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102 AdV | strategie di comunicazione | advertiser.it MARKETING QUANDO IL BRAND SI METTE IN MOSTRA Non solo per celebrare Anniversari e attivare progetti Corporate: oggi le Imprese creano Mostre ‘vere’ progettate ad hoc per valorizzare e promuovere Brand e Prodotti, rendendole piattaforme di programmi multimediali attivate anche in funzione della Marketing Communication. I casi di Ford e di Procter & Gamble. di FRANCESCO MONETA [email protected] k In principio fu soprattutto il mondo della Moda, pioniere nell’abbraccia- re l’Arte e la Cultura per mettere in scena (in Teatro) e sotto i riflettori (al Cinema) griffe e abiti. Non erano solo iniziative di product-placement qualificato, ma assumevano spessore culturale, spesso sostenute dalle Istituzioni: un esempio fu la Mostra “L’Abito per Pensare” che Versace allestì alla Sala della Balla del Castello Sforzesco di Milano, nell’ormai lontano 1989, quando era diventato una Fashion Star internazionale. Seguiro- no poi altri stilisti, in una integrazione con l’Arte sempre più stretta e ricercata reciprocamente, come la Mostra dedicata dalla Solomon R. Guggenheim Founda- tion all’attività di Giorgio Armani, nel 2000: itinerò in sette altre città prima di approdare in Triennale, nella città dello stilista, nel 2007. Curatore era Germano Celant, che coinvolse nell’allestimento Robert Wilson, celebre regista teatrale e visual artist, affiancato dalla Change Per- forming Arts di Franco Laera, sponsor Swarovski. Il connubio Arte&Moda continua a operare con successo: la mostra “Savage Beauty” di Alexander McQueen allestita nei mesi scorsi al Metropolitan Museum di New York, con 661 mila visitatori (!) è stata l’ottava più popolare nella storia del Museo, con vendite record anche per il catalogo. Quest’anno il 7 maggio approderà ancora al MET la mostra “Elsa Schiaparelli and Miuccia Prada: on fashion”, già annunciata fin d’ora con le classiche tecniche teasing di Ufficio Stampa. DA PROGETTI ‘MEDIA RELATIONS ORIENTED’ A PIATTAFORME MULTIMEDIALI Oggi si assiste a una interessante evo- luzione di iniziative analoghe, rispon- dendo alla diffusa esigenza dei Brand di qualificarsi in modo unconventional agli occhi non solo di Opinion Leader e Giornalisti, ma del grande pubblico. Ciò è agevolato da due fattori chiave. Il primo lo illustra bene Fabrizio Bambina, Mar- keting Communications Manager di Ford Italia, Azienda protagonista della Mostra “Democratizing Technology. La mostra interattiva che racconta come Ford rende la tecnologia accessibile a tutti” che dal 20 settembre al 20 novembre 2011 ha ani- mato il Padiglione Aeronavale del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. “La Mostra è stata il Concept-Evento di una piattaforma di comunicazione multi- mediale che ha consentito di giustificare abbondantemente il suo investimento: i contatti dei visitatori sono stati moltipli- cati da quelli di una pianificazione mirata su mezzi di divulgazione scientifica (come National Geographic e Focus), da un sito interattivo che consentiva una visita virtuale della Mostra, integrando- ne in contenuti, e dalla complementare azione di Media Relations”. Il primo fattore è quindi rappresentato dalla Rete e dalla multimedialità: una Exhibition leggera, simbolica, interattiva, ha gene- rato 45.00 visitatori a Milano e 31.000 al Motorshow di Bologna (dove è stata allestita subito dopo), mentre il sito ha visto oltre 50.000 accessi. Sono contatti Martina Mazzotta Head Curator Fondazione Antonio Mazzotta Giovanni Crupi Direttore Sviluppo Museo della Scienza e della Tecnica

