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EDITORIALE EDIZIONI SCIVAC - Anno 3, n. 4, ottobre 2006 - Suppl. alla rivista La Professione Veterinaria, anno 3, n. 32 settimana dal 18 al 24 settembre 2006 - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano AIVEMP I ricercatori li chiamano “Distruttori endocrini”, per gli effetti negativi che possono avere sull’equilibrio ormonale interno, com- promettendo la fertilità e causando malformazioni e malattie. So- no le migliaia di sostanze chimiche impiegate in numerosi proces- si produttivi che possono residuare in sostanze e materiali di im- piego quotidiano, diffondersi nell’ambiente ed in molti casi, attra- verso le filiere produttive, contaminare gli alimenti. A segnalare ripetutamente il pericolo sono intervenute numerose agenzie internazionali. Un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e Programma per l’ambiente delle Nazioni Uni- te (Unep), con la consulenza di un gruppo di esperti della Società Britannica di Endocrinologia ha rilevato che i maggiori problemi di salute in Occidente sono associati a problemi ormonali ed è perciò comprensibile la preoccupazione circa l’esposizione dell’uomo ad al- cune sostanze presenti nell’ambiente capaci di influire sull’equili- brio ormonale. In questo contesto, visti i crescenti timori circa l’ef- ficacia dell’attuale politica comunitaria in materia di sostanze chi- miche nel garantire una tutela sufficiente dell’uomo e dell’ambiente (in dieci anni di attività una valutazione completa di pericolosità effettuata in conformità al Regolamento 793/93/CEE è disponibile per circa 20 sostanze a fronte delle circa 8000 sostanze classificate come pericolose), la Commissione Europea si è mossa con l’inten- zione di elaborare una sostanziale riforma di tale politica, avendo come obiettivi-chiave da un lato l’ulteriore aumento del livello di tutela della salute umana e dell’ambiente e, dall’altro, l’armonizza- zione e la semplificazione delle normative vigenti. È nato quindi il sistema Registration, Evaluation, Authorisation of Chemical – REACH. Il nuovo regime sottoporrà le sostanze esistenti e le sostanze nuo- ve ad un unico sistema armonizzato: scomparirà l’attuale distin- zione fra “sostanze nuove” (immesse in commercio dopo il 1981: circa 3000 agenti chimici) e “sostanze esistenti” (commercializza- te prima del 1981: oltre 100.000 agenti chimici). L’attuale proce- dura di notifica per le sostanze nuove sarà sostituita da un siste- ma basato su 3 procedure principali: Registrazione Valutazione Autorizzazione. Registrazione Produrre o importare una determinata sostanza in Europa in quantità superiore ad una tonnellata all’anno richiederà una regi- strazione presso l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche, me- diante la redazione di un dossier tecnico che includa i differenti scenari di esposizione a seconda degli usi a cui è destinato e le mi- sure appropriate per la gestione del rischio associato alla sostan- za,. Si stima che dal momento dell’entrata in vigore del sistema REACH, il processo di registrazione riguarderà circa 30.000 so- stanze, con una previsione di completamento entro 11 anni. Valutazione Le proposte di test contenute nelle registrazioni dovranno essere va- lutate da una nuova Agenzia Europea sulle sostanze chimiche e da- gli Stati Membri in maniera sistematica. Autorizzazione L’aspetto più innovativo del REACH è l’Autorizzazione per l’impie- go di sostanze che presentano un’elevata pericolosità: cancerogene mutagene, tossiche per la riproduzione; persistenti, sostanze tossiche e soggette a bioaccumulo o sostan- ze molto persistenti e soggette a bioaccumulo; sostanze in grado di causare seri ed irreversibili effetti sull’uo- mo o sull’ambiente, in modo similare a quelle menzionate so- pra, valutate caso per caso, come ad esempio gli “Endocrine disrupters chemicals”. Detta autorizzazione è rilasciata alla condizione che i rischi che esse comportano siano tenuti sotto adeguato controllo o che i be- nefici sociali ed economici che esse consentono siano considerati prevalenti rispetto a tali rischi, oppure che non esistano idonee so- stanze o tecnologie alternative. Attualmente il “REACH” è al vaglio del Parlamento Europeo e del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, con la previsione di li- cenziarlo nel 2006 per una possibile entrata in vigore nel 2008. Le associazioni ambientaliste hanno avanzato dei dubbi in relazio- ne alla carenza di misure adeguate nei confronti dei composti pe- ricolosi soggetti ad autorizzazione. Per questi infatti non vi è l’ob- bligo di sostituzione ma è sufficiente che si dimostri l’applicazione di misure adeguate per la gestione del rischio. Oggetto di dibattito sono anche i numerosi test da effettuare che finirebbero comunque con l’incrementare l’impiego degli animali da esperimento. Anche l’industria, chiamata ad assumersi responsabilità ed oneri economici, ritiene il sistema REACH un farraginoso ostacolo bu- rocratico in grado di diminuire la competitività con altri Paesi come Giappone o Usa non soggetti a tali obblighi e sta puntando a ridurre il numero di sostanze da inserire nelle procedure di re- gistrazione e autorizzazione. La complessità della problematica, rispetto ad altre più semplici ed immediate quali gli OGM o l’influenza aviaria, è probabil- mente alla base dello scarso interesse dimostrato dai media (ma anche da numerose categorie di esperti tra cui i medici veterina- ri) e di conseguenza dall’opinione pubblica con la diffusione di una percezione errata che riduce le possibilità di “pressione de- mocratica” sulle misure da adottare rispetto ad un rischio con- siderato dalla comunità scientifica tra quelli prioritari per la sa- lute dei cittadini. Bartolomeo Griglio Direttore Editoriale newsletter Periodico d’informazione della Associazione Italiana Veterinaria di Medicina Pubblica Anno 3, numero 4 - trimestrale - ottobre 2006 1 AIVEMP newsletter - n. 4 - ottobre 2006 IL RISCHIO CHIMICO: UN PROBLEMA MISCONOSCIUTO La scienza umana al servizio della diagnostica veterinaria Specializzata nel settore veterinario, SEAC progetta e realizza strumenti diagnostici dal 1974: contaglobuli automatici, analizza- tori per Chimica Clinica, preparatori e lettori per micropiastre, co- agulometri, emogas-analizzatori, fotometri a fiamma e un Listino completo di soluzioni, consumabili e reagenti per soddisfare le ne- cessità del medico veterinario in laboratorio. La qualificata assistenza tecnica e il costante supporto scientifico, caratterizzano il servizio post vendita SEAC, sempre attento alla più completa soddisfazione del cliente. Per il vostro Laboratorio scegliete SEAC: competenza ed esperienza al vostro servizio! L’uomo è un animale costruttore di attrezzi” B. Franklin Azienda certificata dal Sistema Qualità UNI-EN-ISO 9001 tel. 055 8877469 fax 055 8877771 e-mail [email protected] website www.seacfi.com

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    I ricercatori li chiamano “Distruttori endocrini”, per gli effettinegativi che possono avere sull’equilibrio ormonale interno, com-promettendo la fertilità e causando malformazioni e malattie. So-no le migliaia di sostanze chimiche impiegate in numerosi proces-si produttivi che possono residuare in sostanze e materiali di im-piego quotidiano, diffondersi nell’ambiente ed in molti casi, attra-verso le filiere produttive, contaminare gli alimenti.A segnalare ripetutamente il pericolo sono intervenute numeroseagenzie internazionali. Un rapporto dell’Organizzazione mondialedella sanità (Oms) e Programma per l’ambiente delle Nazioni Uni-te (Unep), con la consulenza di un gruppo di esperti della SocietàBritannica di Endocrinologia ha rilevato che i maggiori problemi disalute in Occidente sono associati a problemi ormonali ed è perciòcomprensibile la preoccupazione circa l’esposizione dell’uomo ad al-cune sostanze presenti nell’ambiente capaci di influire sull’equili-brio ormonale. In questo contesto, visti i crescenti timori circa l’ef-ficacia dell’attuale politica comunitaria in materia di sostanze chi-miche nel garantire una tutela sufficiente dell’uomo e dell’ambiente(in dieci anni di attività una valutazione completa di pericolositàeffettuata in conformità al Regolamento 793/93/CEE è disponibileper circa 20 sostanze a fronte delle circa 8000 sostanze classificatecome pericolose), la Commissione Europea si è mossa con l’inten-zione di elaborare una sostanziale riforma di tale politica, avendocome obiettivi-chiave da un lato l’ulteriore aumento del livello ditutela della salute umana e dell’ambiente e, dall’altro, l’armonizza-zione e la semplificazione delle normative vigenti.È nato quindi il sistema Registration, Evaluation, Authorisationof Chemical – REACH. Il nuovo regime sottoporrà le sostanze esistenti e le sostanze nuo-ve ad un unico sistema armonizzato: scomparirà l’attuale distin-zione fra “sostanze nuove” (immesse in commercio dopo il 1981:circa 3000 agenti chimici) e “sostanze esistenti” (commercializza-te prima del 1981: oltre 100.000 agenti chimici). L’attuale proce-dura di notifica per le sostanze nuove sarà sostituita da un siste-ma basato su 3 procedure principali:• Registrazione • Valutazione • Autorizzazione.RegistrazioneProdurre o importare una determinata sostanza in Europa inquantità superiore ad una tonnellata all’anno richiederà una regi-strazione presso l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche, me-diante la redazione di un dossier tecnico che includa i differentiscenari di esposizione a seconda degli usi a cui è destinato e le mi-sure appropriate per la gestione del rischio associato alla sostan-za,. Si stima che dal momento dell’entrata in vigore del sistemaREACH, il processo di registrazione riguarderà circa 30.000 so-stanze, con una previsione di completamento entro 11 anni.

    ValutazioneLe proposte di test contenute nelle registrazioni dovranno essere va-lutate da una nuova Agenzia Europea sulle sostanze chimiche e da-gli Stati Membri in maniera sistematica.

    AutorizzazioneL’aspetto più innovativo del REACH è l’Autorizzazione per l’impie-go di sostanze che presentano un’elevata pericolosità:

    • cancerogene mutagene, tossiche per la riproduzione; • persistenti, sostanze tossiche e soggette a bioaccumulo o sostan-

    ze molto persistenti e soggette a bioaccumulo; • sostanze in grado di causare seri ed irreversibili effetti sull’uo-

    mo o sull’ambiente, in modo similare a quelle menzionate so-pra, valutate caso per caso, come ad esempio gli “Endocrinedisrupters chemicals”.

    Detta autorizzazione è rilasciata alla condizione che i rischi cheesse comportano siano tenuti sotto adeguato controllo o che i be-nefici sociali ed economici che esse consentono siano consideratiprevalenti rispetto a tali rischi, oppure che non esistano idonee so-stanze o tecnologie alternative.Attualmente il “REACH” è al vaglio del Parlamento Europeo e delConsiglio dei Ministri dell’Unione Europea, con la previsione di li-cenziarlo nel 2006 per una possibile entrata in vigore nel 2008.Le associazioni ambientaliste hanno avanzato dei dubbi in relazio-ne alla carenza di misure adeguate nei confronti dei composti pe-ricolosi soggetti ad autorizzazione. Per questi infatti non vi è l’ob-bligo di sostituzione ma è sufficiente che si dimostri l’applicazionedi misure adeguate per la gestione del rischio.Oggetto di dibattito sono anche i numerosi test da effettuare chefinirebbero comunque con l’incrementare l’impiego degli animalida esperimento.Anche l’industria, chiamata ad assumersi responsabilità ed onerieconomici, ritiene il sistema REACH un farraginoso ostacolo bu-rocratico in grado di diminuire la competitività con altri Paesicome Giappone o Usa non soggetti a tali obblighi e sta puntandoa ridurre il numero di sostanze da inserire nelle procedure di re-gistrazione e autorizzazione.La complessità della problematica, rispetto ad altre più semplicied immediate quali gli OGM o l’influenza aviaria, è probabil-mente alla base dello scarso interesse dimostrato dai media (maanche da numerose categorie di esperti tra cui i medici veterina-ri) e di conseguenza dall’opinione pubblica con la diffusione diuna percezione errata che riduce le possibilità di “pressione de-mocratica” sulle misure da adottare rispetto ad un rischio con-siderato dalla comunità scientifica tra quelli prioritari per la sa-lute dei cittadini.

