dop, opportunità o vincolo? il caso dell'olio dop cartoceto
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INDICE
1. LA NASCITA E LO SVILUPPO DELLE DOP
1.1. Dalla prima normativa Europea e suo recepimento in
Italia ad oggi ……………………………………………………... Pag. 5
1.2. L’Unione Europea si interroga sulle DOP ………………….............. 10
1.3. Il panorama delle certificazioni in Italia ……………………………. 13
1.4. La domanda e i consumi interni dei prodotti DOP e IGP …………. 24
1.5. Le esportazioni ……………………………………………………….. 27
1.6. Il fenomeno delle “Big-DOP” ………………………………………... 31
1.7. Prospettive e valutazioni del caso italiano ………………………….. 32
2. L’OLIO D’OLIVA, DAL MERCATO GLOBALE ALL’ITALIA
2.1. Considerazioni introduttive …………………………………………. 39
2.2. L’olio d’oliva quale prodotto globale ……………………………….. 42
2.3. Il mercato italiano ……………………………………………………. 52
3. L’OLIO DOP CARTOCETO
3.1. L’olivicoltura a Cartoceto: da Cartagine al riconoscimento DOP ... 63
3.2. I dati della certificazione …………………………………………….. 66
3.3. Impressioni ed opinioni ……………………………………………… 71
4. CONCLUSIONI …………………………………………………………... 79
5. SITOGRAFIA E RIFERIMENTI ……………………………………….. 85
6. APPENDICE ……………………………………………………………… 89
1
INTRODUZIONE
Le Politiche Agricole sono un pilastro della Comunità Europea sin dalla sua
nascita e nel 1992 è varata una prima normativa che crea e riconosce le DOP
(Denominazione di Origine Protetta) e le IGP (Indicazione Geografica Protetta) al
fine di tutelare una vasta gamma di prodotti agricoli e alimentari.
Tale Regolamento è stato poi rivisto e perfezionato nel 2006 puntando a
mantenere la sua filosofia di base ma rivedendone le modalità operative.
La Denominazione di Origine Protetta è quel marchio che impone le norme più
rigide in assoluto ed è un indicatore di qualità che è attribuito al prodotto
agroalimentare (vini e bevande alcoliche escluse) le cui caratteristiche qualitative
dipendono esclusivamente dal territorio in cui è prodotto.
Esso è quindi un marchio di garanzia che maggiormente tutela i consumatori e che
riconosce l’assoluta importanza dell’ambiente geografico di produzione che
comprende sia fattori naturali che umani (come le tecniche di produzione e di
trasformazione) che consentano di ottenere un prodotto unico e inimitabile.
Sono ora in corso trattative alla WTO (World Trade Organisation) per ampliare
tale riconoscimento a livello di commercio mondiale.
L’Italia è passata da 121 prodotti DOP/IGP nel 2003 su 607 complessivi UE a 163
del 2007 (+35%) su 763 complessivi UE divenendo così il Paese con il maggior
2
numero di riconoscimenti e superando la Francia che lo era nel 2003 con ben 131
(155 nel 2007) ma non è stata la Nazione che ha mostrato il maggiore tasso di
crescita (la Spagna in valore assoluto ha mostrato un + 61%) anche se Italia e
Francia da sole rappresentano ben il 20% delle registrazioni totali.
Rilevante è che in Italia di tutti questi prodotti i primi 10 da soli hanno
rappresentato ben l’85% del valore della produzione certificata nel 2006 e di tutti
quelli destinati all’esportazione ben il 35% (sempre nel 2006) sono andati verso
paesi extra-UE dove tale tutela non esiste e non rappresenta, quindi, un valore
aggiunto.
Ecco la base per un’analisi sull’effettiva generazione di opportunità o
sull’insorgere di eccessivi vincoli offerta dal riconoscimento DOP in specifico
analizzando il caso dell’olio Cartoceto che il 29/10/04 con l’emanazione del
Regolamento (CE) n. 1897 si è visto attribuire tale riconoscimento avendone
presentata richiesta sin dal 2002.
Si cercherà, quindi, di esaminare il perché le produzioni DOP hanno trovato un
fortissimo sviluppo in Italia e stanno consentendo di mantenere posizioni di
vertice nelle preferenze dei consumatori sia nell’Unione Europea ma soprattutto in
paesi in cui tali riconoscimenti non sono tutelati o in cui, storicamente, tali
prodotti non erano inseriti nella dieta alimentare di base.
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L’origine del successo in mercati nei quali la discriminante del prezzo diviene
elemento marginale nel processo di scelta e in cui il riconoscimento DOP assume
preminenza anche in situazioni di congiuntura economica particolarmente
negativa come quello attuale in cui la capacità di spesa si contrae.
Si passerà all’analisi del prodotto olio di oliva che da fenomeno tipicamente
mediterraneo è divenuto globale sia per consumo che per produzione e vede
l’Italia tra i paesi che maggiormente importano ma, soprattutto, esportano e ne
solo leader consolidati.
Questo nonostante si stiano affacciando nuovi produttori con elevata capacità di
produzione a basso costo grazie all’incidenza ridotta della manodopera che è
preminente in tali produzioni ma proprio in tali situazioni i prodotti certificati
DOP italiani stanno mantenendo le proprie posizioni e, anzi, ne conquistano di
nuove anche a scapito di paesi di lunga tradizione quali la Spagna acquisendone,
anzi, le migliori competenze e le particolarità positive.
Infine si arriverà al caso della Dop Cartoceto ossia al caso di una produzione di
olio extravergine di oliva certificato effettuata in un territorio assai ristretto.
Questo ci permetterà di capire, forse, quali sono i limiti delle certificazioni in
realtà produttive così esigue ma soprattutto ci darà lo spunto per verificare se
4
esistono elementi esterni capaci di ribaltare queste limitazioni e di comportare
ricadute anche al di fuori della stretta filiera del prodotto certificato.
Tutto questo percorso allo scopo di arrivare a capire se le DOP hanno
rappresentato, rappresentano e rappresenteranno un vantaggio competitivo per i
prodotti italiani sia a livello di produzione sia di consumi nazionali ed esteri oltre
ai risultati raggiunti nello specifico dall’Olio Dop Cartoceto.
Si proverà, quindi, a delineare un quadro che forse non rispecchia quanto
ipotizzato dal legislatore europeo e non soddisfa né i produttori né i consumatori
soprattutto in un quadro economico di congiuntura particolarmente negativa in cui
la spesa destinata ai consumi alimentari si è contratta ma permane una richiesta di
base del mercato di prodotti di qualità ed eco-compatibili.
Occorre, infatti, discernere se l’opportunità di un riconoscimento DOP superi i
vincoli di natura produttiva ma anche commerciale e distributiva che questo
comporta soprattutto per un prodotto già assai particolare quale un olio
extravergine di oliva.
5
Capitolo 1
LA NASCITA E LO SVILUPPO DELLE DOP
1.1. DALLA PRIMA NORMATIVA EUROPEA E SUO RECEPIMENT O IN
ITALIA AD OGGI
Le Politiche Agricole (denominate PAC) sono state centrali per l’Unione Europea
fin dalla sua costituzione basti pensare che negli anni ’70 esse assorbivano il 70%
dell’intero bilancio comunitario.
Originariamente però l’accento era posto sulla necessità di produrre cibo a
sufficienza per l’Europa che in quella situazione storica vedeva tutti i Paesi
aderenti uscire da un decennio di carestie dovute alla guerra.
I primi interventi, quindi, furono dettati dall’emergenza della situazione
contingente e indirizzati principalmente a fornire sussidi alle produzioni su vasta
scala e con l’acquisto delle eccedenze al fine di regolare il mercato dei prezzi con
le sue inevitabili conseguenze sui redditi degli addetti e sulla loro capacità di
consumo.
La situazione contemporanea è ben diversa e, infatti, nel bilancio attuale (2007 –
2013) le risorse destinatevi sono scese al 34% del budget comunitario ma
soprattutto si è variati gli obiettivi che ora sono rivolti principalmente al
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consentire ai produttori di alimenti di ogni genere di riuscire a competere in modo
autonomo sui mercati dell’UE e su quelli mondiali.
Questa profonda riforma della PAC ha consentito di liberare risorse per
promuovere alimenti di qualità e competitivi a livello internazionale, di sviluppare
processi innovativi nell’agricoltura e nella trasformazione alimentare, di
perseguire lo sviluppo rurale (al quale è destinato ben l’11% di tali risorse).
Tutto questo perché oltre al lato produttivo anche i consumatori sono divenuti nel
frattempo molto più attenti alla qualità e centrali per i legislatori europei.
Proprio per tutelare la qualità dei suoi prodotti agricoli e alimentari in genere nel
1992 è emanato il regolamento CEE n. 2081 che stabilisce due livelli di
riconoscimento in sede Comunitaria per questi prodotti: la DOP (Denominazione
di Origine Protetta) e la IGP (Indicazione Geografica Protetta).
La DOP è il riconoscimento che impone da subito norme molto rigide ed è
attribuito ai prodotti agroalimentari (vini e bevande alcoliche escluse) le cui
caratteristiche qualitative dipendono esclusivamente dal territorio in cui sono
prodotti.
Centrale diviene l’ambiente geografico di produzione che comprende sia fattori
naturali che umani (come tecniche di produzione e trasformazione) con i quali si
ottiene un prodotto unico e inimitabile.
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Per avere il riconoscimento DOP il regolamento CEE 2081/92 impone due
condizioni irrinunciabili:
- Le particolari qualità e caratteristiche del prodotto devono essere dovute
esclusivamente o essenzialmente all’ambiente geografico del luogo di
origine (dove per ambiente geografico si intendono non solo i fattori
naturali ma anche quelli umani ossia anche le conoscenze e tecniche
locali);
- La produzione delle materie prime e la loro trasformazione fino al
prodotto finito devono essere effettuate nella regione delimitata di cui il
prodotto porta il nome.
In precedenza nello specifico la legislazione italiana non imponeva di indicare la
provenienza degli ingredienti del prodotto quindi si introduce la basilare
“tracciabilità” di un prodotto a marchio DOP che è garanzia del luogo di
provenienza e di trasformazione delle materie prime ivi prodotte.
Da subito chi vuole ottenere il riconoscimento deve attenersi a uno specifico
disciplinare di produzione e sottostare al controllo di un Ente di Certificazione
indipendente e appositamente incaricato e riconosciuto.
L’IGP, invece, è attribuita ai prodotti agricoli o alimentari dove una sola fase del
processo produttivo ha un legame con la zona geografica di riferimento.
8
La normativa a livello europeo in seguito è solo integrata con l’emanazione del
Regolamento CEE n. 692/2003.
L’Italia ha proceduto a ratificare tali regolamenti con lo strumento dei Decreti
Ministeriali infatti ne sono stati emanati diversi che intervengono specificamente
per disciplinare i Consorzi di Tutela preposti alla richiesta dei riconoscimenti o
per ripartire i costi derivanti da questi (D.M. n. 410 del 12 settembre 2000) o,
come il Decreto Legislativo n. 297 del 19 novembre 2004, per introdurre
specifiche sanzioni per chi non rispetta le norme sui prodotti DOP e IGP.
Con il passare del tempo e visto il favore incontrato sia tra i produttori sia tra i
consumatori diventa necessario un profondo riesame che si concretizza nei
Regolamenti (CE) n. 510/2006 e 509/2006 emanati entrambe il 20 marzo 2006
che abrogano completamente il precedente Regolamento CEE n. 2081/92.
A differenza di quanto avvenuto in precedenza in Italia si decide di darne
attuazione con un provvedimento unitario infatti sono entrambe recepiti con il
Decreto Ministeriale del 17 novembre 2006 da parte del Ministero delle Politiche
Agricole.
Tale nuovo quadro normativo migliora, innanzitutto, la tutela dei consumatori e si
rendono maggiormente riconoscibili i prodotti interessati con l’apposizione di
etichette contenenti simboli comunitari standard e apposite diciture per evitare
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qualsiasi prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei
prodotti.
È previsto che la domanda di registrazione possa essere esclusivamente presentata
da un’Associazione solo per prodotti agricoli o alimentari che essa stessa produce
o elabora e deve venire sottoposta in prima istanza allo Stato membro sul cui
territorio è situata la zona geografica che poi, dopo il suo esame e se ritenuta
ammissibile, venire sottoposta alla Commissione.
In ogni caso l'Associazione proponente deve rappresentare sia una produzione
superiore al 50% di quella ottenuta nella zona delimitata sia una quota superiore al
30% delle imprese coinvolte nella produzione.
Le domande devono contenere, oltre alla documentazione sull’associazione, anche
il disciplinare di produzione, una relazione tecnica, una relazione socio-
economica (attuale e per i successivi cinque anni) ma anche una relazione storica
infatti è riconosciuta “tradizionale” quella produzione che si protrae per un
periodo di almeno una generazione umana ossia almeno 25 anni.
L’Associazione è inoltre tenuta al versamento di un contributo per coprire ogni
spesa d’istruttoria oltre a ricevere un parere Regionale.
Nello stesso anno è emanato il Regolamento (CE) n. 1898/2006 che il 14
dicembre 2006 ribadisce e chiarisce che la zona geografica deve essere delimitata
10
in modo preciso e dettagliato senza presentare ambiguità inoltre è previsto che la
Commissione istituirà e conserverà a Bruxelles il “Registro delle denominazioni
di origine protetta e delle indicazioni geografiche protette” da tenere
costantemente aggiornato.
In tale disposizione vengono anche ripresi i simboli comunitari da apporre su
prodotti DOP e IGP che, però, saranno ulteriormente rivisti con il Regolamento
(CE) n. 628/2008 della Commissione emanato il 02 luglio 2008.
La procedura completa per la registrazione trova applicazione nella normativa
italiana con il Decreto Ministeriale del 21 maggio 2007 che attribuisce ruolo di
prima verifica proprio alle Regioni in cui è collocato il Consorzio proponente.
Analogo iter è previsto sia per la cancellazione di prodotti DOP o IGP sia per le
variazioni che possono riguardare i disciplinari.
1.2. L’UNIONE EUROPEA S’INTERROGA SULLE DOP
Il 28 maggio 2009 è steso un Documento di lavoro che la Commissione trasmette
al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e
al Comitato delle Regioni contenente una sintesi sulla valutazione d’impatto della
politica di qualità dei prodotti agricoli.
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In tale documento è indicato e si prende atto del fatto che il regime in vigore è
troppo complesso e il sistema delle indicazioni geografiche non presenta
sufficiente visibilità oltre a diversi problemi essenzialmente d’ordine tecnico.
