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A.05 - Relazioni Specialistiche - Relazione PaesaggisticaTRANSCRIPT
Relazione Paesaggistica 2
Relazione Paesaggistica del Progetto
UTILIZZAZIONE DI FONTE ENERGETICA RINNOVABILE
IMPIANTO IDROELETTRICO del MALLERO
PICCOLA DERIVAZIONE
ai sensi del Piano Paesaggistico Regionale (DGR 8.11.2002 n. VII/11045 e smi)
RICHIEDENTE Mallero Energia S.r.l. PROGETTISTI Studio di Ingegneria Salvetti-
Graneroli
Sondrio, agosto 2013
Marzia Fioroni Dott.ssa in Sc. Ambientali
Relazione Paesaggistica 3
INDICE 3
PREMESSA 4
INTRODUZIONE 5
INQUADRAMENTO TERRITORIALE 6
FINALITÀ e DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO 9
CANTIERISTICA E MODALITÀ DI RIPRISTINO 35
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E VINCOLI 45
ANALISI PAESAGGISTICA 71
ANALISI DI IMPATTO PAESISTICO DELL’INTERVENTO 92
GRADO DI INCIDENZA PAESISTICA DEL PROGETTO 104
DETERMINAZIONE DELL’IMPATTO PAESISTICO 108
CONCLUSIONI E MIGLIORAMENTO AMBIENTALE 109
BIBLIOGRAFIA 112
Fig. 1(copertina) – Il torrente Mallero in periodo invernale nel tratto della proposta derivazione (Val Rosera)
Relazione Paesaggistica 4
PREMESSA
Il presente Studio di Impatto Paesistico è redatto in riferimento al progetto denominato “Utilizzazione
di fonte energetica rinnovabile - Impianto idroelettrico del Mallero - Piccola derivazione” elaborato
nell’agosto 2013 dallo Studio di Ingegneria Salvetti-Graneroli di Sondrio. Si tratta in particolare della
variante progettuale relativa alla costruzione di un impianto idroelettrico (piccola derivazione) sul
torrente Mallero, sull’asta fluviale compresa fra la località San Giuseppe a quota 1.350 m circa e la
Loc. Castellaccio a 1.030 m circa, in comune di Chiesa in Valmalenco (Sondrio).
Le motivazioni che hanno portato alla revisione del progetto originale possono riassumersi nei
seguenti punti:
1) garantire maggiore sicurezza per il personale impiegato, utilizzando T.B.M. per l’esecuzione della
galleria;
2) incrementare la sicurezza idraulica dell’impianto, prevedendo l’eliminazione della vasca di carico
intermedia, troppo distante dall’alveo. La nuova soluzione prevede inoltre la derivazione in condotta
forzata direttamente dalla vasca di carico, con l’eliminazione del canale di adduzione a pelo libero
suscettibile di potenziale perdite ed infiltrazioni;
3) ridurre gli impatti paesaggistici dell’opera, grazie all’eliminazione della strada di accesso alla vasca
di carico/imbocco galleria, con semplificazione della connessa cantieristica. L’imbocco andrà del resto
ad insistere in una zona già rimaneggiata che, ad opere concluse, verrà completamente risistemata;
4) ridurre gli impatti cantieristici e paesaggistici relativi all’opera di presa derivanti dall’eliminazione
della strada d’accesso e dell’area di cantiere situata in sponda destra idraulica.
Il progetto in variante include inoltre le opere riguardanti la realizzazione della strada di accesso alla
centrale il cui tracciato è stato scelto in accordo con la Nuova Serpentino S.p.a. e con il Comune di
Chiesa in Valmalenco. Il progetto finale non si discosta di molto da quello indicato nel P.G.T.
comunale.
Per quanto riguarda i volumi di scavo, i quantitativi sono raffrontabili a quelli della soluzione già
approvata, tranne quelli relativi alla nuova strada di accesso all’edificio centrale. Lo smaltimento del
volume in eccesso verrà attuato con le modalità previste ed approvate precedentemente.
Relazione Paesaggistica 5
INTRODUZIONE
L’esame paesistico, già indicato nel Piano Paesistico del 2001 della Regione Lombardia ed in vigore dal
3 novembre 2003, è previsto ai sensi dell’art.35 delle N.T.A. del Piano Paesaggistico Regionale (incluso
nel nuovo Piano Territoriale Regionale). Tale analisi deve essere applicata a tutti i progetti che
incidono sull’aspetto esteriore di luoghi ed edifici, attraverso la verifica dell’impatto sul contesto in
cui si inseriscono. Lo scopo dell'esame è dunque quello di individuare il grado di impatto paesistico
del progetto, il cui valore è dato dal prodotto aritmetico dei punteggi attribuiti ai giudizi complessivi
relativi alla classe di sensibilità del sito ed al grado di incidenza dell'opera prevista.
La trattazione di seguito esposta rimanda allo schema proposto dalla Regione Lombardia
(“Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, previste dall’art. 30 delle N.T.A. del P.T.P.R del 2001
ed approvate con D.G.R. 8 novembre 2002 – n. 7/11045, ulteriormente richiamate all’art. 35 delle
N.T.A. del nuovo Piano Paesistico), in cui la definizione del grado di impatto è guidata attraverso la
compilazione di apposite tabelle:
• Tabella 1: Modi e chiavi di lettura per la valutazione della sensibilità paesistica del sito d’intervento,
articolata in due sotto-tabelle (Tabella 1A di riferimento per la valutazione sintetica e Tabella 1B di
sostegno per le classi di sensibilità da individuare);
• Tabella 2: Criteri e parametri per determinare il grado di incidenza del progetto, ulteriormente
articolata in due sotto-tabelle (Tabella 2A di riferimento per la valutazione sintetica e Tabella 2B di
sostegno per le classi di incidenza da individuare);
• Tabella 3: Determinazione dell’impatto paesistico complessivo del progetto, in cui si ottiene il grado
di impatto e le relative soglie.
