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PONTIFICIO ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II
PER STUDI SU MATRIMONIO E FAMIGLIA
MASTER IN SCIENZE DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA
Marialucia ZECCHINI
Figli nel Figlio - Sposi con lo Sposo
Circolarità tra Battesimo e Matrimonio
Marco MATASSONI
Chiesa e famiglia generano alla vita
Il Battesimo fonda il matrimonio-sacramento
Roma, ottobre 2014
1
ABBREVIAZIONI
AT Antico Testamento
NT Nuovo Testamento
IC Iniziazione Cristiana
Documenti della Chiesa
AG CONCILIO VATICANO II, Decreto Ad gentes (7.12.1965), (EV 1 [1965] 1087-
1242).
CCC Catechismo della Chiesa Cattolica (1992).
CIC GIOVANNI PAOLO II, Codex Iuris Canonici (1983).
CL GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Christifideles laici
(30.12.1988), (EV 11 [1988] 1606-1900).
CT GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Catechesi tradendae
(16.10.1979), (EV 6 [1979] 1764-1939).
DCE BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Deus caritas est (25.12.2005), (EV 23
[2005] 1538-1605).
DPF CEI, Direttorio di pastorale familiare per la Chiesa italiana (1993).
EG FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24.11.2013), (AAS
105 [2013] 1019-1137).
ES PAOLO VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam (6.08.1964), (AAS 56 [1964]
609-659).
FC GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Familiaris consortio
(22.11.1981), (EV 7 [1981] 1388-1603).
GS CONCILIO VATICANO II, Costituzione Gaudium et spes (7.12.1965), (EV 1
[1965] 1319-1644).
HV PAOLO VI, Lettera enciclica Humanae vitae (25.07.1968), (EV 3 [1968]
587-617).
LD GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle donne (29.06.1995), (EV 14 [1995] 2900-
2929).
LF FRANCESCO, Lettera enciclica Lumen fidei, (29.06.2013), (AAS 105 [2013]
555-596).
2
LG CONCILIO VATICANO II, Costituzione Lumen gentium (21.11.1964), (EV 1
[1964] 284-456).
MD GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Mulieris dignitatem (15.08.1988),
(EV 11 [1988] 1206-1345).
PF BENEDETTO XVI, Lettera apostolica Porta fidei (11.10.2011), (AAS 103
[2011] 723-734).
RBB CEI, Rito del Battesimo dei bambini (1970).
RH GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Redemptor hominis (4.03.1979), (EV
6 [1979] 1167-1268).
RICA CEI, Rito dell’Iniziazione Cristiana degli adulti (1978).
RMi GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Redemptoris missio (7.12.1990), (EV
12 [1990] 547-732).
SC CONCILIO VATICANO II, Costituzione Sacrosantum concilium (4.12.1963),
(EV 1 [1963] 1-244).
SS BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Spe salvi (30.11.2007), (EV 24 [2007]
1439-1488).
UR CONCILIO VATICANO II, Decreto Unitatis redintegratio (21.11.1964), (EV 1
[1964] 494-572).
VS GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Veritatis splendor (6.08.1993), (EV
13 [1993] 2532-2829).
4
INTRODUZIONE
«I sacramenti sono dei “doni” di Cristo Sposo che la Chiesa Sposa accoglie nella
fede per generare, alimentare e far crescere la vita dei suoi figli»1. Sono il luogo
dell’incontro reale tra Cristo Risorto - «la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio
per secoli eterni» (Rm 16,25) - e gli uomini e le donne di ogni tempo nei passaggi
cruciali della loro esistenza: la nascita, la crescita, la relazione d’amore, il servizio, la
malattia, il fallimento, il distacco.
La riflessione che qui presentiamo verte, in particolare, sui sacramenti del Battesimo
(Capitolo I) e del Matrimonio (Capitolo II), descritti, ciascuno, sinteticamente ed
essenzialmente, nella duplice dimensione antropologico-teologica e (Capitolo III) nella
loro “continuità nuziale”. L’uomo e la donna, che attraverso i sacramenti dell’IC sono
introdotti singolarmente «nell’intimità della vita trinitaria»2, con il matrimonio
divengono sacramentalmente partecipi di questa comunione d’amore come coppia, di
cui sono, «per vocazione il segno vivente»3. L’approccio scelto intende guidare il lettore
attraverso un percorso che, approfondendo l’uno attraverso l’altro4, lo aiuti ad
interrogarsi sulla personale vocazione all’amore sponsale che l’incontro con Dio attua in
lui attraverso la dinamica sacramentale5. È Dio, infatti, ad amare per primo
6,
accogliendoci nella sua vita di comunione come Padre: a ciascun uomo e donna spetta la
risposta - nella fede da accogliere e vivere nella Chiesa - a questa chiamata primigenia;
«così facendo, partecipano allo stesso amore Creatore che li ha portati alla vita»7.
1 M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore. Teologia del matrimonio e della famiglia per la nuova
evangelizzazione, Edizioni Cantagalli, Siena 2007, 171. 2 P. ADNÉS, “Matrimonio e mistero trinitario”, in AA.VV., Amore e stabilità nel matrimonio, Pontificia
Università Gregoriana, Roma 1976, 7-25, 22. 3 Ibidem, 25.
4 «Questa “continuità” tra i due sacramenti esprime l’iniziativa di Dio. Dio si fa conoscere attraverso il
dono di suo Figlio», in: A. MATTHEEUWS, Amarsi per donarsi. Il sacramento del matrimonio, Marcianum
Press S.r.l., Venezia 2008, 209. 5 «L’uomo è creato per entrare in comunione con Dio Padre nella stessa forma del Figlio Unigenito. Tale
comunione diviene realmente possibile non in base alle proprie forze, bensì per il dono dello Spirito Santo
(Rm 8,1; Ef 1,13 ecc.), che con-forma il volto di ciascun uomo a quello del Figlio», in: F. SCANZIANI,
“Sul primato della Grazia. Antropologia cristiana e matrimonio sacramentale”, in La Scuola Cattolica 137
(2009) 245-273, 255. 6 «Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di
espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4,10). 7 C. ANDERSON – J. GRANADOS (a cura di), Chiamati all’amore. La teologia del corpo di Giovanni Paolo
II, Edizioni Piemme S.p.A., Milano 2010, 114.
5
CAPITOLO I
IL BATTESIMO, DONO DI ESSERE FIGLI NEL FIGLIO
Il Battesimo è il sacramento radice della vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla
vita nello Spirito, la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti (cfr. CCC 1213); «il
più bello e magnifico dei doni di Dio»8. È «il ponte che Egli ha costruito tra sé e noi, la
strada per la quale si rende a noi accessibile; […] il segno che ci indica il cammino da
percorrere in modo attivo e gioioso per incontrarlo e sentirci da Lui amati»9. Non è un
evento isolato, dato una volta per tutte, ma un itinerario di crescita nella fede che
raggiunge la pienezza con la Confermazione e l’Eucaristia; la risposta personale alla
sorprendente scoperta di essere stati scelti da Colui che ci precede. Egli ci chiama alla
vita vera, «ci conduce attraverso il mare spesso così oscuro della storia, […] ci prende
come per mano, ci conduce sulla via che passa attraverso il Mar Rosso di questo tempo
e ci introduce nella vita duratura»10
.
Il rito battesimale, attraverso il rapporto dinamico tra parola annunciata e gesto
liturgico, è il sacramento attraverso cui Gesù Cristo pone l’uomo in relazione con Lui:
lo accoglie; lo purifica «con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo» (Tt
3,5) liberandolo dal potere delle tenebre; lo riveste come «una nuova creatura» (2 Cor
5,17); lo eleva donandogli la capacità di vivere l’originaria vocazione filiale attraverso
la partecipazione alla sua stessa vita divina (cfr. SC 6) e lo innesta nel corpo ecclesiale,
il popolo di Dio (cfr. LG 9).
8 SAN GREGORIO NAZIANZENO, Orationes, 40, 3-4: PG 36, 361C, in: CCC 1216.
9 BENEDETTO XVI, Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù, 11 gennaio 2009, in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2009/documents/hf_ben-
xvi_hom_20090111_battesimo_it.html [ultima visita del 4.09.2014]. 10
ID., Omelia del Sabato Santo, 22 marzo 2008, in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2008/documents/hf_ben-
xvi_hom_20080322_veglia-pasquale_it.html [ultima visita del 4.09.2014].
6
I.1. Materia e parola nel Sacramento
I sacramenti della Nuova Legge sono gesti sensibili, unici, «che operano in modo
efficace»11
una trasformazione in coloro che li ricevono; sono segni dell’amore di Dio e
della salvezza in Cristo, «ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del
corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio» (SC 59). Sin dal IV secolo, la riflessione
teologica evidenziò come il sacramento, nel suo aspetto di rappresentazione esteriore,
percepibile attraverso i sensi, fosse una realtà composta di due elementi distinti e
complementari, materia e parola12
, che, «pur essendo elementi disparati quanto alla
loro composizione fisica, formano un tutt’uno sul piano del segno sacramentale, poiché
contribuiscono, ognuno per la sua parte, a rendere il sacramento rappresentativo, in
modo inequivoco, di una determinata realtà sacra»13
. Questa struttura ilemorfica è
caratteristica di tutti i sette sacramenti dell’IC14
: tiene conto sia dell’origine creaturale
della materia che del kérygma di Gesù e della Chiesa. L’elemento materiale tocca il
corpo, mentre le parole sollecitano e guidano l’anima sia alla risposta di fede, sia ad
accogliere la grazia donata dal sacramento. La materia è la realtà concreta – pane, vino,
acqua, olio – usata da Gesù, con il suo significato simbolico, per annunciare la venuta
del Regno, «ha un’intensità che solo la creazione sapeva esprimere e, dopo il peccato,
solo il suo uso liturgico, in quanto anticipo della nuova creazione»15
, e la parola, che è
tratta dai Vangeli o coniata dalla Chiesa sul modello evangelico.
I.1.1. Il Battesimo: lavacro dell’acqua unito alla parola
Da un punto di vista antropologico, il battesimo può essere inserito nell’ambito di
quei riti di iniziazione, propri delle comunità primitive, attraverso i quali la persona
veniva introdotta nella società, assumendone la configurazione di membro effettivo e,
quindi, riconosciuto e tutelato. Per l’iniziato incominciava così un nuovo stato di vita
che lo portava anche all’incontro con la divinità propria di quel gruppo, diventandone,
in qualche modo, “figlio”.
11
B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, Editoriale Jaca Book S.p.A., Milano 20012, 116.
12 «Sant’Agostino dirà del Battesimo: “Accedit verbum ad elementum, et fit Sacramentum. Si unisce la
parola all’elemento, e nasce il sacramento” [Sant’Agostino, In Evangelium Johannis tractatus, 80, 3]», in:
CCC 1228. 13
G. PERINI, I Sacramenti e la grazia di Cristo Redentore. Catechesi sui sacramenti dopo il “Nuovo
Catechismo”, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1994, 48. 14
Cfr., L. LIGIER, Il matrimonio: questioni teologiche e pastorali, Città Nuova Editrice, Roma 1988, 100. 15
M. CAMPATELLI, Il battesimo. Ogni giorno alle fonti della vita nuova, Lipa S.r.l., Roma 2007, 113.
7
Il Battesimo, nello specifico, è «il lavacro di un essere umano con l’acqua benedetta,
in forza della parola la quale consacra questa vita al Padre, al Figlio e allo Spirito
Santo»16
. Il peccato di Adamo ed Eva (cfr. Gen 3) aveva comportato nell’uomo una
quadruplice lacerazione dell’unità originaria: «l’unione con Dio come fonte dell’unità
all’interno del proprio “io”, nel reciproco rapporto dell’uomo e della donna (“communio
personarum”) e, infine, nei confronti del mondo esterno, della natura» (MD 9). Ciò
aveva causato, da una parte, l’occultamento della somiglianza divina e, dall’altra, ne
aveva falsificato l’immagine. Secondo l’insegnamento di Gesù a Nicodemo (cfr. Gv
3,3), il battesimo è il momento della rigenerazione, attraverso «un lavacro d’acqua
accompagnato dalla Parola, analogicamente a quanto è accaduto alla Chiesa intera resa
da Cristo senza macchia né ruga, ma santa e immacolata (cfr. Ef 5,25-7)»17
, affinché
coloro che in essa vengono immersi, siano liberati dal peccato (sia originale che
personale) e vedano restaurata la propria immagine. Il battesimo, pertanto,
«recuperando la pienezza dell’immagine e aprendo l’uomo ad accogliere la “divina
somiglianza”, imprime un carattere speciale che nulla potrà annullare, per cui non potrà
più essere ripetuto»18
. Infine, nella Confermazione, perfezione del battesimo, lo Spirito
Santo ristabilirà anche la divina somiglianza. L’immersione è presentata da San Paolo
come partecipazione alla Morte e alla Resurrezione di Cristo (cfr. Rm 6,3-5), il quale,
attraverso la sua passione, ha definitivamente ricomposto le lacerazioni che il peccato di
Adamo aveva originato. Nella tradizione antica questo significato era maggiormente
evidente, rispetto ad oggi, grazie al fatto che il battesimo avveniva per immersione. Ivi, i
catecumeni, adulti o bambini, venivano spogliati delle vesti; questo è il gesto di chi si
toglie di dosso l’uomo vecchio con il suo peccato (cfr. Col 3,9) per affermare, attraverso
la nudità, il ritorno all’innocenza primitiva di Adamo, a cui seguirà la vestizione della
tunica bianca – la veste di gloria - dopo il bagno. «Il Figlio di Dio “indossa un corpo”,
allo scopo di rivestire l’umanità della veste di gloria»19
, che Egli stesso depone nel
Giordano, affinché «quando ogni cristiano discende nell’acqua al suo battesimo […] la
possa prendere e indossare»20
. Poi entravano nella vasca battesimale, dove il ministro
poneva loro tre interrogazioni sulla Trinità. Questo gesto è ben attestato nel rituale del
16
K. RAHNER, Il libro dei sacramenti, Queriniana, Brescia 1977, 17. 17
B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, cit., 148. 18
L. CROCIANI, Il Battesimo. Porta della salvezza, editrice, Todi (PG) 2007, 22-23. 19
M. CAMPATELLI, Il battesimo, cit., 73-74. 20
Ibidem, 75.
8
battesimo descritto nella Traditio Apostolica di Ippolito di Roma (III secolo): «Quando
colui che è battezzato sarà sceso nell’acqua, quello che battezzerà gli dirà, imponendogli
sul capo la mano: Credi tu in Dio Padre Onnipotente? E quello che è battezzato dirà a
sua volta: Credo. E subito (colui che battezza), tenendo la mano sulla sua testa, lo
battezzerà …»21
, esprimendo, in modo chiaro, la fede ecclesiale22
. Il gesto
dell’imposizione della mano destra da parte del Vescovo sulla testa del catecumeno al
momento dell’immersione era un segno noto ai primi cristiani, poiché lo vedevano
raffigurato in molte pitture e sculture23
. Questa semplice azione del battezzatore sembra
indicare un simbolismo legato al suo intrinseco significato, ovvero che non ci si
battezza da soli, ma si è battezzati da un altro nel nome della Trinità, attraverso il dono
dello Spirito (cfr. Gv 3,5). G. Crisostomo spiega, infatti, «proprio allora attraverso le
parole del sacerdote e mediante la sua mano discende a volo la presenza dello Spirito
Santo e risale uno al posto di un altro»24
, a significare la profonda trasformazione
ontologica operata da parte di Dio. Questa formula liturgica, più ampia, rispetto a quella
odierna, ci aiuta a comprendere i motivi per cui il battesimo fin dall’inizio è stato
chiamato «il sacramento della fede»25
, ad indicare sia l’atto di fede che la Chiesa intera -
soggetto celebrante - compie, sia l’aggregazione alla comunità dei credenti. Tale uso
oggi è rimasto presente solo nella Chiesa Ambrosiana e nell’Oriente cristiano, mentre la
Chiesa Romana da secoli amministra il battesimo per infusione, preceduto dalla formula
in prima persona pronunciata dal celebrante: «Io ti battezzo nel nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo».
I.1.2. Il segno dell’acqua
La liturgia battesimale si compone di diversi segni che aiutano a comprendere e a
rendere manifesto il significato profondo del sacramento celebrato, essendo il rito
l’epifania di ciò che si compie tramite esso. Prendiamo in considerazione, in particolare,
21
Tradizione apostolica, citata secondo A. BENOÎT – C. MUNIER (edité par), Le Baptême dans l’Eglise
ancienne (ier
– IIIe siècles), Peter Lang, Bern 1994, 165.
22 Cfr. M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I. Battesimo, confermazione,
eucarestia, EDB, Bologna 20082, 37-38; M. CAMPATELLI, Il battesimo, cit., 114.
23 Cfr. G-H. BAUDRY, I simboli del battesimo. Alle fonti della salvezza, Editoriale Jaca Book S.p.A.,
Milano 2007, 25. 24
G. CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali. Traduzione, introduzione e note (a cura di) A. CERESA-
GASTALDO, Città Nuova Editrice, Roma 1982, VI Catechesi, 122. 25
«[…]. La fede però ha bisogno della comunità dei credenti. È soltanto nella fede della Chiesa che ogni
fedele può credere. La fede richiesta per il Battesimo non è una fede perfetta e matura, ma un inizio, che
deve svilupparsi» (CCC 1253).
9
l’elemento naturale acqua, che nel rito è riferito, fondamentalmente, a tre simbologie26
;
nella cosmologia biblica le acque rivelano un duplice volto, distruttore (il mare) e
fecondatore (la sorgente) e una terza che, a partire dalla sua intrinseca proprietà di
lavare, è utilizzata come simbolo di purificazione nelle abluzioni e nei bagni. Questi,
frequenti in Israele (cfr. Lv 11-15; Nm 19), erano compiuti per risanare l’uomo che, a
causa dei rapporti sessuali, del parto, della lebbra, del contatto con i morti, con persone,
oggetti o animali impuri, era posto al di fuori della comunità, escluso anche dal rapporto
con Dio27
. Al tema dell’acqua sono legati antichi racconti di caos primordiale e di
esperienze catastrofiche per il genere umano: pensiamo alle acque della creazione, sopra
le quali aleggia lo Spirito di Dio (cfr. Gen 1,2) o al diluvio, narrato nel capitolo 7 del
Libro della Genesi. C’è da una parte il mare, che appare come il potere antagonista della
vita sulla terra, continua minaccia per i naviganti (cfr. Sal 107,23-30), preludio di
morte; «e così diventa la rappresentazione simbolica della morte in croce di Gesù:
Cristo è disceso nel mare, nelle acque della morte come Israele nel Mar Rosso»28
. A
questo potere Dio, però, ha posto un limite («Le grandi acque non possono spegnere
l’amore / né i fiumi travolgerlo» Ct 8,7). Per questo l’Apocalisse dice del mondo nuovo
che lì il mare non ci sarà più (cfr. Ap 21,1). L’altro modo in cui incontriamo l’acqua è
come sorgente29
(cfr. Dt 8,7), come rugiada (cfr. Gen 27,39; Es 16,13) che dona la vita;
è pioggia che feconda la terra (cfr. Sal 72,6); fiume che irriga i monti (cfr. Sal 104,6-
13); habitat di molti esseri viventi (cfr. Ez 47,9-10). Nell’ambito sapienziale, assume la
figura della sete spirituale che viene placata solo dall’incontro con Dio. Con la sua
morte Gesù è divenuto “la sorgente”; «da Lui sgorga il grande fiume che nel Battesimo
fruttifica e rinnova il mondo; il grande fiume di acqua viva, il suo Vangelo che rende
feconda la terra»30
.
Nella Bibbia non troviamo presente solo la dimensione naturale dell’acqua, ma anche
26
Cfr. G-H. BAUDRY, I simboli del battesimo, cit., 13. 27
Cfr. P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito. Battesimo e cresima sacramenti dell’iniziazione
cristiana, EDB, Bologna 2009, 29; G. PERINI, I Sacramenti e la grazia di Cristo Redentore, cit., 39. 28
BENEDETTO XVI, Omelia del Sabato Santo, 11 aprile 2009, in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2009/documents/hf_ben-
xvi_hom_20090411_veglia-pasquale_it.html [ultima visita del 4.09.2014]. 29
«Il simbolismo della vita rappresentato dalla sorgente è stato assunto esplicitamente dalla Chiesa molto
presto quando essa ha deciso che si doveva utilizzare per il battesimo dell’acqua viva, vale a dire acqua
corrente», in: J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. L’unità di struttura e
contenuto”, in Elementi di teologia fondamentale. Saggi sulla fede e sul ministero, (a cura di) G.
CANOBBIO, Morcelliana, Brescia 1986, 25-43, 38. 30
BENEDETTO XVI, Omelia del Sabato Santo, 11 aprile 2009, cit.
10
la narrazione di molteplici eventi della storia del popolo di Israele legati ad essa, ragion
«per cui l’acqua acquisisce anche una particolare connotazione storica»31
. Questo ha
fatto sì che i Padri della Chiesa32
utilizzassero questa sua valenza simbolica per spiegare
ed illuminare l’evento sacramentale del battesimo, il quale fonda una interazione reale
tra due storie, la storia della salvezza e la storia personale del battezzato, passando per
l’incorporazione alla Chiesa. Il bagno battesimale rende colui che lo riceve partecipe di
questa novità grazie all’immersione all’interno delle acque esorcizzate e santificate dalla
potenza dello Spirito Santo. È necessario, perciò, un intervento divino affinché una
realtà materiale come l’acqua possa diventare uno strumento che ha in sé la forza di
operare la redenzione dell’uomo. Il fonte battesimale rappresenta per Zenone e
Agostino, l’uterus della madre Chiesa33
; «nella preghiera di benedizione dell’acqua
battesimale è proprio questa fecondità che viene a essere evocata richiamando i passaggi
nodali della storia della salvezza»34
. In questo testo l’acqua e lo Spirito appaiono
mutuamente intrecciati nell’evocare gli interventi divini fin da quando, al momento
della creazione, lo Spirito di Dio si librava sulle acque (cfr. Gen 1,2); segue la figura
dell’arca, con la quale fu salvato Noè assieme ai suoi figli dal diluvio (cfr. Gen 7,1-4; 1
Pt 3,20-21); poi il passaggio del mare nella liberazione di Israele dalla schiavitù
dell’Egitto (cfr. Es 14), fino al Giordano, dove lo Spirito Santo è donato a Gesù per
consacrarlo nella sua missione profetica (cfr. Is 42,1-7), regale (cfr. 1 Gv 5,19) e
sacerdotale (cfr. Gv 4,23-24). A queste si deve aggiungere l’aspetto nuziale: il Padre
prepara per il Figlio le Nozze e il Figlio si deve acquistare una sposa; questo avverrà
sulla croce, quando, dopo aver restituito lo spirito al Padre, il soldato gli aprirà il costato
e da qui scaturiranno sangue ed acqua (cfr. Gv 19,33-34), che la tradizione della Chiesa
ha letto come simboli dei sacramenti dell’IC. La morte in croce e poi la resurrezione
segneranno l’inizio di questa nuova economia di natura tutta sponsale35
. Il Battesimo,
pertanto, a partire dalla resurrezione, è la realtà che, grazie alla fede, del catecumeno e
dell’intera comunità, purifica, santifica e giustifica mediante l’acqua e la Parola.
31
G. MAZZANTI, I Sacramenti, simbolo e teologia. 2. Eucaristia, Battesimo e Confermazione, EDB,
Bologna 1998, 205. 32
Per una attenzione ai temi della catechesi battesimale patristica: J. DANIÉLOU, Bibbia e Liturgia. La
teologia biblica dei sacramenti e delle feste secondo i Padri della Chiesa, Vita e Pensiero, Milano 1966. 33
Cfr. H. DE LUBAC, Pluralismo di Chiese o unità della Chiesa?, Morcelliana, Brescia 1973, 137. 34
M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 108. 35
Cfr. L. CROCIANI, Il Battesimo, cit., 10.
11
I.1.3. Immersi nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo
La triplice immersione o infusione dell’acqua è accompagnata dalla formula
battesimale «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). Queste
parole stanno a significare che il neofita è reso partecipe per grazia della comunione
interpersonale della vita trinitaria, reciprocità di amore; tra lui e ciascuna delle persone
della Trinità si viene a stabilire una relazione che tocca in profondità il cuore. Poiché il
Padre è “il Dio che è amore” (cfr. 1 Gv 4,8.16), l’impronta della Sua azione sul
battezzato è la carità (cfr. Rm 5,5). Il battesimo, poi, unisce al Figlio Gesù - Nome di
Dio36
- «perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre,
così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). La vita di Gesù è una
vita vissuta nel segno dell’obbedienza a Colui che lo ha mandato (cfr. Gv 8,38);
analogamente, la vita nuova del battezzato è un cammino di fede; egli diviene capace di
offrire se stesso «come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (Rm 12,1), pronto
sempre a rispondere della speranza che è in lui (cfr. 1 Pt 3,15). Infine, grazie all’azione
dello Spirito Santo, viene donata l’adozione a figli, poiché «Dio mandò nei nostri cuori
lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,6). Questa vita ci è
partecipata nella speranza, il domani di Dio iniziato nell’oggi del credente. Fede,
speranza e carità sono, allora, l’impronta della Trinità impressa in noi con il battesimo.
Il modo in cui il Padre si rivela è il Figlio: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho
posto il mio compiacimento» (Lc 3,22). Al nostro Battesimo, esattamente come al
Giordano, una voce ha ripetuto: Figlio, tu mi assomigli, tu mi dai gioia; hai dentro il
respiro del cielo, il soffio di Dio ti avvolge, ti modella, trasforma i tuoi pensieri, i tuoi
affetti, le tue speranze; ti fa simile a me. Questo fatto straordinario è avvenuto anche per
noi; ciò che il Padre dà a Gesù è dato a ciascuno. Per il Padre io sono come Gesù; per
me la stessa dichiarazione d’amore, le stesse tre parole: figlio, amato, mio
compiacimento. Figlio è colui che compie le stesse opere del Padre, che gli assomiglia
in tutto. Che cosa significa per Gesù “essere figlio”? Innanzitutto pregare. Egli è sempre
in ascolto del Dio vivente37
, perché chi sta nel nome di Dio è vivo, perché «Dio non è
dei morti, ma dei viventi» (Lc 20,38). Essere battezzato nel nome di Dio significa per
l’uomo entrare a fare parte della vita del Figlio che è comunione di preghiera con il
36
«Il nome di Gesù significa che il Nome stesso di Dio è presente nella persona del Figlio suo» (CCC
432). 37
Cfr. J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. …”, cit., 30.
12
Padre. E poiché il Padre si rivela attraverso il Figlio, essere battezzato significa entrare
in comunione con Gesù, che è il Nome; è vocazione a partecipare al rapporto di Gesù
con Dio. L’amato: prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad
ogni risveglio il tuo nome per Dio è l’amato; «essere figlio, infatti, equivale a essere
amato»38
. E sei amato di un amore che non ti sei dovuto meritare. Mio compiacimento,
termine inusuale che deriva dal verbo “piacere”: tu mi piaci, mi fai felice, è bello stare
con te, poiché sua delizia è stare con i figli dell’uomo (cfr. Prov 8,31).
I.1.4. Il dono dello Spirito
Il gesto battesimale cristiano emerge dallo sfondo delle pratiche rituali proprie
dell’ambiente giudaico del tempo di Gesù e delle primitive comunità cristiane39
; anche
il battesimo praticato da Giovanni e dai suoi discepoli appartiene a questa categoria. Il
suo è essenzialmente un gesto umano, un protendersi dell’uomo verso Dio per chiedere
il perdono dei peccati e la possibilità di iniziare una nuova esistenza (cfr. Mc 1,4; Lc
3,3). Esso è, tuttavia, un battesimo che ne prefigura un altro - «Io vi ho battezzato con
acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo» (Mc 1,8) - e da cui si distingue
nettamente. Nel Battesimo, istituito da Cristo, non agiamo solo noi con il desiderio di
essere lavati, con la preghiera di ottenere il perdono, ma è Dio che ci viene incontro; Lui
stesso è sceso fino in fondo all’abisso della morte, affinché ogni uomo «possa trovare la
mano di Dio a cui aggrapparsi e risalire dalle tenebre a rivedere la luce per la quale egli
è fatto»40
. Il Figlio di Dio al Giordano è stato “immerso” nella nostra realtà di peccatori,
per renderci partecipi della sua stessa vita divina. Il suo battesimo non si può separare
da quello che Egli afferma di dover ricevere (cfr. Mc 10,38-40; Lc 12,50) e, al
contempo, è la piena manifestazione e l’inizio della sua missione; mettendosi in fila con
i peccatori inaugura un tempo nuovo dell’economia salvifica, quello escatologico41
e
rivela la sua identità filiale42
. Lo Spirito che scende su di Lui dopo il bagno, dice che
questo finalmente torna a librarsi sulle acque, come al tempo della creazione, prima
38
A. BISSI, Essere e diventare figli. La vocazione dell’uomo, Edizioni Paoline, Milano 2012, 39. 39
Cfr. M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 21. 40
BENEDETTO XVI, Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù, 13 gennaio 2008, in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2008/documents/hf_ben-
xvi_hom_20080113_battesimo_it.html [ultima visita del 5.09.2014]. 41
«In esso Dio porta a compimento la sua promessa di salvezza e tutto ciò in, e a partire da, Gesù di
Nazareth», in: M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 23. 42
«Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22).
13
dell’esperienza del peccato che chiuse i cieli (cfr. Mt 3,16; Mc 1,10; Lc 3,21-22). «Da
quando il Figlio unigenito del Padre si è fatto battezzare, il cielo è realmente aperto e
continua ad aprirsi»43
, affinché i genitori, con il battesimo, possano affidare ogni nuova
vita alle mani di Dio, restituendo a Lui quello che da Lui è venuto. Questo è un
battesimo “nel nome di Gesù” (cfr. At 2,38.10,48), nome «che evoca in sintesi l’intero
evento della salvezza, che Dio ha realizzato in lui»44
. Gesù è venuto a battezzare
l’umanità nello Spirito Santo, «è venuto a portare agli uomini la vita in abbondanza (cfr.
Gv 10,10), la vita eterna, che risuscita l’essere umano e lo guarisce interamente, corpo e
spirito, restituendolo al progetto originario per il quale è stato creato»45
, non in modo
magico, ma interpellando la sua libertà, a dire quel “si” che rende efficace l’azione
divina. Questo stesso Spirito dona, inoltre, all’acqua la capacità di rigenerare l’uomo per
farne «una nuova creatura» (2 Cor 5,17). Per entrare nel regno occorre “rinascere
dall’alto” (cfr. Gv 3,3); l’uomo, infatti, ha bisogno di un nuovo inizio, che non è in
grado di procurarsi, ma che dipende da un nuovo intervento creatore di Dio. La veste,
infatti, «rimanda al ritorno al paradiso come capovolgimento di Gen 3,21 […]; è la
veste dei giusti alla risurrezione di Ap 3,5; è l’abito nuziale di Mt 22,12 che deve essere
conservato senza macchia per la fine dei tempi […]; il segno dell’ingresso nel
sacerdozio regale di Cristo»46
. Attraverso le acque battesimali si viene nuovamente alla
luce, come accade per il bambino che nasce alla vita attraverso la rottura delle acque
materne47
. È lo Spirito a realizzare questa rinascita, facendo passare l’uomo dalla
condizione “carnale” - rappresentata dai vecchi abiti di peccato/morte - alla condizione
di splendore e di luce, raffigurata dalla veste bianca, consegnata in vista delle nozze con
il Signore, perché il battesimo non è solo «lavacro di rigenerazione ma anche bagno
nuziale»48
. Il battesimo è, pertanto, un evento pneumatico: la discesa dello Spirito
inserisce il neofita in un nuovo ordine di esistenza: quello della partecipazione alla vita
divina; entrando in comunione con il corpo del Risorto, egli è reso «tempio della sua
gloria, dimora dello Spirito Santo» (RBB 56).
