione e della formazione
professionale e i servizi alla mobilità) costituisce una condizione sine qua
non per lo sviluppo, l’occasione per il radicamento di nuove attività eco-
nomiche e un fattore essenziale per l’effettivo successo dei progetti di
sviluppo locale. Se nelle aree interne non sono offerti quei servizi consi-
derati “essenziali” per il godimento del diritto di cittadinanza, in queste
aree non si può vivere e quindi non è immaginabile alcuna sostenibilità a
lungo termine dei progetti promossi.
3 A settembre 2015 hanno deliberato 17 regioni e la Provincia Autonoma di Trento; la Pro-vincia Autonoma di Bolzano non ha aderito alla Strategia. La Sicilia e la Lombardia hanno deliberato, in accordo con il Comitato tecnico aree interne, due aree pilota ciascuna, di cui una sperimentale.
37
L’obiettivo della coesione territoriale e le cinque innovazioni metodologiche
Dall’altro lato la realizzazione di interventi in favore dello sviluppo locale
inquadrati in progetti territoriali, orientati a generare domanda di lavoro
attraverso il re-utilizzo del capitale territoriale. I progetti avranno natura
integrata e dovranno riguardare almeno due dei settori chiave individuati
dalla Strategia nazionale aree interne: la valorizzazione delle risorse natu-
rali, culturali e il turismo sostenibile; il sostegno ai sistemi agroalimentari
e alle iniziative di sviluppo locale; il risparmio energetico e le filiere locali
di energia rinnovabile; il saper fare artigianato.
Entrambe le classi di azioni vengono realizzate in aree progetto composte
da gruppi di comuni (anche a cavallo di più province e regioni) e identi-
ficate dalle regioni d’intesa con il Centro, attraverso un processo di dia-
gnosi aperta.
La seconda innovazione è l’approccio di strategia d’area e una forte atten-
zione al risultato. Prima di passare alla fase progettuale, infatti, ciascuna
delle aree selezionate dovrà elaborare una visione di medio-lungo termi-
ne. Per evitare che l’intervento in ogni area progetto diventi una somma-
toria di progetti frammentati, le aree progetto scelte saranno impegnate
prima di tutto a elaborare un documento di strategia d’area, che indichi
un’idea guida per indirizzare il cambiamento, lavorando sull’individuazio-
ne e la creazione di una “filiera cognitiva” trainante. Il documento sarà
fondato sull’identificazione dei soggetti innovativi (che determineranno
la scelta della filiera stessa) e dei centri di competenza dell’area e indiche-
rà come si intende dare loro impulso.
Le strategie dovranno pertanto prevedere dei risultati attesi e misurabili,
coerenti con gli obiettivi della Strategia, e verificabili attraverso un meto-
do aperto. Solo e soltanto se le comunità esprimeranno e faranno propri
questi risultati attesi, allora si potrà creare la pressione sociale necessaria
per provocare effettivamente il cambiamento da perseguire. La prepara-
zione della strategia sarà pertanto costruita attraverso un confronto aper-
to con il territorio, e un intenso lavoro di campo, con gli attori rilevanti
del partenariato(4).
4 “Codice europeo di condotta sul partenariato”, Commissione europea, 2014.
38
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Nelle diverse fasi di costruzione della strategia d’area inizia la fase cen-
trale di animazione e coprogettazione degli interventi attraverso lo scou-
ting dei soggetti che possono portare un contributo alle linee di azione
identificate, il coinvolgimento sul territorio dei soggetti rilevanti negli am-
biti prioritari, l’immissione di competenze specifiche e il confronto con
altre esperienze.
La terza innovazione è quella di aver scelto di lavorare esclusivamente
con associazioni tra comuni(5). I comuni costituiscono il soggetto pubblico
di riferimento della Strategia, «l’unità di base del processo di decisione
politica e - in forma di aggregazione di comuni contigui (sistemi locali in-
tercomunali), sono partner privilegiati per la definizione della strategia di
sviluppo d’area e per la realizzazione dei progetti di sviluppo»(6). I comuni
di ogni area progetto devono pertanto realizzare forme appropriate di
gestione associata di funzioni (fondamentali) e servizi. Perché la Strategia
possa perseguire i suoi obiettivi, tali sistemi intercomunali devono diven-
tare permanenti, e non essere il frutto di occasioni partenariali create da
opportunità di progettazione (come ad esempio nel passato i PIT e i GAL).
La quarta innovazione è quella di un forte tentativo di concentrazione ter-
ritoriale. L’efficacia della Strategia dipende dalla capacità di concentrare
risorse finanziarie e umane scarse nelle aree dove si combinano elevati
bisogni, opportunità e capacità di coglierle. Questa concentrazione av-
viene attraverso il processo di selezione di poche aree (realizzato tramite
esercizi di pianificazione territoriale) alle quali destinare l’intervento in
ciascuna regione. Nel 2014 è stato realizzato un processo di selezione
pubblico e aperto, che è partito dalle proposte dei territori e delle regio-
ni - relative a sistemi di comuni interni. La selezione, che ha seguito il
metodo sopra descritto, ha individuato ad oggi 61 aree progetto, nelle
quali vivono 1,7 milioni di abitanti, composte per circa il 58% da comuni
periferici ed ultraperiferici.
5 Tali forme associative si sono realizzate attraverso Unioni di Comuni o convenzioni.
6 Accordo di Partenariato per l’Italia.
39
L’obiettivo della coesione territoriale e le cinque innovazioni metodologiche
La quinta ed ultima innovazione riguarda il metodo aperto, il lavoro par-
tenariale sui territori e il coinvolgimento dei diversi attori sociali sia nella
fase di selezione delle aree che in quella del disegno della Strategia e
della coprogettazione. In particolare, sia il lavoro di costruzione degli in-
dicatori e della matrice “open aree interne”, che quello di costruzione e
follow up delle strategie con il contributo delle compagini locali, è stato
possibile grazie al metodo innovativo di forte collaborazione interistitu-
zionale costruito all’interno del Comitato tecnico aree interne.
43
Come anticipato nel Capitolo precedente, i comuni sono i principali pro-
tagonisti della Strategia nazionale aree interne.
In ogni area progetto selezionata quale beneficiaria degli interventi essi
dovranno individuare forme appropriate di gestione associata di funzioni
(fondamentali) e servizi (nelle forme previste dall’ordinamento: convenzio-
ni o Unioni) che siano «funzionali al raggiungimento dei risultati di lungo
periodo degli interventi collegati alla strategia e tali da allineare pienamen-
te la loro azione ordinaria con i progetti di sviluppo locali finanziati»(1).
I comuni interessati, in sostanza, superando localismi non più giustificati
e ritrosie a cooperare in progetti di sviluppo di dimensione sovracomuna-
le, attraverso la gestione associata di funzioni o servizi, «dovranno prova-
re di essere in grado di guardare oltre i propri confini»(2).
È questo un punto qualificante della Strategia.
La gestione associata è assunta quale prerequisito essenziale della Stra-
tegia di sviluppo e segnala l’esigenza di pervenire ad un diverso assetto
della gestione territoriale dei servizi comunali, in grado di assicurare effi-
cienza (ambiti ottimali) ed efficacia (tramite coordinamento intercomuna-
le) alla gestione medesima, nonché garantire un livello più appropriato di
intervento territoriale per l’esercizio delle funzioni fondamentali.
1 Accordo di Partenariato per l’Italia.
2 Ibidem.
44
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Dal punto di vista della governance del territorio, cioè dell’insieme di mi-
sure che regolano i poteri di intervenire su un dato contesto economico e
sociale, la gestione associata è così assunta come una modalità organizza-
tiva di esercizio delle prerogative pubbliche che consente ai titolari di quei
poteri (i comuni) di esprimere quella maggiore capacità di progettazione e
attuazione dell’azione collettiva di sviluppo locale richiesta dalla SNAI. Ciò
quale condizione per assicurare universalità e migliore qualità dei servizi
di cittadinanza, nonché il perseguimento dei risultati attesi degli investi-
menti in termini di sviluppo economico, sociale ed occupazionale.
In effetti, gestire funzioni e servizi in forma associata significa lavorare
di fatto alla costruzione di una piattaforma territoriale unica, capace di
superare confini amministrativi e limitazioni di competenze ed offrire di-
mensioni adeguate per far sprigionare dalle attività di gestione economie
di scala (dove possibile) o punti di equilibrio e sostenibilità più avanzati
nell’erogazione di servizi e beni pubblici(3).
Ma come si soddisfa tale prerequisito? Che relazioni vi sono fra questo e
il tema dell’obbligatorietà della gestione associata di funzioni per i comu-
ni di minori dimensioni demografiche, fissata dalla normativa vigente (a
partire dal DL n. 78\2010 fino alla Legge 56\2014)?
La verifica in sede istruttoria del prerequisito associativo, come detto, è
discriminante ai fini dell’ammissibilità delle aree progetto alla Strategia
e quindi alla sottoscrizione dell’Accordo di Programma Quadro che dà
attuazione alla Strategia medesima.
Innanzitutto, bisogna considerare che tale prerequisito non si considera
soddisfatto dall’esistenza di aggregazioni temporanee costruite «su e per
3 L’Accordo di Partenariato, non a caso, precisa che «Il prevalere nelle aree interne dei co-muni di piccole dimensioni implica che un’organizzazione in forma associata (sia questa più o meno formalizzata) e/o consortile dei comuni è fondamentale per l’organizzazione dei servizi sul territorio».
45
Il ruolo dei comuni e l’importanza delle gestioni associate
progetti/programmi di sviluppo»(4), tipica di gran parte degli interventi di
sviluppo locale promossi nel nostro paese, almeno a partire dalla sta-
gione della programmazione negoziata (patti territoriali, contratti d’area)
e, successivamente, con le formule utilizzate dalla politica di coesione
comunitaria (PIT, PISU, PIST, GAL, ecc.).
È invece necessario realizzare aggregazioni permanenti fra i comuni in-
teressati, costruite su un disegno di gestione ordinaria di funzioni fonda-
mentali e servizi locali.
È evidente che gestione obbligatoria ex lege e prerequisito della Strategia si-
ano fenomeni connessi: impossibile richiedere ai comuni di trattare suddet-
ta materia senza tener conto del quadro normativo ed ordinamentale. Tut-
tavia, i due fenomeni devono essere considerati concettualmente separati.
La gestione obbligatoria ex lege, per i comuni sottoposti a tale vincolo,
procede sui binari degli adempimenti tracciati - per tipologie dimensio-
nali degli enti - dalla normativa nazionale e regionale, nei tempi fissati
dal legislatore.
Per i comuni non obbligati, invece, il prerequisito avanza in via volontari-
stica ed autonoma: a prescindere dalla dimensione demografica, i comuni
interessati procederanno sulla base del TUEL ad associare funzioni e ser-
vizi, a mezzo convenzione o Unione, secondo le esigenze unitarie richieste
dalla Strategia e nei tempi definiti dalle relative procedure di attuazione.
È chiaro che per i comuni obbligati ex lege, non può essere permessa
nessuna deroga ai dettami legislativi e, come il meno contiene il più, se i
tempi fissati legislativamente e i tempi di attuazione della Strategia coin-
cidono, ovvero i primi anticipano i secondi, l’assolvimento dell’obbligo e
l’acquisizione del prerequisito coincidono.
La garanzia che non si creino disallineamenti fra gli ambiti territoriali di
intervento disegnati dalla SNAI e gli ambiti territoriali definiti dagli ob-
blighi di associazionismo ordinamentale è assicurata dalla funzione di
4 “Il pre-requisito generale della gestione di servizi comunali nella Strategia Nazionale per le Aree Interne”, DPS, Documento di lavoro: versione 24 luglio 2014.
46
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
coordinamento regionale, che in ambedue casi esprime una potestà le-
gislativa di indirizzo sulla materia in questione, attribuita alle regioni, ri-
spettivamente, dalle procedure SNAI e dalla legislazione nazionale.
49
L’individuazione delle aree
Il processo di selezione delle aree su cui concentrare gli interventi nel
periodo di programmazione 2014-2020 è avvenuto attraverso una pro-
cedura di istruttoria pubblica, svolta da tutte le amministrazioni centrali
raccolte nel Comitato nazionale aree interne e dalla regione (o provincia
autonoma) interessata(1).
Oltre a identificare le aree progetto (ad inizio ottobre 2015 si contano 61
aree(2) su 18 regioni(3) e sulla P.A. di Trento), obiettivo dell’istruttoria è stato
anche quello di selezionare, per ogni regione e provincia autonoma, l’a-
rea pilota su cui avviare la Strategia e sulla quale concentrare i fondi della
Legge di Stabilità 2014. A tal proposito, secondo quando disposto dalla
Delibera CIPE n. 9/2015(4), le aree pilota su cui saranno ripartite le risorse
1 Al Comitato nazionale partecipano anche ANCI e IFEL.
2 Tra queste le aree Valchiavenna (Lombardia) e Val Simeto (Sicilia) sono state selezionate dal Comitato tecnico aree interne, d’intesa con la regione di appartenenza, per realizzare sperimentazioni particolarmente avanzate della Strategia.
3 Soltanto per la Regione Emilia-Romagna la procedura di identificazione delle aree proget-to, e conseguentemente dell’area pilota, è in corso di svolgimento.
4 “Programmazione dei fondi strutturali di investimento europei 2014-2020. Accordo di Par-tenariato - Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del paese: indirizzi opera-
50
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
della Strategia allocate dalle Leggi di Stabilità per il triennio 2014-2016
sono 23.
L’istruttoria ha previsto una fase di diagnosi dei dati e delle informazioni
relative alle aree candidate e una successiva fase di verifica di campo
con focus group e missione del Comitato(5). Su queste basi sono andate
emergendo candidature di gruppi di comuni sia direttamente (presentate
alla regione o al Centro), sia indirettamente da parte delle regioni e pro-
vince autonome. Tali candidature sono state esaminate nella prima fase
del lavoro dai due livelli di governo attraverso incontri bilaterali volti a
valutarne la coerenza rispetto ai criteri stabiliti.
La selezione delle aree è avvenuta dunque inizialmente sulla base di una
diagnosi dei dati quantitativi e qualitativi disponibili che spesso ha porta-
to a modificare la perimetrazione delle candidature avanzate. Sulla base
delle ipotesi passate a questo primo vaglio, è stata quindi organizzata la
fase di verifica di campo, con la missione di una rappresentanza completa
del Comitato nazionale aree interne (che ha sempre assicurato la presenza
del Ministero dell’Agricoltura, della Salute, dell’Istruzione, dell’Economia e
delle Finanze, di ANCI-IFEL, del coordinamento DPS e dei progettisti Invi-
talia) e della regione nel comune designato per l’incontro dal gruppo di
amministrazioni comunali candidato. La verifica, preceduta da contatti e da
un lavoro preparatorio con i rappresentanti del territorio e con la regione
o provincia autonoma, è culminata in un focus group al quale hanno par-
tecipato, oltre ai sindaci dell’area candidata, soggetti rilevanti della società
locale (lavoratori, insegnanti, studenti, medici, imprenditori, artisti, dirigenti
ed esperti nei campi della scuola, salute e mobilità). Dopo la missione, il
Comitato ha avviato un’interlocuzione con la regione, volta a valutare le
modifiche alle candidature che la verifica di campo aveva suggerito.
tivi”, 28 gennaio 2015.
5 L’istruttoria pubblica di selezione delle aree è diffusamente descritta nella “Relazione an-nuale sulla Strategia nazionale per le aree interne” presentata al CIPE dal Sottosegretario De Vincenti, luglio 2015, da cui sono tratte le informazioni contenute nel presente Capitolo.
51
L’individuazione delle aree, gli strumenti di attuazione e le risorse
Terminata questa fase di approfondimento e individuato un punto di ac-
cordo con la regione, il Comitato ha elaborato un documento di istrutto-
ria che è stato restituito a tutte le parti e reso pubblico. Il documento di
istruttoria contiene dati, considerazioni e valutazioni sui criteri ritenuti
funzionali a un’attività di coprogettazione, volta alla definizione di obiet-
tivi specifici, azioni puntuali, criteri di valutazione, nel caso in cui l’area
selezionata dalla regione fosse diventata quella pilota.
Con il rilascio dell’istruttoria si sono create le condizioni per una decisio-
ne formale della regione sulle aree progetto, nonché sulla scelta dell’area
pilota.