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INQUADRAMENTO TERRITORIALE
La Valmalenco si colloca nel settore retico delle Alpi, ricadendo dal punto di vista amministrativo
entro l’area della provincia di Sondrio; essa si apre all’altezza del capoluogo (Sondrio) con una soglia
sospesa sulla valle dell’Adda, estendendosi in direzione Nord nella sua parte centrale, per allargarsi
nella porzione terminale anche in senso E-O. Di conseguenza, la Valle appare stretta alle quote
minori, ma ampia e ramificata verso la sua sezione terminale.
La Valmalenco è interessata da tre gruppi montuosi: il Disgrazia a Ovest, lo Scalino ad Est e il
Gruppo del Bernina, che ne definisce la testata, al centro. Si tratta di una regione piuttosto
glacializzata, nella quale i cambiamenti climatici in atto stanno determinando forti cambiamenti e la
riduzione dei ghiacciai presenti, fra i quali si segnalano per imponenza i due Scerscen, i due Fellaria e
quelli del Disgrazia. La Valle è bagnata dal torrente Mallero, che nasce dal gruppo del Disgrazia e si
unisce all’Adda presso Sondrio, dopo 29 Km di corso. Fra i suoi immissari, il Lanterna (13 km) ha
origine dal gruppo del Bernina, mentre l’Antognasco, di pari lunghezza, da quello dello Scalino.
Essa confina a Nord con la Svizzera (Canton Grigioni), a Ovest con Svizzera e Valmasino e ad Est con
Svizzera e Val Fontana. L’unico passo relativamente agevole che la mette in comunicazione con la
Confederazione Elvetica è quello del Muretto, un tempo importante valico per le comunicazioni fra
Engadina e Valtellina, oggi di solo interesse escursionistico.
Chiesa in Valmalenco è il capoluogo della vallata; il comune si estende per 11.496 ettari fra gli
800 e i 3.613 m di quota (Monte Disgrazia), dei quali circa il 60% sono posti al di sopra dei 2.000 m,
dando forti connotati alpini a tutta l'area. In connessione alla morfologia, la maggior densità di
popolazione si registra alle quote inferiori del territorio: l'abitato di Chiesa in Valmalenco, articolato
nelle frazioni Sasso, Montini, Somprato, Faldrini, Costi, Curlo, Pedrotti e Vassalini oggi aggregati
oramai in un unicum urbano, sorge su di un terrazzo morenico a circa 1.000 m di altitudine, che
complessivamente consta di 2.755 abitanti (fonte: Censimento 2001). Sul territorio comunale sono
distribuiti, alle quote superiori, numerosi alpeggi, tra i quali Chiareggio, San Giuseppe, Palù, sempre
meno produttivi in termini agro-pastorali e sempre più utilizzati a fine turistico, sia invernale che
estivo.
I successivi estratti cartografici individuano il posizionamento degli interventi su Carta Tecnica
Regionale a scala 1:10.000 della Regione Lombardia (tavoletta C2d4 e C2d5).
Relazione Paesaggistica 7
Fig. 2- Localizzazione delle principali opere di progetto su ortofoto.
Fig. 3 (pagina seguente) - Localizzazione dell’impianto su C.T.R. 1:10.000 (tav. C2d4 e C2d5), con relativa
legenda.
Relazione Paesaggistica 8
Relazione Paesaggistica 9
FINALITÀ E DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO
La committenza intende realizzare un impianto per la produzione di energia idroelettrica sul torrente
Mallero, tramite captazione delle acque ad una quota di circa 1.354 m in località San Giuseppe, la
restituzione a quota 1.024 m in località Castellaccio (Chiesa in Valmalenco).
La derivazione è costituita da una traversa in alveo posta immediatamente a monte della briglia
esistente (loc. San Giuseppe all’altezza della Chiesa); dalla presa, in destra idraulica, si diparte il
manufatto adibito a vasca di carico e decantazione e successivamente la condotta forzata, posata in
galleria sino verso la loc. Primolo. L’imbocco di valle della galleria è situato a quota 1.281,00 m circa,
appena al di sotto del sentiero comunale che dalla loc. Primolo raggiunge la loc. San Giuseppe. Da qui,
e secondo la linea di massima pendenza, la tubazione raggiunge la loc. Castellaccio, ove è prevista la
realizzazione dell’edificio adibito a centrale.
Dall’edificio di produzione si stacca la linea elettrica di consegna della corrente alla rete nazionale. Il
collegamento con l’elettrodotto in MT avviene immediatamente a monte della centrale stessa, in
prossimità dell’imbocco della strada di accesso, dove verrà realizzata una cabina per il sezionamento
della linea. Con l’immissione di questo surplus energetico si rende necessario il potenziamento di
parte della linea stessa, in particolare del tratto tra la cabina Enel posta in località Vassalini (in zona
piscina), e la cabina in località Curlo. Il tutto è meglio rappresentato e descritto nelle tavole
progettuali
Le coordinate Gauss-Boaga delle principali opere in progetto sono le seguenti:
- opera di presa: X:1.464.222 Y:5.127.360,
- imbocco galleria di valle: X:1.564.923 Y:5.125.420,
- centrale di produzione: X:1.565.650 Y:5.125.300,
- punto di rilascio: X:1.565.485 Y:5.125.331.
A seguito sono analizzate nel dettaglio le singole opere che compongono l’impianto.
1) OPERA DI PRESA
L’opera di presa non subirà grosse modifiche rispetto al progetto originariamente approvato: i
principali cambiamenti riguardano la sezione trasversale della traversa, anche alla luce della diversa
quota del fondo alveo. Inoltre, sono previste modifiche nella parte interrata dell’opera, dettate
principalmente dalla necessità di gestire i volumi derivati e da quella di smontare la testa rotante
della TBM.