43
BENEDETTO XVI, Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù, 11 gennaio 2009, cit. 44
P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito, cit., 36. 45
BENEDETTO XVI, Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù, 13 gennaio 2008, cit. 46
M. CAMPATELLI, Il battesimo, cit., 146-147. 47
Cfr. G. MAZZANTI, I Sacramenti, simbolo e teologia, cit., 219. 48
Ibidem, 220.
14
I.2. Battesimo e corporalità
La dimensione corporea è realtà imprescindibile dell’essere umano: è l’ambito con
cui egli sperimenta e compie la sua esistenza; è presenza che chiede il riconoscimento di
sé come Io personale; è il linguaggio proprio dell’incontro e della relazione che il
soggetto intrattiene con gli altri, con il mondo e con Dio. Già il pensiero biblico
intendeva il corpo dell’uomo «non tanto come un complesso di funzioni biologiche,
quanto come un insieme e una storia di relazioni, […] che nel NT viene espresso come
un essere membra gli uni degli altri e un divenire Tempio dello Spirito Santo»49
.
L’Apostolo Paolo, nel capitolo 6 della Lettera ai Romani, ci offre una riflessione sul
legame che intercorre tra il sacramento del battesimo e il corpo di colui che lo riceve.
Battezzare significa immergere (βαπτίζειν), cioè inserire il catecumeno nella vita intima
di Dio, metterlo in stretta relazione con il mistero di Cristo, fino al punto di affermare:
«Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra» (1 Cor
12,27), passando, così, dalla condizione creaturale a quella escatologica, partecipe
dell’esistenza del Signore Risorto, «il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per
conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le
cose» (Fil 3,21). Il Battesimo fa recuperare e vivere ad un livello più elevato il senso
della nascita, collocando l’esistenza nel corpo dal punto di vista della filiazione di Gesù,
ossia, del suo nascere eterno dal Padre. «Il generare è qualcosa di più di un’azione
meramente biologica, quasi animale; esso si carica di senso teologico, perché
rappresenta il segno/strumento visibile ed incontestabile, attraverso cui si trasmette la
benedizione di Dio»50
. Il Battesimo, pertanto, cambia la corporalità del cristiano, poiché
la sua carne diventa capace di rivelare il Padre in modo singolare e definitivo, come
“memoria originaria” che l’uomo viene da un Altro.
I.2.1. Nascita, rinascita, vita nuova
L’immersione nel fonte battesimale significa essere consepolti con Cristo, per essere
con lui risuscitati (cfr. Rm 6,3-5). Se nel presente il rapporto del battezzato con la morte
di Cristo arriva fino alla condivisione della sua sepoltura (v. 4a), manifestata dalla forza
di liberazione dal dominio del peccato, la sua partecipazione alla resurrezione riguarda
49
P. ROTA SCALABRINI, “Il corpo: passione di Dio e dell’uomo. Elementi di una teologia biblica del corpo
nell’Antico Testamento”, in Collana Quaderni di Studi e Memorie 12 (1997) 83-137, 84. 50
Ibidem, 95-96.
15
il futuro (v. 5); nell’oggi può solo essere anticipata camminando in una vita segnata
dalla novità dello Spirito51
. È il corpo di Cristo che ci dà la chiave di lettura per
comprendere la nuova corporeità del battezzato. Il corpo di Gesù appare come corpo
filiale, cioè corpo totalmente riferito al Padre. Massimo il Confessore afferma che sono
tre le nascite che devono accadere per ogni uomo: la nascita al mondo come “essere”, la
rinascita nel Battesimo come “essere buono”, e infine la resurrezione come “essere per
sempre”; nascite che sono state assunte anche da Cristo52
.
La nascita di Gesù dalla Vergine rivela in modo del tutto singolare l’azione divina,
poiché la sua esistenza non si è concretizzata attraverso l’unione coniugale, ma è opera
dello Spirito Santo (cfr. Lc 1,35). In questo modo la paternità di Dio si mette in gioco in
maniera insuperabile, conferendo alla carne di Gesù una singolare capacità di rivelare
l’Origine. L’evento dell’Incarnazione del Figlio di Dio riporta all’umanità la vera
immagine dell’uomo: «l’atto mediante il quale il Figlio di Dio diventa carne, non
distrugge la corporeità umana. Al contrario, perfeziona il linguaggio del corpo e ne
mostra la pienezza»53
, perché in Cristo Dio stesso si è mostrato nella corporeità. Gesù
assume un corpo e vive la sua vita nel corpo, che ha il culmine sulla croce, dove il corpo
è dato come dono sponsale all’umanità, perché il Signore morto e risorto fa della
corporeità il luogo in cui l’uomo rivela e realizza in pienezza tutto se stesso.
“Divinizzando” il corpo umano mediante l’incarnazione del suo Figlio, attraverso la
redenzione Dio riconcilia definitivamente l’uomo con se stesso, con i fratelli, con il
creato e soprattutto con Lui, ricomponendo quelle lacerazioni che il peccato aveva
provocato. Non sarà, tuttavia, un semplice ritorno allo stato originario, ma una via
nuova che passa attraverso la purificazione del cuore e che permette alla natura umana
di riappropriarsi del significato originale del corpo nella sua vocazione sponsale
integrale. Quello che era per grazia originaria, ora è dato come dono della redenzione, la
quale però passa attraverso la rinuncia e il sacrificio iscritto nel mistero pasquale.
La seconda nascita di Gesù avviene nel fiume Giordano. Egli entra ed esce
dall’acqua, anticipando la morte e la resurrezione, grazie al duplice simbolismo
dell’acqua, rappresentato nell’AT dagli episodi del diluvio e della traversata del Mar
Rosso. Qui il Padre rivela al mondo che Egli è il Figlio suo, l’amato (cfr. Mt 3,17).
51
Cfr. G. BARTH, Il battesimo in epoca protocristiana, Paideia Editrice, Brescia 1987, 122. 52
Cfr. MAXIMUS CONFESSOR, Ambigua 42 (PG 91, 1325B). 53
C. ANDERSON – J. GRANADOS (a cura di), Chiamati all’amore, cit., 159.
16
Esiste, poi, per Gesù una nascita definitiva nel giorno di Pasqua, quando ricevendo la
pienezza del corpo filiale, si compiono per Lui le parole del Salmo: «Tu sei mio figlio,
io oggi ti ho generato» (Sal 2,7). La parabola vissuta da Gesù è la stessa che percorre
ciascun uomo che, tramite il battesimo, vive ad un livello più elevato il senso della sua
nascita, collocando la sua esistenza corporale «dal punto di vista della filiazione di
Gesù, ossia, del suo nascere eterno dal Padre»54
. L’essere iniziati ad una nuova vita
dipende, prima di tutto, dall’iniziativa divina - «Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi» (Gv 15,16) - che introduce il catecumeno, adulto o neonato, in una realtà
ontologica nuova, unica ed irripetibile: l’identità di figlio di Dio; «il lavacro battesimale
non è dunque un’opera umana ma un’opera divina»55
. Da questo momento il battezzato
non si appartiene più, il suo corpo è chiamato a diventare segno della redenzione di
Cristo; è un passaggio pasquale-battesimale che tocca la concretezza della vita nelle
membra. Comporta il deporre l’uomo vecchio, «il tessuto relazionale proprio del primo
genitore Adamo, che costituisce un corpo di morte»56
e «rivestire l’uomo nuovo, creato
secondo Dio, nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,24).
La corporeità del battezzato viene trasfigurata dallo Spirito (cfr. Rm 8,15-16; Gal
4,4-7) e riceve il sigillo dell’adozione filiale, il carattere57
, «segno distintivo spirituale
che non si cancella mai»58
. Costituisce – riprendendo la terminologia scolastica – la res
et sacramentum dell’evento battesimale; realtà intermedia tra l’effetto ultimo e
invisibile del sacramento (res), la grazia della giustificazione, che è al contempo filiale
(l’adozione) ed ecclesiale (la comunione fraterna) e il segno sacramentale (sacramentum
tantum), rappresentato dall’aspersione con l’acqua accompagnata dalla formula
battesimale59
. Questa nuova corporeità è destinata a diventare epifania di comunione:
non c’è più spazio per un ripiegamento su di sé, poiché la grazia donata «non
rappresenta solo un rivestimento esterno, ma un cambiamento profondo, una
dimensione ontologica che rende partecipi della comunione trinitaria, dono e al tempo
54
J. GRANADOS, I segni nella carne, Il matrimonio nell’economia sacramentaria, Edizioni Cantagalli
S.r.l., Siena 2011, 38. 55
M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 31. 56
J. GRANADOS, I segni nella carne, cit., 35. 57
Il carattere battesimale è «significato dall’unzione postbattesimale nel caso della celebrazione separata
della confermazione (come nel caso del battesimo dei neonati) e dallo stesso lavacro nel caso della
celebrazione unitaria di battesimo e confermazione (come previsto dal RICA 208-234)», in: M. FLORIO –
C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 96-97. 58
E. RUFFINI, Il battesimo nello Spirito. Battesimo e confermazione nell’iniziazione cristiana, Edizioni
Marietti, Torino 1975, 336. 59
Cfr. Ibidem, 335-338.
17
stesso compito all’interno della comunione ecclesiale, come una profezia in atto»60
.
I.2.2. In-corporazione alla Chiesa
L’essere inseriti nella comunione ecclesiale, popolo di Dio, è presentata da Paolo con
l’idea di corpo di Cristo (cfr. 1 Cor 6,12-20.10,14-24.12,1-31; Rm 12,1-8; Ef 1,18-23.
2,11-22.4,1-16.5,22-23; Col 1,13-29.2,15-19). Egli, provenendo sia dall’ambiente
ebraico che da quello greco e, al contempo, stimolato dalle esigenze del suo apostolato,
elabora una propria concezione della corporeità (σῶμα) quale entità corporea (uomo-
donna) caratterizzata da un’esistenza relazionale inserita nel tempo e nello spazio61
,
concezione che va al di là sia del dualismo greco che del monismo giudaico. Egli
rilegge l’unione di tutti gli uomini in Adamo alla luce della loro unione in Cristo (cfr.
Rm 5,14). Sullo sfondo riconosciamo la visione di “personalità corporativa”,
caratteristica dell’AT62
: «la Bibbia ebraica […] non considera mai l’uomo come un
essere isolato […]. Egli non è mai individuum, bensì […] una proiezione del mondo che
lo determina. Così egli manifesta come carattere fondamentale del suo essere il fatto di
appartenere a un’ampia comunità di cui è membro»63
. Analogamente, Paolo non intende
la Chiesa come un’istituzione, ma come un organismo vivente, al cui interno ciascuno
vive come “nuova creatura” rigenerata dall’acqua e dallo Spirito che la innesta nelle
relazioni interpersonali che intercorrono tra le persone della SS. Trinità. Non si tratta di
un’appartenenza metaforica, ma reale, che comporta il passaggio dalla condizione
creaturale, propria di ciascun essere umano che viene alla luce, alla condizione di
grazia, «auto-comunicazione di Dio nella storia, che assume la condizione creaturale del
battezzato e la trasfigura»64
. Una simile novità non è percepibile che nella fede. È in
base a tale consapevolezza che Paolo contrapporrà la “grazia” in antitesi alla “legge”,
condannando la pretesa dell’uomo di poter realizzare da solo, o con le sole sue opere, il
proprio futuro di salvezza.
60
C. ROCCHETTA, Per una teologia della corporeità, Edizioni Camilliane, Torino 19932, 188.
61 Cfr. I. SICHKARYK, Corpo (soma) come punto focale nell’insegnamento paolino. Ricerca esegetica e
teologico-biblica, Gregorian & Biblical Press, Roma 2011, 11. 62
Cfr. J. GRANADOS, I segni nella carne, cit., 34. 63
E. KÄSEMANN, «La nozione di “corpo” nella teologia di Paolo», in Protestantesimo 42 (1987-88) 1-17,
6. 64
C. ROCCHETTA, Per una teologia della corporeità, cit., 190.
18
I.3. Essere e diventare figli
All’inizio dell’esistenza di ogni essere umano si colloca una passività: attraverso
l’esperienza della nascita - inizio della condizione filiale - il figlio ci appare come colui
che si riceve, che si lascia amare, perché di tale amore ha bisogno per vivere. L’unica
sua possibilità di esistenza, infatti, è quella di essere totalmente “a disposizione” di un
altro, completamente vincolato a lui sia per la sopravvivenza fisica che per lo sviluppo
psicologico; è insieme fragilità e dipendenza. Ma, al tempo stesso, è anche “vita che si
apre”, attraverso la ricerca di un volto, a un graduale introdursi nella relazione. Sta qui
«l’essenza dell’essere figlio. Vero anche nell’eterna generazione del Figlio dal Padre: il
Figlio tutto riceve dal Padre e tutto restituisce al Padre»65
.
La prima cosa che impariamo è che siamo figli; questa circostanza «non appartiene
ad un momento della vita, ma a tutta la vita»66
poiché è una condizione costitutiva
dell’essere umano. Possiamo riceverci perché siamo stati preceduti da un dono: «quello
del Padre che, contemplando il volto del Figlio, ha rintracciato in esso i tratti del nostro
volto e quello dell’amore reciproco dei nostri genitori»67
. Essere figli è perciò vivere
all’interno di un legame, è riceversi da un altro, fare esperienza di che cosa significa
avere un’origine, essere desiderati e il compimento di un’attesa. È una condizione che
non appartiene solo al passato, ma prospetta un orizzonte di futuro, che non si esaurisce
nella realizzazione personale ma che ha il suo compimento nella relazione (cfr. Gen
2,18); relazione che non ha fine con la vita terrena, perché siamo abitati da un desiderio
di eternità che avrà il suo coronamento in cielo, nella partecipazione alle nozze
escatologiche.
I.3.1. Resi figli nel Figlio
L’essere figli rinvia ad un disegno d’amore che ci precede. Le nostre radici sono sì
nell’incontro d’amore tra nostro padre e nostra madre, ma, «il tempo del grembo non è
quello originario; esiste un prima, nel quale Dio interviene con un’azione: “ti ho
conosciuto”»68
. Per l’uomo questo significa divenire consapevole che la sua esistenza
65
M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, in Il Regno 13 (2013) 419-424, 424. 66
B. MAGGIONI, Padre nostro, Vita e Pensiero, Milano 1995, 32. 67
A. BISSI, Essere e diventare figli, cit., 41. 68
B. ROSSI, “Generazione umana e irruzione del divino. Elementi biblici per un’antropologia della
generatività”, in Antropotes XXIX/1 (2013) 123-141, 127.
19
proviene da un’origine primigenia che, proprio perché figlio, gli consente di vivere il
presente alla luce della promessa ed il futuro all’insegna della fecondità, «segno e
realizzazione della benedizione originaria di Dio che entra, in tal modo, nella storia
dell’uomo e passa di generazione in generazione»69
. L’avere un’origine infonde
sicurezza, salva dall’isolamento, assicura protezione all’umana fragilità; è fonte
d’identità che si concretizza sia nel dono di un corpo - continuità tra la creazione nelle
origini e la generazione nella storia (cfr. Gen 5,1-3) - che del nome. Quest’ultimo
inserisce il neonato non solo nella propria storia familiare, ma lo vincola anche ad una
comunità, rete di relazioni che si arricchisce nel tempo (famiglia, città, nazione). Il
nome è anche conferito al momento del battesimo; segno di una chiamata ad
un’appartenenza più importante e significativa rispetto a quella familiare e sociale,
l’appartenenza a Dio. In questo modo la storia di ciascuno non si esaurisce in un tempo
definito, ma è rivolta verso un orizzonte più ampio, quello del disegno di Dio
sull’uomo, che è al contempo storia di salvezza personale e dell’intero suo popolo. La
consapevolezza di avere un’origine ci conduce alla scoperta di Dio come Padre,
chiamato per la prima volta, con questo nome, nel giorno del battesimo per bocca dei
genitori. «Riconoscere Dio come Padre è la modalità con cui nella storia si indica
l’accoglienza dell’identità filiale ricevuta»70
; allora, solo nel momento in cui
percepiamo che è Lui a darci la vita e, con essa, ogni possibilità di bene, gli
permettiamo di generarci come suoi figli (cfr. Ef 1.4-5)71
. Trova così compimento il
desiderio di pienezza di cui sempre l’uomo è alla ricerca. «Da una parte infatti, come
creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte sente di essere senza
confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore» (GS 10), desiderio che il
tentatore, fin dall’inizio della storia aveva strumentalizzato portando a sospettare
dell’amore di Dio (cfr. Gen 3,4-5). Il Padre, sull’alto monte della trasfigurazione (cfr.
Mt 17) indica Gesù agli apostoli come l’amato, rivelando loro, in questo modo, qualche
cosa non solo del mistero del Figlio, ma anche chi è Lui - la fonte dell’amore – e chi
siamo noi («tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo» Is 43,4).
69
P. ROTA SCALABRINI, “Il corpo: passione di Dio e dell’uomo. …”, cit., 95. 70
B. ROSSI, “Generazione umana e irruzione del divino. …”, cit., 131. 71
Cfr. A. BISSI, Essere e diventare figli., cit., 64.
20
I.3.2. Una nuova identità e missione
Nel giorno del battesimo la vita del cristiano riceve un marchio indelebile, perché ciò
che accade è l’azione più piena di Dio per l’uomo, che gli consegna il dono della sua
eternità, chiamandolo a vivere come «figlio con Lui e in Lui»72
. In paradiso, infatti, il
Battesimo «è il solo sacramento che, con la Confermazione, ci rimane! Ci “rimane”
nella condizione di “figli”»73
. Questo comporta una profonda trasformazione
ontologica: l’evento della morte e resurrezione di Cristo, rivissuto simbolicamente nel
giorno del battesimo, deve diventare il criterio dell’esistenza, che allontana la pretesa di
autosufficienza in vista dell’assunzione di un nuovo io, per vivere unito a Cristo come la
sposa con lo sposo. Tale innesto attua, per grazia, nella condizione di figli adottivi, una
partecipazione (cfr. Col 1,13) del credente a ciò che è solo di Gesù, Figlio eterno del
Padre. Allora, la sua vita sarà, analogamente a quella di Cristo, generativa, perché
attesterà, con l’esistenza e le scelte che questa comporta, l’irruzione del divino nella sua
storia. Attraverso la rinascita nel fonte battesimale entriamo in relazione con l’Origine
primigenia nel modo in cui il Figlio vive il suo rapporto con il Padre. Significa, da una
parte, entrare a far parte della vita del Figlio che vive in comunione di preghiera con il
Padre, al punto che «egli decide ogni cosa ascoltando Lui»74
e dall’altra, appartenere
alla grande famiglia di tutti coloro che sono figli, riconoscendosi membra dell’unico
corpo che è Cristo. La celebrazione battesimale, allora, non è soltanto un evento che
accade nel tempo; questa inaugura un tempo nuovo: “il tempo” della resurrezione. Il
Signore, non solo dona al neofita l’accesso alla vita trinitaria, comunione d’amore, ma
lo inserisce in essa come membro del corpo ecclesiale, perché, «come Israele è
diventato popolo dopo la traversata del Mar Rosso e dopo il ricevimento della Legge
d’Alleanza di JHWH, così gli uomini divengono popolo-ecclesiale di Dio dopo aver
attraversato l’acqua battesimale e dopo aver accolto l’alleanza nuziale col Signore»75
.
La sua vita sarà d’ora in poi vita ecclesiale; la sua esistenza sarà sì personale, ma mai
privata, perché diverrà se stesso solo nella relazione, propria della comunione trinitaria.
Attraverso la rinascita il neofita torna ad essere partecipe della vita nuova, quella
primordiale, attraverso il dono della veste bianca, “l’abito di luce” perduto nel peccato,
72
J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. …”, cit., 31. 73
M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, cit., 423. 74
J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. …”, cit., 30. 75
G. MAZZANTI, I sacramenti, simbolo e teologia, cit., 238.
21
e della luce, simbolo del Risorto, espressione della verità che risplende nelle oscurità
della storia e ci indica chi siamo, da dove veniamo e dove dobbiamo andare.
I.4. La dimensione ecclesiale
L’iniziazione cristiana rappresenta il primo e fondamentale incontro del credente con
la Chiesa; egli più che “entrare” nella Chiesa, dalla Chiesa “viene accolto” («con grande
gioia la nostra comunità cristiana vi accoglie», RBB 40). L’uso della forma passiva
richiama l’originalità di questo evento, non assimilabile ad un fatto puramente
sociologico: la Chiesa «è la comunione dei credenti con Cristo»76
, che prende corpo in
una comunità storica, visibile, che assume il volto della parrocchia, il «luogo ordinario e
privilegiato di evangelizzazione della comunità cristiana»77
. Il Concilio Vaticano II ci
ricorda il legame essenziale tra il battesimo e l’incorporazione alla Chiesa (cfr. LG
11.14.31.32; UR 22), tanto che possiamo affermare che l’identità cristiana è identità
battesimale. Alla radice del nostro essere cristiani c’è questo dono ricevuto da Dio nella
Chiesa, così come viene prospettato nel RICA, «che sostanzialmente ripropone la figura
battesimale tipica dell’epoca patristica, rimasta immutata nell’oriente cristiano»78
. Si
tratta, allora, di imparare a comprendere il battesimo in un’ottica dinamica: non come
atto puntuale e concluso in se stesso, ma come sorgente della soggettualità del cristiano,
che è storica ed escatologica. La Chiesa, che accoglie i neobattezzati tra i suoi figli,
deve farsi carico, soprattutto nel caso dei bambini, assieme ai genitori e ai padrini, di
accompagnarli in un cammino di crescita umana e spirituale, perché colui che «è stato
generato da Dio» (1 Gv 5,1) nelle acque battesimali, vive del dono di grazia ricevuto ma
deve appropriarsene.
I.4.1. Le tre dimensioni ministeriali del battezzato
La nuova prospettiva ecclesiologica del Concilio Ecumenico Vaticano II è centrata
sulla nozione di popolo di Dio (cfr. LG c. II): per mezzo del battesimo e della fede il
neofita viene costituito, irrevocabilmente79
- carattere battesimale - nella dignità di figlio
76
P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito, cit., 190-191. 77
CEI, Nota Pastorale del Consiglio Episcopale Permanente, “L’iniziazione cristiana: 1. Orientamenti per
il catecumenato degli adulti”, in Notiziario della CEI 3 (1997) 45. 78
P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito, cit., 202. 79
Il rapporto tra il battezzato e la Chiesa è incancellabile perché nel battesimo, che lo fonda, è in gioco
non solo la decisione libera del soggetto, ma, prima ancora, l’agire di Cristo.
22
di Dio, introdotto nella comunità dei salvati (cfr. CCC 1213), radunata nel nome della
Trinità e abilitato a una nuova fraternità universale80
. Nella comunione della Chiesa,
infatti, il battezzato sarà aiutato a vivere la vocazione al servizio, poiché ad ognuno lo
Spirito distribuisce i suoi doni come vuole, sì che la comunità sia ricca di carismi
differenti, chiamati a convergere in vista dell’utilità comune (cfr. 1 Cor 12,4-7). La vita
cristiana è testimonianza di quanto la grazia del battesimo opera in coloro che la vivono.
Si tratta della missione-servizio che il Concilio ci ha insegnato a individuare nel triplice
munus di regalità, sacerdozio e profezia (cfr. LG 34-36). La partecipazione al triplice
ufficio di Cristo «trova la sua radice prima nell’unzione del Battesimo, il suo sviluppo
nella Confermazione e il suo compimento e sostegno dinamico nell’Eucaristia» (CL 14).
L’unzione con il sacro Crisma, amministrata fin dalle origini esclusivamente dai
presbiteri, anticipa quanto avverrà mediante l’unzione della gioia sul volto e
l’imposizione delle mani, che consacrerà sacerdotalmente il battezzato e lo abiliterà
all’esercizio delle funzioni messianiche: la regalità, il sacerdozio, la profezia e il
martirio, a ricordo che il bagno battesimale ha come meta la croce, offerta totale della
propria vita per la santificazione dei fratelli.
La regalità: in paradiso Adamo possiede una indipendenza regale di fronte agli altri
esseri e al cosmo, che perde, però, a causa del peccato, condannandosi alla morte. Nel
battesimo, la regalità originaria di Adamo è ristabilita da un Re crocefisso e coronato di
spine; liberato dal peccato e messo nuovamente in comunione con Dio, l’uomo può
essere re - “colui che regge” - riacquistando il potere di rendere il mondo nuovamente
divino81
. Il sacerdozio è in riferimento al culto: nel cristiano, rinato dall’acqua e unto
dallo Spirito, è ristabilita la capacità di fare della propria vita un sacrificio “spirituale”
gradito a Dio (cfr. 1 Pt 2,5). La profezia come capacità di portare alla luce i significati
profondi della vita e della storia nell’ascolto della Parola di Dio e nel suo annuncio.
All’inizio, per Adamo era naturale ascoltare la voce di Dio e rispondergli, leggere gli
eventi con i suoi occhi. Il dono della profezia che riceviamo nel battesimo «non è quello
di una conoscenza soprannaturale differente ed opposta a quella umana»82
, ma una
conoscenza che può essere solo “dall’alto”, che può comprendere la realtà nella sua
totalità e decifrarne il senso profondo e ultimo. In questa triplice modalità di diakonia
80
Cfr. M. FLORIO – C. ROCCHETTA (a cura di), Sacramentaria speciale I, cit., 85. 81
Cfr. M. CAMPATELLI, Il battesimo, cit., 154-156. 82
Ibidem, 160.
23
riconosciamo la valorizzazione della struttura autentica della persona umana, capace di
progettualità, oblazione e discernimento.
I.5. Conclusione
Dono di fede e impegno, il battesimo «ci rigenera alla vita dei figli di Dio, ci unisce a
Gesù Cristo, ci unge nello Spirito Santo […], è sacramento che significa e opera questa
nuova nascita dallo Spirito, instaura vincoli reali con la Trinità, rende membri del corpo
di Cristo, ch’è la Chiesa» (RMi 47). La sua dimensione pasquale appare, perciò,
inseparabile dalla dimensione ecclesiale.
Il rito, nello momento stesso in cui dice il progetto di vita del battezzato - pensato da
Dio come figlio nel Figlio Gesù - rivela il volto della comunità cristiana che inizia alla
fede e accompagna i credenti lungo tutto il cammino della loro vita, perché è sempre in
un’assemblea che il Risorto si rende presente, battezza e santifica.
È, altresì, momento originante della chiamata dal peccato alla pienezza della vita in
Dio; sana la nostra fragilità, irrobustisce la nostra intelligenza, porta a maturazione una
nuova mentalità (cfr. Ef 4,23), apre ad una nuova conoscenza (cfr. Col 3,10). Nello
stesso tempo rende coloro che si sono sottoposti al bagno «santi e immacolati» (Ef 1,4)
segni luminosi dell’infinito amore del Padre, chiamati all’edificazione della Chiesa,
«uomini e donne, che proprio nella vita e nelle attività d’ogni giorno, spesso inosservati
o addirittura incompresi, sconosciuti ai grandi della terra ma guardati con amore dal
Padre, sono gli operai instancabili che lavorano nella vigna del Signore, sono gli artefici
umili e grandi _ certo per la potenza della grazia di Dio _ della crescita del Regno di
Dio nella storia» (CL 17). Dal fonte battesimale è così generato, per ciascun uomo, un
nuovo stile di essere e agire.
24
CAPITOLO II
IL MATRIMONIO, CHIAMATA A VIVERE IL DONO
DI SÉ CON LO SPOSO
Il matrimonio-sacramento, che si radica sull’originaria e nativa reciprocità che
sussiste tra uomo e donna, è un atto personale del Signore Risorto che, nel grembo della
Chiesa li consegna reciprocamente, affidandoli l’uno all’altra, per realizzare in essi il
mistero di grazia della sua pasqua e manifestarlo, tramite loro, nel cuore della comunità
umana. I nubendi, in forza del battesimo che li ha resi partecipi, singolarmente,
dell’essere di Cristo e della Chiesa (cfr. Ef 5,30), con il matrimonio «acquistano un
rapporto nuovo, specifico tra loro precisamente nella partecipazione alla comunione
delle persone della Trinità»83
, che non solo ne perfeziona l’immagine già impressa in
ciascuno «con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo» (Tt 3,5), ma che li
chiama a modellarsi su di essa e «a riviverne la logica di dono, accoglienza, comunione
nell’oggi dell’esistenza coniugale»84
. In questo modo sono resi partecipi del «grande
mistero» come coppia, chiamati a plasmare la loro reciprocità sul paradigma di Cristo e
«ad amarsi l’un l’altro, in una dedizione reciproca totale simile a quella di Cristo verso
la Chiesa (Ef 5,1-2.21-25)»85
.
A questa dimensione cristocentrica si aggiunge, in modo inseparabile, la dimensione
ecclesiologica: i due battezzati celebrano, attraverso il matrimonio, ciò che la comunità
ecclesiale è nella sua più profonda identità, la sposa di Cristo, e ne divengono
sacramento vivente.
83
C. ROCCHETTA, Il sacramento della coppia. Saggio di teologia del matrimonio cristiano, EDB, Bologna
1996, 162. 84
Ibidem, 179. 85
ID., Teologia della Famiglia. Fondamenti e prospettive, EDB, Bologna 2011, 47.
25
II.1. Il matrimonio, compimento della vocazione battesimale
Il fondamento per cui i coniugi cristiani possono porre il loro amore quale segno
efficace è la reciproca appartenenza a Cristo in forza del battesimo (cfr. CCC 1601; HV
25); infatti, «non è la semplice manifestazione del consenso (che in niente si differenzia
dal consenso prestato nel matrimonio naturale) ciò che effettua il sacramento, ma il fatto
che il consenso è stato espresso da persone battezzate»86
. È per questa ragione che
«l’intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore (cfr. GS 48), viene
elevata ed assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza
redentrice» (FC 13). Il battesimo fa sì che la persona entri in una nuova relazione
ontologica con Dio; il matrimonio fa sì che l’uomo e la donna entrino in una nuova
relazione umana tra di loro, realizzando in due l’evento battesimale: è un nuovo
accadimento che rende la stessa realtà della coppia, sacramento. Il sostegno biblico di
tale dottrina appare radicato nella Lettera di San Paolo agli Efesini (Ef 5,21-33), dove le
ammonizioni rivolte ai coniugi di modellare il loro amore secondo il prototipo
dell’amore sponsale tra Cristo e la Chiesa, si inseriscono nella più generale esortazione
rivolta a tutti i cristiani di comportarsi in maniera degna della propria vocazione
battesimale. In particolare, nel matrimonio la relazione uomo-donna «cessa di essere
intesa come un arricchimento all’amore umano, o un mescolarsi del divino nel secolare,
per essere la chiave di comprensione del mistero che l’uomo vive in questa relazione, il
soffio interno della stessa vita umana»87
.