    Bartolomeo Griglio Direttore Editoriale

    n ew s l e t t e rPeriodico d’informazione della Associazione Italiana Veterinaria di Medicina Pubblica

    Anno 3, numero 4 - trimestrale - ottobre 2006

    1 AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006

    IL RISCHIO CHIMICO: UN PROBLEMA MISCONOSCIUTO

    La scienza umana al servizio della diagnostica veterinaria Specializzata nel settore veterinario, SEAC progetta e realizzastrumenti diagnostici dal 1974: contaglobuli automatici, analizza-tori per Chimica Clinica, preparatori e lettori per micropiastre, co-agulometri, emogas-analizzatori, fotometri a fiamma e un Listinocompleto di soluzioni, consumabili e reagenti per soddisfare le ne-cessità del medico veterinario in laboratorio. La qualificata assistenza tecnica e il costante supporto scientifico,caratterizzano il servizio post vendita SEAC, sempre attento allapiù completa soddisfazione del cliente.

    Per il vostro Laboratorio scegliete SEAC:competenza ed esperienza al vostro servizio!“L’uomo è un animale costruttore di attrezzi” B. Franklin

    Azienda certificata dal Sistema Qualità UNI-EN-ISO 9001tel. 055 8877469 fax 055 8877771

    e-mail [email protected] website www.seacfi.com

  • AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006 2

    Si avverte sempre più pressante da parte dei consumatorila richiesta che gli animali destinati al consumo alimenta-re siano trattati bene. In risposta a quest’esigenza, ha pre-so avvio con una direttiva del 1974 la normativa UE sulbenessere degli animali che è poi andata costantementeampliandosi negli ultimi anni. In seguito ai numerosi ap-pelli effettuati dalla Lega Antivivisezione (LAV) al Gover-no Italiano relativi al problema del benessere animale du-rante il trasporto ed ai risultati di una ispezione del FoodVeterinary Office (FVO) dell’Unione Europea, che ha rile-vato, nel settore, una non omogenea registrazione deicontrolli sul territorio nazionale, il Ministero della Saluteha inviato ai Servizi di Sanità Pubblica Veterinaria duecircolari che, richiamando indirizzi già precedentementeforniti ed i nuovi Regolamenti, forniscono indicazioni inmerito alla gestione degli animali che devono essere ma-cellati a seguito di incidenti o affetti da gravi turbe meta-bolico-funzionali tali da non compromettere la commesti-bilità delle carni. Presso la ASL 8 di Chieri fin dal 2002,era già stato predisposto un protocollo di intervento al fi-ne di garantire il rispetto della normativa ed un compor-tamento omogeneo in particolare per gli interventi in re-peribilità. Tale protocollo è stato modificato nei primi me-si del 2006 in ottemperanza ai nuovi regolamenti.

    Campo di applicazione

    Circolari Min Sal 01.08.06 e 29.08.06 e in particolare ilReg 853/04: Capitolo VI - Macellazione d’urgenza aldi fuori del macello. Gli operatori del settore alimen-tare devono garantire che le carni di ungulati domesti-ci, che sono stati sottoposti a macellazione d’urgenzaal di fuori del macello,siano destinate al consumoumano solo se soddisfano i seguenti requisiti:1. Provengano da un animale, per il resto sano, che ha

    subito un incidente o sia affetto da turbe metaboli-co-funzionali tali da impedirne il trasporto al macel-lo per considerazioni relative al suo benessere.

    2. Un veterinario abbia eseguito l’ispezione ante mor-tem dell’animale.

    3. L’animale, stordito e dissanguato in condizioni igie-niche soddisfacenti, sia stato trasportato al macellopiù vicino senza indebito ritardo. Il sangue, raccoltoin apposito contenitore, dovrà accompagnare l’ani-male al macello. È inopportuna l’eviscerazione inazienda: solo nel caso in cui il veterinario lo ritenganecessario, può essere effettuata l’asportazione dellostomaco e degli intestini, sotto la sua supervisione.In tal caso, nell’accompagnare la carcassa al macello,stomaco ed intestini devono essere adeguatamenteidentificati come appartenenti alla carcassa stessa.Nessun’altra toelettatura può essere effettuata al difuori del macello.

    4. Qualora siano trascorse più di due ore tra l’opera-zione di macellazione e l’arrivo al macello l’animalesia stato trasportato con un mezzo dotato di refrige-razione attiva. Se le condizioni climatiche lo consen-tono, la refrigerazione attiva non è necessaria.

    5. L’animale sia accompagnato al macello dal passa-porto e dal modello 4 debitamente compilato dal-l’allevatore comprensivo della dichiarazione relativaai tempi di sospensione degli eventuali trattamentifarmacologici somministrati all’animale corredatadalla dichiarazione del veterinario che ha effettuatoi trattamenti.

    6. L’animale sia accompagnato da una dichiarazionedel veterinario, attestante il risultato favorevole del-l’ispezione ante mortem, la data, l’ora e la motiva-zione della macellazione d’urgenza.

    7. Siano state sottoposte con esito favorevole ad ispezio-ne post mortem effettuata nel macello conformementeal regolamento (CE) n. 854/2004 compreso qualsiasialtro test aggiuntivo ritenuto necessario.

    Il trasporto ed il benessere animale: nuove circolari del MinisteroRoberta Goi, Valentina Marotta, Giuseppe SattaninoIgiene degli alimenti di origine animale/CeIRSA-ASL 8 di Chieri

    Le circolari del Ministero della SaluteNel mese di agosto il Ministero della Salute ha diramatodue circolari. La prima, il primo agosto 2006 sul trasportoal macello di animali a fine carriera e la seconda, in data29 agosto 2006 riguardante la compilazione del registro dimacellazione e della scheda di rilevamento dati BSE concorretta indicazione della categoria di macellazione.

    TRASPORTO AL MACELLO DI ANIMALI A FINECARRIERA (Circolare 01/08/06) - … “Ai sensi dell’arti-colo 12 del decreto legislativo 333/1998 gli animali che nonsono in grado di sostenersi devono essere macellati d’ur-genza, in idonee strutture o abbattuti sul posto e, quindi talianimali sono considerati inidonei al trasporto secondo ilDecreto legislativo 532/92. Qualora arrivino al macello ani-mali che restano coricati nel camion e non sono in grado discendere autonomamente è necessario procedere all’abbat-timento sul mezzo di trasporto in modo da evitare di ricor-re a modalità inadeguate per lo scarico dell’animale vivo re-candogli inutili sofferenze”. Nel caso invece di animaligiunti al macello che non sono in grado di poter raggiunge-re autonomamente la trappola per lo stordimento occorre –si legge nella circolare – esaminare con attenzione le condi-zioni generali dell’animale al fine di stabilire la possibilitàdi ammetterli alla macellazione ed in tal caso giudicare l’i-doneità al consumo della carni.

    COMPILAZIONE DEL REGISTRO DI MACELLA-ZIONE E DELLA SCHEDA DI RILEVAMENTODATI BSE (Circolare 29/08/06) – Secondo il ministerodella Salute è una grave evenienza rilevare che nella macel-lazione di bovini si verificano carenze di controllo ufficialedovute alla mancata applicazione dei protocolli: stabiliti ediramati dallo scrivente Ministero. Al fine di favorire unacorretta applicazione dei Regolamenti CE 853/2004 ed854/2004 ed allo scopo di facilitare il compito dei veterinariufficiali nella procedura di classificazione dei bovini, il mi-nistero ha fornito ulteriori chiarimenti che integrano le indi-cazioni già fornite in merito alla classificazione secondo lecategorie previste dall’allegato III del Regolamento999/200, con modalità operativa da rispettare riguardo allemacellazioni “d’urgenza al di fuori del macello”, “d’urgen-za al macello”, “d’urgenza e separata al macello”.

    Le circolari del Ministero della Salute sono disponibili alsito dell’AIVEMP .

  • 8. Gli operatori del settore alimentare devono seguiretutte le eventuali istruzioni del veterinario ufficialedopo l’ispezione post mortem per quanto riguardal’uso delle carni.

    9. Gli operatori del settore alimentare non possonoimmettere nel mercato carni di animali che sianostati sottoposti a macellazione d’urgenza, a menoche esse rechino lo speciale marchio sanitario indi-viduato con D.M. 13 giugno 1994 riportante la dici-tura MSU. Dovrebbe rimanere al momento immu-tato anche l’ambito di commercializzazione dellecarni derivanti dalla MSU la cui vendita è consenti-ta solo sul territorio della ASL ove è stata effettuatala macellazione.

    Compiti e responsabilità del veterinario ufficiale

    A seguito di chiamata per macellazione d’urgenza daeffettuarsi al di fuori del macello oppure presso unmacello al di fuori dell’orario di macellazione, il vete-rinario ufficiale deve:- verificare l’effettiva sussistenza dei requisiti di ur-

    genza; nel caso in cui tali requisiti non siano presenti(ad esempio vacche a terra senza particolare sinto-matologia), è opportuno valutare l’eventualità diprocrastinare l’abbattimento ad una seduta di macel-lazione regolare (esistono macelli in attività mattuti-na tutti i giorni lavorativi dal lunedì al venerdì);

    - escludere la presenza di malattie trasmissibili all’uo-mo o agli animali, o di sintomi o un quadro clinicoche possa far sospettare l’insorgenza di tali malattie;dovrà altresì prestare attenzione a qualsiasi segnodal quale risulti che agli animali siano stati sommini-strati prodotti farmacologicamente attivi, o che essipossano aver consumato qualsiasi altra sostanza cherenda le carni nocive per la salute umana; in casonon sia possibile escludere tali fattispecie, l’animalenon dovrà essere inviato al macello bensì abbattutosul posto per l’invio alla distruzione o mantenuto invita (ad esempio in caso di sintomatologia nervosa inassenza di elementi diagnostici che consentano diescludere la BSE), compatibilmente con lo stato dibenessere, per successive osservazioni;

    - verificare la possibilità del trasporto al macelloevitando sofferenze eccessive all’animale; nel casoin cui non si ritenga possibile tale operazione o sianecessario un intervento tempestivo per evitare lamorte dell’animale, è necessario disporre la macel-lazione sul posto (ai sensi del Reg. CE 853/04)previo stordimento e immediato dissanguamento(D.L.vo 333/98 art. 9 comma 1 e 2); (indicare sulladichiarazione l’ora della macellazione). Nel casoin cui sia ritenuta necessaria e possibile la macel-lazione d’urgenza previo trasporto al macello, ilveterinario ufficiale deve, compilare l’attestazione

    di scorta, individuando lo stabilimento di macella-zione a cui inviare l’animale tra quelli disponibili,sulla base dei seguenti criteri espressi in ordine dipriorità:

    - vicinanza all’allevamento, ai fini di ridurre al mini-mo i tempi di trasporto e quindi la sofferenza dell’a-nimale e le alterazioni fisiologiche;

    - disponibilità del macello e valutazioni economichedell’allevatore.