Relazione Paesaggistica 10
La nuova opera di presa si sviluppa analogamente in destra orografica e sarà costituita in successione
da:
- traversa in alveo con coronamento a quota 1354,30 m;
- scala di rimonta per pesci in sinistra idraulica;
- canale sghiaiatore esterno in destra di larghezza pari a 3,5 m;
- bocca di presa laterale dotata internamente di griglia e sgrigliatore;
- vasca sghiaiatrice;
- vasca dissabbiatrice affiancata da sfioratore di emergenza;
- vasca di carico, anch’essa dotata di sfioratore di emergenza;
- canale di gronda e galleria di scarico;
- cunicolo di accesso all’opera di presa.
La traversa sarà ubicata a monte della briglia esistente, ad una distanza di circa 43 m, ed è del tipo a
soglia fissa tracimabile con ciglio posto a quota 1.354,30 m, altezza pari a circa 5,30 m rispetto al
fondo dell’alveo e sviluppo trasversale di circa 29,30 m. La quota del ciglio risulta invariata rispetto
alla precedente proposta e coincide con quella stabilita dal Disciplinare di Concessione.
La struttura della soglia è in calcestruzzo armato; il paramento di valle, con pendenza h/b = 0,7, è
realizzato con muratura in massi intasati con calcestruzzo. È prevista la realizzazione di una
controbriglia a circa 4,70 m dal paramento di valle. Per consentire un sghiaiamento adeguato il
progetto prevede l’abbassamento della briglia esistente di 2 m, dagli attuali 1.351,886 m a 1.349,886
m Tale abbassamento consentirà una miglior deflusso delle portate a valle della traversa, le quali
verrebbero invece disturbate dalla presenza dello sbarramento.
Il rilascio del DMV verrà sempre garantito dalla realizzazione della scala di rimonta dei pesci con
relativa paratoia a ventola di regolazione.
La scala, realizzata in sinistra orografica del torrente Mallero, manterrà le stesse caratteristiche di
quella approvata in sede di rilascio della A.U., ad esclusione del canale di captazione in alveo e della
paratoia di regolazione che verranno sostituiti da una paratoia a ventola posta all’imbocco della scala
di rimonta. La paratoia, con l’ausilio di un misuratore di livello, regolerà automaticamente il suo
angolo di apertura al fine di mantenere il battente prefissato per il rilascio del DMV.
La scala di risalita è del tipo “pool-and-weir fish ladder”, a bacini successivi, ed è costituita da 10
vasche ricavate mediante setti in C.A., ciascuno avente dimensioni nette pari a 1,70 m (B) x 2,95 m (L),
per una pendenza complessiva di circa il 15,2 %.
Il deflusso fra una vasca e la successiva avviene sia tramite stramazzo dotato di gaveta laterale
Relazione Paesaggistica 11
rettangolare di sezione 0,45 m di larghezza per 0,2 m di altezza, sia attraverso un orifizio posto sul
fondo, di sezione quadrata 0,3 x 0,3 m. Il dislivello fra una soglia e la successiva è pari a 0,5 m.
Fig. 4- Estratto planimetria di progetto Opera di presa (da elaborati progettuali)
Relazione Paesaggistica 12
La scala è dimensionata per consentire il passaggio di una portata di 0,363 m3/s, pari al valore del
Deflusso Minimo Vitale rilasciato dalla paratoia a ventola in corrispondenza dell’imbocco della scala.
Con questa soluzione l’altezza da superare viene suddivisa in una serie di piccoli salti che alimentano
altrettanti bacini tra loro comunicanti per mezzo di stramazzi e bocche a battente: tali aperture,
attraverso le quali fluisce l’acqua, ne regolano il livello in ciascuno dei bacini. L’acqua può pertanto
scorrere in superficie. Il ruolo dei bacini e quello di dissipare, in modo conveniente, l’energia associata
al flusso d’acqua che transita sulla scala, oltre a fornire utili zone di riposo necessarie alla fauna ittica.
Tale struttura permette di svolgere la duplice funzione sia di rilascio della portata di DMV sia di risalita
dell’ittiofauna.
Fig. 5 - Sezione della scala di risalita per ittiofauna (da elaborati progettuali)
Il nuovo canale sghiaiatore è posto a ridosso della griglia di presa laterale e presenta una larghezza
superiore, pari a 3,50 m; esso è chiuso all’estremo di valle da una paratoia a settore che permetterà di
smaltire il materiale solido trasportato dalla corrente e accumulato a monte della traversa tramite
l’apertura periodica. Tale aumento di sezione, anche alla luce dell’esperienza maturata nella gestione
di impianti simili, garantirà un adeguato sghiaiamento durante i periodi di piena senza ricorrere
all’ausilio di mezzi d’opera. La paratoia a settore ha anche l’importante compito di diminuire la
portata convogliata verso l’opera di presa nel corso degli eventi di piena più intensi.
La derivazione della portata da convogliare all’interno dell’impianto idroelettrico avviene sempre
tramite una bocca di presa, dotata di griglie di captazione poste in destra idraulica a monte della
soglia dello sbarramento, di dimensioni pari a 4,25 x 3,20 m. Sulla bocca di presa è prevista
l’installazione di barre verticali in acciaio di sezione rettangolare, con larghezza pari a 6 cm, spessore
di 3 cm e luce netta fra le barre di 50 cm, per evitare che il materiale più grossolano possa colpire o
danneggiare le due griglie e i relativi sgrigliatori posti subito a tergo della bocca di presa.
Relazione Paesaggistica 13
La nuova griglia, dotata di sgrigliatore automatico, ha lo scopo di impedire l’ingresso nella presa di
corpi grossolani, traspostati dalla corrente del torrente che pregiudicherebbero il corretto e sicuro
funzionamento delle paratoie derivatrici.
Fig. 6- Sezione longitudinale della bocca di presa (da elaborati progettuali)
Il sistema di pulizia risulta necessario a causa dell'elevato trasporto solido di fogliame, materiale
minuto ed arbusti o rifiuti di media pezzatura da parte del torrente, che potrebbero causare
indesiderati periodi di fermo impianto e perdite di carico non trascurabili.
