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Albania caucasica. Ethnos, storia, territorio attraverso le fonti greche, latine e armene,(Sīgmorγ, Collana di studi orientali) by Marco BaisReview by: Cristiano DogniniAevum, Anno 77, Fasc. 1 (Gennaio-Aprile 2003), pp. 199-202Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/20861429 .
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RECENS10NI 199
edizioni, difeso invece dal Briquel). Si trat ta a mio parere di indizi che riportano a
quella stessa tradizione locale da cui sem brano dipendere le notizie sul helium Nea politanum (che da il via, per Livio, alia se conda sannitica), con la precisa indicazio ne del nome dei magistrati, Carilao e Nin fio (VIII 25, 9). Oltretutto questa notizia, come il Briquel stesso osserva, ?est par son
ton exceptionnellement favorable aux Ca pouans, un unicum dans l'oeuvre? (p. 126). Ma questa tradizione non solo e di origine locale, ma rivela anche, a mio avviso, un
nucleo attendibile se e ricondotta nel suo corretto contesto cronologico. II dato certo e che r episodio in questione e immediata mente successivo alia battaglia di Caudio che, secondo la cronologia riveduta della Sordi e da me accettata, risale al 334 vulg., cioe al 330 a.C. Questo e, secondo Velleio (I 14, 3, che dipende molto probabilmente da Fabio Pittore), l'anno in cui i Capuani ottennero la cittadinanza romana sine suf fragio. Ho gia avuto modo di soffermarmi su questo tema9: io credo che questo sin cronismo non sia casuale. Fu proprio l'at
teggiamento leale dei Capuani dopo la scon fitta romana (di cui Dione, frg. 33, 14, for nisce una significativa conferma) a indurre Roma a concedere a Capua, a titolo di ono re, la civitas sine suffragio. In questo con
testo, il ricordo di un intervento a favore dei Romani di un illustre esponente della nobilta capuana perde la sua apparenza leg
gendaria e diventa pienamente comprensi bile.
L'altro saggio del Briquel riguarda una
pittura della tomba 114 Andriuolo di Pae stum, rappresentante una scena di battaglia i cui vincitori sono assistiti dall'intervento di un dio, sicuramente identificabile con Marte. II Briquel tenta qui un'identifica zione della battaglia con quella presso il co siddetto saltus avius descritta da Livio (IX 31, sotto il 311 vulg.) come una vittoria di Roma, ma piu probabilmente conclusasi con un insuccesso romano, come sembrerebbe
ricavarsi dalla contrastante testimonianza di Dione (in Zon. VIII 1). L'identificazione re sta ipotetica, come lo stesso Briquel cor rettamente riconosce: vale pero la pena di osservare che il saggio in questione ha il
merito di mettere in evidenza, in questo ca so, il carattere fortemente contraddittorio della tradizione sulle guerre sannitiche.
II saggio conclusivo del Cazanove, dedi cate agli itinerari dell'espansione romana verso Sannio, Lucania, Daunia ed Etruria, e assai stimolante sia sul piano generale, poiche la ricostruzione delle tappe delle va rie campagne militari di questo periodo e un tema estremamente complesso, sia in
certi aspetti particolari (come il tentativo di rivalutare l'identificazione tra i Camertes di Liv. IX 36, 7 e gli abitanti di Camerino). II testo e corredato di undici tavole dove so no riprodotti gli itinerari presi in esame, consentendo al lettore un'immediata com
prensione. Lascia un poco perplessi il fatto che in piu occasioni l'A. accolga la testi monianza di Livio anche la dove e palese mente dubbia (ad esempio, quando ammet te la ripresa immediata delle operazioni do po Caudio, giustamente rifiutata anche da studiosi che non ammettono la cronologia 'corretta'). Non sfugge all'A. che le testi
monianze di Diodoro e di Dione sono spes so divergenti da Livio, ma il rilievo e ge neralmente posto in modo molto cursorio (cfr. p. 165, n. 98).
