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ALICE, IL PORCOSPINO E IL FENICOTTERO Marcello Florita | I QUADERNI DELLA COMPLESSITÀ | Guaraldi Complessità e Psicoanalisi Guaraldi

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Page 1: Alice, il porcospino e il fenicottero · 2017-03-12 · Un battito d’ali di una farfalla in Brasile È il 1927 e un fisico e teorico tedesco sta cercando di determinare con esattezza,

ALICE, IL PORCOSPINO

E IL FENICOTTERO

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Guaraldi

Marcello FloritaPsicoterapeuta e psicoanalista socio della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazio-ne (SIPRe) e consulente dell’Ospedale San Raffaele, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e in particolare del volume L’in-treccio edito Franco Angeli, che tratta l’in-contro tra psicoanalisi e complessità.

La collana I Quaderni della Complessità, nata per iniziativa di Dedalo 97 in collaborazione con Aiems, intende rappresentare un mo-mento di divulgazione e di riflessione sulla complessità e sull’approccio sistemico. Rac-coglie conversazioni tenute nell’ambito delle diverse edizioni del Festival della Complessità e contributi di associazioni, enti e di quanti si riconoscono nel pensiero complesso.

Il saggio cerca d’intrecciare le riflessioni inerenti alla teoria della complessità con la tecnica psicoanalitica. Il testo è tratto da un intervento tenutosi nella conferenza “Psicoanalisi e Complessità” del Novembre 2011 all’Istituto di Psicoanalisi “H.S. Sullivan” di Firenze.

In copertina:© Il libro del sogni di Federico FelliniDettaglio del sogno del 20.08.63,Museo della città, Rimini.

Si ringraziano: la Fondazione Fellini, il Comune di Rimini, gli Eredi Fellini.

ISBN 978-88-8049-823-0

Euro 8.00 Gu

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I QuadernI della ComplessItà

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Coordinamento editorialeValerio Eletti

Ideatore e Direttore del Festival della Complessità Fulvio Forino, Presidente Dedalo 97

Il Festival della Complessità è organizzato dalla Associazione Scientifica e Culturale Dedalo 97 con la collaborazione dell’Aiems, Associazione Italiana

di Epistemologia e Metodologia Sistemiche

© 2012 Guaraldi s.r.l.Sede legale e redazione: via Grassi 13, 47922 Rimini

Tel. 0541.790194 - Fax 0541.791316www.guaraldi.it - [email protected]

Immagine di copertina tratta da:Il libro dei sogni di Federico Fellini

Isbn 978-88-1701851-7 © 2007 RCS Rizzoli (per la versione cartacea)

via Mecenate 91, 20138 Milano - www.rizzoli.rcslibri.corriere.it © 2011 Guaraldi s.r.l. (per le versioni digitali)

Isbn | carta 978 -88-8049-823-0 | eBook 978-88-8049-824-7

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IndICe

La complessità in psicoanalisi 7

Premesse 10

Come sistemi complessi 21 Sistemi aperti che co-evolvono. L’interazione 42

Intreccio complesso 49

Bibliografia 52Guarald

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la ComplessItà In psICoanalIsI

la relazione è un fenicottero“Alice era sicura di non aver mai visto un campo di croquet così strano, tutto pieno di solchi e zolle; le palle erano dei porcospini vivi; le mazze dei fenicot-teri vivi, e i soldati dovevano piegarsi in due e fare leva sulle mani e sui piedi per formare gli archetti.

All’inizio la cosa più difficile per Alice fu maneg-giare il suo fenicottero: le riuscì di tenerne serrato abbastanza agevolmente il corpo sotto il braccio, la-sciando le zampe penzoloni, ma, in generale, quando gli aveva fatto tendere bene il collo ed era sul punto di colpire con la testa il porcospino, quello si gira-va a guardarla in faccia con un’espressione talmente stupita che lei non poteva fare a meno di scoppiare a ridere. Quando poi arrivava a fargli abbassare la testa e stava per eseguire il tiro, si accorgeva con di-sappunto che il porcospino si era srotolato e se ne filava via.”