    Conclusioni

    La gestione degli animali a terra a causa di patologiemetabolico-degenerative o interessati da traumi confratture di arti o del bacino risulta essere alquantocomplessa. Infatti se da un lato il carico e lo scaricodi questi animali (bovini ma anche suini) può com-portare il rischio di esporre gli stessi a ulteriori soffe-renze, dall’altro la macellazione in azienda con l’esi-genza di evitare la diffusione di materiale a rischio(bovini e BSE), richiede l’adozione di misure che nel-la maggior parte dei piccoli allevamenti risulta diffi-cile ottenere. Occorre inoltre considerare il lato economico che dalpunto di vista pratico, al momento di imporre unamacellazione in stalla, non può essere sottovalutato:in molti casi infatti sia per i bovini che per i suini lamacellazione in azienda, per i costi e per le condizionidi mercato, non può che portare alla distruzione dellecarcasse. Occorre quindi che il veterinario ufficiale oil veterinario aziendale utilizzino la propria profes-sionalità per decidere di volta in volta valutando lasituazione di stalla, le effettive condizioni dell’anima-le (malattie, trattamenti, ecc…) e le condizioni logisti-che nelle quali può avvenire il carico. È inoltre indi-spensabile che i colleghi che operano presso gli alle-vamenti, sia nel ruolo pubblico che privato, svolganoun’attività di vigilanza permanente sull’uso del far-maco veterinario e sulla gestione dell’allevamento alfine di sensibilizzare l’allevatore rispetto alla necessi-tà di inviare al macello, ove possibile, i soggetti a ri-schio prima dell’insorgere di stati di sofferenza. Almacello la possibilità di stordire l’animale sull’auto-mezzo riduce notevolmente i problemi di sofferenzadell’animale. In questo caso risulta indispensabile lapresenza del veterinario ufficiale per la verifica di unuso adeguato degli strumenti di stordimento da partedel personale dell’impresa qualificato.

    La bibliografia è disponibile presso gli Autori

    3 AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006

    IL TUO ARTICOLOSULL’AIVEMP NEWSLETTER

    I medici veterinari interessati alla pubblicazionedi articoli sull’AIVEMP Newsletter devono spedi-re i lavori all’indirizzo

    Informazioni:Lara Zava - Tel. 0372/403541 - Fax 0372/403540

    E-mail: [email protected]

    Attestati di macellazione

    Sono scaricabili on line al sito imodelli dell’attestazione di scorta per gli animalimacellati d’urgenza e d’emergenza.

  • AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006 4

    Introduzione

    A quasi 10 anni dall’applicazione generalizzata dell’au-tocontrollo in accordo al metodo HACCP, come dispo-sto dal Decreto Legislativo 155/97, appare utile offrirealcuni spunti di riflessione sulla reale efficacia di questostrumento di gestione della sicurezza alimentare nellepiccole attività, come possono essere quelle di sommini-strazione (trattorie, ristoranti…) o del dettaglio alimen-tare (macellerie, pasticcerie, supermercati…). Vi sono di-versi elementi e riscontri, infatti, che inducono a pensarecome l’applicazione “ortodossa” dell’HACCP in tali im-prese non sia di fatto sostenibile, in parte per la limita-tezza di risorse umane ed economiche disponibili, inparte per il tipo di attività che vengono condotte. Unconto, infatti, è questa tipologia di realtà aziendali, unaltro sono le imprese alimentari con un certo grado diorganizzazione ed una sufficiente dotazione di persona-le; basti pensare solo all’uso dei termini che, in alcunicasi, costituisce già da solo un ostacolo insormontabileper molti operatori. Già l’OMS nel 1999 aveva puntatola propria attenzione su questo argomento, consideran-do e analizzando le difficoltà applicative dell’HACCPnelle cosiddette “imprese piccole e meno sviluppate” (ininglese “SLDB – Small and Less Developed Businesses”) de-finite come imprese che a causa della loro dimensione, dellacarenza di competenze tecniche e di risorse economiche o perla natura del lavoro incontrano difficoltà nell’applicare l’-HACCP nella propria attività; il termine “imprese menosviluppate” riferendosi allo stato del sistema di gestionedella sicurezza alimentare e non alla numerosità delpersonale o al volume di produzione. È del 2004, invece,il Documento di Lavoro SANCO/3069/2004 che appro-fondisce l’argomento in seno all’Unione Europea riba-dendo la possibilità, e opportunità in taluni casi, di sta-bilire criteri per la semplificazione dell’applicazione del-l’HACCP nelle piccole imprese alimentari. Sulla scia diqueste indicazioni, sono partite alcune interessanti spe-rimentazioni che cercano di valutare se e come sia possi-bile garantire la sicurezza alimentare nelle realtà medio-piccole utilizzando strumenti che, pur basandosi sull’-HACCP, ne semplificano l’attuazione, centrando il siste-ma di autocontrollo soprattutto sulle corrette prassi diigiene. Significativa è l’esperienza del Regno Unito ovetutte le misure di prevenzione e controllo dei pericolialimentari sono state sintetizzate, grazie allo spiritopragmatico che contraddistingue gli anglosassoni, inquattro concetti che possono fungere anche da parolad’ordine: Cleaning (pulire), Chilling (raffreddare), Co-oking (cuocere), Cross-contamination (prevenire le conta-minazioni crociate). Il principio che sta dietro questa im-postazione è che quando una piccola realtà aziendalegestisce in maniera attenta ed efficace questi aspetti, lasicurezza degli alimenti lavorati e venduti o sommini-strati è di fatto garantita. A fine 2005 il Direttorato Gene-rale per la Salute e Protezione del Consumatore dell’U-nione Europea, ha emesso un documento (SAN-CO/1955/2005) che, pur non essendo stato adottato eformalmente approvato dalla Commissione Europea,vorrebbe fornire una guida per l’implementazione nelle

    aziende delle procedure basate sull’HACCP e per lasemplificazione applicativa dell’HACCP in talune im-prese alimentari. Questo documento si basa sulle analisie indicazioni già descritte nel lavoro precedente. Di se-guito si illustrano gli aspetti principali del documento.

    Il contesto legislativo

    Il regolamento 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimen-tari, all’articolo 5 stabilisce che gli operatori del settore ali-mentare devono predisporre, attuare e mantenere una o piùprocedure permanenti, basate sui principi HACCP. Già nel-l’elencazione dei principi, però, il legislatore introduce ilconcetto di flessibilità quando, con riferimento agli one-ri di documentazione, dice che documenti e registrazionidevono essere adeguati alla natura e alle dimensioni dell’im-presa alimentare e, più oltre, che le modalità dettagliate diattuazione possono prevedere la facoltà di utilizzare le proce-dure contenute nei manuali per l’applicazione dei principiHACCP. D’altronde, già nei considerando introduttividel Regolamento si affermava che i requisiti del sistemaHACCP dovrebbero essere abbastanza flessibili per poter esse-re applicati in qualsiasi situazione, anche nelle piccole impre-se. In particolare, è necessario riconoscere che in talune impre-se alimentari non è possibile identificare punti critici di con-trollo e che, in alcuni casi, le prassi in materia di igiene posso-no sostituire la sorveglianza dei punti critici di controllo.

    Il documento SANCO/1955/2005

    Scopo del documento (il cui titolo è “Guida all’applicazio-ne delle procedure basate sui principi HACCP e alla semplifi-cazione dell’attuazione dei principi HACCP in talune impresealimentari”) è fornire una linea-guida sulla flessibilità diapplicazione delle procedure basate sui principiHACCP, in particolare: - individuare le imprese alimentari dov’è opportuna

    una certa flessibilità; - spiegare il concetto di “procedura basata sui principi

    HACCP”; - collocare l’HACCP nel più ampio contesto dell’igiene

    alimentare e dei prerequisiti; - spiegare il ruolo dei “manuali di corretta prassi” e dei

    “manuali HACCP generici”, inclusa la necessità di dis-porre di un’opportuna documentazione;

    - individuare l’ampiezza della flessibilità applicabile aiprincipi HACCP.

    Il documento è diretto principalmente agli operatori delsettore alimentare e alle autorità competenti.

    Le imprese interessate

    I principi illustrati nel documento riguardano in primoluogo le piccole imprese, ma non sono applicabili soltan-to ad esse. Gli esempi forniti nelle varie sezioni del docu-mento risultano pertanto indicativi e non sono limitatialle imprese alimentari o ai settori alimentari citati.

    La semplificazione dell’haccp nelle piccole imprese alimentari

    Andrea Cereser - Medico Veterinario Igienista - IZS Venezia

  • La “procedura basata sui principi HACCP”

    Per “procedura basata sui principi HACCP” si intendeun sistema proattivo di gestione dei pericoli inteso a te-nere sotto controllo la contaminazione dei prodotti ali-mentari da parte di microrganismi, sostanze chimiche ocontaminanti fisici (ad esempio, schegge di vetro) inmodo da produrre gli alimenti in condizioni di sicurez-za. I sette principi HACCP costituiscono un modellopratico per individuare e tenere sotto controllo i pericolisignificativi in maniera continuativa. Ciò implica che, al-lorché tale obiettivo può essere conseguito mediantestrumenti equivalenti che sostituiscono in maniera piùsemplice ma altrettanto efficace i sette principi, si consi-dera che l’obbligo sancito dall’articolo 5, paragrafo 1,del regolamento (CE) n. 852/2004 è soddisfatto. Tale in-dicazione rispetta il principio di proporzionalità fattoproprio dall’Unione Europea che stabilisce che il conte-nuto e la forma dell’azione dell’Unione non vanno al di là diquanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dellaCostituzione (fonte: UE). Già il Codex Alimentarius fissa-va nel “Codice internazionale di prassi raccomandato –Principi generali di igiene alimentare” (CAC/RCP 1-1969, Rev. 4-2003) che gli operatori del settore alimentaredevono disporre di un sistema per individuare e controllare subase permanente i pericoli significativi e adeguare tale sistemaogni qualvolta necessario; ciò può essere ottenuto, ad esempio:- mediante la corretta applicazione dei prerequisiti e di corrette

    prassi igieniche,- applicando i principi del sistema HACCP (possibilmente in

    maniera semplificata),- utilizzando manuali di buone prassi o- attraverso una loro combinazione. L’HACCP, quindi, costituisce lo strumento elettivo perla progettazione e gestione dell’autocontrollo nelle im-prese alimentari, soprattutto con un sufficiente grado diorganizzazione ma, in taluni casi, può essere sufficientel’applicazione di misure che afferiscono alle regole dibuone prassi.

    HACCP e “prerequisiti”

    L’HACCP, quindi, non rappresenta l’unico strumento digaranzia della sicurezza alimentare che, invece, è il risul-tato dell’implementazione da parte delle imprese alimentari diprerequisiti (“prerequisite requirements” o “prescrizioni di ba-se”) e di procedure basate sui principi HACCP. Tali prerequisiticostituiscono la base su cui poggia un’efficace applicazione del-l’HACCP e dovrebbero essere messe in atto antecedentementealla realizzazione di una procedura basata sull’HACCP. I pre-requisiti (gestione delle infrastrutture, delle materie prime, deirifiuti, sanificazione…) sono intesi a tenere sotto controllo ipericoli in maniera generica e sono chiaramente prescrittidalla legislazione comunitaria (vedi allegati del regola-mento 852/04); essi possono essere integrati da manualidi corretta prassi redatti dai diversi settori alimentari.