La griglia è costituita da barre in acciaio zincato a caldo o acciaio inossidabile, inclinate rispetto alla
verticale di 25° in modo da facilitare le operazioni di sgrigliatura. La luce netta fra le barre risulta pari
a 3 cm. Le singole barre hanno sezione rettangolare, con larghezza pari a 6 cm e spessore di 2 cm. La
griglia sarà poi dotata di opportune barre trasversali di rinforzo e di un telaio esterno rigido per
conferire maggiore stabilità alla struttura.
Lo sgrigliatore sarà automatico del tipo rotante, adatto alle dimensioni ed alle caratteristiche della
griglia, sulla quale è operante.
L'azionamento della macchina è di tipo elettromeccanico mediante gruppo motoriduttore e relativi
alberi di trazione e tensione. Le ruote di comando, montate sull'albero di trazione, e quelle di rinvio
sommerse, sono realizzate in acciaio speciale opportunamente trattato. I pettini rotanti sono montati
sulle catene laterali di trascinamento del tipo a rulli realizzate in acciaio zincato o inossidabile, adatte
per servizio continuo in condizioni gravose. Il gruppo di pulizia dei pettini è costituito da dispositivo
espulsore basculante e relativo raschiatore. Le catene laterali di trascinamento scorrono in sede
propria su elemento di guida sagomato in materiale antifrizione. La semplicità costruttiva della
macchina, unitamente al dimensionamento e alla qualità dei materiali impiegati, garantisce una
notevole affidabilità.
La macchina è composta dalle seguenti parti principali:
- intelaiatura in profilati di acciaio imbullonati alla griglia;
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- albero di comando in tre elementi tubolari flangiati;
- supporti dell'albero di comando completi di cuscinetti di rotolamento a sfere oscillanti, in
camera di grasso. Il tutto montato su piastra scorrevole con tenditore per la registrazione delle
catene;
- ruote dentate di trascinamento in acciaio speciale, opportunamente trattato inchiavettate
all'albero di comando;
- ruote di rinvio sommerse in acciaio speciale opportunamente trattato montate su bronzine
autolubrificate;
- semiassi in acciaio inox montati su supporti imbullonati al telaio della macchina;
- catene di trascinamento in acciaio zincato opportunamente trattato, tipologia a rulli adatte
per servizio continuativo in condizioni particolarmente gravose.
Le catene di trascinamento degli elementi raschianti scorrono in sede propria in un elemento di guida
sagomato.
Tali guide sono realizzate in materiale fuso antifrizione opportunamente profilato e sono fissate
mediante viti in acciaio inossidabile nelle sedi di alloggiamento.
- elementi raschianti in profilato di acciaio con riporto nella parte strisciante sulla griglia di
profilato piatto in materiale plastico speciale registrabile ed intercambiabile.
- bulloneria in acciaio inox AISI 304.
- motoriduttore elettrico adeguatamente dimensionato per il comando della macchina,
completo di cofanatura di protezione.
- quadro elettrico di comando con tipologia PLC, in cassa stagna IP55, per installazione a
parete.
I dati caratteristici risultano:
- larghezza griglia: 4.700 mm;
- altezza di scarico (rispetto alla soletta) 1.850 mm;
- sviluppo macchina ca. 6.650 mm;
- motoriduttore 3 KW 220/380 V - 50 Hz.
Il materiale estratto attraverso lo sgrigliatore verrà scaricato su un nastro trasportatore che
provvederà a convogliarlo verso i cassonetti posizionati sulla soletta di copertura del canale
derivatore, in prossimità del locale pompe e quadri delle paratoie derivatrici
All’imbocco del canale di derivazione verranno installate 2 paratoie piane a strisciamento poste in
serie, ciascuna di dimensioni 400 x 215 cm, denominate PA105 e PA106. Tali organi consentiranno di
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escludere la derivazione dell’impianto in condizioni di piena straordinaria o in situazioni di
manutenzioni programmate.
La portata derivata verrà convogliata all’interno della vasca sghiaiatrice per il trattenimento del
materiale solido più grossolano non intercettato dalla griglia di presa. Tale opera è stata rivista al fine
di consentire la gestione della portata derivata e la regolazione del livello idrico di gestione
dell’impianto. Essa presenta una larghezza di 4,00 ml, una pendenza longitudinale del 3% e una
lunghezza di circa 42 ml, misurati dalla paratoia derivatrice (PA106) sino alla soglia di intercettazione
del materiale trasportato dalla corrente.
L’opera permette l’espulsione, tramite l’apertura della paratoia di scarico di fondo P104 (dim. 1,00 x
1,00 m), del materiale depositato al suo interno. Tale paratoia è posizionata sulla parete di sinistra e
comunica con il canale di gronda.
L’altezza media del battente d’acqua all’interno della vasca sghiaiatrice è di circa 2,10 m, per
un’altezza minima di 1,50 ml e un’altezza massima di 2,70 ml.
Alla quota di regolazione, pari a 1.354 m il volume di acqua nella vasca sghiaiatrice è di circa 360 m3
La vasca dissabbiatrice, posta in serie alla vasca sghiaiatrice, presenta anch’essa una larghezza
costante di 4 ml; la pendenza longitudinale è pari al 2,5% e la lunghezza complessiva è pari 25 ml. Lo
scopo del manufatto è quello di far depositare il materiale più fine trasportato dalla corrente ed
espellerlo, tramite l’apertura della paratoia di scarico di fondo P103 (dim. 1,00 x 1,00 m),
nell’adiacente canale di gronda.
In parete sinistra della vasca saranno ricavate delle soglie sfioranti laterali poste alla quota 1.354,10
m, di lunghezza totale di 10,00 ml; esse permetteranno lo smaltimento delle portate transitanti
nell’impianto eccedenti il valore massimo consentito.