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MARKETING

QUANDO IL BRANDSI METTE IN MOSTRA

Non solo per celebrare Anniversari e attivare progetti Corporate: oggi le Imprese creano Mostre ‘vere’ progettate ad hoc per valorizzare e promuovere Brand e Prodotti, rendendole piattaforme di programmi multimediali attivate anche in funzione della Marketing Communication. I casi di Ford e di Procter & Gamble.

di FRANCESCO [email protected]

k In principio fu soprattutto il mondo della Moda, pioniere nell’abbraccia-

re l’Arte e la Cultura per mettere in scena (in Teatro) e sotto i riflettori (al Cinema) griffe e abiti. Non erano solo iniziative di product-placement qualificato, ma assumevano spessore culturale, spesso sostenute dalle Istituzioni: un esempio fu la Mostra “L’Abito per Pensare” che Versace allestì alla Sala della Balla del Castello Sforzesco di Milano, nell’ormai lontano 1989, quando era diventato una Fashion Star internazionale. Seguiro-no poi altri stilisti, in una integrazione con l’Arte sempre più stretta e ricercata reciprocamente, come la Mostra dedicata dalla Solomon R. Guggenheim Founda-tion all’attività di Giorgio Armani, nel 2000: itinerò in sette altre città prima di approdare in Triennale, nella città dello stilista, nel 2007. Curatore era Germano Celant, che coinvolse nell’allestimento Robert Wilson, celebre regista teatrale e visual artist, affiancato dalla Change Per-forming Arts di Franco Laera, sponsor Swarovski.Il connubio Arte&Moda continua a operare con successo: la mostra “Savage Beauty” di Alexander McQueen allestita nei mesi scorsi al Metropolitan Museum di New York, con 661 mila visitatori (!) è stata l’ottava più popolare nella storia

del Museo, con vendite record anche per il catalogo. Quest’anno il 7 maggio approderà ancora al MET la mostra “Elsa Schiaparelli and Miuccia Prada: on fashion”, già annunciata fin d’ora con le classiche tecniche teasing di Ufficio Stampa.

DA PROGETTI ‘MEDIA RELATIONS ORIENTED’ A PIATTAFORME MULTIMEDIALIOggi si assiste a una interessante evo-luzione di iniziative analoghe, rispon-dendo alla diffusa esigenza dei Brand di qualificarsi in modo unconventional agli occhi non solo di Opinion Leader e Giornalisti, ma del grande pubblico. Ciò è agevolato da due fattori chiave. Il primo lo illustra bene Fabrizio Bambina, Mar-keting Communications Manager di Ford Italia, Azienda protagonista della Mostra “Democratizing Technology. La mostra interattiva che racconta come Ford rende la tecnologia accessibile a tutti” che dal 20 settembre al 20 novembre 2011 ha ani-mato il Padiglione Aeronavale del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. “La Mostra è stata il Concept-Evento di una piattaforma di comunicazione multi-mediale che ha consentito di giustificare abbondantemente il suo investimento: i

contatti dei visitatori sono stati moltipli-cati da quelli di una pianificazione mirata su mezzi di divulgazione scientifica (come National Geographic e Focus), da un sito interattivo che consentiva una visita virtuale della Mostra, integrando-ne in contenuti, e dalla complementare azione di Media Relations”. Il primo fattore è quindi rappresentato dalla Rete e dalla multimedialità: una Exhibition leggera, simbolica, interattiva, ha gene-rato 45.00 visitatori a Milano e 31.000 al Motorshow di Bologna (dove è stata allestita subito dopo), mentre il sito ha visto oltre 50.000 accessi. Sono contatti

Martina MazzottaHead CuratorFondazione Antonio Mazzotta

Giovanni CrupiDirettore SviluppoMuseo della Scienzae della Tecnica

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MARKETING&CULTURA

diretti da aggiungersi a quelli mediatici, il risultato è significativo, e considerando lo scontrino medio di questa particola-re merceologia, con ogni probabilità è più efficace di una classica campagna advertising. Il sito è ancora attivo: www.democratizingtechnology.com