    HACCP e semplificazione

    A questo punto il documento ipotizza tre diverse situa-zioni di tipologie di imprese alimentari che, in virtù del-la loro organizzazione, possono usufruire di criteri disemplificazione particolari. Queste tipologie di impresesono le seguenti:

    1) imprese alimentari che non svolgono alcuna attivitàdi preparazione, produzione o trasformazione diprodotti alimentari;

    2) imprese alimentari in cui la manipolazione degli ali-menti segue procedure consolidate che costituisconospesso parte della normale formazione professionaledegli operatori;

    3) imprese alimentari di settori che presentano moltielementi comuni e in cui il processo di produzione èlineare.

    1) Imprese alimentari che non svolgono alcuna attivitàdi preparazione, produzione o trasformazione di pro-dotti alimentariTra tali imprese possono figurare (elenco non esaustivo): - chioschi di vendita, banchi del mercato e banchi di vendita

    autotrasportati; - locali in cui sono servite prevalentemente bevande (bar, caffè,

    ecc.); - piccoli negozi al dettaglio (ad esempio, drogherie); - imprese di trasporto e di conservazione di alimenti preconfe-

    zionati o non deperibili, ove non si procede, di norma, allapreparazione di alimenti.

    In questi casi, è realistico ritenere che tutti i pericoli pos-sano essere controllati attraverso l’applicazione dei “pre-requisiti”. Nel caso in cui i prerequisiti (integrati o menoda manuali di corretta prassi) conseguono l’obiettivo ditenere sotto controllo i pericoli alimentari, si dovrebbeconsiderare, sulla base del principio di proporzionalità,che gli obblighi sanciti dalla legislazione alimentare sonostati soddisfatti e che non vi è alcuna necessità di appli-care l’obbligo di predisporre, attuare e mantenere unaprocedura permanente basata sui principi HACCP. Que-ste imprese possono anche svolgere semplici operazionidi preparazione degli alimenti (quali la porzionatura ol’affettatura) che possono essere eseguite in maniera si-cura se si applicano correttamente i prerequisiti di igienealimentare. È evidente tuttavia che, quando la sicurezzaalimentare lo richieda, va garantito che siano condotte lenecessarie operazioni di monitoraggio e di verifica (e,possibilmente, di registrazione), ad esempio quando oc-corra mantenere la catena del freddo.

    2) Imprese alimentari in cui la manipolazione deglialimenti segue procedure consolidateTra tali imprese possono figurare (elenco non esaustivo): - i ristoranti, comprese le strutture di manipolazione degli ali-menti a bordo di mezzi di trasporto quali le navi; - le imprese di catering che consegnano prodotti alimentari apartire da uno stabilimento centrale; - il settore della panetteria e il settore dolciario; - i negozi al dettaglio, incluse le macellerie.Per queste imprese alimentari, che possono incontrarecomplicazioni nell’applicazione di una dettagliata proce-dura HACCP, i “manuali di corretta prassi” costituisconouno strumento semplice ma efficace per superare le diffi-coltà. Detti manuali descrivono in modo semplice e prati-co i metodi per tenere sotto controllo i pericoli senza en-trare necessariamente nel dettaglio della natura dei peri-coli stessi e senza individuare formalmente i punti criticidi controllo. I manuali dovrebbero tuttavia prendere inconsiderazione tutti i pericoli significativi riscontrabili inun’impresa (ad esempio, nel caso di un ristorante, le uovacrude e la possibile presenza in essi di Salmonella) e do-vrebbero chiaramente definire le procedure per tenerlisotto controllo (ad esempio, le combinazioni di tempo e

    5 AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006

  • temperatura per il trattamento delle carni crude) nonchéle misure correttive da adottare in caso di problemi.

    3) Imprese alimentari di settori che presentano moltielementi comuniTra tali imprese possono figurare (elenco non esaustivo): - stabilimenti di macellazione,- impianti di trattamento dei prodotti della pesca,- stabilimenti caseari, ecc.; - imprese che applicano procedure standard di trasformazionedegli alimenti, quali l’inscatolamento di prodotti, la pastoriz-zazione di alimenti liquidi, il congelamento o la surgelazionedi alimenti, ecc.In queste aziende si può prevedere l’utilizzo di “manua-li HACCP generici” i quali possono indicare pericoli emisure di controllo comuni a determinate imprese ali-mentari e aiutare il responsabile o il gruppo di lavoroHACCP nella definizione di procedure o metodi per lasicurezza alimentare e di appropriate registrazioni. Glioperatori del settore alimentare dovrebbero essere tutta-via consapevoli che possono essere presenti altri perico-li, ad esempio quelli inerenti la particolare disposizionedel loro stabilimento o del processo applicato, e che talipericoli non possono essere previsti in un manualeHACCP generico. Quando ci si serve di tali manuali oc-corre sempre procedere ad una valutazione supplemen-tare per la possibile presenza di tali pericoli e per stabili-re le misure per controllarli.

    Flessibilità riguardo ai principi del sistemaHACCP

    Tenuto conto di quanto sopra, si capisce come sia possi-bile applicare i principi HACCP in maniera flessibile esemplificata. I manuali di corretta prassi costituisconouno strumento appropriato per fornire indicazioni suquesto argomento.Esempi di flessibilità possono riguardare:- l’analisi dei pericoli (1° principio dell’HACCP): per ta-lune tipologie di aziende essa può essere non formal-mente effettuata o sostituita da manuali di buone prassio manuali HACCP generici. In ogni caso, gli eventualipericoli devono essere tenuti sotto controllo applicando iprerequisiti o le misure preventive previste dai manuali.- I limiti critici (3° principio dell’HACCP): la prescrizio-ne di fissare un limite critico in un CCP non implicasempre la necessità di determinare un valore numerico,in particolare nel caso in cui le procedure di monitorag-gio siano basate su osservazioni visive (ad esempio: lacontaminazione fecale di carcasse in un impianto di ma-cellazione, la temperatura di bollitura degli alimenti li-quidi, il cambiamento delle proprietà fisiche dell’ali-mento durante la trasformazione…).- Le procedure di monitoraggio (4° principio dell’-HACCP): anche per questo principio, in molti casi il mo-nitoraggio può consistere in una semplice procedura, adesempio: regolare verifica visiva della temperatura delleapparecchiature di raffreddamento utilizzando un ter-mometro, osservazione visiva per verificare se è applica-ta la corretta procedura di scuoiatura durante la macella-zione, osservazione visiva per verificare se la preparazio-ne alimentare sottoposta a un particolare trattamento ter-mico presenta le corrette proprietà fisiche rispetto al tipodi trattamento termico (ad esempio, bollitura).- Documenti e registrazioni (7° principio dell’HACCP):Come regola generale, la necessità di conservare regi-

    strazioni inerenti all’HACCP dovrebbe essere propor-zionata e limitata al minimo indispensabile per quantoriguarda la sicurezza alimentare. Tenuto conto di quan-to sopra, si potrebbero seguire gli orientamenti generaliindicati in appresso:- nel caso in cui esistano manuali di corretta prassi omanuali HACCP generici, questi possono sostituire ladocumentazione individuale sulle procedure basate sul-l’HACCP. Tali manuali dovrebbero anche indicare chia-ramente se esiste la necessità di registrazioni e la duratadi conservazione delle stesse. - Nel caso delle procedure di monitoraggio visivo, sipuò considerare di limitare la necessità di registrazionesolamente alle non conformità rilevate (ad esempio, l’in-capacità di un apparecchio di mantenere la temperaturacorretta). Le registrazioni di non conformità dovrebberoincludere anche le misure correttive adottate. Il ricorso aun diario o a una check-list potrebbe costituire uno stru-mento appropriato per le registrazioni in tali casi. - Le registrazioni vanno conservate per un periodo ditempo appropriato. Tale periodo dovrà essere sufficien-temente lungo da garantire che l’informazione sia dis-ponibile nel caso di un problema riconducibile al pro-dotto alimentare in questione, ad esempio, due mesi do-po la data del consumo, se tale data esiste. - Le registrazioni costituiscono uno strumento impor-tante per le autorità competenti per consentire la verifi-ca del corretto funzionamento delle procedure di sicu-rezza alimentare delle imprese alimentari.

    Valutazione da parte delle autorità competenti Le procedure HACCP, a prescindere dalla forma in cuisono applicate, vanno sviluppate dagli operatori del set-tore alimentare e sotto la responsabilità di questi. La valu-tazione da parte delle autorità competenti va condotta te-nendo conto degli strumenti scelti dalle imprese del setto-re alimentare per garantire la conformità con i requisitiHACCP, sia che le imprese abbiano scelto di garantire lasicurezza degli alimenti solo attraverso i prerequisiti, siache abbiano deciso di servirsi di manuali di corretta pras-si igienica o di manuali HACCP generici. In sede di valu-tazione dell’applicazione dei requisiti HACCP, l’autoritàcompetente può chiedere che siano apportate correzioni.Ciò non dovrebbe tuttavia essere considerato come unaformale approvazione delle procedure.

    Conclusioni Il regolamento (CE) n. 852/2004 stabilisce che i requisitiHACCP dovrebbero prevedere sufficiente flessibilità perpoter essere applicati in qualsiasi situazione, comprese lepiccole imprese. L’obiettivo fondamentale dell’applicazio-ne di una procedura basata sull’HACCP è quello di teneresotto controllo i pericoli negli alimenti. Tale obiettivo puòessere conseguito utilizzando diversi strumenti, tenendopresente che le procedure volte a controllare i pericoli de-vono essere basate sul rischio, ordinate in funzione dellepriorità e focalizzate su ciò che è importante per la sicu-rezza degli alimenti nelle imprese alimentari. Tali proce-dure possono essere sviluppate nel quadro di manuali dicorretta prassi, di manuali HACCP generici o in conformi-tà a uno studio HACCP tradizionale, come più appropria-to. In molti altri casi, in particolare nelle imprese alimenta-ri che non procedono ad una trasformazione degli alimen-ti, i pericoli possono essere tenuti sotto controllo solo im-plementando i prerequisiti di igiene alimentare.

    AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006 6

  • ASSOCIAZIONE ITALIANA VETERINARIADI MEDICINA PUBBLICA

    SOCIETÀ FEDERATA ANMVI

    SEMINARIO

    Trasporto animale: si sale in 1ª classe?Venerdì 27 Ottobre 2006 - CremonaFiere

    in collaborazione con

    SOCIETÀ ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA REDDITOASSOCIAZIONE FEDERATA ANMVI

    ORDINE DEI MEDICI VETERINARIDELLA PROVINCIA DI CREMONA

    AZIENDA SANITARIA LOCALE DELLA PROVINCIA DI CREMONA

    CHAIRMAN Giuseppe Licitra, Presidente AIVEMP

    RELATORIMauro Saracco, Veterinario Dirigente, UVAC TorinoAndrea Verme, Medico Veterinario, Torino

    OBIETTIVIDare le nozioni utili per un approccio pratico al regola-mento di prossima applicazione. Fornire una descrizionedel progetto della certificazione di servizio di trasportoanimale di alta qualità, del relativo disciplinare e della suaintegrazione con i sistemi per la qualità iso 9001.

    PROGRAMMA14.00 Registrazione dei partecipanti e verifica presenze14.20 Saluto ai partecipanti del Presidente AIVEMP e

    del Dott. Andrea Belloli, Direttore Generale ASLCremona. Presentazione dei relatori ed inizio dei la-vori Giuseppe Licitra

    14.30 Idoneità degli animali al trasportoMauro Saracco

    15.30 Caratteristiche tecniche dei veicoli adibiti al tra-sporto animale nei viaggi superiori e inferiori alle8 ore - Mauro Saracco

    16.30 Pausa17.00 Certificazione di Qualità e di Servizio integrate

    nel trasporto animale. Presentazione del progetto dicertificazione del Trasporto Animale di Alta Qualità.Andrea Verme

    18.00 Discussione e valutazione dell’apprendimento18.30 Consegna degli attestati e conclusione dell’evento

    ISCRIZIONEL’iscrizione al seminario da diritto a:Attestato di partecipazione - Attestato ECM

    SEDE DEL SEMINARIOCremona, Quartiere Fieristico di Cà de Somenzi P.zza Zelioli Lanzini. Uscita per Cremona seguendo le in-dicazioni “Fiera”.