Si ricorda che la gestione in forma associata di funzioni (fondamentali)
e di servizi è assunta quale prerequisito essenziale della Strategia di svi-
luppo. Al momento dell’avvio della procedura di sottoscrizione dell’APQ
attuativo della medesima, i comuni interessati dovranno aver soddisfatto
il prerequisito, esibendo le convenzioni che attestino la gestione associa-
ta di funzioni e servizi, secondo la gradualità e la tempistica prevista dalla
legislazione vigente, ovvero documentando il numero di funzioni e/o ser-
vizi che gestiscano a mezzo Unione. Il Comitato tecnico nazionale valu-
terà l’assolvimento dell’obbligo associativo. Qualora il prerequisito non
risulti ancora soddisfatto, i sindaci delle aree pilota interessate dovranno
assumere una delibera di Giunta o di Consiglio in cui sia chiaramente in-
dicata la tempistica di perfezionamento (approvazione) delle convenzioni
in questione, accertandosi che suddetta tempistica sia coerente con il ri-
spetto dei tempi istruttori necessari per la sottoscrizione dell’APQ. Se al
momento della sottoscrizione dell’APQ, i comuni interessati non saranno
in grado di esibire le convenzioni associative, l’area pilota di cui fanno
parte perderà il requisito di ammissibilità alla Strategia. Nella procedura
subentreranno le altre aree progetto identificate nei Programmi Operativi
Regionali e/o negli atti deliberativi delle rispettive regioni.
A seguito dell’istruttoria pubblica, coordinata dal Comitato nazionale aree
interne, le regioni, maturata una convergenza di valutazioni, con delibera
52
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
di Giunta, hanno adottato una decisione formale sull’individuazione delle
aree pilota per l’attuazione della SNAI. A tale decisione ha corrisposto,
ad integrazione delle risorse nazionali, l’impegno a destinare su tali aree
stanziamenti adeguati di fondi comunitari (FESR, FSE, FEASR) a valere
dei rispettivi documenti di programmazione (Programmi Operativi FESR
e FSE e Programmi di Sviluppo Rurale).
Ad inizio ottobre 2015 hanno deliberato 17 regioni e una provincia autono-
ma: Liguria, Marche, Lombardia e Campania hanno individuato le aree pilo-
ta già nel corso dell’annualità 2014; Sardegna, Umbria, Molise, Toscana, Pie-
monte e la Provincia Autonoma di Trento hanno deliberato entro il 30 marzo
2015; Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Veneto, Puglia, Basilicata, Valle d’Aosta,
Sicilia e Lazio hanno deliberato successivamente alla data indicata dal CIPE.
In Emilia-Romagna il provvedimento non risulta ancora adottato, mentre in
Calabria sono state identificate solo le aree progetto, ma non quella pilota.
È opportuno rilevare che, nell’ambito delle delibere adottate dagli enti
territoriali, in diversi casi non è stata scelta solamente un’area alla quale
destinare il finanziamento, ma si è anche provveduto a indicare altre aree
potenziali destinatarie di ulteriori eventuali finanziamenti.
Strumenti e risorse
L’articolo 1 della Legge di Stabilità 2014 individua quale strumento attuativo
di cooperazione interistituzionale l’Accordo di Programma Quadro (APQ)(6).
I soggetti attuatori per la componente relativa alle azioni sui servizi di
base e finanziati con tali risorse ordinarie della Legge di Stabilità saranno
individuati da ciascuna amministrazione centrale di riferimento, in rela-
zione alla tipologia di intervento ammesso a finanziamento.
In caso di mancato rispetto dei termini fissati dalla delibera CIPE citata, il
contributo potrà essere assegnato, sentito il Comitato tecnico aree inter-
ne chiamato a valutare la gravità del ritardo, a una diversa area progetto.
6 Art. 2 comma 203 lett. c) della Legge 23 dicembre 1996, n. 662.
53
L’individuazione delle aree, gli strumenti di attuazione e le risorse
Il Comitato tecnico provvederà in tal caso ad individuare l’area progetto
che abbia completato l’istruttoria per l’inserimento in APQ all’interno del-
la stessa regione. In mancanza, si procederà ad individuare l’area proget-
to di un’altra regione rientrante nel novero di quelle candidabili secondo
l’ordine di priorità derivante dall’ordine cronologico di approvazione del-
le rispettive strategie d’area.
Quanto alle modalità di trasferimento, sempre con riguardo alle alloca-
zioni ex Legge di Stabilità 2014, la delibera CIPE stabilisce che le risorse
saranno trasferite direttamente ai soggetti attuatori degli interventi finan-
ziati, sulla base di apposita richiesta di assegnazione in favore di ciascu-
na area pilota con indicazione dell’amministrazione centrale capofila per
ciascun settore di riferimento degli interventi(7).
La richiesta sarà trasmessa dall’Agenzia per la Coesione Territoriale al MEF
che provvederà a effettuare le erogazioni in favore degli interventi (tramite
l’IGRUE-Ragioneria Generale dello Stato) con le seguenti modalità:
• erogazione di un’anticipazione;
• disposizioni di pagamenti intermedi sulla base dello stato di avanza-
mento delle attività;
• pagamento del saldo finale, nella misura del 10% della dotazione fi-
nanziaria complessiva dell’intervento, a conclusione dell’intervento.
Entro il 30 settembre di ciascun anno di riferimento, dovranno essere
presentati al CIPE i risultati degli interventi pilota, al fine di valutare suc-
cessivi rifinanziamenti della relativa autorizzazione di spesa.
Le singole amministrazioni titolari degli interventi, ivi compresi quelli di
assistenza tecnica, assicureranno la messa in opera di sistemi di gestione
7 Ministero della Salute per gli interventi in materia di sanità, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per gli interventi in materia di istruzione, Ministero delle In-frastrutture e dei Trasporti per gli interventi in materia di mobilità, Agenzia per la Coesione Territoriale e Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per gli interventi di assistenza tecnica.
54
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
e controllo efficaci ed idonei a garantire il corretto utilizzo delle risorse
finanziarie attribuite ed al monitoraggio dello stesso. Assicureranno, al-
tresì, la realizzazione di ogni iniziativa finalizzata a prevenire, sanzionare
e rimuovere eventuali casi di abusi ed irregolarità nell’attuazione degli
interventi e nell’utilizzo delle relative risorse finanziarie.
Quanto al quadro generale della dimensione finanziaria della Strategia na-
zionale aree interne, la scelta operata dai diversi livelli istituzionali coinvol-
ti nella programmazione ed attuazione della Strategia è quella dell’integra-
zione delle fonti finanziarie per l’attuazione degli interventi, composte da:
• risorse nazionali a valere sulla Legge di Stabilità;
• risorse dei Programmi Operativi Regionali (POR) cofinanziati dal Fon-
do Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Sociale Europeo
(FSE), nonché dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) cofinanziati dal
FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale).
Dal punto di vista delle risorse finanziarie, quanto alle risorse nazionali,
le Leggi di Stabilità 2014 (art. 1, commi da 13 a 17, Legge n. 147/2013) e
2015 (artt. 674 e 675 Legge 23 dicembre 2014, n. 190) hanno destinato,
rispettivamente:
• l’importo complessivo di 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016,
per la realizzazione degli interventi finalizzati all’attuazione della Stra-
tegia nazionale aree interne (Legge di Stabilità 2014);
• ulteriori 90 milioni di euro per il triennio 2015-2017, per il rafforzamen-
to della Strategia (Legge di Stabilità 2015).
Secondo le disposizioni della delibera CIPE le risorse stanziate dalla Leg-
ge di Stabilità per il 2014 sono ripartite a favore di interventi pilota in
23 aree progetto (la delibera non riguarda dunque lo stanziamento ex
Legge di Stabilità 2015). In particolare l’importo di 86,02 milioni di euro è
attribuito alle 23 aree progetto in ragione di 3,74 milioni di euro ciascuna
e l’importo di 3,98 milioni di euro è destinato alle attività di assistenza
tecnica e rafforzamento amministrativo.
55
L’individuazione delle aree, gli strumenti di attuazione e le risorse
Con l’ulteriore stanziamento ad opera della Legge di Stabilità 2015, alle
prime potenziali 23 aree progetto selezionate come pilota, si è aggiunto
un pari ammontare che potrà finanziare gli interventi anche in un secon-
do gruppo di aree progetto che Comitato tecnico aree interne e regioni
decidano entro fine 2015 di individuare nel complesso delle aree progetto
selezionate.
Le risorse addizionali (180 milioni di euro complessivamente) così rese
disponibili nel c.d. Fondo di Rotazione(8) (che contiene le risorse per il cofi-
nanziamento comunitario dei fondi europei) per il riequilibrio dell’offerta
dei servizi di base nelle aree interne (scuola, salute e mobilità) sono state
ripartite come segue:
• anno 2014, 3 milioni di euro;
• anno 2015, 23 milioni di euro;
• anno 2016, 60 milioni di euro;
• anno 2017, 94 milioni di euro.
8 Art. 5 della Legge 16 aprile 1987, n. 183.
59
Le informazioni di seguito riportate sono il frutto dell’analisi condotta su
tutti i Programmi Operativi Regionali (POR) FESR e FSE 2014-2020, appro-
vati a settembre 2015(1). Rispetto alle suddette regioni saranno indicate,
laddove pubblicate, anche le allocazioni per l’attuazione della SNAI previ-
ste a valere sul FEASR.
L’analisi dei POR indica le aree territoriali prese in considerazione dalle re-
gioni per l’attuazione della SNAI. Tale indicazione è strettamente correlata
alla corretta lettura dei dati sulla dimensione finanziaria che nei PO assu-
mono gli interventi sulle aree interne. Infatti le aree progetto che saranno
finanziate nel settennio 2014-2020 possono essere in numero maggiore
delle aree pilota individuate dalle regioni e finanziate dalle Leggi di Sta-
bilità 2014 e 2015.
Quanto agli strumenti di attuazione degli interventi programmati nelle
aree progetto individuate dai Programmi Operativi 2014-2020, come si
1 I POR non ancora approvati sono: POR Calabria (plurifondo) e POR FESR Campania (in questo ciclo di programmazione, i programmi regionali sono tutti monofondo, ad eccezione delle Regioni Molise, Puglia e Calabria per le quali i programmi sono plurifondo). Le sud-dette regioni hanno aderito alla Strategia nazionale aree interne. Non è stato invece inserito nella presente analisi il POR FESR della Provincia di Bolzano, in quanto la P.A. non aderisce alla Strategia.
60
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
vedrà nel dettaglio dell’analisi regione per regione, molte di esse (Abruz-
zo, Basilicata, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise,
Piemonte, Sardegna e Sicilia) hanno indicato l’Investimento Integrato
Territoriale (ITI). L’ITI è il nuovo strumento disciplinato dal Regolamento
generale sui fondi strutturali 2014-2020 per l’attuazione di interventi inte-
grati per settore, territorio e risorse finanziarie e consente l’integrazione
fra diversi PO, assi tematici e fondi. Altre regioni, pur avendo indicato le
risorse finanziarie destinate dai PO all’attuazione della SNAI, non specifi-
cano ancora lo strumento attuativo prescelto.
REGIONE LAZIO
Il POR FESR della Regione Lazio concorre al finanziamento di iniziative di
sviluppo relative alle aree interne, ad integrazione degli interventi previ-
sti a valere sul PO FSE 2014-2020 e sul PSR 2014-2020.
Partendo dalla metodologia elaborata dal Comitato nazionale aree inter-
ne la regione ha candidato cinque aree:
• Alta Tuscia;
• Monti Reatini;
• Monti Simbruini;
• Val di Comino;
• Isole Pontine(2).
Il POR FESR potrà concorrere allo sviluppo dell’area pilota attraverso i di-
versi Obiettivi Tematici, agendo, in coerenza e stretta sinergia con i Fondi
FEASR e FSE (oltre naturalmente ai fondi nazionali). Una volta definita la
strategia di area, il PO potrà concorrere, con interventi a regia o con spe-
cifiche riserve all’interno dei bandi, attraverso le azioni contemplate dai
diversi obiettivi tematici (OT), in particolare con riguardo:
• allo sviluppo della banda ultra larga (per la copertura a 30Mbps delle
aree bianche eventualmente interessate);
• alla prevenzione del rischio idrogeologico;
2 Le Isole Pontine, seppur indicate nel POR FESR come aree bersaglio della Strategia, non vengono indicate fra le aree progetto nella successiva delibera regionale.
61
La Strategia nei programmi regionali della coesione
• alla qualificazione dei servizi turistici mediante il sostegno alle PMI che
presentano progetti e soluzioni innovative;
• all’introduzione ed allo sviluppo di tecnologie in grado di migliorare
la sostenibilità, nell’ampia accezione data dalla Smart Specialisation
Strategy regionale.
Il POR FESR destinerà alle aree selezionate risorse da un minimo dell’1%
fino ad un massimo del 5% della sua dotazione; una migliore declina-
zione dell’apporto dei singoli assi ed azioni del PO sarà possibile solo a
seguito della declinazione della strategia di intervento.
Analogamente per il POR FSE, la dotazione finanziaria verrà stabilita in
funzione delle azioni che complessivamente e puntualmente agiranno
sulle aree selezionate; si stima comunque che il FSE sosterrà indicativa-
mente il 15% del costo dei progetti.
Quanto al FEASR, il PSR Lazio rinvia la specificazione delle azioni da re-
alizzare e le relative risorse finanziarie ad una fase successiva a seguito
del processo di concertazione e programmazione attuativa tra le diverse
autorità coinvolte.
REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Nel quadro della Strategia aree interne, l’Emilia-Romagna ha identificato
quattro macro aree tra cui selezionare l’aree pilota(3):
• Crinale occidentale e piacentino;
• Montagna centrale;
• Montagna orientale;
• Delta del Po.
La definizione della Strategia per le aree interne dovrà assicurare la con-
vergenza dei diversi programmi FESR, FSE e FEASR verso un obiettivo
di sviluppo comune dell’area pilota. Principali soggetti interlocutori per
l’attuazione della strategia sono individuati nelle Unioni di Comuni.
3 In Emilia-Romagna il processo di istruttoria della Strategia è ancora in corso. All’esito di que-sta, come per le altre regioni, saranno individuate, tra quelle indicate nel POR, le aree progetto.
62
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Il contributo specifico del POR FESR si concentrerà su interventi volti al
consolidamento, qualificazione e diversificazione degli asset del turismo
e su interventi per la sostenibilità energetica, nell’ambito degli Assi 5
(“Valorizzazione delle risorse artistiche, culturali e ambientali”) e 4 (“Pro-
mozione della low carbon economy nei territori e nel sistema produtti-
vo”) di cui si stima una percentuale minima dedicata dal 10% al 15% per
l’Asse 5 (ricomprendendo tutte le azioni previste), e dal 5% al 10% dell’As-
se 4 relativamente alla quota destinata agli interventi in campo energe-
tico di natura pubblica. Si garantirà così un totale di risorse allocate non
inferiore a 3,7 milioni di euro messe a disposizione dal FESR.
Alle risorse del PO FESR, si aggiungeranno quelle del FSE: il POR FSE
approvato non contiene l’indicazione dell’ammontare delle risorse che
saranno allocate per l’attuazione della Strategia.
Nel PSR (FEASR) si legge che a valere su tale Programma, la regione, così
come per il FESR, assicura un sostegno finanziario pari ad almeno 3,7
milioni di euro nell’area pilota.
REGIONE VENETO
Per la Strategia aree interne, il Veneto ha individuato quattro aree progetto:
• Agordina;
• Sappada;
• Spettabile Reggenza;
• Contratto di Foce.
L’implementazione della Strategia per le aree interne del Veneto mira a
concentrare le azioni in pochi ambiti: consolidamento, qualificazione e
diversificazione dei sistemi produttivi territoriali, sostenibilità energetica
e ambientale, accessibilità ai servizi al cittadino. All’interno del POR FESR
si individuano le seguenti priorità d’investimento:
• “Tutela del territorio e comunità locale” (Asse 2);
• “Saper fare e artigianato” (Asse 3);
• “Risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile” (Asse 4).
63
La Strategia nei programmi regionali della coesione
La regione sarà il soggetto coordinatore, mentre i comuni saranno partner
chiave per la definizione della Strategia e per la realizzazione dei progetti di
sviluppo locale, privilegiando organizzazioni in forma associata e/o consor-
tile (già esistenti o in via di consolidamento) per l’organizzazione dei servizi
sul territorio. I soggetti dovranno poi sottoscrivere degli Accordi di Program-
ma Quadro per coordinare gli interventi tra i livelli di governo coinvolti e
assicurare la sinergia dei progetti di sviluppo locale con l’adeguamento dei
servizi essenziali. La regione ha costituito un gruppo di lavoro al fine di dare
corso alla Strategia e per garantire il coordinamento tra le Autorità di Ge-
stione del FESR, del FSE e del FEASR e le altre strutture regionali coinvolte.
Le risorse programmate consistono in una riserva pari a circa il 3% del-
le risorse degli Assi 2, 3 e 4 per un ammontare complessivo di circa 10
milioni di euro a valere sul POR FESR, da ripartire fra le varie azioni che
verranno individuate a seguito di un’analisi delle necessità dei territori in
collaborazione con le istituzioni locali.
Per il FSE l’importo ipotizzato per questi interventi è pari a circa 1 milione
di euro.