Le attese iniziali si dicono deluse con il proliferare di regimi di certificazione che
inducono il consumatore in confusione.
Si suggerisce, perciò, di ritornare all’obiettivo generale della politica di qualità dei
prodotti agricoli ossia consentire agli agricoltori e ai produttori di soddisfare le
attese dei consumatori riguardo alle caratteristiche del prodotto e alle modalità di
produzione e di comunicare efficacemente al fine che:
- agricoltori e produttori ricavino un congruo compenso commisurato alla
qualità del prodotto agricolo;
- agricoltori e produttori possano rispondere alla domanda dei consumatori
relativa alle caratteristiche del prodotto e alle modalità di produzione
recanti un valore aggiunto;
- i consumatori siano in grado di distinguere le caratteristiche del prodotto e
le metodologie di produzione attraverso le diciture riportare in etichetta.
Tutto questo dovrebbe portare a perseguire obietti specifici ovvero:
- Migliorare la comunicazione tra agricoltori, acquirenti e consumatori;
12
- Rendere più coerenti gli strumenti della politica di qualità perseguita
dall’UE;
- Appianare le complessità sia per gli agricoltori e i produttori, sia per i
consumatori.
In conclusione l’attuale politica di programmazione ha posto maggiore enfasi
sulla necessità di migliorare il livello qualitativo dei prodotti alimentari
introducendo specifiche misure dirette a favorire l’adesione degli agricoltori ai
sistemi di qualità quali quelli derivanti dai Regolamenti (CE) 510/2006 (prodotti
con denominazione di origine, DOP e IGP) e 509/2006 (norme sulle STG), dal
479/2008 (denominazione di origine e indicazioni geografiche nell’ambito della
nuova OCM vino) e 834/2007 (prodotti biologici) nonché ai sistemi di qualità
regionali e nazionali già riconosciuti o ancora da riconoscere (misura 132) oltre
alla promozione dei prodotti compresi in tali sistemi di qualità da parte delle
associazioni di produttori (misura 133).
Tutto questo per puntare sulla qualità nelle politiche UE che hanno innanzitutto
cercato di rispondere al malcontento della società che nel tempo è sempre stata
meno disponibile a sostenere finanziariamente un settore sempre meno importante
sia in termini occupazionali sia di valore aggiunto oltre a forte impatto ambientale
e non sempre attento alla sicurezza e qualità dei suoi prodotti come quello
alimentare.
13
Il miglioramento della qualità dei prodotti, quindi, risponde all’esigenza di
orientare maggiormente le produzioni agricole al mercato nel quale la domanda è
sempre più segmentata e attenta alle caratteristiche qualitative dei prodotti
agroalimentari.
Questi obiettivi, però, si scontrano con difficoltà di tipo gestionale (connesse
all’innovazione e complessità degli interventi previsti), con i costi della
certificazione (non sempre compensati da un più elevato valore aggiunto
riconosciutogli dal mercato), dalla scarsa rispondenza degli interventi alle
esigenze degli operatori del settore, alla mancanza di attività di animazione e
informazione adeguata (atta a sensibilizzare gli operatori ai vantaggi che
potrebbero derivare dal potenziamento delle produzioni di qualità), la scarsa
diffusione di una cultura della qualità nel mondo dell’imprenditoria agricola e,
non ultima, la mancanza di una strategia diretta a migliorare la
commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità integrata.
1.3. IL PANORAMA DELLE CERTIFICAZIONI IN ITALIA
I numeri delle DOP e IGP in Italia sono veramente consistenti ma impressiona
soprattutto la crescita registrata tra i riconoscimenti infatti nel giro di soli cinque
anni si è riusciti a scalzare la Francia dal primo posto delle certificazioni ottenute
e diventare leader nell’Unione Europea rimanendovi saldamente.
14
A metà dicembre 2009 tale posizione è consolidata registrandosi ben 193 prodotti
certificati con la Francia a 167 riconoscimenti e la Spagna a 126, anche se
quest’ultima nazione mostra il più alto tasso di crescita in valori assoluti.
Grafico 1.1 Certificazioni DOP e IGP
In sintesi in Italia di tali prodotti certificati DOP e IGP, il 35% è rappresentato
dagli ortofrutticoli seguiti dagli oli extravergini di oliva con il 20%, dai formaggi
con il 18%, dai prodotti a base di carne con il 17% mentre il restante 10% si
ripartisce tra i prodotti di panetteria, le carni fresche, gli aceti balsamici e gli
zafferani.
0 200 400 600 800 1000
Italia
Francia
Spagna
Portogallo
Grecia
Germania
Regno Unito
Austria
Totale EU
2008
2006
2003
15
Gli operatori italiani superano gli 80.000 di cui il 93% è rappresentato da
produttori, il 6% da trasformatori puri e il restante 1,5% da chi svolgono entrambe
tali attività.
La produzione è svolta su oltre 132 mila ettari e in circa 46 mila allevamenti e il
maggior numero di produttori si concentra nel settore dei formaggi con quasi 34
mila aziende seguito dagli oli di oliva con 18.167 aziende su 88.800 ettari e
l’ortofrutticolo (15.450 unità che coltivano 42.900 ettari).
Sempre il settore dei formaggi detiene il maggior numero di trasformatori (1.671
imprese) seguito dagli oli di oliva (1.565) e delle carni fresche (872).
A livello territoriale interessante notare che il 29,4% dei produttori si colloca in
montagna e il 45% in collina dimostrando come i prodotti di qualità siano uno
stimolo per zone tipicamente escluse da altre forme rilevanti di sviluppo
economico.
Da notare, anche, che il 51,1% delle aziende agricole è localizzato in sole tre
regioni: Toscana, Sardegna e Trentino Alto Adige (rispettivamente con il 17.6%,
16,8% e 16,7%).
Si può anche osservare che tra i produttori il 20,3% e tra i trasformatori il 14,2% è
costituito da donne.
Entrando ancor di più nello specifico possiamo notare che la maggiore crescita in
termini di prodotti certificati è avvenuta negli ortofrutticoli e cereali mentre il
16
2008 regista l’ingresso del primo prodotto del settore ittico, i restanti settori
appaiono stazionari e non si registra nessun prodotto in uscita.
Analizzando invece il numero di produttori/aziende agricole interessate appare in
forte crescita il settore formaggi ed estremamente variabile per i prodotti di
panetteria, sostanzialmente stabile la preparazione di carni, in lieve contrazione gli
ortofrutticoli e cereali, in lieve crescita per gli oli extravergini di oliva.
Grafico 1.2 Prodotti DOP e IGP per settore in Italia
Fonte: Dati ISTAT
La crescita complessiva di aziende totali appare invece inequivocabile
confermando la forza di penetrazione delle certificazioni DOP e IGP in Italia che
0
10
20
30
40
50
60
2004
2005
2006
2007
2008
17
sfiorano i 76.000 produttori con una accelerazione significativa tra il 2005 e il
2006 ma soprattutto tra il 2006 e il 2007.
In contrazione, invece, il dato relativo ai trasformatori.
Tab. 1.1 Produttori/Aziende agricole DOP e IGP per settore
Settore 2004 2005 2006 2007 2008
Carni 2.385 2.722 3.430 3.641 3.696
Preparazione di carni 4.659 5.017 4.528 4.441 4.274
Formaggi 18.025 17.546 20.952 33.311 33.999
Altri prodotti di origine animale 23 47 99 115 114
Ortofrutticoli e cereali 7.912 11.561 16.637 16.024 15.450
Oli extravergine di oliva 20.941 17.354 16.636 17.632 18.167
Aceti diversi dagli aceti di vino 133 253 146 154 149
Prodotti di panetteria 115 161 0 16 8
Spezie 0 17 82 78 76
Oli essenziali 0 0 29 36 30
Prodotti ittici 0 0 0 0 0
Totale 54.193 54.678 62.539 75.448 75.963
Fonte: Dati ISTAT
18
O forse, a ben guardare, dovremmo dire che tale categoria non si mostra così
dinamica come quella dei produttori e con un andamento altalenante negli anni e
con un trend in contrazione infatti tra il 2007 e il 2008 si assiste a un calo
soprattutto nei settori dei formaggi e degli oli extravergine di oliva.
Tab. 1.2 Trasformatori DOP e IGP per settore
Settore 2004 2005 2006 2007 2008
Carni 610 703 764 916 872
Preparazione di carni 618 670 651 658 678
Formaggi 1.883 1.920 2.023 1.951 1.671
Altri prodotti di origine animale 11 14 30 32 28
Ortofrutticoli e cereali 584 620 676 668 573
Oli extravergine di oliva 1.850 1.575 1.209 1.413 1.565
Aceti diversi dagli aceti di vino 173 170 218 284 313
Prodotti di panetteria 16 29 19 15 23
Spezie 0 17 85 87 79
Oli essenziali 0 0 6 10 10
Prodotti ittici 0 0 0 0 0
Totale 5.745 5.718 5.681 6.034 5.812
Fonte: Dati ISTAT
19
I dati sugli allevamenti, che riguardano quindi solo alcuni settori, evidenziano un
andamento anch’essi altalenanti infatti si assiste a un vero e proprio boom nel
2005 e un crollo dell’anno successivo.
Comunque il 2008 evidenzia un trend in aumento.
Il ruolo principale è comunque svolto da quelli destinati alla produzione di
formaggi DOP e IGP mentre appaiono stabili quelli destinati alla preparazione di
carni.
Se analizziamo invece le superfici destinate ai prodotti DOP e IGP notiamo che
sono in progresso con preminenza di quelle per gli oli extravergine di oliva.
Tab. 1.3 Allevamenti di prodotti e produzioni DOP/IGP
Settore 2004 2005 2006 2007 2008
Carni 2.398 2.743 3.430 3.641 3.727
Preparazione di carni 5.651 5.807 5.375 5.364 5.245
Formaggi 20.487 20.690 24.895 35.269 37.204
Altri prodotti di origine animale 23 47 102 116 114
Totale 28.559 54.678 33.802 44.390 46.290
Fonte: Dati ISTAT
Se poi scomponiamo ulteriormente lo sviluppo del numero di produttori/aziende
agricole interessate dalle certificazioni DOP e IGP nel periodo 2006 – 2008 a
20
livello regionale, vedi tabella a.1 in appendice, è interessante notare la crescita a
doppia cifra di Umbria e Puglia mentre si evidenzia l’arretramento dell’Emilia-
Romagna in entrambe gli anni.
Tab. 1.4 Superfici per settore (dati in ettari)
Settore 2004 2005 2006 2007 2008
Ortofrutti-coli e cereali
23.589,73 25.100,29 44.757,52 42.744,09 42.921,53
Oli extravergine di oliva
86.872,69 78.072,34 79.111,64 84.512,83 88.814,26
Aceti diversi dagli aceti di vino
173,01 169,84 201,02 213,03 202,90
Prodotti di panetteria
2.774,27 5.479,85 0,00 403,09 84,56
Spezie 0,00 1,76 6,48 7,42 7,12
Oli essenziali
0,00 0,00 180,95 219,49 219,69
Totale 113.409,70 108.824,08 124.257,61 128.099,95 132.250,06
Fonte: Dati ISTAT
21
Ai primi posti permangono Toscana, Trentino Alto Adige ma soprattutto la
Sardegna che mostra un balzo clamoroso tra il 2006 e il 2007.
A livello nazionale si assiste comunque a una crescita anche se strepitosa è quella
del Mezzogiorno rispetto all’arretramento delle regioni del nord e il modesto ma
costante aumento del Centro.
Tab. 1.5 Quadro di riepilogo situazione italiana
Fonte: Ismea
Riassumendo alcuni di tali dati e inserendovi anche le annate 2004 e 2005
possiamo nel complesso dire che a fronte di un aumento dei prodotti DOP e IGP
2004 2005 2006 2007 2008
Prodotti DOP e
IGP
145 156 155 165 175
Aziende
Agricole
20.941 17.354 16.636 17.632 18.167
Allevamenti 28.559 29.287 33.802 44.390 46.290
Superficie 113.409,70 108.824,08 124.257,61 128.099,95 132.250,06
Trasformatori 5.745 5.718 5.681 6.034 5812
22
complessivi le aziende agricole interessate da tali produzioni si sono prima
contratte e poi hanno ripreso a crescere anche se a livelli inferiori del loro
massimo del 2004.
Gli allevamenti, invece, mostrano una costante e indicativa crescita come pure in
aumento sono le superfici e il numero di trasformatori che, però, è in contrazione
dopo aver raggiunto il suo picco nel 2007.
Tab. 1.6 Fatturato franco azienda e al consumo (in milioni di euro)
Fonte: Ismea
Comparti 2007 2008 Var.% 2007 2008 Var.%
Formaggi 2.963,2 3.122,9 5,4 3.530,6 3.917,8 11,0
Prodotti a base di carne 1.588,8 1.671,8 5,2 3.000,8 3.247,3 8,2
Ortofrutticoli e cereali 341,8 269,0 -21,3 647,8 407,7 -37,1
Carne fresca 37,1 40,5 9,0 112,3 131,5 17,1
Oli di oliva 60,3 69,9 16,0 53,0 80,6 51,9
Totali 5.001,5 5.183,6 3,6 7.358,7 7.791,6 5,9
23
Se analizziamo il fatturato franco azienda e al consumo tra il 2007 e il 2008
notiamo come il trend sia in crescita soprattutto per i consumatori e in modo
notevole per il settore degli oli di oliva.
Unica eccezione gli ortofrutticoli dove il trend è in calo sia per i dati alla
produzione che al consumo ed anche in maniera significativa.
Da puntualizzare che il settore degli oli di oliva mostra una forte crescita ma i
volumi complessivi sono abbastanza ridotti rispetto agli altri settori.
Affinando ulteriormente l’analisi ed effettuandola a livello territoriale in base al
fatturato alla produzione delle DOP e IGP in Italia nel periodo 2006 / 2008
possiamo subito riscontrare che le prime due regioni, Emilia Romagna e
Lombardia, rappresentano da sole oltre il 50% del valore totale.
Tab. 1.7 Fatturati al consumo mercato nazionale (in milioni di euro)
Comparto 2006 2007 2008 Var. % 08/07
Formaggi 3.491,91 3.530,57 3.917,84 11,0
Prodotti a base di carne 2.851,39 3.000,85 3.247,29 8,2
Ortofrutticoli e cereali 422,08 647,77 407,74 -37,1
Oli di oliva 57,41 53,04 80,56 51,9
Carne fresca 105,40 112,32 131,50 17,1
Totale 6.939,76 7.358,65 7.791,61 5,9
Fonte: Ismea
24
Grafico 1.3 Fatturato alla produzione per regione (in milioni di euro)
In termini assoluti si nota che nel periodo la Sicilia fa un balzo del 158,9%,
l’Umbria del 105,2%, la Calabria e la Valle d’Aosta crescono oltre il 60% mentre
il Trentino Alto Adige e il Lazio arretrano (rispettivamente del 13,3% e 24,3%).