    INFORMAZIONISegreteria AIVEMP - Lara ZavaTel. 0372/40354 - Fax 0372/403540E-mail: [email protected] - Website: www.aivemp.it

    ✂Ai sensi dell’art. 10 L. 31/12/96 n. 675 informiamo i partecipanti in merito al trattamento dei dati personali ri-portati sulla presente scheda di iscrizione, circa la necessità di destinare a terzi tali dati (agenzie di spedizionee di organizzazione congressuale di nostro riferimento, aziende, associazioni o altri soggetti che collaboranoall’organizzazione di questo evento congressuale). Il mancato consenso al trattamento dei dati personali com-promette tale adempimento. Il firmatario autorizza l’AIVEMP - E.V. srl, ai sensi dell’art. 11 L. 31/12/1996 n.675, al trattamento dei dati indicati.

    MODULO D’ISCRIZIONE AL SEMINARIOTRASPORTO ANIMALE: SI SALE IN 1ª CLASSE?

    Venerdì 27 Ottobre 2006, CremonaFiere

    Da inviare in busta chiusa o mezzo fax entro il 20 Ottobre 2006 al seguente indirizzo:

    Segreteria AIVEMP - Via Trecchi, 20 - 26100 Cremona(Fax 0372/40.35.40)

    COGNOME ...........................................................................

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    VIA ......................................................... N. ..........................

    CITTÀ ....................................................................................

    PROVINCIA .......................................... CAP .......................

    TEL. ......................................... CELL. .................................

    CODICE FISCALE ................................................................

    ISCRIZIONE ALL’ORDINE DI ...............................................

    TESSERA N. .........................................................................

    La partecipazione al Seminario è gratuita ma per motivi organizzativiè necessario rispedire questa scheda con i propri dati all’AIVEMP.

    Data ......................................................................................

    Firma .....................................................................................

    Ritagliare e conservare per l’entrata gratuita alla Fiera

    IL PRESENTE INVITO CONSEGNATO ALLE CASSE PERMETTE L’INGRESSO GRATUITO AL SEMINARIO,

    PREVIO CAMBIO CON REGOLARE BIGLIETTO S.I.A.E.

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    SEMINARIO AIVEMPIL TRASPORTO ANIMALE: SI SALE IN 1ª CLASSE?

    Venerdì 27 Ottobre (Sala Zelioli Lanzini)

    Richiesto accreditamento

    organizzato da certificata ISO 9001:2000

    SI INFORMANO I VETERINARI INTERES-SATI A PARTECIPARE AL SEMINARIOCHE NON SARÀ POSSIBILE PRESEN-TARSI ALLE CASSE DELL'ENTE FIERAPER IL CAMBIO BIGLIETTO SIAE CONFOTOCOPIA DELL'INVITO. CREMONA-FIERE RICHIEDE IL TAGLIANDO IN ORI-GINALE.

  • AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006 8

    Cenni sulla polizia di sicurezza ed amministrativa

    Con il termine “Polizia” dal greco polis, (città stato), epoliteia (ordinamento della città), s’intende l’attivitàche lo Stato pone in essere per assicurare le condizionidi un ordinato e tranquillo vivere sociale. Durante lostato di polizia, che segnò il trapasso dalle monarchieassolute ai regimi costituzionali, la polizia era lo Stato.Proprio in questo periodo iniziarono a distaccarsi dal-l’attività di polizia numerose materie che assunserouna rilevanza autonoma, dando origine alla separa-zione più importante, quella tra l’amministrazionedella giustizia e la polizia. L’attività di polizia si è così affermata come attivitàamministrativa, estrinsecantesi mediante una serie diatti e provvedimenti finalizzati alla tutela dell’ordinepubblico, con la funzione primaria di impedire il por-re in essere delle violazioni o comunque di evitare chele stesse siano portate ad ulteriori conseguenze, men-tre all’attività giudiziaria è stata attribuita la funzionedi ripristinare l’ordine pubblico violato.Nel tempo sono state formulate varie definizioni perinquadrare l’attività della polizia. Essa è stata classifi-cata ora come un potere autonomo capace di limitarela libertà personale a garanzia della collettività, oracome un potere che può agire solo se trova il suo fon-damento nella legge.Questo diverso modo di agire della polizia trova il suofondamento nel differente momento storico esamina-to, ed essendo espressione dell’attività dello Stato, am-plia o restringe il suo campo di attività secondo gli in-dirizzi di diritto positivo del momento storico.In Italia l’attività della polizia è regolata fin dal 1931dall’art. 1 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicu-rezza (TULPS) e si manifesta in tutte le attività dimantenimento dell’ordine pubblico, ricomprendendola sicurezza dei cittadini, la cura, l’osservanza delleleggi e dei regolamenti, nonché un’importante funzio-ne sociale consistente nel soccorrere il cittadino neimomenti di maggior bisogno, facendo sì che lo stessotrovi nello Stato quella fiducia e protezione necessariaper vivere pacificamente nella società, senza sentire ilbisogno di rivoltarsi contro le istituzioni e di difende-re da solo i propri diritti.Per raggiungere i suoi fini, la polizia svolge una seriedi attività che si è soliti distinguere in tre forme:“L’osservazione” che consiste nel valutare dati e situa-zioni, al fine di scongiurare l’insorgenza di quelle con-dizioni di pericolo che possano turbare la vita socialee che non possono essere previste nè studiate per esse-re efficacemente contrastate; “La prevenzione”che opera nel confronto di concretesituazioni di pericolo e tende ad evitare il realizzarsidi lesioni dell’ordine giuridico;“La repressione” consistente in azioni nei confronti dichi ha violato la norma, anche al fine di evitare che

    dalle violazioni derivino ulteriori o più gravi conse-guenze. Rientrano in tali attività le sanzioni ammini-strative, le confische, i sequestri amministrativi e glialtri provvedimenti repressivi a carattere non penale.Questi tre momenti, se pur cronologicamente distinti,sono il risultato di una funzione unitaria, la quale simanifesta attraverso una serie di atti normalmente acarattere discrezionale e denominati provvedimentiamministrativi. Ma l’aspetto che a noi più interessa è la vigilanza, laquale più in generale costituisce il completamento del-l’azione della polizia amministrativa. L’obbligo diesercitare la vigilanza compete agli organi di poliziaindividuati dall’art. 1 del TULPS.Nell’ambito della vigilanza è possibile distinguereuna vigilanza generica ed una vigilanza specifica. Laprima si caratterizza per mancanza di confine, costi-tuendo oggetto della stessa tutto ciò che può determi-nare turbamento dell’ordine interno dello Stato; la se-conda, invece, è rivolta verso determinati divieti postida leggi finalizzate a tutelare particolari situazioni dipresunto pericolo. Completa le funzioni degli organidi polizia il “controllo”, ossia l’attività attraverso laquale viene esercitata una sorveglianza più incisiva evincolata e con la quale viene controllato il comporta-mento degli individui sottoposti ai provvedimentiamministrativi.La dottrina individua inoltre un’attività di polizia am-ministrativa più limitata, e come tale definita “in sen-so stretto” (CHIAPPETTI, Voce: Polizia [Diritto pub-blico], in Enciclopedia del diritto). Questa comprendesolo l’attività riguardante le leggi amministrative, purse penalmente sanzionate, quali le leggi sanitarie, leleggi sulla circolazione stradale, le leggi sull’inquina-mento, sulla sicurezza del lavoro, ecc. La polizia amministrativa intesa in questo senso am-mette tante distinzioni quante sono le leggi o gli in-siemi di leggi che regolamentano determinati settori.Si possono così distinguere all’interno della poliziaamministrativa molti organismi variamente denomi-nati con funzioni specifiche e competenze distinteper materia.Va anche sottolineato che con il d.P.R. n. 616 del 24 lu-glio 1977, lo Stato ha assegnato alle regioni determi-nate funzioni di polizia amministrativa nelle materiegià elencate dall’art. 117 della Costituzione, stabilen-do una distinzione che trova fondamento nei diversiinteressi tutelati.Resterebbero così assegnate alla pubblica sicurezza lefunzioni di ordine pubblico intese come tutela dellasicurezza dei cittadini, dell’incolumità e della pro-prietà, mentre sarebbero tutelati dalla polizia ammi-nistrativa gli altri beni quali l’igiene, l’annona, l’edi-lizia, gli alimenti, insomma quei beni per i quali loStato ha demandato la tutela alle Regioni, alle Pro-vince, ai Comuni.

    La polizia giudiziariaGian Piero Martini*, Enrico Maria Ferrero**

    * Laureato in giurisprudenza, Attività tecniche di prevenzione, vigilanza ed ispezione – ASL 1 imperiese (IM)** Sanità Animale, Igiene degli allevamenti e delle produzion zootecniche – ASL 1 imperiese (IM)

  • 9 AIVEMP n ew s l e t t e r - n. 4 - ottobre 2006

    La polizia giudiziaria all’interno dell’ordinamento

    Come per la polizia amministrativa, anche per quellagiudiziaria (P.G.) non esiste una definizione legislativaed ogni tentativo di formularne una, potrebbe risulta-re infruttuoso.Il nuovo codice di rito penale, come il precedente, si li-mita a delimitare le funzioni della P.G., pur assegnan-dole una posizione di rilievo in quanto la colloca tra isoggetti del procedimento (Titolo II del libro I).La scelta è stata fatta per sottolineare lo stretto rappor-to della P.G. con il Pubblico Ministero in termini inve-stigativi e la centralità dei compiti a lei attribuiti nellafase più delicata del procedimento.L’art. 55 del c.p.p., dopo avere indicato compiutamen-te quali siano le funzioni della P.G., al terzo comma af-ferma che “…sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti dipolizia giudiziaria”.La distinzione tra le due categorie è rilevante sia dalpunto di vista gerarchico all’interno delle ammini-strazioni di appartenenza, che a fini operativi, nell’e-spletamento delle funzioni assegnate dal procedi-mento penale. Mentre infatti gli ufficiali di P.G. pos-sono compiere qualsiasi atto, gli agenti possono com-piere di loro iniziativa soltanto alcuni atti specificata-mente indicati.È quindi importante definire chiaramente ed in modosistematico il grado dei soggetti di P.G. che operanoall’interno dei servizi, delle sezioni e di quelli apparte-nenti ad altri organi, per non incorrere in gravissimierrori procedimentali, destinati ad invalidare in toto ilprocedimento penale. La prima partizione che occorre compiere è tra gli uffi-ciali ed agenti a competenza generale illimitata, quellia competenza generale limitata e gli ufficiali ed agentidi P.G. a competenza specialeAppartengono alla prima categoria gli ufficiali edagenti di P.G. che nell’esercizio delle loro funzioni nonhanno alcun limite temporale, né territoriale e posso-no intervenire con riferimento alla totalità dei reati. Ilpotere degli ufficiali ed agenti a competenza generale,non avendo limite spazio-temporale, si traduce in undovere di protezione e controllo continuo anche al difuori del normale orario di servizio e della naturalesede di lavoro. Il mancato intervento, qualora vengaperpetrato in loro presenza un reato perseguibile d’uf-ficio, può costituire elemento per l’applicazione disanzioni disciplinari ex art. 16 delle norme di attuazio-ne del c.p.p. o costituire addirittura elemento integra-tivo di reato ex art. 361 c.p. (omessa denuncia di reatoda parte del pubblico ufficiale).Appartengono al gruppo degli agenti o ufficiali acompetenza generale limitata quei soggetti che eserci-tano le loro funzioni con riferimento alla generalitàdei reati, ma con limiti spazio-temporali e precisamen-te nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza, elimitatamente al tempo in cui sono in servizio (art.57comma 2 lett.b c.p.p.). Tutti questi soggetti esercitanole funzioni di P.G. in relazione a tutti i reati dei qualiabbiano conoscenza nello svolgimento dei loro compi-ti istituzionali, ovvero delle attività accessorie e neces-sarie al pieno assolvimento dei predetti compiti o, in-fine, dei servizi di ordine, sicurezza pubblica e pubbli-co soccorso in concorso con le altre forze di polizia.