(Carroll, 1865)

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Alice vorrebbe giocare una semplice partita a cro-quet. Prende la mazza per colpire la palla ma, sfor-tunatamente, nulla va come ha previsto. La mazza è un fenicottero allampanato e la pallina è un paf-futo porcospino. Certo, se avessimo a che fare con una mazza e una pallina inanimata si potrebbe par-lare di uno sport un po’ complicato, ma tutto som-mato abbastanza lineare; ecco invece che la miscela di tre esseri viventi non rende semplice il compito di Alice, e quello diviene uno sport letteralmente complesso.

Anni di medicina occidentale e di positivismo hanno imbevuto il nostro pensiero di determini-smo e linearità, facendo sì che il lavoro psicoterapi-co sia stato accostato a una semplice partita di cro-quet. Prendo la “mazza” relazione e dirigo la “pal-lina” paziente verso quell’obiettivo e lui, secondo un’idea deterministica e lineare, starà meglio.

Il pensiero complesso m’induce a sentirmi nel croquet analitico come Alice; sì, la psicoanalisi è una partita a croquet nel Paese delle Meraviglie. C’è un’Alice analista, con una vaga idea degli obiettivi, ma con una palla-essere vivente con una sua storia e una sua idea della direzione giusta, e una mazza, la relazione, che è un terzo emergente,

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anch’esso pieno di vitalità e imprevedibilità. O me-glio, la relazione è proprio quel fenicottero allam-panato, pieno di vita e anch’esso con una sua idea, più o meno cosciente, della direzione giusta.

Il croquet analitico è vivo e complesso in ogni suo elemento e per questo imprevedibile e non lineare; non a caso, Stephan A. Mitchell, uno dei più grandi psicoanalisti della storia recente, soste-neva che “fare lo psicoanalista non è mai semplice, quando sembra semplice, vuol dire che c’è qualco-sa di sbagliato”.

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premesse

Un battito d’ali di una farfalla in Brasile È il 1927 e un fisico e teorico tedesco sta cercando di determinare con esattezza, attraverso un espe-rimento ideale1, la velocità e la posizione di una particella, ma incontra qualche difficoltà. Werner Karl Heisenberg, questo è il nome del ricercato-re, capisce che le interferenze nella misurazione sono dovute al microscopio, e in particolare alla sua luce. Dato che il fotone (cioè la luce) si com-porta (anche) come una particella, esso modifica inevitabilmente la quantità di moto della particella

1 Heisenberg non ha mai compiuto realmente questo esperimento perché in realtà si tratta di un’esperienza “ideale”, cioè una situazio-ne in cui lo sperimentatore s’immagina di avere un laboratorio ideale dove possa costruire qualsiasi genere di strumento o congegno, pur-ché la sua struttura e il suo funzionamento non contraddicano le leggi fondamentali della fisica. Infatti a tutt’oggi non si intravede la minima possibilità di disporre dell’attrezzatura immaginata da Heisenberg: non si può ottenere il vuoto assoluto, non ci sono cannoncini che sparino elettroni uno alla volta, né un microscopio in grado di poter osservare qualsiasi frequenza.

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sotto osservazione. Il disturbo è imprevedibile e incontrollabile e non c’è modo di sapere o di con-trollare in anticipo l’angolo esatto con cui il quanto di luce verrà diffuso. Ecco il principio d’indetermi-nazione di Heisenberg: è impossibile determinare esattamente e nello stesso istante sia la posizione che la velocità di una particella. Questo principio è uno dei cardini della meccanica quantistica. An-che se è ben lontano dalla psicoanalisi, mi ci sof-fermo perché, come direbbe Lorenz, fu come un “batter d’ali” di una farfalla. Il tornado non fu in Texas, come nel titolo della conferenza di Lorenz del 1972 (“Does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?”), ma nel mondo delle scienze.