Le acque sfiorate vengono convogliate prima all’interno del sottostante canale di gronda parallelo al
manufatto dissabbiatore e successivamente scaricate all’interno del torrente Mallero attraverso una
galleria di scarico. Alla quota di regolazione, il volume di acqua contenuto nella vasca dissabbiatrice è
pari a circa 300 m3.
La vasca di carico, di sezione rettangolare con larghezza pari a 4 ml, è caratterizzata da una pendenza
di fondo del primo tratto pari al 14% e una pendenza dello 0% in corrispondenza della paratoia di
scarico di fondo e della paratoia testa condotta.
Il manufatto presenta un opportuno ribassamento del fondo fino alla quota di 1.349,10 m, al fine di
garantire il necessario battente idrico sull’imbocco della condotta forzata. Nella vasca è prevista la
posa di una paratoia P102 (dim. 1,00 x 1,00 m) per lo scarico di fondo e di una paratoia testa condotta
P101 (dim. 1,40 x 1,40 m) per il sezionamento della tubazione. Altra paratoia presente nella vasca di
Relazione Paesaggistica 16
carico è quella di sezionamento della condotta forzata avente dimensioni pari 1,40 m x 1,40 m.
Quest’ultima, del tipo a sganciamento automatico, avrà anche funzione di sicurezza: qualora i
misuratori di portata installati a monte ed a valle della condotta rilevassero valori differenti di portata
o una sovravelocità della stessa, la paratoia di sezionamento condotta si chiuderebbe
immediatamente interrompendo il flusso nella tubazione.
Anche la vasca di carico avrà soglie sfioranti laterali poste a quota 1.354,10 m e lunghezza totale pari
a 8,50 m, che permette lo smaltimento delle portate transitanti nell’impianto eccedenti quella
massima di concessione. Le acque sfiorate sono convogliate prima all’interno del canale di gronda
parallelo alla vasca di carico e successivamente all’interno del torrente Mallero attraverso la galleria
di scarico. Il volume complessivo della vasca di carico è pari a circa 262 m3. Nella parte superiore delle
tre vasche è inoltre prevista una passerella pedonale di larghezza pari a 1,60 m, protetta con
parapetti metallici in acciaio zincato a caldo, e accessibile dalla galleria di servizio tramite una porta a
tenuta stagna, a sua volta raggiungibile attraverso una scala in carpenteria metallica. Tale passaggio
permetterà di ispezionare in sicurezza idraulica l’opera di presa durante il regolare esercizio
dell’impianto o in caso di interventi di manutenzione sugli organismi delle paratoie.
La soglia di sfioro realizzata nella vasca dissabbiatrice e di carico è costituita da una parete in c.a. di
spessore pari a 50 cm, opportunamente sagomata per facilitare lo scarico delle acque verso il canale
di gronda. Il canale a sezione pseudo rettangolare di larghezza utile pari a circa 2,25 m e pendenza del
fondo variabile tra il 2,5% del primo tratto e il 14% del secondo tratto, convoglierà le acque sfioranti o
di scarico verso il cunicolo di scarico sul torrente Mallero. Il cunicolo, di lunghezza pari a 40 ml, avrà
una pendenza del 8,2% e sezione a calotta circolare avente base di 3,8 m e altezza di 3,8 m.
In corrispondenza dello scarico delle acque nel torrente Mallero è prevista la realizzazione di idonee
protezioni spondali mediante scogliera in massi ciclopici.
A impianto fermo e completamente vuoto sarà possibile accedere al fondo del canale di gronda e
della galleria di scarico per le operazioni d’ispezione e/o manutenzione con idonei mezzi d’opera
attraverso la completa apertura della Paratoia P108 (Dim. 2,00 x 2,50 m). Una rampa con pendenza
pari al 16% consentirà di raggiungere con mezzi d’opera la zona posta sopra le paratoie derivatrici per
eventuali manutenzioni al locale pompe e quadri delle paratoie, o smaltimento del materiale
proveniente dallo sgrigliatore. All’interno di questa zona, in sicurezza da un punto di vista idraulico,
verranno posizionate le centraline oleodinamiche necessarie alla movimentazione delle paratoie.
L’area d’intervento dell’opera di presa è accessibile mediante una pista arginale carrabile esistente,
posta in sinistra idraulica del torrente Mallero, che parte dalla loc. Val Rosera. Per garantire
l’esecuzione delle opere in assoluta sicurezza idraulica si prevede di realizzare una galleria di accesso
Relazione Paesaggistica 17
all’interno del versante roccioso posto in destra idraulica. L’attraversamento del torrente Mallero,
per raggiungere tale cunicolo avverrà tramite un nuovo ponte in ferro e cls posto 75 m a valle
dell’esistente briglia e realizzato in sicurezza idraulica nei confronti delle piene del torrente. La quota
dell’estradosso dell’impalcato è 1.345,90 m, mentre la luce libera risulta essere pari a 28,00 m.
Nella figura seguente è rappresentata la sezione trasversale del ponte.
Fig. 7- Sezione
trasversa del
ponte di nuova
costruzione (da
elaborati
progettuali)
I collegamenti longitudinali dell’impalcato sono realizzati mediante profilati tipo HEB 1000 in acciaio S
355 (Fe510); per ricoprire la distanza esistenze fra le spalle in calcestruzzo armato tali travi vengono
unite tramite opportuna bullonatura; in particolare per ogni singolo collegamento si utilizzeranno tre
travi HEB 1000, una centrale di 12 metri e le altre laterali di 8,80 m, per un totale di 4 collegamenti
longitudinali. I collegamenti trasversali sono invece realizzati mediante profilati HEA 300. L’impalcato
in acciaio è dotato di opportuni controventi sia orizzontali che verticali dal diametro di 20 mm. La
soletta di copertura prevede la posa di una lastra predalles di 5 cm sopra la quale viene realizzata una
soletta piena con spessore di 25 cm.