In conclusione, se il rifiuto di affrontare in modo organico il problema della crono
logia costituisce un limite di questo volu me, resta il fatto che esso presenta, come
si e visto, molti spunti di interesse su temi destinati a rimanere oggetto di dibattito e costituisce un importante contribute da cui i futuri studi sul nono libro liviano non po tranno in ogni caso prescindere.
Gianpaolo Urso
Marco Bais, Albania caucasica. Ethnos,
storia, territorio attraverso le fonti gre che, latine e armene, Milano, Mimesis, 2001 (Sigmory, Collana di studi orienta li). Un vol. di pp. 224.
Questo volume ha l'indubbio pregio di af frontare da molteplici punti di vista uno dei problemi etnici piu oscuri dell'area vicino e medio-orientale, vale a dire la definizio ne etnica, storica e geografica del popolo albano, le cui origini risalgono almeno al l'epoca di Alessandro Magno, dato che la prima menzione storicamente nota riguarda
9 Urso, La tradizione, 355-363.
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la battaglia di Gaugamela. Arriano Anab. Ill 8, 41 ricorda, infatti, che nel contingente Persiano gli Albani erano schierati accanto ai Cadusi, ai Sacesini e ai Medi.
La maggior parte delle notizie e pero di eta romana e comunque non precedente al
le guerre mitridatiche del I sec. a.C: gli Al bani sono ricordati come alleati degli Iberi del Caucaso contro Pompeo2, al quale, tut tavia, alia fine si sottomettono, come testi
monia anche l'elenco ? riportato da Plinio Nat. hist. VII 98 e da Plutarco Pom. 45, 1 ? dei popoli sui quali Pompeo celebro il trionfo nel 62 a.C. Piu ricchi di informa zioni sono ovviamente gli scritti geografici di Strabone, di Pomponio Mela, di Plinio il Vecchio e di Tolomeo, anche se spesso le notizie fornite non sono fino in fondo coin cident! e comunque mancano del tutto di
precisione e di esaustivita. A parte la col locazione geografica, anch'essa pure indi cata per sommi capi, sul popolo albano manca, infatti, una tradizione etnografica ben definita. Gli Albani restano, insomma, per il mondo classico un ethnos dalle ca ratteristiche sfuggenti e facilmente confon dibili con quelle di altri popoli caucasici egualmente ignoti, quali gli Iberi e i Lupeni.
Alia luce di questa sostanziale ignoranza delle fonti classiche, l'A. ha svolto un'ac
curata ricerca anche fra gli autori di lingua e cultura armena, isolando cosi un differente gruppo di notizie che non risalgono alle fon ti classiche, pure note agli Armeni, ma nan no una sicura origine locale. Da esse risul
ta che gli Albani erano un popolo di fron tiera, una sorta di barriera fra i grandi sta ti nazionali e sovranazionali da un lato, e le tribu barbare e nomadi delle regioni set tentrionali del Caucaso dall'altro. L'impor tanza strategica della loro collocazione fe ce degli Albani gli interlocutori privilegia ti dei Romani e dei Persiani, che sperava no attraverso di loro di poter gestire, o al meno neutralizzare, la bellicosita delle tribu settentrionali.
Partecipi in qualche misura del nomadi smo di tali tribu, gli Albani si trovarono
1 MfiScov 8' fvyeiTO 'AxporcaTric/ ^dvet&ttov
to 8e MtjSok; KaSotiaioi xe Kori 'AAftocvoi Kori Zaiceoivai. Vedi anche Arr. Anab. m 11,4; 13, 1.
2 Plut. Pom. 34, App. Mith. 103 e Dio Cass.
XXXVII 5.
spesso investiti del compito di imbrigliare nella loro compagine nazionale queste te mibili confederazioni tribali, rivestendo co si una parte di primo piano neir opera di statalizzazione del Caucaso da parte dei
grandi imperi. II prezzo da pagare fu, oltre a una perenne mobilitazione bellica, la per dita delle loro peculiarity etniche che an darono diluendosi in modo direttamente
proporzionale con Tampliamento del loro territorio. Le tribu, che a fatica venivano in tegrate nella regione albana, contribuivano sicuramente a espanderne i confini, ma fu rono con ogni probability la principale cau sa della sparizione de\V ethnos albano che perse la sua identita culturale e non seppe resistere alia successiva spinta ideologico culturale araba. La funzione di stato-cusci
netto sorti dunque un effetto opposto a quel lo verificatosi con gli Armeni che costitui rono la loro identita nazionale in opposi zione agli altri staterelli caucasici e seppe ro trovare nel Cristianesimo una forza di coesione sufficiente a resistere, a livello cul turale, airimpatto dirompente dell'invasio ne araba.