Per quanto riguarda il PSR, il sostegno a tali aree viene assicurato me-
diante una riserva specifica minima pari all’1% delle risorse pubbliche
programmate per le misure 4, 6, 7, 8, 10, 11, 13 (tali misure sono le più
coerenti ai temi di seguito individuati tra quelli indicati dall’Accordo di
Partenariato ossia tutela del territorio, valorizzazione delle risorse natura-
li, sistemi agroalimentari e risparmio energetico e filiere locali di energia
rinnovabile):
• Misura 4 (quota FEASR), 1.927.000 euro;
• Misura 6 (quota FEASR), 568.000 euro;
• Misura 7(quota FEASR), 223.000 euro;
• Misura 8 (quota FEASR), 183.000 euro;
• Misura 10 (quota FEASR), 717.000 euro;
• Misura 11 (quota FEASR), 94.000 euro;
• Misura 13 (quota FEASR), 518.000 euro.
64
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
REGIONE MARCHE
La Regione Marche intende attuare Investimenti Territoriali Integrati (ITI)
utilizzando risorse provenienti da due o più Assi per sostenere strategie
d’intervento riguardanti aree geografiche (urbane e non) con specifiche
caratteristiche, dunque anche l’attuazione della Strategia aree interne.
La regione ha individuato tre aree progetto:
• Appennino Basso Pesarese e Anconetano;
• Nuovo Maceratese;
• Ascoli Piceno.
Si intende attivare fino a 3 ITI territoriali selezionati nell’ambito della Stra-
tegia nazionale aree interne. La scelta di ricorrere agli Investimenti Terri-
toriali Integrati è volta a consentire l’utilizzo sinergico di azioni materiali e
immateriali, facilitata anche dalla compresenza di risorse FESR e FSE, per
massimizzare gli impatti e le ricadute sulla popolazione.
Allo stesso tempo, la Strategia assegna un ruolo decisivo ai comuni che,
attraverso l’aggregazione fra enti contigui, saranno l’elemento propul-
sore dei progetti, disponendo delle conoscenze su competenze e risorse
localmente attivabili per cambiare le traiettorie in atto e innescare nuovi
processi di sviluppo.
Sull’ITI aree interne convergeranno risorse afferenti agli Obiettivi Tema-
tici 3 (promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, del
settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura), 4 (sostenere la transi-
zione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori)
e 6 (preservare e tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle
risorse del POR FESR 2014-2020) per un importo complessivo pari a circa
il 2% del totale della dotazione del Programma, per un totale di risorse
FESR pari a 5.254.146 euro, così suddivise fra gli Assi del POR FESR:
• Asse 1 “Rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione”
FESR, 606.002 euro;
• Asse 2 “Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione” FESR,
189.778 euro;
65
La Strategia nei programmi regionali della coesione
• Asse 3 “Promuovere la competitività delle piccole e medie imprese”
FESR, 1.935.892 euro;
• Asse 4 “Sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni
di carbonio in tutti i settori” FESR, 444.173 euro;
• Asse 6 “Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risor-
se” FESR, 2.078.301 euro.
I progetti pilota potranno ricevere ulteriori finanziamenti dal Programma
FSE con un ammontare di risorse orientativamente pari all’1% della do-
tazione finanziaria complessiva (2.879.796 di euro).
Mentre sull’ITI aree interne convergeranno le risorse del FESR, al rag-
giungimento degli obiettivi dei progetti pilota potranno concorrere le ri-
sorse dal Programma di Sviluppo Rurale per finanziare azioni coerenti
con gli obiettivi del PSR stesso e che verranno attuate nell’ambito dell’ap-
proccio CLLD(4); inoltre la Regione Marche interverrà anche direttamente
con le sottomisure 7.2, 7.4, 7.5 e con parte della sottomisura 7.6.
REGIONE UMBRIA
La regione intende sostenere la realizzazione di azioni di sistema, con uti-
lizzo integrato di fonti finanziarie diverse, nell’ambito delle aree progetto
individuate nel territorio regionale.
Attraverso le azioni dei seguenti Assi si darà attuazione a 4 aree tematiche:
con l’Asse 3 “Competitività delle PMI” si darà attuazione all’area tematica
del saper fare e artigianato; con l’Asse 5 “Ambiente e cultura” si darà at-
tuazione alle prime due aree tematiche, ossia tutela del territorio e comu-
nità locali e valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo so-
stenibile; con l’Asse 4 “Energia - Economia a basse emissioni di carbonio”
si darà attuazione all’area tematica del risparmio energetico e filiere locali
di energia rinnovabile. È previsto inoltre di attivare l’Asse 7 per le attività
di progettazione e supporto all’attuazione dei progetti integrati d’area.
4 Community Led Local Development (CLLD, ossia sviluppo locale di tipo partecipativo).
66
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Sono emerse dalle mappature tre aree progetto:
• Nord Est;
• Sud Ovest;
• Val Nerina.
Nell’ambito di un approccio integrato di sviluppo territoriale (attuato con
il concorso di risorse nazionali e dei Programmi Operativi FESR, FSE e
FEASR), il PO FESR intende sostenere la strategia regionale delle aree
interne, destinando ad essa una quota pari almeno all’1% del totale delle
risorse complessive del PO FESR (pari a 3.562.932 euro), del PO FSE (pari
a 2.285.027 euro) e del PSR (pari a 3.780.120 euro).
REGIONE PIEMONTE
La Regione Piemonte mira a promuovere, sulle aree interne individuate,
Investimenti Territoriali Integrati (ITI), capaci di creare/restituire attrattivi-
tà ai territori interni grazie alla:
• promozione di servizi digitali interoperabile tra PA, cittadini ed imprese;
• creazione di occasioni produttive, occupazionali e di inclusione sociale;
• promozione dell’efficientamento energetico;
• tutela ambientale.
Le aree regionali potenziali per l’attuazione della SNAI sono:
• Valli Maira e Grana;
• Val d’Ossola;
• Val di Lanzo;
• Val Bormida.
Tra queste, un più elevato livello di priorità - alla luce dei persistenti feno-
meni di marginalità, di scarsa accessibilità, di crisi delle attività produtti-
ve - è attribuito alle Valli Maira e Grana e alla Val d’Ossola.
I comuni definiranno la strategia d’area, realizzeranno i progetti di svilup-
po e in forma aggregata promuoveranno la gestione di servizi.
La regione attiverà un ITI per ogni area, in modo da concentrare in una stra-
tegia d’investimento condivisa i finanziamenti provenienti da più Assi e PO.
La regione intende stanziare per gli ITI un totale di risorse del POR FESR
pari a 12 milioni di euro, di cui 6 milioni di euro a valere sul FESR:
67
La Strategia nei programmi regionali della coesione
• Asse 2 “Agenda digitale” (OT 2) FESR, 1.000.000 euro;
• Asse 3 “Competitività dei sistemi produttivi” (OT 3) FESR, 2.500.000
euro;
• Asse 4 “Energia sostenibile e qualità della vita” (OT 4) FESR, 1.000.000
euro;
• Asse 5 “Tutela dell’ambiente e valorizzazione risorse culturali e am-
bientali” (OT 6) FESR, 1.500.000 euro.
Il POR FSE ha destinato a tale scopo un ammontare di 1,5 milioni di euro
(compresa la quota di cofinanziamento nazionale), nell’ambito degli Assi
1 “Occupazione”, 2 “Inclusione sociale e lotta alla povertà” e 3 “Istruzione
e formazione” (250.000 euro FSE per ciascuno degli Assi).
Le modalità di intervento del PSR saranno invece stabilite in funzione dei
contenuti degli Accordi di Programma e delle singole strategie d’area,
nel limite di riserva indicativa dello 0,25% della dotazione finanziaria del
PSR (il Programma vale complessivamente 471.325.000 euro) per ciascu-
na delle quattro aree candidabili alla SNAI e comunque per un importo
massimo complessivo pari a 10,9 milioni di euro.
REGIONE LOMBARDIA
La Regione Lombardia ha aderito pienamente alla Strategia aree interne.
I territori target individuati sono:
• Valtellina;
• Valchiavenna.
A queste due aree progetto se ne potranno aggiungere altre due.
Si è optato per un Asse dedicato nel POR FESR alle potenziali quattro
aree interne, ovvero l’Asse 6 “Sviluppo turistico delle aree interne”, con
una dotazione pari a 19 milioni di euro (risorse FESR e cofinanziamento
nazionale), che punterà alla promozione della competitività del territorio
ed in particolare allo sviluppo turistico integrato delle aree, alla tutela dei
beni culturali materiali ed immateriali e all’efficientamento energetico del
patrimonio pubblico.
68
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Oltre a queste risorse dedicate allo sviluppo turistico, il POR FESR desti-
na altri 19 milioni di euro, con riserve sugli Assi 1 “Rafforzare la ricerca,
lo sviluppo tecnologico e l’innovazione”, 3 “Promuovere la competitività
delle piccole e medie imprese” e 4 “Sostenere la transizione verso un’e-
conomia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori”.
L’importo complessivo di 38 milioni di euro a valere sul POR FESR, si
coordinerà con 15 milioni di euro a valere sul POR FSE (risorse FSE e
cofinanziamento nazionale) per azioni ad esempio di formazione e di ca-
pacity building per la PA.
Infine si prevede l’integrazione con eventuali ulteriori risorse proprie re-
gionali e con risorse FEASR a valere sul PSR che sosterrà azioni di propria
competenza, definendo priorità nelle proprie linee di finanziamento per
le aree interne. IL PSR intende contribuire alla strategia di sviluppo delle
aree interne mediante la concentrazione di risorse nelle aree selezionate,
attraverso specifici criteri e priorità nell’ambito delle procedure di sele-
zione dei progetti a valere sui bandi che saranno attivati.
REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA
La regione individua la Strategia nazionale per le aree interne come stru-
mento funzionale all’attuazione di un’organica strategia di sviluppo per la
montagna regionale. La regione ha individuato tre potenziali aree progetto:
• Alta Carnia;
• Dolomiti Friulane;
• Val Canale-Valli di Fella.
Nell’area dell’Alta Carnia si intende avviare il primo progetto pilota.
Il POR FESR contribuisce all’attuazione della SNAI mediante ITI con una
dotazione finanziaria complessiva di 6,34 milioni di euro (quota FESR
3.170.000 euro), a valere sull’Asse 2 (“Promuovere la competitività delle
piccole e medie imprese”, con 4,32 milioni di euro, di cui 2,16 milioni di
euro FESR) e sull’Asse 3 (“Sostenere la transizione verso un’economia
69
La Strategia nei programmi regionali della coesione
a basse emissioni di carbonio in tutti i settori”, con 2,02 milioni di euro
riservati alle aree interne, di cui 1,01 milioni di euro FESR).
Il POR FSE concorre al finanziamento con una dotazione pari a circa 2,5
milioni di euro (quota FSE, a cui va aggiunta la quota di cofinanziamento
nazionale, pari al 50%).
L’integrazione del FEASR avviene attraverso la Misura 19 del PSR, con
una dotazione aggiuntiva per le aree interne di 1,73 milioni di euro (quota
FEASR).
L’ITI aree interne verrà attuato con bandi specifici coerenti con i singoli
progetti d’area. Gli interventi FESR, FSE e FEASR, saranno coordinati da-
gli obiettivi specifici dei singoli progetti d’area.
REGIONE TOSCANA
Per quanto riguarda le aree interne lo sforzo del POR FESR sarà indiriz-
zato (in linea con la Strategia nazionale) alla realizzazione di progetti di
sviluppo locale imperniati sulla rivitalizzazione economica e l’innovazio-
ne produttiva locale (con il concorso di OT1 e OT3), la copertura digitale
e il miglioramento dei servizi di informazione e comunicazione (OT2) e
l’efficienza energetica (OT4).
La regione ha identificato le aree fragili e periferiche lungo l’arco appen-
ninico (Lunigiana, Garfagnana, Montagna pistoiese, Mugello, Casentino)
e nella Toscana centro-meridionale (Val di Cecina interna, Colline metal-
lifere, Area grossetana interna); molte di queste aree risultano anche ad
elevato rischio idrogeologico.
Gli strumenti di attuazione degli interventi che potranno essere attivati
con il POR FESR riguardano:
• le procedure di selezione delle operazioni con l’inserimento al loro
interno di specifiche priorità per le aree interne;
• l’attivazione di procedure negoziali con i soggetti rappresentanti dei
territori interessati;
70
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
• il sostegno di specifici progetti locali di sviluppo.
L’area pilota per la sperimentazione della SNAI è stata identificata nell’a-
rea Casentino-Valtiberina.
Su tale area sarà sperimentato un prototipo di progettualità condivisa, fi-
nalizzata al riequilibrio dei servizi di base e allo sviluppo delle potenzialità
socio-economiche del territorio.
La regione, in coerenza con l’Accordo di Partenariato, prevede che nei PO
FESR, FSE, FEASR sarà destinato sino all’1% delle risorse dei rispettivi
piani finanziari.
Per il POR FESR si tratta di 7.924.545 euro, per il POR FSE di 7.036.446 di
euro, per il PSR si tratta di 4.147.460 euro.
REGIONE LIGURIA
Per l’attuazione della SNAI, la Regione Liguria adotta un approccio terri-
toriale integrato nell’affrontare le sfide territoriali proposte, attivando lo
strumento dell’ITI (uno per ogni area progetto), che consente di concen-
trare in una strategia d’investimento condivisa per un territorio i finanzia-
menti provenienti da più assi e programmi operativi. Sono quattro le aree
progetto individuate:
• Alta Valle Arroscia;
• Beigua e Unione Sol;
• Antola Tigullio;
• Val di Vara.
A livello di governance, per assicurare l’efficacia gestionale degli in-
terventi, è previsto un piano di azione ITI unico e modalità di gestione
comuni per le quattro aree. È prevista una piramide gestionale al cui ver-
tice si pone il segretariato tecnico, cui è affidato il ruolo guida per l’attua-
zione concreta del programma di sviluppo nel pieno rispetto del ruolo
decisionale affidato alle amministrazioni locali, a partire dai comuni e dal-
le Unioni di Comuni. Un’agile cabina di regia regionale, composta dalle
Autorità di Gestione dei vari programmi cui fanno riferimento i fondi at-
71
La Strategia nei programmi regionali della coesione
tivati per il cofinanziamento delle azioni integrate, effettuerà un lavoro di
coordinamento per l’attuazione degli interventi e garantirà un’adeguata
tempistica degli stessi.
La cabina si interfaccia col comune capofila del territorio oggetto dell’in-
tervento o, ove presente, con l’Unione dei Comuni, che fanno da cinghia
di trasmissione tra la cabina e i comuni beneficiari degli interventi.
Per assicurare l’efficacia e la sostenibilità finanziaria della propria strate-
gia per le suddette aree, la regione alloca le seguenti risorse, a carico di
differenti programmi cofinanziati dai fondi strutturali:
• 3,5 milioni di euro del POR FESR, con un’allocazione complessiva
di 1 milione di euro sull’Asse 2 “Agenda digitale” e di 2,5 milioni di
euro sull’Asse 4 “Energia”. La dotazione finanziaria indicativa per lo
strumento ITI a valere sul FESR sarà dunque pari a 1.750.000 (di cui
500.000 euro sull’Asse 2, 1.250.000 euro sull’Asse 4).
• 3,5 milioni di euro del PSR (FEASR), focalizzate sulla priorità dello svi-
luppo locale;
• 1 milione di euro del POR FSE tramite le azioni degli Assi 1 “Occu-
pazione” e 2 “Inclusione sociale e lotta alla povertà” (oltre a risorse
provenienti dai PON “Istruzione” e “Inclusione”);
• 5 milioni di euro dei programmi di cooperazione territoriale.
REGIONE MOLISE
La Regione Molise ha adottato la scelta del POR plurifondo FESR e FSE
per il ciclo 2014-2020.
La regione aderisce alla Strategia nazionale e ha candidato quattro aree
progetto:
• Mainarde;
• Alto Medio Sannio;
• Matese;
• Fortore.
Sceglie però di sostenere con il PO i territori appartenenti a tutte le aree
interne presenti sul territorio regionale.
72
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
In particolare, per le quattro aree candidate al processo SNAI sarà atti-
vato lo strumento ITI, uno per ogni area, ciascuno con una propria go-
vernance riferita ad un modello comune; tra queste aree è individuata
quella progetto che verrà candidata a partecipare alla sperimentazione
della fase pilota (area Matese). Per le rimanenti aree interne, si procederà
mediante procedure negoziali, replicando le esperienze di progettazione
integrata territoriale maturate nei precedenti periodi di programmazione.
Alla luce del congiunto sentiero di sviluppo orientato alla sostenibilità
economica e ambientale e all’evoluzione intelligente dei servizi alla col-
lettività, il POR dedica alle aree un portafoglio di policy sostenuto da:
• Asse 2 “Agenda Digitale” FESR, 473.015 euro;
• Asse 3 “Competitività del sistema produttivo” FESR, 1.479.213 euro;
• Asse 4 “Energia Sostenibile” FESR, 1.640.449 euro;
• Asse 5 “Ambiente, cultura e turismo” FESR, 1.983.564 euro;
• Asse 6 “Occupazione” FSE, 596.151 euro;
• Asse 7 “Inclusione sociale e lotta alla povertà” FSE, 596.151 euro.
Per un totale complessivo di risorse finanziarie (quota UE) pari a 6.768.543
euro.