II.1.1. Sposarsi «nel Signore»
Rispetto a quanto visto nel battesimo, nel caso del matrimonio esistono tra i teologi88
molte esitazioni nel definire in maniera univoca parola e materia, nel «raccordare con
precisione il rapporto che sussiste tra il momento del consenso e quello della
consumazione in ordine al costituirsi della coppia coniugale, la fatica a ricondurre la
struttura del sacramento entro lo schema ilemorfico»89
. Inoltre, mentre gli altri
sacramenti rappresentano eventi di salvezza che si inseriscono nella storia umana, il
86
C. BURKE, “La sacramentalità del matrimonio: riflessioni teologiche”, in Apollinaris 66 (1993) 315-
338, 318. 87
J.J. PÉREZ-SOBA, Il mistero della famiglia, Edizioni Cantagalli S.r.l. e Pontificio Istituto Giovanni
Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, Siena-Roma 2010, 92. 88
Cfr. P. ADNÉS, Il matrimonio, (traduzione di) E. LODI, Desclée & Co., Roma 1966, 147-149. 89
A. BOZZOLO, Il rito di Gesù. Temi di teologia sacramentaria, Editore LAS, Roma 2013, 215.
26
matrimonio è un evento della storia umana che, per i battezzati, si trasforma in evento di
salvezza. La relazione uomo-donna diventa sacramento «perché è una coppia di
battezzati che si sposa “nel Signore”. Il segno sacramentale matrimoniale è fondato sul
battesimo che crea l’appartenenza radicale dell’uomo e della donna a Cristo e alla
Chiesa»90
. «L’amore dei nubendi e il loro promettersi si inseriscono nella struttura
stessa dell’accadimento sacramentale»91
appartenente all’ordine creaturale che, in virtù
dell’atto di Cristo nella Chiesa e del dono del suo Spirito, entra a far parte dell’ordine
storico-salvifico, in una reale unità di corrispondenza e di identità. Lo sposarsi «nel
Signore» (1 Cor 7,39), infatti, «sta in relazione reale, essenziale, intrinseca con il
mistero dell’unione di Cristo con la Chiesa»92
. Tale atto, di Cristo e della Chiesa, non
opera al di sopra della coppia e del mutuo scambio di consenso dei nubendi, ma al suo
interno, assumendo la totalità del reciproco accettarsi, promettersi e donarsi dei due
battezzati, così come attestato in Ef 5,21-33; alla coppia Cristo-Chiesa bisogna perciò
guardare per comprendere la verità sul matrimonio93
.
II.1.2. La parola come promessa
Il consenso che gli sposi si scambiano è un gesto reale e libero di impegno umano
che li dona l’uno all’altro ma, contemporaneamente, li consacra a colui che è lo Sposo,
impegnandoli con Lui e in Lui a vivere ciò che il sacramento realizza in loro. «Io
accolgo te come mia sposa/o»94
; un atto di linguaggio che assume le persone che lo
pongono e le stabilisce in una nuova condizione di vita; una “parola” che sottende una
decisione e un’auto-dedizione mutua che si concretizza in un legame che assume anche
una valenza pubblica. Perciò, «io» accolgo te, e non un altro; io, con la mia storia, il
mio carattere, la mia corporeità, la mia affettività, le mie fragilità, per abbracciare tutto
il tuo mondo, con la sua storia, carattere, corporeità, desideri, sogni, limiti. «Io accolgo
te come mia sposa/o»: relazione unica, comunione esclusiva; un amore, il mio, riservato
90
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 77. 91
C. ROCCHETTA, “Il dono creato. La tenerezza nuziale come espressione della grazia del sacramento
delle nozze”, in AA.VV., La Grazia del sacramento delle Nozze. Stupirsi del dono grande, (a cura di) R.
BONETTI, Edizioni Cantagalli S.r.l., Siena 2011, 69-91, 75. 92
M.J. SCHEEBEN, I misteri del cristianesimo, traduzione italiana del testo definitivo tedesco con rifusione
e aggiornamento delle note di I. GORLANI condotta sull’edizione critica curata da J. HÖEFER,
Morcelliana, Brescia 19603, 594.
93 Cfr. B. OGNIBENI, Il matrimonio alla luce del Nuovo Testamento, Lateran University Press, Roma
2007, 170. 94
CEI, Rito del matrimonio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, 71.
27
solo a te, fino ad essere una sola carne, io e te, in Dio; una comunione di vita e di affetti,
di progetti e desideri, fino a dirci per sempre, noi. Nella parola scambiata «il mio io esce
dall’ombra ed entra nella piena luce di un volto guardato, di un corpo accarezzato, di
una vita curata, di una storia costruita, di un futuro sognato, di un’identità amata»95
. La
novità del matrimonio tra due battezzati consiste nel fatto che questa “parola” assume
anche un significato sacramentale: è una parola che gli sposi pronunciano in Cristo e
nella Chiesa e, nella potenza dello Spirito loro donato, diventa la chiave che li introduce
nella comunione trinitaria e nell’alleanza dei tempi escatologici. «Il consenso non
rappresenta un atto solo duale, ma triangolare»96
: solo lo Sposo può consegnarli l’uno
all’altro, poiché a Lui appartengono e sono consacrati mediante il battesimo. La loro
parola si trasforma in parola sacramentale assunta da Cristo che, non solo accoglie la
loro promessa, consacra il loro amore e ne diventa il garante, ma «rimane con loro
perché, come egli stesso ha amato la Chiesa e si è dato per essa (cfr. Ef 5,25) così anche
i coniugi possano amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione» (GS
48).
II.1.3. Il dono di sé nella carne
Attraverso i due racconti biblici delle origini (cfr. Gen 1,26-30; 2,5-24) scopriamo il
significato positivo del corpo, «segno visibile di un Amore che ci precede e ci segue in
una misura infinita»97
; epifania della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio
(cfr. Gen 1,26) nella differenza sessuale (cfr. Gen 1,27). L’uomo, originariamente e
ontologicamente, non può esistere «solo» (Gen 2,18), ma unicamente in relazione con
un’altra persona. Nato in e da una relazione, riconosce e realizza la sua esistenza solo
nell’incontro con l’altro, in primo luogo attraverso la corporeità. Il matrimonio è
l’espressione eminente della relazione di reciprocità tra un uomo e una donna, un amore
sponsale nel quale il corpo è elemento costitutivo dell’unione nella carne, mentre la
dualità sessuale è risposta alla chiamata a realizzarsi pienamente come persona nel dono
di sé98
, orientato alla comunione delle persone a immagine della comunione divina (cfr.
GS 24). «A questa “unità dei due” è affidata da Dio non soltanto l’opera della
procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia» (LD 8). Il
95
F.G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, Edizioni Glossa S.r.l., Milano 20062, 173.
96 C. ROCCHETTA, Teologia della Famiglia, cit., 99.
97 ID., Per una teologia della corporeità, cit., 115.
98 Cfr. J.J. PÉREZ-SOBA, Il mistero della famiglia, cit., 94.
28
segno sacramentale, costituito dallo scambio del «sì» tra gli sposi, per essere perfetto,
«suppone e richiede l’effettivo dono corporeo tra i due come “materia” dell’attuarsi del
sacramento stesso»99
. La donazione fisica, completa e reciproca dei corpi, è essenziale
all’attuarsi del sacramento. Se non si realizza (matrimonio rato e non consumato),
l’unione può essere sciolta dalla Chiesa100
. Il matrimonio canonico ha come unica causa
efficiente il consenso, tuttavia, solo con la consumazione si realizza l’una caro e si
compie radicalmente il dono reciproco di sé; la sua mancanza, infatti, impedisce
l’attuazione in pienezza101
del segno sacramentale all’interno del «grande mistero» di
Cristo e della Chiesa. È lo Sposo a convocarli, il giorno delle nozze, per donarli
reciprocamente l’uno all’altro poiché è Lui il Signore della loro vita e dei loro corpi. Se
il corpo è “per il Signore” (cfr. 1 Cor 6,13), è Lui a chiederne il dono reciproco, per
continuare a celebrare dentro il loro vissuto il suo donarsi totalmente e
incondizionatamente, «perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15).
II.1.4. Carisma matrimoniale e grazia sacramentale
Se l’alleanza Cristo-Chiesa è “l’architrave” del matrimonio cristiano, battesimo e
cresima sono la fonte della sua attuazione in senso sacramentale102
. Lo specifico del
matrimonio-sacramento consiste nel realizzare l’evento battesimale in due, in modo
proprio e originale. Il primo effetto, oggettivo - res et sacramentum - è l’attuarsi del
vincolo permanente. Questo s’impossessa dell’intera realtà, dell’uomo e della donna,
nella totalità del loro essere spirituale-corporeo e nel loro orientamento reciproco, per
indirizzarla verso quel divenire “uno” già prefigurato in Adamo ed Eva ed
escatologicamente realizzato in Cristo-Sposo della Chiesa. Il fondamento biblico del
vincolo nuziale sta nella relazione di alleanza che Dio ha stipulato con il suo popolo -
nel caso del Battesimo, della Cresima e dell’Ordine è il carattere - che fonda una
relazione nuova e irreversibile con Lui e l’appartenenza al popolo della nuova alleanza.
L’impegno reciproco degli sposi, benché permanente, non è escatologico, perché la
morte di uno dei due interrompe il legame attuato nel sacramento. È, tuttavia, un “dono
proprio” che dà alla vita coniugale struttura e luogo nella Chiesa (carisma di
99
C. ROCCHETTA, Per una teologia della corporeità, cit., 213. 100
Non avendo il carattere della indissolubilità estrinseca assoluta, mancando l’elemento della
consumazione (cfr. CIC Canone 1142). 101
Cfr. PIO XI, Lettera enciclica Casti Connubii (31.12.1930), (AAS 22 [1930] 552). 102
Cfr. M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 96.
29
consacrazione103
). Il modello è la relazione Cristo-Chiesa, che definisce sia lo “stato di
vita” e la “funzione” propria degli sposi (cfr. FC 49), che la condizione ecclesiologica di
essere quella «che si potrebbe chiamare Chiesa domestica» (LG 11) che assegna loro un
posto speciale e permanente nel Corpo mistico di Cristo104
.
Il secondo effetto - soggettivo - è il dono della grazia sacramentale che santifica e
vivifica lo spirito e il corpo dei coniugi. Il fondamento biblico è Ef 5,21-33. La grazia
propria del sacramento non è data loro per metterli in comunione con Cristo, perché già
lo sono per il battesimo, ma per attualizzare nella loro relazione il rapporto d’amore che
li unisce a Lui. Questa ha due effetti principali, uno sanativo - Cristo incontra gli sposi
e, attraverso la grazia, sana, perfeziona, assume il loro amore nell’amore divino - e uno
perfettivo (cfr. GS 49; FC 13)105
. È «una grazia che assume, dall’interno, la stessa
relazione di amore dei due e la rende segno e partecipazione reale alla relazione amante
Cristo-Chiesa»106
, non solo il giorno della celebrazione, ma per tutta l’esistenza107
. Il
“si” reciproco espresso nella celebrazione «viene poi tradotto nel “linguaggio del
corpo”, cioè non solo nell’incontro coniugale (consumazione) ma altrettanto nella
convivenza, la fedeltà quotidiana, l’amicizia, il perdono mutuo, la fecondità,
l’educazione»108
. Cristo, infatti, rimane con loro e, attraverso il suo Spirito, li orienta
verso «un’unità profondamente personale che conduce ad un cuor solo e un’anima
sola»109
, offrendo loro, continuamente, «la luce e la forza della fedeltà e
dell’indissolubilità della donazione reciproca definitiva e apre alla fecondità»110
, per
farli diventare immagine autentica della communio trinitaria, passo dopo passo, sulle vie
della vita familiare. Tale grazia di santificazione - res tantum - si esprime nei frutti:
amore, gioia, pace, magnanimità, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (cfr. Gal 5,22).
103
«Il matrimonio cristiano, per natura sua, ha valore di consacrazione soprannaturale, e gli stessi coniugi
vengono consacrati a Dio in un modo particolare, ed entrano quindi in un’unione speciale con Cristo e
con la sua vita di grazia», in: M.J. SCHEEBEN, I misteri del cristianesimo, cit., 564-565. 104
Cfr. L. LIGIER, Il matrimonio: questioni teologiche e pastorali, cit., 114-121. 105
Cfr. Ibidem, 121-128. 106
C. ROCCHETTA, “Il dono creato. …”, cit., 82. 107
Il teologo R. Bellarmino, fin dal XVI secolo, parla del matrimonio come di un sacramento
permanente, ponendolo in analogia con il sacramento dell’eucaristia: «perché, fin quando vivono i
coniugi, la loro unione è sempre il sacramento di Cristo e della Chiesa», in: C. ROCCHETTA, Il sacramento
della coppia, cit., 227. 108
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 88. 109
B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, cit., 327. 110
Ibidem, 327.
30
II.2. L’alleanza in Cristo e nella Chiesa
Il rapporto nuziale uomo-donna va riletto alla luce dell’alleanza che il Signore ha
stabilito con il suo popolo, secondo la categoria della sponsalità111
: «il Dio della fede
biblica si propone alla comunità d’Israele come uno Sposo; […] contestualmente il
popolo di Israele si considera come la Sposa che JHWH ha eletto con amore
disinteressato e creativo»112
. Questo amore ha gli stessi contenuti propri della relazione
tra uomo e donna. L’alleanza promessa e prefigurata fin dall’AT (cfr. Os 2; Ger 3,6-13;
Ez 16.23; Is 54), si realizza, secondo il NT, nell’Unigenito fatto uomo, morto e risorto:
«Egli è lo sposo che ha fatto propria la condizione dell’uomo sulla terra. Con la
consegna di sé al Padre sulla croce, ha costituito la Chiesa-sua-Sposa»113
. Come
nell’AT, nel NT il mistero dell’alleanza - in riferimento a Cristo e alla Chiesa - è rivelato
attraverso una simbologia di tipo nuziale114
: il primo miracolo di Gesù si realizza a
Cana; esso rimanda all’ora della Pasqua, «compimento dell’amore sponsale del Figlio
per il mondo e attuazione dello sposalizio cui il Battista aveva fatto riferimento (Gv 2,1-
11 con Gv 13,1 e 3,27-30)»115
. La relazione coniugale ha nell’unione Cristo-Chiesa «il
proprio archetipo concreto e vivo, la suprema ragione della propria esistenza»116
.
L’alleanza, che Dio attua fra gli sposi e con gli sposi, consente al loro amore «di
trascendere se stesso per essere trasfigurato dall’amore con cui Cristo ama la Chiesa e la
Chiesa ama Cristo»117
e di venire «interiormente trasformato e soprannaturalmente
elevato così da essere, in forma del tutto reale anche se misteriosa, una vera e propria
partecipazione dell’amore che Cristo nutre per la Chiesa»118
. È un’alleanza esclusiva e
perpetua, gratuita ed irrevocabile, su modello di quella di Cristo con la Chiesa.
Accogliendola, gli sposi si impegnano reciprocamente, e con la Chiesa, a non spezzare
il legame attuato in loro e tra loro, ma ad assumerlo e a crescere in esso.
111
«Ti farò mia sposa per sempre, / ti farò mia sposa / nella giustizia e nel diritto, / nell’amore e nella
benevolenza, / ti farò mia sposa nella fedeltà / e tu conoscerai il Signore» (Os 2,21-22). 112
C. ROCCHETTA, Il sacramento della coppia, cit., 167. 113
ID., Teologia della Famiglia, cit., 89. 114
«Oltre alle parabole escatologiche del Regno (Mt 22,1-10 e 25,1-12), Gesù viene designato con questo
titolo da Giovanni Battista (Gv 3,29) e Gesù stesso se lo attribuisce (Mt 9,15). Gli scritti paolini alludono
a esso due volte (2 Cor 11,2; Ef 5,23.25); lo stesso fa l’Apocalisse (19,7; 22,17-20)», in: C. ROCCHETTA,
Il sacramento della coppia, cit., 172. 115
Ibidem, 173. 116
P. ADNÉS, “Matrimonio e mistero trinitario”, cit., 12. 117
C. ROCCHETTA, Il sacramento della coppia, cit., 174. 118
D. TETTAMANZI, Matrimonio cristiano oggi: per una lettura teologico-pastorale del documento
"Evangelizzazione e sacramento del matrimonio", Edizioni Ancora, Milano 1975, 85.
31
II.2.1. Il mistero delle nozze
Il matrimonio corrisponde all’identità peculiare e reciproca dell’essere-uomo e
dell’essere-donna; attraverso l’atto sacramentale questa reciprocità - con le sue povertà
e ricchezze, la pienezza dell’essere sessuato e la vocazione trascendente - entra a far
parte dell’historia salutis e partecipa all’eschaton della pasqua. Poiché gli sposi cristiani
sono «il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce» (FC 13),
un’unica prospettiva nuziale accomuna la relazione Cristo-Chiesa e la relazione marito-
moglie: «è in forza di questo mistero, infatti, che la Chiesa è nata ed è grazie ad esso che
gli sposi vivono»119
. Nella Lettera agli Efesini (5,21-33) la relazione marito-moglie è
innestata nel «mistero nuziale» di Cristo-Sposo della Chiesa-Sposa; su quel «mistero
grande» si modella, poiché, «non solo raffigura quel mistero, ma lo rappresenta in se
stesso realmente, ossia mostrandolo attivo ed efficace dentro di sé»120
. In forza del
sacramento celebrato gli sposi sono resi partecipi, come coppia, del «grande mistero»,
in quanto la loro dualità maschile-femminile non è abolita, ma inverata in un ordine
nuovo, poiché è questa specifica relazione interpersonale a diventare sacramento nel
senso stretto della parola121
.
San Paolo situa il vissuto degli sposi cristiani tra la vicenda originaria di Adamo-Eva
e l’accadimento escatologico Cristo-Chiesa. La relazione uomo-donna viene descritta
dall’Apostolo, «secondo le forme sociali della cultura ellenistica»122
, in termini di
sottomissione della donna all’uomo; tuttavia, «vi introduce un “principio nuovo”, che
proviene dalla relazione a Cristo risorto»123
. Egli legge lo sposalizio Cristo-Chiesa in
riferimento alla cerimonia nuziale dell’antico oriente che si snoda tra il bagno
preparatorio (cfr. Ef 5,26-27) e la celebrazione nuziale vera e propria che si compie con
l’unione intima degli sposi, come voluto dal Creatore fin dalle origini (cfr. Ef 5,31). Il
sacrificio pasquale («Cristo ha amato la Chiesa», v. 25), la purificazione («il lavacro
dell’acqua unita alla parola», v. 26) e il dono eucaristico («ha dato se stesso per lei», v.
25), sono gli atti che hanno resa «santa» la Chiesa (v. 26), per presentarla allo Sposo
«tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile» (v. 27). «Questi elementi
sono il luogo per illuminare il “mistero di salvezza” e trasformare le modalità storiche
119
C. ROCCHETTA, Teologia della Famiglia, cit., 80. 120
M.J. SCHEEBEN, I misteri del cristianesimo, cit., 594. 121
Cfr. E.H. SCHILLEBEECKX, Il matrimonio è un sacramento, Edizioni Ancora, Milano 1963, 24. 122
F.G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, cit., 29. 123
Ibidem, 29.
32
del rapporto uomo-donna in un’esperienza di amore come libero legame»124
. L’uomo e
la donna, che per il battesimo appartengono al corpo di Cristo e sono sue membra (v.
30), nel matrimonio possono unirsi nell’una caro (v. 31) solo secondo la nuova misura
della carne di Cristo e della Chiesa (cfr. CIC Canone 1055 - §2). Paolo, infatti, fa
riferimento a Gen 2,24 sottolineando come, fin dal primo istante della creazione la
sessualità umana sia prevista, nei piani di Dio, come strumento di salvezza. «Gen 2,24 è
compreso quindi dall’apostolo come una profezia, il cui compimento è l’unione tra
Cristo e la Chiesa, l’unica in cui la volontà divina si è realizzata fino in fondo»125
. Il
rapporto tra uomo e donna va vissuto nella logica dell’esperienza pasquale con cui
Cristo ama la Chiesa e dona tutto se stesso per lei; logica di gratuità e dono reciproco
(cfr. 5,23.25.29-30.33) nella quale ogni coniuge ama l’altro «come il proprio corpo» (v.
28), quasi in una sorta di assunzione di identità.
II.2.2. La presenza e l’opera dello Spirito Santo
Il Figlio di Dio viene continuamente incontro all’uomo nella potenza dello Spirito
Santo, in maniera particolare nelle realtà sacramentali che comunicano la sua opera, ma
agisce anche nella storia concreta dell’essere umano. Infatti, «opera nella vocazione al
matrimonio e, nel cammino che la segue, guida l’uomo e la donna dal momento del
Battesimo, formando e sviluppando in essi i misteri della grazia di Dio»126
; è all’opera
quando si incontrano e innamorano, quando sugellano nella Chiesa il loro amore127
. La
Chiesa, per suo tramite, agisce in persona Christi e rende il loro gesto un atto
sacramentale; infatti, come sigilla il legame di Cristo con la Chiesa, così “trasfigura” dal
di dentro la relazione di amore - rendendo il loro legame unico e indissolubile - e la
trasforma in “storia di salvezza”. «Non li riporta semplicemente nella condizione prima
del peccato, ma li introduce nella pienezza del disegno che il Creatore ha voluto dal
principio»128
, in maniera tale che possano amarsi come Cristo ha amato la Chiesa e ha
dato se stesso per lei. La radice da cui scaturisce e a cui continuamente si alimenta la
124
Ibidem, 31. 125
B. OGNIBENI, Il matrimonio alla luce del Nuovo Testamento, cit., 170. 126
P. KWIATKOWSKI, Lo sposo passa per questa strada … . La spiritualità coniugale nel pensiero di Karol
Wojtyla. Le origini, Edizioni Cantagalli S.r.l. – Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su
Matrimonio e Famiglia, Siena-Città del Vaticano 2011, 352. 127
Cfr. CEI, Rito del Matrimonio, cit., 69. 128
P. KWIATKOWSKI, “La grazia del sacramento del matrimonio: la testimonianza di fede di Giovanni
Paolo II”, in AA.VV., La Grazia del sacramento delle Nozze. Stupirsi del dono grande, (a cura di) R.
BONETTI, Edizioni Cantagalli S.r.l., Siena 2011, 29-56, 38.
33
comunione della coppia e della famiglia cristiana, sta nel dono dello Spirito, effuso nella
celebrazione del sacramento del matrimonio129
.
Durante la liturgia gli sposi vengono consacrati130
per essere inviati131
a divenire
“sacramento” nella comunità. Lo Spirito viene invocato con il genere proprio
dell’epiclesi, attraverso l’imposizione delle mani di chi presiede la celebrazione. È un
gesto antichissimo che già negli Atti degli Apostoli indicava, quando compiuto sulle
persone, una consacrazione per un ministero nella comunità. La benedizione, pur non
essendo né elemento essenziale, né formula sacramentale, né parte della forma canonica
ad validitatem, «non si deve mai omettere»132
, perché è il segno visibile della
dimensione ecclesiale del gesto sacramentale degli sposi, del sostegno del popolo di Dio
e della presenza della Chiesa istituzionale che ne sigilla l’unione133
. «L’epiclesi
celebrata il giorno delle nozze accompagna come una presenza invisibile, ma reale,
l’itinerario della vita della coppia»134
, come un dono perenne; a loro il compito di
spiegare le “vele” per assecondarne il soffio. «La loro identità e la loro chiamata è
quella di vegliare e accogliere nel corpo e nello spirito lo Sposo che viene, per essere in
tutto uniti a Lui»135
: imparino da Lui come si vive l’amore fatto carne, mettendosi in
ascolto della sua Parola; rivolgendosi al Padre comune nella preghiera; accostandosi alla
mensa che sigilla «il rapporto nuziale dell’uomo con Dio nel corpo e sangue di
Cristo»136
e plasma il rapporto nuziale dell’uomo (cfr. FC 57); vivano il perdono e la
riconciliazione reciproca.
«Lo Spirito Santo suggella il legame nuziale, cioè prende possesso della coppia in
nome della santissima Trinità»137
, a tal punto che non solo la struttura relazionale uomo-
donna, ma anche tutta la vita matrimoniale e familiare diventa «luogo, spazio e tempo di
santificazione e di culto»138
. Nel matrimonio questa «vive in modo reale e misterioso
129
Cfr. CEI, Documento pastorale Comunione e comunità: II. Comunione e comunità nella Chiesa
domestica, 1 ottobre 1981, (ECEI III, 715); CEI, Documento pastorale Evangelizzazione e sacramento del
matrimonio, 20 giugno 1975 (ECEI II, 2099); CCC 1624. 130
Cfr. CEI, Rito del Matrimonio, cit., 85-88. 131
Cfr. CEI, Documento pastorale Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, cit., 2200. 132
CEI, Rito del Matrimonio, cit., 84. 133
Cfr. B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, cit., 331. 134
C. ROCCHETTA, Il Sacramento della coppia, cit., 260. 135
P. KWIATKOWSKI, “La grazia del sacramento del matrimonio…”, cit., 51. 136
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 198. 137
R. BONETTI, Il sacramento delle nozze. Fonte di spiritualità, Edizioni San Paolo S.r.l., Cinisello
Balsamo (MI) 2010, 61. 138
Ibidem, 66.
34
che solo la fede permette di cogliere. Il modello non rimane più esteriore alla sua
immagine: è divenuto interiormente presente in essa»139
. Lo Spirito opera
conformemente alla sua identità nel grembo della Trinità e, analogamente, nel
“sacramento della coppia”: è ekstasis, che orienta gli sposi non solo ad amarsi ma ad
essere amore l’uno per l’altro; è kenosis, che li configura, ogni giorno di più, alla logica
dell’esistenza trinitaria del perdersi per ritrovarsi (cfr. Mc 8,35); infine, è synthesis,
perfetta comunione nella differenza, che li plasma a immagine della comunione
trinitaria per condurli alla realizzazione dell’una caro che è il senso profondo del
matrimonio140
.
II.2.3. Paternità e maternità: compimento della sponsalità
La paternità e la maternità fanno parte integrante della esperienza della sponsalità: il
diventare padre e madre è l’ultima tappa di un cammino che ha il punto di partenza nella
consapevolezza dell’uomo e della donna di essere stati creati ad immagine e
somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,27) e resi figli nel Figlio suo (cfr. Ef 1,5) attraverso il
battesimo. Il divenire sposi, portato a perfezione dal sacramento del matrimonio, attua
in pienezza l’essere stati creati e chiamati da Dio alla realizzazione di sé nell’amore
(cfr. RH 10), «fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano» (FC 11). Il dono
della vita che scaturisce dall’incontro rende gli sposi, genitori, «cooperatori dell’amore
di Dio Creatore» (GS 50). «La generazione a cui l’uomo è chiamato, è la trasformazione
in Dio, a sua immagine e somiglianza. Ecco la grande fecondità del seme nascosto nel
tempo dell’uomo»141
. La logica del divenire genitori è quella del dono di sé nella carne,
inteso come amore (fondamento), come fecondità (possibilità), come accoglienza
(realtà). Riconosciamo, allora, un “filo rosso” che lega l’essere figli, sposi e genitori:
«siamo immagine di Dio quando, riconoscendoci figli, ci trasformiamo in sposi e
genitori»142
.
139
P. ADNÉS, “Matrimonio e mistero trinitario”, cit., 22. 140
Cfr. C. ROCCHETTA, Il Sacramento della coppia, cit., 265-268. 141
J. GRANADOS, “La generatività: chiave per una sintesi teologica”, in Antropotes XXIX/1 (2013) 99-
122, 108-109. 142
C. ANDERSON – J. GRANADOS (a cura di), Chiamati all’amore, cit., 115.
35
II.3. La dimensione ecclesiale
Per la sua origine creaturale e in forza dei sacramenti del battesimo e del matrimonio,
la famiglia cristiana, «già a partire dalla coppia coniugale che ne costituisce il nucleo
originario, possiede un’essenziale struttura ecclesiale» (DPF 14); infatti, è allo stesso
tempo «comunità d’amore e di vita» e «comunità di grazia», il cui legame con la Chiesa
è «così profondo e radicale da risultare elemento costitutivo» (DPF 14) della sua
identità. Per queste ragioni «può essere chiamata “Chiesa domestica”, poiché essa è, a
suo modo, “viva immagine e storica rappresentazione del mistero stesso della Chiesa”»
(DPF 15), comunità “salvata” che, trasmettendo l’amore di Cristo-Sposo, che porta in
sé, diventa comunità “salvante” (cfr. FC 49).
I rapporti essenziali tra il matrimonio cristiano e la comunità143
sono presentati in due
documenti del Concilio Vaticano II144
, mentre i contenuti della partecipazione della
famiglia alla missione della Chiesa sono descritti nella Familiaris Consortio [nn. 49-64]
e tradotti per il contesto culturale e pastorale italiano nel Direttorio di Pastorale
Familiare [nn. 135-161].
II.3.1. Ecclesialità e missionarietà del ministero coniugale
Tra la Chiesa e la famiglia cristiana vi è un rapporto di profonda reciprocità: «la
famiglia trasmette nella casa natale la fiducia fondamentale nella vita, la chiesa
introduce, attraverso il suo cammino di iniziazione, alla vita come un dono che viene
dall’alto»145
. La famiglia cristiana «è una “realtà ecclesiale”, in virtù della realtà
sacramentale che la costituisce»146
. La Chiesa-madre, la genera, la educa, la edifica
nella partecipazione al sacerdozio di Cristo, «con un orizzonte ecclesiale e missionario,
che è l’orizzonte stesso della comunione trinitaria»147
. A sua volta, la famiglia cristiana
prende parte «a suo modo, della missione di salvezza propria di questa» (FC 49),
precisamente nel «custodire, rivelare e comunicare l’amore» (FC 17). La donazione
personale-oggettiva degli sposi “nel Signore” rappresenta l’inizio della sua missione.
Quindi, «partendo dall’amore, e in costante riferimento ad esso» (FC 17), essa diventa
143
Cfr. B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, cit., 326. 144
Cfr. Lumen gentium [nn. 11.35.41]; Gaudium et spes [nn. 47-52]. 145
F.G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, cit., 123. 146
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 126. 147
F.G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, cit., 127.
36
nella trama del quotidiano, ogni giorno di più, «comunità di vita e di amore» (FC 17),
nella misura in cui sviluppa la comunione [nn. 18-27] che le è stata donata nel
sacramento. Infatti, «è “vivendo pienamente la sua vocazione” che la famiglia “è
Chiesa”, la realizza e la costruisce»148
. Poi, si attua anche nel servizio alla vita [nn. 28-
41]; nella partecipazione allo sviluppo della società [nn. 42-48] e alla vita e alla
missione della Chiesa [nn. 49-64].
La famiglia ha un titolo tutto particolare per partecipare alla missione della Chiesa, in
forza del Sacramento celebrato - «sono fortificati e quasi consacrati» (GS 48) - mentre
tutti gli altri compiti pastorali le sono affidati su mandato del sacerdote. La Familiaris
consortio parla diffusamente di queste tre dimensioni del ministero coniugale, che
descrive alla luce di Gesù Cristo Profeta, Sacerdote e Re (cfr. FC 50). Essa vive il
compito profetico accogliendo e annunciando la Parola di Dio e diventando così, giorno
dopo giorno, una comunità credente ed evangelizzante [nn. 51-54] attraverso l’annuncio
della fede ai figli; i genitori hanno trasmesso la vita fisica ed ora trasmettono loro anche
la nascita “dall’alto”. È una comunità in dialogo con Dio [nn. 55-62]. Il suo compito
sacerdotale si attua nel rispondere alla «chiamata a santificarsi e a santificare la
comunità ecclesiale e il mondo» (n.55) attraverso la preghiera, «fatta in comune» (n.59),
strettamente legata alla vita e la partecipazione all’Eucaristia, sacramento fontale. È una
comunità al servizio dell’uomo [nn. 63-64], perché vive al suo interno il comandamento
dell’amore. Se l’uomo non può vivere senza amore e se è l’amore a far crescere l’uomo
e a farlo accedere alla verità su se stesso, la famiglia è il luogo primario del processo di
maturazione della persona. In famiglia si impara quel servizio all’uomo in cui consiste
la missione della Chiesa, in continuità con la missione di Gesù che «non è venuto per
farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28).