1.4. LA DOMANDA E I CONSUMI INTERNI DEI PRODOTTI DO P E IGP
Sul fronte della domanda si nota subito che l’export traina il settore delle DOP e
IGP nazionali ma ad aumentare sono soprattutto le quantità (+5%) rispetto al
valore (+3%).
0 500 1000 1500 2000 2500
Emilia Romagna
Trentino Alto Adige
Friuli Venezia Giulia
Sardegna
Toscana
Valle d'Aosta
Sicilia
Marche
Abruzzo
Liguria
2008
2007
2006
25
L’Osservatorio Ismea nel 2008 evidenzia una flessione nella produzione
certificata cui si contrappone una crescita dei fatturati potenziali all’origine (ossia
dei fatturati ottenibili se tutta la produzione certificata valorizzata ai prezzi di
mercato fosse effettivamente venduta) e al consumo.
Infatti i fatturati potenziali all’origine arrivano a sfiorare i 5,2 miliardi di euro
mentre quelli al consumo fanno segnare circa 7,8 miliardi di euro.
La domanda interna, infatti, risente delle difficoltà originate per la crescita dei
prezzi dei prodotti rispetto alla limitata crescita, invece, del potere di acquisto
delle famiglie in un contesto di crisi economica che porta alla contrazione dei
consumi e loro rivolgersi a prodotti succedanei e a minore prezzo soprattutto nel
comparto alimentare.
Il trend dei consumi dei prodotti DOP e IGP appare, quindi, in diminuzione sia in
termini di quantità che di valore nonostante quest’ultimo avesse registrato una
continua crescita nel periodo precedente.
Negli ultimi tempi, invece, non si è confermato l’orientamento dei consumatori a
sopportare prezzi maggiori pur di consumare prodotti DOP e IGP.
Questa maggiorazione è molto evidente infatti basti considerare che per un olio
DOP si arrivi a pagare oltre il 57% in più rispetto un prodotto convenzionale (con
un range di prezzi molto ampio che va, al litro, dai € 2,25 ai € 30,7), per un riso la
maggiorazione arriva a circa il 30%, per i limoni circa il 17% ma si segnala anche
un aumento del 63% per uno speck certificato.
26
Tab. 1.8 Andamento dei consumi in Italia
Comparti Var. % 07/06 Var. % 08/07 Var. % 09/08
In quantità
Formaggi -2,4 -0,5 0,2
Prodotti a base di carne -0,7 -5,7 1,7
Oli extravergini di oliva -3,9 21,3 -6,1
Frutta Fresca -10,8 -9,9 -6,9
In valore
Formaggi 0,3 4,0 -1,4
Prodotti a base di carne 1,2 -3,3 1,4
Oli extravergini di oliva -0,6 12,0 -16,8
Frutta Fresca -3,8 -2,9 -9,7
Totale quantità
Totale valore
-6,3
0,1
-4,3
2,3
-2,9
-1,8
Fonte: Ismea/Nielsen
L’analisi dell’andamento degli acquisti delle famiglie di prodotti DOP e IGP
nazionali ci permette di notare il trend di crescita di attenzione a essi dedicata da
parte dei consumatori con una quota di ben oltre il 73% nel settore formaggi.
27
Tab. 1.9 Andamento degli acquisti delle famiglie in Italia
Comparto Var. % 06/05
Var. % 07/06
Var. % 08/07
Quota % su totale acquisti
Formaggi 2,0 0,3 9,8 73,4
Prodotti a base di carne 6,9 1,2 -1,4 25,5
Oli extravergini di oliva 9,5 -0,6 15,4 1,1
Totale 3,3 0,5 7,0
Fonte: Ismea/Nielsen
1.5. LE ESPORTAZIONI
Come già evidenziato l’export del settore appare ben intonato grazie alla domanda
estera che segna nel 2008 un + 5,2% in quantità e un + 3,2 % in valore che, nel
complesso, ha superato il miliardo di euro.
Questi dati positivi, però, se ben guardati non lasciano pienamente soddisfatti
infatti se si considera il settore agroalimentare nel suo complesso nell’analogo
periodo si registra un suo aumento, in termini di domanda estera, di oltre il 10% in
termini di valore mentre le quantità sono rimaste stabili.
Nello specifico il settore ortofrutticolo e cereali mostra il migliore trend sia per
quantità sia per valori ma il solo settore dei prodotti a base di carne è in
contrazione in entrambe.
28
Sempre da notare le buone performance degli oli extravergini di oliva ma con
valori assoluti ridotti.
Guardando le destinazioni di tali flussi d’esportazione vediamo che essi sono
destinati per 2/3 verso l’UE ma si registrano i casi degli oli extravergini di oliva,
dei formaggi e degli aceti balsamici tradizionali in cui la maggior parte dell’export
finisce in paesi extra-UE (rispettivamente per il 67%, 46% e 50%).
Tab. 1.10 Quantità di produzione destinata all’export (dati in tonnellate)
2007 2008 Var. % 08/07
Ortofrutticoli e cereali 121.342,7 130.344,9 7,4
Formaggi 102.578,4 106.946,9 4,3
Prodotti a base di carne 30.692,5 29.783,7 -3,0
Oli extravergini di oliva 2.856,3 3.902,2 36,6
Aceti diversi dagli aceti di vino 6,3 5,3 -16,4
Totale 257.476,3 270.982,9 5,2
Fonte: Ismea
Analizzando i dati per paese di destinazione emerge anche che il maggior
importatore dei nostri prodotti certificati è la Germania (con un peso di circa il
23%) seguito dagli Stati Uniti (circa 17%) e la sorpresa della Norvegia (12%) che,
però, rappresenta il nostro maggiore importatore di mele.
29
In termini di variazioni relative nel biennio 2007 / 08 significativo il +28% di
Spagna e Portogallo, il +193% verso nuovi membri UE, il + 148,9% verso la
Russia, il + 43% verso Australia e Oceania ma anche il –10% di Gran Bretagna e
Irlanda, –15% del Giappone e il –21% del Sud America (ora azzeratosi).
Tab. 1.11 Valore produzione destinata all’export (in milioni di euro)
2007 2008 Var. % 08/07
Ortofrutticoli e cereali 37,9 48,7 28,7
Formaggi 678,4 704,5 3,8
Prodotti a base di carne 299,8 290,2 -3,2
Oli extravergini di oliva 29,3 30,5 4,0
Aceti diversi dagli aceti di vino 1,2 6,1 415,4
Totale 1.046,6 1.079,9 3,2
Fonte: Ismea
Grafico 1.4
Grafico 1.5 Peso percentuale
Gran
Bretagna +
Irlanda
9%
Svezia +
Finlandia
8%
Benelux
6%
Nuovi membri UE
5%
Austria
2%
Svizzera
8%
Russia
4%
Canada
4%
Giappone
3%
Australia +
Oceania
3%
30
Peso percentuale sul totale (dati anno 2008)
Peso percentuale sul totale Paesi extra-UE (dati anno 2008)
Germania
40%
Spagna +
Portogallo
12%
Francia
12%
Austria
2%
Grecia
2%
Danimarca
2%
Altri
2%
USA
41%
Norvegia
28%
Australia + Africa
2%
Altri
7%
Peso percentuale sul totale (dati anno 2008)
UE (dati anno 2008)
31
1.6. IL FENOMENO DELLE “BIG-DOP”
Nel 2006 l’Istituto Nomisma rileva come tra le produzioni certificate DOP ed IGP
in Italia vada delineandosi il cosiddetto fenomeno delle “Big-DOP” ossia di quelle
produzioni che “cannibalizzano” le produzioni, il fatturato, i consumi e le
esportazioni del comparto.
Si rileva come da sole le prime 20 DOP rappresentino nel 2008 il 94,3% delle
produzione certificata complessiva ed il 94% del fatturato alla produzione con
prodotti come la Mela Alto Adige in forte crescita e saldamente in testa a questa
classifica (vedere tabella a.2 in appendice).
Se guardiamo, invece, i dati relativi al fatturato delle prime venti DOP ed IGP in
Italia troviamo in gran parte gli stessi prodotti anche se notiamo l’ingresso del
Toscano ed in testa risulta nettamente il Grana Padano che, oltretutto, registra
un’ottima crescita (vedere tabella a.3 in appendice).
In forte contrazione, in entrambe le classifiche, la Mela della Val di Non (tra il
2007 ed il 2008 del 39,2% come produzione certificata e del 36,3% quale fatturato
alla produzione).
I risultati riscontrati da tali prodotti a livello di esportazione vedono sempre ai
primi tre posti Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma ossia i
prodotti a più alto fatturato sono anche quelle maggiormente esportati comunque
nel complesso tra 2007 e 2008 le prime venti DOP ed IGP progrediscono del
3,1% nei valori della produzione esportata (vedere tabella a.4 in appendice).
32
Il dato complessivo, anche per le esportazioni, è positivo con la Mela Val di Non
che progredisce in maniera decisa (+ 26% tra il 2007 ed il 2008) e l’ingresso di
prodotti quali l’aceto balsamico tradizionale di Modena.
Questo conferma che le produzioni certificate sono nel complesso assai
polverizzate con pochi esempi di prodotti che sanno primeggiare sia come
quantità che come valori della produzione ma soprattutto sanno rivolgersi ai
mercati esteri con forza.
1.7. PROSPETTIVE E VALUTAZIONI DEL CASO ITALIANO
La crisi economica che ha colpito tutti i Paesi a fine 2008 inevitabilmente si
ripercuoterà sui dati delle produzioni DOP ed IGP perché, come detto, i
consumatori hanno inevitabilmente meno potere di acquisto che li porta ad
orientare le loro scelte verso prodotti a basso prezzo a scapito della qualità che,
comunque, continua ad essere percepita come elemento distintivo e premiante
nelle scelte d’acquisto.
I dati ISTAT evidenziano come la spesa per prodotti alimentari in Italia sia in
contrazione dello 0,5% tra dicembre 2008 e dicembre 2009 e di ben l’1,5% tra
gennaio – dicembre 2008 e gennaio – dicembre 2009.
Gli operatori del settore si mantengono comunque ottimisti come bene emerge da
un sondaggio condotto dall’Ismea presso i Consorzi di Tutela riguardo le
previsioni sull’andamento del fatturato delle DOP ed IGP per l’anno 2009.
Emerge in particolare la
pessimismo degli operatori del comparto formaggi.
Tirando le conclusioni dei tanti dati analizzati risulta evi
prodotti certificati in Italia appare molto diversificato
numerosi operatori polverizzati
certificazioni a elevato volume di offerta e capacità di penetrare i
nazionale ma soprattutto quelli internazionali.
Grafico 1.6 “Come sarà il fatturato delle DOP ed IGP nel 2009?”
Fonte: Ismea
Formaggi Prodotti a
base di carne
10,5
36,8
31,6
21,1
Aumenterà
33
la fiducia del settore ortofrutta ed il contrapposto maggior
pessimismo degli operatori del comparto formaggi.
Tirando le conclusioni dei tanti dati analizzati risulta evidente che il paniere dei
prodotti certificati in Italia appare molto diversificato e assai frazionato, con
numerosi operatori polverizzati e operanti su superfici ridotte, con sole poche
elevato volume di offerta e capacità di penetrare i
nazionale ma soprattutto quelli internazionali.
“Come sarà il fatturato delle DOP ed IGP nel 2009?”
Prodotti a
base di carne
Ortofrutta Oli di oliva Totale
Dop/Igp
22,2
51,738,1 34,8
66,7
27,638,1 38
5,610,3 19
15,2
5,6 10,3 4,812
Rimarrà stabile Diminuirà Non sa/non risponde
contrapposto maggior
dente che il paniere dei
assai frazionato, con
operanti su superfici ridotte, con sole poche
elevato volume di offerta e capacità di penetrare il mercato
“Come sarà il fatturato delle DOP ed IGP nel 2009?”
Totale
Dop/Igp
34,8
15,2
Non sa/non risponde
34
Il potenziale, quindi, ancora esprimibile appare elevato considerando anche le
ridotte quantità certificate rispetto alle produzioni complessive.
Il fenomeno è particolare evidente nel comparto degli oli extravergini di oliva
mentre quello dei formaggi appare aver colto in gran parte le potenzialità del
riconoscimento DOP e IGP.
Per cogliere tutte le opportunità, per sviluppare tutto il potenziale occorre trovare
sia la forza che l’ambizione di farlo mentre, invece, tanti settori e produttori non
hanno né l’una né l’altra oltre a non volere sostenere i costi di certificazione che,
in caso di produzione esigua, poco si possono riversare sul costo unitario dei
prodotti soprattutto in un mercato, come quello attuale, in cui i consumatori sono
maggiormente propensi a scegliere proprio in base al prezzo.
I pochi, ancora, che sfruttano appieno la certificazione riescono ad allargare,
imporsi e rimanere più facilmente sui mercati esteri a più alto dinamismo e
possibilità di profitto (come gli Stati Uniti) anche se, per onestà intellettuale,
occorre rilevare che buone percentuali sono rivolte proprio a mercati in cui il
riconoscimento DOP e IGP non è tutelato.
Infatti rilevante è il fenomeno delle agropiraterie ossia l’imitazione dei prodotti e
la riproduzione dei nomi per trarre in inganno il consumatore.
35
Tab. 1.12 Produzione totale e produzione certificata (dati 2006 in tonnellate)
Comparto Produzione
Certificata
Produzione Totale
del Comparto
Incidenza %
Cert./Totale
Formaggi 446.040 482.152 93
Prodotti Vegetali 239.988 724.220 33
Carni Preparate 198.939 381.904 52
Oli extravergini di oliva 7.156 85.640 8
Altri prodotti 10.237 16.990 60
Totale 902.360 1.690.906 53
Fonte: Nomisma
Tale fenomeno, sostiene la Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), è un
business di oltre 60 miliardi di euro con il Parmigiano Reggiano quale prodotto
più copiato seguito dal Prosciutto di Parma e dal Prosciutto San Daniele, Grana
Padano, Mozzarella di bufala, Asiago, ecc…
Nei soli Stati Uniti è stimato un danno per i prodotti Made in Italy di circa 3
miliardi di euro di cui 2 miliardi riferibili ai soli formaggi imitati.