Agli ITI aree interne sono così attribuite risorse complessive del Program-
ma pari a poco meno di 13,6 milioni di euro (8,8% del PO) di cui:
• risorse FESR pari a 5,6 milioni di euro, per complessivi 11,2 milioni
di euro (con cofinanziamento), che corrispondono rispettivamente al
10,53% della dotazione FESR e al 7,26% della dotazione complessiva
del Programma;
• risorse FSE pari a 1,2 milioni di euro, per complessivi 2,4 milioni di
euro (con cofinanziamento), che corrispondono rispettivamente al 5%
della dotazione FSE e al 1,55 % della dotazione complessiva del POR.
Gli ITI delle aree interne attivano, oltreché risorse FESR e FSE, anche di-
sponibilità del FEASR, nell’ambito della Misura LEADER del PSR; in parti-
colare, si intende orientare il 50% della dotazione destinata a tale Misura
per il finanziamento di piani di sviluppo locale presentati da GAL, nel
cui ambito sono ricompresi comuni inseriti nella SNAI. In questo caso,
73
La Strategia nei programmi regionali della coesione
essendo l’intervento sulle aree interne legato alla selezione dei GAL e dei
rispettivi piani, la quota definitiva diretta alla Strategia sarà ricostruibile
in un secondo momento.
REGIONE BASILICATA
Il modello di governance per le aree interne della Regione Basilicata si
caratterizza per la presenza di due livelli istituzionali con competenze spe-
cifiche rispetto alla modalità di attivazione dello strumento:
• le aggregazioni dei comuni delle aree sub-territoriali definiscono, co-
adiuvate dall’amministrazione regionale, le proposte di strategia di
area (non sono previste deleghe gestionali);
• l’Autorità di Gestione verifica la coerenza e l’ammissibilità della mede-
sima rispetto alle linee di azione del programma; assicura il coordina-
mento con le altre Autorità di Gestione regionali; procede all’attivazio-
ne delle procedure di selezione delle operazioni.
La Regione Basilicata per l’attuazione della Strategia nazionale aree inter-
ne ha individuato quattro aree progetto:
• Alto Bradano;
• Marmo Platano;
• Mercure Alto Sinni Val Sarmento;
• Montagna Materana.
Si è scelto di attuare gli interventi con lo strumento ITI aree interne, ini-
zialmente avviato su due aree prototipali(5): la Montagna Materana ed il
Mercure Alto Sinni Val Sarmento.
Altre eventuali aree possono essere individuate nel corso dell’attuazione
del Programma.
L’ITI aree interne contribuirà alla realizzazione della SNAI attraverso il fi-
5 L’area Mercure Alto Sinni Val Sarmento seppur inserita nel POR FESR come area bersaglio della Strategia, non è indicata fra le aree progetto nella successiva delibera regionale.
74
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
nanziamento dei progetti di sviluppo locale e per l’attivazione di iniziative
per la realizzazione di interventi tesi a garantire i diritti di cittadinanza
in forma complementare e non sostitutiva rispetto alle risorse nazionali
destinate a tale Strategia.
La dotazione finanziaria in quota UE (alla quale va dunque aggiunta la
quota di cofinanziamento nazionale, pari al 50%) dell’ITI aree interne
complessivamente è la seguente:
• FESR, 45 milioni di euro;
• FSE, 2 milioni di euro;
• FEASR, 15 milioni di euro.
Nell’ambito del POR FESR e in quota UE, la ripartizione per Assi tematici
è la seguente:
• Asse 3 “Competitività” FESR, 4.000.000 euro;
• Asse 4 “Energia e mobilità urbana” FESR, 3.000.000 euro;
• Asse 5 “Tutela dell’ambiente ed uso efficiente delle risorse” FESR,
5.000.000 euro;
• Asse 6 “Sistemi di trasporto ed infrastrutture di rete” FESR, 20.000.000
euro;
• Asse 7 “Inclusione sociale” FESR, 7.000.000 euro;
• Asse 8 “Potenziamento del sistema di istruzione” FESR, 6.000.000
euro.
REGIONE SARDEGNA
Per la regione, le aree interne rappresentano una rilevante opzione stra-
tegica sia nazionale che regionale per la programmazione 2014-2020, in-
dividuata nell’AdP e nel piano regionale di sviluppo 2014-2020 (strategia
regionale aree interne).
Nelle aree interne si agirà dunque secondo l’omonima strategia - con decli-
nazione nazionale e regionale - privilegiando il ricorso agli ITI per la SNAI
e l’Accordo di Programma per la strategia regionale, da attuare quest’ulti-
ma, in coprogettazione con la regione, con iniziative capaci di aumentare
75
La Strategia nei programmi regionali della coesione
il benessere della popolazione locale; l’aumento delle occasioni di lavoro
e del grado di utilizzo del capitale territoriale; la riduzione dei costi socia-
li della deantropizzazione e il rafforzamento dei fattori di sviluppo locale.
La regione interviene nelle aree interne interessate dalla SNAI con due ITI
riguardanti rispettivamente:
• Alta Marmilla (che utilizzerà anche le risorse nazionali);
• Gennargentu-Mandrolisai.
Per ciò che attiene al sistema di governance degli ITI per le aree inter-
ne, occorre ampliare la portata delle azioni di coprogettazione tra Auto-
rità di Gestione e le Unioni di Comuni (è previsto che anche la Comunità
Montana sia denominata Unione), verificando in quella sede la capacità
gestionale/attuativa dell’ente (Unione di Comuni) per permettere all’AdG
di valutare se e quali funzioni proprie di un organismo intermedio siano
da trasferire all’Autorità di Gestione dell’ITI, garantendole in ogni caso la
selezione e l’attuazione degli interventi.
La dotazione finanziaria per gli ITI aree interne, allocata nel POR FESR, a
valere sul fondo FESR (quota UE dunque da integrare con la quota di cofi-
nanziamento nazionale, pari al 50%) è pari complessivamente a 4 milioni
di euro, così ripartiti per Assi tematici:
• Asse 3 “Competitività del sistema produttivo” FESR, 1.400.000 euro;
• Asse 4 “Energia sostenibile e qualità della vita” FESR, 500.000 euro;
• Asse 5 “Uso efficiente delle risorse e valorizzazione degli attrattori na-
turali, culturali e turistici” FESR, 900.000 euro;
• Asse 7 “Promozione dell’inclusione sociale, lotta alla povertà e a ogni
forma di discriminazione” FESR, 1.200.000 euro.
Il contributo del FSE che in termini di risorse è pari all’1% del totale del
programma (4.314.560 di euro), potrà essere sviluppato nell’ambito di
tutti e quattro gli Assi del PO (1 “Occupazione”; 2 “Inclusione sociale”;
3 “Istruzione”; 4 “Capacità istituzionale ed amministrativa”), a seconda
delle esigenze che saranno individuate nella programmazione di detta-
76
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
glio sviluppata dall’AdG. Essendo l’intervento sulle aree interne legato
all’approccio LEADER, come nel caso della Regione Molise, la quota de-
finitiva diretta alla Strategia sarà ricostruibile in un secondo momento.
REGIONE VALLE D’AOSTA
La Valle d’Aosta aderisce alla Strategia nazionale per le aree interne al
fine di assicurare l’approccio integrato per specifiche aree geografiche in
condizioni di marginalità.
La Regione ha candidato tre aree interne(6):
• Bassa Valle;
• Grand Combin;
• Grand Paradis.
L’area individuata meglio rispondente ai parametri previsti dalla Strategia
nazionale per le aree interne è l’area Bassa Valle, scelta come area pilota.
Il Programma FESR implementerà la Strategia nazionale per la aree in-
terne, prevalentemente, attraverso gli interventi previsti nell’ambito dei
seguenti Assi:
• Asse 2 (OT2), “Azione 2.2.1 - Soluzioni tecnologiche per la digitalizza-
zione e l’innovazione dei processi interni dei vari ambiti della Pubblica
Amministrazione nel quadro del Sistema pubblico di connettivita (…)”;
• Asse 3 (OT 3), “Azione 3.3.2 - Supporto allo sviluppo di prodotti e servi-
zi complementari alla valorizzazione di identificati attrattori culturali e
naturali del territorio, anche attraverso l’integrazione tra imprese delle
filiere culturali, turistiche, sportive, creative e dello spettacolo, e delle
filiere dei prodotti tradizionali e tipici”;
• Asse 5 (OT 6), “Azione 6.8.3 - Sostegno alla fruizione integrata delle ri-
sorse culturali e naturali e alla promozione delle destinazioni turistiche”.
6 L’area Grand Combin seppur inserita nel POR FESR come area bersaglio della Strategia, non è indicata fra le aree progetto nella successiva delibera regionale.
77
La Strategia nei programmi regionali della coesione
La regione si è impegnata a garantire, progressivamente, la copertura
finanziaria richiesta, pari ad almeno 3,7 milioni di euro per ciascuna area,
a valere sui programmi a cofinanziamento europeo (FESR, FSE, FEASR)
e statale. La dotazione finanziaria richiesta alla regione e la conseguente
ripartizione per fondo e asse, nonché le soluzioni operative per la parteci-
pazione dei programmi alla Strategia, saranno determinabili soltanto una
volta approvate le aree di intervento.
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Nel 2014 la Strategia delle aree interne verrà avviata in non più di un’area
progetto per regione/provincia autonoma secondo un approccio restrit-
tivo adottato nell’interesse di tutte le aree interne provinciali, poiché l’e-
ventuale applicazione successiva più estesa sarà legata agli esiti di que-
sta prima fase che sarà oggetto di specifica valutazione.
A tale scopo è stata selezionata per la Provincia Autonoma di Trento l’area
progetto Tesino, che è anche individuata come area pilota.
Per i contenuti specifici delle azioni si rinvia a quelli relativi agli assi pre-
scelti ovvero una priorità assegnata alle policy atte:
• a promuovere investimenti delle imprese in R&D sviluppando sinergie
tra imprese e centri di ricerca (FESR, Asse 1);
• a sperimentare e sostenere una nuova imprenditorialità (FESR, Asse
2) e tramite le policy FSE, Assi 1 e 2, volte al supporto al buon funzio-
namento del mercato del lavoro tramite buoni di servizio, politiche
attive del lavoro e nuova imprenditorialità e, in particolare, imprese
innovative intese come soggetti catalizzatori dei territori;
• azioni di supporto alla competitività delle PMI (FESR, Asse 2);
• incentivi finalizzati alla riduzione dei consumi energetici e delle emis-
sioni delle imprese (FESR, Asse 3).
Si stima che gli interventi a valere sul FESR saranno pari a circa il 2%
delle risorse a disposizione, pari a 1.086.680 euro.
78
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Analogamente, per il PO FSE, la priorità verrà assegnata ad alcune policy,
in particolare atte a:
• favorire la competitività e l’occupazione delle categorie oggi penaliz-
zate nel mercato del lavoro (soggetti svantaggiati, donne, giovani);
• sperimentare e sostenere una nuova imprenditorialità e, in partico-
lare, imprese sociali innovative intese come soggetti catalizzatori dei
territori.
Anche gli interventi a valere sul FSE si stimano in circa il 2% delle risorse
FSE a disposizione, pari dunque a 2.111.615 euro.
Si indirizzeranno anche azioni specifiche a valere sui fondi FEASR, in par-
ticolare attraverso le risorse della misura LEADER che opereranno nei
medesimi territori delle aree interne (anche il questo caso, per un am-
montare di risorse a valere sul FEASR stimato in circa il 2% del valore
complessivo del Piano, pari a 2.591.440 euro).
Le azioni a valere complessivamente sui tre fondi (FESR, FSE e FEASR)
saranno pari a circa 3,7 milioni di euro.
REGIONE ABRUZZO
La regione adotta lo strumento degli Investimenti Territoriali Integrati per
aderire alla Strategia nazionale aree interne. Le aree progetto selezionate
per la SNAI sono quattro:
• Basso Sangro-Trigno;
• Val Fino-Vestina;
• Subequana;
• Valle Roveto.
La Strategia prevede due classi di azioni:
• i progetti di sviluppo locale saranno attuati tramite ITI (finanziati dal
POR FESR/Assi 3, 4 5, 6 e dal POR FSE/Assi 2,3), nonché saranno so-
stenuti dal contributo del PSR FEASR (per le aree rurali intermedie e
aree rurali con problemi complessivi di sviluppo);
79
La Strategia nei programmi regionali della coesione
• l’adeguamento della qualità/quantità dei servizi essenziali (salute,
istruzione e mobilità) avverrà con interventi finanziati con le Leggi di
Stabilità 2014 e 2015.
La Regione Abruzzo dispone per le aree interne un totale di risorse a va-
lere sul POR FESR pari a 10 milioni di euro di cui:
• 7 milioni di euro saranno destinati alle prime due aree progetto che
avvieranno interventi (che usufruiranno anche delle risorse della Leg-
ge di Stabilità, per un ammontare complessivo pari a 14,48 milioni di
euro, di cui 7 milioni di euro quota FESR e 7,48 milioni di euro di risor-
se ordinarie nazionali ex Legge di Stabilità 2014 e 2015);
• 3 milioni di euro agli altri ambiti selezionati.
Tali risorse saranno integrate con risorse FSE e FEASR.
L’Abruzzo adotterà un unico ITI aree interne di valenza regionale, all’inter-
no del quale potranno essere predisposti ITI d’area.
La dotazione finanziaria indicativa dello strumento ITI aree interne (quota
UE) è pari complessivamente a 18 milioni di euro, così ripartiti:
• Quota FESR: 10 milioni di euro (di cui 7 milioni di euro aree pilota
SNAI; 3 milioni di euro aree di rilievo regionale):
- Asse 3 “Competitività del sistema produttivo” FESR, 2.000.000
euro;
- Asse 4 “Promozione di un’economia a bassa emissione di carbo-
nio” FESR, 1.000.000 di euro;
- Asse 5 “Riduzione del rischio idrogeologico” FESR, 5.000.000 euro;
- Asse 6 “Tutela e valorizzazione delle risorse naturali e culturali”
FESR, 2.000.000 euro.
• Quota FSE: 3 milioni di euro (di cui 1,5 milioni di euro aree pilota SNAI;
1,5 milioni di euro aree di rilievo regionale):
- Asse 2 FSE, 1.000.000 euro;
- Asse 3 FSE, 2.000.000 euro.
• Quota FEASR: 5 milioni di euro (di cui 2,5 milioni di euro aree pilota
SNAI; 2,5 milioni di euro aree di rilievo regionale) ascrivibili per intero
alla Misura 7 “Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone
rurali” FEASR, 5.000.000 euro.
80
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
REGIONE SICILIA
Per l’attuazione della Strategia aree interne sono state individuate cinque
aree progetto, con risorse a carico del POR FESR 2014-2020 da attivare
attraverso ITI:
• Sicane;
• Calatino;
• Nebrodi;
• Madonie;
• Val Simeto.
Per l’attuazione della SNAI è stata individuata quale area pilota l’area Ma-
donie e come sperimentale l’area Val Simeto.
Saranno dunque attivati cinque ITI: quattro sui territori selezionati a livel-
lo regionale, il quinto sull’area pilota. Le risorse stanziate dal PO FESR
per i cinque ITI aree interne sono pari a circa 160 milioni di euro; verosi-
milmente la dimensione finanziaria media per ciascuno dei cinque ITI è
di poco più di 30 milioni di euro.
Per quel che concerne il disegno del meccanismo attuativo previsto per
le aree interne, l’ITI per ciascuna delle cinque aree selezionate conflui-
rà, a partire dall’area prototipale Madonie, nei relativi strumenti cornice
rappresentati dagli Accordi di Programma Quadro (APQ) sottoscritti da
regione, enti locali costituenti ciascuna area e amministrazioni centrali
competenti per materia.
Si specifica, inoltre, che l’AdG del PO contribuirà alla realizzazione delle
strategie delle restanti aree interne siciliane non soggette ad ITI attraverso
la partecipazione del CLLD plurifondo (gli strumenti di programmazione in-
tegrata del PSR per lo sviluppo rurale - Fondo FEASR). Infatti, le aree inter-
ne della Sicilia, nell’accezione strutturale di tale definizione, comprendono
un ulteriore 42% della popolazione regionale, residente in oltre due terzi
dei comuni, quasi totalmente costituiti da territori rurali intermedi e con
81
La Strategia nei programmi regionali della coesione
problemi di sviluppo. Si tratta della larga maggioranza dei soggetti istitu-
zionali locali, agenti essenziali e non altrimenti sostituibili sia in quanto alla
rappresentazione del fabbisogno che nella capacità di intervento, in quanto
beneficiari di buona parte degli interventi per la coesione territoriale. Con-
siderato anche che la connotazione rurale di questi territori conferisce al
FEASR la funzione di fondo capofila, la scelta innovativa compiuta dal Pro-
gramma è quella di non perseguire una ulteriore sovrapposizione di azioni
integrate FESR per lo sviluppo territoriale ma, piuttosto, di contribuire ad un
sostegno plurifondo dell’approccio bottom up, tramite lo strumento CLLD.