La via propria tramite la quale la famiglia realizza se stessa nell’amore e rende il suo
servizio alla comunità è la spiritualità coniugale e familiare, che «si afferma sempre più
come partecipazione al dono pasquale di Cristo per la Chiesa e quindi come autentica
vocazione alla santità»149
.
148
R. FABRIS – E. CASTELLUCCI (a cura di), Chiesa domestica. La Chiesa-famiglia nella dinamica della
missione cristiana. Un profilo unitario a più voci, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009, 241. 149
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 129.
37
II.4. Conclusione
Nel sacramento il dato antropologico dell’unione uomo-donna trova tutta la sua
verità. Dio, chiamando l’uomo e la donna a “diventare coppia” in Lui, rivolge su di loro
il suo sguardo compiaciuto e paterno, come sulla prima coppia dell’umanità, colmandoli
di doni con cui possano amarsi di un amore unico, indissolubile e fedele per tutta la vita.
In tal modo gli sposi, aperti a diventare famiglia nella fecondità biologica e spirituale,
diventano l’icona di un amore, sancito da una alleanza irreversibile, che riproduce in
miniatura quello trinitario e quello di Cristo per la sua Chiesa. Il sacramento del
matrimonio trasfigura l’amore umano: la giara piena d’acqua viene trasformata in vino,
«la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e
sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce» (FC 13); così,
ciascuno ama l’altro non soltanto umanamente, ma “divinamente”.
Pertanto, il matrimonio e la famiglia che da esso si origina, devono essere, a ragione,
considerati ‘luogo teologico’, cioè «il terreno della manifestazione di Dio nella storia, il
punto di intersezione fra l’umano e il divino»150
. Analogamente all’eucaristia, che è
presenza reale di Cristo in mezzo a noi151
, anche il matrimonio è «luogo rivelativo di
Dio e della sua presenza fra gli uomini»152
, poiché ne rappresenta «il grande mistero».
150
G. CAMPANINI, Il sacramento antico. Matrimonio e famiglia come «luogo teologico», EDB, Bologna
1996, 5. 151
«Ecco, io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). 152
G. CAMPANINI, Il sacramento antico, cit., 5.
38
CAPITOLO III
BATTESIMO E MATRIMONIO,
CIRCOLARITÀ DEL MISTERO NUZIALE
La fede cristiana propone come fondamento del mistero nuziale153
la comunione di
amore della Trinità, «origine e meta di tutto l’universo e di ogni creatura»154
. L’incontro
nuziale tra Dio e l’uomo si compie nell’incarnazione del Figlio (cfr. Gv 1,14), il cui
dono sponsale genera la Chiesa sua sposa, chiamata, così, a condividerne la fecondità:
«[…] egli stesso giunse presso di noi, poiché questa è la legge delle nozze, che lo sposo
si accosti alla sposa, […]. Ma che ciò avvenga per gli uomini non desta alcuna
meraviglia […]. Invece per Cristo e per la Chiesa desta meraviglia il fatto che, pur
essendo Dio […], egli si degnò di accostarsi alla nostra natura e, lasciata la casa paterna,
non con un semplice cambiamento ma mediante la via dell’incarnazione corse verso la
sposa»155
. Attraverso i sacramenti dell’IC l’uomo e la donna, singolarmente, sono
chiamati dallo Sposo ad entrare in questo mistero (cfr. CCC 1617), la cui dimensione
nuziale «scaturisce già dal battesimo, mediante il quale l’essere umano è immerso
nell’atto pasquale di Cristo»156
; poi, con il matrimonio i coniugi vi partecipano, come
coppia, in una modalità propria: la loro comunione d’amore è, infatti, rivelazione e
realizzazione feconda di quella eterna tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. Perciò,
Battesimo e Matrimonio non rappresentano, solo, tappe in successione cronologica della
storia di salvezza dell’uomo, ma esprimono questa continuità dinamica nella
dimensione del dono che, vissuto nella carne, chiede di essere accolto nella fede157
per
portare frutto nell’esistenza di colui/coloro che lo chiedono.
153
Cfr. A. SCOLA, Il Mistero Nuziale, 1. Uomo–Donna, Pontificia Università Lateranense, Roma 2005. 154
FRANCESCO, Angelus, Piazza San Pietro 15 giugno 2014, in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/angelus/2014/documents/papa-
francesco_angelus_20140615.html [ultima visita del 6.09.2014]. 155
G. CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali, IV Catechesi, cit., 76. 156
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 192. 157
«La fede in Cristo ci salva perché è in Lui che la vita si apre radicalmente a un amore che ci precede e
ci trasforma dall’interno, che agisce con noi e in noi» (LF 20).
39
III.1. Sacramenti e fede
Attraverso i sacramenti158
Dio si coinvolge nella carne dell’uomo e l’uomo viene
coinvolto nella vita di Dio. Esiste una connessione tra sacramenti e fede perché questi
introducono il credente «nel mistero della Chiesa, corpo di Cristo, e quindi nella
fede/esistenza cristiana»159
. Attuano nell’uomo un cambiamento ad un livello a cui
l’esperienza sensibile non può partecipare160
. Il fondamento della loro efficacia è, prima
di tutto, il mistero pasquale di Cristo (res et sacramentum); tuttavia, affinché portino
frutti «la fede (della Chiesa e del cristiano) è la condizione necessaria perché l’evento
pasquale sia validamente celebrato e accolto in modo autentico»161
. La fede, infatti, non
è solo un insieme di verità da credere, ma anche una vita da accogliere, nella libertà. Se
il cristianesimo è «la religione del logos»162
, «la parola che realizza il sacramento non
dev’essere semplicemente pronunciata, ma creduta»163
, in modo tale che l’uomo possa
divenire partecipe, mediante un personale atto di fede e l’economia sacramentale, della
vita dell’Unitrino. In questa prospettiva, il sacramento non si “aggiunge” in modo
estrinseco alla fede bensì le consente di raggiungere nel tempo la propria identità,
realizzando il nesso tra l’appello che Dio rivolge all’uomo e la risposta con cui egli vi
corrisponde. I sacramenti si collocano nel duplice contesto della parola e della fede. «La
parola che “fa” il sacramento è la parola della fede della Chiesa»164
. Nel battesimo è
l’invocazione del Dio trinitario165
: introduce il credente «nella vita divinizzante della
Trinità (théōsis/deificatio) che lo trasforma e lo rende partecipe, già come singolo,
dell’alleanza nuziale di Cristo con la Chiesa»166
; nel matrimonio la parola pronunciata
dagli sposi si tramuta in parola-sacramento di Cristo «cosicché ciò che essi compiono
non è solo un atto umano, ma un accadimento nuziale che sgorga dal Signore Gesù e
158
«Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la
esprimono; perciò vengono chiamati “sacramenti della fede”» (SC 59). 159
P. CASPANI, “Condizioni di accesso al sacramento del matrimonio” in La Scuola Cattolica 137 (2009)
337-363, 339. 160
«Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito» (Gv 3,6). 161
C. ROCCHETTA, Il sacramento della coppia, cit., 123. 162
J. RATZINGER, “L’Europa nella crisi delle culture”, in Rivista internazionale di Teologia e Cultura.
Communio 200 (2005) 18-28, 26. 163
C. ROCCHETTA, Il Sacramento della coppia, cit., 122. 164
Ibidem, 122. 165
«Si tratta dunque di un elemento strutturale oggettivo, inerente al rito e presente sia quando il
candidato è adulto, sia quando viene battezzato un infante», in: P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo
Spirito, cit., 205. 166
C. ROCCHETTA, Teologia della Famiglia, cit., 95.
40
dalla potenza del suo Spirito»167
. Il secondo ambito è quello della fede: fede della
Chiesa168
(cfr. CCC 1124; PF 10) e fede personale169
. Nel battesimo è un dono di Dio
in forza della grazia dello Spirito Santo: «nel caso del battesimo di un infante, in più, la
fede della Chiesa esercita un ruolo di supplenza in rapporto all’atto di fede personale, di
cui il soggetto è incapace, nel momento della celebrazione»170
; nel matrimonio è la
scelta dei nubendi qua membri del corpo di Cristo171
, manifestata attraverso il consenso,
di entrare in relazione con lo Sposo, per celebrare il sacramento nel suo significato
simbolico e nel suo contenuto teologico di “evento di Cristo e della Chiesa”. La fede,
quindi, è innanzitutto un cammino di comunione con Cristo e, in Lui, con tutti gli
uomini.
III.1.1. L’iniziazione cristiana come percorso nuziale
I sacramenti dell’IC introducono gradualmente l’uomo nel mistero nuziale di Dio
(cfr. CCC 1617). Secondo G. Mazzanti, le tappe di questo cammino si rifanno alla
successione dei momenti propri delle nozze ebraiche, riletti in funzione dell’unione
Cristo-Chiesa: il bagno di purificazione richiama il Battesimo, l’atto con cui Dio,
attraverso lo Spirito, opera la plasmazione/purificazione della sposa; la celebrazione
sotto la Kuppah richiama la Confermazione, atto del fidanzamento ufficiale; il banchetto
richiama l’Eucaristia, celebrazione dell’amore nuziale. Il bagno battesimale precede ed
è fatto in vista delle nozze: «Cristo ha assunto e fatto suo il “rito” del bagno nuziale
della sposa; egli tuttavia non la purifica attraverso una semplice acqua, ma mediante
l’evento del proprio risorgere-riemergere dopo aver attraversato la morte infernale»172
per farla comparire davanti a sé «senza macchia né ruga» (Ef 5,27). L’ha purificata per
rivestirla di splendore, rifacendo quanto JHWH aveva fatto con la sposa trovata nel
deserto (cfr. Ez 16): «quando giunse e trovò colei che stava per essergli condotta in
167
Ibidem, 97. 168
«La fede […] è un dono che viene da Dio. Scrive l’apostolo Paolo nella Seconda lettera ai
Tessalonicesi “Non di tutti è la fede” (2 Ts 3,2), ma essa abita soltanto coloro cui Dio l’ha donata. “La
fede nasce dall’ascolto” (“fides ex auditu”: Rm 10,17) – annota sempre Paolo - e dunque occorre che la
Parola di Dio giunga al cuore dell’uomo e vi desti la fede», in: E. BIANCHI, Gesù educa alla fede,
Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (BI) 2011, 8. 169
«Ma la fede, proprio perché deve essere accolta dall’uomo, proprio perché è l’uomo a credere, è anche
un atto umano, un atto della libertà dell’uomo che risponde al Dio che parla: “Non è Dio ma l’uomo che
crede”, ha affermato giustamente Karl Barth», in: Ibidem, 8. 170
P. CASPANI, “Condizioni di accesso al sacramento del matrimonio”, cit., 343. 171
Cfr. M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 120. 172
G. MAZZANTI, I sacramenti simbolo e teologia, cit., 229.
41
sposa nuda e brutta, le impose un mantello puro la cui fulgidezza e gloria nessuna parola
né mente potrà mai raffigurare»173
, donandole l’abito adatto (cfr. Mt 22,2-14) per
introdurla alle nozze eucaristiche. Lui stesso le affida il lavacro di rigenerazione e
l’abito nuziale affinché ne renda partecipi, come Madre, tutti coloro che si uniscono a
lei per unirsi al Signore (cfr. Mt 28,19-20). In questo modo, ella comunica ai suoi figli
«non solo la sua vita, ma la sua vita di sposa»174
, per cui il battezzato diviene partecipe
della sua nuzialità. La Chiesa è anche famiglia, perciò ogni battezzato diventa membro
del popolo di Dio (cfr. LG 9) e la sua vita è vita ecclesiale175
; potrà, infatti, vivere la
nuzialità col suo Signore solo restando unito alla Chiesa. La Confermazione è il
sacramento della decisione d’amore - il fidanzamento176
- di Dio per la sua sposa. Lo
Spirito Santo la avvolge come un manto177
, ne “segna” il cuore (carattere178
) in modo
tale che sappia riconoscere la voce del suo Signore (dono del discernimento e della
profezia) in vista della missione. Cristo, in comunione con lo Spirito, dopo aver fatto
rinascere alla vita l’uomo e la donna, nella Confermazione li unge con il crisma,
donando loro il suo profumo e la pienezza della sua vita, ovvero l’amore con cui è
amato dal Padre e con cui, a sua volta, ama il Padre. Come lo Spirito si è posato sulle
acque battesimali, ora, si posa sul loro capo (cfr. At 8,15-17.19,5-6), perché «non è un
uomo chi compie tali riti di iniziazione ma è la grazia dello Spirito che santifica la
natura delle acque e con la mano del sacerdote si distende sul [tuo] capo»179
. Nel
banchetto Cristo celebra le nozze con la Chiesa: invita la sposa - «ho tanto desiderato
mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15) - a divenire «un’unica carne» (Gen 2,24)
173
G. CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali, IV Catechesi, cit., 77. 174
G. MAZZANTI, I sacramenti simbolo e teologia, cit., 236. 175
Ciò determina il carattere paradossale dell’esistenza cristiana: «mentre nell’ordine della carne il figlio
esce dal seno materno, si allontana dalla madre e diventa sempre più indipendente dalla sua tutela
protettrice via via che cresce, si fortifica e si fa adulto, la Chiesa ci genera alla vita nuova di cui è
portatrice accogliendoci nel suo seno, e più si sviluppa la nostra educazione divina, più noi le diventiamo
intimamente legati», in: H. DE LUBAC, Pluralismo di Chiese o unità della Chiesa?, cit., 147. 176
«Il reciproco determinarsi di Dio e della persona umana è, di nuovo, come l’atto ufficiale del loro
sposalizio. Possiamo dunque ribadire che avviene qualcosa di analogo al fidanzamento ebraico: esso è
qualcosa di impegnativo, è già “sposalizio” (come tra Maria e Giuseppe), ancor prima della
“consumazione” nuziale», in: G. MAZZANTI, I sacramenti simbolo e teologia, cit., 261. 177
«Io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità» (Ez 16,8). 178
«Il “carattere” perfeziona il sacerdozio comune dei fedeli, ricevuto nel Battesimo, e “il cresimato
riceve il potere di professare pubblicamente la fede cristiana, quasi per un incarico ufficiale (quasi ex
officio)”», in: CCC 1305; «Questo carattere è costitutivo ma anche dinamico. Esso va concepito come un
lievito: entra nel cuore della Sposa ma ne informa tutta la vita e tutti gli atteggiamenti. È un carattere
esistenziale: per cui emerge anche nelle situazioni di tensione, nei momenti drammatici della vita, quando
si tratta di decidere, di scegliere. […]. È anche un carattere escatologico: esso protegge dalla morte
ultima, dalla separazione eterna da Dio», in: G. MAZZANTI, I sacramenti simbolo e teologia, cit., 282. 179
G. CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali, VI Catechesi, cit., 116.
42
con Lui. Come battezzati gli sposi partecipano già della nuzialità del rapporto Cristo-
Chiesa. Nel loro essere membra vive inserite nel corpo di Cristo-sposo, il loro amore
non è estraneo al mistero stesso che li fonda sacramentalmente nel Battesimo, che trova
la sua specificazione nella Cresima e la sua fonte originaria e la sua realtà costitutiva
nell’Eucaristia. La loro libera decisione è assumere tale amore come dono dello Sposo
che offre loro la partecipazione al suo mistero; nutriti alla mensa eucaristica, «imparano
ad amare non solo “come” Cristo ha amato ma con lo stesso amore divino-umano
riversato nei loro cuori dallo Spirito Santo»180
. L’Eucaristia ricapitola, così, l’intera
finalità nuziale dell’opera di Gesù, che a Cana inaugura la nuova alleanza e sulla croce
la porta alla sua “consumazione”. Le nozze umane vissute «nel Signore», si presentano
come svelamento del mistero nuziale e insieme come loro simbolo. Tutto il mistero
trinitario sta dentro questo rapporto tra Eucaristia e Matrimonio: ci sono l’unità, la
distinzione, la reciprocità, la circolarità, il rispetto delle differenze, la compenetrazione
vicendevole dell’amore, che si manifesta a livello biblico con la categoria sponsale che
abbraccia l’intero arco della storia della salvezza. C’è, pertanto, un rapporto profondo
tra mensa e talamo laddove c’è comunione di sentimenti, gratuità, dono di sé, intimità e
una “nudità” che dice il desiderio di comunicare e condividere anche le fragilità.
III.1.2. Prospettive pastorali: accompagnare alla vita di fede
Un problema complesso da affrontare a livello pastorale è la richiesta del sacramento
del battesimo per i figli o del matrimonio da parte di «battezzati “non credenti”»181
.
Infatti, viviamo nel tempo della “notte del mondo”, contrassegnato dall’assenza di Dio,
dove gli uomini vivono nell’indifferenza riguardo alla fede cristiana, estranei alla
ricerca delle ragioni ultime del vivere e del morire182
. Domandare alla Chiesa i
sacramenti è domandare “la Chiesa”: la sua fede, la sua preghiera, la comunione e la
partecipazione alla sua vita. Significa essere accolti come figli, generati in essa come in
un grembo. «L’atteggiamento adeguato nel contesto odierno secolarizzato non è tanto la
verifica della fede, quanto la provocazione alla fede»183
, per aiutare questi adulti, che
non l’hanno personalmente assunta, ad affermare un’identità religiosa cristiana oggetto
180
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 200-201. 181
P. CASPANI, “Condizioni di accesso al sacramento del matrimonio”, cit., 337. 182
Cfr. E. BIANCHI, Gesù educa alla fede, cit., 5; cfr. F. MANNS, Nuova evangelizzazione. La riscoperta
del battesimo, Figlie di San Paolo, Milano 2012, 8. 183
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell’amore, cit., 197.
43
di una scelta consapevole, non frutto di consolidate tradizioni trasmesse in forma
dogmatica. Occorre, perciò, riportare al centro della vita della comunità e della
progettazione pastorale un percorso di iniziazione alla fede o della sua riscoperta,
situandolo tra due polarità - l’iniziazione cristiana come fondamento, risposta di fede
all’amore che ci precede (DCE 17) e il sacramento nuziale come orientamento, capace
di dire la fede necessaria per una sua fruttuosa ricezione184
- che aiuti a leggere
nell’esistenza l’impronta dell’amore di Dio, «un amore che si conosce soltanto
attraverso la rivelazione, un amore capace di costruire una storia e che richiede una
comunità per farlo crescere»185
. Questo percorso, illuminando il profondo legame tra
battesimo e matrimonio, tra l’essere figlio e il divenire sposo, aiuterà a cogliere il
rapporto esistente tra significato antropologico e teologico del sacramento. Il Battesimo
non è un evento concluso il giorno in cui è accaduto; atto dell’origine della vita in
Cristo, appartiene ad ogni istante dell’esistenza successiva, si dispiega e si rinnova in
essa (cfr. ES 41). Infatti, il dono della “rinascita dall’alto” (cfr. Gv 3,3) sta alla radice
del gesto sacramentale che unisce l’uomo e la donna, tanto che il matrimonio, può
essere l’estensione alla coppia del battesimo che ciascuno ha ricevuto personalmente186
.
La nostra società postmoderna, ormai quasi disgiunta dalle proprie origini, sollecita la
Chiesa a ritornare ad annunziare il kèrigma della Chiesa primitiva: Cristo morto e
risorto per amore187
. La via battesimale dell’evangelizzazione (cfr. LF 42) potrebbe
diventare via privilegiata per far sì che nelle nostre comunità circoli la grazia filiale e
fraterna che rifonda le relazioni per educarci progressivamente a diventare Chiesa viva e
generante, che custodisce i propri figli e accoglie coloro che, spesso in modo
inconsapevole, le si avvicinano con una richiesta di senso. Pur sottolineando il valore
determinante del momento sacramentale188
, è fondamentale proporre «cammini di fede
che siano anche autentici percorsi di umanità»189
, spazi adeguati per far parlare il
mistero (mistagogia), sullo stile del “secondo annuncio”190
.
184
Cfr. E.H. SCHILLEBEECKX, Il matrimonio è un sacramento, cit., 22. 185
J.J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare. Tra programmazioni pastorali e generazione di una vita,
Edizioni Cantagalli S.r.l., Siena 2013, 112. 186
Cfr. M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, cit., 422. 187
«Occorrerà che avvenga nelle chiese domestiche, come alle origini della Chiesa», in: F. MANNS,
Nuova evangelizzazione, cit., 12. 188
P. CASPANI, “Condizioni di accesso al sacramento del matrimonio”, cit., 339-340. 189
Ibidem, cit., 347. 190
«Per “secondo annuncio” possiamo così intendere le proposte che riavviano alla fede persone che sono
cristiane per abitudine o che hanno preso distanza da essa», in: E. BIEMMI, Il secondo annuncio. La grazia
44
III.2. Conclusione
Con il Battesimo l’uomo e la donna, singolarmente, sono resi partecipi della
comunione interpersonale della vita trinitaria; con il Sacramento delle nozze questa
partecipazione rende nuova la loro relazione d’amore al punto tale che la Trinità è per il
matrimonio la sua chiave ermeneutica191
; ne svela il mistero e ne indica il cammino
verso la sua piena realizzazione. Esiste, quindi, una circolarità feconda tra il sacramento
del Battesimo e quello del Matrimonio. All’inizio sta il dono di diventare figli,
dell’essere «chiamati per nome e segnati con il segno della croce: è l’amore
incondizionato che ci chiama all’esistenza»192
e che ci «insegna che ogni amore umano
nasce dal dono primigenio di un amore più grande che promette la pienezza»193
; poi,
diventando sposi, scopriamo che questo amore è impegnativo e trasformante, perché è
«un amore che apre le porte e ci mette su strade lontane da casa perché possiamo
arrivare nella nostra vera dimora»194
.
La gran parte della sfida della nuova evangelizzazione si colloca sul fronte della
“coscientizzazione” negli adulti della radice battesimale della vita cristiana, spesso
trascurata e quasi dimenticata, vita che, per sua natura e vocazione, è un cammino nello
e secondo lo Spirito; un cammino di santità. Limitarsi alla preparazione del rito
significa ridurre il sacramento ad una serie di gesti che ne oscurano il significato
sacramentale di rapporto tra realtà umana e mistero di salvezza, dando l’impressione
che, “terminata la festa”, il sacramento è realizzato. Di qui l’urgenza di pensare
“percorsi di evangelizzazione” che accompagnino le persone in un cammino di senso
che parli alla vita195
, che le aiuti a riflettere sulle ragioni della loro richiesta, guardando
a Gesù «non solo come modello di vita, ma anche, appunto, come educatore alla
fede»196
, poiché in Lui c’è «un’arte nell’incontrare l’altro, nel comunicare con l’altro,
nel tessere con l’altro una relazione»197
.
di ricominciare, EDB, Bologna 2011, 37; cfr. G. BARBON – R. PAGANELLI (a cura di), “Coinvolgere
l’adulto in un processo di apprendimento. Appunti di metodologia”, in Evangelizzare 2 (2012) 124-127. 191
Cfr. CEI, Documento pastorale Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, cit., 2125. 192
T. RADCLIFFE, Prendi il largo! Vivere il battesimo e la confermazione, Queriniana, Brescia 2013, 9. 193
J.J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare, cit., 174. 194
T. RADCLIFFE, Prendi il largo!, cit., 61. 195
«Considerare l’adulto come soggetto di ogni percorso, credere che ogni persona è portatrice di un
frammento di Vangelo, che lo Spirito di Dio diffonde abbondantemente in ogni parte di umanità», in: G.
BARBON – R. PAGANELLI (a cura di), “Coinvolgere l’adulto …”, cit., 124. 196
E. BIANCHI, Gesù educa alla fede, cit., 7. 197
Ibidem, 7-8.
45
CONCLUSIONE
In queste pagine abbiamo preso in esame i sacramenti del Battesimo e del
Matrimonio - nel rapporto tra parola annunciata e gesto liturgico - e la loro continuità
dinamica, mettendone in luce sia gli aspetti rilevanti per la comprensione della relazione
profonda tra aspetto antropologico e dimensione teologale, sia il legame con la fede,
l’inserimento nella comunità cristiana e l’appartenenza a un vincolo nuovo di fraternità.
Pur consapevoli che è impensabile riuscire a presentare in poche pagine una sintesi
compiuta della loro ricchezza, in conclusione, vorremmo ribadire la novità di vita che
l’incontro con il Cristo, nel dono dei sacramenti, a partire dal battesimo, offre a ciascun
uomo nella traiettoria temporale dell’amore umano: «Il fonte battesimale è il “grembo
divino” nel quale ogni cristiano viene generato alla vita di Cristo e della Chiesa; esso è
per il matrimonio ciò che la sorgente è per il fiume»198
; è il sì di Dio, che precede e
fonda il consenso degli sposi: ricorda ai nubendi la radice della loro vocazione
all’amore, e per il figlio che nascerà dalla loro unione, «la sua Origine nel Padre di
Gesù»199
.
La famiglia, «che contiene tutta la genealogia della persona fin dall’infanzia, in cui
impara ad essere figlio, e sino al dono sponsale e fecondo, è chiamata a essere
l’immagine della Trinità»200
; se la comunità coniugale sarà accompagnata alla scoperta
di questa ricchezza201
, potrà diventare nel mondo «seminatrice di segni»202
. Infatti,
nonostante crisi, incertezze e momenti di sfiducia, essa serba in sé la promessa di
«custodire, rivelare e comunicare l’amore» (FC 17) poiché è radicata in Dio. L’amore
umano partecipando di questo mistero nuziale, consente agli sposi di trovarvi l’origine e
la loro stessa ragion d’essere: «amarsi, continuare puramente e semplicemente ad
amarsi»203
.
198
C. ROCCHETTA, Il Sacramento della coppia, cit., 187. 199
J. GRANADOS, I segni nella carne, cit., 45. 200
C. ANDERSON – J. GRANADOS (a cura di), Chiamati all’amore, cit., 123. 201
«La famiglia contiene tale immagine perché in essa siamo figli, ci doniamo come sposi e diventiamo
genitori», in: Ibidem, 123. 202
G. CAMPANINI, Il sacramento antico, cit., 153. 203
Ibidem, 157.
47
INTRODUZIONE
In questa tesi vogliamo analizzare l’importanza del Battesimo per la vita di fede e la
ricchezza di senso che offre al matrimonio come sacramento e alla famiglia cristiana; da
qui proviamo ad approfondire la nozione di figliolanza, come esperienza generativa e
fondante per ogni persona umana. Il Battesimo viene quindi presentato in chiave
sponsale, passando dalla figliolanza alla paternità/maternità attraverso la coniugalità.
Questo percorso può guidare una rinnovata impostazione pastorale: solo (ri)scoprendosi
sempre più figli di Dio si diventa realmente sposi e poi autentici genitori capaci di
generare i propri figli ad una pienezza di vita, all’interno di una Chiesa famiglia di
famiglie. Il Battesimo è il dono della figliolanza nel Figlio; il Matrimonio svela il
progetto di salvezza di Dio nel mistero dell’unione Cristo-Chiesa: entrambi sono
sacramenti permanenti, che arricchiscono la nostra vita ogni giorno e donano la grazia
di lasciare trasparire la relazione trinitaria. Mentre la categoria della sponsalità è
ovviamente approfondita nei percorsi verso e nel matrimonio, la ricchezza del
Battesimo è continuamente da riscoprire e riproporre, soprattutto perché la forma
abituale del sacramento è quella dei bambini. Mentre la prospettiva ecclesiale sottolinea
il dono sorgivo del Padre e la chiamata alla santità del cristiano, una progressiva
appropriazione dell’evento battesimale può dare senso alle domande profonde sia dello
sposo che del genitore.
Il lavoro è strutturato in tre capitoli che sinteticamente percorrono la crescita umana e
spirituale di uomini e donne attraverso le coordinate della figliolanza e della sponsalità.
Nel primo capitolo accostiamo la famiglia alla Chiesa, cercando di evidenziare il ruolo
che assumono nella formazione e nell’educazione della persona, partendo dalla nascita
all’età adulta. Il secondo capitolo è centrato sul Battesimo: l’Eucarestia è «fonte e apice
di tutta la vita cristiana» (LG 11) e tuttavia il Battesimo come «sacramento della
rigenerazione cristiana mediante l’acqua e la parola» (CCC 1213) assume
un’importanza decisiva per la vita (di fede) del bambino e dell’adulto. Una prospettiva
di accompagnamento alle coppie viene disegnata nel terzo capitolo, dove si sottolinea la
stretta relazione che unisce famiglia e Chiesa, figliolanza e sponsalità, generazione e
generazioni.
48
CAPITOLO I
BATTESIMO: LUOGO DELL’INCONTRO TRA
FAMIGLIA E CHIESA MADRE
La nascita assume un rilievo determinante per ogni uomo perché l’esperienza di aver
ricevuto la vita ha un ruolo decisivo nella costituzione della propria identità e
appartenenza; la trasmissione della vita interroga ogni coscienza umana e suscita gioie e
paure. La nascita è un evento che assume significati che eccedono il semplice livello
biologico. Occorre infatti anche nascere al senso della vita: per questo è necessario
confrontarsi con le domande più profonde sulla propria origine e sul proprio destino. In
questo capitolo sviluppiamo dunque l’analogia tra famiglia e Chiesa secondo la
prospettiva del Battesimo. Nello specifico, vogliamo costruire il parallelismo rispetto ai
temi delle generatività e dell’educazione: come la famiglia genera biologicamente,
custodisce ed educa, così la Chiesa genera spiritualmente e introduce in una nuova
famiglia spirituale che rende fratelli. In particolare, dopo aver brevemente introdotto le
fragilità odierne della famiglia, cerchiamo di chiarire l’importanza della figura
(simbolica) del padre e la sua progressiva crisi e trasformazione. In parallelo
recuperiamo sinteticamente la simbologia generativa della Chiesa per mostrare la
centralità della nostra figliolanza adottiva attraverso Cristo (figli nel Figlio). Proviamo a
individuare nel Battesimo il punto nodale che raccorda gioie e speranze, tristezze e
angosce (cfr. GS 1) della vita umana con il progetto di salvezza di Dio, puntando a
riscoprire nella categoria della paternità divina la chiave di lettura dell’immenso
compito generativo della famiglia: «Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre,
dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra» (Ef 3,14-15).
I.1. Famiglia, spazio delle relazioni originarie
Nonostante il rapido mutare dei costumi e dei comportamenti tra le generazioni
passate ed attuali e la presenza di stili e modalità diverse di fare famiglia, possiamo
ancora definire la famiglia come quella specifica ed unica organizzazione che lega e
tiene insieme le differenze originarie dell’umano, quella tra generi (maschile e
49
femminile), tra generazioni (genitori e figli) e tra stirpi (l’albero genealogico materno e
paterno) e che ha come obiettivo e progetto intrinseco la generatività
1. La generatività umana è un evento non solo biologico ma anche simbolico e
culturale; presiede alla prosecuzione della specie e alla continuazione e innovazione
della storia familiare e sociale; infatti ogni nuovo essere appartiene alla famiglia di
origine ma è sempre irripetibile2. La famiglia rimane l’ambito fondamentale
«dell’umanizzazione della persona» (CL 40), il luogo privilegiato della cura degli affetti
e dell’educazione. Infatti «nell’orizzonte della comunità cristiana, la famiglia resta la
prima e indispensabile comunità educante»3. La famiglia è il luogo per eccellenza del
legame affettivo, ma anche il luogo generativo di responsabilità, in particolare verso la
vita, come bene promettente per sé e per gli altri.