Da anni l’Italia e l’Unione Europea nel suo complesso stanno portando avanti in
seno al WTO negoziati per riuscire a tutelare a livello globale i marchi e i prodotti
soprattutto quelli rientranti nei requisiti dei riconoscimenti DOP e IGP ma senza
nessun esito concreto.
36
Una tutela anche di un patrimonio culturale e d’immagine oltre che un business
capace di valorizzare un fatturato al consumo di circa 9 miliardi di euro per la sola
Italia.
Esemplificando su un sistema di assi cartesiani delle considerazioni fin qui fatte
ossia come l’utilità e l’efficacia del riconoscimento comunitario aumenta in
funzione dell’incremento dei quantitativi prodotti in grado a loro volta di
rimunerare maggiormente i costi legati alle certificazioni arriviamo al grafico 1.7.
Grafico 1.7 Rappresentazione dell’utilità delle certificazioni
Mercato Nazionale
Mercato UE
Utilità / efficacia delle certificazioni
Remunerazione maggiori costi dovuti alla certificazione
Quantità prodotte / ampiezza mercato servito
37
Questo è indice anche dell’ampiezza del mercato servito infatti come già detto le
DOP e IGP è uno strumento di tutela comunitaria che esprime una maggiore
efficacia in caso di esportazioni anche extra comunitaria ossia anche verso paesi
in cui la tutela non è efficace.
Sintetizzando il tutto i punti di forza e di debolezza del sistema delle DOP e IGP
comunitarie sono:
- Essendo nate come strumento di tutela da imitazione e non di marketing le
attestazioni esprimono maggiore valenza per i prodotti il cui mercato si
estende oltre al semplice bacino di produzione (mercato almeno extra-
regionale, nazionale se non UE ed exra-UE);
- L’estero rappresenta una grande potenzialità ma occorre un approccio che
sappia tenere conto delle differenze e delle peculiarità di tali mercati
rispetto a quelli domestici oltre a rivolgersi a canali distributivi adatti
(ossia occorre avere capacità organizzativa);
- L’ottenimento della certificazione deve essere un punto di partenza e non
di arrivo ossia il consumatore deve essere messo in grado di conoscere e
riconoscere il prodotto con un adeguato sviluppo commerciale e
promozionale, solo in questo modo sarà disposto a pagare un prezzo
maggiore per ottenerlo;
38
- L’ottenimento e mantenimento della certificazione rappresenta un costo
che è rigido (costo di produzione per rispettare il disciplinare, costi di
certificazione, costi di adesione ai Consorzi di Tutela, ecc…);
- I soggetti economici interessati e le istituzioni devono avere ben chiari gli
obiettivi e condividerli.
39
Capitolo 2
L’OLIO D’OLIVA, DAL MERCATO GLOBALE ALL’ITALIA
2.1. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE
L’olivo è una pianta originaria del Medioriente il cui utilizzo per fini alimentari si
perde nella notte dei tempi.
La pianta inizia a fruttificare verso il 3° - 4° anno, raggiunge la piena produttività
verso il 9° - 10° anno, è matura dopo i 50 anni e in condizioni climatiche
favorevoli può vivere anche 1.000 anni.
Secondo le zone di produzione la raccolta avviene tra i mesi di ottobre e dicembre
quando i frutti cessano di accumulare olio e assicurano la massima resa alla loro
spremitura inoltre è una pianta che ben resiste alla siccità e alla salinità quindi
cresce anche in prossimità dei litorali marini, nel solo Mediterraneo si riscontrano
oltre 1.000 varietà geniche di olivo di cui 500 presenti in Italia.
La coltivazione, prima riservata esclusivamente ai paesi del bacino mediterraneo,
si è estesa negli ultimi anni ai paesi che hanno analogo clima (inverno mite ed
estate calda) come la California, Australia, Argentina e Sudafrica ma anche il Cile
e il Brasile ne stanno sviluppando la coltivazione.
40
Questo sviluppo è favorito sia dall’aumento dei consumi sia dai flussi migratori da
paesi in cui è tradizionalmente coltivato e che, se il clima è favorevole, tentano di
impiantarne la produzione e lavorazione.
In Italia la Puglia è la regione con maggiore concentrazione olivicola e si stima
che detenga oltre 5 milioni di alberi e questo anche grazie alla dominazione
spagnola del Seicento che ne diffuse la coltivazione ma dopo lunghi anni in cui è
stata la regione leader incontrastata in Italia per produzione olivicola nel 2008 è
stata soppiantata dalla Calabria.
Il fatto di avere tra i suoi membri paesi leader mondiali nella produzione quali
Spagna, Italia e Grecia ha portato l’Unione Europea a intervenire per codificare
rigorosamente le denominazioni degli oli prodotti partendo dalle olive già nella
Direttiva 136/66/CEE oltre ad integrarla e definirla nei successivi Regolamenti
CE 2668/91 e 1989/03 individuando precise categorie (vedere tabella a.8 in
appendice) ma le politiche comunitarie negli ultimi anni hanno registrato profondi
cambiamenti negli strumenti utilizzati per sostenere il settore dell’olio di oliva.
All’iniziale sistema degli aiuti alla produzione ha sostituito, ma sarebbe più giusto
dire affiancato, dal 2005 misure rivolte a rafforzare la qualità dei prodotti e dei
processi produttivi oltre ad assicurare un minore impatto ambientale e un
maggiore grado di trasparenza e sicurezza lungo tutta la filiera.
41
Del 2005 è infatti il Regolamento (CE) 2080 in cui la Commissione ha consentito
anche di monitorare con continuità i flussi produttivi lungo tutta la sua filiere nel
periodo 2006 / 2009.
Il monitoraggio ha riguardato anche l’analisi dello scenario competitivo delle
imprese olivicole consentendo di essere uno strumento informativo assai utile per
conoscere le dinamiche del mercato e per supportare le imprese olivicole nel
definire e attuare le scelte imprenditoriali ottimali.
Questo è ancora più necessario visto l’aumentata concorrenza portata dai paesi
dell’area mediterranea extra-UE in cui il settore olivicolo ha lunga tradizione ma
anche di nuovi produttori quali Sudafrica, Cile, Brasile e Australia.
Il mantenimento di quote di mercato ma soprattutto l’espansione su quelli a più
alto dinamismo e profittabilità sono importantissimi per un settore come quello
degli oli di oliva che vede pochi grandi produttori in grado di competere sui
mercati globali e una miriade di piccoli il cui orizzonte non supera, in molti casi, i
limiti regionali.
E’ in quest’ottica che le politiche europee hanno soppiantato il semplice
sovvenzionamento del settore al suo studio per trovare le risposte alle numerose
problematiche che lo affliggono.
42
2.2. L’OLIO D’OLIVA QUALE PRODOTTO GLOBALE
Nel 2008 la produzione mondiale di olio di oliva ha superato i 2,9 milioni di
tonnellate in crescita del 7% rispetto l’anno precedente con un + 2% fatto
registrare dalla sola Unione Europea dove spicca, però, la diminuzione delle quote
del suo paese leader nel settore ossia la Spagna (scesa da 1,22 a 1,15 milioni di
tonnellate) ma la contestuale crescita di Grecia, Italia e Portogallo.
Fuori dell’Unione Europea si registra la buona crescita di Turchia e Siria ma da
segnalare è soprattutto, oltre alla ripresa della produzione, la ripresa dei consumi
dopo un deciso calo.
L’Unione Europea nel 2008 rappresenta quindi oltre il 75% della produzione
mondiale e la sola Spagna oltre il 39% ma altri paesi appaiono in forte e costante
crescita come il Marocco e l’Algeria (vedere tabella a.5 in appendice).
Se guardiamo invece i dati delle importazioni notiamo come l’Italia detiene
saldamente il primato seguita a distanza dagli Stati Uniti e Francia.
La Spagna si colloca in quarta posizione con quote in diminuzione ma questo è
imputabile al fatto che i suoi grandi gruppi industriali piuttosto che importare olio
di oliva da lavorare in patria preferiscano acquisire aziende all’estero e farlo
direttamente in quei paesi.
43
Infatti parte delle quote esportate sia dalla Spagna ma anche dall’Italia e altri sono
rappresentate da miscele di oli nazionali e importati che in tali paesi hanno solo
subito lavorazioni e imbottigliamento.
Una volta effettuate tali lavorazioni i prodotti riprendono la via dell’estero con,
però, apposto il nuovo marchio che ne consente una più facile
commercializzazione ed un maggior valore proprio grazie alla storicità e
conoscenza del brand nazionale sui mercati di destinazione.
Tali oli acquisiscono, quindi, un valore aggiunto che consente alla bilancia
commerciale di essere nettamente positiva in termini di valore anche se deficitaria
o sostanzialmente in pareggio in termini di quantità.
L’Italia nel 2007 rappresentava oltre il 34% delle importazioni mondiali di olio di
oliva seguita dagli Stati Uniti con circa il 17% ma interessante è notare che in tale
paese la California si stia affacciando in modo deciso sul mercato dei produttori.
Tra gli esportatori mondiali ritroviamo la Spagna al primo posto seguita
dall’Italia, Grecia e Portogallo (in quest’ordine).
Nel 2007 la Spagna esportava, infatti, oltre il 46% dell’olio di oliva mondiale e
l’Italia la seguiva con il 21% ma per entrambe la bilancia commerciale delle
quantità si manteneva positiva (per la Spagna + 151.000 tonnellate circa, per
l’Italia + 49.000 tonnellate) ma soprattutto, come detto, lo era in termini di valore.
44
Tab. 2.1 Importazioni mondiali di olio di oliva per nazione (migliaia di tonnellate)
Paese 2004 2005 2006 2007 2008
Italia 562.238 486.130 442.044 513.420 485.112
Stati Uniti 237.107 248.038 231.761 253.508 243.618
Francia 99.240 97.399 101.131 107.972 109.434
Spagna 69.072 91.148 91.819 61.615 53.555
Portogallo 55.870 57.870 60.977 70.156 73.467
Regno Unito 77.345 56.345 50.633 54.903 60.991
Germania 48.384 49.500 51.413 61.026 51.560
Giappone 31.709 32.651 29.766 28.345 29.630
Canada 27.656 29.629 30.649 34.193 32.765
Australia 32.514 28.931 33.779 42.835 23.657
Brasile 23.654 27.009 27.461 35.458 42.775
Belgio 16.580 17.895 17.795 18.264 16.516
Paesi Bassi 13.318 15.431 24.706 19.314 13.686
Svizzera 10.661 10.963 11.568 12.289 12.445
Russia 9.208 10.183 9.604 17.182 17.296
Austria 7.241 7.431 6.951 8.948 11.189
Altri Paesi 326.390 266.851 295.819 156.917 Nd
Mondo 1.648.187 1.515.400 1.517.876 1.496.345
Fonte: Dati Istat, Fao e Gti
45
Il consumo dell’olio d’oliva, invece, è legato sia ai prezzi ma soprattutto alle
abitudini e alle tradizioni che lo vedono presente soprattutto sulle tavole dei paesi
produttori mentre dove non è coltura di riferimento è soppiantato da altri grassi
animali e vegetali (lardo, burro, oli di semi).
Tali abitudini si stanno velocemente modificando e nazioni come gli Stati Uniti,
Regno Unito, Russia e tanti altri stanno divenendo grandi consumatori ed
importatori non avendo produzioni locali eccetto rare eccezioni, come detto,
rappresentate per esempio dalla California.
Da tenere in considerazione anche che se da un lato la forza dell’euro rispetto alle
altre valute e l’inflazione (che erode il potere di acquisto delle famiglie) hanno
minato il mercato degli oli di oliva (percepiti come prodotti più costosi) dall’altro
l’aumento dei prezzi dei succedanei quali grassi animali e vegetali (soprattutto
quelli registrati dagli oli di semi) ne ha fatto progredire il consumo globale.
Non secondaria l’importanza delle variazioni nelle abitudini alimentari favorite
dai positivi effetti riscontrati dalla cosiddetta “dieta mediterranea” in cui l’olio di
oliva si trova alla base.
Se guardiamo più specificamente il consumo pro-capite (vedere grafico a.1 in
appendice) la Grecia sopravanza nettamente Italia e Spagna ma nei consumi
46
mondiali di olio di oliva suddivisi per nazione queste ultime due nazioni tornano
ai primi posti (vedere tabella a.6 in appendice).
Tab. 2.2 Esportatori mondiali di olio di oliva per nazione (migliaia di tonnellate)
Paese 2004 2005 2006 2007 2008
Spagna 643.209 516.640 472.582 641.458 636.558
Italia 306.694 334.233 290.253 294.513 303.105
Grecia 43.656 98.780 109.432 93.387 77.288
Portogallo 20.788 21.853 21.417 31.515 33.810
Turchia 49.632 91.461 44.647 40.139 17.161
Argentina 5.300 15.688 14.828 18.244 15.631
Stati Uniti 10.418 20.320 9.133 5.566 6.449
Francia 3.841 4.023 4.996 5.444 5.378
Belgio 3.873 5.313 5.804 7.036 4.118
Australia 480 1.561 2.978 2.461 4.069
Germania 2.109 2.418 2.636 4.177 3.237
Marocco 20.944 31.386 16.308 3.380 2.034
Altri paesi 378.795 286.703 470.772 244.398 nd
Mondo 1.489.739 1.430.379 1.465.786 1.391.718 Nd
Fonte: Dati Coi
47
L’Italia arriva, infatti, a coprire circa il 26% dei consumi mondiali e il 38% di
quelli UE, la Spagna circa il 21% di quelli mondiali e il 30,5% di quelli UE.
Se restringiamo il campo d’indagine all’UE e analizziamo le quote, in termini di
valore, delle esportazioni nel periodo 2004 - 2008 non notiamo grandi variazioni
se non la crescita di paesi in cui la situazione reddituale va migliorando come
Brasile, Cina e Russia mentre permane stabile il Giappone e si riduce lievemente
quella degli Stati Uniti che rappresentano, comunque, il maggiore importatore di
olio di oliva comunitario.
Proprio per questo ruolo gli U.S.A. rappresentano un caso interessante da
esaminare maggiormente in dettaglio infatti a ben vedere essi non sono
tradizionalmente produttori di olio e il consumo pro-capite è di soli 800 grammi
ma sempre maggiore è l’apprezzamento qualitativo verso oli vergini ed
extravergini soprattutto italiani.
Questa preferenza per i prodotti italiani di qualità è originata da tendenze
dell’intera società americana che vedono il crescente interesse dei consumatori per
gli aspetti nutrizionali e salutari dell’alimentazione che li porta a scegliere prodotti
tipici della cosiddetta “dieta mediterranea” nonché a privilegiare cibi gustosi e
variegati.