Il ponte è dotato di opportune barriere stradali H28P-02 tipo Margaritelli, all’esterno delle quali
verranno posizionati dei listoni in legno per un miglior inserimento ambientale dell’opera. La
larghezza della struttura risulta essere pari a 4 m.
La galleria, di lunghezza complessiva di circa 50,00 ml, larghezza utile di 6,00 m e pendenza
longitudinale del 4,8 %, consentirà di raggiungere il camerone di imbocco alle gallerie di servizio della
condotta forzata e dell’opera di presa. La sua funzione di, oltre a dare accesso per manutenzioni e
Relazione Paesaggistica 18
ispezioni, è quella di consentire l’ingresso alle opere in piena sicurezza durante l’esecuzione dei lavori.
Infatti è prevista la realizzazione dell’intera opera di presa a partire da valle. L’innesto sul torrente
costituente la bocca di presa verrà realizzato come ultima opera, al fine di consentire alle maestranze
di lavorare all’interno della galleria in assoluta sicurezza.
Altro fattore importante che ha determinato le dimensioni del cunicolo di accesso è la necessità di
smontare e allontanare la testa fresante della TBM a galleria terminata.
In fase costruttiva le pareti saranno opportunamente stabilizzate con rivestimento provvisorio (spritz
– beton rete elettrosaldata ed eventuali centinature metalliche) e successivamente completate con
rivestimento definitivo in c.a..
Nella parte iniziale in detrito è prevista la realizzazione di infilaggi in micropali fino al raggiungimento
dell’ammasso roccioso. Per quanto riguarda questi ultimi si precisa che la scelta di modificare
leggermente la posizione planimetrica e soprattutto la quota dell’impalcato del ponte è stata dettata
da esigenze sopraggiunte a seguito di verifiche idrauliche, richieste anche in sede istruttoria.
Nella zona ove sorgerà l’opera di presa sono previsti interventi di sistemazione arginale, in modo da
garantire la completa sicurezza idraulica dell’area; in particolare in sinistra idraulica, in
corrispondenza della traversa di presa, è prevista la costruzione di un nuovo muro arginale in massi
ciclopici del tutto simile a quello esistente.
Fig. 8 - Imbocco della galleria di servizio e del ponte sul Mallero (da elaborati progettuali)
Una nuova scogliera d’argine verrà realizzata nel tratto d’alveo compreso fra la controbriglia
esistente a valle della traversa di presa e il ponte sul torrente di nuova realizzazione per il
raggiungimento della galleria di accesso all’opera di presa; le scogliere previste anche sul lato destro
consentiranno di mettere in sicurezza le nuove spalle del ponte. Alla fine dei lavori si provvederà alla
risistemazione e rettifica della pista arginale e verranno eseguiti anche interventi di ripristino dei
luoghi limitati alle sole aree di cantiere. Saranno praticamente assenti opere di mitigazione in quanto
la quasi totalità dell’opera di presa si svilupperà in “caverna”.
Relazione Paesaggistica 19
Fig. 9 - Foto inserimenti dell’opera di presa (da elaborati progettuali)
Relazione Paesaggistica 20
2) GALLERIA
L’opera più importante dell’impianto e quella che presenta la maggiori difficoltà esecutive è
sicuramente la galleria nella quale verrà alloggiata la condotta forzata. Essa avrà una lunghezza
complessiva di circa 2.130 m, ed un dislivello di 70 m. L’esecuzione è prevista partendo da valle con
l’ausilio della fresa, brevemente chiamata anche TBM (Tunnel Boring Machine). Il nuovo punto
d’imbocco è situato a circa 1.281,00 m, in prossimità dell’area di bonifica esistente, che ha una
morfologia tale da consentire, con poche lavorazioni, l’approntamento della fresa.
Dall’imbocco di valle, la galleria si sviluppa lungo un tratto con curvatura molto ampia, avente raggio
pari a 1,5 km. Tale valore risulta essere compatibile con i raggi minimi necessari alla TBM per
funzionare in modo corretto e ottimale. La lunghezza di questa porzione è di circa 1.493,00 m. La
restante parte di 637,00 m presenta andamento rettilineo fino al raggiungimento dell’opera di presa.
Da quest’ultima si provvederà alla rimozione della testa fresante della TBM, che potrà essere
riportata all’imbocco della galleria facendole percorrere in senso inverso tutto lo scavo effettuato in
precedenza. I dati caratteristici della nuova galleria realizzata con TBM sono i seguenti:
1. Quota imbocco = 1.281 m;
2. Lunghezza totale = c.a. 2.130,00 m;
3. Diametro della sezione di scavo = 3,90 m;
4. Area di scavo della sezione = 11.94 m2;
5. Dislivello = c.a. 70 m;
6. Pendenza =3,19 %.
Il materiale derivante dallo scavo della galleria verrà utilizzato per ricolmare alcune camere di
coltivazione della miniera in esercizio di Brusada-Ponticelli ubicata in comune di Lanzada, di proprietà
di uno dei soci del concessionario.
All’imbocco di valle delle galleria è prevista la realizzazione di un portale di ingresso per l’accesso.
Sulla base delle informazioni geologiche a disposizione, la galleria interseca materiale roccioso:
- dalla sezione 132 alla 110 vi è presenza di serpentiniti antigoritiche;
- dalla sezione 110 alla 44 si registra la presenza di gabbri.
A seconda delle caratteristiche geologiche presenti si sono ipotizzate tre diverse sezioni tipo di scavo.
In roccia compatta, che dovrebbe essere per circa 80/90% del tratto, non sono previsti rivestimenti di
alcun tipo, in quanto le caratteristiche geomeccaniche sono tali da non richiedere nessun tipo di
rinforzo della sezione.