Al centro del legame familiare sta la dimensione del dono che produce relazione:
ciascuno entra nel rapporto contemporaneamente come creditore e debitore,
alimentando quello scambio che rende vitali e feconde le relazioni familiari. I genitori
offrono il dono della vita ma da una parte sono essi stessi figli quindi debitori della vita
alle generazioni precedenti, dall’altra sono fortemente segnati da responsabilità nei
confronti dei figli e questo legame è permanente. Ma anche i figli, nello stesso momento
in cui ricevono la vita in dono, sono iscritti in una condizione di riconoscenza per quello
che hanno ricevuto. Il dono obbliga nel senso proprio di “ob ligare”: è un atto capace di
costruire e cementare legami4. Allo stesso tempo è sinonimo di gratuità: «Il dono della
vita e il dono di sé tra genitori e figli, tra uomo e donna, rappresenta la forma meno
visibile, meno consapevole, meno legata a pretese di restituzione che la vita umana
abbia saputo produrre»5. È innanzitutto nella famiglia che ognuno di noi sperimenta di
essere amato e così di poter amare l’altro, è nella famiglia che si impara ad uscire per
esercitarsi nell’amore, creando una nuova famiglia e continuando il ciclo delle
generazioni. Ed è proprio nella famiglia che si impara anche la fiducia. La vita di
ciascuno di noi dipende soprattutto dalla nostra capacità di credere, di avere fiducia
1 E. SCABINI - R. IAFRATE, Psicologia dei legami familiari, Il Mulino, Bologna 2003, 38.
2 Cfr. E. SCABINI, “Incrementare “il famigliare”: il compito perenne della famiglia in un mondo che
cambia”, in AA. VV. La famiglia soggetto sociale, Città Nuova Roma, 2002. 3
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo - Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il
decennio 2010-2020, 2010, 36. 4 Cfr. E. SCABINI - O. GRECO, “Dono e obbligo nelle relazioni familiari”, in AA. VV., Il dono tra etica e
scienze sociali, Edizioni Lavoro, Roma 1999, 85-105. 5 C. SITÀ, Il sostegno alla genitorialità. Analisi dei modelli di intervento e prospettive educative, La
Scuola, Brescia, 2005, 127.
50
negli altri, nella vita, nel futuro, di accettare la fiducia degli altri. Infine, nella famiglia
si può accedere alla speranza, si può vincere lo scoraggiamento e la disperazione:
avanzando nella vita si comprende che si può solo sperare con gli altri, e nella famiglia
sperare insieme è necessario per imparare ad abitare il mondo. È allora la condizione
primaria e fondamentale perché l’uomo possa vivere e far vivere. La famiglia sviluppa i
diversi legami che sostengono la persona nel suo processo di crescita e che
incrementano la qualità della vita di una comunità; è dunque il primo grande e
necessario laboratorio della vita, la prima grande forza di confronto con la realtà più
ampia che è la società. Un uomo non entra da solo in società, ma sempre a partire da
una comunione naturale.
I.1.1. Tutti siamo figli
L’esperienza della figliolanza è costitutiva dell’essere umano e non rimane
circoscritta quindi solo al rapporto con i genitori ma diventa un modo di essere: tutti
siamo figli, anche se magari non saremo padri e madri. Dalla nascita il figlio
rappresenta la fragilità e la dipendenza, che favoriscono l’estrema ricettività del
neonato; essere che vive una relazione, non solo di cura ma affettiva, un legame che
rivela la sua capacità di ricevere e donare amore. Essere figli significa inoltre avere
un’origine, entrare in una storia, costituire un legame con chi ci ha preceduto e con chi
verrà dopo. Infatti la condizione filiale rimanda anche al futuro: la vita è senso, ha un
fine – non solo una fine – e rappresenta certamente un dono ma allo stesso tempo un
impegno. La possibilità per il figlio di sperimentare la propria alterità e il proprio limite
necessita di una fiducia di base6 che si riceve nel clima affettivo familiare e che struttura
una certezza interiore di un bene sempre presente, limitando le insicurezze
dell’abbandono. La somiglianza con i genitori non diventa imitazione o copia ma spinge
all’affermazione di identità e di libertà. Ecco l’importanza dei primi anni di vita:
«L’infanzia è metafora irrinunciabile per dire il senso della vita»7. Questa fiducia
6 Cfr. E. ERIKSON, I cicli della vita, Mondadori, Milano 1984. La fiducia di base viene acquisita grazie
alle continue esperienze positive (soprattutto di tipo sensoriale: accadimento, carezze, suono della voce)
garantite dalla figura materna. 7 G. ANGELINI, Educare si deve ma si può?, Vita e pensiero, Milano 2002, 38. Ancora: «L’esperienza
effettiva di quell’età è dunque momento indispensabile per accedere al senso della vita. E tuttavia il senso
della vita o, per usare una lingua più esplicita, la sua speranza, ovviamente non è quello di rimanere
bambini per sempre. L’infanzia deve invece soltanto - ma non è poco - dischiudere una verità, che sta
oltre quell’età».
51
diventa poi anche relazionale: i legami sono considerati buoni, non illusori. La famiglia
quindi è il luogo dove si trasmette la fiducia fondamentale della vita come dono, la
responsabilità personale della vita come vocazione; è il luogo dove la coppia costruisce
il proprio progetto di vita comune diventando il primo ambiente di trasmissione
culturale e spirituale. È necessaria una compresenza di un “codice affettivo materno”,
improntato alla cura, alla protezione e all’accoglienza incondizionata e di un “codice
etico paterno”, espresso dalla responsabilità, dalla norma, fondamentali per garantire
un’equilibrata evoluzione dell’identità personale8. Questo compito di madre e padre
richiede un lavoro congiunto9. La funzione materna esprime soprattutto il polo affettivo
mentre quella paterna quello etico. Il padre è colui che separa il bambino dalla madre,
inducendolo ad uscire dallo stato iniziale di dipendenza per assumere un atteggiamento
più attivo e autonomo. Il modello materno è fusionale, quello paterno rappresenta il
distacco10
. La fondamentale funzione paterna è di permettere al figlio di guardare la
madre dall’esterno, garantendo il rimodellamento dell’identità fisica e psichica e
insegnando il controllo e l’utilizzo positivo dell’aggressività. Nella crescita la differenza
tra maschile e femminile è essenziale in quanto un individuo ha bisogno di fare
esperienza dell’alterità, ossia di essere in grado di mettersi in rapporto, confrontarsi e
imparare dall’altro11
. Lo psicoanalista Zoja spiega che la maternità è ereditata
naturalmente e biologicamente ed è già presente alle origini mentre la paternità non è
una figura naturale, originaria nella specie umana: se non viene insegnata, scompare.
Non è dunque la paternità biologica, ma l’adozione simbolica che umanizza la vita12
.
8 La teoria dei codici affettivi proposti dallo psicoanalista Franco Fornari comprende il materno, il
paterno, dei fratelli, del bambino onnipotente, della sessualità (cfr. A. Maggiolini, La teoria dei codici
affettivi di Franco Fornari, Unicopli, Milano 1988). 9 Cfr. V. IORI, “Padri e madri: oltre le fragilità e le rigidità dei ruoli”, in AA.VV., Educare alla
genitorialità tra differenze di genere e di generazioni, La Scuola, Brescia 2005, 123-138, 138: «La
condivisione genitoriale implica un “pensare insieme”, un “aver cura” insieme, un mettere in comune le
proprie esperienze, parteciparsi reciprocamente speranze, timori, attese di cui è costruita la
preoccupazione educativa. La condivisione genitoriale pro-voca (chiama fuori) entrambi i generi ad
incontrarsi con l’altro, a mettere in comune progetti e aspettative, preoccupazioni e gioie, poiché la
genitorialità è l’unica relazione educativa costitutivamente duale» 10
Cfr. G. FERRARI, Padri a distanza, in AA.VV., Paternità e padri. Tra regole e affetti, Franco Angeli,
Milano 2013, 149-163. 11
Cfr. A. SCOLA, Il mistero nuziale. 1. Uomo-Donna PUL, Roma 2005. Scola mette in luce che la
differenza sessuale non è diversità; l’etimologia stessa, dif-ferre, suggerisce «l’idea del portare altrove lo
stesso cambiandovi allocazione»: l’identificazione dell’io avviene solo nel riconoscimento di una
differenza. 12
Cfr. L. ZOJA, Il gesto di Ettore Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre, Bollati Boringhieri,
Torino 2003. Nel corso dell’evoluzione i mammiferi hanno codificato il rapporto madre/figlio, non quello
del padre, che feconda la femmina ma non accudisce la prole. Nella paternità non abbiamo un semplice
52
Anche la celebre pagina del sacrificio di Isacco diventa paradigmatica13
: Abramo
rinuncia ad avere l’ultima parola sul destino del figlio perché risponde a una legge
superiore, che impone ai genitori di lasciar andare i propri figli, di non considerarli delle
proprietà. Il legame con i genitori si trasforma con l’età: l’affetto si accompagna
all’autonomia, il ricevere al donare. L’impegno della libertà trasforma e rende capaci di
valutare con atteggiamento maturo le relazioni, scoprendo nuovi padri e madri nelle
figure significative per la crescita. La generatività impone sempre un distacco che
impegna la libertà e responsabilità del figlio.
I.1.2. La crisi del padre
Essere figli significa dunque essere simili e nello stesso diversi, sperimentando
quindi oltre alla differenza relazionale anche la conflittualità, il rifiuto, la ribellione.
Legato a questo aspetto occorre richiamare la crisi della figura paterna e diversi autori si
stanno confrontando su questo tema. Lizzola sottolinea l'importanza dell’assunzione
della paternità che diventa una modalità particolare di umanizzazione: la fragilità capace
di testimonianza e di consegna14
. E Recalcati, riprendendo la formula del maestro
Lacan, elabora sull’evaporazione del padre15
, per significare lo spegnersi della funzione
paterna, ovvero quella di incarnare l’ideale che orienta nella famiglia e nella società.
genitore biologico, ma una figura impegnata nella protezione e nella crescita; non è un semplice atto
istintuale, ma un complicato gesto culturale, che necessita di intenzione e consapevolezza. Il diritto
romano prevede un rituale: il padre innalza il figlio verso l’alto e lo adotta. Ettore diventa il prototipo
della paternità: guerriero ma anche padre. Prima del duello con Achille, torna a casa, abbraccia la moglie
ma il bambino urla: è ancora vestito dalle armi, il bambino è spaventato dall’elmo con la chioma rossa.
Solo dopo essersi tolto l’elmo, che rappresenta l’indole guerriera, può abbracciare il bambino e innalzarlo
verso Zeus. È la dimensione verticale del padre, “il gesto di Ettore”. 13
Cfr. S. KIERKEGAARD, Timore e tremore, Mondadori, Milano 2003. Kierkegaard utilizza proprio
l’esempio della madre che deve staccarsi dal neonato per lo svezzamento. Abramo (e con lui ogni
credente) per mezzo di questa prova è stato svezzato, diventando adulto. Abramo crede nella promessa di
Dio, rompe col suo passato e addirittura col suo futuro: la Parola di Dio diventa sempre più la sua unica
certezza; J.P. LEBRUN – A. WÉNIN, Le leggi per essere umano. Bibbia e psicanalisi a confronto, Il pozzo
di Giacobbe, Trapani 2010, 82-84. Il comando di Dio è ambiguo e sarà Abramo a dover scegliere: offrire
un sacrificio di ringraziamento a Dio per il figlio, oppure sacrificare il figlio stesso, cioè «restituirlo
simbolicamente a Dio che glielo ha donato» lasciandolo andare. Abramo sceglie quest’ultima opzione:
legando il figlio Isacco e ponendolo sull’altare di fatto lega il figlio a Dio, non a sé, riconoscendolo come
dono ricevuto. Isacco non è per il padre Abramo, ma è per Dio: egli è sì dono ricevuto, ma destinato alla
propria vita. 14
Cfr. I. LIZZOLA, La paternità oggi. Tra fragilità e testimonianza, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini)
2013, 22: «Un uomo che si trova ad essere padre, si ritrova ad essere figlio»; 35: «Non è tanto uomo del
giudizio, ma uomo che precede, che viene da un tempo nel quale ha già incontrato anche l’errore, il
perdono dato e ricevuto, il riscatto e la restituzione». 15
Cfr. M. RECALCATI, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca moderna, Feltrinelli, Milano 2011.
L’eredità del padre è la facoltà di trasmettere il desiderio da una generazione all’altra ma i genitori di oggi
cercano più di farsi amare dai figli che di educare.
53
Telemaco, il figlio di Ulisse, che resta in attesa del padre per ristabilire la legge
sull'isola di Itaca, suggerisce un nuovo modo di essere figli, e quindi di essere uomini
nell’epoca della morte del padre16
. La difficoltà odierna dei padri è svolgere la funzione
educativa per cui siamo figli a cui nessuno insegna la passione, i desideri, da tramandare
di generazione in generazione come eredità. Ogni generazione ha il compito di
trasmettere alla successiva non solo la vita, ma anche il senso della vita; non solo
un’esistenza limitata al soddisfacimento di bisogni o alla rivendicazione del diritto alla
propria conservazione, ma anche una vita umana e umanizzata. I figli di oggi cercano
testimoni e la loro richiesta di senso è altrettanto forte e autentica. Il momento storico
presente rende il bisogno di ereditare e di acquisire la testimonianza del padre ancora
più urgente e necessaria: un padre che non impone la legge, ma la applica.
I.2. Chiesa come famiglia di Dio
Il ruolo fondamentale della famiglia rimanda alla Chiesa che può definirsi la famiglia
di Dio17
. Mentre la famiglia trasmette la fiducia fondamentale della vita, la Chiesa svela
la vita come un dono che viene dall’alto, che non proviene solo dai genitori, ma che
viene dalla sorgente di ogni vita, il Padre che è nei cieli. Mentre la famiglia trasmette la
responsabilità personale delle scelte, la Chiesa allarga l’orizzonte verso una vocazione
allargata. Mentre la famiglia realizza un’intima comunione di vita dentro la trama del
quotidiano, la Chiesa evita di soffocare questo anelito nel privato condividendolo con
altre famiglie. Mentre la famiglia costruisce la grammatica per denominare ciò che è
buono, vero e bello, la chiesa espande questo linguaggio familiare alla comunione e alla
missione. La paternità di Dio mostrata nella parabola del padre misericordioso (Lc
15,11-32) viene usata da Papa Francesco per chiarire il disegno di Dio sull’umanità:
«fare di tutti noi un’unica famiglia dei suoi figli, in cui ciascuno lo senta vicino e si
senta amato da Lui, come nella parabola evangelica, senta il calore di essere famiglia di
16
Cfr. M. RECALCATI, Il complesso di Telemaco - Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli,
Milano 2013. Telemaco ci insegna chi è, oggi, il figlio autentico, l'erede giusto, perché sa riconoscere il
debito insuperabile che lo lega ai genitori. Il complesso di Telemaco è un rovesciamento del complesso di
Edipo che vive il proprio padre come un rivale, come un ostacolo sulla propria strada; Telemaco, invece,
guarda il mare, scruta l’orizzonte e aspetta che la nave di suo padre ritorni per riportare la Legge nella sua
isola dominata dai Proci. Telemaco è in attesa del ritorno: esprime cioè una radicale invocazione del
Padre, scaturita dalla presa di coscienza che senza Legge non c'è senso, non c'è felicità. 17
Cfr. F.G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, Edizioni Glossa Milano, 20062, 101-
138. Nel Dialogo Quattro «Famiglia “Chiesa Domestica” e Chiesa “Famiglia di Dio”» viene costruito il
parallelismo tra l’ambiente familiare e l’ambiente ecclesiale.
54
Dio»18
. Un amore incomprensibile per i due figli: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto
ciò che è mio è tuo». Il padre ama immensamente entrambi i figli e dà a ciascuno la
libertà di essere ciò che vuole, ma attende con speranza e compassione19
.
I.2.1. Fonte battesimale come utero
Tra le immagini usate per descrivere la Chiesa c’è quello di madre: «diventa essa
pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e
immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio» (LG 64) e «Non
può avere Dio per padre, colui che non ha la Chiesa come madre»20
. L’immersione
battesimale è un gesto che condensa in sé i momenti più profondi della vita umana: la
nascita, la crescita, l’innamoramento, la passione, il coraggio di donarsi agli altri e di
sacrificarsi, la ricerca di senso, la sofferenza e il fallimento, la morte. Questa scelta non
limita l’autonomia del bambino, ma piuttosto riconosce un debito nei confronti della sua
libertà, una responsabilità verso la trasmissione di un patrimonio umano e spirituale che
deve accompagnare il compito della trasmissione biologica dell’identità. Nella
celebrazione del Battesimo possiamo riconoscere i lineamenti più genuini della Chiesa,
la quale come una madre continua a generare nuovi figli in Cristo, nella fecondità dello
Spirito Santo. Il Battesimo è un dono che viene elargito in un contesto di condivisione
fraterna: «io non mi posso battezzare da solo: devo chiedere ad un altro il Battesimo. È
un atto di fratellanza, un atto di filiazione alla Chiesa»21
. Ratzinger chiarisce molto bene
18
FRANCESCO, Udienza generale, Piazza San Pietro, 29 maggio 2013. «La Chiesa nasce dal desiderio di
Dio di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, alla sua amicizia, anzi a partecipare come suoi
figli della sua stessa vita divina. La stessa parola Chiesa significa convocazione: Dio ci convoca, ci spinge
ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua
famiglia. E questa chiamata ha la sua origine nella stessa creazione. […] Da dove nasce allora la Chiesa?
Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua,
simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. […] La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è
amati», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130529_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014]. 19
Cfr. H. J.M. NOUWEN, L’abbraccio benedicente, Queriniana, Brescia 199810
, 140: «Come Padre, l’unità
autorità che rivendica per sé è l’autorità della compassione. Essa deriva dal consentire che i peccati dei
figli feriscano il suo cuore. Non c’è lussuria, avidità, rabbia, risentimento, gelosia o vendetta dei suoi figli
che non abbia causato una pena immensa al suo cuore». Attraverso il quadro di Rembrandt, le figure dei
due figli e del padre vengono analizzate e collegate ai nostri comportamenti; soprattutto l’immagine del
padre diventa icona della misericordia divina. 20
SAN CIPRIANO, De unitate catholicae Ecclesiae, 6: CCL 3, 253. 21
FRANCESCO, Udienza generale, Piazza San Pietro, mercoledì 8 gennaio 2014, in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2014/documents/papa-francesco_20140108_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014].
55
l’importanza del battesimo partendo dal rito stesso22
. L’utilizzo dell’acqua rappresenta
simbolicamente un duplice processo: morte dell’io e uscita-da-sé, risurrezione e
ingresso nel nuovo io di Gesù Cristo, per realizzare pienamente la vocazione umana alla
figliolanza divina. È un sacramento di morte e, proprio per questo, di risurrezione.
Questo evento è del tutto personale: è la singola persona che viene introdotta nella
figliolanza divina; contemporaneamente si rivela anche un atto intrinsecamente
comunitario ed ecclesiale. E, come figli, dobbiamo riconoscerci talmente appartenenti a
Cristo, da ritenerci una carne, un corpo solo con tutti i suoi fratelli. Il sacramento del
Battesimo è quindi un evento ecclesiale ed ha tra i suoi effetti proprio quello di generare
la fede. La fede non costituisce infatti un’elaborazione personale, da apprendere anche
autonomamente, ma una realtà che avviene venendo accolti nella comunità di coloro
che credono. La fede non è infatti patrimonio individuale: la chiesa non può essere
assente dalla fede del cristiano, perché il suo “credere” non può essere solitario (unus
christianus, nullus christianus dice san Cipriano). Quando il cristiano crede, lo fa
sempre personalmente e in comunione con altri. Senza la Chiesa non può essere
generato alla fede, innestato nella vita stessa di Gesù e nutrito nel suo cammino
quotidiano. La Chiesa dunque va accolta dal cristiano come una madre e il cristiano
deve sentire la propria filialità come un dono personale fatto da Cristo sulla croce:
«Ecco tua madre» (Gv 19,27).
22
Cfr. J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. L’unità di struttura e contenuto”, in
Elementi di teologia fondamentale. Saggi sulla fede e sul ministero, (a cura di) G. CANOBBIO,
Morcelliana, Brescia 1986, 25-43. 29-31: «Il battesimo fonda una comunione di nome con il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo. […] Essere battezzato significa dunque entrare in comunione di nome con Lui
che è il Nome, e divenire attributo di Dio, molto al di là ancora di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Da
qui è semplice capire come il battesimo sia inizio qui di resurrezione, inclusione nel nome di Dio, e
quindi nella sua indistruttibile vitalità. […] Noi stessi siamo destinati ad essere figli, a entrare con Dio nel
rapporto del Figlio e a essere perciò collocati nell’unità dello Spirito con il Padre. L’essere battezzato
sarebbe, allora, la vocazione a partecipare al rapporto di Gesù con Dio. Di qui si potrebbe già intuire
perché il battesimo può esistere solamente al passivo, come “essere battezzato”; per il fatto che nessuno è
capace di rendersi Figlio da sé. […] Il Figlio non programma semplicemente la propria vita da sé, ma la
riceve dal dialogo con Dio, che lo rende libero di affrontare gli uomini e servirli in libertà e gli insegna ad
apprendere la scrittura senza scuola e senza maestro, ma più a fondo degli altri uomini appunto per
iniziativa da parte di Dio stesso. […] Già dalla formula trinitaria risulta chiara la dimensione ecclesiale
del battesimo: non è qualcosa di supplementare, ma mediante Cristo veniamo inseriti insieme nel concetto
di Dio. Nascere da Dio significa essere inseriti nel Cristo totale, capo e membra. Questo mistero di vita
porta in sé un mistero di morte. […] Essere battezzato vuol dire assumere il nome di Cristo, vuol dire
diventare figlio con Lui ed in Lui. L’esigenza posta dal nome che qui si assume è più radicale di quella
posta da qualsiasi nome umano. Essa sradica il nostro volere arbitrario più in profondo di quanto possa
fare il più profondo dei legami umani. Da questo momento la nostra vita deve essere “filiale”, dobbiamo
cioè essere proprietà di Dio al punto da divenire suo attributo».
56
I.2.2. Crisi della fede e della famiglia
Non possiamo tuttavia trascurare che «siamo davanti ad una profonda crisi di fede,
ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di
oggi»23
; questa crisi si lega direttamente con la crisi della famiglia. Ora, piuttosto che
descrivere compiutamente le origini di questa malattia24
, elenchiamo brevemente le
conseguenze, sintetizzando alcuni elementi presenti nel recente Instrumentum Laboris
del Sinodo della famiglia25
. Spesso la fede è debole o assente nelle realtà familiari
mentre parrocchia e Chiesa sono percepite come eccessivamente moralistiche e quindi
distanti dalla realtà quotidiana; l’ideale della famiglia si percepisce come una meta
irraggiungibile e frustrante, invece di essere compreso come indicazione di un cammino
possibile, attraverso il quale imparare a vivere la propria vocazione e missione. Le
famiglie sperimentano l’incapacità di costruire relazioni solide per le tensioni tra i
coniugi, dovuti alla mancanza di fiducia reciproca e di intimità, e per i conflitti
generazionali tra genitori e figli. Questa progressiva mancanza di dialogo isola ogni
componente della famiglia, negando l’esperienza significativa di essere amato e di
amare (il cosiddetto “analfabetismo affettivo”26
dei giovani). La vita familiare è inoltre
pesantemente influenzata da consumismo, carrierismo e competitività. La
privatizzazione della vita, della fede e dell’etica allarga questo fenomeno alla società
intera: alla coscienza e alla libertà individuale si conferisce il ruolo di volere assoluto,
fondamento del bene e del male. Papa Francesco ha sintetizzato questi processi
definendoli «cultura del provvisorio»27
. Tutti questi elementi hanno reso il Vangelo
23
BENEDETTO XVI, Plenaria della congregazione per la dottrina della fede, 27 gennaio 2012, in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2012/january/documents/hf_ben-
xvi_spe_20120127_dottrina-fede_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 24
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, Il mistero della famiglia, Edizioni Cantagalli, Siena-Roma 2010, 87-104. Nel
capitolo “Il Vangelo della Famiglia e la nuova evangelizzazione” troviamo un’analisi approfondita della
malattia, individuando le cause nell’individualismo, nella comunione e nella corporeità, in sostanza nella
crisi del soggetto, che non riesce a darsi un’identità morale. 25
SINODO DEI VESCOVI, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione -
Instrumentum laboris, 2014, in:
http://www.vatican.va/roman_curia/synod/documents/rc_synod_doc_20140626_instrumentum-laboris-
familia_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 26
Cfr. L. MELINA, “Analfabetismo affettivo e cultura dell’amore” in L. MELINA – G. GALLAZZI (a cura
di), La famiglia è ancora un affare? La finanza responsabile, la società e la famiglia, SRI Group, Milano
2010, 43 - 57. 27
FRANCESCO, Messaggio per la XXIX giornata mondiale della gioventù, 21 gennaio 2014. «Se
veramente fate emergere le aspirazioni più profonde del vostro cuore, vi renderete conto che in voi c’è un
desiderio inestinguibile di felicità, e questo vi permetterà di smascherare e respingere le tante offerte “a
basso prezzo” che trovate intorno a voi. […] Abbiate il coraggio di andare contro corrente. Abbiate il
57
insignificante per molti in quanto non pare avere alcun peso nella vita28
.
I.3. Famiglia e Chiesa generano alla fede
L’evento fondante della nascita riconduce al generare, e “nell’esperienza della
generazione è in gioco l’atteggiamento complessivo dell’uomo e della donna nei
confronti della vita”29
e del suo senso, per sé e per i propri figli. Purtroppo oggi ciò non
accade più in termini così univoci e scontati: in qualche modo si nasce, ma spesso non si
è generati. Oggi i bambini non si sentono più generazione30
, anche per una confusione
dei ruoli genitoriali e la specifica crisi della figura paterna di cui abbiamo tratteggiato le
caratteristiche. Molti padri sono evanescenti mentre a loro spetterebbe assicurare il
senso della continuità tra le generazioni, come tutore della crescita, iniziatore alla
battaglia della vita, colui che introduce alla realtà, alla cultura, alla storia. Osserviamo
che come la Chiesa è famiglia di Dio così la famiglia è Chiesa domestica31
: entrambe
sono luogo della generazione, della vita come dono, della fiducia nella vita, della fiducia
fondamentale. È poi spazio degli affetti e delle relazioni, della libertà e della
responsabilità. È spazio simbolico dell’intimità e contemporaneamente dello scambio e
della trasmissione. Questo è il punto di diretta reciprocità tra chiesa e famiglia: la
famiglia genera alla vita come fiducia fondamentale, la chiesa genera alla fede come
vita divina.
I.3.1. Chiesa come madre
Occorre pertanto che la Chiesa sappia essere madre, «grembo accogliente, comunità
di credenti in cui si è generati come figli di Dio e si fa l’esperienza del suo amore»32
. In
termini educativi, la maternità della Chiesa richiama tutti quegli atteggiamenti che si
riconducono alla vicinanza, alla comprensione, alla fiducia, al calore. Per le nostre
coraggio della vera felicità! Dite no alla cultura del provvisorio, della superficialità e dello scarto, che non
vi ritiene in grado di assumere responsabilità e affrontare le grandi sfide della vita!», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/youth/documents/papa-
francesco_20140121_messaggio-giovani_2014.html [ultima visita del 10.09.2014]. 28
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare. Tra programmazioni pastorali e generazione di una vita,
Edizioni Cantagalli, Siena 2013. 29
G. ANGELINI, Il figlio. Una benedizione, un compito, Vita e Pensiero, Milano 1994, 77. 30
Cfr. P. DONATI, “Relazioni intergenerazionali e tempi di vita quotidiana nell’infanzia”, in Orientamenti
pedagogici 258 (1996) 1263-1286. 31
Cfr. F. G. BRAMBILLA, Cinque dialoghi su matrimonio e famiglia, cit., 101: viene svolto «il rapporto
chiesa e famiglia attraverso la mediazione della metafora della casa. La casa è una metafora non solo
spaziale, ma anche temporale». 32
CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, cit., 29.
58
comunità, questo costituisce un invito a mostrare un’umanità accogliente e partecipe;
misericordia e fiducia rafforzano e spingono verso il bene. E infine la Chiesa agisce
come maestra, con il «compito di servire la ricerca della verità»33
. Benedetto XVI
accosta questo compito a quello della genitorialità34
. Papa Francesco invece paragona i
giovani ad orfani35
e riprende il parallelismo tra madre e Chiesa36
. La promessa ad
Abramo è la promessa di fecondità che Dio fa all’uomo: non nell’immediato senso
biologico ma nel vero significato esistenziale ovvero il dono di dare la vita, il poter
trasmettere la vita che Dio ha posto in noi ad altri. Questa è la grande promessa che lega
Dio al suo popolo e per questo la paternità è un elemento al quale il cristiano non può
rinunciare. Senza essere padri non si può vivere la pienezza della vita cristiana.
I.3.2. Educare la vita spirituale
Parallelamente, Maria è da sempre figura della maternità della Chiesa37
, modello di
33
Ibidem, 21. 34
BENEDETTO XVI, Omelia Santa messa a conclusione dell’incontro con il "Ratzinger Schülerkreis", 2
settembre 2012: «Come nessuno può dire: ho dei figli – non sono un nostro possesso, sono un dono, e
come dono di Dio ci sono dati per un compito – così non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta
verso di noi e ci spinge», in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2012/documents/hf_ben-
xvi_hom_20120902_ratzinger-schuelerkreis_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 35
FRANCESCO, Apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma, 16 giugno 2014. Ecco il senso
profondo dell’iniziazione cristiana: generare alla fede vuol dire annunziare che non siamo orfani. […] Per
amare la vita non abbiamo bisogno di riempirla di cose, che poi diventano idoli; abbiamo bisogno che
Gesù ci guardi. È il suo sguardo che ci dice: è bello che tu viva, la tua vita non è inutile, perché a te è
affidato un grande compito. Questa è la vera sapienza: uno sguardo nuovo sulla vita che nasce
dall’incontro di Gesù. Se noi come Chiesa non sappiamo generare figli, qualcosa non funziona! La sfida
grande della Chiesa oggi è diventare madre: madre! […] La Chiesa diventa più giovane quando è capace
di generare più figli; diventa più giovane quanto più diventa madre. Questa è la nostra madre, la Chiesa; e
il nostro amore di figli. Essere nella Chiesa è essere a casa, con mamma; a casa di mamma. Questa è la
grandezza della rivelazione», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/june/documents/papa-
francesco_20140616_apertura-convegno-diocesano.html [ultima visita del 10.09.2014]. 36
FRANCESCO, Udienza generale, 11 settembre 2013. «La Chiesa e la Vergine Maria sono mamme,
ambedue; quello che si dice della Chiesa si può dire anche della Madonna e quello che si dice della
Madonna si può dire anche della Chiesa! Certo la fede è un atto personale: «io credo», io personalmente
rispondo a Dio che si fa conoscere e vuole entrare in amicizia con me. Ma la fede io la ricevo da altri, in
una famiglia, in una comunità che mi insegna a dire «io credo», «noi crediamo». Un cristiano non è
un’isola! Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre
forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa. E la
Chiesa ci dona la vita di fede nel Battesimo: quello è il momento in cui ci fa nascere come figli di Dio, il
momento in cui ci dona la vita di Dio, ci genera come madre», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130911_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014]. 37
«Nel concepimento verginale di Maria abbiamo un segno chiaro della filiazione divina di Cristo.