Pertanto, gli interventi che daranno corpo alla Strategia delle aree interne
saranno conseguiti sia con risorse della politica ordinaria, per l’adegua-
mento dei servizi essenziali, sia con risorse straordinarie, attraverso ITI
a valere sui fondi loro destinati dai POR FESR e FSE e attraverso CLLD a
valere sul FEASR, per gli interventi per lo sviluppo locale e, laddove pos-
sibile, per la riduzione del gap dei servizi essenziali.
Ciascuna aggregazione di comuni facenti parte delle cinque aree indivi-
duate, entro un anno dall’approvazione del POR, elaborerà la propria
agenda territoriale nella quale confluiranno diagnosi territoriale, strategia,
interventi e loro cronoprogrammi di attuazione e modalità organizzative/
attuative adottate. Ciascun ITI dedicato alle aree interne, nello specifico,
dovrà costruire la propria strategia e conseguente assistenza tecnica in-
tercettando entrambe le direttrici di cui sopra e, nello specifico, per quel
che concerne l’asset sviluppo locale, in ottica di concentrazione tematica,
dovrà valorizzare i legami tra gli interventi proposti ricadenti in non più di
tre dei cinque temi, ovvero tutela del territorio e comunità locali, valorizza-
zione delle risorse naturali/culturali e del turismo sostenibile, sistemi agro-
alimentari e sviluppo locale, risparmio energetico e filiere locali di energia
rinnovabile e saper fare e artigianato (es. tutela del territorio/valorizzazione
delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile/saper fare e arti-
gianato). Da parte della regione saranno rese disponibili anche pertinenti
azioni “a titolarità”, mentre i livelli di governo locale dovranno concorrere
con interventi che realizzino una sintesi effettiva con le politiche ordinarie.
82
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Il PO FESR intende contribuire all’attuazione della SNAI principalmente
attraverso lo strumento dell’ITI prevedendo una riserva finanziaria per un
importo pari a 106.754.305,44 euro, articolata negli Assi 1, 2, 3 , 4, 5, 6, 7,
9 e 10 del PO, per un totale in quota FESR di 116.511.258 euro:
• Asse 1 “Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione” FESR, 5.000.000
euro;
• Asse 2 “Agenda digitale” FESR, 6.003.624 euro;
• Asse 4 “Energia sostenibile e qualità della vita” FESR, 34.520.533 euro;
• Asse 5 “Cambiamento climatico, prevenzione e gestione dei rischi”
FESR, 4.758.456 euro;
• Asse 6 “Tutela ambiente e promozione efficiente uso efficiente risor-
se” FESR, 7.452.180 euro;
• Asse 7 “Sistemi di trasporto sostenibili” FESR, 51.276.465 euro;
• Asse 9 “Inclusione sociale” FESR, 4.500.000 euro;
• Asse 10 “Istruzione e formazione” FESR, 3.000.000 euro.
Il POR FSE interverrà nel cofinanziamento degli ITI, attivando gli Assi 1,2
e 3, per un totale in quota FSE di 4.920.578,57 euro:
• Asse 1 “Occupazione” FSE, 1.968.231,43 euro;
• Asse 2 “Inclusione Sociale e lotta alla povertà” FSE, 1.968.231,43 euro;
• Asse 3 “Istruzione e formazione” FSE, 984.115,71 euro.
REGIONE PUGLIA
Per l’attuazione della sperimentazione della Strategia nazionale aree inter-
ne, la regione ha individuato i Monti Dauni quale area pilota in quanto carat-
terizzata da oggettive condizioni di marginalità territoriale e sociale. L’esito
della diagnosi territoriale ha anche evidenziato che fortemente critico è, inol-
tre, l’aspetto riguardante il rischio idrogeologico. La riduzione di tale rischio,
costituisce, quindi, uno degli elementi decisivi per la scelta di intervenire in
via prioritaria nell’area Monti Dauni e al contempo uno degli ambiti prin-
cipali d’intervento perseguito dalla strategia regionale per le aree interne.
Per sostenere la SNAI è prevista l’integrazione tra i fondi FESR, FSE e FE-
83
La Strategia nei programmi regionali della coesione
ASR, scelta ulteriormente rafforzata dall’attivazione anche nel POR Puglia
(FESR-FSE) 2014-2020 (oltre che nel PSR) dello strumento CLLD (Com-
munity Local Led Development), ovvero l’approccio di sviluppo locale di
tipo partecipativo (tra gli strumenti attuativi, disciplinati dal Regolamento
generale sui fondi strutturali 2014-2020, insieme ad esempio all’ITI).
La scelta del POR Puglia (FESR-FSE) 2014-2020 di utilizzare lo strumento
CLLD risponde all’esigenza di rafforzare l’approccio allo sviluppo locale di
tipo partecipativo con specifico riferimento a quei territori che registrano
maggiori situazioni di svantaggio dal punto di vista economico, sociale e
della qualità ed accessibilità dei servizi di base nei quali risulta necessa-
rio implementare strategie di carattere plurifondo. L’approccio plurifondo
per l’attuazione della SNAI coinvolgerà, come già detto, anche il FEASR
in quanto, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale (PSR), il CLLD è
lo strumento obbligatorio per l’attuazione di strategie di sviluppo locale
LEADER, come descritto nella Misura 19 “Sostegno allo sviluppo locale
LEADER”. Nell’ambito del PSR si specifica che «il PSR potrà sostenere
interventi funzionali al perseguimento delle strategie aree interne attra-
verso la Misura 19 (n.d.r. che vale complessivamente 95 milioni di euro
circa), per il tramite dei GAL selezionati e con una dotazione finanziaria di
17 milioni di euro, pari a poco più dell’1% della intera dotazione del PSR».
Il PSR specifica inoltre che «nella definizione del PSL il Gruppo di Azio-
ne Locale (GAL), perché chiamato a incidere sullo sviluppo economico e
sociale nel proprio territorio, dovrà tener conto di tutte le politiche con-
correnti e complementari. In particolare la strategia di sviluppo, laddove
concorrente, dovrà comprendere le linee tracciate dalla politica nazionale
per le aree interne, in modo che il GAL possa diventare promotore e so-
stenitore di tale politica».
Al fine di attuare il necessario coordinamento tra le AdG dei diversi pro-
grammi finanziati dai fondi SIE, la regione istituisce un Comitato tecnico
regionale intersettoriale per l’attuazione dell’intervento Community-led,
con il compito di seguire l’attuazione degli interventi CLLD in tutte le sue
fasi, nonché di garantire il collegamento con la più ampia politica territo-
84
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
riale della regione (in particolar modo la politica per le aree interne).
La procedura di selezione del GAL e del relativo piano di sviluppo locale
dell’area Monti Dauni sarà svolta dalla regione ai sensi degli artt. 33-34
del Regolamento generale 2014-2020 (che disciplinano il CLLD); il GAL
indicherà nell’ambito del proprio piano di sviluppo locale le azioni del
POR PUGLIA 2014-2020 che intende attivare per il perseguimento degli
obiettivi di sviluppo e che saranno oggetto di specifica valutazione da
parte del Comitato tecnico regionale.
La dotazione finanziaria (quota UE - FESR e FSE) assegnata al CLLD
nell’ambito del POR è pari a 1.500.000 euro.
Nell’ambito del POR FESR-FSE, i principali ambiti d’investimento della
Strategia per le aree interne riguardano: la riduzione del rischio idrogeolo-
gico (Asse 5), la protezione e la tutela dell’ambiente, nonché delle risorse
culturali (Asse 6), la promozione di sistemi di trasporto sostenibili e la con-
seguente eliminazione delle strozzature nelle principali infrastrutture di
rete (Asse 7), l’efficientamento energetico e la mobilità sostenibile (Asse
4), la promozione dell’inclusione sociale e della formazione (Assi 9 e 10).
Le risorse (quota UE - FESR e FSE) destinate complessivamente all’attua-
zione della sperimentazione ammontano a circa 20.000.000 euro.
L’individuazione dei singoli interventi a valere sugli assi suindicati, sarà
oggetto di una procedura negoziale tra la regione e l’area dei Monti Dau-
ni, che si concluderà con la sottoscrizione di un Accordo di Programma
Quadro. L’accordo conterrà anche gli interventi condivisi con le ammini-
strazioni centrali coinvolte nella SNAI. Per sostenere tale strategia è pre-
vista l’integrazione tra i fondi FESR, FSE e FEASR, in accordo con la nor-
mativa di riferimento e in coerenza con le priorità degli assi individuati.
Nelle fasi successive di attuazione della strategia regionale per le aree
interne, l’individuazione di eventuali altri territori oggetto d’intervento
sarà determinata, attraverso avvisi di selezione pubblica e/o procedure
negoziali, prendendo in considerazione prioritariamente le dinamiche de-
85
La Strategia nei programmi regionali della coesione
mografiche, anche con riferimento al peso della classe senile, e il grado
di marginalità, determinato dalla diversa disponibilità di servizi essenziali
nell’ambito dell’istruzione, della salute e della mobilità, analogamente a
quanto fatto per l’individuazione dell’area pilota.
89
L’attivazione della Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) ha pre-
visto l’individuazione delle aree progetto, intese come «sistemi locali in-
tercomunali, ciascuno con una propria identità territoriale definita da ca-
ratteri sociali, economici, geografici, demografici e ambientali»(1). All’area
progetto, così concepita e selezionata attraverso un percorso di condivi-
sione fra la regione e lo Stato, viene assegnato il compito di individuare
una strategia di sviluppo (“strategia di area”) che costituisce sia la base
per attuare gli «interventi per mezzo di un Accordo di Programma Quadro
(APQ), sia lo strumento per comunicare in modo comprensibile a tutti i
cittadini dell’area i risultati attesi e le azioni intraprese per conseguirli»(2).
L’importanza del ruolo delle aree progetto sta proprio nell’elaborazione
condivisa della strategia d’area, uno schema logico (e non una mera lista
di interventi o desiderata) che deve sostenere e guidare le azioni di un
gruppo di comuni nel medio e lungo periodo, finalizzate ad invertire lo
spopolamento e l’abbandono del territorio e a rilanciare servizi essenziali
di cittadinanza e sviluppo.
1 “Linee guida per costruire una “Strategia di area-progetto”. Documento di lavoro: versione novembre 2014”, DPS.
2 Ibidem.
90
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
La Strategia nazionale, dunque, interpreta il territorio delle aree interne
italiane come un insieme di aree progetto, intese come un unicum che
rappresenta molte cose contemporaneamente: un luogo di condivisione
di esperienze; uno spazio di apertura del Centro (Comitato tecnico aree
interne) verso il territorio (regioni, province, comuni e stakeholder locali)
e di costruzione di un progetto «dal piccolo al grande»(3); un impegno di
valorizzazione, grazie alla condivisione e all’elaborazione dell’esperienza
e della conoscenza acquisita; la costruzione di una “filiera cognitiva” del
territorio che prevede interventi di sviluppo e sui servizi essenziali ma,
allo stesso tempo scommette sull’innovazione; un processo di apparte-
nenza della cittadinanza e, contemporaneamente, di valutazione dell’ap-
plicazione della Strategia stessa.
Nell’ambito della Strategia sono state individuate 61 aree progetto com-
prensive di 943 comuni. In tutte le regioni italiane, ad esclusione dell’Emi-
lia-Romagna, nella quale la procedura è in corso, è stato identificato un
numero di aree che va da 1 a 5 per territorio. In particolare, si rileva che la
regione con più aree progetto è la Sicilia con Calatino, Madonie, Nebrodi,
Sicane e Val Simeto, seguita da Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basi-
licata, Calabria, Piemonte, Veneto e Liguria, nei cui territori ne sono state
individuate 4. Solo un’area, invece, per la Provincia Autonoma di Trento e
per la Puglia (Tabella 1).
3 Ibidem.
91
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
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92
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
L’analisi delle caratteristiche delle aree progetto sulla base del loro grado
di perifericità, ritenendo per perifericità la lontananza dell’amministrazione
presa in esame, stabilita in oltre 40 minuti di percorrenza dai poli comunali
con servizi considerati essenziali per la vita cittadina (servizi scolastici, sa-
nitari e di trasporto ferroviario), permette di rilevare che le aree progetto
(prevalentemente distribuite sulla dorsale appenninica) con la maggiore
concentrazione di comuni periferici e ultraperiferici (più del 75,1% per area)
caratterizzano la quasi totalità delle regioni del sud e delle isole, ovvero:
Campania, Basilicata, Sicilia, Calabria e Sardegna. In particolare, in Sarde-
gna le 2 aree selezionate sono composte da più del 75% di comuni periferici
e ultraperiferici, in Sicilia 4 aree su 5 ed in Basilicata e Calabria 3 aree su 4.
Al nord e al centro le aree progetto identificate in Lombardia e quella della
Provincia Autonoma di Trento presentano il massimo grado di perifericità,
in Veneto 2 aree su 4, mentre in Friuli-Venezia Giulia e in Toscana una su 3.
Tuttavia le aree progetto con un numero inferiore al 25,0% di comuni peri-
ferici e ultraperiferici si concentrano prevalentemente nel centro-nord Italia,
con particolare riferimento alle Marche, al territorio ligure e alla Valle d’Ao-
sta. Al sud, solamente un’area progetto del Molise (Mainarde) ed una dell’A-
bruzzo (Valle Roveto) presentano i livelli di perifericità minimi (Figura 1).
La Strategia ha previsto l’individuazione, tra le aree progetto, di un’a-
rea pilota nella quale avviare un progetto prototipo su differenti ambiti
(socio/sanitario, istruzione e formazione, mobilità e trasporti, tutela del
territorio, attività produttive, turismo, commercio, servizi, sistemi agroali-
mentari, beni culturali, energia, sostenibilità ambientale) finalizzato al rie-
quilibrio dei servizi di base e allo sviluppo socio-economico del territorio.
L’analisi, dunque, dei principali indicatori demografici, economici ed istitu-
zionali dei comuni appartenenti alle aree progetto e alle aree pilota è parti-
colarmente utile al fine di comprendere quali caratteristiche hanno i 317 co-
muni delle aree pilota individuate fino ad oggi(4), che rappresentano il 3,9%
4 Ad inizio ottobre 2015 hanno deliberato 17 regioni e la Provincia Autonoma di Trento. La Sicilia e la Lombardia hanno deliberato, in accordo con il Comitato tecnico aree interne,
93
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
dei comuni italiani, e i 943 comuni delle aree progetto (l’11,7% del totale),
anche nel confronto con le amministrazioni comunali italiane (Tabella 2).
In primo luogo, se sul totale dei comuni italiani poco più di 1/5 ha caratte-
ristiche di perifericità e ultraperifericità, i comuni delle aree progetto e, in
misura maggiore, le amministrazioni comunali delle aree pilota vedono
aumentare in percentuale questa caratteristica, raggiungendo rispettiva-
mente il 57,7% e il 67,5% del totale. Inoltre, i comuni di entrambe le aree
sono, con percentuali a ridosso del 90,0%, prevalentemente montani, ri-
spetto al 43,7% dei comuni italiani.
Se si analizza, invece, il tasso di associazionismo, inteso come percentua-
le di comuni in Unioni o Comunità Montane, emerge come nelle aree pi-
lota il dato raggiunge il 65,6% e nelle aree progetto il 56,6%, dati superiori
alla media nazionale (46,2%). È opportuno ricordare, a tal proposito, che
la gestione in forma associata di funzioni e servizi tramite aggregazioni
permanenti è considerato un prerequisito essenziale della Strategia.
I dati più squisitamente demografici delineano alcune caratteristiche signifi-
cative di queste realtà comunali: i comuni delle aree progetto e delle pilota
hanno una popolazione media di poco inferiore ai 2.000 abitanti, contro una
media italiana quasi 4 volte superiore (7.511 abitanti). Inoltre, la popolazione
residente di questi comuni, negli ultimi 10 anni, si è ridotta progressivamen-
te, con percentuali comprese tra il -5,0% (aree progetto) e il -4,0% (aree pilo-
ta), laddove nel totale dei comuni italiani la popolazione residente aumenta
del 5,0%, a conferma dell’avvio di un processo di declino demografico che
caratterizza i comuni delle aree selezionate. Non sorprende, dunque, il dato
della bassa densità abitativa; si tratta, infatti, di aree poco abitate: meno di 40
abitanti per kmq per i comuni delle aree pilota e progetto contro 201,7 abitan-
ti per chilometro quadrato della media italiana. Non solo, si tratta di aree con
un tasso migratorio (differenza tra iscritti e cancellati all’anagrafe ogni 1.000
residenti) nettamente inferiore alla media paese: 6,2 e 4,8 rispettivamente
per le aree progetto e pilota, contro il 19,5 del totale dei comuni italiani.
due aree pilota ciascuna, di cui una sperimentale.
94
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Figura 1. I comuni delle aree progetto, per grado di perifericità, 2015
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2015
Il grado di perifericitàè calcolato come la percentualedi comuni periferici ed ultraperifericifacenti parte di ciascuna area.