LA PRIMA VOLTA CON LA CULTURA “Il nostro obiettivo è stato il creare un evento di reale interesse culturale. Non vi abbiamo associato attività commerciali o promozionali: la Mostra non riman-dava i visitatori alla Concessionaria, ma in Concessionaria si invitava a visitare la Mostra, continua Bambina. “È stato per questo approccio che il Museo ha sposato il progetto, giudicandolo credi-bile. Per noi era importante ottenere il loro endorsement. Era la prima volta che ci accadeva di utilizzare la Cultura come strumento di comunicazione, ed è stata una esperienza assai positiva, anche grazie al Team del MUST, giovane e proattivo, con cui abbiamo stabilito un ottimo feeling”.La Mostra è stata concepita da Ford per sostenere la nuova filosofia mondiale di globalizzazione della produzione, an-nunciata nel 2008 dal CEO Alan Mullay: “Oggi facciamo leva su investimenti glo-bali, innovazione tecnologica ed econo-mie di scala per portare su tutti i mercati modelli adatti a soddisfare le esigenze mondiali”. Non più auto differenziate per l’Asia, l’Europa, gli USA, ma modelli uni-ci che sono la quintessenza delle aspet-tative di una clientela internazionale. In vetrina la nuova Focus, pronipote della mitica Ford T con la quale Henry Ford agli inizi del ‘900 rivoluzionò il mercato dell’automobile garantendo mobilità ac-cessibile a milioni di nuovi automobilisti. Oggi la nuova sfida è rendere accessibile a tutti le tecnologie più sofisticate.Giovanni Crupi, Direttore Sviluppo del MUST, è stato uno dei referenti di Ford, e ci illustra il punto di vista del Museo: “La nostra missione è raccontare l’inno-vazione, rendere comprensibili le tec-nologie che diventano parte della nostra vita quotidiana. Creiamo e offriamo espe-rienze utili allo sviluppo della “cittadi-nanza scientifica” e alla consapevolezza del ruolo della scienza e della tecnolo-gia nella società, anche esplicitando le relazioni tra Industria, Design e citta-dini. Nel caso della Mostra proposta da

Ford, ci ha affascinato subito la filosofia della democratizzazione delle tecnolo-gie, evoluzione dell’idea di Henry Ford di democratizzazione della mobilità. Abbiamo prodotto una exhibit stimo-lante e divertente, naturalmente molto tecnologica, cui abbiamo lavorato per sei mesi, da quando l’Azienda ha approvato la nostra proposta, su invito dell’Agenzia di Ford, FG Group”. Quindi in mostra si raccontano gli strumenti tecnologici che oggi abbiamo disponibili in auto per garantire sicurezza, qualità di guida, riduzione dei consumi e dell’impatto am-bientale. Ovvero l’auto oggi ad esempio consente di parcheggiare senza toccare il volante, riconosce i segnali stradali, frena automaticamente in presenza di pericoli, si apre senza chiavi, e consente di tele-fonare, navigare in internet e ascoltare la musica senza togliere gli occhi dalla strada e le mani dal volante.

IDEE CHIARE, BRIEF ESAUSTIVO E CONTENUTI CULTURALI: PRESUPPORTI PER IL SUCCESSO Come è stato il rapporto con l’Azienda? “Il brief dell’Agenzia era accurato, utile per comprendere le esigenze del Cliente