L’origine eterna di Cristo è nel Padre, Egli è il Figlio in senso totale e unico; e per questo nasce nel tempo
senza intervento di uomo. Essendo Figlio, Gesù può portare al mondo un nuovo inizio e una nuova luce,
la pienezza dell’amore fedele di Dio che si consegna agli uomini. D’altra parte, la vera maternità di Maria
59
fede, di carità, di unione con Cristo38
. La Chiesa, come buona madre, non solo vuole
generare i figli di Dio, ma sente che la propria funzione materna si estende a tutta la vita
del cristiano con caratteristiche che mutano nel corso del tempo, senza mai
interrompersi, come accade ai buoni padri e alle buone madri che fanno crescere il
figlio, accompagnandolo, in modi diversi, lungo il corso della sua vita. Esiste, infatti,
una maternità fisica, ma esiste anche una maternità psicologica, affettiva ed anche
spirituale. La fede trascende infatti la nostra esistenza collocandola all’interno di
un’interpretazione diversa della realtà: la conoscenza del mondo dell’uomo come
mondo di Dio. Una Chiesa che genera alla fede impara dall’esperienza della
genitorialità gli atteggiamenti fondamentali perché ciò avvenga: passa dalla condizione
della sponsalità a quella della genitorialità responsabile: la Chiesa è madre sempre,
custodisce ed educa in tutte le stagioni della vita. Non solo si genera un figlio ma
occorre accompagnarlo in modi diversi lungo il corso della sua vita, senza trattenere,
lasciandogli vivere la sua alterità: ecco il dono di sé. Generatività è dare la vita perché
l’altro ne divenga responsabile; generare è prendersi cura: capacità di attenzione, di
vicinanza, di intuire il bisogno dell’altro, di amare senza vedere. II compito educativo
della famiglia si nutre della primordiale vocazione dei coniugi a partecipare all'opera
creatrice di Dio: «generando nell'amore e per amore una nuova persona, che in sé ha la
vocazione alla crescita ed allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso il compito
di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana» (FC 36). Vari fattori
oggi impediscono questo impegno: il relativismo etico, il funzionalismo della società
tecnologica, un errato senso della libertà, la perdita del senso dell’autorità. Ma una vita
pienamente umana si fonda su una speranza affidabile (SS 1) che serve a contrastare la
diffusa fragilità culturale: «Anima dell’educazione, come dell’intera vita può essere
solo una speranza affidabile»39
. Speranza che ha la dimensione dell’assoluto.
ha assicurato per il Figlio di Dio una vera storia umana, una vera carne nella quale morirà sulla croce e
risorgerà dai morti. […] Il movimento di amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito ha percorso la nostra
storia; Cristo ci attira a Sé per poterci salvare (Cfr. Gv 12,32). Al centro della fede si trova la confessione
di Gesù, Figlio di Dio, nato da donna, che ci introduce, per il dono dello Spirito Santo, nella figliolanza
adottiva (Cfr. Gal 4,4-6)» (LF 59). 38
«Come già insegnava Sant’Ambrogio, la Madre di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede,
della carità e della perfetta unione con Cristo» (LG 63). 39
BENEDETTO XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21
gennaio 2008. «la libertà dell'uomo è sempre nuova e quindi ciascuna persona e ciascuna generazione
deve prendere di nuovo, e in proprio, le sue decisioni. Anche i più grandi valori del passato non possono
semplicemente essere ereditati, vanno fatti nostri e rinnovati attraverso una, spesso sofferta, scelta
personale», in:
60
I.4. Conclusione
In questo capitolo abbiamo tratteggiato le caratteristiche della genitorialità e della
figliolanza: cura, fiducia, gratuità, responsabilità; nella famiglia troviamo l’origine, il
fondamento del nostro venire al mondo; apprendiamo e sperimentiamo affetti, valori,
pulsioni che ci formano come uomini e ci inseriscono progressivamente nella società.
Abbiamo poi accennato alla crisi di valori tipica del tempo moderno, analizzando
sinteticamente il fenomeno dell’evaporazione del padre, che tende a sottrarsi al suo
compito educativo. Il padre (come Abramo) lascia essere il figlio (come Telemaco), è
«autorità che assume la fragilità mentre chiama alla responsabilità»40
. La generazione
non è mera riproduzione: implica un processo di riconoscimento, che ci rende nuovi,
capaci di restituire ad altri il dono che abbiamo ricevuto come figli. Parimenti la Chiesa
può essere vista come madre di ogni cristiano: accoglie, protegge, nutre ed educa. Nasce
non solo come Sposa di Cristo ma anche come Madre simile a Maria che, Vergine
Madre del Cristo, consente a Gesù di essere vero Figlio di Dio. Una speranza affidabile
è necessaria all’essere umano, sia figlio-figlia che padre-madre; questo sguardo al futuro
risulta ancorato alla fede.
Proprio perché «la fede ha struttura sacramentale»41
, il Battesimo rappresenta il
ponte che inserisce l’uomo nella grande famiglia dei figli di Dio e completa la
generatività biologica, aprendo all’orizzonte dell’eternità e del senso compiuto. Il
mistero della vita ci meraviglia ma ci consegna anche la responsabilità della
procreazione e dell’educazione: la trasmissione della vita è assunta e interpretata
secondo l’originario progetto di Dio. Il tempo moderno mostra peraltro svariate fragilità
culturali che allontanano dalla verità di Dio e che offuscano l’immagine vera del
Padre42
. Ecco perché famiglia e Chiesa condividono l’impegno di accompagnare uomini
e donne, che diventino padri e madri, capaci di generare e custodire, di trasmettere e
sviluppare la vera vita; vita che è soprattutto filiale, come ha insegnato Gesù.
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2008/documents/hf_ben-
xvi_let_20080121_educazione_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 40
I. LIZZOLA, La paternità oggi. Tra fragilità e testimonianza, cit., 77. 41
«Per questo, se è vero che i Sacramenti sono i Sacramenti della fede, si deve anche dire che la fede ha
una struttura sacramentale. Il risveglio della fede passa per il risveglio di un nuovo senso sacramentale
della vita dell’uomo e dell’esistenza cristiana, mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il
mistero dell’eterno» (LF 40). 42
Cfr. A. BISSI, Essere e diventare figli. La vocazione dell’uomo, Edizioni Paoline, Milano 2012. Il
capitolo “Proteggere in noi il volto del Padre punta a «liberare il nostro sguardo dalle percezioni distorte
che ostacolano la ricerca del volto di Dio».
61
CAPITOLO II
BATTESIMO: SACRAMENTO RADICE
In questo capitolo analizziamo l’importanza del Battesimo per la vita cristiana e vi
leggiamo la radice degli altri sacramenti, specificatamente del matrimonio, e in generale
della vocazione all’amore dell’uomo. Non si tenta di dare una sintesi compiuta della
ricchezza del sacramento ma solo sottolineare gli aspetti rilevanti per una comprensione
unitaria del percorso di fede dell’adulto dalla sua infanzia alla maturità, evidenziando
che i temi della nascita e rinascita sono temi fondamentali sia per la domanda metafisica
legata al mistero dell’essere che per il rito iniziatico43
. Ci chiediamo pertanto «quale
relazione possono avere poche gocce d’acqua con il rapporto uomo-Dio, con il senso
della nostra vita, con il nostro cammino spirituale?»44
. E ancora, il motivo di questo
sacramento: «è davvero necessario il Battesimo per vivere da cristiani e seguire Gesù?
Non è in fondo un semplice rito, un atto formale della Chiesa per dare il nome al
bambino e alla bambina?»45
. E che significato assume per i genitori chiedere alla Chiesa
il Battesimo? O per dei battezzati chiedere il Matrimonio?
In realtà il Battesimo ci mette in contatto con la verità e il senso della nostro
esistenza, che si rivela nella relazione prima filiale e poi fraterna, e che ci apre al dono
di sé46
. La ricca simbologia del sacramento svela progressivamente il disegno di Dio ma
spesso non riesce a comunicare compiutamente all’uomo moderno la bellezza di questo
progetto, che va rispettosamente accostato, come il mistero dell’amore47
.
43
Cfr. M. FLORIO – C. ROCCHETTA, (a cura di) Sacramentaria speciale I: Battesimo, confermazione,
eucarestia, EDB, Bologna 20082, 12-13: «Il processo iniziatico attraversato dal neofita cristiano mostra
tutta la sua peculiarità perché ristruttura nella luce della fede e del messaggio evangelico una
comprensione del rapporto tra natura e cultura già preesistente. Esso ri-legge, ri-vede e re-imposta un
dato previo e lo configura (secondo il modo tipico dell’efficacia sacramentale) in un nuovo ordine
simbolico senza distruggerlo ma purificandolo e perfezionandolo nella grazia della pasqua di Gesù». 44
J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. L’unità di struttura e contenuto, cit., 26. 45
FRANCESCO, Udienza generale, 8 gennaio 2014, in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2014/documents/papa-francesco_20140108_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014]. 46
«Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di
grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo
dono di se stessi, che si esprime mediante sentimenti e gesti di tenerezza e pervade tutta quanta la vita dei
coniugi» (GS 49). 47
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, Amore: introduzione a un mistero, Cantagalli, Siena 2012.
62
II.1. Battesimo, “porta” della fede
Utilizziamo direttamente le parole del Papa: «In effetti il Battesimo è la porta della
fede e della vita cristiana. Gesù Risorto lasciò agli Apostoli questa consegna: “Andate
in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato
sarà salvato (Mc 16,15-16)»48
. La definizione del Catechismo è più formale: «Il santo
Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello
Spirito, e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti» (CCC 1213). Molteplici sono
le definizioni di questo sacramento49
ma appare chiara la ricchezza di questo dono che
contiene virtualmente l’intero edificio della vita cristiana: qualcosa del Battesimo si
ritrova in tutti gli altri Sacramenti, che, infatti, non si accostano o si susseguono
semplicemente, ma in qualche maniera si integrano, si richiamano e si contengono l’uno
con l’altro50
. Sono i Sacramenti che operano l’iniziazione51
ovvero introducono il
credente nel mistero della Chiesa, corpo di Cristo, e quindi alla fede; i Sacramenti sono
riconosciuti come atti di Gesù attraverso l’agire rituale della Chiesa52
. La dimensione
pasquale appare inseparabile dalla dimensione ecclesiale: il battezzato viene ri-generato
come figlio nel Figlio Gesù morto e risorto nella Chiesa Sposa del Cristo. «Cristiani non
si nasce, si diventa»53
: il cammino di iniziazione cristiana comunica mediante un rituale
un nuovo senso dell’esistenza nel contesto di una rinnovata esperienza di appartenenza.
L’evento battesimale introduce a questa realtà ontologica nuova, unica e irripetibile: si
entra in comunione con la persona di Gesù assumendone sacramentalmente lo stesso
destino di morte e risurrezione. La ricca simbologia del rito sottolinea questo passaggio
nell’incontro tra la fede personale e quella della comunità cristiana che accoglie.
48
FRANCESCO, Udienza generale, Piazza San Pietro, 13 novembre 2013, in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20131113_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014]. 49
SAN GREGORIO NAZIANZENO, Oratio 40, 3-4: SC 358, 202-204 (PG 36, 361-364): «è il più bello e
magnifico dei doni di Dio. [...] Lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d'immortalità,
lavacro di rigenerazione, sigillo, e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poiché è dato a coloro che non
portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; Battesimo, perché il peccato viene
seppellito nell'acqua; unzione, perché è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione,
perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché
ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio». 50
Cfr. M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, in Il Regno 13 (2013) 419-424. 51
«I tre sacramenti dell’iniziazione sono così intimamente tra loro congiunti, che portano i fedeli a quella
maturità cristiana per cui possano compiere, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria del popolo di
Dio» (RICA 2). 52
P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito. Battesimo e cresima. Sacramenti dell’iniziazione
cristiana, EDB, Bologna 2009, 200. 53
TERTULLIANO, Apologetico, XVIII, 5.
63
II.1.1. Il bambino rivela la nostra figliolanza
Ricevere il Battesimo è dunque essere immersi nella vita del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo, essere consacrati attraverso il dono dello Spirito Santo, essere rivestiti di
Cristo e illuminati da Cristo. Nei primi secoli la preparazione al Battesimo richiedeva
molto tempo, anche anni, ma insieme con gli adulti si battezzavano anche i bambini. La
forma “normale” del battesimo è quella dell’adulto poiché prevede una celebrazione in
cui il battezzato è consapevole, preparato e partecipe. Senza sviluppare compiutamente
questo tema54
, richiamiamo solo che nell’antica liturgia professione di fede e rito
sacramentale si mescolano. La fede precede, accompagna e segue il battesimo; ma lo
stesso battesimo, mentre è uno straordinario dono di Dio, è la professione di fede nella
sua Parola e nella sua salvezza. La mancanza del personale atto di fede da parte di colui
che viene battezzato non rappresenta un problema: il bambino è infatti battezzato nella
fede della Chiesa. È proprio il battesimo dei bambini che mette in luce con particolare
evidenza l’iniziativa gratuita di Dio che precede ogni risposta umana. È Dio che salva:
non ci si battezza da soli, ma si viene battezzati nel nome di Cristo55
. È Dio che viene
incontro all’uomo: non l’uomo cerca e trova la fonte della sua esistenza56
.
Il bambino riconosciuto come figlio di Dio, plasmato addirittura nel grembo della
madre57
, testimonia non solo la relazione personale con Dio, sorgente della sua
paternità, ma anche di una storia universale di amore e alleanza con gli uomini,
manifestazione di una promessa di vita: il bambino diventa profezia, manifestazione
della parola di Dio nella storia, indirizzata a molti e capace di svelare il senso della
storia. E diventa anche segno; l’oracolo di Isaia annuncia: «il Signore stesso vi darà un
54
Cfr. B. TESTA, I sacramenti della Chiesa, Jaca Book, Milano 20072; P. CASPANI, Rinascere dall’acqua
e dallo Spirito, cit., 205-206. «Il fatto che si parli di fede donata dal battesimo è coerente con la
convinzione che attraversa tutta la tradizione cristiana, secondo cui la fede è dono di Dio: solo in forza
della grazia dello Spirito Santo una persona giunge alla fede». 55
G. CRISOSTOMO, Le catechesi battesimali, (a cura di) A. CERESA-GASTALDO, Città Nuova Editrice,
Roma 1982, 107. «Ecco, non c’è una sola dignità ma due: stai per rivestire tra non molto Cristo e
conviene che tu faccia ogni cosa e ti comporti come se Cristo sia dovunque presente con te». 56
R. GUARDINI, Accettare se stessi, Morcelliana, Brescia 1993, 13. «Al principio della mia esistenza –
intendendo il “principio” non solo in senso temporale, bensì anche essenziale, quale radice e ragione di
essa – non sta una decisione presa da me stesso. Al principio della mia esistenza sta un’iniziativa, un
Qualcuno, che ha dato me a me stesso». 57
Cfr. B. ROSSI, Il bambino nella scrittura, Convegno unitario degli Uffici catechistici e della pastorale
della famiglia - Assisi 19-22 giugno 2013. Nella relazione si esplorano i significati presenti nella Bibbia
attribuibili al bambino: è dono e profezia, come esemplificato dalla storia di Geremia. Il bambino è una
debolezza che richiede cura e relazione con l’altro; è la novità che la vita nascente porta in sé, il richiamo
alla speranza, l’apertura verso la sconfitta della morte.
64
segno. Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is
7,14). Il bambino è dunque segno della presenza di Dio nella storia e portatore di
significato che deve essere riconosciuto e decifrato, che svela la fedeltà di Dio e
l’infedeltà dell’uomo.
Il bambino è innanzitutto generato: non è frutto dell’unione dei due ma è presente un
terzo, un’origine altra. La fecondità non si esaurisce nella fertilità biologica ma ha radici
Altrove. Da parte dei genitori è dunque necessario riconoscere questa alterità,
accogliendo il bambino come dono. Questo riconoscimento viene espresso in molti
modi. Ad esempio Abramo permette ad Isacco di legarsi a Dio, di riconoscerlo come
dono ricevuto58
. Il bambino non solo è essere generato ma anche essere dipendente: la
sua vita debole va custodita e protetta. Ma l’amore di Dio trasforma questa relazione di
dipendenza in relazione di figliolanza: il genitore trasforma la dipendenza in autonomia:
l’essere figlio è cifra essenziale e strutturale di una vita adulta vissuta in pienezza.
Progressivamente il bambino diventa interlocutore dell’adulto, che permette all’adulto
nella sua risposta di scoprire il senso della propria vita e storia: la domanda del bambino
sul senso dei riti e dei gesti interroga il genitore che è portato a leggere e trovare il senso
del proprio cammino. Quindi il bambino non solo porta a rivalutare l’origine della vita
ma anche la finalità della stessa.
La crescita del bambino mostra anche la novità che irrompe nella vita, segno di
speranza e di dono che si perpetua. Il bambino costringe dunque a riconfigurarsi alla
scuola della figliolanza e della relazione. Ecco il grande passaggio pasquale del
battesimo: dalla paura suscitata dall’essere irrimediabilmente schiavi del peccato alla
gioia e alla libertà di figli, che si rivolgono al Padre come Abbà. Il battesimo è l’inizio
di una storia che, nel disegno di Dio, non avrà fine e apre all’eternità.
II.1.2. Nascita e rinascita
La continuità tra l’opera creatrice di Dio e la generazione dell’uomo trova
espressione nella paternità59
. Dio si rivela come padre attraverso il dono del corpo:
58
Cfr. J.-P. LEBRUN, A. WÉNIN, Le leggi per essere umano: Bibbia e psicoanalisi a confronto, Il Pozzo di
Giacobbe, Trapani 2010. 59
Cfr. B. ROSSI, “Generazione umana e irruzione del divino. Elementi biblici per un’antropologia della
generatività”, in Anthropotes XXIX/1 (2013) 123-141. Abramo diventa paradigma dell’identità
generativa: dopo la legatura di Isacco, Dio parla per l’ultima volta, rinnovando la sua promessa e
portandola alla sua espressione compiuta; Abramo riconsegna a Dio la sua identità ricevuta in dono: la
libertà di Abramo diventa espressione della libertà di Dio. L’esplicitazione della promessa viene legata
65
«prima di formarti nel ventre» (Ger 1,4); del nome: «dall’Egitto l’ho chiamato Figlio
mio» (Os 11,1); dell’eredità: «egli divise per loro il patrimonio» (Lc 15,12). Permette
quindi all’uomo di comprendersi e di assumere un’identità generativa: riconoscere di
essere stato generato e accogliere questa identità filiale. L’uscita di Abramo dalla
propria terra è la risposta alla chiamata divina che dona una nuova identità; affinché
l’esistenza diventi generativa è necessario sia il dono ricevuto che l’accoglienza attiva di
questo dono: Abramo, con la legatura di Isacco, rilegge la promessa e consegna la
propria libertà a Dio affinché se ne possa compiere la volontà.
Come già evidenziato nel precedente capitolo, un aspetto della crisi moderna deriva
proprio dalla rinuncia all’eredità paterna, al legame con l’origine: serve una dimensione
generativa dell'esperienza e quindi una visione relazionale della persona60
. La fede
recupera questa dimensione perché interpreta l’esperienza della nascita come ricordo
della promessa di Dio. Infatti non siamo direttamente noi la fonte della vita, ma la
riceviamo. Dio ci ha dato la vita nella creazione, ma questa vita per essere tale deve
restare in contatto con lui, sua sorgente: la vita è il rapporto con Dio che ci pone in
dialogo con Lui e con questo ci fa partecipi della sua natura: l’amore. La vita infatti non
è semplicemente l’esistenza, ma implica uno scopo da raggiungere, quel pieno sviluppo
che corrisponde al progetto di Dio sull’uomo. L’esistenza ricevuta nella creazione
simboleggia la vita che Dio vuole concedere all’uomo: relazione, comunione, pienezza.
Ma Adamo cade nel peccato e causa la rottura del legame con Dio61
. Di qui il sospetto
dell’uomo verso l’altro e la tendenza a dominare cose e persone: il peccato altera
profondamente la sua mentalità e la visione del bene e del male. Ecco la forza del
battesimo: c’è bisogno di una nuova nascita, occorre «rinascere dall’alto» (Gv 3,3). È
una rigenerazione vera e propria, dal momento che il bagno nell’amore di Dio è così
radicale da costituire un nuovo inizio, una nuova creazione. Il battezzato è immerso nel
con un nesso causale con l’azione di Abramo: si incontrano ora due libertà, quella di Abramo e quella di
Dio. La libertà di Abramo diventa espressione della stessa libertà di Dio, in un accordo armonico che crea
la storia di compimento della promessa. 60
Cfr. J. GRANADOS, “La generatività: chiave per una sintesi teologica”, in Anthropotes XXIX/1 (2013)
99-121. Nell’articolo viene mostrato come la generazione sia un elemento chiave della fede: la
risurrezione è una (ri)nascita, e la libertà non è totale autonomia. Dio modella il fango per plasmare
l'uomo e la trasmissione dell’immagine e della somiglianza avviene attraverso la paternità, di generazione
in generazione. Abramo è padre perché rende possibile il cammino di suo figlio e del suo popolo.
Generare trasforma colui che genera, ma nessuno genera da solo. Ecco perché il Cristianesimo è una
religione generativa che sorge dall’esperienza della nascita, come unione di uomo e donna, custodi della
generatività (pro-creazione) attraverso la differenza sessuale. 61
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, Il mistero della famiglia, cit., 125.
66
mistero, nella morte e nella risurrezione, dove è presente non solo il perdono del peccato
ma una vita che non termina più.
II.2. Dallo Spirito Santo la missione
È chiaro che il Battesimo è un evento pneumatico62
: si riceve lo Spirito Santo63
. Sin
dalle origini il Battesimo si è imposto come costitutivo della comunità ecclesiale:
assieme alla Parola, che in esso si attua per poi compiersi nella pienezza dell’Eucaristia,
il santo lavacro struttura l’identità e la missione della Chiesa, chiarendo al tempo stesso
l’identità e la missione del cristiano. Ognuno viene infatti innestato nella novità
escatologica di Gesù e entra attivamente nella storia della salvezza, chiamato ad
“essere padre” secondo il comando del Risorto: «Andate e fate discepole tutte le genti,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19).
II.2.1. Missione sacerdotale, profetica e regale
Il Battesimo inserisce pertanto nel Corpo di Cristo che è la Chiesa; nella Chiesa, tra i
fratelli, ogni cristiano può e deve esercitare i doni dati dal Padre: partecipa della vita di
Cristo e della sua missione, in quanto “unto” di Spirito Santo, incorporato a Cristo, che
è unto Sacerdote, Profeta e Re. Il ruolo del sacerdote64
è quello di presentare offerte alla
divinità e deve essere puro. Ma il sacrificio interiore costituisce l’essenza: nel battesimo
ci è restituito il potere di fare della nostra vita un sacrificio, un’offerta gradita su cui
discende lo Spirito (1 Pt 2,5), vero «culto spirituale» (Rm 12,1). Tra il culto esteriore del
tempio e il culto interiore del cuore si stabilisce una corrispondenza profonda, una
continuità necessaria.
62
Cfr. M. CAMPATELLI, Il battesimo. Ogni giorno alle fonti della vita nuova, Lipa, Roma 2007. 63
«questa venuta, mettendoci in comunione con il corpo del Risorto, ci rende tempio dello Spirito,
sacerdoti e re, fa di noi una nuova creatura, ci offre guarigione e perdono, ci dà la caparra del regno dei
cieli già qui in questa vita. Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha costituito
Sacerdote, Profeta e Re. L'intero popolo di Dio partecipa a queste tre funzioni di Cristo e porta le
responsabilità di missione e di servizio che ne derivano» (CCC 783, cfr. RH 18-21). 64
«I laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e
istruiti per produrre sempre più copiosi i frutti dello Spirito. Tutte infatti le loro opere, le preghiere e le
iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale,
se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano
spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo (cfr. 1Pt 2,5), i quali nella celebrazione dell’Eucaristia
sono piissimamente offerti al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore» (LG 34).
67
L’uomo diventa anche profeta65
: sa discernere il volere di Dio, ascoltare la sua voce,
leggere gli eventi, le situazioni con gli occhi di Dio e comunicare le parole di Dio. Il
dono che riceviamo nel Battesimo non è una conoscenza soprannaturale differente ed
opposta a quella umana, ma una conoscenza integra, che sola può discernere – e quindi
capire, possedere – la realtà nella sua totalità. E questa conoscenza è soprattutto
conoscenza che viene “dall’alto”.
La regalità66
è compresa come la capacità di dominare le passioni. Innestati in Cristo
Signore partecipiamo al suo ufficio regale, chiamati a costruire il Regno di Dio
mediante il combattimento spirituale per vincere in se stessi il regno del peccato (Rm
6,12). La prima regalità dunque si esercita su se stessi, diventando signori delle nostre
passioni e dei nostri impulsi, sapendoci orientare verso la santità. Inoltre si è re
servendo nella carità e nella giustizia Gesù presente nei nostri fratelli, in famiglia, nel
mondo, avendo un particolare attenzione per i più piccoli (cfr. Mt 25,40).
II.2.2. Battesimo come dono e impegno
Nel Battesimo Dio crea lo spazio in cui i battezzati possono amare e possono essere
amati. Sant’Efrem affermava che è entrare in paradiso prima della risurrezione. Ma il
Battesimo non è un atto che si chiude con la celebrazione67
: questa nuova vita, ricevuta
da Dio una volta per tutte, ha bisogno dell’impegno personale. Il dono di Dio è ricevuto
nella libertà: se non ci fosse questa libera assunzione – accettare l’eredità paterna – il
sacramento sarebbe magia68
. Per questo la Chiesa battezza i bambini: è un dono che va
65
«Cristo, il grande Profeta, il quale e con la testimonianza della vita e con la virtù della sua parola ha
proclamato il regno del Padre, adempie il suo ufficio profetico fino alla piena manifestazione della gloria,
non solo per mezzo della Gerarchia, la quale insegna in nome e con la potestà di Lui, ma anche per mezzo
dei laici, che perciò costituisce suoi testimoni e li provvede del senso della fede e della grazia della parola
(cfr. At 2,17-18; Ap 19, 10), perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana, familiare e
sociale» (LG 35). 66
«Il Signore desidera dilatare il suo regno anche per mezzo dei fedeli laici, il regno cioè della verità e
della vita, il regno della santità e della grazia, il regno della giustizia, dell’amore e della pace; e in questo
regno anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla
gloriosa libertà dei figli di Dio (cfr. Rom 8,21)» (LG 36). 67
J. RATZINGER, “Battesimo, fede e appartenenza alla Chiesa. L’unità di struttura e contenuto”, cit., 33-
35. Il sacramento non si configura solo come un’azione liturgica limitata nel tempo ma come un cammino
di appropriazione; questo catecumenato a sua volta prevede il momento dell’insegnamento (sapienza e
gusto per la verità), della decisione (la vita della Chiesa di Gesù Cristo) e della conversione (dono del
Signore). 68
BENEDETTO XVI, Incontro con i sacerdoti della diocesi di Albano, Castel Gandolfo, 31 agosto 2006:
«Ma Dio non agisce in modo magico. Agisce solo con la nostra libertà. Non possiamo rinunciare alla
nostra libertà. Dio interpella la nostra libertà, ci invita a cooperare col fuoco dello Spirito Santo. Queste
due cose debbono andare insieme. Il Battesimo rimarrà per tutta la vita dono di Dio, il quale ha messo il
68
fatto germogliare e fruttificare, che ha bisogno di accoglienza e che diventerà realtà
piena solo nell’ottavo giorno alla fine dei tempi. La processione che portava il
neobattezzato dal battistero alla chiesa dimostra che la nuova vita ricevuta nel battesimo
non è una cosa statica, ma un cammino dinamico, la pasqua da questo mondo al regno
di Dio, l’entrata solenne nella chiesa, la gloriosa venuta al banchetto del regno. È questo
il lento percorso: scorgere la vita nuova nella vita normale, compresa a questo punto
come un passaggio, il pellegrinaggio e l’ascensione verso il giorno senza tramonto
inaugurato dalla risurrezione. Con il battesimo siamo trasportati nel regno di Dio, tanto
che siamo «nascosti con Cristo in Dio» (Col 3,1-4). Il battezzato ha un corpo che
adesso vive in entrambe le dimensioni come unico corpo: anche noi nella storia
partecipiamo al Cristo della gloria, dove la nostra vita è nascosta con Lui. Ma la nostra
mentalità è ancora legata alla “logica della carne”.
Anche Papa Francesco è ritornato molte volte sul significato di purificazione del
Battesimo69
, sottolineando l’aspetto di misericordia di Dio e la grazia per l’uomo.
Peraltro questa rinascita sana totalmente l’uomo: nella carne, nell’intelligenza, nei
sentimenti, nei sensi. Morte e vita che «si sono affrontate in un prodigioso duello» in
Cristo, si combattono anche nella vita di ciascun cristiano. Il tempo che precede il
battesimo è il tempo dell’ignoranza (1 Pt 1,14) mentre il battesimo è l’illuminazione di
questa nuova realtà. I cristiani sono allora chiamati a conoscere «il mistero nel quale gli
angeli stessi desiderano fissare lo sguardo» (1Pt 1,12). Occorre capire meglio la
ricchezza e la bellezza del dono: «Se tu conoscessi il dono di Dio» (Gv 4,10).
suo sigillo nelle nostre anime. Ma sarà poi la nostra cooperazione, la disponibilità della nostra libertà a
dire quel “si” che rende efficace l’azione divina», in:
http://www.vatican.va/news_services/liturgy/insegnamenti/documents/ns_lit_doc_sacramenti-
sacramentali_bxvi_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 69
Cfr. FRANCESCO, Udienza generale, 13 novembre 2013: «Con il Battesimo si apre la porta ad una
effettiva novità di vita che non è oppressa dal peso di un passato negativo, ma risente già della bellezza e
della bontà del Regno dei cieli. […] “Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo
stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella
morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi
possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,3-4). E’ un atto che tocca in profondità la nostra esistenza.
Noi, con il Battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il
più grande atto d’amore di tutta la storia; e grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più
in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2013/documents/papa-francesco_20131113_udienza-
generale.html [ultima visita del 10.09.2014].
69
II.3. Nel Battesimo la radice di ogni vocazione
Con il Battesimo il cristiano lega la sua vita a quella di Gesù, prendendo
consapevolezza della chiamata ricevuta e appropriandosene con un lavoro spirituale.
«Tutta la vita cristiana porta il segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il
battesimo, che introduce nel popolo di Dio, è un mistero nuziale: è, per così dire, il
lavacro di nozze (Ef 5,26-27) che precede il banchetto di nozze, l'eucaristia» (CCC,
1617).