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Marche: 10) Ascoli PicenoCampania: 16) Cilento Interno; 43) Tammaro-TiternoMolise: 19) Fortore; 28) MateseLazio: 32) Monti Reatini; 33) Monti Simbruini; 53) Val di CominoUmbria: 42) Sud-Ovest; 49) Val NerinaAbruzzo: 48) Val Fino-VestinaSicilia: 50) Val SimetoPiemonte: 52) Val Bormida; 58) Val di Lanzo; 59) Valli Maira e Grana
Lazio: 5) Alta TusciaLiguria: 6) Alta Valle Arroscia; 57) Antola TigullioMolise: 8) Alto Medio SannioFriuli-Venezia Giulia: 18) Dolomiti FriulaneBasilicata: 27) Marmo PlatanoPuglia: 31) Monti DauniToscana: 34) Mugello-Bisenzio-ValdisieveCalabria: 38) Reventino-SavutoVeneto: 41) Spettabile ReggenzaAbruzzo: 56) SubequanaCampania: 60) Vallo di Diano
Veneto: 1) Agordina; 39) SappadaFriuli-Venezia Giulia: 2) Alta CarniaCampania: 3) Alta IrpiniaSardegna: 4) Alta Marmilla; 21) Gennargentu-MandrolisaiBasilicata: 7) Alto Bradano; 29) Mercure Alto Sinni Val Sarmento; 30) Montagna MateranaAbruzzo: 12) Basso Sangro-TrignoSicilia: 14) Calatino; 25) Madonie; 35) Nebrodi; 44) SicaneToscana: 15) Casentino-ValtiberinaCalabria: 23) Grecanica; 24) Ionico-Serre; 40) Sila e PresilaTrentino-Alto Adige: 45) TesinoLombardia: 51) Valchiavenna; 61) Valtellina
95
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
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25,1% - 50,0%
50,1% - 75,0%
75,1% - 100,0%
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
Marche: 9) Appennino Basso Pesarese e Anconetano; 37) Nuovo MacerateseValle d'Aosta: 11) Bassa Valle; 22) Gran ParadisLiguria: 13) Beigua e Unione Sol; 47) Val di VaraVeneto: 17) Contratto di FoceToscana: 20) GarfagnanaMolise: 26) MainardeUmbria: 36) Nord-EstFriuli-Venezia Giulia: 46) Val Canale-Valli di FellaPiemonte: 54) Val d'OssolaAbruzzo: 55) Valle Roveto
Marche: 10) Ascoli PicenoCampania: 16) Cilento Interno; 43) Tammaro-TiternoMolise: 19) Fortore; 28) MateseLazio: 32) Monti Reatini; 33) Monti Simbruini; 53) Val di CominoUmbria: 42) Sud-Ovest; 49) Val NerinaAbruzzo: 48) Val Fino-VestinaSicilia: 50) Val SimetoPiemonte: 52) Val Bormida; 58) Val di Lanzo; 59) Valli Maira e Grana
Lazio: 5) Alta TusciaLiguria: 6) Alta Valle Arroscia; 57) Antola TigullioMolise: 8) Alto Medio SannioFriuli-Venezia Giulia: 18) Dolomiti FriulaneBasilicata: 27) Marmo PlatanoPuglia: 31) Monti DauniToscana: 34) Mugello-Bisenzio-ValdisieveCalabria: 38) Reventino-SavutoVeneto: 41) Spettabile ReggenzaAbruzzo: 56) SubequanaCampania: 60) Vallo di Diano
Veneto: 1) Agordina; 39) SappadaFriuli-Venezia Giulia: 2) Alta CarniaCampania: 3) Alta IrpiniaSardegna: 4) Alta Marmilla; 21) Gennargentu-MandrolisaiBasilicata: 7) Alto Bradano; 29) Mercure Alto Sinni Val Sarmento; 30) Montagna MateranaAbruzzo: 12) Basso Sangro-TrignoSicilia: 14) Calatino; 25) Madonie; 35) Nebrodi; 44) SicaneToscana: 15) Casentino-ValtiberinaCalabria: 23) Grecanica; 24) Ionico-Serre; 40) Sila e PresilaTrentino-Alto Adige: 45) TesinoLombardia: 51) Valchiavenna; 61) Valtellina
96
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Tabella 2. I principali indicatori demografi ci, economici ed istituzionalirelativi ai comuni appartenenti alle aree progetto ed alle aree pilotadella Strategia nazionale aree interne (un confronto con il totaledei comuni italiani)
Comuni delle aree progetto Comuni delle aree pilota Totale comuni italiani
N. comuni 943 317 8.092% comuni periferici ed ultraperiferici 57,7% 67,5% 22,4%% comuni montani 87,2% 88,3% 43,7%% comuni in forme di associazionismo* 56,6% 65,6% 46,2%Popolazione residente 2014 1.750.746 616.258 60.782.668Pop. media comunale 2014 1.857 1.944 7.511Var. % popolazione residente 2004/2014 -5,0% -4,0% 5,0%Densità abitativa (ab./kmq) 2014 39,5 38,8 201,7Tasso migratorio (per 1.000 ab.) 2014 6,2 4,8 19,5Incidenza degli stranieri residenti 2014 4,5% 4,5% 8,1%Reddito imponibile IRPEF per contribuente (migliaia di euro) anno d'imposta 2011 18,76 18,84 23,48% comuni specializzati nel primario 2013 79,1% 77,9% 58,9%% comuni specializzati nel secondario 2013 15,3% 16,1% 31,4%% comuni specializzati nel terziario 2013 5,6% 6,0% 9,7%Tasso d'incremento delle imprese 2013 -1,3% -1,3% -0,4%% addetti nel primario 2013 18,8% 18,5% 4,9%% addetti nel secondario 2013 35,3% 34,3% 35,4%% addetti nel terziario 2013 46,0% 47,2% 59,6%Superfi cie agricola utilizzata (ha per ab.) 2010 0,8 0,9 0,2% comuni produttori DOP/IGP 2010 56,1% 53,0% 60,4%% comuni del tipico 2014 28,1% 24,3% 23,5%Posti letto in esercizi turistici per 1.000 ab. 2014 133 135 78% comuni turistici 2014 38,7% 43,5% 35,0%% comuni con aree naturali protette 2010 38,6% 31,9% 27,5%% comuni rientranti in almeno un SIC o una ZPS 2013 74,8% 75,4% 55,2%% comuni rischio frane elevato e molto elevato 2013 83,2% 83,9% 57,7%% comuni attuatori di progetti FESR 2007-2013 (febb.) 2015 67,0% 73,8% 45,8%% comuni attuatori di progetti FSE 2007-2013 (febb.) 2015 15,1% 18,3% 16,8%
*Il dato si riferisce ai comuni che fanno parte di Unioni di Comuni a ottobre 2015e di Comunità Montane al 1° gennaio 2014. Dove non diversamente specifi cato,i dati si riferiscono alla data del 1° gennaio di ciascun anno.
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, Istat,Ministero dell’Economia e delle Finanze, Infocamere, Anci, Ancitel, Res Tipica,Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, SIN spa, Ispra, anni vari
97
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
Tabella 2. I principali indicatori demografi ci, economici ed istituzionalirelativi ai comuni appartenenti alle aree progetto ed alle aree pilotadella Strategia nazionale aree interne (un confronto con il totaledei comuni italiani)
Comuni delle aree progetto Comuni delle aree pilota Totale comuni italiani
N. comuni 943 317 8.092% comuni periferici ed ultraperiferici 57,7% 67,5% 22,4%% comuni montani 87,2% 88,3% 43,7%% comuni in forme di associazionismo* 56,6% 65,6% 46,2%Popolazione residente 2014 1.750.746 616.258 60.782.668Pop. media comunale 2014 1.857 1.944 7.511Var. % popolazione residente 2004/2014 -5,0% -4,0% 5,0%Densità abitativa (ab./kmq) 2014 39,5 38,8 201,7Tasso migratorio (per 1.000 ab.) 2014 6,2 4,8 19,5Incidenza degli stranieri residenti 2014 4,5% 4,5% 8,1%Reddito imponibile IRPEF per contribuente (migliaia di euro) anno d'imposta 2011 18,76 18,84 23,48% comuni specializzati nel primario 2013 79,1% 77,9% 58,9%% comuni specializzati nel secondario 2013 15,3% 16,1% 31,4%% comuni specializzati nel terziario 2013 5,6% 6,0% 9,7%Tasso d'incremento delle imprese 2013 -1,3% -1,3% -0,4%% addetti nel primario 2013 18,8% 18,5% 4,9%% addetti nel secondario 2013 35,3% 34,3% 35,4%% addetti nel terziario 2013 46,0% 47,2% 59,6%Superfi cie agricola utilizzata (ha per ab.) 2010 0,8 0,9 0,2% comuni produttori DOP/IGP 2010 56,1% 53,0% 60,4%% comuni del tipico 2014 28,1% 24,3% 23,5%Posti letto in esercizi turistici per 1.000 ab. 2014 133 135 78% comuni turistici 2014 38,7% 43,5% 35,0%% comuni con aree naturali protette 2010 38,6% 31,9% 27,5%% comuni rientranti in almeno un SIC o una ZPS 2013 74,8% 75,4% 55,2%% comuni rischio frane elevato e molto elevato 2013 83,2% 83,9% 57,7%% comuni attuatori di progetti FESR 2007-2013 (febb.) 2015 67,0% 73,8% 45,8%% comuni attuatori di progetti FSE 2007-2013 (febb.) 2015 15,1% 18,3% 16,8%
*Il dato si riferisce ai comuni che fanno parte di Unioni di Comuni a ottobre 2015e di Comunità Montane al 1° gennaio 2014. Dove non diversamente specifi cato,i dati si riferiscono alla data del 1° gennaio di ciascun anno.
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, Istat,Ministero dell’Economia e delle Finanze, Infocamere, Anci, Ancitel, Res Tipica,Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, SIN spa, Ispra, anni vari
98
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Il declino demografico che caratterizza queste amministrazioni non è
dovuto solamente all’abbandono della aree più periferiche, ma è deter-
minato anche da una minore presenza di stranieri residenti sul totale de-
gli abitanti: nei comuni di entrambe le categorie di aree la percentuale è
circa la metà di quella media italiana, ossia 4,5% contro 8,1%.
Da una disamina più approfondita delle correlazioni intercorrenti tra il
grado di perifericità delle aree progetto selezionate ed un set di indicatori
demografici, sono emerse due evidenze significative: all’aumentare del
grado di perifericità delle 61 aree si riduce, nel decennio considerato, la
variazione percentuale della popolazione (Figura 2) e si abbassa l’inci-
denza percentuale della popolazione straniera residente (Figura 3). Tali
risultati dunque indicano che sono le aree progetto più periferiche quelle
in cui la deriva demografica si fa più aspra, e dove impatta meno il con-
tributo degli stranieri alla crescita della popolazione.
Figura 2. Correlazione: Grado di perifericità delle 61 aree progettovs Variazione percentuale della popolazione residente
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat,anni vari
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99
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
Altro dato importante per aiutare la comprensione delle caratteristiche del-
le aree pilota e delle aree progetto riguarda la distribuzione del reddito im-
ponibile IRPEF per contribuente, che dimostra come, nell’anno d’imposta
2011, questo sia pari a quasi 19mila euro sia nei comuni delle aree pilota
che delle aree progetto (Tabella 2), più basso di circa 5mila euro per dichia-
rante rispetto a quello medio dei comuni italiani (23,48mila euro). Anche in
questo caso, un’analisi di correlazione tra il grado di perifericità delle aree
progetto ed il reddito medio imponibile IRPEF indica come all’aumentare
della perifericità delle aree il reddito medio decresca (Figura 4).
Figura 3. Correlazione: Grado di perifericità delle 61 aree progetto vsIncidenza percentuale della popolazione straniera residente
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat,anni vari
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100
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
I comuni delle aree progetto e delle aree pilota hanno una specializzazio-
ne prevalentemente legata al settore primario in percentuali significati-
vamente maggiori della media nazionale: il 79,1% dei comuni delle aree
progetto e il 77,9% delle amministrazioni comunali delle aree pilota ha,
infatti, una vocazione agricola, contro il 58,9% della media italiana (Tabel-
la 2). Tuttavia, in entrambe le aree è evidente un tasso di incremento delle
imprese non solo negativo (-1,3%), ma quasi un punto percentuale più
basso della media Italia (-0,4%), a conferma del processo di declino, non
solo demografico ma anche produttivo, che sta caratterizzando i comuni
di queste aree.
La maggior parte degli addetti si concentra nel settore terziario (46,0% nei
comuni delle aree progetto e 47,2% nelle aree pilota), seppur in percentua-
li più contenute rispetto alla media Italia (59,6%). Gli addetti nel settore se-
condario si attestano, invece, su percentuali simili alla media italiana del
35,4% (35,3% per i comuni delle aree progetto e 34,3% per i comuni delle
Figura 4. Correlazione: Grado di perifericità delle 61 aree progettovs Reddito medio imponibile IRPEF
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS e Ministerodell'Economia e delle Finanze, anni vari
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101
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
aree pilota), mentre i lavoratori del settore primario raggiungono, nei co-
muni delle due tipologie di aree oggetto di studio, quasi il 19% del totale, cir-
ca 14 punti percentuali in più della media delle amministrazioni del paese.
A confermare la spiccata propensione dei comuni di queste aree verso il
settore economico primario è il dato relativo all’estensione della super-
ficie agricola per abitante, che raggiunge 0,8 ettari per abitante (dato al
2010) nei comuni delle aree progetto e 0,9 ettari nelle amministrazioni co-
munali delle aree pilota, circa 0,7 ettari in più della media italiana. La pro-
pensione verso il settore dell’agricoltura si traduce anche in una buona
capacità di produzione di prodotti di qualità e di valorizzazione delle iden-
tità locali: il 56,1% dei comuni delle aree progetto e il 53,0% delle realtà
comunali delle aree pilota realizza prodotti enogastronomici di qualità
DOP/IGP (media italiana 60,4%) e il 28,1% dei comuni delle aree progetto
e il 24,3% delle aree pilota aderisce ad una delle associazioni di identità
della rete Res Tipica(5), con percentuali lievemente più alte di quelle fatte
registrare dalle amministrazioni comunali italiane (23,5%).
Tali dati evidenziano la presenza in questi territori di eccellenze produt-
tive e di filiere organizzative ad hoc. È risaputo che avviare percorsi che
giungano ad una certificazione necessita un grande sforzo organizzativo
del produttore agricolo, possibile solamente se l’azienda, consapevole dei
vantaggi che può conseguire, sia adeguatamente sostenuta da un territo-
rio e da strategie promozionali, consorziali e di cooperazione, che permet-
tano una maggiore disponibilità di servizi di supporto ed una più diffusa
conoscenza collettiva dei marchi di qualità e dei loro elementi distintivi.
5 Da ormai oltre un decennio, l’ANCI ha promosso Res Tipica proprio con l’obiettivo di sal-vaguardare e promuovere l’immenso patrimonio ambientale, culturale, turistico ed enoga-stronomico dei comuni piccoli e medi del nostro paese. Le associazioni di identità che ne fanno parte rappresentano un importante strumento attraverso cui sostenere le specificità territoriali, facendo leva sulla creazione e sulla forza di un network, e diffondendone il valo-re anche oltre i confini locali, così da poter raggiungere un più ampio pubblico nazionale ed internazionale. Tale realtà rappresenta una risorsa organizzativa per facilitare l’adozione di politiche di tutela dell’autenticità e genuinità delle produzioni contro eventuali falsificazioni, così come di politiche per la tracciabilità degli alimenti o per definire interventi omogenei sulla filiera piuttosto che sui sistemi di ospitalità.
102
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
I dati, dunque, descrivono aree di pregio nazionali, con grandi ricchez-
ze enogastronomiche e territoriali, come dimostrato dall’alta presenza di
comuni turistici e di aree naturali protette. In entrambi i casi, infatti, i co-
muni delle aree progetto e pilota superano le percentuali nazionali: ben
il 43,5% delle amministrazioni comunali delle aree pilota risulta essere
una località che l’Istat definisce di interesse turistico, contro il 35,0% della
media italiana (i comuni delle aree progetto si fermano al 38,7%), mentre
il 38,6% dei comuni delle aree progetto e il 31,9% delle amministrazioni
delle aree pilota ospita aree naturali protette, laddove i comuni italiani
non superano il 27,5%.
Per quanto riguarda la ricettività turistica, è necessario evidenziare come
i comuni delle aree pilota e progetto, con oltre 130 posti letto per 1.000
abitanti contro i 78 della media italiana, sono caratterizzati da una ri-
cettività diffusa ma, anche, da un’eccessiva polverizzazione dell’offerta,
ovvero possiedono molte strutture alberghiere ed extralberghiere che,
però, non superano, in media, i 16 posti letto ad esercizio, circa la metà
della capacità media delle strutture presenti nei comuni italiani. I dati a
10 anni mostrano come tale tendenza sia rimasta stabile, ad esclusione
di un leggero aumento dei posti letto per 1.000 abitanti nei comuni delle
aree progetto, che passano da 121 a 133, e una crescita nei posti letto per
struttura ricettiva nei comuni delle aree pilota, che aumentano di 4 unità.