48
Non trascurabile la forte presenza d’immigrati italiani nella società statunitense
che sempre di più vogliono consumare prodotti tipici delle loro zone di origine.
Questo rappresenta un severo banco di prova per l’azione di promozione
comunitaria e italiana infatti negli Stati Uniti la comunicazione e la conoscenza
del prodotto giocano ruoli base nel mercato.
Grafico 2.2 Quote di esportazione nel 2004 (in valore)
Fonte: Dati Gti
Inoltre i produttori hanno dovuto superare iniziali difficoltà dovute alle leggi e
regolamenti che tutelano l’importazione di prodotti alimentari nonché le severe
norme a tutela dei consumatori circa la qualità.
Stati Uniti
43%
Brasile
6%
Giappone
10%
Canada
5%
Australia
8%
Svizzera
4%
Russia
2%
Messico
3%
Corea del Sud
4%
Cina
0%Altri
15%
49
Grafico 2.3 Quote di esportazione nel 2008 (in valore)
Fonte: Dati Gti
Le produzioni italiane sembrano trovare l’apprezzamento del pubblico anche
grazie alle buone politiche commerciali e di marketing che spingono i
consumatori a stelle e strisce, ma in generale in tutto il mondo, a percepire il
prodotto come di qualità e di nicchia il cui consumo ben giustifica anche il
superamento di certi livelli di prezzo.
Esaminando i canali distributivi forte appare quello della ristorazione che ha
ampia visibilità ma non si sta dimenticando quello delle vendite on-line viste le
sue potenzialità.
Stati Uniti
41%
Brasile
10%
Giappone
10%
Canada
5%
Australia
5%
Svizzera
4%
Russia
3%
Messico
2%
Corea del Sud
2%
Cina
2%Altri
16%
50
Non vanno, però, dimenticati gli elementi di criticità già emersi ossia la
contrazione dei consumi anche su tale mercato tra le cui cause si annovera
certamente il deprezzamento del dollaro rispetto all’euro nonché i fenomeni
inflazionistici e la crisi economica che provoca la contrazione dei redditi.
Grafico 2.4 Provenienza degli oli negli U.S.A. (anni 2006/2007)
Fonte: Dati COI
Non ultima causa di diminuzione delle quote d’importazione è l’avvio di
produzioni nazionali soprattutto in California.
Italia
56%Spagna
18%
Tunisia
10%
Turchia
6%
Argentina
3%
Altri
7%
Grafico 2.5 Tipologia e volume confezioni
Fonte: Dati COI
Grafico 2.6 Ripartizione dell
Fonte: Dati COI
Oli Vergini di
oliva > 18 kg
16%
Olio di oliva >
18 kg
8%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
Australia
51
Tipologia e volume confezioni degli oli negli U.S.A. (2006/2007)
Ripartizione delle importazioni su altri mercati (anni
Oli Vergini di
oliva < 18 kg
48%
Oli Vergini di
oliva > 18 kg
Olio di
oliva <
18 kg
23%
Olio di oliva >
18 kg
Olio di Sansa
5%
Giappone Canada
U.S.A. (2006/2007)
anni 2006/2007)
Altri
Turchia
Grecia
Italia
Spagna
52
2.3. IL MERCATO ITALIANO
L’industria dell’olio di oliva contribuisce per il 3,5% al fatturato complessivo
dell’industria alimentare, la produzione è di oltre 600 mila tonnellate di cui più
della metà costituito da olio extravergine, il 15% da olio vergine e la restante parte
da olio lampante ossia comunque improntata alle produzioni di qualità superiore.
Una parte di tale produzione va all’industria che, però, si approvvigiona anche
dall’estero di olio sfuso arrivando a imbottigliare e commercializzare circa 550
mila tonnellate di olio che ritorna in buona parte all’estero sotto forma di
confezionato anch’esso in prevalenza nella fascia alta di qualità.
La caratteristica dell’industria italiana, quindi, appare evidente essere quella di
importare olio di oliva sfuso ed esportare confezionato ottenendo miscele di olio
italiano e straniero ma perlopiù di origine comunitaria.
In questo scambio, però, l’industria nazionale riesce ad apportare un notevole
valore aggiunto per cui la bilancia commerciale in termini di valore mostra un
netto surplus dovuto proprio a tale capacità anche grazie a brand consolidati,
conosciuti e ben distribuiti sui principali mercati.
Il consumo è da definirsi “maturo” ossia è radicata nella tradizione il suo uso in
cucina e nella cultura italiana infatti l’indice di penetrazione è di oltre il 90% nelle
famiglie con un consumo pro-capite di circa 12,5 litri annui.
53
La superficie totale dedicata all’olivo appare in crescita e quasi tutta posta in
produzione, la raccolta appare in ripresa anche se ancora inferiore al 2005.
Se analizziamo la produzione di olio di oliva suddivisa per regione notiamo come
la Puglia sia stata la regione leader in Italia fino al 2005, dall’anno successivo ha
passato il testimone alla Calabria che si è confermata anche nel 2008 ma anche
grazie a particolari eventi climatici che l’hanno privilegiata.
La produzione complessiva risulta in ripresa ma ben lontana dai massimi raggiunti
nel 2004.
Tab. 2.3 Principali dati settore olivicolo italiano
Tipo 1999 2002 2005 2007 2008
Superfici in pro- duzione (ettari)
1.128.266 1.140.546 1.141.269 1.139.630 1.161.065
Superficie totale (ettari)
1.156.189 1.170.362 1.168.616 1.161.311 1.180.605
Produzione raccolta (migliaia tonnellate)
3.765 3.231 3.775 3.250 3.435
Fonte: Dati ISMEA
54
Dopo tre anni di calo la produzione del 2008 ha segnato un recupero di circa il 7%
e sono soprattutto le regioni del'Italia Centrale a recuperare mentre la crescita di
Puglia e Sicilia appare minore, in calo, invece, la Calabria anche se permane
leader (vedere tabella a.7 in appendice).
I volumi del consumo degli oli di oliva si sono consolidati mentre quello degli oli
di semi appare in flessione (anche se limitato a circa il 2%) che si può cercare di
spiegare anche con l’andamento dei prezzi al dettaglio che appaiono, addirittura,
in contrazione per gli oli di oliva (- 2% circa) e in forte crescita per quelli di semi
(+ 28%).
Tabella 2.4 Indice quantità acquistate di oli vegetali (base anno 2000 = 100)
Tipo 2004 2005 2006 2007 2008
Olio di oliva 85,6 84,0 83,2 84,3 85,2
Extravergine 90,5 89,3 89,4 92,2 93,9
Normale 66,4 63,7 59,9 54,7 52,8
Sansa 95,2 79,4 57,3 46,0 39,2
Olio di semi 81,3 78,2 79,3 75,1 73,4
Fonte: Dati Ismea-Nielsen
Se guardiamo i prezzi medi franco produttore al netto dell’IVA negli ultimi anni
notiamo il calo è ancora più vistoso soprattutto per gli oli di più alta qualità come
55
l’extravergine e il vergine che perdono circa il 7-8%, in controtendenza nel 2008
solo l’olio di sansa che si apprezza del 13%.
Se volessimo cercare di spiegare questi fenomeni sui prezzi potremmo imputarlo
alla pressione competitiva portata dalle produzioni estere soprattutto di quella
spagnola che continua a rappresentare la quota maggiore delle importazioni
italiane seguite dalla Tunisia e dalla Grecia ma anche l’affacciarsi di nuovi
produttori dell’area mediterranea che, anche grazie agli accordi stipulati con l’UE,
entrano più facilmente sui mercati.
Tabella 2.5 Indice prezzi al consumo di oli vegetali (base anno 2000 = 100)
Tipo 2004 2005 2006 2007 2008
Olio di oliva 112,7 114,7 139,0 136,3 133,1
Extravergine 114,8 116,5 140,2 137,2 134,0
Normale 107,4 110,8 138,9 137,7 135,0
Sansa 100,4 110,0 147,8 135,6 147,0
Olio di semi 121,4 118,1 118,0 119,3 153,0
Fonte: Dati Ismea-Nielsen
56
Dalla Spagna nel 2008 infatti le importazioni sono state di 774 milioni di euro,
dalla Grecia 175 milioni di euro mentre dalla Tunisia 251 milioni di euro.
Grafico 2.7 Prezzi medi (€/Kg)
Fonte: Dati Ismea – ISTAT
In totale da paesi UE l’Italia nel 2008 ha importato 963 milioni di euro mentre
279 milioni da paesi extra-UE.
Dal punto di vista delle esportazioni esse sono andate verso l’UE per 421 milioni
di euro nel 2008 di cui ben 139 milioni solo verso la Germania seguita dai 74
milioni verso la Francia.
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
4
2004 2005 2006 2007 2008
Olio extravergine
Olio vergine
Lampante
Raffinato
Olio di Sansa
57
Extra-UE l’Italia sempre nel 2008 ha esportati 677 milioni di euro di cui ben 395
milioni verso gli Stati Uniti seguiti da Giappone e Canada con entrambe 60
milioni di euro.
L’Italia mostra quindi la sua leadership mondiale nel settore dell’olio d’oliva
importando grandi quantità ma esportandone altrettante ma soprattutto è evidente
il valore aggiunto di tale scambio commerciale.
Appare però altrettanto evidente le pressioni esercitate dalla Spagna che occupa
anch’essa una posizione di leadership a livello mondiale sia per la capacità
produttiva che per la forza commerciale e penetrazione sui mercati nonché sulla
capacità di orientare i prezzi.
L’industria spagnola del settore non rappresenta però a livello mondiale solo un
price maker ma anche un dinamica capacità imprenditoriale che porta gli operatori
a partnership ed acquisizioni all’estero.
Questo anche verso l’Italia infatti tra il 2004 e il 2006 il gruppo spagnolo SOS
Cuetara (seconda azienda spagnola quotata nel settore alimentare) ha acquisito
prima i marchi Minerva Oli Spa (Olio Sasso e Olio Carapelli Firenze) e poi nel
2008 da Unilever Italia (a sua volta branca di una multinazionale) anche i marchi
Bertolli, Dante e San Giorgio.
58
Grafico 2.8 Quote provenienza importazioni olio di oliva (in valore anno 2008)
Fonte: Dati Ismea – ISTAT
Grafico 2.9 Quote di destinazione esportazioni olio di oliva (in valore anno 2008)
Fonte: Dati Ismea – ISTAT
Spagna
63%
Grecia
14%Francia
1%
Portogallo
0%
Tunisia
20%
Siria
2%
Turchia
0%
Germania
15% Francia
8%
Regno Unito
8%
Paesi Bassi
3%Belgio
2%
Stati Uniti
44%
Canada
7%
Giappone
7%
Svizzera
4%
Australia
2%
59
Questo ingresso attraverso l’acquisizione di storici brand ha rappresentato una
profonda trasformazione ed innovazione nel mercato italiano imponendo
all’attenzione di tutti gli operatori la necessità di una diversa logica ed approccio
al mercato stesso.
Infatti l’industria iberica ha comportato la necessità di ragionare in termini di
raggiungimento di economie di scala per ridurre i costi ma non andando a scapito
della qualità e le imprese spagnole hanno anche esportato le loro politiche
aggressive di acquisizione di terreni, marchi e impianti anche grazie ai capitali
derivanti dalle politiche Comunitarie utilizzando fondi specificamente stanziati
nonché strumenti finanziari innovativi (in Spagna si è sviluppato il primo mercato
dei futures dell’olio di oliva già dal 2004).
Tali logiche erano prima in gran parte estranee ai produttori italiani che erano
divisi soprattutto in piccole e medie aziende con limitata capacità di innovazione
di produzione e presidiavano piccoli mercati soprattutto locali in cui la qualità era
solo utilizzata per applicare prezzi maggiori.
Esistevano poi poche grandi industrie che facevano della grande produzione la
loro forza ma scarsa era l’attenzione prestata alla qualità ed altrettanto scarsa
l’attenzione prestata ai fondi comunitari per le innovazioni di processo e rare le
acquisizioni per crescere dimensionalmente ma soprattutto per acquisire brand a
maggiore visibilità.
60
Tab. 2.6 Importazioni ed esportazioni di oli (dati in milioni di euro)
Tipo 2004 2005 2006 2007 2008
Importazioni
Oli di sansa 22 34 29 29 29
Olio raffinato di oliva 126 112 167 144 129
Olio di oliva lampante 242 205 175 141 122
Olio extravergine e vergine 958 1.021 1.127 1.045 991
Olio di oliva 1.326 1.338 1.469 1.331 1.242
Olio oliva + sansa 1.349 1.372 1.498 1.359 1.272
Esportazioni
Oli di sansa 53 73 74 60 59
Olio raffinato di oliva 284 311 335 267 268
Olio di oliva lampante 24 41 26 20 18
Olio extravergine e vergine 662 802 919 778 811
Olio di oliva 970 1.155 1.279 1.066 1.097
Olio oliva + sansa 1.023 1.228 1.353 1.125 1.156
Fonte: Dati Ismea - ISTAT
61
L’ingresso degli imprenditori spagnoli ha comportata la necessità per i grandi
produttori di acquisire le loro logiche ma anche i piccoli sono stati spinti al
cambiamento dovendo ragionare in termini di filiera.
Questo ha spinto i piccoli e medi produttori ad associarsi, anche attraverso
consorzi, per raggiungere una massa critica che consentisse di beneficiare di
innovazioni di processo ma anche di rivolgere l’offerta a zone più ampie
addirittura nazionali ed internazionali che sempre di più hanno richiesto prodotti
di alta qualità e si sono dimostrati capaci di assorbirli a prezzi maggiori.
I riconoscimenti DOP e IGP hanno aiutato questa opera sia per i grandi produttori
ma soprattutto per i piccoli infatti questo ne ha consentito la visibilità dei brand e
la percezione della qualità da parte dei consumatori finali.
62
63
Capitolo 3
L’OLIO DOP CARTOCETO
3.1. L’OLIVICOLTURA A CARTOCETO: DA CARTAGINE AL
RICONOSCIMENTO DOP
Alcuni fanno risalire la fondazione di Cartoceto addirittura ai Cartaginesi
scampati alla battaglia del fiume Metauro nel 207 a.C. e ben conosciuti quali
produttori e commercianti di olio di oliva nell’intero bacino del Mediterraneo e,
anche per questo, entrati in conflitto con il nascente Impero Romano.
Se si vuole trovare elementi concreti della coltivazioni dell’olivo e della
produzione di olio di oliva in questa zona basta aspettare il 1178 quando un
documento del Capitolo del Duomo di Fano le attesta nella frazione di Ripalta.