Sebbene questa ricerca abbia messo in lu ce la funzione politica svolta dall'ethnos al bano, non pud sfuggire il fatto che le fon ti classiche e armene tendono comunque a
parlare degli Albani non come oggetto di un'indagine etnografica, bensi in rapporto alle altre etnie, siano esse i grandi imperi o le rimanenti popolazioni caucasiche. Piu che delineare, dunque, le caratteristiche del rethnos, gli antichi preferivano coglierne 1'importanza nella politica estera locale. Questo atteggiamento frustra pero ogni ten tativo di comprendere 1'identita etnica de gli Albani e costringe il moderno studioso ad avanzare delle ipotesi sulla scorta delle genti caucasiche piu note. Sara solo con la conversione al Cristianesimo degli Albani che le fonti, in particolar modo quelle ar mene, dedicheranno uno spazio maggiore alia cultura albana, vuoi perche di fatto for temente influenzata da quella armena, vuoi
perche in quanto cristiana veniva avvertita
dagli autori armeni come affine. Significa tive sono in tal senso la presenza di un'or ganizzazione ecclesiale albana con un suo
catholikos e la traduzione dei testi sacri nel la lingua locale, di cui restano non cospi cue tracce in sede epigrafica (pp. 104-10). La menzione nelle fonti armene di lettere di
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contenuto religioso redatte in lingua albana non e comunque sufficiente per asserire che si fosse sviluppata, a prescindere dalle tra duzioni, una letteratura in tale lingua.
Tenendo conto dei gravi limiti imposti dalle fonti, l'A. riesce a ricostruire un pa norama abbastanza dettagliato dei rapporti interstatali e della geografia albana, cer cando, ove possibile, di far emergere gli de menti peculiari di questo popolo. La meto
dologia impiegata dall'A. e senza dubbio la
migliore, in quanto permette il confronto fra
gli autori classici e quelli armeni, consen tendo di mettere in evidenza i diversi pun ti di vista e di avvalorare le informazioni accreditate contemporaneamente dalle fon
ti occidentali e da quelle orientali; mentre l'unico difetto che si pud lamentare si ri duce alle peraltro non gravi lacune biblio
grafiche riscontrabili esclusivamente nel l'ambito degli studi di storia romana e im
putabili forse alia formazione in prevalen za orientalistica dell'A.
Premettendo quindi che il Bais ha svolto un lavoro eccellente, anche in rapporto al le non agevoli condizioni del materiale a
disposizione, vengo ora a due questioni che
preferisco esaminare in dettaglio in quanto piu legate agli studi di mia competenza. Pli nio Nat. hist. VIII 149-1503 afferma che il re degli Albani dono ad Alessandro Magno due cani di dimensioni e forza straordina rie. Confrontando questa notizia con quel la analoga, tramandata da Strabone XV 1, 31, da Diodoro XVII 92 e da Curzio IX 1,
3 ?Indiam petenti Alexandro Magno rex Alba
niae dono dederat inusitatae magnitudinis unum
(sc. canem), cuius specie delectatus iussit ursos, mox apros et deinde dammas emitti, contemptim inmobili iacente eo, qua segnitia tanti corporis offensus imperator generosi spiritus interemi eum
iussit. Nuntiavit hoc fama regi. Itaque alterum
mittens addidit mandata, ne in parvis experiri vellet, sed in leone elephantove: duos sibi fuis
se, hoc interempto praeterea nullum fore. Nec dis
tulit Alexander leonemque fractum protinus vi dit. Postea elephantum iussit induci, haut alio
magis spectaculo laetatus. Horrentibus quippe villis per totum corpus ingenti primum latratu in
tonuit, mox ingruit adsultans contraque membra
exurgens hinc et illinc artifici dimicatione, qua maxime opus esset, infestans atque evitans, do nee adsidua rotatum vertigine adflixit, a4 casum
eius tellure concussa?.