e centrare subito l’idea vincente. Ford Italia si è messa in gioco, ha accettato la sfida con profondo rispetto per il MUST ma anche con curiosità, attenzione e interesse, investendo tempo e risorse economiche su un prodotto culturale, con modalità e partner nuovi. Anche per Ford questa è stata una esperienza cul-turale: nel corso del lavoro ha coinvolto i propri esperti, i referenti delle funzioni internazionali, fino all’headquarter USA, mostrando passione e interesse crescenti per il progetto”. Il quale progetto, ci ha accennato Ford Italia, è stato talmente apprezzato da Ford Europa che è stato poi ripreso in Spagna, in collaborazione con il Museo della Scienza di Valencia. Il secondo elemento connotante l’evolu-zione della “messa in Mostra” dei Brand è la multidisciplinarietà, ovvero il decli-nare concept e messaggi non solo su più media, ma con l’integrazione di diverse discipline artistiche. Martina Mazzotta, Head Curator della Fondazione Antonio Mazzotta, è una convinta promotrice di questo approccio alle tematiche culturali: un esempio memorabile è stato la Mostra “Samurai” a Palazzo Reale, a Milano, che nel 2009 generò in città rassegne cinematografiche, cerimonie del tè e degustazioni, convegni di management aziendale e corsi di origami accomunati dal filo rosso del contributo dato dai Sa-murai alla cultura e alla vita del Giappo-ne di ieri e di oggi.A Martina Mazzotta la Procter & Gamble e l’agenzia On Point PR si sono rivolte per realizzare la Mostra “Pelle di Donna. Identità e bellezza tra Arte e Scienza”,

IL SECONDO ELEMENTO CON-NOTANTE L’EVOLUZIONE DELLA “MESSA IN MOSTRA” DEI BRAND È LA MULTIDISCIPLINARIETÀ

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inaugurata in Triennale, a Milano, il 24 gennaio 2012 per rimanervi poco meno di un mese.

QUANDO IL PRODOTTO È PROTAGONISTAQuesto progetto è emblematicamente simile e diverso da quello di Ford. Simile perché mosso da una motivazione affine: in questo caso, l’esigenza di affermare più fortemente il brand Boots Laborato-ries sbarcato nelle farmacie italiane solo nell’autunno del 2010, attraverso il pro-dotto cosmetico “eroe”: Serum 7. Anche Boots ha una storia antica e socialmente responsabile, 160 anni durante i quali è diventata “il farmacista della Gran Bretagna” aprendo 2500 Boots Store, ma essendo anche pioniere nel rapporto tra bellezza e salute: ha inventato l’ibuprofe-ne e la famosa crema n.7 contro l’invec-chiamento, ha anch’essa “democratiz-zato la salute” dimezzando i prezzi dei farmaci per poter curare fasce più ampie di popolazione.Ma il protagonista della Mostra, oltre che il Brand, è il Prodotto: il siero di bellez-za Serum7, lanciato nel settembre 2010 insieme a una linea antietà. Al termine della mostra, attorniati dai volti di Andy Warhol, Man Ray, Roy Lichtestein e da opere tattili di Bruno Munari, Pietro Pirelli e Giuseppe Penone, appare lo Skincare Boots Lab: un laboratorio inte-rattivo dove per quattro week-end esper-ti cosmetologi forniscono al pubblico consigli sulla cura della pelle con l’ausilio di strumenti avanzati di test e diagnosi.

Inutile dire che i quasi 1000 ospiti della inaugurazione – e non solo donne – hanno impegnato duramente gli addetti in camice bianco, mentre nel primo week end aperto al pubblico i cosmetologi Bo-ots hanno svolto 150 consulenze derma-tologiche e altrettanti screening facciali. A fronte di una Triennale trasformata temporaneamente in un laboratorio di cosmesi, la Mostra non poteva che avere anche una forte dimensione culturale classica, affiancata da un ricco catalogo bilingue di 165 pagine che fin dalla coper-tina assicura un’esperienza “tattile” non convenzionale, e che rappresenta già un testo di riferimento sul tema. Qui diventa fondamentale l’esperienza dei curatori, Piero Bellasi e Martina Mazzotta.