Relazione Paesaggistica 21
Fig. 10- Sezione dell’imbocco di valle della galleria (da elaborati progettuali)
In presenza di situazioni locali di roccia degradata sono ipotizzabili due tipi di interventi, a seconda del
livello di degrado:
- su roccia mediamente degradata è prevista la posa di pannello tipo liner-plate, ed il completamento
con spritz beton rinforzato con maglia elettrosaldata per uno spessore totale del rivestimento pari a
13-15 cm;
- su roccia degradata sarà realizzata la centinatura mediante profilati IPE 100, posa di rete
elettrosaldata e spritz beton per uno spessore totale del rivestimento pari a 17-20 cm.
L’utilizzo della TMB per lo scavo presenta indubbi vantaggi, fra i quali:
1. minore inquinamento acustico dovuto allo scavo senza impiego di esplosivi;
2. lo scavo con fresa offre maggiori garanzie di stabilità del versante, anche in riferimento alla
presenza del cosiddetto “Sasso del cane”;
3. minore rischio di inquinamento ambientale;
4. riduzione dei tempi di costruzione grazie alla elevata velocità di scavo e formazione del
rivestimento garantita dal sistema TBM, che permette di eliminare i lunghi tempi morti legati allo
scavo tradizionale (i continui cambi di fase lavorativa per poter fare uscire il mezzo impegnato al
fronte e far entrare il mezzo per la fase successiva - jumbo, pala, escavatore, pompa spritz,
autobetoniera, etc.);
5. il minor disturbo nell’ammasso: la geometria della sezione di scavo più favorevole dal punto
di vista statico rispetto a quella con piedritti verticali e platea piana;
6. le lavorazioni, rispetto allo scavo in tradizionale, seppure sempre in un ambiente confinato,
sono più semplici e meno logoranti (ambiente di lavoro più confortevole);
Relazione Paesaggistica 22
7. maggiore sicurezza del personale impiegato, eliminazione dei fumi dovuti alle volate e dei
fumi di scarico dei mezzi;
8. migliore ventilazione dei cantieri in sotterraneo;
9. a parità di sezione minima, l’eliminazione totale del sovrascavo che con la tecnologia TBM
riduce il quantitativo di smarino.
L’utilizzo della T.B.M. permette di meccanizzare tutte le operazioni di scavo e rivestimento. Lo
smarino viene recuperato con sistema ferroviario, in quanto la macchina è in grado di caricare un
treno contenente tutto il materiale proveniente dallo scavo di 1,20 m di galleria; anche l’eventuale
rivestimento è eseguito con sistemi industrializzati che garantiscono una buona produzione e qualità
dell’opera. Infatti tutti i materiali vengono trasportati all’interno tramite idonei treni di servizio e posti
in opera con attrezzature appositamente studiate (erettore centine, pompa cls con braccio
robotizzato, etc,).
Fig. 11- Foto inserimento dell'imbocco della galleria (da elaborati progettuali)
3) CONDOTTA FORZATA
Dalla vasca di carico ha inizio la condotta forzata DN 900 mm, che si sviluppa per una lunghezza totale
di 3.011,35 m. La quota dell’asse della condotta in corrispondenza dell’imbocco è di 1.350,75 m,
mentre quella in corrispondenza dell’arrivo in centrale è di 1.029,60 m per un dislivello geometrico di
321,15 m.
Relazione Paesaggistica 23
Alla luce delle modifica progettuale che prevede la posa di un tratto di circa 2.185 ml di condotta in
sostituzione del tratto di galleria di adduzione/vasca di carico previsto nel progetto approvato, si è
deciso di adottare un DN 900 mm per la condotta forzata (in sostituzione del DN 800 mm ). Tale scelta
è dettata dal fatto che l’aumento considerevole della lunghezza della condotta forzata (880 ml
progetto approvato – 3011,35 ml progetto in variante) implica un aumento delle perdite di carico. A
tal proposito la scelta di adottare un DN 900 mm va a compensare l’aumento delle perdite di carico.
Sulla base delle caratteristiche geometriche/strutturali e soprattutto sulla modalità di posa della
stessa, la condotta può essere suddivisa in due tratti ben distinti:
- primo tratto, interamente all’interno della galleria e del camerone d’accesso in opera di
presa, di lunghezza complessiva di circa 2.185 m. La galleria ha un diametro massimo di 3,90 m (nelle
zone con roccia compatta), variabile fino a 3,56 m nelle zone con roccia degradata a causa del
maggior rivestimento interno, e una lunghezza complessiva di circa 2.130 m. Prima dell’inizio della
posa della condotta verrà realizzata la platea di base e verrà predisposta la canalina metallica che
dovrà alloggiare la fibra ottica ed il cavo di alimentazione in BT. All’interno di essa viene posata la
condotta forzata, avente diametro di 900 mm e spessore di 10 mm.
La posa della condotta è prevista su supporti in acciaio collegati a un collare di irrigidimento
composto da due piatti accoppiati dello spessore di 1 cm. Le tubazioni arriveranno in cantiere già
dotate di tale sistema di appoggio oltre che ricoperte internamente ed esternamente di pitture
epossidiche. Avranno una lunghezza complessiva di 10 m e la testa del tubo verrà lavorata
adeguatamente per consentirne una saldatura testa a testa a completa penetrazione. La saldatura
verrà eseguita esternamente alla tubazione. La posa è prevista partendo dall’alto, accedendo da
valle. Il trasporto avverrà con appositi carrelli che verranno studiati per facilitare lo scarico all’interno
della galleria. Una volta posati i primi due tubi la squadra di saldatori provvederà ad eseguire una
saldatura di serraggio. Tale operazione verrà ripetuta per circa 200 volte fino al completamento della
posa. In contemporanea altre due squadre di saldatori eseguiranno l’intera saldatura della tubazione.