Ciò porta, inevitabilmente ad acuire, in queste aree, alcune delle proble-
matiche tipiche del settore turistico del nostro paese: basse competenze e
poca formazione, società a proprietà familiare, ritardo nell’aggiornamen-
to delle strutture, poca innovazione nelle modalità gestionali. I prodotti
alberghieri di fascia inferiore, infatti, nel mercato italiano non riescono a
riqualificarsi e ad aggregarsi e, dunque, tendono a scomparire a benefi-
cio delle strutture di più elevata qualità o a prodotti extralberghieri nuovi
e con prezzi concorrenziali.
Come prima accennato l’offerta naturalistica di queste aree è ricchissima,
unica e ha particolari condizioni di biodiversità in grado di attrarre visita-
tori. I comuni delle aree progetto e pilota, infatti, che rientrano in un “Sito
103
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
d’Importanza Comunitaria” (SIC) o in una “Zona di Protezione Speciale”
(ZPS) sono rispettivamente il 74,8% ed il 75,4% del totale, mentre nei co-
muni italiani tale percentuale supera di poco il 55%.
Allo stesso tempo, però, si tratta di territori fragili, che richiedono un
grande impegno nella preservazione e nella tutela, come dimostra il ri-
schio frane, che è elevato e molto elevato nell’83% delle amministrazioni
oggetto di studio, circa 25 punti percentuali in più della media dei comuni
del paese.
Il patrimonio ambientale dei territori, tanto ricco quanto fragile, diventa
dunque una priorità per tali aree sulla quale investire risorse ordinarie e
straordinarie. Ed è così che facendo riferimento agli investimenti fissi lor-
di delle amministrazioni comunali appartenenti alle aree progetto e pilota
si riscontra, in termini economici, una prevalenza, costante nel tempo,
delle funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente (Tabel-
la 3 e 4). La quota di investimenti dedicata a tali funzioni si attesta infatti
intorno al 30%, un dato più alto di circa 10 punti percentuali rispetto alla
media italiana (Tabella 5). Le quote appena dette si traducono nel 2013 in
oltre 158 milioni di euro per le aree progetto (si vedano le Tabelle 1-6 in
Appendice), ossia circa 98 euro pro capite, un valore medio leggermente
più alto di quello segnato nelle aree pilota (circa 85 euro per abitante) e
oltre il doppio della media nazionale pro capite (43 euro).
104
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
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I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
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107
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
La tendenza a puntare sulla tutela ambientale dei comuni delle aree pro-
getto e pilota è confermata anche dai dati relativi al Fondo Europeo di
Sviluppo Regionale (FESR) ed al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione
(FSC) per il settennio 2007-2013.
Relativamente agli interventi FESR 2007-2013 attuati dai comuni(6) di
tali aree prevale, sul versante dei costi rendicontabili, proprio il tema
“ambiente e prevenzione dei rischi”, che cuba il 29,0% (circa 199 mln di
euro) ed il 39,4% (circa 110 mln) delle risorse in capo ai comuni delle aree
progetto e pilota rispettivamente, contro un dato nazionale del 18,1% (si
vedano le Tabelle 7-9 in Appendice). Indicazioni simili provengono dall’a-
nalisi dei dati del FSC: la tutela ambientale è infatti il tema che concentra
su di sé la quantità maggiore di risorse (il 67,2% delle assegnazioni totali
ai comuni delle aree progetto ed il 54,9% per i comuni delle aree pilota),
questa volta in linea con l’orientamento dei progetti attuati dalla totalità
dei comuni italiani (si vedano le Tabelle 10-12 in Appendice).
I dati fin qui analizzati ci raccontano di una Strategia nazionale che ha
favorito il “fare sistema” dei territori più periferici, caratterizzati da una
ricchissima biodiversità delle culture produttive e del “saper fare” ma,
allo stesso tempo, da un forte processo di declino economico, spopola-
mento e privazione dei servizi essenziali. Oggi queste aree mostrano una
vocazione legata all’agricoltura, al commercio, al turismo e all’artigianato
e una generale omogeneità dal punto di vista sociale.
La Strategia ha puntato, per giungere al fine ultimo di invertire il feno-
meno dello spopolamento, su una “filiera cognitiva” che intrecci alcune
grandi direttrici di sviluppo: agricoltura, energia, risorse naturali, turismo
sostenibile, favorendo la valorizzazione di quel patrimonio di identità loca-
li che si compone di borghi di pregio, artigianato artistico, elementi di cul-
tura immateriale, bellezze naturalistiche, prodotti enogastronomici unici.
6 Al 28 febbraio 2015 il 67,0% dei comuni appartenenti alle aree progetto risulta beneficiario di almeno un progetto FESR 2007-2013. Tale percentuale raggiunge il 73,8% in corrispon-denza dei comuni di aree pilota, contro una media nazionale del 45,8%.
108
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Lo sviluppo agricolo è strategicamente importante per questi territori
perché l’agricoltura ha una profonda sinergia con la preservazione del
paesaggio: le produzioni agricole sono di qualità, infatti, lì dove la super-
ficie agricola non cede il passo ad opere di urbanizzazione.
L’energia, naturalmente, è di grande importanza nella misura in cui questi
territori possono ottenere guadagni dalla cura che pongono nella produ-
zione e nella fornitura di tali risorse.
La tutela delle risorse naturali e la prevenzione dei rischi sono, invece, i
temi sui quali si indirizza la maggior parte delle risorse ordinarie e straor-
dinarie in queste aree. Ciò non deve stupire: la tutela attiva è centrale per
i territori, poiché ne ottengono benefici straordinari, sia evitando la perdi-
ta ulteriore di vite umane in catastrofi naturali, sia in termini di risparmio
di spesa pubblica da destinare, ex post, al ripristino di aree devastate che
non erano state messe in sicurezza per tempo.
Infine, il turismo. Per queste aree il turismo può significare molto anche
nel mantenimento di servizi essenziali per la popolazione, destinati ai vi-
sitatori. Deve, tuttavia, essere un turismo legato ad un diverso e più so-
stenibile modello di sviluppo dei borghi, attento ad una domanda nuova,
che cerca la cultura del territorio, inteso, quest’ultimo, come un mosaico
di tutte le innumerevoli identità che lo compongono.
Si tratta, dunque, di favorire un turismo capace di raccontare la cultura
dei territori nella sua interezza, la gestione dei flussi turistici in entrata
(con politiche di destagionalizzazione e decongestione), il rafforzamento
delle produzioni enogastronomiche locali (verso il biologico e la qualità),
la preservazione delle tradizioni (tutela dell’artigianato e delle produzioni
tipiche), la commistione di consumi culturali, enogastronomici, legati agli
eventi, all’artigianato tipico, ecc.. Bisogna, inoltre, costruire competenze
nella popolazione e ricreare un’offerta ricettiva e ristorativa di qualità,
capace, da un parte, di fidelizzare il turista di prossimità ed offrirgli atti-
vità che possano impegnarlo nel week end ed occasioni per conoscere
e/o approfondire le tradizioni culturali, rendendo la vacanza un’abitudine
109
Dai comuni di aree interne alle aree progetto
rilassante, dall’altra, rivolgersi ad un turismo nazionale e internazionale
interessato alla scoperta di nuovi luoghi autentici e ad un rapporto quali-
tà-prezzo competitivo.
I comuni delle aree interne hanno, in questo processo, una grande re-
sponsabilità, quella di dover costruire un governo innovativo e rispet-
toso, che garantisca una migliore vivibilità per i cittadini e un sistema
competitivo per le imprese. Hanno l’onere, inoltre, di dover lavorare alla
costruzione di un racconto dei luoghi, coinvolgente per chi li scopre per
la prima volta e che, allo stesso tempo, permetta agli operatori del settore
culturale, turistico, agroalimentare ed artigianale di inventare, intorno al
singolo prodotto, una vera ed emozionante esperienza di visita e consu-
mo del territorio.
Tali direttrici, non possono non attraversare alcuni grandi temi come la cit-
tadinanza, il lavoro, la governance. Significa cioè che qualsiasi processo di
sviluppo di queste aree debba passare dal potenziamento degli interventi
di inclusione sociale, nell’ambito dell’istruzione, dell’occupazione e della
mobilità dei lavoratori, dei servizi di cura destinati all’infanzia e agli anziani.
113
Le 20 aree pilota individuate nell’ambito delle aree progetto coinvolgo-
no 317 comuni, 616.258 abitanti (l’1% della popolazione italiana) e una
superficie di 15.872 kmq, ovvero il 5,3% della superficie della penisola
italiana(1).
Una disamina più approfondita dei comuni di tali aree evidenzia come
l’area con il maggior numero di comuni è quella del Basso Sangro-Trigno
in Abruzzo, che conta ben 33 amministrazioni comunali, mentre le aree
Tesino, in Trentino-Alto Adige e Val Simeto(2), in Sicilia, comprendono solo
3 amministrazioni rispettivamente. Quest’ultima e l’area Madonie (sem-
pre in Sicilia) fanno registrare, però, il maggior numero di abitanti: oltre
65.000 ciascuna, mentre i comuni dell’area Tesino sono i meno popolosi
e superano di poco i 2.000 residenti.
L’area pugliese Monti Dauni, invece, è quella con la superficie più ampia,
distribuita in quasi 2.000 kmq, seguita dall’area Madonie che si estende
su 1.722 kmq (Tabella 1).
1 Ad inizio ottobre 2015 hanno deliberato 17 regioni e la Provincia Autonoma di Trento. La Sicilia e la Lombardia hanno deliberato, in accordo con il Comitato tecnico aree interne, due aree pilota ciascuna, di cui una sperimentale.
2 Area sperimentale.
114
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
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115
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Il numero di comuni periferici e ultraperiferici presenti nelle aree è pari al
100% nell’area Valtellina, in Lombardia, nell’area Tesino, in Trentino-Alto
Adige, nell’area Basso Sangro-Trigno, in Abruzzo e nell’area Montagna
Materana, in Basilicata. Percentuali pari o superiori all’80% riguardano
anche l’area Valchiavenna(3) in Lombardia (92,3%), Alta Irpinia in Campa-
nia (92,0%), Madonie in Sicilia (85,7%), Alta Carnia in Friuli-Venezia Giulia
(81,0%) e Casentino-Valtiberina in Toscana (80,0%). Presentano, invece,
un grado di perifericità inferiore alla media delle aree pilota (67,5%) i co-
muni delle aree Bassa Valle in Valle d’Aosta (22,7%), Valli Maira e Grana
in Piemonte (44,4%), Antola Tigullio in Liguria (56,3%), Val di Comino nel
territorio laziale (27,8%), Appennino Basso Pesarese e Anconetano nelle
Marche (20,0%), Sud-Ovest in Umbria (45,0%), Matese in Molise (35,7%)
e Val Simeto in Sicilia (33,3%) (Tabella 1).
La Figura 1 mostra in maniera evidente come il grado di perifericità, inte-
so come la percentuale di comuni periferici ed ultraperiferici facenti parte
di ciascuna area sia, in quasi tutti i territori pilota, ad esclusione dell’area
Appennino Basso Pesarese e Anconetano nelle Marche, superiore alla
media dei comuni italiani, pari al 22,4%.
Analizzando, invece, il dato relativo al numero dei comuni montani delle
aree pilota in relazione al grado di perifericità, si evidenzia che 11 aree
pilota su 20 presentano un’incidenza di comuni montani pari al 100% e
ciò accade sia nelle aree con un livello di perifericità medio alto e alto
sia dove il livello è più basso. I comuni montani nelle aree pilota hanno
un’incidenza media pari all’88,3%, quasi doppia rispetto alla media italia-
na (43,7%) (Figura 2).
3 Area sperimentale.
116
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Figura 1. Il grado di perifericità delle aree pilota, 2015
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
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Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS, 2015
Grado di perifericità dell’area (2015)
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
75,1% - 100,0%50,1% - 75,0%25,1% - 50,0%0,0% - 25,0%
117
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Figura 2. L'incidenza dei comuni montani nelle aree pilota, 2013
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
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Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
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Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat,anni vari
% comuni montani (2013)
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
75,1% - 100,0%50,1% - 75,0%25,1% - 50,0%0,0% - 25,0%
118
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
La media della popolazione residente è molto più bassa della media na-
zionale (7.511) e si attesta intorno ai 2.000 abitanti per comune. I movi-
menti relativi alla popolazione residente di queste aree confermano un
progressivo spopolamento, ancora più evidente nelle aree con un alto
grado di perifericità, in buona parte delle quali si supera il -4,0% medio
delle aree pilota. In particolare, l’area Montagna Materana ha subito, tra
il 2004 ed il 2014, una variazione percentuale negativa della popolazione
residente superiore a 15 punti percentuali. Tassi positivi, invece, si regi-
strano per lo più in alcune delle aree a medio e basso grado di periferici-
tà, con particolare riferimento alle aree Val Simeto in Sicilia, Bassa Valle
in Valle d’Aosta, Antola Tigullio in Liguria e Sud-Ovest in Umbria, dove i
residenti, pur con percentuali minori della media nazionale del +5,0%,
sono comunque cresciuti negli ultimi 10 anni (Figura 3). Da segnalare
che tra le aree in cui la percentuale di comuni periferici ed ultraperiferici
è superiore al 75%, solo per l’area sperimentale Valchiavenna si rileva un
incremento demografico tra il 2004 ed il 2014.
Il tasso di incremento delle imprese, invece, è negativo in quasi tutte le aree,
indipendentemente dal grado di perifericità (Figura 4). È, tuttavia, molto più
alto della media delle aree pilota (-1,3%) nelle aree con oltre il 75,0% di
comuni periferici e ultraperiferici, ad esclusione dell’area trentina Tesino,
unico caso in cui le imprese fanno registrare un tasso positivo (1,1%) e più
contenuto nei territori con un grado di perifericità più basso, seppur con
valori che rimangono molto lontani dalla media nazionale (-0,4%).
Tra le 20 aree in analisi spiccano tre casi in cui il tasso d’incremento del-
le imprese supera il -2,0%: si tratta dell’area Valchiavenna in Lombardia
(-2,7%), dell’area Alta Carnia in Friuli-Venezia Giulia (-2,7%) e dell’area
Valli Maira e Grana in Piemonte (-2,3%).
119
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Figura 3. La variazione percentuale della popolazione residentenelle aree pilota, 2004/2014
MEDIA ITA=5,0%MEDIA AREE PILOTA=-4,0%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat,anni vari
Var. % popolazione residente (2004/2014)
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
75,1% - 100,0%50,1% - 75,0%25,1% - 50,0%0,0% - 25,0%
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesaresee Anconetano (Mar)
-20,0% -15,0% -10,0% -5,0% 0,0% 5,0%
120
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Figura 4. Il tasso di incremento delle imprese nelle aree pilota, 2013
MEDIA ITA=-0,4%MEDIA AREE PILOTA=-1,3%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPSed Infocamere, anni vari
Tasso d’incremento delle imprese (2013)
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
75,1% - 100,0%50,1% - 75,0%25,1% - 50,0%0,0% - 25,0%
Tesino (Tre)
-3,0% -2,5% -2,0% -1,5% -1,0% -0,5% -0,0% 0,5% 1,0% 1,5%
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesarese e Anconetano (Mar)
121
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Tutte le aree pilota mostrano un reddito imponibile IRPEF per contribuen-
te in media più basso del dato nazionale (23.480 euro). Le aree che pre-
sentano un reddito imponibile medio leggermente più alto rispetto alle
altre sono quelle del nord e del centro, con particolare riferimento alle
aree: Tesino in Trentino Alto-Adige, Valtellina e Valchiavenna in Lombar-
dia, Spettabile Reggenza in Veneto, Antola Tigullio in Liguria, Sud-Ovest
in Umbria, Valli Maira e Grana in Piemonte, Bassa Valle in Valle d’Aosta e
Casentino-Valtiberina in Toscana (si veda Figura 1 in Appendice).
La Figura 5, invece, mostra le caratteristiche della ricettività turistica delle
aree pilota. I comuni di tali aree hanno in media 135 posti letto in strutture
turistiche per 1.000 abitanti, quasi il doppio della media nazionale che si
attesta su 78 posti letto per struttura ogni 1.000 abitanti.
Tuttavia, è necessario evidenziare che tale dato medio è determinato da
alcune aree che mostrano numeri piuttosto rilevanti: si tratta prevalente-
mente delle aree legate al turismo montano e naturalistico. In particolare,
nell’area pilota Tesino si contano oltre 800 posti letto per 1.000 abitanti,
oltre 600 posti letto nella montagna veneta dell’area Spettabile Reggen-
za, oltre 500 posti letto nell’area Valtellina, in Lombardia e più di 400 posti
nell’area Bassa Valle, in Valle d’Aosta.
L’alta propensione turistica di queste aree è confermata dalla presenza di
un alto numero di Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezio-
ne Speciale (ZPS), territori di particolare importanza per la salvaguardia
della biodiversità e caratterizzati da una straordinaria bellezza dei pae-
saggi e ricchezza delle specie naturali e animali.