TRA CULTURA E IMPRESA, C’È L’AGENZIA“L’Agenzia On Point PR ci ha contattati nel maggio 2011”, racconta Martina Maz-zotta. “Conoscevano le nostre modalità di fare cultura, la mia formazione filosofica e storico-artistica, e soprattutto la mostra “Un diavolo per capello. Arte, accon-ciatura, società”, che organizzammo sei anni fa per Wella, che nel frattempo è passata a P&G. Il brief era chiaro, il tema intorno al quale lavorare era quello della pelle, le modalità suggerite toccavano l’antropologia, l’arte, la moda, la scienza. Ho coinvolto il prof. Bellasi, ho studiato l’azienda e i prodotti, sono stata anche a Nottingham negli archivi di Boots per raccogliere materiali e studiare una

ΩNONSOLOMODA! ANCHE IL LARGO CONSUMO PUÒ METTERSI IN MOSTRAdi FRANCESCO MONETA

Se la Moda, che come il Design ormai è considerata Arte, è protagoni-sta del trend “Brand in Mostra”, altri marchi di ogni genere - anche prodotti di largo consumo - hanno raccolto il testimone.

Personalmente ho partecipato a iniziative editoriali che diventavano “Instant Exhibition” – come accadde per “Erté e il Cognac”, volume creato

nel 1991 con Franco Maria Ricci per la Maison Courvoisier – o a Mostre che generavano pubblicazioni e cataloghi a loro volta strumento di Media Re-lations. Ricordo nel 1995 il successo della Mostra+Book di “In principio era il Prodotto”, operazione condotta con l’Istituto Europeo per il Design e Peliti Associati per Procter&Gamble, dove si era data assoluta libertà agli studenti dello IED di reinterpretare tutti i mitici prodotti P&G in modo spesso irrive-rente e trasgressivo, fino a ombrelli e amache realizzati con assorbenti e pannolini.

O “Hair Language”, il primo studio internazionale sul linguaggio dei ca-

pelli realizzato in 105 paesi del mon-do da Ugo Volli, e commentato dal fotografo Dirk Vogel, che nel 1996 coordinammo per Pantene generando impressionanti ritorni stampa: il cuore era il ricercatissimo libro-catalogo, con annesso Dossier PR, mentre la mostra durò solo una sera, giusto il tempo di presentare il progetto ai giornalisti.

Erano infatti iniziative finalizzate soprattutto a ottenere una buona Media Coverage, che nel complesso diventavano cost-effective associando ritorni mediatici quali-quantitativi di tutto rispetto ad azioni ri-posizionanti. Si mettevano in scena sotto una luce diversa prodotti di largo consumo, da

scaffale di supermercato, nobilitati da una reinterpretazione artistica e cul-turale.

MARKETING

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storia di cultura d’impresa straordinaria, nata nel 1846. Il nostro progetto è stato approvato nel mese di settembre, e in poco tempo abbiamo realizzato un pic-colo miracolo – il budget non era ampio – grazie alle preziose risorse umane della nostra Fondazione, al coinvolgimento di collezionisti amici, a diverse sponsoriz-zazioni tecniche.E la prima volta, direi a livello inter-nazionale, che la pelle è stata messa in mostra in modo così transdisciplinare e interattivo. il progetto prende le mosse dalla metà dell’800 offrendo anche una mini-storia dell’arte che arriva fino ai nostri giorni, che esemplifica lo sforzo da parte degli artisti di riprodurre tono e incarnato, di lavorare sulla pelle, sulla identità e sulla bellezza femminile”.E la Mostra effettivamente è ricca e stimolante: si sviluppa in sei sezioni; presenta documenti, oggetti d’epoca, installazioni e oltre cento opere di artisti interpreti di linguaggi diversi – pittura, scultura, nuove tecnologie, fotografia, video, cinema sperimentale - e spes-so di primo rango: basti citare tra gli altri Giacomo Balla, Vanessa Beecroft, Gillo Dorfles (di cui è presente anche un saggio nel catalogo), Marcel Duchamp, Lucio Fontana, Roy Liechtenstein, Piero Manzoni, Man Ray, Auguste Rodin, Mimmo Rotella, Alberto Savinio, Henri de Tolouse-Lautrec, Andy Warhol. Ci sono anche parti inedite che riguardano il tatuaggio e la polisensorialità (con con-tributi dal Museo dei ciechi e dal Museo Anteros di Bologna).“È una mostra sperimentale, fuori dagli schemi, colta e frivola nello stesso tem-po”, continua Martina Mazzotta, “che sta