    Sono classificati nel terzo gruppo i soggetti previstidall’articolo 57 del c.p.p. 3° comma: ufficiali ed agentidi P.G. con competenza limitata per materia, cioè quel-le persone incaricate di ricercare reati specifici solo neilimiti del servizio a cui sono destinate e secondo le at-tribuzioni ad esse conferite dalle leggi e dai regola-menti. Sono gli ufficiali ed agenti di P.G. “appartenentiad altri organi” ai quali la legge fa obbligo di svolgereindagini a seguito di una notizia di reato (art. 56 com-ma 1 lettera c) c.p.p.). Questi soggetti possono compie-re qualsiasi atto di polizia giudiziaria, se riconosciutiufficiali dalle leggi e dai regolamenti, ma solo limitata-mente a determinati tipi di reati la cui materia è attri-buzione dell’ufficio da cui dipendono. Essi hanno unatriplice delimitazione: oltre alla limitazione per mate-ria, hanno una competenza limitata al territorio sotto-posto a controllo da parte dell’ufficio da cui dipendo-no e deve ritenersi che, come limitazione temporale,sia richiesta l’attualità del servizio. Si tratta perciò disoggetti che non svolgono le funzioni di polizia giudi-ziaria con i connotati di priorità e continuità previstiper i servizi, né di esclusività previsti per le sezioni.Per questi soggetti è stata contemplata dal codice unapossibile diretta disponibilità da parte dell’autoritàgiudiziaria (art. 58 comma 3 c.p.p.) ed una subordina-zione consistente nell’obbligo di “eseguire i compiti adessi affidati”. (art. 59 comma 3 c.p.p.).Coordinando quest’ultima norma con la lettera c) dal-l’articolo 56 del codice, dove si legge che le funzionidi P.G. sono svolte alla dipendenza e sotto la direzio-ne dell’autorità giudiziaria “dagli ufficiali ed agenti cuila legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di unanotizia di reato”, appare evidente la duplice finalitàche il legislatore ha voluto realizzare. In primo luogoribadire il concetto che nell’esercizio dell’attività in-vestigativa gli organi di P.G. sono soggetti soltanto edesclusivamente al potere giudiziario, in secondo luo-go sottolineare la necessità di operare seguendo le di-rettive del magistrato.Quanto al primo punto è bene sottolineare che le atti-vità di P.G. non possono trovare nessun ostacolo in

  • eventuali disposizioni contrarie provenienti dagli or-gani amministrativi a cui i soggetti di P.G. siano gerar-chicamente sottoposti. Al contrario l’obbligo impostodi eseguire i compiti ad essi affidati, se eseguito negli-gentemente, soltanto in parte, con ritardo od omesso,oppure l’omissione di riferire la notizia di reato senzagiustificato motivo, viene sanzionato, oltre che penal-mente nei casi in cui l’inosservanza dovesse integraregli estremi di reato, anche con sanzione disciplinarecomminata dall’autorità giudiziaria oltre che dalle sin-gole amministrazioni di appartenenza.

    Disponibilità e subordinazione della polizia giudiziaria

    I singoli ufficiali ed agenti, pur restando sotto la di-pendenza “organica” dei corpi di appartenenza, pos-sono entrare a far parte di strutture che si distinguonoper il loro grado di dipendenza funzionale dall’autori-tà giudiziaria. Il maggior grado di dipendenza è ri-scontrabile nelle “sezioni”, organi che svolgono esclu-sivamente funzioni di P.G. e come tali esonerati daicompiti e dagli obblighi derivanti dagli ordinamentidelle amministrazioni di appartenenza e non inerentialle funzioni di P.G., salvo che per casi eccezionali eprevio consenso del capo del singolo ufficio del pub-blico ministero (art.10 disp. att.).Al di sotto delle sezioni, in quanto con minor dipen-denza funzionale, vi sono i “servizi”. Questi sono costi-tuiti presso i corpi di appartenenza e sono ”tutti gli uffi-ci e le unità ai quali è affidato dalle rispettive amministrazio-ni e dagli organismi previsti dalla legge il compito di svolgerein via prioritaria e continuativa le funzioni indicate nell’art.55 del codice di procedura penale” (art.12 disp.att.).Il terzo livello di dipendenza funzionale è costituito “da-gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli al-tri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguitodi una notizia di reato” (art.56 c.p.p.), essi hanno compe-tenza limitata e danno luogo ad un lungo elenco di indi-vidui. Sono quelli per i quali una legge od un regola-mento attribuisce le funzioni di P.G. “nei limiti del serviziocui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni”.Il criterio fondamentale posto dal legislatore per assi-curare una piena e diretta dipendenza di tutta la P.G.,sono i limiti temporali imposti all’attività della stessa,che assicurano un rapporto diretto degli organi accer-tatori con il pubblico ministero e fanno sì che sia rea-lizzabile, in concreto, un rapporto interpersonale es-senziale per il ruolo fondamentale che la P.G. è chia-mata a compiere durante le indagini preliminari, ossiaassicurare all’autorità giudiziaria le fonti di prova.Il rapporto di subordinazione degli ufficiali ed agentiappartenenti ad altri organi consiste solo nell’obbligo dieseguire i compiti ad essi affidati e si risolve nel poteredisciplinare esplicabile contro il singolo agente o ufficia-le che vìola la disposizione legislativa o l’ordine dato. Ilnuovo codice di procedura penale non modifica sostan-zialmente il contenuto dell’art. 229 del c.p.p. abrogato ericomprende i procedimenti disciplinari e le sanzionidall’art. 16 all’art. 19 delle Disp. att. coord. e trans. c.p.p.,dettando una dettagliata regolamentazione del procedi-mento disciplinare non prevista nel codice abrogato.La norma prevede tre specifiche ipotesi di violazioni

    in cui può incorrere l’agente o l’ufficiale di P.G. nell’e-sercizio delle sue funzioni: a) Omissione di riferire senza giustificato motivo nel

    termine previsto la notizia di reato all’autorità giu-diziaria.

    b) Omissione o ritardo nell’esecuzione di un ordinedell’autorità giudiziaria o anche solo esecuzionetardiva o negligente.

    c) Violazione di ogni altra disposizione di legge relati-va all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria.

    La seconda ipotesi non crea problemi interpretativi,infatti può trattarsi di una omissione dolosa o colposa,ma comunque cosciente e valutabile in sede di proce-dimento disciplinare.È invece necessario soffermarsi brevemente sulla primaipotesi su cui ha inciso il d.l. 8.giugno 1992 n. 306 con-vertito in legge 7 agosto 1992, n. 356, che ha modificatol’art. 347 comma 1 del c.p.p. L’obbligo di comunicare“senza ritardo” la notizia di reato anziché nel terminedelle 48 ore come originariamente previsto, ha senz’al-tro ridotto la possibilità di applicazione dell’istitutosanzionatorio limitandolo ai casi di concorso con la vio-lazione dell’articolo 361 comma 2 del codice penale.Poiché non è più previsto un termine tassativo, l’omis-sione o il ritardo si realizzano quando la segnalazionenon venga presentata o venga presentata con una dila-zione tale da incidere negativamente sulla pronta per-secuzione del reato. È da notare che l’ipotesi del ritardo nella presentazio-ne della notizia di reato non è sanzionata dall’articolo16 Disp. att. coord. e trans. c.p.p. ove è contemplatasolo l’omissione. Tale ipotesi potrà comunque esseredisciplinarmente sanzionata in base alla previsioneonnicomprensiva della terza ipotesi (lettera c) in com-binato disposto con l’art. 347 del c.p.p..L’obbligo sanzionato di dare comunicazione entro lequarantotto ore è rimasto qualora ai sensi dell’articolo347 comma 2 bis, “siano stati compiuti atti per i quali è pre-vista l’assistenza del difensore della persona nei cui confrontivengono svolte le indagini”, qualora la P.G. abbia procedu-to al sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 comma 3bis, o al sequestro probatorio ai sensi dell’art. 354 c.p.p.La comunicazione immediata, anche in forma orale, èprevista in caso di accertamento di particolari delitti in-dicati nell’articolo 407 comma 2 lettera a) numeri da 1 a6 e in ogni caso quando sussistano ragioni di urgenza. Particolarmente significativa è l’ipotesi di chiusura dicui alla lettera c).Si tratta di comportamenti disciplinari atipici ravvisa-bili anche in azioni od omissioni non espressamenteconsiderate dal legislatore come illeciti, ma comunquetassativamente previsti dalla legge per un correttoesercizio delle funzioni di P.G. Sono quindi esclusidalle sanzioni comminabili dall’autorità giudiziaria icomportamenti illeciti riferibili dalla legge a qualsiasipubblico ufficiale e non attinenti specificatamente allefunzioni giudiziarie.Gli articoli 17 e 18 delle Disp. att. coord. e trans. c.p.p.prevedono analiticamente lo svolgimento del procedi-mento disciplinare ed il relativo ricorso. Sinteticamen-te si può affermare che competente a promuovete l’a-zione disciplinare è il procuratore generale presso lacorte di appello nel cui distretto l’ufficiale o l’agentepresta servizio.

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  • Previa contestazione scritta dell’addebito, con possibi-lità di far pervenire memorie, produrre documenti erichiedere l’audizione di testi, l’incolpato è sottoposto,con l’assistenza di un difensore, ad una commissionegiudicante costituita da due magistrati e da un ufficia-le di P.G. individuato con particolari criteri stabilitidalla legge e, qualora l’incolpato appartenga ad altriorgani, scelto tra un ufficiale di P.G. dell’amministra-zione di appartenenza.La sanzione disciplinare più comunemente applicata èla censura, che consiste in un provvedimento scritto,inviato all’interessato ed all’amministrazione a cui ap-partiene, per essere inserito nel fascicolo personale,nel quale viene ufficializzata la violazione commessa.Nei casi più gravi, potrà essere disposta la sospensio-ne dall’impiego per un tempo non eccedente i sei me-si. In tale periodo, il dipendente, spogliato della quali-tà di pubblico ufficiale e sospeso dal servizio, percepi-rà solo un assegno per gli alimenti pari ad una quotaparte dello stipendio. Per gli ufficiali ed agenti di P.G.appartenenti alle sezioni, infine, può essere disposto,in aggiunta ai provvedimenti sopra indicati, l’allonta-namento definitivo dalle stesse ed il conseguente ri-torno presso l’amministrazione di appartenenza.