31-33 (che attingono tutti e tre alia stessa fonte, cioe alia cosiddetta Vulgata, identifi cabile qui forse con Clitarco) ma riferita al re indiano Sofite, l'A. ritiene il racconto di Plinio di natura topica, in quanto modella to su quello avente come protagonista il re indiano (p. 69). La dimostrazione sta nel fatto che Alessandro non giunse mai in Al bania, mentre, come b noto, soggiorno per un certo periodo di tempo in India. Benche questo dato sia assolutamente incontrover tibile, bisogna tenere conto di due elementi: l'Albania, come riconosce l'A. stesso, era
con ogni probability parte integrante del
l'impero di Alessandro, in quanto inclusa nella satrapia della Media Atropatene e d'al tronde l'espressione di Plinio nuntiavit hoc
fama regi (sc. Albanorum) da a intendere che i contatti fra il re degli Albani e Ales sandro non fossero affatto diretti; non ci so no, d'altra parte, allusioni nel passo pliniano a un possibile soggiorno di Alessandro in Albania. Se a queste considerazioni si ag giunge che presso gli Indiani il cane era considerato un animale impuro e che d'al tra parte molti sono i racconti topici sui ca ni o sugli uomini dalla testa di cane am bientati in India dalle fonti classiche, viene il sospetto che la notizia di Plinio sia cor retta e che sia semmai la variante indiana ad avere valore topico e ad essere stata ri
modellata su quella di ambientazione alba na. Vista la scarsa 'fortuna' degli Albani nel le fonti classiche, mi sembra piu facile che un re albano sia stato confuso con uno in
diano che non il contrario. L'altra questione riguarda invece Plinio
VI 51-524 secondo cui, sulla base di Var rone, Pompeo era a caccia di informazioni a proposito della rotta caspica per 1'India. L'A., pur citando le differenti opinioni dei moderni, non prende posizione sull'argo mento (pp. 76-77), mentre potrebbe essere
4 ?Haustum ipsius maris dulcem esse et
Alexander Magnus prodidit et M. Varro talem
perlatum Pompeio iuxta res gerenti Mithridatico
bello, magnitudine haut dubie influentium am
nium victo sale. Adicit idem Pompei ductu ex
ploratum, in Bactros septem diebus ex India per veniri ad Bactrum flumen quod in Oxum influat, et ex eo per Caspium in Cyrum subvectos, et V non amplius dierum terreno itinere ad Phasim in Pontum Indicas posse devehi merces?.
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interessante comparare la possibility di una via commerciale caspica per 1' India in rap porto con la rotta commerciale da tempo operativa e basata sull'attraversamento del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano. I com merci con T India avevano come punto di partenza il porto di Alessandria, centro di
prima importanza sin dai tempi dei Tolomei per i contatti con i paesi orientali, e prose guivano lungo il Nilo fino a Coptos. Da li per mezzo di vie carovaniere si giungeva fino ai porti di Berenice (odierna Ras Ba nas), fondazione di Tolomeo Filadelfo, e
Myos Hormos (forse l'attuale Safaga)5 sul la costa egiziana del Mar Rosso per prose guire fino alle coste del Malabar6. Li ap prodavano a Becare (forse 1'odierna Poka rad)7 e al piu noto porto di Muziri (odier na Cranganore)8. Per comprendere la por tata degli scambi commerciali fra Roma e 1'India, sono interessanti alcune testimo nianze di Strabone. Egli afferma in II 5, 12 che nel 26 a.C. ben centoventi erano state le navi che da Myos Hormos erano salpate per F India, mentre solo poche osavano na
vigare fino a quella regione ai tempi dei To lomei9. Anche in XVII 1, 13 Strabone so
stiene che, mentre un tempo neppure venti navi osavano attraversare il Golfo Arabico (odierno Mar Rosso), con la conquista ro
mana grandi flotte (gt6A,oi peyd^oi) navi gavano fra l'lndia e l'estremita dell'Etio pia10. Per rendere piu sicura la navigazione e per esercitare un diretto controllo sul com mercio fra il Mediterraneo e l'Oceano In diano furono, inoltre, promosse la spedi zione di Elio Gallo in Arabia (25-24 a.C.) e le spedizioni di C. Petronio contro gli Etiopi (24 e 22 a.C.)u. Per tornare alia rot ta caspica, con ogni probability ha ragione il Tarn12 a escluderne l'esistenza, e tuttavia non e impensabile che i Romani ai tempi di Pompeo fossero interessati ad aprire una via commerciale col subcontinente indiano, dato che solo quarant'anni piu tardi assun sero il controllo delle rotte per l'lndia e ne incrementarono notevolmente la portata commerciale. Solo che, non potendo anco
ra disporre pienamente delle vie che passa vano per l'Egitto e poi per l'Oceano, Pom peo era alia ricerca di una strada carova
niera che passasse per il Caucaso.