Nel ‘300 è il fanese Amiani che rileva come Cartoceto fosse il territorio più
importante e prestigioso per tale coltivazione e la cosa è confermata dai catasti
disponibili dal ‘500 e dagli atti di compravendita dei molini presso i notai che
attestano la presenza del “Molino dello Sportello“ (poi smantellato), “Molino di
sopra” (ancora presente quale “Frantoio della Rocca”) e “Molino di Sotto” (poi
divenuto, ed ancora oggi, Teatro del Trionfo).
La zona era tra le più conosciute per la produzione e la sua alta qualità, il possesso
degli uliveti generava la gerarchia del potere tra le varie famiglie ossia l’olio era la
64
misura del benessere ed il prodotto di riferimento per il borgo ma anche per le
zone limitrofe che così ebbero modo di prosperare.
Questo fino a che Papa Gregorio XII nel 1577 non stabilisce che i possidenti dei
terreni, sia laici che ecclesiastici, avrebbero dovuto pagare a Fano le tasse
depauperando il borgo di Cartoceto e le sue campagne delle loro maggiori e
pressoché uniche entrate così la zona inizia a decadere come pure i frantoi locali
che non hanno più sufficienti risorse per rinnovarsi.
La cosa viene ulteriormente aggravata dall’Unità d’Italia che abolì le barriere
doganali favorendo l’arrivo sul mercato degli oli toscani e pugliesi a prezzi
nettamente inferiori ed il declino della coltivazione e lavorazione dell’olio di oliva
sembra inesorabile: nel 1936 i molini si sono ridotti a 3 dai 6 precedentemente
esistenti e funzionanti, nel 1983 il numero scende ad uno solo.
Per cercare di arrestare questo decadimento occorre aspettare il 1977 quando si
organizza la prima mostra-mercato dell’olio di oliva su iniziativa della Proloco ma
più che altro si ottiene la sopravvivenza del settore e di una produzione destinata
principalmente all’autoconsumo o massimo al mercato locale.
Per trovare altre iniziative occorre attendere il 1994 quando il Comune di
Cartoceto è tra i trenta fondatori dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio
65
costituitasi a Larino (CB) e che oggi è arrivata a contare oltre 150 fra Comuni ma
anche Province, Camere di Commercio e Comunità Montane di tutta Italia.
Negli stessi anni gli operatori olivicoli e le Istituzioni pubbliche locali iniziano a
discutere con gli altri produttori agroalimentari della zona sul possibile
riconoscimento, ma a livello di Denominazione di Origine Controllata, per i
prodotti dell’intera provincia di Pesaro ossia dal Prosciutto di Carpegna ai tartufi
di Acqualagna, dalla Caciotta di Urbino all’olio di oliva di Cartoceto, ecc...
Purtroppo tale progetto non riesce a concretizzarsi anche perché la DOC non
prevede questa varietà di prodotti al suo interno ma in quegli anni si stanno
sviluppando i riconoscimenti delle DOP e IGP.
Le adesioni a tali certificazioni in tutta Europa ed Italia, in particolare, si stanno
moltiplicando e così un’associazione di produttori di olio di oliva di Cartoceto
decide di imboccare questa strada.
Nell’ottobre 2002 viene, infatti, presentato al Ministero delle Politiche Agricole e
Forestali il primo disciplinare per la produzione della Dop “Cartoceto” ma tale
domanda non viene pubblicata fino al 17 febbraio 2004 e solo il 29 ottobre dello
stesso anno viene iscritto nel “Registro delle denominazioni di origine protette e
delle indicazioni geografiche protette”.
66
3.2. I DATI DELLA CERTIFICAZIONE
Nella registrazione la prima cosa che si nota è che la zona di produzione è estesa,
ecco perché la denominazione è “Olio Dop Cartoceto” e non “di Cartoceto”, ai
Comuni di Saltara, Serrungarina, Mombaroccio e parte di quello di Fano.
Vengono definite meticolosamente le caratteristiche chimiche ed organolettiche
(acidità, perossidi, polifenoli, colore, ecc…) ma anche l’odore ed il gusto.
Si prevede che debba essere prodotto con l’utilizzo al 70% del cultivar Raggiola,
Frantoio e Leccino in via congiunta o singolarmente mentre il restante 30% può
prevedere Raggia, Moraiolo, Pendolino, Maurino, Carboncella, Nebbia e Rosciola
sempre singolarmente o congiuntamente.
La produzione massima deve essere di 9.000 kg all’ettaro per i nuovi impianti e di
7.500 kg per ettaro per quelli vecchi, vengono pure fissati gli esatti periodi di
raccolta nonché i metodi di raccolta ed i periodi di trattamento per la salvaguardia
da eventuali malattie ed infestazioni.
Il disciplinare prevede che la molitura avvenga entro 48 ore dalla raccolta,
stabilisce i contenitori da utilizzare sia per le olive in attesa di molitura che per il
prodotto lavorato nonché per quelli da utilizzare per la sua commercializzazione.
Alla costituzione vengono dichiarati tra i soci 26 olivicoltori, 4 molitori e 7
imbottigliatori e nel 2004 vengono già registrati 73 quintali di produzione
67
certificata con un prezzo medio di 100 euro al quintale (prezzo medio all’azienda
agricola) ed un prezzo medio dell’olio sfuso di 10 euro al litro che passano a 18
euro al litro per l’olio confezionato sempre franco produttore.
Il prezzo medio del prodotto certificato praticato al grossista / distributore è di 14
euro al litro mentre il prezzo al consumo per una bottiglia da 0,75 litri sale a 20,50
euro, viene anche dichiarata un’esportazione di 11 quintali (15% della produzione
certificata) di cui 9 quintali verso l’UE e 2 extra-UE, principalmente verso
Germania, Olanda e Stati Uniti tutti tramite il canale distributivo dei grossisti.
I numeri di partenza sembrano molto incoraggianti ma forse troppo ottimistici
degli effettivi risvolti di tale certificazione soprattutto alla prova del tempo.
Negli anni successivi, infatti, Qualivita (ente certificatore della Dop Cartoceto)
rileva che le aziende associate al consorzio di tutela non variano, mentre sale la
quantità certificata ma sempre marginale rispetto alla produzione totale di olio di
oliva realizzata nei territori interessati dalla DOP.
Poco significative le variazioni di prezzo del prodotto sia alla produzione che al
consumo con fatturati molto modesti e non vengono neppure dichiarati dal
Consorzio eventuali spese per investimenti pubblicitari.
Grafico 3.1 Canale distributivo
Fonte: Dati Consorzio di tutela DOP Cartoceto
Per quello che riguarda la destinazione della produzione per tutti gli anni viene
dichiarata suddivisa tra un 70% al mercato interno e 30% all’estero, quest’ultimo
sempre suddiviso tra il 90% a paesi UE e 10% verso
Sul lato della distribuzione interessante appare l’ingresso della Grande
Distribuzione e l’aumento di quella destinata alla ristorazione.
Un’indagine Ismea ha chiesto a 14 responsabili della Grande Distribuzione il
ruolo nell’assortimento degli o
denominazione Cartoceto due la indicano come “abbastanza importante”, dodici
“non la conosco/non so” ed uno non ha fornito risposte.
Vendita in
azienda
55%
68
Canale distributivo olio Dop Cartoceto anno 2004
Dati Consorzio di tutela DOP Cartoceto
Per quello che riguarda la destinazione della produzione per tutti gli anni viene
dichiarata suddivisa tra un 70% al mercato interno e 30% all’estero, quest’ultimo
sempre suddiviso tra il 90% a paesi UE e 10% verso extra-UE.
Sul lato della distribuzione interessante appare l’ingresso della Grande
Distribuzione e l’aumento di quella destinata alla ristorazione.
Un’indagine Ismea ha chiesto a 14 responsabili della Grande Distribuzione il
ruolo nell’assortimento degli oli DOP sui loro scaffali e riguardo alla
denominazione Cartoceto due la indicano come “abbastanza importante”, dodici
“non la conosco/non so” ed uno non ha fornito risposte.
Grande
distribuzione
(GDO)
Grossisti
10%
Dettaglio
10%
Hotel, ristoranti
(HoReCa)
10%
Vendita in
Altro
5%
2004
Per quello che riguarda la destinazione della produzione per tutti gli anni viene
dichiarata suddivisa tra un 70% al mercato interno e 30% all’estero, quest’ultimo
Sul lato della distribuzione interessante appare l’ingresso della Grande
Un’indagine Ismea ha chiesto a 14 responsabili della Grande Distribuzione il
li DOP sui loro scaffali e riguardo alla
denominazione Cartoceto due la indicano come “abbastanza importante”, dodici
Grande
distribuzione
(GDO)
10%
Dettaglio
Hotel, ristoranti
69
Tab. 3.1 Principali dati olio certificato DOP Cartoceto
Numero 2005 2006 2007 2008
Olivicoltori 29 29 29 29
Altre strutture interessate 10 11 11 11
Aziende socie cons. tutela 32 32 32 32
Aziende certificate 6 7 6 7
Aziende non cert. Nd Nd Nd Nd
Quantità prodotta e cert. (kg) 7.300 14.900 5.380 20.000
Quantità potenziale 250.000 400.000 400.000 85.000
Prezzo bottiglia 0,75 l (franco azienda 9,50 9,50 9,50 9,50
Prezzo bott. 0,75 l (al consumo) 18,00 18,00 20,70 20,70
Prezzo al kg (al consumo, conf. 5 litri) 18,00 18,00 19,65 19,65
Fatturato da DOP alla produzione 65.700 149.000 64.500 190.000
Fatturato da DOP al consumo 130.000 269.200 106.000 393.000
Investimenti pubblicitari Nd Nd Nd Nd
Fonte: Dati Qualivita
Grafico 3.2 Incidenza c
Fonte: Dati Qualivita
Tali risposte si collocano nel
DOP Lametia, Laghi Lombardi e Alto Crotonese e meglio solo delle DOP
Valdemone e Petruziano delle Colline Terramare che chiudono la classifica.
Sempre tale indagine ha chiesto poi a 601 co
conoscessero e l’Olio Cartoceto ha ricevuto solo lo 0,8% di risposte positive
collocandosi sempre nella fasc
appare il fatto che ben il 57,2% degli intervistati non ne c
più conosciuto è l’IGP Toscano con
al 10,3% ed il DOP Terre di Bari con un esiguo
75%
80%
85%
90%
95%
100%
2005 2006
70
Incidenza canali di vendita mercato nazionale
collocano nella fascia bassa del campione allo stesso livello delle
DOP Lametia, Laghi Lombardi e Alto Crotonese e meglio solo delle DOP
Valdemone e Petruziano delle Colline Terramare che chiudono la classifica.
Sempre tale indagine ha chiesto poi a 601 consumatori quali marche DOP
conoscessero e l’Olio Cartoceto ha ricevuto solo lo 0,8% di risposte positive
sempre nella fascia bassa della classifica ma in tale ricerca rilevante
che ben il 57,2% degli intervistati non ne conosce neppure uno ed il
è l’IGP Toscano con solo l’11,1% seguito dal DOP Riviera Ligure
10,3% ed il DOP Terre di Bari con un esiguo 9,2%.
2006 2007 2008
Ristorazione
Distribuzione Moderna
Dettaglio tradizionale
Vendita Diretta
la fascia bassa del campione allo stesso livello delle
DOP Lametia, Laghi Lombardi e Alto Crotonese e meglio solo delle DOP
Valdemone e Petruziano delle Colline Terramare che chiudono la classifica.
nsumatori quali marche DOP – IGP
conoscessero e l’Olio Cartoceto ha ricevuto solo lo 0,8% di risposte positive
ia bassa della classifica ma in tale ricerca rilevante
onosce neppure uno ed il
l’11,1% seguito dal DOP Riviera Ligure
Ristorazione
Distribuzione Moderna
Dettaglio tradizionale
Vendita Diretta
Per quello che riguarda i
Agroqualità (aggiornati al 16 dicembre)
produzione certificata per un totale di 4.189
dati parziali ed incompleti
3.3. IMPRESSIONI ED OPINIONI
Grafico 3.3 Rapporto tra produzione e quantità cer
Fonte: Dati ISTAT
Il grafico mostra subito impietosamente
prodotta di olio Dop Cartoceto rispetto all’intera produzione provinciale ma
soprattutto regionale.
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
2006 2007 2008
71
Per quello che riguarda i dati di produzione più recenti del 2009, sempre forniti da
ggiornati al 16 dicembre), vengono indicate solo 3 aziende con
icata per un totale di 4.189 kg ma, ad onor del vero, si tratta di
dati parziali ed incompleti.
IMPRESSIONI ED OPINIONI
Rapporto tra produzione e quantità certificate (in quintali)
Il grafico mostra subito impietosamente la scarsa rilevanza che ha la quantità
prodotta di olio Dop Cartoceto rispetto all’intera produzione provinciale ma
Produzione Dop …Produzione prov. PU
Produzione Marche
2008
Produzione Dop Cartoceto
Produzione prov. PU
Produzione Marche
sempre forniti da
solo 3 aziende con
kg ma, ad onor del vero, si tratta di
tificate (in quintali)
la scarsa rilevanza che ha la quantità
prodotta di olio Dop Cartoceto rispetto all’intera produzione provinciale ma
Produzione Dop Cartoceto
Produzione prov. PU
Produzione Marche
72
Ancora più impietoso sarebbe confrontare le aziende certificate rispetto alle
22.077 che nel 2008 rappresentavano la produzione di olio di oliva nelle Marche.
Questo conferma le impressioni già avute con l’indagine Ismea sui consumatori e
sulla grande distribuzione ossia la scarsa conoscenza e penetrazione del prodotto.
Ma basta visionare il sito del Consorzio per dubitare della reale volontà di fare
conoscere il prodotto stante la scarsità di dati indicati ed il mancato
aggiornamento.
Questo è stato il biglietto di visita da cui siamo partiti nell’analisi con vicoli ciechi
rappresentate dai motori di ricerca e dai pochi siti rintracciati che illustrano la Dop
Cartoceto ma non ne indicano dati aggiornati.
Ci si è rivolti allora all’ora all’Assessorato all’Agricoltura della Regione Marche
il quale, finalmente, ci ha forniti i dati della società certificatrice Qualivita ma
aggiornati al 2008 ed assai scarni.
Si è tentato allora un contatto telefonico con l’ufficio decentrato del suddetto
Assessorato a Pesaro e finalmente abbiamo ottenuto non dei dati ma un giudizio
personale, un’opinione su tale esperienza di certificazione Dop oltre che un breve
excursus storico.