Sta nascendo una nuova cultura nelle scienze che vede il mondo come un organismo vivente, complesso e sensibile alle condizioni iniziali, e non come una macchina. A questa scienza dovrebbe corrispondere una nuova filosofia della natura, un’epistemologia diversa, che abbandoni l’ideale di onniscienza, del “meta punto di vista” e sposi l’idea della pluralità di prospettive, della idiosin-craticità dei punti di vista e reintegri l’osservatore nella ricerca (Ceruti, 1985).

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La scienza classica “legiferava”, nel senso che ge-nerava “leggi” della natura che, secondo Cartesio, dovevano essere valide in ogni luogo e in ogni tem-po (Hawking, 2010) per spiegare il funzionamento del mondo “macchina”. Ora Heisenberg ci parla di un principio, e non di una legge, che si muo-ve tra il concetto d’indeterminazione e quello di dipendenza dal mezzo di osservazione. Beh, altro che leggi della natura!

Heisenberg proponeva una rottura dei capi-saldi della concezione positivista della scienza, at-traverso due intuizioni ereditate dalla meccanica quantistica:1. La messa in discussione dell’oggettività della scienza.2. L’influenza dell’osservatore sull’osservato.

Un tornado in texasUn primo risultato evidente del “battito d’ali” del principio d’indeterminazione di Heisenberg è la messa in discussione del principio di oggettività.

Nella scienza classica l’idea di soggetto non po-teva che essere un “rumore” (Morin, 1981, p. 263) che andava espulso dal mondo della scientificità: “un’espulsione inevitabile se si obbedisce al para-

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digma fondatore molto ben formulato da Cartesio: il mondo della scientificità è il mondo dell’oggetto, mentre il mondo della soggettività è il mondo della filosofia, della riflessione” (ibidem, p. 264). Come dicono Maturana e Varela, “tutto ciò che è detto è detto da un osservatore” (Maturana e Varela, 1970, p. 53) e la cosa non è scontata.

Quando lavoriamo con il paziente dovremmo pensare che ciò che vediamo noi, lo vediamo in quanto osservatori con determinate caratteristi-che soggettive. La mente è attiva e anche solo il processo attentivo, cioè la scelta cosciente, o non cosciente, di soffermarsi su determinati particolari piuttosto che su altri, è un qualcosa che avviene attivamente nell’intrecciarsi tra storia personale e patrimonio genetico. Così alla prima comparsa di una ruga sul mio viso, ho passato tutta la settima-na a notare la tipologia di rughe dei miei pazienti. Mi ero creato anche una tabella di Lombrosiana memoria sulle tipologie di rughe della sofferenza: la ruga della depressione, la ruga dell’ansia, la ruga sadica, etc., arrivando a conclusioni raffinate e in-quietanti che puntavano a predire lo stato d’animo del mio dirimpettaio. Un’attenzione selettiva, alcu-ne riflessioni e una teoria, trasudante di me stesso,

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che obbediva al “battito d’ali” di una ruga. Quello che voglio dire è che, se un piccolo solco sul mio viso può influenzare la prospettiva con la quale os-servo una persona, figuriamoci la mia biografia, la mia analisi personale, la mia teoria, i miei geni.

la diagnosi non è il paziente Date queste premesse mi sembra opportuna una riflessione sul concetto di diagnosi, spesso intesa come un’etichetta oggettiva. È difficile poter pen-sare all’esistenza di una categorizzazione oggettiva quando a farla è un soggetto. Noi siamo osservato-ri che ci creiamo un personale modello di lettura del mondo che è tale anche grazie all’interazione con il mondo. Con ciò non voglio dire che sia total-mente inutile il processo diagnostico, ma che esso debba essere considerato un punto di vista di un osservatore. Come direbbe Alfred Korzybski “la mappa non è il territorio” (Korzybski, 1933), così come la diagnosi non è il paziente. L’idea è quel-la di pensare alla conoscenza scientifica non più come una cattura, ma come un’accurata, moltepli-ce e inesauribile decifrazione bidirezionale (Damia-no, 2011). Le linee pioniere hanno definito dialogo questa nuova strategia di conoscenza, evidenzian-

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