In media, nelle aree pilota il 75,4% dei comuni fa parte di un SIC o di una
ZPS, il 20,2% in più della media italiana, con punte del 100% nelle aree
Tesino, Valtellina, Casentino-Valtiberina e Val Simeto (Figura 6).
122
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Figura 5. La ricettività turistica delle aree pilota, 2014
MEDIA ITA=78 MEDIA AREE PILOTA=135
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS ed Istat,anni vari
Posti letto in esercizi turistici per 1.000 ab. (2014)
0 100
200
300
400
500
600
700
800
900
1.000
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesarese e Anconetano (Mar)
123
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Figura 6. I comuni delle aree pilota rientranti in almeno un SICo una ZPS, 2013
MEDIA ITA=55,2% MEDIAAREE PILOTA=75,4%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS e SIN spa,anni vari
% comuni rientranti in almeno un SIC o una ZPS (2013)
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesarese e Anconetano (Mar)
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
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50,0%
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70,0%
80,0%
90,0%
100,0%
124
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Sono dunque aree che dispongono di una grande ricchezza naturalistica
che va salvaguardata, poichè si tratta di aree anche molto fragili. Ciò è
confermato dal fatto che ben 9 aree pilota su 20 si compongono da co-
muni caratterizzati da un livello di attenzione per rischio frane elevato o
molto elevato.
Oltre a queste 9 aree altre 5 hanno una percentuale di comuni a rischio ele-
vato e molto elevato superiore alla media delle aree pilota, pari all’83,9%,
laddove la media Italia è del 57,7%. In prevalenza le aree pilota con un
grado di perifericità elevato hanno anche il maggior livello di attenzione
per rischio frane (Figura 7).
Fin qui è stato possibile “leggere” i territori delle aree pilota attraverso
l’utilizzo di una batteria di indicatori statistici che ha evidenziato le fragi-
lità e le potenzialità delle aree individuate ai fini della sperimentazione
della Strategia.
Tuttavia è anche già possibile analizzare le prime “bozze di strategia” del-
le aree pilota selezionate fino ad ora dalle regioni, in quanto rese note dal
DPS che le ha pubblicate nel proprio sito istituzionale secondo il metodo
aperto di condivisione delle informazioni che caratterizza l’intera SNAI(4).
Pur trattandosi di 11 bozze di strategia di area su 20 è possibile esporre
le prime riflessioni. Innanzitutto tutte le aree puntano decisamente sulla
valorizzazione delle risorse naturali e culturali finalizzata allo sviluppo del
turismo sostenibile del territorio. Ciò rappresenterebbe un continuum con
il passato, come confermato dalle indicazioni derivanti dall’uso delle ri-
sorse del FESR e del FSC per il settennio 2007-2013 dei comuni delle aree
pilota (si veda il Capitolo 7 e l’Appendice). Il grande sforzo è quello di indi-
viduare un punto di unione forte che riesca effettivamente a tenere legate
le amministrazioni coinvolte per un lungo periodo di tempo (necessario
affinché un progetto di sviluppo locale possa sortire i propri effetti). Nei
documenti preliminari sembra che questa affinità possa essere garantita
dalla individuazione di marchi identificativi dell’area, piuttosto che dalla
costituzione di consorzi turistici.
4 http://www.dps.gov.it/it/arint/Strategie_di_area/Bozze_della_strategia.html.
125
Una descrizione dei comuni delle aree pilota
Figura 7. Percentuale di comuni delle aree pilota con un livellodi attenzione per rischio frane elevato o molto elevato, 2013
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesarese e Anconetano (Mar)
MEDIA ITA=57,7% MEDIAAREE PILOTA=83,9%
75,1% - 100,0%50,1% - 75,0%
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS e Ispra,anni vari
% comuni con rischio frane elevato e molto elevato (2013)
% comuni periferici ed ultraperiferici dell’area
25,1% - 50,0%0,0% - 25,0%
0% 20%
40%
60%
80%
100%
126
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
Non sorprende che l’agroalimentare sia l’altro driver di sviluppo indicato
da quasi tutte le aree pilota, in virtù delle peculiarità dei territori in ogget-
to. Come visto infatti, il 77,9% delle amministrazioni comunali delle aree
pilota ha una vocazione agricola, contro il 58,9% della media italiana e
l’estensione della superficie agricola per abitante raggiunge in tali realtà
0,9 ettari, circa 0,7 ettari in più della media italiana. Queste aree, in linea
con le loro caratteristiche produttive sentono come “doveroso” ripensare
alle proprie produzioni agricole alla ricerca di mercati di sbocco che, allo
stato attuale, non riescono ad avere neanche localmente. In tale caso si
tratta perlopiù di interventi volti a sostenere le produzioni tipiche locali
in un’accezione di sfruttamento turistico, e meno spesso ad immettere
miglioramenti dei processi produttivi. Per questi progetti di sviluppo il
collante tra gli attori delle aree pilota deriva dalla costituzione di brand
e di marchi territoriali, dall’ottenimento di certificazioni di qualità o dallo
sviluppo di strategie comunicative integrate.
Infine, si nota che i progetti di sviluppo che riguardano il risparmio ener-
getico e l’artigianato locale appaiono residuali.
La costruzione di una corretta strategia d’area sembra rappresentare il
punto nevralgico della SNAI, la base per il suo successo, almeno per ciò
che concerne le traiettorie dello sviluppo locale individuate. Elaborare
una strategia di sviluppo dell’area significa, infatti, partendo da risorse
disponibili, trovare un’idea chiave che faccia da collante tra tutte le realtà
amministrative coinvolte e che riesca a creare la pressione sociale neces-
saria per poter effettivamente provocare il cambiamento perseguito.
129
La Strategia nazionale aree interne (SNAI), nonostante la modesta entità
finanziaria, introduce nella pianificazione e gestione delle risorse finan-
ziarie ordinarie e straordinarie diversi vettori di novità. Vettori, non neces-
sariamente rivoluzionari, ma che hanno il grande pregio di riportare al
centro dell’attenzione le modalità relative all’attività di programmazione
degli interventi di sviluppo.
In primo luogo, viene superato “l’approccio gara”, fondato sulla correlazione
tra scarsità di risorse disponibili e territori in competizione per accaparrar-
sele. Se, infatti, negli ultimi due lustri per molti soggetti pubblici, in primis
le amministrazioni comunali, impegnati in politiche di investimento di tipo
infrastrutturale, è stato d’obbligo rispondere a bandi promossi da soggetti
programmatori (Stato e regioni) per procurarsi le risorse finanziarie neces-
sarie, con la SNAI diventa nuovamente centrale il ruolo della programma-
zione stricto sensu. L’ampio ricorso a metodologie statistiche e di geografia
economica per l’individuazione sia del target obiettivo più generale (i co-
muni di area interna) sia di quello più specifico (i comuni delle aree pro-
getto e delle aree pilota), rispolvera un elemento tradizionale nell’ambito
dei processi decisionali delle public choice che sembrava, nel nostro paese,
ormai compromesso da derive clientelari. Invero, in particolare per l’ultima
“clusterizzazione”, ossia la scelta dell’area pilota, ha sì spesso svolto il suo
importante ruolo una tipologia di valutazioni più politica che oggettiva, ma
130
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
a valle di un processo di indirizzo e preselezione assolutamente tecnico.
Appare utile ricordare che da un punto di vista strettamente istituzionale, e
quindi di rappresentanza politica, i comuni italiani rappresentano un unico
grande sistema amministrativo. Per convenzione, in particolare negli ulti-
mi anni, quando è stata crescente l’attenzione verso una redistribuzione
delle risorse per taglia dimensionale, nonché molto aspro il dibattito sulla
razionalizzazione degli enti territoriali, si è cominciato a parlare di piccoli e
medi comuni basandosi esclusivamente sulla taglia demografica. La lette-
ratura economica, piuttosto che urbanistica, ha ampiamente prodotto studi
e analisi in questo ambito, ma tutto è sempre rimasto più o meno rinchiuso
nell’alveo accademico o poco più. Al contrario, mutuando una metodologia
di riperimetrazione dei territori (periferici, ultraperiferici, ecc.), tipica delle
istituzioni comunitarie piuttosto che dell’OCSE, il DPS ha riletto il territorio
italiano e introdotto un nuovo cluster comunale - a sua volta segmentato e
peraltro variabile nel tempo - che solo incidentalmente recupera la dimen-
sione demografica. Il fatto che oltre l’80% dei comuni di aree interne abbia
meno di 5.000 abitanti e che il 65% sia collocato in aree montane non è
una precondizione della Strategia, bensì elemento di contesto, fortemente
caratterizzante ma non determinante per l’avvio dei progetti di sviluppo.
In secondo luogo, la SNAI, determinando le aree progetto (e quindi pilo-
ta) come «sistemi locali intercomunali, ciascuno con una propria identità
territoriale definita da caratteri sociali, economici, geografici, demografici e
ambientali»(1), forza la mano sul piano del campanilismo comunale e sulla
necessità di delineare delle strategie di area capaci di trasformare singole
individualità in valore collettivo sovracomunale. A rafforzare questa opzione
strategica, che è alla base della SNAI, viene posto il prerequisito relativo alla
gestione associata intercomunale dei servizi quale prova provata della capa-
cità di cooperare e, pertanto, a garanzia del potenziale successo della futura
strategia (si veda Capitolo 4). Se sul piano della costruzione dell’impalcatura
metodologica questa prospettiva appare solida, nonché in linea con i prin-
cipali processi di riforma istituzionale in materia di associazionismo inter-
1 Accordo di Partenariato per l’Italia.
131
Alcune prime considerazioni di mid term
comunale, qualche perplessità traspare sul piano più squisitamente della
riflessione scientifica facendo emergere alcuni elementi di capziosità tecni-
ca. Per decenni, infatti, anche in letteratura socioeconomica si è per lo più
cercato di individuare strategie di area a partire da fattori comuni caratteriz-
zanti i territori di tipo quali-quantitativi, raramente istituzionali-amministra-
tivi. Si pensi, in particolare, ai distretti industriali in cui i saperi locali e le reti
relazionali legati alla filiera produttiva hanno quasi sempre rappresentato
il principale collante dell’area. Fattori più che altro immateriali, tipici di un
territorio circoscritto, in grado di favorire una rapida circolazione delle idee e
una facile interazione tra individui che condividono una “cultura produttiva
e istituzionale d’area”. Di fatto dei 943 comuni delle aree progetto, solo 79
fanno parte di distretti industriali e solo nel caso delle Marche e della Tosca-
na vi è una sovrapposizione/coincidenza tra aree progetto e aree distrettuali.
Nel caso della Toscana la quasi totalità dei comuni è anche in Unione, ossia
l’amministrazione regionale sembra aver scelto le aree progetto su cui in-
terverrà la SNAI sulla base della capacità dei territori di fare sistema, e quin-
di lavorare insieme, a 360 gradi, dalle imprese ai comuni, passando per le
collettività locali. Traspare, quindi, che per l’individuazione di una strategia
d’area condivisa tra i diversi comuni appartenenti alle aree progetto e/o pilo-
ta - oltre alla loro capacità di cooperazione istituzionale - sarà determinante
insistere e lavorare sull’individuazione di una visione di sviluppo propria
dei diversi territori coinvolti. Territori che, sebbene accomunati da parametri
sociali, economici, geografici, demografici e ambientali affini, si dovranno
ritrovare in un pezzo di storia da costruire insieme, partendo però da un al-
bero genealogico con rapporti di familiarità, ossia interessi, tutti da definire.
Questo è un punto nodale per la riuscita futura della SNAI che, al con-
trario, per l’avvio dei progetti pilota sembra affidarsi principalmente alla
buona reputazione dei territori non tanto sul piano di valori/identità/vi-
sioni comuni (che dovranno divenire strategia d’area) quanto sulla loro
capacità di programmare e gestire interventi complessi. Non a caso, la
maggior parte delle aree pilota selezionate hanno per lo più trascorsi pat-
tizi, esperienze di GAL e/o più in generale di programmazione integrata
territoriale (PIT). Insomma forme aggregative, che sebbene nobilitate nel
tempo da approcci condivisibili come “place based”, hanno rilevato al
132
I Comuni della Strategia Nazionale Aree Interne
contrario una preminente buona capacità degli stakeholder locali a fare
fundraising per rispondere a loro bisogni ordinari piuttosto che a deline-
are e implementare strategie di area durature.
Altro vettore di novità della SNAI è il tentativo di superare la “regionalizza-
zione” delle politiche di intervento tentando di dare unitarietà, una strategia
nazionale per l’appunto, allo sviluppo territoriale. Ovvero provare a lasciarsi
alle spalle quella frammentazione degli interventi di sviluppo, tipica della
politica di coesione degli ultimi anni, che ha restituito prospettive di crescita
fortemente slabbrate e che in molti territori ha finito addirittura per accentua-
re le disparità piuttosto che massimizzare la convergenza. Se, quindi, troppo
spesso la politica di coesione è sembrata essersi per lo più dipanata lungo
sentieri di crescita dove ha prevalso il progetto sul programma, la spesa
sull’impatto, il finanziamento sul finanziato, con la SNAI si ritorna a proporre
un’idea di sviluppo per molti aspetti palesemente “rinazionalizzata”. Certa-
mente condivisa con i livelli di governo locale, e liturgicamente coinvolgen-
te nel rito della “clusterizzazione” comunale, ma che riporta al centro una
visione di crescita. Nel merito, viene delineato un percorso di sviluppo che
fa della riqualificazione e potenziamento dei servizi di base, sanità-scuola-
mobilità, i principali asset su cui intervenire e questo perché appare ormai
sempre più anacronistico e inadeguato basare gli interventi di sviluppo su
misure che puntino a colmare i soli differenziali di reddito. Oggi le fratture
territoriali rappresentano uno dei principali elementi critici del nostro paese,
e di molti altri paesi europei. I differenziali di reddito difficilmente saranno
colmati, anzi la tendenza sembra essere quella di una crescita dei redditi sul-
le punte e un appiattimento sui livelli mediani. Ma le differenze vanno gesti-
te perché le questioni economiche non tornino sul tavolo politico in termini
che oggi nessuno sarebbe in grado di affrontare dentro i vincoli europei (tet-
ti di spesa, divieto di aiuti di Stato, fiscalità di vantaggio, razionalizzazione
delle imprese pubbliche, ecc.). E gestire le differenze è ormai soprattutto un
problema di statuto di cittadinanza che deve garantire il contenimento delle
disuguaglianze su alcuni diritti/servizi essenziali. In questo la SNAI sembra
essere un terreno di sperimentazione delle politiche pubbliche decisamente
“straordinario”. Una sperimentazione che appare proprio essere indirizzata
133
Alcune prime considerazioni di mid term
non tanto verso una improbabile convergenza di reddito e ricchezza, ma
su una possibile convergenza di servizi essenziali verso quei territori che
rischiano di andare alla deriva. Obiettivo, sanare questa nuova potenziale
frattura territoriale fatta di centinaia di microfaglie non più nord-sud, ma che
coinvolge l’intero paese da nord a sud, riducendo le aree di sofferenza.
Le aree interne, quindi, territori afflitti da mali comuni, spopolamento ed
emigrazione, scarsità di servizi socio-assistenziali, carenza di infrastruttu-
re di collegamento, fragilità territoriali e deficit di investimento strutturali,
vengono dalla SNAI rilegate in brossura. Una visione unitaria che pecca
probabilmente di un certo eccesso di tecnicismo, ma che ha il grande me-
rito di delinearsi coraggiosamente come una politica pubblica nazionale,
una delle poche chiaramente riscontrabili nel nuovo Accordo di Partenaria-
to 2014-2020.
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149
Appendice
Figura 1. Il reddito imponibile IRPEF per contribuente (migliaia di euro)nelle aree pilota, anno d'imposta 2011
MEDIA ITA=23,48MEDIA AREE PILOTA=18,84
Fonte: elaborazione IFEL-Dipartimento Studi Economia Territoriale su dati DPS e MEF,anni vari
Reddito imponibile IRPEF per contribuente in migliaia di euro (2011)
0 5 10 15 20 25
Montagna Materana (Bas)
Basso Sangro-Trigno (Abr)
Tesino (Tre)
Valtellina (Lom)
Valchiavenna (Lom)
Alta Irpinia (Cam)
Madonie (Sic)
Alta Carnia (Fri)
Alta Marmilla (Sar)
Casentino-Valtiberina (Tos)
Spettabile Reggenza (Ven)
Monti Dauni (Pug)
Antola Tigullio (Lig)
Sud-Ovest (Umb)
Valli Maira e Grana (Pie)
Matese (Mol)
Val Simeto (Sic)
Val di Comino (Laz)
Bassa Valle (Val)
Appen. Basso Pesarese e Anconetano (Mar)
Finito di stamparenel mese di ottobre 2015
dalla SERSocietà Editrice Romana
Piazza Cola di Rienzo, 85 - Roma
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