    Emersione della polizia giudiziaria

    L’attività della P.G. nasce in genere dall’attività ammi-nistrativa, e rientra nel campo dell’obbligatorietà del-l’azione penale solo quando il pubblico ufficiale è ingrado di individuare gli elementi di un reato e di ac-quisirne di utili per la formazione del rapporto.Solo a questo punto può scattare la sanzione previstadall’art. 361 comma 2 c.p. aggravata per l’ufficiale oagente di P.G. rispetto al semplice pubblico ufficialeche ha omesso di comunicare all’autorità giudiziariala notizia di reato. La P.G. emerge, come detto, dallapolizia amministrativa per l’avvenuto compimento diun reato, anche solo supposto e, per le finalità che per-segue e per gli strumenti che la legge gli fornisce, as-sume caratteristiche sue proprie che vanno oltre la sfe-ra dell’attività amministrativa e la fanno diventarepartecipe dell’esercizio dell’azione penale. L’articolo 55 del c.p.p. fissa i termini di tale partecipa-zione ed individua una complessa serie di attivitàpreordinate e finalizzate al processo penale. Si distin-guono un’attività di investigazione diretta all’indivi-duazione dell’autore della violazione ed al perfeziona-mento della notitia criminis, un’attività di assicurazio-ne delle fonti di prova utili al processo penale, edun’attività di conservazione dei luoghi e delle cose, af-finché l’autorità giudiziaria possa acquisire tutto ciòche ritiene utile ai fini della giustizia.La funzione della P.G. rispetto al codice previgente èprofondamente mutata. Allora partecipava alla fun-zione giurisdizionale fino ad integrarsi con questa sianell’attività preliminare sia dopo il processo penale,tanto da essere qualificata “ausiliaria del giudice”. Orale sue funzioni, svolte sotto la direzione del pubblicoministero, sono essenzialmente di indagine e finaliz-zate a sostenere la pubblica accusa. Il pubblico mini-stero da parte sua, non è organo di indagine, ma orga-no che dirige le indagini, indirizzando le stesse versoil risultato processuale.

    Circa le funzioni che la polizia giudiziaria assume inpresenza di un reato, occorre rilevare che non esiste unabarriera tra attività amministrativa e attività di poliziagiudiziaria, ma una continuità, infatti il procedimentoamministrativo si avvicina molto al processo penale e leattività inizialmente tendono ad intrecciarsi e ad esigerela messa in opera di garanzie a volte molto simili.Introducendo un esempio in materia di salute pubbli-ca, durante il prelievo di campioni irripetibili, nel cor-so di attività ispettiva di vigilanza, è sempre necessa-rio adottare tutte le tutele necessarie affinché l’attivitàamministrativa possa confluire senza ostacoli nell’atti-vità di polizia giudiziaria. In questi casi il legislatore ha scelto di affidare duefunzioni allo stesso organo di polizia, che all’opportu-nità si trasforma per assumere la dipendenza funzio-nale dall’autorità giudiziaria.Del resto è nozione comune che, a seconda del diversoimpatto che hanno sulla società nel tempo e nello spa-zio, i reati possono trasformarsi in illeciti amministrati-vi e viceversa, ed il passaggio di competenze da un uf-ficio all’altro certo non gioverebbe all’acquisizione dielevati livelli di professionalità. Grosso afferma “L’espe-rienza dimostra che lo svolgimento di indagini preventive ofinalizzate alla applicazione di sanzioni amministrative, co-stituisce sovente l’occasione per apprendere notizie inerentialle attività di polizia giudiziaria, così come da queste ultimepossono raccogliersi e elementi utili alla prevenzione”.

    L’attività di informazione

    L’attività ad iniziativa di P.G. si divide comunementein tre parti: informazione, investigazione e assicura-zione. Non potendo, per ragioni di sintesi, approfon-

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    dire tutti e tre gli aspetti, ci soffermeremo solo su quel-lo che più ci interessa, l’informazione. L’art.112 della Costituzione sancisce l’obbligatorietà del-l’azione penale, ciò significa che in presenza di un reatoperseguibile d’ufficio o in presenza di una querela diparte, è obbligatorio iniziare un procedimento penale.Sebbene l’obbligo sia rivolto al Pubblico Ministero èoppurtuno valutare se vi siano margini di discreziona-lità da parte della P.G.Sciogliendo ogni riserva dobbiamo affermare che la P.G.nell’esercizio delle sue funzioni non ha potere discrezio-nale, la sua attività è vincolata dalla legge per la quale èsempre preminente l’interesse pubblico all’accertamentodel reato ed all’individuazione del colpevole.Così la P.G. ha l’obbligo, anche di propria iniziativa, diprendere notizia dei reati, ricercarne gli autori, impe-dire che vengano portati a conseguenze ulteriori, com-piere atti necessari per assicurare le fonti di prova eraccogliere quant’altro possa servire per l’applicazio-ne della legge penale.Ha inoltre l’obbligo di riferire la notizia di reato senzaritardo al pubblico ministero e di compiere tutti quegliatti di iniziativa e delegati previsti dalla legge.L’individuazione e l’acquisizione della notizia di reatoè il primo aspetto dell’attività di informazione. Il mo-mento di acquisizione della notitia criminis segna ilpassaggio tra l’attività di polizia amministrativa o disicurezza e l’attività di P.G. Ne consegue che dal mo-mento di ricezione della notizia di reato prendono vitale funzioni di P.G. che sono interamente regolate dal-

    l’art. 347 e seguenti del c.p.p. Si deve però evidenziareche l’attività svolta al fine di verificare la sussistenzadei requisiti minimi per attribuire ad un fatto la quali-ficazione di reato, è estranea alle funzioni di P.G. edappartiene alla polizia amministrativa o di sicurezza.Non potrà così qualificarsi attività di P.G. un’opera-zione di “ispezione preventiva condotta al fine di accertarel’esistenza di un eventuale reato non ancora attribuibile,nemmeno potenzialmente, ad un soggetto”.Questa precisazione è importante perché solo daquando la P.G. ha chiaramente individuato ed acquisi-to la notizia di reato inizia l’attività di indagine in sen-so stretto e, quindi, il procedimento penale.Ma come si individua una notizia di reato?Nonostante si trovino molteplici riferimenti a tale lo-cuzione, il nuovo codice, a pari di quello abrogato,non fornisce una definizione e non dice in che cosadetta notizia debba consistere. Occorre pertanto rifarsialle elaborazioni dottrinali ed alla giurisprudenza. Le poche decisioni giurisprudenziali in essere, riguar-dano pressoché esclusivamente il reato di cui all’artico-lo 361 del codice penale, dove si afferma che si è in pre-senza di reato qualora sia ravvisabile un fumus di reatoma “il pubblico ufficiale non può dirsi vincolato al rapportofino a quando non sia in grado di individuare gli elementi diun reato e di acquisire ogni altro elemento utile per la forma-zione del rapporto stesso”. Ancora, secondo la giurispru-denza, non potrà qualificarsi notizia di reato “un merosospetto di reato non soggettivizzato” (Cass. Sez. I, 17 feb-braio 1978, Bellandi, in: Foro italiano, 1978, II, pag. 205).

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    Nella notizia di reato deve quindi sussistere almenoquel minimo di concretezza che la distingue dal sospet-to suscettibile, quest’ultimo, solo di “costituire occasionee stimolo all’effettuazione di indagini da parte della poliziagiudiziaria” (ARICO’, voce: Notizia di reato, in Enciclo-pedia del diritto, XXVIII, Milano, 1978, pag. 756 e segg.,osserva che “il sospetto - a differenza della notizia - non puòdeterminare conseguenze precise di ordine processuale e so-stanziale, proprio per la sua indeterminatezza”, essendo es-so idoneo a determinare: “quando insorga, la necessità diindagini…extraprocessuali” all’esito delle quali potràprofilarsi la vera e propria “notizia di reato”).Passando ad esaminare la fase dell’acquisizione dellanotizia di reato, osserviamo che ai sensi dell’articolo330 c.p.p., la P.G. ed il pubblico ministero hanno il po-tere-dovere di prendere notizia dei reati “di propria ini-ziativa” e l’obbligo di ricevere “le notizie di reato presen-tate o trasmesse” da altri soggetti investiti di pubblichefunzioni o da privati cittadini.Per quest’ultima modalità di acquisizione della notiziadi reato, riconducibile alla denuncia da parte di pubbliciufficiali ed incaricati di pubblico servizio, alla denunciada parte dei privati ed al referto, gli ufficiali di P.G. ed ilpubblico ministero debbono ritenersi lo stesso obbligatia ricevere in ogni caso le denunce che vengono loro pre-sentate, senza la possibilità di sindacare la rilevanza pe-nale dalle stesse e la fondatezza del loro contenuto. LaP.G. che riceve una denuncia palesemente infondata do-vrà, senza ritardo, trasmetterla al pubblico ministero ilquale, se non ritiene necessaria alcuna indagine, non po-trà fare altro che, dopo aver scritto l’informativa nell’ap-posito registro, inoltrare formale richiesta di archiviazio-ne al giudice per le indagini preliminari.A seguito della recente modifica legislativa incombeoggi sulla P.G. un obbligo più accentuato di svolgerel’attività di indagine di propria iniziativa e delegatasul fatto denunciato, per accertare l’esistenza del rea-to, valutare gli elementi successivamente emersi e as-sicurare le nuove fonti di prova (art: 348 c.p.p. comemodificato dall’art. 9 legge 26 marzo 2001, n.128). Una volta individuata la presenza di un reato, incom-be però sulla P.G. l’obbligo di informazione, dal qualenon può esimersi non potendo essa valutare altri ele-menti se non l’insussistenza del fatto, perché, come haaffermato la Cassazione: “non può tener conto di even-tuali cause di estinzione del reato o di non punibilità”(Cass. Sez. VI, 3 febbraio 1966 n. 1244, Lunghi).Esaminiamo ora l’acquisizione della notizia di reato dipropria iniziativa.Premesso che con il nuovo codice di procedura penalequesta non è più una funzione esclusiva della P.G., maha investito anche la stessa figura del pubblico mini-stero, l’attribuzione alla P.G. del compito di reperireautonomamente le notizie di reato comporta indub-biamente un rilevante potere discrezionale nella sceltae nella selezione delle medesime.La base di partenza per l’acquisizione autonoma dellenotizie di reato da parte della P.G. potrà pertanto esse-re costituita da informazioni esterne occasionali, qualigiornali, trasmissioni radiotelevisive, notizie anonime,confidenziali o da informazioni interne all’ammini-strazione di appartenenza, derivanti dall’attività di vi-gilanza generica o da indirizzi provenienti dall’autori-tà amministrativa.