73
Infatti il funzionario che ci ha risposto telefonicamente oltre ad essere molto
disponibile ne aveva memoria storica e conoscenza diretta essendo originario
proprio di Cartoceto ed avendo vissuta in prima persona tale vicenda.
Il Consorzio di Tutela non è partito sotto i migliori auspici avendo richiesto
l’adesione alla DOP trascurando la discussione a livello locale che in quel periodo
veniva fatta circa un riconoscimento di tutte le produzioni agroalimentari della
provincia di Pesaro ed Urbino.
Questa strada sarebbe stata più problematica dovendo abbinare prodotti quali
l’olio di Cartoceto, la Caciotta di Urbino, il Tartufo di Acqualagna e così via ma
poteva comunque arrivare ad una adesione maggiore sia in termini di produttori
che di territori interessati.
Al limite, è sua opinione, si poteva limitare all’olio ma per un territorio quale
l’intera provincia di Pesaro ed Urbino ma anche regionale partendo da numeri
che, come già visto, sarebbero stati ben diversi.
Comunque il Consorzio di Tutela ha seguita la sua strada e dopo diversi anni ha
ottenuto il riconoscimento con un territorio comunque limitato ma esteso rispetto
al solo Cartoceto.
74
Anche questa possibilità è stata ignorata e non si è attratto un maggior numero di
produttori e le quantità non sono state certamente né quelle potenziali né quelle
ipotizzate dai proponenti.
I produttori dei Comuni limitrofi interessati dalla zona della Dop non si sono per
nulla mostrati interessati all’adesione visto che il Consorzio di Tutela non ha
saputo divenire catalizzatore di un progetto più ampio che potesse portare effettivi
benefici anche solo di promozione al di fuori dei confini regionali ma anche
nazionali.
A suo giudizio il riconoscimento è stato usato solo per elevare i prezzi praticati al
consumatore andando incontro ad una concorrenza su tale discriminante invece
che sull’effettiva qualità ed immagine percepita del prodotto.
Importante sarebbe stato anche l’intervento delle Istituzioni Pubbliche locali e
regionali da deputare sia al controllo ma soprattutto all’affiancamento al
Consorzio di Tutela anche per la promozione che, invece, attualmente è
demandata solo allo stesso e non riesce a coinvolgere tutte le parti potenzialmente
interessate al progetto e ad avere positive ricadute sull’intera zona che, anzi, gli
sembra ostili o perlomeno indifferenti.
Tale impietoso giudizio è stato rincarato dall’indicazione di non richiedere allo
stesso Consorzio i dati della certificazione poiché presumibilmente non attendibili
75
essendo da fornire solo per giustificare la sua esistenza ma non una reale
operatività e sviluppo.
Abbiamo, dunque, domandato un auspicio per il futuro e lo stesso l’ha indicato
nella speranza che il Consorzio venga guidato da altre persone che possano
trovare maggiore consenso ed allargare l’adesione facendosi affiancare dai
Comuni interessati per radicarsi sul territorio e concretizzare un vero progetto
condivisibile e di sviluppo.
Dopo questa visione abbiamo deciso di non rivolgerci direttamente al Consorzio
di Tutela che, peraltro, non appare neanche facilmente contattabile ma ci siamo
recati da un produttore di Cartoceto titolare anche di uno storico frantoio nonché
molto conosciuto per il suo impegno nel promuovere le produzioni agroalimentari
locali.
La sua prima indicazione è stata che le Dop in generale hanno forti limitazioni
dovute al rispetto di severi disciplinari ed in agricoltura questa rispondenza è ben
difficile poiché vi si chiede di prevedere esattamente l’andamento dei raccolti, le
proporzioni del cultivar, i periodi di raccolta, quelli di trattamento, ecc…
Il produttore, quindi, deve sperare ma soprattutto dimostrare che tutte le
componenti del disciplinare vengono rispettate e correre costantemente il rischio
di ottenere comunque un prodotto di elevata qualità ma non certificabile per
76
l’assenza anche di un solo elemento avendone comunque sostenuti tutti i costi
economici e non.
Questo nella Dop Cartoceto incide pesantemente vista l’esiguità delle quantità e,
quindi, l’assenza di possibilità di avere economie di scala quali quelle di
produzioni ben maggiori quale la Dop Toscana o Terre di Bari agevolate anche
dal costo della manodopera che, come detto, è un elemento maggioritario nel
prezzo finale e nella zona della Dop Cartoceto è assai elevato.
Quindi i produttori aderenti al Consorzio di Tutela possono decidere di non
certificare la loro produzione anche se rispondente a tutti i requisiti della DOP per
evitare maggiori costi.
Se non si riescono, quindi, a spingere alla certificazione tutte le quantità prodotte
dagli aderenti figurarsi attrarre i non associati.
Questo si potrebbe superare con l’opera del Consorzio di Tutela ma sulla sua
inoperosità o, addirittura, sulla sua avversione il produttore si trova d’accordo con
il funzionario pubblico.
A giudizio di tale produttore, però, l’esperienza non è del tutto negativa perché
anche senza l’ausilio del Consorzio l’olio di oliva DOP Cartoceto è finito su un
numero maggiori sia di tavole e di consumatori sia, e soprattutto, di ristoratori in
77
Italia ed all’estero consentendone una maggiore conoscenza ma soprattutto di un
forte apprezzamento.
Questo ha stimolato anche flussi turistici che hanno portato visitatori italiani e
stranieri alla scoperta del territorio della Dop consentendo di valorizzare anche
altre produzioni agroalimentari locali come ad esempio i formaggi di fossa.
Numerosi sono gli stranieri che hanno soggiornato ma che, addirittura, hanno
comprate case per la villeggiatura o anche per trasferirsi in via permanente.
Quantificando tali fenomeni la bilancia della Dop Cartoceto sarebbe ampiamente
positiva ma, certamente, si sarebbe dovuto partire dal successo del riconoscimento
per arrivare al resto e non viceversa.
Piccoli segnali possiamo anche coglierli cercando notizie sulla Dop nei principali
mezzi di informazione ed infatti è del febbraio 2010 un servizio sulla TV Svizzera
TSR che comparando 11 bottiglie di olio extra vergine di oliva in vendita nei
supermercati locali ha rilevato in prima posizione proprio l’olio DOP Cartoceto
venduto dalla catena Coop ad un prezzo di ben 48,8 euro al litro.
In conclusione il progetto è nato con molte limitazioni ed appare non avere
raggiunto neppure i suoi obiettivi minimi ma, soprattutto, non avendo saputo
coinvolge tutti gli operatori del territorio oltre alle Istituzioni.
78
La responsabilità è da attribuire al Consorzio di Tutela che appare isolato ed
incapace di coinvolgere altri soggetti lasciando all’iniziativa individuale la
promozione di un prodotto che, invece, potrebbe trovare nel riconoscimento DOP
proprio un’unità di intenti e una forza propulsiva per l’intero settore ma anche per
il resto dell’agroalimentare e del turismo enogastronomico locale.
I produttori continuano a restare divisi e guardare il mercato locale come quello di
riferimento percependo la certificazione come eccessivamente burocratica e
costosa oltre a non rappresentare le loro istanze.
La soluzione potrebbe proprio essere l’avvicendamento delle persone che
compongono il Consorzio di Tutela scegliendole tra quelle maggiormente
rappresentative tra i produttori di olio di oliva ma anche tra le altri parti sociali ed
economiche della zona oltre ad interessare gli Enti Pubblici sia locali che regionali
per fargli svolgere un maggiore ruolo di controllo ma soprattutto supporto e
promozionale e cercando di portare ad un coordinamento che superi le attuali
difficoltà e staticità.
Il Consorzio dovrebbe passare, quindi, da semplice depositario del marchio a
rappresentante delle istanze di tutti i produttori e gli attori locali creando adeguate
sinergie e proiettando l’immagine del prodotto e della sua qualità maggiormente
all’esterno e consentendo un reale sviluppo cogliendo tutte le opportunità che la
Dop potrebbe consentire.
79
CONCLUSIONI
Per l’agricoltura europea i riconoscimenti DOP e IGP hanno rappresentato un
cambiamento fondamentale di ottica passando da quella del semplice sostegno ai
produttori a quella della tutela del consumatore attraverso prodotti di qualità ed
ecosostenibili.
Lo sviluppo delle certificazioni è stato estremamente rapido ma non sempre ha
condotto a situazioni ottimali ossia a raggruppare attorno alla certificazione il
maggior numero di produttori e di volumi di produzione e questo appare
soprattutto evidente in settori come gli oli di oliva in cui la produzione era ed è
rimasta altamente frazionata e con mercati estremamente limitati.
Di tutto successo appaiono, invece, i risvolti di tale certificazione in settori come
quello dei formaggi dove si è consolidata attorno ai Consorzi di Tutela la maggior
parte dei produttori e delle produzioni ma sono casi che si contano sulla punta
delle dita e che apparivano già ben avviati anche prima del riconoscimento.
Si è comunque riusciti a consolidare posizioni di leadership anche al di fuori
dell’Unione Europea ossia anche dove la certificazione non ha risvolti di semplice
tutela ma rappresenta comunque un valore aggiunto percepito dai consumatori.
La cosa è particolarmente utile in un momento internazionale di crisi economica
in cui la quota di reddito destinata ai consumi alimentari va riducendosi ma non
80
penalizza quei prodotti che sanno mostrare un’immagine particolarmente di
qualità e vengono comunque scelti giustificando in questo il loro maggior prezzo.
Non trascurabile l’incidenza negativa delle agropiraterie che colpiscono
grandemente i prodotti italiani di maggiore successo e più conosciuti riducendo i
ricavi della nostra industria agroalimentare e la loro redditività.
Per questo è importantissimo che l’Unione Europea faccia valere il suo peso in
seno al WTO e porti a termine i negoziati per riconoscere i prodotti certificati a
livello mondiale tutelando industrie storiche che si vedano finalmente riconosciuti
sforzi ed investimenti ma soprattutto l’indubbia qualità oltre a tutelare i
consumatori finali.
Il settore delle certificazioni degli oli extravergine di oliva, come detto, non è
riuscito ad attrarre in Italia attorno ai Consorzi la maggior parte dei produttori con
rare eccezioni come le esperienze della Liguria, della Toscana e della Puglia.
Tale debolezza è intrinseca nel settore che già in partenza appare assai frazionato
e rivolto principalmente ai mercati locali o comunque di nicchia ma da non
sottovalutare il fatto che la certificazione provoca indubbie difficoltà sia
produttive ma anche di aggravio dei costi andando a competere su un fattore che
ci vede già fortemente penalizzati rispetto a vecchi e nuovi concorrenti a livello
globale.
81
La situazione è però in evoluzione anche grazie proprio alla concorrenza portata
sia da altri paesi UE, quali la Spagna, sia extra-UE con paesi dell’area del
Mediterraneo e di impianto di nuove produzioni.
Tale competizione ha aiutato i produttori a capire l’importanza di realizzare
economie di scala anche grazie all’associazione tra produttori che è sfociata in
molti casi nei Consorzi di Tutela e l’ottenimento del riconoscimento Dop o Igp.
Si è inoltre capita l’importanza del ricorso ai finanziamenti Europei non solo
come sostegno al reddito ma per lo sviluppo di progettualità ed impegno ad un
aumento della qualità e sua promozione oltre alla possibilità di inserimento in
nuovi mercati e consolidamento in quelli esistenti.
Quindi il terreno su cui competere si è spostato dal semplice costo di produzione e
prezzo di vendita a quello più complesso della qualità, della promozione e
dell’immagine ma il cui eventuale successo porta ad evidenti vantaggi e
consolidamenti nel tempo.
Certo, però, che i riconoscimenti Dop e Igp debbano meglio adattarsi alle esigenze
di un settore molto complesso e soggetto a variabile difficilmente codificabili in
rigidi disciplinari oltre a necessitare di un contenimento dei costi di certificazione.
Il riconoscimento della Dop Cartoceto è un caso da manuale di tutto questo ma
soprattutto di come prima di intraprendere e perseguire un percorso di
82
certificazione occorrerebbe valutare molto attentamente i pro ed i contro che tale
iter richiede ossia i tempi, i costi aggiuntivi, la necessità di investimenti sia
promozionali che produttivi, il potenziale di produttori interessati ad aderire, la
quantità di prodotto certificabile, il riscontro del Consorzio di Tutela tra i
produttori e la comunità locale, ecc…
Ossia prima di tutto occorre veramente individuare nel Consorzio di Tutela un
elemento propositivo, aggregante e capace di garantire uno sviluppo del prodotto
certificato ed un collegamento sinergico con il resto del sistema economico locale
ossia con la ristorazione, il turismo, il commercio, l’artigianato e così via.
Tali elementi dovrebbero essere presenti e verificati costantemente magari da
Istituzioni Pubbliche locali o regionali capaci di correggere eventuali anomalie
oltre ad affiancarlo nell’attività di promozione ed aggregazione.
In questo modo la certificazione potrebbe consolidare il proprio legame
territoriale ma in maniera attiva ossia rafforzando la sua immagine presso i
consumatori e fungendo così da effettivo strumento di marketing.
Le ricadute positive spingerebbe inevitabilmente gli altri produttori ad aderire
arrivando al crearsi di economie di scala capaci di affrontare meglio la
discriminante del prezzo soprattutto in momenti di contrazione dei consumi e
riduzione del reddito disponibile da parte degli utenti finali.
83
Il lavoro da fare sembra immane ma il risultato è indubbiamente ben in grado di
compensare ogni sforzo da fare e l’unica alternativa è il permanere dell’attuale
situazione ossia un Consorzio incapace di rappresentare alcunché ed incapace di
apportare qualsiasi beneficio né agli associati né al resto del tessuto economico e
sociale arrivando ad un decadimento di cui la produzione olivicola di Cartoceto ha
già conosciuto gli esiti e dalla quale con forza e testardaggine si era voluta
affrancare.
Come i fondatori di Cartoceto vollero sfidare l’Impero Romano ora i suoi
discendenti dovrebbero affrontare questa sfida sperando, questa volta, di vincerla.