Cristiano Dognini
Anna Carfora, Morte e presente nelle Me
ditazioni di Marco Aurelio e negli Atti dei martiri contemporanei, Napoli, La Citta del Sole, 2001 (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. II Pensiero e la Sto ria, 86). Un vol. di pp. 126.
II breve ma denso studio della Carfora si apre con una Prefazione di Giorgio Jossa (pp. 7-9) e con una nutrita Introduzione del
5 L. Bongrani Fanfoni, Myos Hormos nel
?Periplus Maris Erythraei?, ?Aegyptus?, 77
(1997), 53-59. 6 Utilissima la testimonianza del Periplus Ma
ris Erythraei e di Plin. Nat hist VI 104-05. Cfr. B.A. Saletore, India's Diplomatic Relations with the West, Bombay 1958, 215-26; R.C.
Majumdar, The Classical Accounts of India, Calcutta 1960, 474-83; C. Dognini, // De situ Indiae di Seneca e i commerci fra Roma e I'In dia all'epoca di Claudio e Nerone, ?Invigilata Lucernis?, 22 (2000), 47-59.
7 fi. Lamotte, Les premieres relations entre
I'lnde et I'Occident, ?La Nouvelle Clio?, 5
(1953), 83-118. 8 F. De Romanis, Roma e i notia dell'India.
Ricerche sui rapporti tra Roma e 1'India dravi dica dal 30 a.C. all'eta flavia, ?Helikon?, 22-27
(1982-1987), 143-210. Vedi anche C. Dognini, La ?via del corallo? e Vinfluenza <ie//'Eneide di
Virgilio sulla Tabula Iliaca del Gandhara, ?Ae
vum?, 75 (2001), 101-09. 9 Strab. II 5, 12: icxopofyiEv oti kcci ekcctov
Kori ei'Koai vfjec, 7i^eoiev ek Mv6<; opjaoa) rcpo<; TTTV 'Iv8lKf|V, TtpOTEpOV E7U TCDV IlTO?l?|XaiK?V paai^Ecov oAAycov Tcavxaxuaai GappovvTcov TC^EIV KCCi TOV 'Iv8lKOV ?(X7t0p?\)?O9ai (pOpTOV.
10 Strab. XVII 1, 13: rcpoxepov pev ye o\)8'
ei'Koai nXoia eGdppei xdv 'Apdfhov koXkov
SiccTtepav, ?axe e?? x?v axev?v wtepKvn xeiv, v$v Se Kai oxoXoi peyodoi oxeAAovxai
pEXpi Tfjc; 'Iv8iKf|(; k<xi x?v aKpcov x?v AiBio
tuk?v, e? ?v 6 rcoA/oxipoxaxoc, Kopi^exca (pop xoc, eic, xfjv Ai'yoTtxov, Kavxe\>0ev naXiv eiq xovq aXXovc, eKTieprcexai xonovq. 11
S. Jameson, Chronology of the Campaigns of Aelius Gallus and C. Petronius, ?Journal of Roman Studies?, 58 (1968), 71-84.
12 W.W. Tarn, The Greeks in Bactria and In
dia, New Delhi 1980, 112-13, 488-90.
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