II.3.1. Chiamata dalla morte alla vita
La persona è dunque un essere chiamato. La Parola di Dio chiama all’esistenza, alla
vocazione. Gregorio Nazianzeno dice che Dio è un Dio che parla, e che l’uomo ha
cominciato ad esistere quando il Creatore gli ha rivolto la parola. La prima chiamata
dell’uomo è quella dal nulla all’esistenza ma dopo il peccato la chiamata avviene nella
morte: “Dove sei?”, chiede Dio ad Adamo che dopo il peccato si nasconde70
. Se la
prima chiamata è dal nulla all’esistenza, la seconda è dalla morte, dal peccato. Questo
succede nel battesimo: immersi nella morte e risurrezione di Cristo, sperimentiamo che
Cristo ci salva. La vocazione è pertanto la via alla risurrezione, alla vita risorta. Per
sentirsi chiamati, bisogna sperimentare di essere peccatori e di essere redenti. Nel
battesimo si sperimenta questa salvezza: conoscere Dio non è più un’idea o uno sforzo
intellettuale, ma un’esperienza. C’è un esodo anche nella vocazione, che è uscire
dall’orizzonte e dai valori nostri verso le categorie che sono di Cristo. Ci sono tanti
motivi per cui scegliamo la nostra vocazione ma poi deve venire l’esodo e dopo la terra
promessa, il sacrificio71
, il dono di sé.
II.3.2. Figliolanza, paternità e nuzialità
Anche nella struttura della figliolanza scopriamo la struttura dell’amore sponsale: il
figlio è una debolezza custodita, è consegna all’altro della propria debolezza. E proprio
perché ha bisogno dell’altro, è capace di percepire l’importanza di un legame non
70
Cfr. M. BUBER, Il cammino dell’uomo, Qiqajon, Magnano (Biella) 1990, 21: «Ogni volta che Dio pone
una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora:
vuole invece provocare nell’uomo una reazione suscitabile per l'appunto solo attraverso una simile
domanda». 71
Cfr. M. I. RUPNIK, Il cammino della vocazione cristiana. Di risurrezione in risurrezione, Lipa, Roma
2007, 173: non esiste nessuno che possa «convincere l’uomo a sacrificare se stesso se non la forza
dell’amore versato nei nostri cuori direttamente dallo Spirito Santo».
70
effimero con l’altro che sarà capace di ricambiare. Capacità di ricevere e di dare amore:
nel figlio troviamo un mistero più grande, del mistero grande (cfr. Ef 5,32) che è il
matrimonio. Donare, accogliere, avvertire l’amore come una ferita che indebolisce, ma
anche come una feritoia72
dalla quale fanno ingresso nella vita la cura, la custodia, la
premura. Pure l’amore sponsale vive di reciprocità, di capacità di dare e ricevere amore,
di accoglienza e di dono, di legami vicendevoli. E come ci riconosciamo figli, siamo
chiamati a riconoscere la paternità di Dio e a diventare padri a nostra volta. Essere padri
si rivela un compito che necessita di grande equilibrio tra possesso e libertà73
. La
parabola del padre misericordioso rivela la paternità sorgiva di Dio: «Padre, dammi la
parte di patrimonio che mi spetta» (Lc 15,12): il padre accetta il dolore che comporta il
rispetto della libertà del figlio. Nel famoso quadro di Rembrandt, il ritorno del figliol
prodigo, il vero centro del dipinto sono le mani del padre74
: in esse vediamo la
misericordia, il perdono, la riconciliazione e la guarigione. Infatti lo vede «quando era
ancora lontano» (Lc 15,20): il padre non giudica, ma aspetta e rispetta.
II.3.3. Nuzialità come battesimo della coppia
Alla radice del gesto sacramentale che unisce i due sposi nel sacramento del
Matrimonio c’è proprio il Battesimo. Il fondamento, per cui i coniugi cristiani possono
porre il loro amore quale segno efficace, è la loro appartenenza totale, radicale a Cristo
in forza del battesimo (cfr. CCC 1601; HV 25). Sulla base del carattere battesimale il
loro contratto matrimoniale diventa sacramento. Il sacramento della fede introduce nel
matrimonio una nuova forma di essere, in modo tale che il patto coniugale, costituito
nel suo essere naturale, viene riformato intrinsecamente. La nuova realtà così
72
M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, cit., 419-424. 73
Cfr. C. PÉGUY, Lui è qui. Pagine scelte, BUR, Milano 1997, 359. «Come un padre che insegna a suo
figlio a nuotare nella corrente del fiume e che è diviso fra due sentimenti. Perché da un lato se lo sostiene
sempre e lo sostiene troppo il bambino si attaccherà e non imparerà mai a nuotare. Ma anche se non lo
sostiene al momento giusto questo bambino berrà un sorso cattivo». 74
Cfr. H. J. M. NOUWEN, L’abbraccio benedicente, cit., 144-145. «La mano sinistra, posata sulla schiena
del figlio, è forte e muscolosa. Le dita sono aperte e coprono gran parte della spalla destra del figlio. Si
può intuire anche una certa pressione, specialmente del pollice. Quella mano sembra non soltanto toccare,
ma anche, con la sua forza, sorreggere. La mano destra invece non sorregge né afferra. È una mano
raffinata, delicata e molto tenera. Le dita sono ravvicinate ed hanno un aspetto elegante. La mano è posata
dolcemente sulla spalla del figlio. Vuole accarezzare, calmare, offrire conforto e consolazione. È una
mano di madre. Il padre allora non è soltanto un patriarca, un capofamiglia, ma sia madre che padre.
Tocca il figlio con una mano maschile e con una femminile. Lui sorregge, lei accarezza. Lui rafforza, lei
consola. È dunque Dio, nel quale sono pienamente presenti l’esser uomo e l’esser donna, la paternità e la
maternità».
71
trasformata viene assunta nell’economia della salvezza e diventa segno dell’unione di
Cristo con la Chiesa. Il significato nuziale del battesimo è evocato da san Paolo75
, che
presenta le nozze tra Cristo e la Chiesa: «L’agire di Cristo che battezza è determinato
dalla necessità di purificazione della Chiesa in vista dell’incontro nuziale. Il dono della
purezza battesimale tende verso il dono del rapporto sponsale»76
. Cristo ci rivela
l’amore trinitario nella sua donazione totale sulla croce ed è proprio attraverso il
Battesimo che il credente viene inserito in questo dinamismo d’amore, che sfocia nel
matrimonio con modalità specifica per realizzare una risposta il più possibile adeguata a
questo dono che ci precede. Giovanni Paolo II ha sviluppato questo tema77
nella
Familiaris Consortio: per il battesimo, l’uomo e la donna appartengono a Cristo, anche
nel corpo. Non appartengono più a se stessi: sono di Cristo. Bisogna dunque che sia
Cristo stesso a donare i coniugi l’uno all’altro, a ciascuno il corpo dell’altro come Egli
stesso ha donato il suo corpo. L’opera del matrimonio si realizza in maniera tale che il
dono mutuo dei coniugi diventi, per la grazia battesimale, dono a Cristo. Così l’unione
coniugale può essere, per la grazia battesimale, unione al Corpo di Cristo. Il realismo
nuziale del battesimo conduce al segno sacramentale del matrimonio.
La fede che scaturisce dal Battesimo offre una motivazione e una qualità più
profonda all’amore stesso78
: la fedeltà nasce dal Battesimo che ci rende uno con Gesù.
«Non sono io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20): è un’appartenenza, il
battezzato diventa la presenza storica del Figlio di Dio incarnato e sta davanti al Padre
come figlio. Il battezzato non si appartiene più perché appartiene a Cristo: «o non sapete
che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che
non appartenete a voi stessi?» (1 Cor 6,19-20).
Cristo è presente anche nell’esperienza dell’innamoramento e con-chiama gli sposi
per donarli reciprocamente perché Lui è il Signore della loro vita e dei loro corpi. Ogni
aspetto dell’amore coniugale richiama il dono pasquale. I battezzati convocati dunque al
75
«E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per
renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi
comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e
immacolata» (Ef 5,25-28). 76
M. OUELLET, Mistero e sacramento dell'amore. Teologia del matrimonio e della famiglia per la nuova
evangelizzazione, Cantagalli, Siena 2007, 192-193. 77
«mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza,
nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo indistruttibile inserimento che
l'intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore, viene elevata ed assunta nella carità
sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice» (FC 13). 78
Cfr. R. BONETTI, Il Sacramento delle nozze, S. Paolo, Milano 2010.
72
matrimonio sono chiamati a crescere nella loro identità battesimale, a realizzare in
coppia l’evento battesimale. La fonte dell’unità è l’amore trinitario: il Matrimonio è
«immagine e partecipazione dell’alleanza d’amore del Cristo e della Chiesa» (GS 48).
Questo è dunque il compito grandissimo della coppia: mostrare e mettere in atto
l’alleanza d’amore tra Dio e gli uomini e tra Cristo e la Chiesa. Battesimo e Matrimonio
hanno una continuità dinamica: l’amore totale richiede la conoscenza profonda della
persona. Cristo dona lo sposo alla sposa: è presenza continua e si lega alle fragilità
umane79
. Questa fonte è sempre nel cuore degli sposi.
II.3.4. Grazia battesimale e matrimonio
Il Matrimonio specifica la grazia battesimale: i due battezzati possono proseguire il
loro percorso spirituale di chiamata alla santità all’interno della vita nuziale, nuova via
di santificazione80
. Pensare alla volontà di Dio significa considerarsi nell’unità in Cristo,
che è il suo corpo, la sua Chiesa, perché «tutto in lui sussiste» (Col 1,1). La vocazione
significa trovare il proprio posto nell’amore; cercando questo posto, si agisce in sinergia
con le energie unite di Dio e dell’uomo in Cristo, che ora sono anche mie, perché io
sono il suo corpo. Si impara a guardarsi nell’insieme, non un solo nostro aspetto, ma
tutto di noi, pensando anche a elementi di noi che mai avremmo considerato, e insieme
agli altri. Questa realizzazione progressiva del battesimo consiste nel dire di sì all’uomo
nuovo generato nelle acque battesimali e «deporre l’uomo vecchio» (Col 3,9). La
realizzazione della vocazione sta nel morire per poter risuscitare. Come per la Sua
Sposa, così Cristo vuole preparaci al dono sponsale di noi stessi.
Il lavacro non è solo una purificazione, ma una preparazione ad accogliere e a
donare81
. L’acqua e il sangue dal costato di Cristo sono i sacramenti da cui la Chiesa
attinge la sua vita e il matrimonio è un richiamo permanente a ciò che è accaduto sulla
79
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie: Gratissimam sane 19 (2.02.1994), (EV 14 [1994] 158-344).
«L'amore umano è forse pensabile senza lo Sposo e senza l'amore con cui Egli amò per primo sino alla
fine? Solo se prendono parte a tale amore e a tale “grande mistero”, gli sposi possono amare “fino alla
fine”». 80
«Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è il
sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante del battesimo» (FC 56). 81
Cfr. G. MAZZANTI, I sacramenti. Simbolo e Teologia, 2. Eucarestia Battesimo e Confermazione, EDB
Bologna 1998, 65. L’ultima cena è simbolo di perdono e dono totale, amore definitivo.
73
croce82
. La relazione viva con il Signore ha bisogno della consapevolezza di rinascere di
nuovo e dell’alto, dall’acqua e dallo spirito, nella certezza che la fonte dell’Amore, dalla
quale si nasce prima come individuo e poi come coppia non può esaurirsi.
È significativo che il rito matrimoniale si apra con il gesto di fare memoria del
Battesimo83
: è un invito a riscoprire il senso nuziale del Battesimo e il senso battesimale
della vita coniugale, è il sì di Dio che precede e fonda il consenso degli sposi, in modo
tale che la loro esistenza sia un «innesto sempre più profondo nella morte e risurrezione
di Cristo, come “dono” e “nuova via di santificazione”»84
. Gesù infatti con-chiama gli
sposi per donarli reciprocamente l'uno all'altro perché è Lui il Signore della loro vita e
dei loro corpi.
II.4. Conclusione
In questo capitolo ci siamo proposti di esplorare la portata del sacramento del
Battesimo per la vita dell’uomo. Abbiamo verificato che il battesimo infatti mette in
atto una nuova antropologia, che è quella appunto dell’uomo nuovo, l’uomo che
acquisisce un nuovo genere di conoscenza spirituale. Dal corpo risuscitato di Cristo
l’uomo riceve un nuovo corpo spirituale al posto del vecchio corpo che Cristo ha fatto
morire sulla croce; nel corpo umano si attua un prolungamento misterioso della
risurrezione del Signore85
, elevando ad una condizione spirituale nuova e gloriosa,
liberata dalla morte, dal peccato, dall’invidia, dall’egoismo.
La vocazione è per ciascuno il cammino86
concreto in cui aderiamo alla vita risorta,
per attualizzare in pienezza il dono dello Spirito già dato nel battesimo. Si tratta di una
82
«La loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del
rapporto stesso di Cristo con la Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di
ciò che è accaduto sulla Croce» (FC 13). 83
CEI, Rito del Matrimonio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004, 51-60. 84
A. M. CALAPAJ BURLINI, “Nuovi elementi simbolico-rituali: memoria del Battesimo, venerazione del
Vangelo, consenso, consegna della Bibbia”, in Rivista Liturgica 91/6 (2004) 1045-1050, 1046-1047. 85
Cfr. BENEDETTO XVI, Lectio divina, 11 giugno 2012 «il Battesimo è una prima tappa della
Risurrezione: immersi in Dio, siamo già immersi nella vita indistruttibile, comincia la Risurrezione.
Come Abramo, Isacco e Giacobbe essendo “nome di Dio” sono vivi, così noi, inseriti nel nome di Dio,
siamo vivi nella vita immortale. Il Battesimo è il primo passo della Risurrezione, l’entrare nella vita
indistruttibile di Dio», in:
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2012/june/documents/hf_ben-
xvi_spe_20120611_convegno-ecclesiale_it.html [ultima visita del 10.09.2014]. 86
Cfr. FRANCESCO, Meditazione mattutina, 24 ottobre 2013: «La prima santificazione che ha fatto Cristo,
la prima santificazione che abbiamo ricevuto nel battesimo, deve crescere, deve andare avanti», in:
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2013/documents/papa-francesco-
cotidie_20131024_prima-e-dopo-gesu.html [ultima visita del 10.09.2014].
74
duplice, dolorosa, operazione di morte e di parto87
: sono i dolori dell’agonia dell’uomo
vecchio e i dolori del parto dell’uomo nuovo generato segretamente nel battesimo,
perché si attui questa faticosa trasformazione grazie alla quale rinasciamo a immagine di
Dio. Questa chiamata guida anche la vita di coppia che viene rigenerata e assunta da
Cristo per inaugurare una nuova via di santità.
L’altro aspetto fondamentale è l’introduzione nel corpo mistico della Chiesa. La fede
cristiana non riguarda mai soltanto il singolo: è sicuramente personale nella decisione,
perché ciascuno è chiamato e interpellato a rispondere in prima persona, ma è
comunitario nella sua missione88
. La santità diventa l’orizzonte di ogni battezzato89
: i
fidanzati chiedono il sacramento del matrimonio per poter diventare segno dell’amore
nuziale di Cristo con la Chiesa; i genitori chiedono il battesimo per introdurre i figli in
un orizzonte più ampio, una meta sicura, una luce che non tramonta, al di là delle
responsabilità affettive, pedagogiche e sociali. Solo la centralità del Battesimo dà una
base sicura al cammino di fede della comunità e di ogni singolo cristiano.
Pertanto possiamo lasciar concludere san Giovanni Paolo II: «Quanto tempo è
passato prima che riuscissi a capire che Tu, o Dio, non vuoi che sia padre se al tempo
stesso non sono figlio? Accogliere in sé l’irraggiamento della paternità non significa
solo diventare padre come tutti noi siamo chiamati a essere; significa ancor più
diventare bambino, diventare figlio»90
.
87
Cfr. MATTA EL MESKIN, Il cristiano: nuova creatura, traduzione di L. MARINO, Qiqajon, Magnano
(Biella) 1999. 88
«La grazia cristiana è radicalmente in antitesi con una concezione individualistica dell’esistenza
cristiana: essa è filiale (l’adozione) ed ecclesiale (la comunione fraterna)», in: M. FLORIO – C.
ROCCHETTA, Sacramentaria speciale I, cit., 92. 89
«I seguaci di Cristo, chiamati da Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della
grazia, giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti veramente figli di Dio e
compartecipi della natura divina, e perciò realmente santi. Essi quindi devono, con l'aiuto di Dio,
mantenere e perfezionare con la loro vita la santità che hanno ricevuto» (LG 40). 90
K. WOJTYLA, Considerazioni sulla paternità, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1979, 101.
75
CAPITOLO III
VIA BATTESIMALE COME PERCORSO DI
ACCOMPAGNAMENTO AL MATRIMONIO
«Il cristianesimo prospererà nel XXI secolo se comprenderemo che la Chiesa è, in
primo luogo, la comunità dei battezzati. Il battesimo è il grande mistero della nostra
fede»91
. In questo capitolo cerchiamo di riprendere le acquisizioni dei due capitoli
precedenti e della tesi propedeutica92
per costruire un possibile percorso verso e nel
matrimonio utilizzando il paradigma battesimale: la riscoperta del proprio Battesimo
illumina le coppie nel Matrimonio, inteso come con-vocazione battesimale. La
consapevolezza che l’uomo è essenzialmente figlio e sposo93
suggerisce di leggere
l’evento battesimale come la sorgente della comune vocazione all’amore; il matrimonio
è a sua volta la forma basilare che realizza nella famiglia la comunione delle persone94
.
Il matrimonio è inoltre fondamento della famiglia che costituisce la fonte della
generazione e delle generazioni: appare quindi chiara una circolarità tra questi
sacramenti che accompagnano ed elevano95
la vita dell’uomo dalla nascita – riceve il
dono delle vita e della figliolanza adottiva – alla maturità quando è chiamato ad essere
sposo – riceve la grazia per vivere l’amore di Cristo – e genitore – chiamato a
91
T. RADCLIFFE, Prendi il largo! Vivere il battesimo e la confermazione, Queriniana, Brescia 2013, 5.
Ancora: «Il battesimo tocca momenti cruciali, gli eventi più drammatici e profondi della vita umana: la
nascita, la crescita, l'innamoramento, il coraggio di donarsi agli altri, la ricerca di senso, il diventare
adulti, l'affrontare sofferenze e fallimenti, e infine la morte. Un'analisi adeguata del battesimo
illuminerebbe ogni aspetto della nostra umanità, le nostre speranze e i nostri desideri più profondi». 92
Cfr. M. ZECCHINI, Figli nel Figlio, sposi con lo Sposo: Circolarità tra Battesimo e Matrimonio, Tesi
Master Scienze del Matrimonio e della Famiglia, ottobre 2014. La tesi evidenzia la relazione profonda tra
l’aspetto antropologico e la dimensione teologale dei due sacramenti, il loro legame con la fede,
l’inserimento nella comunità cristiana e l’appartenenza ad un vincolo nuovo di fraternità. Partecipando al
mistero nuziale della Trinità, la famiglia è chiamata a contenere l’immagine completa di Dio: come figli
siamo generati alla vita di Cristo e della Chiesa nel fonte battesimale, come sposi accogliamo da Dio la
vocazione all’amore, come genitori trasmettiamo la memoria dell’Origine e promettiamo una vita piena. 93
G. GRANDIS, “La visione dell’uomo nel disegno di Dio”, in F. PILLONI, La persona e la danza
dell’amore, Effetà, Cantalupa (TO) 2009, 11-28, 24: «Alla domanda: chi è l’uomo?, si può rispondere che
esso è figlio, cioè generato dall’amore di Dio creatore, che esso è sposo, cioè chiamato a realizzarsi
storicamente nell’amore». 94
GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, cit., 6: «La famiglia è infatti una comunità di persone, per le
quali il modo proprio di esistere e di vivere insieme è la comunione: communio personarum”». 95
«Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna
Alleanza, nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo indistruttibile
inserimento che l'intima comunità di vita e di amore coniugale fondata dal Creatore, viene elevata ed
assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice» (FC 13).
76
trasmettere al figlio una vita buona e piena di significato – nel suo tempo storico. E
questa circolarità è inscritta nella stessa vita che si rinnova: «sono stato un figlio per
mio padre» (Pr 4,3)96
. La generazione richiama anche il legame tra la storia personale
dell’individuo e la storia della salvezza, il cammino che vede ognuno incamminato
verso il banchetto di nozze dell’Agnello97
. La via battesimale è dunque suggerita come
indicazione pastorale per riformulare un approccio in stile catecumenale ai percorsi di
preparazione al matrimonio98
: la Chiesa è madre e dopo aver generato i suoi figli li
accompagna anche verso e nel matrimonio perché la novità del battesimo va
continuamente riscoperta e vissuta anche nell’una caro99
. È necessario poi continuare il
cammino nella costruzione della famiglia: tutti gli sposi sono chiamati ad essere padri e
madri, al di là della generazione biologica, quindi chiamati ad educarsi ed educare,
perché sollecitati dai molteplici “passaggi della vita”100
. In questo ambito
antropologico101
è opportuno offrire un proposta di vita buona102
, per riscoprire la
presenza di un Padre che misteriosamente ci ha formato e ci accompagna, rendendoci
membra vive della Chiesa, Sposa del Figlio.
III.1. La via battesimale dell’evangelizzazione
La via battesimale è stata la via dell’evangelizzazione scelta dalle prime comunità
cristiane durante il catecumenato nelle chiese domestiche, perché nella teologia del
96
Cfr. I. LIZZOLA, La paternità oggi. Tra fragilità e testimonianza, cit., 61: «La paternità nasce chiamata
da una filialità, e sempre in relazione ad essa». 97
P. EVDOKIMOV, Il matrimonio sacramento dell’amore, Qiqajon, Magnano (Biella) 2008, 155: «La
morte, rispetto alla vita, non è negazione, ma elevazione a un livello superiore di vita, perché se l’uomo
viene al mondo non è per radicarsi nel tempo, ma per scoprirvi l’eternità». E questa visione è ben chiara
nella benedizione finale del rito del Battesimo si invoca Dio che «ha dato alle madri cristiane la lieta
speranza della vita eterna per i loro figli» (RBB 78). 98
CEI, Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia, 2012, 24: «Importante è
ripensare e offrire itinerari di tipo catecumenale, nello spirito e nei contenuti, che accompagnino alla
presa di coscienza e riscoperta della vocazione battesimale in chiave sponsale. Un itinerario siffatto, nella
partecipazione alla vita della comunità cristiana, sostiene la coppia nel maturare, nella riscoperta di Cristo
e della Chiesa, l’incontro con il Dio vivente». 99
L’uomo si compie nella relazione sponsale: «Per questo, l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà alla sua donna, e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a
Cristo e alla Chiesa» (Ef 5, 25-32). Cfr. A. SCOLA, Il mistero nuziale, cit., 60. 100
Cfr. E. BIEMMI, Il secondo annuncio La grazia di ricominciare, EDB, Bologna 2011, 29: «si tratta della
centratura dell’annuncio sugli snodi fondamentali dell’esistenza umana». 101
Cfr. F. G. BRAMBILLA, “La pastorale della Chiesa in Italia. Dai tria munera ai cinque ambiti”, in «La
Rivista del Clero italiano» 92 (2011) 389-407. I cinque ambiti sono la vita affettiva, il lavoro e la festa, la
fragilità, la tradizione, la cittadinanza. 102
Cfr. CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, cit., 40: «la Chiesa riscopre il linguaggio originario
dell’annuncio, che ha in sé due caratteristiche educative straordinarie: la dimensione del dono e l’appello
alla conversione continua».
77
battesimo viene ripreso il kerygma103
. Il percorso del catecumeno prevedeva una
iniziazione alla preghiera, alla vita interiore, alla comunione ecclesiale; una pastorale
nuova non deve diventare una nuova strategia da adottare ma richiede una centratura104
sul cuore delle fede: la testimonianza della carità ovvero dell’amore di Cristo105
.
III.1.1. L’annuncio di fede
Svariati lavori analizzano il tema della nuova evangelizzazione106
e il contesto attuale
delle fede107
: sostanzialmente si concorda sul progressivo passaggio da una fede per
tradizione o convenzione a una fede per adesione o convinzione. La fine del
cristianesimo sociologico108
è comune a tutta la cultura occidentale, che non è
interessata a trasmettere la fede ma piuttosto a promuovere la libertà (tra cui quella
religiosa). Partendo dalle parole di von Balthasar citate da Benedetto XVI «La fede non
deve essere presupposta, ma proposta», il passaggio che la pastorale è chiamata a fare è
passare pertanto da una pastorale di conservazione a una pastorale della proposta109
,
annunciando il Vangelo a chi non lo conosce e farlo “sentire buono” a chi lo ha
incontrato male110
: «Sappiamo bene che la vita con Gesù diventa molto più piena e che
con Lui è più facile trovare il senso ad ogni cosa. È per questo che evangelizziamo» (EV
266). Già da tempo111
si è individuato negli adulti il soggetto principale dell’annuncio e
l’attenzione particolare a coloro che sono alle soglie della fede112
. Il tempo opportuno
103
Cfr. F. MANNS, Nuova evangelizzazione La riscoperta del battesimo. Paoline, Milano 2012, 12. 104
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare. Tra programmazioni pastorali e generazione di una vita,
Edizioni Cantagalli, Siena 2013. 105
F. MANNS, Nuova evangelizzazione, cit.,129: «Come la nascita è il dono dell’amore alla famiglia, così
il battesimo è la riscoperta del dono dell’amore di Cristo alla famiglia cristiana. Per capire l’identità
cristiana è opportuno andare alle sue origini, cioè al fonte battesimale». 106
Cfr. SINODO DEI VESCOVI, La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana 2011, 2:
«Il problema dell’infecondità dell’evangelizzazione oggi, della catechesi nei tempi moderni, è un
problema ecclesiologico, che riguarda la capacità o meno della Chiesa di configurarsi come reale
comunità, come vera fraternità, come corpo e non come macchina o azienda». 107
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare, cit. ; A. CASTAGNARO, Fuori dal recinto. Giovani, fede,
chiesa: uno sguardo diverso, Ancora, Milano 2013; P. MARTINELLI, Nuova evangelizzazione e carisma
francescano. Prospettive e testimonianze, EDB, Bologna 2012. 108
Cfr. M. FLORIO – C. ROCCHETTA, Sacramentaria speciale I, cit., 89. 109
è necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente
missionaria» (EG 15). 110
Cfr. E. BIEMMI, Il secondo annuncio La mappa, EDB Bologna 2013, 16. 111
CEI, Il volto missionario della Parrocchia in un mondo che cambia, 2004. «L’adulto oggi si lascia
coinvolgere in un processo di formazione e in cambiamento di vita soltanto dove si sente accolto e
ascoltato negli interrogativi che toccano le strutture portanti della sua esistenza: gli affetti, il lavoro, il
riposo». 112
«La catechesi deve spesso sforzarsi non soltanto di nutrire e di insegnare la fede, ma di suscitarla
incessantemente con l’aiuto della grazia, di aprire i cuori, di convertire, di preparare un'adesione globale a
78
per avvicinare gli adulti sono spesso le trasformazioni o le crisi – le “crepe” 113
– che
accadono dentro le esperienze umane che tutti vivono nell’arco della vita. Queste
esperienze possono poi trasformarsi in cammino di fede, qualora venga riscoperta la
necessità di una vita spirituale attiva. Un passaggio fondamentale è l’esperienza
dell’amore nelle sue diverse manifestazioni e stagioni114
. L’innamoramento segna in
modo costitutivo la vita adulta e la sua possibile maturazione; è un sentimento
assolutamente necessario e che non si riesce a spiegare o controllare. È letteralmente
essere generati a nuova vita fintanto che si ci fa plasmare nella reciprocità e nella
fiducia. Questo sentimento può trasformarsi in amore, luogo dei contrasti: è
un’esperienza pasquale, dove si intrecciano il bisogno di vita e la paura della morte. Il
mondo moderno con le sue grandi opportunità e disuguaglianze tende ad accentuare la
realizzazione del benessere personale inteso come sentimento slegato da valori e
persone: di qui l’estrema fragilità delle relazioni d’amore che non riescono a proporsi
come stabili, fedeli, vere115
. Ma essere amati ed amare sono fondamentali per ogni
essere umano, fin dall’infanzia: questa esperienza può dunque rivelare una presenza che
ci ama sempre e comunque. La prospettiva dell’amore come dono di sé educa il
desiderio a superare gli immediati bisogni naturali o psicologici ma attiva una
responsabilità, una risposta adeguata allo scoprirsi amati: questa reciprocità diventa
generativa e diventa dono. Altra esperienza fondante è il tempo della vita nel quale si
diventa genitori e il periodo della cura ed educazione dei figli. Si diventa genitori e poi
Gesù Cristo per coloro che sono ancora alle soglie della fede» (CT 19). L’idea delle soglie di accesso alla
fede è ripresa dai Vescovi lombardi in “La sfida della fede: il primo annuncio”, in Il Regno/Documenti 21
(2009) 716-730. Queste occasioni di avvicinamento possono essere schematizzate in cinque gruppi:
quando nasce un bimbo, per decidere il domani (adolescenza e giovinezza), iniziare a vivere insieme
(l’inizio della vita di coppia), il prezzo della fedeltà, la difficile compagnia (sofferenza e fragilità). 113
Cfr. E. BIEMMI, Il secondo annuncio La grazia di ricominciare, cit. Una proposta di fede dentro le
situazioni di transizione nella vita diventa per molti un’esperienza che può aiutare a leggere la propria vita
come storia di salvezza, una vita abitata da una Presenza che accompagna e salva. «Chiunque invocherà il
nome del Signore sarà salvato. Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come
potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo
annunzi?» (Rom 10,13-14). Su questa parola si fonda l’esigenza e la forza propulsiva del secondo
annuncio: diventa decisivo che, nei momenti di cambiamento positivo o negativo delle persone, risuoni
una parola di annuncio. 114
Cfr. C. S. LEWIS, I quattro amori. Affetto, amicizia, eros, carità, Jaca Book, Milano 1990. 115
Cfr. Z. BAUMAN, Amore liquido: sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Bari 2004. L’“amore
liquido” è privo di legami stretti, che possono quindi sciogliersi e riannodarsi a piacimento, senza
conseguenze o responsabilità. Il desiderio di “liquidità” nelle relazioni è dovuto all’individualismo che
permea profondamente la società e che cerca benessere e appagamento, non tensioni.
79
si sceglie di essere padri e madri116
; da quel momento, la questione del senso si presenta
prepotentemente e può diventare un momento di avvicinamento o riscoperta del divino:
un bambino pone l’adulto di fronte ad una vita che va oltre e può far riemergere
interrogativi esistenziali lasciati sottotraccia. La debolezza e la dipendenza del bambino
fanno riscoprire atteggiamenti indeboliti nell’adulto: la fiducia, la gratuità, la
gratitudine, la tenerezza. Con le loro domande e provocazioni i bambini risvegliano
l’autenticità della vita e rimandano alle sue ragioni più profonde; possono far riscoprire
la paternità di Dio e l’atteggiamento di una dipendenza figliale, che in qualche modo
circoscrive l’autonomia e l’autosufficienza dell’adulto, collocandola nella corretta
relazione con il Padre117
.