    È bene tener presente che l’attività di P.G. inizia in unmomento ben definito, cioè quando emerge un fatto spe-cifico nel quale siano ravvisabili gli estremi di un reato.Pertanto fino a quel momento è necessario esercitare l’at-tività amministrativa nel pieno rispetto delle libertà al-trui e dei diritti costituzionalmente garantiti, non essen-do possibile porre in atto i poteri coercitivi o cautelariprevisti dal c.p.p., ma solo quei particolari poteri di ac-certamento attribuiti agli organi di polizia amministrati-va o di sicurezza da specifiche disposizioni di legge.Al riguardo è di notevole rilievo l’articolo 220 Disp. att.coord. e trans. c.p.p. secondo il quale, “quando nel corsodi un attività ispettiva o di vigilanza previste da leggi o decre-ti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare lefonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’ap-plicazione della legge penale”, devono essere compiuti os-servando le disposizioni del codice di procedura penale.La ratio della norma, a garanzia della persona sotto-posta alle indagini, vuole evitare che possano essereutilizzate nel procedimento penale, come fonti di pro-va, attività amministrative poste in essere senza osser-vare le garanzie difensive previste dalla legge penale.Vi è chi sostiene che quando l’attività di polizia ammini-strativa è finalizzata a verificare se il soggetto controlla-to abbia o meno violato norme di diritto penale, essaequivale a tutti gli effetti ad una attività di P.G. e chepertanto debbano essere fornite le garanzie difensiveproprie del procedimento penale, consistenti almenonell’avviso in merito al significato dell’accertamento chesi sta per iniziare ed alla possibilità che lo stesso possaconoscere uno sbocco penale. Infatti solo chi è in gradodi conoscere ciò che gli sta accadendo, è posto nella con-dizione di esercitare pienamente la propria difesa.L’articolo 223 Disp. att. coord. e trans. c.p.p. detta adesempio una disciplina specifica in materia di analisidi campioni e garanzie prevedendo, in caso di analisiirripetibili, la presenza presso il laboratorio dell’inte-ressato o di persona di sua fiducia con l’eventuale as-sistenza di un consulente tecnico e, in caso di revisionidi analisi, anche la comunicazione al difensore even-tualmente nominato. Pertanto le attività di ispezione evigilanza comportanti prelievi, campionamenti e ana-lisi di prodotti e sostanze, dovranno essere svolte nelcontraddittorio da assicurarsi non solo in occasionedell’analisi di revisione ma, in caso di analisi per lequali non è prevista una revisione, a partire dalla fasedel prelievo dei campioni. Abbiamo detto che la P.G. può venire a conoscenza diun reato anche da fonti anonime o confidenziali.La denuncia anonima è quella formulata oralmente,ad esempio telefonicamente, o mediante una fotogra-fia o ripresa audiovisiva, nella quale una persona nonidentificata fornisce notizie circa un reato o i suoi au-tori. Il c.p.p. prevede che questa notizia non possa es-sere utilizzata processualmente, ma nulla vieta chepossa essere utilizzata per la fase dell’individuazionedel reato, anche se non determina, per la P.G., alcunobbligo di informativa al pubblico ministero.Pertanto il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblicoservizio, qualora la notizia anonima non indichi solofatti generici e come tali non suscettibili di valutazionepenale ma riferisca fatti specifici attribuiti a personadeterminata, avrà comunque l’obbligo di denunciareall’autorità giudiziaria o alla P.G. ciò di cui è venuto a

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    conoscenza, permettendo in tal modo l’effettuazionedelle indagini dalle quali possa scaturire la prova del-l’effettiva commissione del reato. La notizia confiden-ziale (art. 203 c.p.p.) segue la stessa sorte della denun-cia anonima, con la differenza che, essendo questa nor-malmente più attendibile, sarà di maggiore impulsoper l’attività di individuazione della notizia di reato.La P.G. avrà perciò l’obbligo di riferire solo quando ri-tiene che l’informazione confidenziale, come lo scrittoanonimo, posseggano quel minimo di riscontro atto afar loro assumere le qualità di notizia di reato, tenendopresente che dette notizie, da sole, non hanno alcuna ri-levanza processuale e non vengono inserite nel fascico-lo del dibattimento previsto dall’art. 431 del c.p.p.

    Il secondo aspetto dell’attività di informazione è co-stituito dall’informativa della P.G. o “comunicazionedella notizia di reato”, che trova disciplina nell’art. 347del c.p.p.. L’informativa consiste in una fonte di cono-scenza destinata al pubblico ministero atta a consen-tirgli l’iscrizione della notizia di reato nell’apposito re-gistro previsto dall’art. 335 del c.p.p..La stessa deve contenere gli elementi essenziali delfatto e gli altri elementi raccolti, l’indicazione dellefonti di prova e delle attività compiute, il giorno e l’o-ra dell’acquisizione della notizia. Deve inoltre conte-nere, qualora sia stato possibile acquisirli, i dati identi-ficativi od ogni altro elemento identificativo dell’inda-gato, della persona offesa e di coloro che sono in gra-do di riferire su circostanze utili per la ricostruzionedei fatti (art. 347 c.p.p.).La stessa deve inoltre essere corredata dalla documen-tazione relativa alle attività di indagine compiute edogni riferimento alle attività in corso. Con l’espressione “gli elementi essenziali del fatto”, previ-sta dagli artt. 332 e 347 del c.p.p., il legislatore ha volutosottolineare che il fatto reato, costituente l’elemento es-senziale dell’informativa, deve essere riferito in formasintetica ma nella sua integrità contenutistica.Chi materialmente redige la notizia di reato deve tenereben presente che chi legge ha di fronte a sé solo le de-scrizioni dei fatti contenuti in essa, si può ben dire che ilpubblico ministero vede attraverso gli occhi della P.G.Anche se all’inizio il codice tendeva a porre l’accentosulla posizione subordinata della P.G., e metteva in ri-salto la palese preoccupazione del legislatore di evitaresovrapposizioni tra le attività investigative della poliziae del pubblico ministero, dal 24 ottobre 1989 ad oggil’ufficio, le funzioni e i poteri del pubblico ministero equindi della P.G. hanno subito vistose innovazioni.In origine la notizia di reato, pervenuta nei termini rigo-rosamente prefissati, a volte scarna, priva degli elementiessenziali, giungeva nelle mani del pubblico ministeroche assumeva la piena e totale direzione delle indagini,mentre la P.G., priva del proprio potere di strategia in-vestigativa, doveva limitarsi a compiere gli atti ad essaspecificatamente delegati a norma dall’articolo 370 delc.p.p. e le altre attività di indagine sempre nell’ambitodelle direttive impartite dal pubblico ministero.Oggi il pubblico ministero ha recuperato l’antica e maiscordata natura di organo di giustizia, mentre la poli-zia è ritornata ad essere organo investigativo autono-mo. Tuttavia la notitia criminis deve pur sempre rap-presentare la base su cui verrà costruito tutto il castel-lo accusatorio, che avrà solide fondamenta solo sequesta sarà completa e darà all’organo dell’accusa glielementi su cui lavorare e raccogliere quanto necessa-rio per un efficace esercizio dell’azione penale. Circa il tempo in cui sorge l’obbligo di trasmetterel’informativa, possiamo ulteriormente precisare chedeve essere individuato nel momento in cui la notiziadi reato assume quel profilo di determinatezza a se-guito del quale sarebbe difficile sostenere da parte del-l’ufficiale od agente di P.G. di non essersi reso conto ditrovarsi di fronte ad un fatto penalmente rilevante oad una vera e propria notizia di reato. Il dubbio non esenta comunque l’ufficiale o l’agentedalla relazione di servizio destinata al responsabile del-l’ufficio nella quale riferisca circa l’attività svolta in me-

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    Si terrà a Modena dal 18 al 20 ottobre, la terzaedizione di Sicura, l’evento dedicato alla sicurez-za alimentare promossa e organizzata da Mode-na Esposizioni in collaborazione con la RegioneEmilia Romagna e le AUSL di Modena e Bologna.

    Nel corso dei tre giorni si terranno 30 incontri acui parteciperanno oltre 170 relatori. Nel dibattitoverranno approfonditi temi collegati ai materiali diconfezionamento, ai nuovi metodi di conservazio-ne, ai sistemi di campionamento, alla contamina-zione causata dall’aria dell’ambiente di lavorazio-ne. Un convegno sarà dedicato alla comunicazio-ne del rischio alimentare da parte dei media e del-le istituzioni. Una sessione focalizzerà l’attenzionesul sistema di allerta rapido europeo. Negli incontrisi parlerà di packaging, micotossine, celiachia, ali-menti di origine animale mettendo a confronto dis-tributori, addetti ai controlli, produttori e consuma-tori. Le sessioni sulle questioni legislative sarannodedicate ai problemi connessi all’applicazione deinuovi regolamenti (pacchetto igiene).

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  • rito. Infatti la comuni-cazione del singolo agente od uf-ficiale, inserito in una struttura di P.G. quale un servi-zio, ad un suo superiore, lo scagiona dal reato di cui al-l’art. 361 c.p. Negli altri casi l’omissione o il ritardo, do-vuti al dubbio, non integrano il reato di omessa denun-cia per mancanza dell’elemento soggettivo, ma potreb-bero in assenza di un giustificato motivo costituire pre-supposto per l’applicazione di sanzioni disciplinari.Quanto ai tempi di trasmissione, in base al testo origi-nario, la P.G. doveva trasmettere per iscritto l’informa-tiva entro quarantotto ore dall’apprendimento dellanotizia di reato. Con d.l. n. 306 dell’8 giugno 1992,convertito in legge n. 356 il 7 agosto 1992, per consen-tire alla P.G. maggiori spazi di autonomia investigati-va ed ovviare all’inconveniente di vedere sul tavolodei sostituti procuratori delle informative prive deicontenuti necessari per una valutazione e quindi gia-centi in attesa di impulso o di assunzione della dire-zione delle indagini, il legislatore ha modificato l’arti-colo 347 del c.p.p. prevedendo una più articolata di-sciplina dei tempi e delle modalità di inoltro dell’in-formativa e delle relative documentazioni.È stato così eliminato il termine obbligatorio di inoltrodegli atti e se prima, a seguito dell’intervento del pub-blico ministero, la P.G. era obbligata esclusivamente aseguire le direttive da questi impartite, successiva-mente è stata abilitata a compiere quella che è statadefinita una vera e propria indagine parallela.Il nuovo art. 347 c.p.p. ha così previsto tempi diversiper l’inoltro dell’informativa: l’inoltro senza ritardo,l’inoltro entro quarantotto ore dal compimento di attiper i quali è prevista l’assistenza del difensore e la co-municazione immediata, anche in forma orale, quan-do sussistono ragioni di urgenza e in rapporto a deter-minati delitti di particolare impatto sociale ricompresinell’art. 107 comma 2 lettera a dal n. 1 al n. 6 del c.p.p..Ai sensi dell’articolo 108 bis Disp. att. coord. e trans.c.p.p. introdotto con la stessa legge, sono state poi det-tate modalità particolari di trasmissione della notizia direato quali il supporto magnetico e la via telematica,che sostituiscono la comunicazione scritta e devono es-sere corredate dalla data di trasmissione o di consegna. Circa l’obbligo di riferire la notizia di reato in caso d’ur-genza, l’art. 347 comma 3 autorizza la P.G. a comunica-re la notizia di un reato al pubblico ministero in formaorale. La Cassazione ha precisato che “la presa di contat-to telefonico tra polizia giudiziaria e sostituto procuratore diturno non integra la comunicazione orale della notizia di rea-to” se non contiene gli elementi essenziali richiesti dallalegge (art. 347 comma 1 e 2 c.p.p.) (GUARINIELLO, Ilprocesso penale nella giurisprudenza della corte di cas-sazione, Torino, 1994, pag. 21).Esamineremo ora l’attività di indagine ad iniziativadella P.G. in rapporto ai limiti che essa incontra dopoche è stata esercitata l’attività di informazione.Il legislatore del 1988, prevedendo che la P.G. dovesseriferire per iscritto la notizia di reato entro un tempomolto limitato, e che potesse raccogliere “ogni elementoutile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione delcolpevole”, fino a che il pubblico ministero non avesse“impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini”(art. 348 c.p.p. originaria formulazione), aveva forte-mente compresso l’attività investigativa autonomadella P.G. entro spazi temporali precisi e molto rigidi.

    Il sistema implicava che l’intervento del pubblico mi-nistero fosse quasi immediato e che successivamentead esso, la P.G. non potesse più svolgere indagini au-tonomamente.Tale disciplina, tesa decisamente a spostare il baricentroe la responsabilità delle indagini dalla P.G. al pubblicoministero, aveva suscitato accese critiche appuntate so-prattutto “sull’eccessiva deresponsabilizzazione degli organidi polizia giudiziaria, limitati nella loro attività di indaginedalle direttive del pubblico ministero, nonché sulla scarsa effi-cienza del sistema”. Si era infatti rilevato che in attesa del-le direttive impartite dal pubblico ministero, gli spazi diautonoma iniziativa della polizia giudiziaria non avreb-bero consentito di svolgere completamente le funzionidescri