84
85
SITOGRAFIA E RIFERIMENTI
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Consorzio di Tutela Olio DOP di Cartoceto (www.oliodopcartoceto.it);
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86
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A. Finizia e G. Ferrari “Indagine di approfondimento: la congiuntura 2008-2009
e le strategie per superare la crisi” (settembre 2009);
A. Finizza “Tendenze recenti del mercato delle DOP e IGP” (settembre 2008);
A. Scardera “Il funzionamento delle aziende agricole con prodotti di qualità e le
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B. De Gennnaro, L. Roselli, U. Medicamento “Evoluzione degli scambi
commerciali dell’Italia nel mercato mondiale degli oli di oliva” (giugno 2009);
C. Bernini Carri e M. Sassi “Il commercio dell’olio d’oliva e i Paesi del bacino
meditteraneo: struttura e competitività” (settembre 2007);
D. Pantini “Lo strumento Dop e Igp: utilità, punti di forza e principali
criticità”(settembre 2008);
D. Pantini “Lo strumento Dop e Igp: utilità, punti di forza e principali criticità”.
87
E. Deruvo “L’andamento del mercato delle Dop e Igp in Italia nel 2008” (gennaio
2010);
F. Delbravo “Analisi del posizionamento di marketing degli oli Dop-Igp” (aprile
2009);
M. Adua “Evoluzione della qualità certificata dal 2004 al 2007” (settembre
2008);
M. Esposito “Il contesto internazionale dei prodotti a marchio distintivo”
(settembre 2008);
M. Ronga “Problematiche di approvvigionamento e commercializzazione delle
aziende di prima trasformazione del comparto oleario” (novembre 2006);
M. Ronga “Problematiche di approvvigionamento e commercializzazione delle
aziende di prima trasformazione del comparto oleario”.
88
89
APPENDICE
Tab. a.1 Produttori/Aziende agricole suddivise per regione
Regione 2006 2007 2008 Var. % 07/06
Var.% 08/07
Piemonte 2.422 2.378 2.717 -1,8 14,3
Valle d’Aosta 1.157 1.152 1.176 -0,4 2,1
Lombardia 7.452 8.320 7.676 11,6 -7,7
Trentino Alto-Adige 12.739 13.325 12.720 4,6 -4,5
Veneto 6.218 6.259 5.620 0,7 -10,2
Friuli-Venezia Giulia 896 899 892 0,3 -0,8
Liguria 922 973 1.085 5,5 11,5
Emilia-Romagna 7.586 6.511 6.231 -14,2 -4,3
Toscana 12.533 12.844 13.337 2,5 3,8
Umbria 1.061 1.370 1.536 29,1 12,1
Marche 697 709 700 1,7 -1,3
Lazio 2.361 2.476 2.602 4,9 5,1
Abruzzo 794 769 761 -3,1 -1,0
Molise 291 293 309 0,7 5,5
Campania 2.505 2.545 2.590 1,6 1,8
Puglia 792 874 1.022 10,4 16,9
Basilicata 43 47 61 9,3 29,8
Calabria 201 264 249 31,3 -5,7
Sicilia 1.276 1.831 1.920 43,5 4,9
Sardegna 593 11.609 12.759 1.857,70 9,9
Nord 39.392 39.817 38.117 1,1 -4,3
Centro 16.652 17.399 18.175 4,5 4,5
Sud e Isole 6.495 18.232 19.671 180,7 7,9
Totale Italia 62.539 75.448 75.963 20,6 0,7
Fonte: Dati ISTAT
90
Tab. a.2 Produzione certificata delle prime 20 DOP e IGP in Italia (in tonnellate)
Denominazione 2006 2007 2008
Mela Alto Adige 185.198,6 221.565,0 231.958,7
Mela Val di Non 185.678,9 288.709,4 175.469,5
Grana Padano 169.718,8 152.366,6 172.738,2
Parmigiano Reggiano 117.382,6 117.335,0 118.343,5
Prosciutto di Parma 93.169,4 94.010,0 96.919,5
Gorgonzola 44.123,3 44.787,7 48.721,7
Mortadella Bologna 32.850,2 33.473,5 33.895,9
Mozzarella di Bufala Campana 33.077,9 35.425,6 31.197,1
Pecorino Romano 24.446,6 33.425,0 30.142,0
Prosciutto San Daniele 24.455,5 25.799,7 26.338,3
Asiago 22.702,3 22.044,2 22.417,2
Speck dell’Alto Adige 9.708,8 9.922,3 11.224,5
Bresaola della Valtellina 10.957,1 11.484,6 9.853,9
Provolone Valpadana 9.620,1 9.634,2 9.444,8
Taleggio 8.766,1 8.815,7 8.804,8
Montasio 7.079,8 6.973,9 7.348,8
Vitellone Bianco App. Centrale 6.083,5 6.400,0 6.675,0
Arancia Rossa di Sicilia 2.578,4 4.371,9 5.274,8
Fontina 3.734,8 2.923,1 4.322,1
Quartirolo Lombardo 3.654,1 3.473,5 3.061,5
Totale
% sul totale prod. Certificata
994.986,9
93,9
1.132.941,0
94,8
1.054.151,9
94,3
Fonte: Ismea
91
Tab. a.3 Fatturato alla produzione prime 20 DOP e IGP in Italia (milioni di euro)
Denominazione 2006 2007 2008 Pos.
Mela Alto Adige 66,6 92,2 97,7 13
Mela Val di Non 130,8 215,4 137,2 10
Grana Padano 980,2 988,8 1.101,5 1
Parmigiano Reggiano 893,8 984,8 998,5 2
Prosciutto di Parma 724,8 744,4 768,7 3
Gorgonzola 178,6 186,4 223,3 6
Mortadella Bologna 178,3 183,5 215,6 7
Mozzarella di Bufala Campana 314,2 256,8 235,5 5
Pecorino Romano 131,1 182,5 172,9 8
Prosciutto San Daniele 273,6 283,8 289,7 4
Asiago 101,7 1°8,8 108,7 11
Speck dell’Alto Adige 82,1 83,9 98,5 12
Bresaola della Valtellina 152,8 164,8 163,6 9
Provolone Valpadana 43,5 45,9 49,5 14
Taleggio 45,1 44,8 49,1 15
Montasio 35,4 45,3 47,8 16
Vitellone Bianco App. Centrale 32,5 32,6 34,8 17
Arancia Rossa di Sicilia 0 0 0
Fontina 22,8 17,8 30,3 18
Quartirolo Lombardo 0 0 0
Toscano 36,3 33,1 27,6 19
Salamini italiani alla cacciatora 17,2 20,2 21,2 20
Totale
% sul totale prod. Certificata
4.441,5
94,1
4.715,7
94,3
4.871,7
94,0
Fonte: Ismea
92
Tab. a.4 Valore produzione esportata prime 20 DOP e IGP (milioni di euro)
Denominazione 2006 2007 2008
Grana Padano 240,38 279,90 294,70
Parmigiano Reggiano 160,25 189,88 196,46
Prosciutto di Parma 173,30 189,35 184,85
Pecorino Romano 102,04 112,62 112,36
Gorgonzola 73,02 74,16 76,43
Prosciutto San Daniele 58,06 51,60 52,68
Mela Val di Non 12,73 20,91 26,34
Speck Alto Adige 26,90 28,29 24,17
Toscano 28,33 26,94 22,76
Mele Alto Adige 12,11 16,41 16,63
Mortadella Bologna 13,00 13,07 13,41
Bresaola della Valtellina 7,80 14,87 12,81
Taleggio 9,65 9,69 10,13
Asiago 6,54 7,62 6,76
Aceto Balsamico trad. di Modena 0 0 5,40
Valli Trapanesi 0 0,29 4,59
Stelvio o Stilfser 0 0 4,20
Pomodoro di San Marzano 0 0 2,80
Prosciutto Toscano 1,70 1,78 1,86
Pecorino Toscano 1,41 1,73 1,64
Totale 972,2 1.039,1 1.071,0
Fonte: Ismea
93
Tab. a.5 Produzione mondiale di olio di oliva per paese (migliaia di tonnellate)
Paese 2004 2005 2006 2007 2008
Spagna 989,8 826,9 1.111,4 1.221,8 1.150,0
Italia 794,6 655,7 603,3 572,2 612,7
Grecia 435,0 424,0 370,0 307,0 370,0
Portogallo 41,2 29,1 47,5 34,9 50,0
Altri UE 12,0 12,0 12,1 8,8 10,0
UE 2.272,6 1.947,7 2.144,3 2.144,7 2.192,7
Tunisia 130,0 220,0 160,0 170,0 160,0
Turchia 145,0 112,0 165,0 72,0 159,0
Siria 175,0 100,0 154,0 100,0 125,0
Marocco 50,0 75,0 75,0 80,0 90,0
Algeria 33,5 32,0 21,5 24,0 35,0
Giordania 29,0 22,0 37,0 21,5 17,0
Argentina 18,0 23,0 15,0 25,0 20,0
Australia 5,0 9,0 9,0 12,0 13,0
Cile 0 0 5,0 6,5 6,5
Palestina 20,0 10,0 31,5 20,0 32,0
Libia 12,5 9,0 11,0 13,0 15,0
Libano 6,0 5,5 6,0 5,5 7,5
Israele 9,0 3,0 8,5 4,0 7,0
Altri paesi 23,0 23,5 37,5 37,0 39,5
Mondo 2.928,6 2.591,7 2.880,3 2.735,2 2.919,2
Fonte: Dati Coi e Istat
94
Tab. a.6 Consumi mondiali di olio di oliva per paese (migliaia di tonnellate)
Paese 2004/05 2005/06 2006/07 2007/08 2008/09
Italia 840,0 848,2 730,0 740,0 750,0
Spagna 615,7 477,8 538,7 541,2 600,0
Grecia 283,0 265,0 269,5 262,7 265,0
Francia 97,1 99,5 101,8 103,3 106,0
Portogallo 74,5 71,6 76,8 73,1 71,9
Germania 46,3 45,3 48,3 54,4 57,0
Regno Unito 60,1 48,8 47,6 53,7 55,4
Paesi Bassi 13,4 14,2 16,1 13,5 14,3
Altri UE 48,8 47,5 75,8 47,8 50,1
UE 2.078,9 1.917,9 1.904,6 1.889,6 1.969,7
Stati Uniti 215,5 223,0 248,0 246,0 251,0
Turchia 60,0 50,0 80,0 85,0 90,0
Siria 135,0 79,0 110,0 80,0 90,0
Marocco 38,0 55,0 65,0 65,0 70,0
Australia 32,5 34,5 47,5 39,5 45,0
Tunisia 44.0 38,0 45,0 60,0 35,0
Brasile 26,5 26,0 34,5 40,0 35,0
Algeria 38,0 35,0 23,0 24,5 34,5
Canada 32,0 30,0 32,5 31,0 31,5
Giappone 32,0 30,0 30,5 29,0 29,0
Giordania 25,0 19,0 21,0 23,5 23,5
Palestina 10,0 10,0 15,0 15,0 16,5
Israele 16,0 16,5 15,0 16,0 16,0
Libia 12,0 9,0 11,0 13,0 15,0
Russia 9,0 9,5 10,5 12,5 14,0
Altri Paesi 119,1 108,1 105,4 108,4 109,8
Mondo 2.923,5 2.690,5 2.798,5 2.778,0 2.875,5
Fonte: Dati Coi
95
Tab. a.7 Produzione di olio di oliva per regione (tonnellate)
Regione 2004 2005 2006 2007 2008
Piemonte 5,7 7,4 7 10 10
Liguria 5.527 4.062 3.358 2.380 2.141
Lombardia 632 680 723 620 711
Trentino Alto Adige 143 258 226 238 244
Veneto 1.253 1.524 1.346 1.333 1.344
Friuli Venezia Giulia 101 84 81 22 0
Emilia Romagna 687 1.018 872 740 1.972
Toscana 27.586 16.175 16.743 13.793 18.663
Umbria 16.840 8.766 13.875 10.841 11.950
Marche 4.704 3.299 3.924 3.936 3.951
Lazio 35.330 21.919 25.318 22.668 33.946
Abruzzo 23.068 23.544 20.593 15.872 22.030
Molise 41.543 39.136 30.373 36,793 43.608
Campania 5.720 5.720 6.650 5.720 5.906
Puglia 267.820 245.840 215.475 190.663 197.863
Basilicata 6.007 7.332 6.384 6.367 6.533
Calabria 299.836 213.697 206.144 204.052 201.590
Sicilia 49.596 53.714 42.694 47.676 49.114
Sardegna 8.162 8.967 8.469 8.515 11.105
Italia 794.559 655.741 603.253 572.240 612.681
Fonte: Dati ISTAT
96
Tab. a.8 Categorie oli da Direttiva 136/66/CEE e successivi Regolamenti CE 2668/91
e 1989/03
- Oli ottenuti con la sola spremitura meccanica a basse temperature:
o Olio extravergine di oliva;
o Olio vergine di oliva;
- Olio lampante e derivati:
(non ammessi alla vendita diretta)
o Olio di oliva vergine lampante (ottenuto mediante spremitura meccanica
ma presentante alta acidità o altri difetti organolettici);
o Olio di oliva rettificato (prodotto dalla rettifica chimica dell’olio
lampante volta ad eliminare il contenuto di acidità)
(ammessi alla vendita diretta)
o Olio di oliva (composto di oli raffinati e oli di oliva vergini con acidità
non superiore all’1%)
- Olio di sansa e derivati:
(non ammessi alla vendita diretta)
o Olio di sansa di oliva greggio (ottenuto dai residui della spremitura
mediante solventi chimici);
o Olio di sansa di oliva rettificato (olio di sansa greggio sottoposto a
ulteriori rettifiche chimiche)
(ammessi alla vendita diretta)
o Olio di sansa di oliva (olio di sansa rettificato miscelato con olio
vergine).
97
Grafico a.1 Consumi pro-capite di olio di oliva (Kg pro capite anni 2006/2007)
- Fonte: Dati FAO e COI
0 5 10 15 20 25 30
Mondo
Brasile
Giappone
Regno Unito
Irlanda
Germania
Svezia
Stati Uniti
Paesi Bassi
Canada
Turchia
Belgio
Libano
Svizzera
Francia
Marocco
Libia
Australia
Israele
Giordania
Tunisia
Siria
Portogallo
Spagna
Italia
Grecia
98
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio i miei genitori e la loro pazienza infatti potevano pensare di attendere
diciotto anni per vedermi maggiorenne ma non di dover aspettare altrettanto
tempo per vedermi concludere l’Università.
Un ringraziamento anche a nonna Metaura che ha avuta la fortuna di vedermi
raggiungere questo traguardo.
Ai nonni Giulio, Stanislao (Za wolność waszą i naszą) e Igea auguro comunque di
poter in qualche modo partecipare alla mia soddisfazione.
Un doveroso ringraziamento, ultimo ma non ultimo, al Prof. Roberto Esposti che
mi ha assistito nella stesura ed ha avuto la pazienza di correggerla oltre a darmi
preziose indicazioni e suggerimenti.
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