III.1.2. L’incontro con Gesù
Da qui si ritorna al centro dell’annuncio cristiano: Cristo morto e risorto. «Il
catecumenato battesimale è il modello ispiratore dell’azione evangelizzatrice della
Chiesa»118
: è un cammino di immersione graduale e progressiva nella vita di Cristo, allo
scopo di «rivestirsi di Lui» (Rm 13,14), accompagnato dalla comunità intera con la
preghiera e la testimonianza. Si tratta dunque di accompagnare le coppie, secondo ritmi
e tempi rispettosi del loro stato, in un percorso di esperienza di vita cristiana, dal
momento che il battesimo porta al cambiamento d’identità della persona. Il
catecumenato è in sostanza finalizzato all’incontro con Cristo vivo119
, scoprendo
gradualmente che egli stesso fa parte della storia della salvezza, in continuità con la
storia di Gesù e dentro una storia di comunità. Il percorso si alimenta con la Parola di
Dio che istruisce, con la partecipazione alla liturgia della Chiesa, dove appare
116
Come abbiamo visto nel capitolo I, la paternità compiuta è un’adozione: si sceglie di essere genitori al
di là della sangue, della biologia. La psicoanalista francese Françoise Dolto afferma che è il padre a
infondere a un atto biologico come la nascita un carattere propriamente “umano”: attraverso l’adozione
simbolica del nuovo nato, il padre riconosce e umanizza la nuova vita nascente. 117
Cfr. B. ROSSI, “Generazione umana e irruzione del divino”, cit. La promessa di Dio si incontra con la
libertà di Abramo che diventa progressivamente la stessa libertà di Dio in un accordo armonico. Le due
libertà creano la storia compiuta della promessa. 118
«Un aiuto può essere dato, come hanno detto i Padri sinodali, anche da una catechesi post-battesimale
a modo di catecumenato, mediante la riproposizione di alcuni elementi del Rituale dell'Iniziazione
Cristiana degli Adulti, destinati a far cogliere e vivere le immense e straordinarie ricchezze e
responsabilità del Battesimo ricevuto» (CL 61). 119
«Il catecumenato non è una semplice esposizione di dogmi e di precetti, ma una formazione a tutta la
vita cristiana e un tirocinio debitamente esteso nel tempo, mediante i quali i discepoli vengono in contatto
con Cristo, loro maestro. Perciò i catecumeni siano convenientemente iniziati al mistero della salvezza e
alla pratica delle norme evangeliche e, mediante riti sacri, da celebrare in tempi successivi, siano
introdotti nella vita della fede, della liturgia e della carità del popolo di Dio» (AG 14).
80
l’iniziazione salvifica di Dio, che suscita e attende l’adesione attiva dell’uomo. La
partecipazione alla comunità parrocchiale completa l’esperienza. Questa “ispirazione
catecumenale” può interrogare ciascuno e spingere ad andare all’essenziale120
: «il
Battesimo è l’arcobaleno di Dio sulla nostra vita, la promessa del suo grande sì, la porta
della speranza e nello stesso tempo il segno che ci mostra come si fa ad essere un
uomo»121
.
III.1.3. L’educazione all’amore
La prima esperienza del bambino non è quella di amare ma quella di essere amato:
questa percezione di essere amati porta progressivamente alla volontà e capacita di
rispondere all’amore. Nell’adolescenza compare l’esigenza di nuovi equilibri, la
scoperta di sensazioni inedite, la sofferenza e il disorientamento, la passione. L’amore
«non è cosa che s’impara, e tuttavia non c’è cosa che sia così necessario imparare»122
.
L’adolescenza è tipicamente la stagione in cui si vivono le prime esperienze di
innamoramento: «Mai l’amore ha inizio in noi: comincia sempre fuori di noi, con
qualcuno che con le sue qualità ci colpisce, ci tocca»123
. È il momento sia dell’apertura
all’altro, come risposta al bisogno profondo di essere riconosciuti, scelti ed amati, ma al
contempo il giovane cerca la presenza di un amore che supera e trascende il semplice
legame vissuto: il limite, poiché nessuna esperienza o sentimento saziano il cuore
dell’uomo, proteso a desiderare e cercare qualcosa di più grande. «Dio è amore» (1 Gv
4,8) e chi fa esperienza dell’amore fa esperienza di Dio, che dell’amore è la prima
sorgente e Colui dal quale attingiamo la forza di amare. È un percorso graduale nel
quale il centro dell’attenzione si sposta da sé verso l’altro, fino a volere il bene dell’altro
e la sua felicità.
L’incontro con il corpo sessuato di un’altra persona svela al ragazzo la sua intimità124
e permette il nascere di una relazione affettiva, perché lascia sussistere l’altro come
altro, nella sua originalità, e nel contempo crea lo spazio per la relazione. È il tu che
120
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, La pastorale familiare. cit., cap. 8: “I problemi che derivano da una pastorale
sfuocata” 69-87: la salvezza è offerta da Cristo. 121
BENEDETTO XVI, Sul Natale, Lindau, Torino 2005, 112. 122
GIOVANNI PAOLO II, Varcare la soglia della speranza, Mondadori, Milano 1994, 138. 123
J. NORIEGA, Il destino dell’eros, EDB, Bologna 2006, 102. 124
«La persona, mediante la luce della ragione e il sostegno della virtù, scopre nel suo corpo i segni
anticipatori, l'espressione e la promessa del dono di sé, in conformità con il sapiente disegno del
Creatore» (VS 48).
81
svela il mio io, e che nella differenza chiama a qualcosa di più grande. Si apre uno
spazio interiore alla libertà: la presenza dell’altro in me, che mi arricchisce, chiama la
mia persona a uscire da me per trovare l’altro nella sua realtà. Attraverso la relazione
uomo-donna l’essere umano si riscopre pertanto creatura ad immagine e somiglianza di
Dio (Gen 1,26); l’amore trinitario è la sorgente dell’amore umano e l’educazione
all’amore consiste nella risposta di ogni persona alla comune vocazione all’amore. In
particolare, il matrimonio diventa la forma di partecipazione dell’umano al mistero di
comunione delle persone divine; questo sacramento trasforma l’amore umano in
salvezza e obbedienza a Dio125
. L’educazione all’amore sincero, autenticamente umano,
conduce ad aprirsi progressivamente all’amore di Dio, sorgente e fondamento di ogni
amore126
. L’educazione all’amore è pertanto la radice della crescita umana e spirituale
di ogni persona.
III.2. Accompagnare alla vita di fede
La preparazione al e nel matrimonio è stata analizzata in svariati documenti; in
questo breve lavoro vogliamo solo sottolineare che già Giovanni Paolo II aveva
proposto una formazione al matrimonio in più fasi, aveva usato il termine catecumenato
e la necessità di un accompagnamento dopo la celebrazione127
. Anche nel Direttorio di
pastorale famigliare (cfr. DPF) e nel nuovo Rito del Matrimonio128
si parla di itinerari e
di mistagogia, come accompagnamento nel matrimonio. Senza riprendere analogie e
125
«Il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una
realtà che già esiste nell'economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore
“al principio”. La decisione dunque dell'uomo e della donna di sposarsi secondo questo progetto divino,
la decisione cioè di impegnare nel loro irrevocabile consenso coniugale tutta la loro vita in un amore
indissolubile ed in una fedeltà incondizionata, implica realmente, anche se non in modo pienamente
consapevole, un atteggiamento di profonda obbedienza alla volontà di Dio, che non può darsi senza la sua
grazia» (FC 68). 126
Cfr. J. J. PÉREZ-SOBA, Il mistero della famiglia, cit. Nel cap. X viene presentato il percorso
dall’innamoramento alla consegna di sé nel consenso matrimoniale. 127
FC 66 chiarisce il significato di preparazione remota, prossima e immediata. «La preparazione remota
ha inizio fin dall'infanzia, in quella saggia pedagogia familiare, orientata a condurre i fanciulli a scoprire
se stessi come esseri dotati di una ricca e complessa psicologia e di una personalità particolare con le
proprie forze e debolezze. […] Su questa base in seguito si imposterà, a largo respiro, la preparazione
prossima, la quale - dall'età opportuna e con un'adeguata catechesi, come in un cammino catecumenale -
comporta una più specifica preparazione ai sacramenti, quasi una loro riscoperta. […] La preparazione
immediata a celebrare il sacramento del matrimonio deve aver luogo negli ultimi mesi e settimane che
precedono le nozze quasi a dare un nuovo significato, nuovo contenuto e forma nuova al cosiddetto esame
prematrimoniale richiesto dal diritto canonico». 128
Cfr. CEI, Rito del Matrimonio, cit.
82
differenze tra catecumenato e percorso di preparazione129
, evidenziamo che il cammino
verso e nel matrimonio richiede una riscoperta della via battesimale, intesa sia come
metodologia (annuncio evangelico, conversione, preghiera, esperienza di comunione
ecclesiale) che come riscoperta della vocazione personale di ognuno.
III.2.1. Da figli a sposi
Il Battesimo è un’apertura al futuro, una promessa di vita buona e ricca di senso:
come i genitori esprimono questa aspirazione e affidano il figlio al Padre celeste, allo
stesso modo gli sposi si consegnano nella promessa di una vita ricca. La domanda
fondamentale che va risvegliata nelle coppie, che spesso convivono o hanno già figli,
riguarda in sostanza il riconoscimento di una presenza: il Padre li ha formati130
e
consegnati l’uno all’altra, Gesù permette la trasfigurazione della loro storia d’amore.
L’altro elemento che la via battesimale regala agli sposi è la presenza di un comunità,
di un popolo: siamo battezzati nella fede della Chiesa. E anche questo aspetto aiuta a
capire che la vocazione degli sposi è realizzata all’interno della Chiesa che accompagna
e ha cura della loro relazione. La dimensione pasquale del battesimo è inseparabile dalla
dimensione ecclesiale: il rito del battesimo rivela il volto battesimale della comunità
cristiana; la Chiesa è al tempo stesso “madre” e “figlia” dell’iniziazione cristiana come
chiarisce S. Agostino; inizia alla fede e accompagna i credenti lungo tutto il cammino
della loro vita: «la chiesa madre genera i suoi figli e rigenera se stessa»131
. Nella
tradizione patristica il grembo di Maria, reso fecondo dallo Spirito santo, viene
paragonato all’acqua battesimale divenuta salvifica dall’infusione dello stesso Spirito. Il
Figlio costituisce la Chiesa come Sposa per permettere l’accesso alla paternità divina,
come ogni madre consente al figlio l’accesso al padre132
.
Il Battesimo è alla radice del gesto sacramentale che unisce i due sposi nel
Matrimonio, che può essere considerato l’estensione alla coppia del Battesimo che
129
Cfr. T. CASTIGLIONI, “Un catecumenato prematrimoniale?”, in La Scuola Cattolica 137 (2009) 307-
336. In particolare a p. 335: «L’analogia tra catecumenato e fidanzamento va compresa in termini non
stretti, ma come principio di ispirazione: si tratta cioè di lasciarsi ammaestrare dall’esperienza
fondamentale di iniziazione del catecumenato battesimale per modellare ogni altro cammino di
iniziazione». 130
«Prima di formarti nel grembo materno ti ho riconosciuto, prima che tu uscissi alla luce ti ho
consacrato; io ti ho donato come profeta per le nazioni» (Ger 1,5). Dio svela a Geremia il segreto della
sua origine. In B. ROSSI, Il bambino nella scrittura, cit. 131
CEI, Il volto missionario della parrocchie in un mondo che cambia, 2004, 7. 132
Cfr. A. SCOLA, “Paternità e maternità nella cultura attuale” in AA.VV., Padri e madri per crescere a
immagine di Dio, (a cura di) R. BONETTI, Città Nuova, Roma 1999, 13-36, 32.
83
ciascuno ha ricevuto personalmente133
. Ma non solo: il matrimonio dice di una chiamata
ulteriore, non è una semplice giustapposizione delle singole chiamate. La grazia
generata offre una profondità nuova all'amore: la fonte umana dell’amore è fragile e
potrebbe inaridirsi ma l’amore radicato in Dio («rimanete nel mio amore») non si
esaurisce mai. Il legame indissolubile con il Padre è donato dal Figlio: «Il sacramento è
sempre il punto culminante di un evento che Dio ha suscitato in noi»134
. Il rito del
Matrimonio inizia proprio con la memoria del Battesimo degli sposi: è un invito a
riscoprire il senso nuziale del Battesimo e il senso battesimale della vita coniugale. La
salvezza ci giunge come dono dello Sposo che ci rende sposi.
III.2.2. La con-vocazione battesimale
Il battesimo non è solo vocazione, ma anche con-vocazione: il battezzato è inserito
come membro nel corpo vivente di Cristo che è la Chiesa. Il battesimo conferisce la
grazia a costruire una storia nuova, una storia di salvezza, proprio come una storia di
comunione e di solidarietà. La ‘con-vocazione’ battesimale che rende fratelli tutti
coloro che sono stati fatti figli di Dio in Cristo, nel matrimonio diventa una fatto di
convocazione speciale perché destina i coniugi a realizzare in coppia la medesima
vocazione battesimale. È proprio in forza di questa specificità che l’amore coniugale
diventa un sacramento distinto dal battesimo. Tutta la realtà della coppia viene assunta
dal matrimonio sacramento, acquisendo un significato nuovo e una modalità specifica di
attuazione.
L’indissolubilità del matrimonio rappresenta la possibilità che la libertà si compia,
che il desiderio di essere amato e di amare trovi soddisfazione fino a rendere trasparente
il disegno originario del Padre. Tale pienezza è possibile solo se marito e moglie vivono
quotidianamente il proprio rapporto come sacramento, come forma concreta del loro
essere Chiesa domestica, non come risultato di una scelta volontaristica. È dunque
necessaria una consapevolezza del proprio battesimo e della propria appartenenza a
Cristo135
. E intorno a questo centro è offerta la grande possibilità di rinnovare la grazia
battesimale mediante l’esperienza del perdono. Perdono che è la dimensione originale
133
Cfr. M. SEMERARO, “Dalla sponsalità alla figliolanza”, cit., 422. 134
E. SCHILLEBEECKX, Il Matrimonio. Realtà terrena e mistero di salvezza, Paoline, Roma 1968, 34-35. 135
«Come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per
mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa
tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef 5,25-27).
84
del Padre. La parabola del figliol prodigo ci presenta infatti un padre che integra
perfettamente libertà e amore. Lascia che il figlio esca dalla sua casa ma soffre con il
figlio136
: lo aspetta e lo guarda da lontano, lo accoglie con una felicità priva di
risentimento. Il figlio minore decide di rinunciare alla sua condizione di figlio e si
stacca dall’amore del Padre così come il maggiore che vive presso il Padre non da figlio
ma da servo.
La categoria di dono137
spiega la grande dignità del matrimonio e della famiglia
perché «all’uomo non soltanto viene donato l’essere, ma anche la capacità di sapere che
gli viene donato l’essere: nel dono sincero di sé viene a sapere chi veramente è»138
. La
verità cristiana del matrimonio139
definisce una conseguente etica della responsabilità,
come risposta ad un amore previo. Il fondamento dell’etica cristiana sta in questa
capacità di dono che si radica nell’amore creativo e redentivo di Dio. L’uomo esiste ad
immagine e somiglianza della Trinità. E il luogo dove il significato di tale immagine e
somiglianza può essere compreso nel modo più compiuto è nella relazione sponsale.
L’immagine e somiglianza indica una particolare partecipazione dell’essere umano alla
vita divina: Dio vive in se stesso una esperienza di comunione personale d’amore,
l’essere umano vive l’esperienza di comunione nella relazione sponsale tra l’uomo e la
donna. Nel patto d’amore coniugale, infatti, l’uomo e la donna «non sono più due, ma
una carne sola» (Gen 2,24). I due rimangono distinti nella loro personalità, ma
attraverso il corpo essi fanno esperienza di unità, di amore, di comunione. È una
comunione che ha la sua sorgente nella Trinità e si radica nella naturale
complementarità che esiste tra l’uomo e la donna. L’essere sposi è, quindi, il
compimento del nostro essere persone: l’io diventa un noi nella forma matura di “essere
per l’altro”.
136
Cfr. S. GRYGIEL, “Coniugalità, paternità e maternità: relazioni per crescere a immagine di Dio” in
AA.VV., Padri e madri per crescere a immagine di Dio, (a cura di) R. BONETTI, Città Nuova, Roma 1999,
37-51, 47: «La paternità del Padre si rivela più gloriosamente quando suo figlio l’ha abbandonato. Più
gloriosamente e allo stesso tempo più dolorosamente. La sofferenza e la gloria vanno insieme. Il Padre
soffre più che non suo figlio». 137
Cfr. A. MATTHEEUWS, Amarsi per donarsi, Marcianum Press, Venezia 2008, 209: «Cristo si è donato
in modo nuziale all’uomo nel Battesimo». L’autore sviluppa una teologia del matrimonio secondo
un’ermeneutica del dono. 138
G. GRANDIS, “Dimensione unitiva della coppia: fecondità e accoglienza”, in AA.VV., Padri e madri
per crescere a immagine di Dio, (a cura di) R. BONETTI, Città Nuova, Roma 1999, 267-283, 273. 139
«L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, e
stabilita dal patto coniugale vale a dire dall’irrevocabile consenso personale» (GS 48): il matrimonio è
amore e struttura.
85
III.2.3. Da sposi a padri e madri
La paternità e la maternità fanno parte integrante della esperienza della sponsalità. Il
diventare padre e madre (e lo si diventa per una decisione della nostra libertà e della
nostra responsabilità) è l’ultima tappa di un cammino che ha il suo punto di partenza
nella consapevolezza di essere stati creati, maschio e femmina, come persone. L’essere
umano possiede questa dignità massima perché è stato creato ad immagine e
somiglianza del suo Creatore. La paternità e la maternità hanno la loro radice nella
sponsalità. Lo sposo diventa padre attraverso la sposa e la sposa diventa madre
attraverso lo sposo. Lo sposo e la sposa possono diventare genitori attraverso il dono
reciproco di sé che avviene nel corpo. Il dono del proprio corpo all’altro, come segno
dell’amore, è la condizione biologica e umana per il sorgere della nuova vita, che,
essendo originata dal dono, ha essa stessa la caratteristica del dono. Il figlio è chiamato
a far parte delle relazioni nuove che si instaurano all’interno della famiglia. I figli fanno
sì che il matrimonio diventi famiglia, per affermarla, per consolidarla, per
approfondirla. Essi vi entrano come persone, cioè come esseri capaci di ricevere, ma
anche di dare. Il figlio è chiamato pertanto ad arricchire e a portare a pienezza la
comunità coniugale. Il figlio, che «viene formato nel segreto» (Sal 138), viene al mondo
per se stesso, per realizzare la propria missione. Il figlio non è “figlio del desiderio”140
ma dono. Genera alla vera vita chi trasmette la vita di Dio ai propri figli141
. Perciò, i
genitori consegnano alla Chiesa, di cui essi stessi sono parte, i loro figli, perché li
incorpori, donando loro la vita nuova di Cristo nel Battesimo. Occorre infatti andare «a
scuola da Dio per imparare dal suo cuore cosa significa amare con “forte tenerezza” e
“tenera fortezza”»142
.
III.2.4. La circolarità della generazione
Il Battesimo di un adulto segue una logica di “conversione” mentre il battesimo dei
bambini, del figlio, risponde ad una logica di “educazione”143
: è solo divenendo sempre
140
Cfr. M. GAUCHET, Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pensiero, Milano 2010. 141
I genitori sono chiamati dal figlio non solo alla responsabilità della cura quotidiana del suo crescere,
ma, più profondamente, alla testimonianza del bene: nel Battesimo dei bambini viene identificato
chiaramente questo compito di rappresentanza e di anticipazione. Cfr. J. RATZINGER, Elementi di
teologia fondamentale, cit., 41: «La sua vita spirituale si sviluppa nella esistenza spirituale dei genitori e
dei maestri». 142
C. ROCCHETTA, Teologia della Famiglia. Fondamenti e prospettive, EDB, Bologna 2011, 576. 143
Cfr. P. CASPANI, Rinascere dall’acqua e dallo Spirito, cit., 200.
86
più figli di Dio che si può essere realmente sposi, e divenire autentici genitori, capaci di
generare i propri figli alla vita in pienezza, conducendoli alle sorgenti della vita eterna.
Il Battesimo stabilisce quindi una circolarità feconda con il matrimonio; introduce un
vincolo nuovo con il passato144
: è nella famiglia infatti che si costruisce un racconto
della propria storia pieno di senso e si vive la benedizione145
intesa come memoria
dell’origine e promessa sul futuro. Non si può essere autentici genitori se non si è prima
sposi e, prima ancora, figli. Siamo stati figli che hanno ricevuto dai genitori il dono
della figliolanza nel Figlio; poi ci siamo sposati e abbiamo ricevuto la grazia del
matrimonio per vivere in pienezza da sposi con lo Sposo; la nascita del figlio ci ha
trasformati ancora: ora siamo genitori, chiamati a generare alla vita146
, a costruire non
l’uomo di carne ma l’uomo interiore147
. La spiritualità coniugale, che intende radicarsi
sui due fondamentali valori della esperienza unitiva della coppia e della fecondità, non
può essere che una spiritualità di comunione, che si nutre giorno per giorno della
esperienza del dono totale e sincero di sé.
III.3. Conclusione
Nel capitolo abbiamo sviluppato una traccia di via battesimale come
accompagnamento nel matrimonio in quanto vogliamo guadagnare una prospettiva
pastorale dalla profonda unione tra Battesimo e Matrimonio. È l’accettazione
dell’amore filiale come incondizionato che consente di abbracciare la rivelazione di un
144
Cfr. J. GRANADOS, I segni nella carne. Il matrimonio nell’economia sacramentaria, Cantagalli, Siena
2011, 31-45: il Battesimo è fondamento della ministerialità degli sposi che pronunciano un sì definitivo; il
matrimonio custodisce a sua volta il linguaggio del corpo testimone dell’amore. 145
Cfr. X. LACROIX, “Padri: testimoni dell’origine, generatori di futuro”, in AA.VV., Ho ricevuto, ho
trasmesso. La crisi dell’alleanza tra le generazioni, Vita e Pensiero, Milano 2014, 133: «Benedire
significa trasmettere una parola buona che proviene dall’origine. […] La parola del padre apre
all’avvenire in quanto parola storica, nel senso che indica anche la storia come un compito da
perseguire». Anche in P. ROTA SCALABRINI, “Il corpo: passione di Dio e dell’uomo, Elementi di una
teologia biblica del corpo nell’Antico Testamento”, in Collana Quaderni di Studi e Memorie 12 (1997)
83-137, 95: «L’espandersi della vita diventa segno e realizzazione della benedizione originaria di Dio che
entra, in tal modo, nella storia dell’uomo e passa di generazione in generazione. […] il generare è quasi il
sacramento visibile della benedizione originaria, data da Dio, e che viene conservata attraverso i secoli e
le varie generazioni». 146
Cfr. C. ANDERSON – J. GRANADOS, Chiamati all’amore. La teologia del corpo di Giovanni Paolo II,
Piemme, Milano 2010, 247: «dobbiamo riconoscerci come figli, per poterci donare come sposi, e così
arrivare a essere genitori nella fecondità dell’amore. Cristo, nei sui Passi sulla terra, non ha seguito un
percorso diverso: la sua è stata la vita del Figlio che si dona come Sposo alla Chiesa per generare così vita
nuova negli uomini». 147
«Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e
sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente fortificati
nell’uomo interiore mediante il suo Spirito» (Ef 3,14-16).
87
amore definitivo, che va al di là delle semplici intenzioni degli sposi e che, pertanto,
apre alla grandezza del disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia. La fonte della
vocazione dell’uomo148
è la certezza della nostra figliolanza in Dio Padre attraverso il
Figlio. In quanto figli siamo legati in una famiglia spirituale che ci costituisce fratelli;
questa comunità è la Chiesa, sposa di Cristo e madre. L’amore sorgivo del Padre verso
il Figlio, che noi sperimentiamo come figli adottivi, è guida dell’amore degli sposi: la
cifra ermeneutica di questo amore è il dono di sé. È proprio nella differenza sessuale
adeguatamente vissuta che l’apertura all’altro può prendere la forma del dono di sé. Il
“grande mistero” dell’esperienza umana dell’amore fra gli sposi, basata sulla differenza
sessuale, viene illuminata dall’analogia con l’amore sponsale di Gesù Cristo per la
Chiesa, del quale proprio in virtù del sacramento del matrimonio partecipano gli sposi
cristiani. Il sacramento è ciò che spiega in profondità l’amore naturale: gli sposi sono
destinati 149
a vivere un amore totale, unico, fedele e fecondo (HV 9). Questo cammino è
per la santità150
. Gli sposi ricevono come dono la fecondità: occorre però scegliere di
essere padri e madri, ritornando alla paternità di Dio (abisso di paternità secondo
Origene). I due sacramenti sono simboli che “danno da pensare”151
e attestano la
precisa identità dell’uomo: siamo figli e sposi. La generazione è parte della fecondità
originale e abbraccia le generazioni; ci introduce nella grande storia della salvezza dove
ogni individuo costruisce e realizza il progetto di Dio, se accoglie la proposta di
rimanere nel suo amore152
.
148
«Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche
pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (GS 22). 149
«Il Signore si è degnato di sanare, perfezionare ed elevare questo amore con uno speciale dono di
grazia e carità. Un tale amore, unendo assieme valori umani e divini, conduce gli sposi al libero e mutuo
dono di se stessi» (GS 49). 150
«Fonte propria e mezzo originale di santificazione per i coniugi e per la famiglia cristiana è il
sacramento del matrimonio, che riprende e specifica la grazia santificante del battesimo» (FC 56). 151
È la celebre definizione data dal filosofo Ricoeur. Cfr. P. RICOEUR, Il simbolo dà a pensare,
Morcelliana, Brescia 2002. 152
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Gv 15, 9).
88
CONCLUSIONE
La famiglia genera perché custodisce ed educa al senso vero della vita: questa
fecondità piena realizza la benedizione originaria di Dio Padre e aiuta la Chiesa a
servire la vita e l’amore. Nei bambini, negli sposi, nei padri e nelle madri si dispiega
una storia di salvezza che costruisce legami orizzontali e verticali, con il passato e con il
futuro, all’interno di una comunità ecclesiale che è Sposa e Madre.
La via battesimale può rappresentare una pista di annuncio, non solo per adulti alle
“soglie delle fede” ma per tutti: ogni momento della vita può diventare un evento
pasquale che ci traghetta da morte a vita, se riscopriamo la fecondità della vita nello
Spirito. Battesimo e Matrimonio sono sacramenti che vivificano nel corpo e nell’anima,
costruiscono l’uomo pneumatico e ci rimandano all’importanza dell’ascolto della Parola
e della Liturgia.
Il Padre misericordioso racconta chi siamo e qual è il progetto di Dio per noi: nelle
curve delle nostre vite siamo sia il figlio minore che si allontana dal Padre che il figlio
maggiore che giudica ma vive da servo. Siamo comunque chiamati a diventare padri e
madri che generano alla vita: educando, soffrendo, perdonando, rallegrandosi. La
fedeltà alla generatività è nella conversione continua: ognuno ha origine nell’Altrove ed
è chiamato a realizzare un personale cammino di santità che ci viene donato nel
Battesimo e nel Matrimonio, che diventano una feconda sintesi tra individualità e
ecclesialità, tra passione e donazione, tra libertà e obbedienza, tra fragilità e grandezza,
tra eredità e novità.
La circolarità che lega i due sacramenti si ritrova nelle generazioni. L’atto della
benedizione del padre attesta che la vita si trasmette non solo biologicamente ma
attraverso un processo reciproco di configurazione, analogo al rapporto che lega Cristo
al Padre.
È Cristo, nuovo Adamo, dunque l’esempio perfetto di Figlio e Sposo che rende
l’uomo più uomo e gli insegna la fiducia, la promessa, la benedizione, la speranza: «vi
siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si
rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato» (Col 3,9-10).
89
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INDICE
PARTE I: FIGLI NEL FIGLIO - SPOSI CON LO SPOSO 3
INTRODUZIONE 4
IL BATTESIMO, DONO DI ESSERE FIGLI NEL FIGLIO 5
I.1. Materia e parola nel Sacramento 6
I.1.2. Il Battesimo: lavacro dell’acqua unito alla parola 6
I.1.3. Il segno dell’acqua 8
I.1.4. Immersi nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo 11
I.1.5. Il dono dello Spirito 12
I.2. Battesimo e corporalità 14
I.2.1. Nascita, rinascita, vita nuova 14
I.2.2. In-corporazione alla Chiesa 17
I.3. Essere e diventare figli 18
I.3.1. Resi figli nel Figlio 18
I.3.2. Una nuova identità e missione 20
I.4. La dimensione ecclesiale 21
I.4.1. Le tre dimensioni ministeriali del battezzato 21
I.5. Conclusione 23
IL MATRIMONIO, CHIAMATA A VIVERE IL DONO DI SÉ
CON LO SPOSO 24
II.1. Il matrimonio, compimento della vocazione battesimale 25
II.1.1. Sposarsi «nel Signore» 25
II.1.2. La parola come promessa 26
II.1.3. Il dono di sé nella carne 27
II.1.4. Carisma matrimoniale e grazia sacramentale 28
II.2. L’alleanza in Cristo e nella Chiesa 30
II.2.1. Il mistero delle nozze 31
II.2.2. La presenza e l’opera dello Spirito Santo 32
II.2.3. Paternità e maternità: compimento della sponsalità 34
98
II.3. La dimensione ecclesiale 35
II.3.1. Ecclesialità e missionarietà del ministero coniugale 35
II.4. Conclusione 37
BATTESIMO E MATRIMONIO, CIRCOLARITÀ DEL MISTERO
NUZIALE 38
III.1. Sacramenti e fede 39
III.1.1. L’iniziazione cristiana come percorso nuziale 40
III.1.2. Prospettive pastorali: accompagnare alla vita di fede 42
III.2. Conclusione 44
CONCLUSIONE 45
PARTE II: CHIESA E FAMIGLIA GENERANO ALLA VITA 46
INTRODUZIONE 47
BATTESIMO: LUOGO DELL’INCONTRO TRA FAMIGLIA E CHIESA
MADRE 48
I.1. Famiglia, spazio delle relazioni originarie 48
I.1.1. Tutti siamo figli 50
I.1.2. La crisi del padre 52
I.2. Chiesa come famiglia di Dio 53
I.2.1. Fonte battesimale come utero 54
I.2.2. Crisi della fede e della famiglia 56
I.3. Famiglia e Chiesa generano alla fede 57
I.3.1. Chiesa come madre 57
I.3.2. Educare la vita spirituale 58
I.4. Conclusione 60
BATTESIMO: SACRAMENTO RADICE 61
II.1. Battesimo, “porta” della fede 62
II.1.1. Il bambino rivela la nostra figliolanza 63
II.1.2. Nascita e rinascita 64
II.2. Dallo Spirito Santo la missione 66
II.2.1. Missione sacerdotale, profetica e regale 66
99
II.2.2. Battesimo come dono e impegno 67
II.3. Nel Battesimo la radice di ogni vocazione 69
II.3.1. Chiamata dalla morte alla vita 69
II.3.2. Figliolanza, paternità e nuzialità 69
II.3.3. Nuzialità come battesimo della coppia 70
II.3.4. Grazia battesimale e matrimonio 72
II.4. Conclusione 73
VIA BATTESIMALE COME PERCORSO DI ACCOMPAGNAMENTO AL
MATRIMONIO 75
III.1. La via battesimale dell’evangelizzazione 76
III.1.1. L’annuncio di fede 77
III.1.2. L’incontro con Gesù 79
III.1.3. L’educazione all’amore 80
III.2. Accompagnare alla vita di fede 81
III.2.1. Da figli a sposi 82
III.2.2. La con-vocazione battesimale 83
III.2.3. Da sposi a padri e madri 85
III.2.4. La circolarità della generazione 85
III.3. Conclusione 86
CONCLUSIONE 88
BIBLIOGRAFIA 89
INDICE 97
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