piacendo molto. Non mi sarei aspettata tanto successo di critica, stampa (80 giornalisti e 10 TV alla presentazione) e pubblico. Culmina in uno skin-lab coordinato da Boots che, rendendo lo sponsor-committente parte integrante del percorso, non viene percepito come invasivo”. Per completare la multidisciplinarietà del progetto non poteva mancare - solo nel giorno della inaugurazione - una per-formance teatrale: scritta per l’occasione, in tre quadri, è stata coordinata da Ro-berto Borghi e affidata all’attrice Arianna Scomegna, mettendo in scena Cleopatra, Margherita e Molly Bloom dalle opere di Giovanni Testori, Michail Bulgakov e Jame Joyce.

I BRAND IN MOSTRA: NUOVA OPPORTUNITÀ DI MARKETINGPER LA CULTURADue storie diverse, con alcuni punti in comune. In entrambi i casi la visione e le risorse dell’Impresa si sono ben integrate

con l’expertise dell’Operatore culturale. Da non trascurare l’importanza del ruolo dell’Agenzia di comunicazione, quando questa riesce ad essere stimolatrice e propiziatrice del rapporto.Questo è un altro modo per gli Operatori culturali di cogliere nuove sfide profes-sionali, e allo stesso tempo arrotondare le magre casse. È evolutivo rispetto al classico “affitto di location”, che in alcuni casi - Teatri, Musei, Spazi polifunzio-nali - rappresenta la principale fonte di introito da privati: qui invece si mettono in gioco la propria identità e la propria expertise, per realizzare progetti cultura-li su commissione.Può essere una ulteriore leva nel mar-keting mix della Cultura? Lo chiediamo ai due protagonisti della case history di “Brand in Mostra”. “I progetti del MUST prevedono collabo-razioni e confronti con i principali attori della società quali istituzioni, imprese, associazioni, fondazioni, altri musei in una logica di condivisione degli obietti-vi”, risponde Giovanni Crupi. “l nostri progetti culturali, a servizio della società e della comunità, sono punto di conver-genza di visioni, sensibilità, impegni ed energie di soggetti diversi, dove il MUST è fulcro e motore di vere e proprie co-produzioni sociali. L’investimento sul Museo e sui suoi progetti diventa in realtà un investimento sulla società attraverso il Museo. Complessivamen-te, il MUST ha sviluppato un modello pubblico-privato con quota di ricavi auto-generati pari a circa il 70% del bud-get totale, mentre per i singoli progetti, per effetto dell’attività di fundraising, registra un rapporto medio tra fonti di finanziamento pubbliche e private pari a 30% e 70% rispetto al costo totale del progetto.Per sopravvivere dobbiamo continuare a crescere e a massimizzare il nostro impatto sulla comunità, al servizio della società e del suo sviluppo.Conclude invece Martina Mazzotta: “Credo che un’iniziativa come que-sta, pionieristica in tutti i sensi, possa rappresentare una via feconda per il futuro, in termini di diffusione di cultura e conoscenza, oltre che di reperimento fondi per l’attività di una Fondazione non profit come la nostra, che vive solo di cultura (e non di moda o altre attività industriali, come molte delle “Fondazioni d’Arte” che conosco)”.

DA NON TRASCURARE L’IMPORTANZA DEL RUOLO DELL’AGENZIA DI COMUNICAZIONE, QUANDO QUESTA RIESCE AD ESSERE STIMOLATRICE E PROPIZIATRICE DEL RAPPORTO

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