- secondo tratto, a valle della galleria, con la condotta quasi completamente interrata per una
lunghezza di 826,36 m. Dall’uscita della galleria fino alla sezione 20 per una lunghezza di circa 326,83
m la condotta si sviluppa lungo la linea di massima pendenza e presenta uno spessore tra i 10 e 12
mm. Il secondo tratto interrato, dalla sezione 20 fino all’arrivo in centrale per una lunghezza di circa
499,53 m, percorre un tratto fortemente antropizzato, ed è caratterizzato da pendenze molto
variabili; qui è previsto l’utilizzo di spessori variabili che vanno dal 12 mm nella parte alta, ai 14 mm in
vicinanza dell’edificio centrale. La condotta interrata interseca in due punti la pista di cantiere che
Relazione Paesaggistica 24
porta all’imbocco della galleria, e in un punto la strada comunale per San Giuseppe. Lungo l’intero
sviluppo sono posizionati 9 vertici verticali e 9 orizzontali.
Fig. 12 - Modalità di posa della condotta forzata in galleria (da elaborati progettuali)
A fianco della condotta prevista la posa di un tubo in acciaio avente diametro pari a 300 mm, per il
convogliamento delle eventuali acque di infiltrazione provenienti dalla galleria. Tale tubazione parte
dall’apposito pozzetto situato in corrispondenza dell‘imbocco della galleria, posizionato alla fine del
canale in cls per lo smaltimento delle acque, e termina nel canale di scarico della centrale di
produzione.
Nei tratti su terreno naturale a bassa - media pendenza, in particolare dove la posa è effettuata su
depostiti detritici, si opera realizzando uno scavo di sbancamento con larghezza al fondo di circa 1,20
cm e profondità minima di circa 2,00 m; per tutta la lunghezza della condotta è previsto la stesura di
uno strato di posa in sabbia e ghiaietto e la realizzazione di uno strato di copertura in ghiaia, il resto
dello scavo verrà rinterrato con il materiale di risulta.
Fra la sezione 20 e 14, la condotta intercetta il substrato roccioso: qui la posa avviene su uno strato di
sabbia e ghiaietto ed è previsto il rinfranco con calcestruzzo.
Relazione Paesaggistica 25
Fig. 13 - Sezione tipo posa condotta forzata in roccia (caso A) (da elaborati progettuali)
Fig. 14 - Sezione tipo posa condotta forzata in roccia (caso B) (da elaborati progettuali)
In corrispondenza della centrale, fra la sezione 10 e 6, la condotta forzata passa al di sotto della nuova
strada di accesso all’edificio di produzione. La sezione tipo prevede la posa su uno strato di sabbia e
ghiaietto e ricopertura con il materiale proveniente dagli scavi.
Grande attenzione verrà posta alle operazioni di ripristino ambientale mediante sistemazione delle
piste coinvolte dai lavori ed inerbimento delle aree boschive e prative interessate dagli scavi.
Come rilevabile dalla relazione di calcolo allegata si è prevista la realizzazione di diversi blocchi di
ancoraggio da posizionarsi nei punti di cambio di pendenza o di direzione della tubazione. A lavori e
ripristino ambientale ultimati, la condotta forzata risulterà totalmente interrata e quindi non visibile.
Relazione Paesaggistica 26
All’imbocco della condotta forzata, in corrispondenza della vasca di carico, è previsto il
posizionamento della paratoia di testa condotta (P101) di dimensioni 1,40 x 1,40 m, per il
sezionamento della condotta. Quest’ultima paratoia, del tipo a sganciamento automatico, avrà anche
funzione di sicurezza, infatti, qualora i misuratori di portata installati a monte e a valle della condotta
rilevassero valori differenti di portata o una sovra velocità della stessa, la paratoia di sezionamento
condotta si chiuderebbe immediatamente interrompendo il flusso nella tubazione.
È prevista infatti l’installazione di strumenti per la misurazione delle portate di tipo digitale muniti di
sonda ad ultrasuoni. Tale sistema, interamente digitale, viene impiegato nella misura dei valori di
velocità, portata istantanea e portata integrata di fluidi nei canali e tubazioni.
Le sonde funzionano alternativamente come emettitore e come ricevitore di un impulso ad ultrasuoni
mentre l'oscillatore piezo-ceramico della sonda, eccitato da un impulso di tensione generato dal
convertitore di misura, emette un impulso ad ultrasuoni che propagandosi nel fluido viene ricevuto
dalla sonda opposta e nuovamente convertito in un segnale elettrico. Il convertitore calcola la
velocità del fluido dalla misura della differenza del tempo di transito dell'impulso che
alternativamente viene trasmesso fra le sonde in direzione favorevole o contraria alla direzione del
moto del fluido. Le coppie di trasduttori saranno montate all’interno della condotta forzata, due
coppie verranno posizionate in prossimità della vasca di carico (minimo 10 diametri dall’imbocco) e
due coppie verranno posizionate nell’apposito locale per la misura delle portate. Avendo installato i
misuratori di velocità su due sezioni distinte (monte e valle) è possibile verificare eventuali anomalie
all’interno della condotta, come rotture che causano forti variazioni di velocità; in queste situazioni il
sistema di controllo provvede alla chiusura tempestiva della paratoia di testa condotta. Nel tratto
iniziale è infine prevista l’installazione di un aeroforo al fine di scongiurare la formazione di pericolose
depressioni in condotta a seguito della chiusura della paratoia di testa condotta. Vista la notevole
lunghezza della forzata, e di conseguenza gli enormi volumi di acqua in gioco, si è optato per
l’inserimento di una ulteriore valvola di sezionamento della condotta in corrispondenza dell’imbocco
della galleria. Tale valvola avrà anch’essa funzioni di sicurezza nel caso si verificassero perdite
all’interno della condotta forzata. A fianco della condotta forzata è prevista la posa di un doppio
cavidotto all’interno dei quali vengono posizionati un cavo B.T. e una fibra ottica per la trasmissione
dei dati. Per rilevare le portate rilasciate dalla paratoia a ventola preposta al deflusso del DMV in
corrispondenza della traversa di presa è prevista l’installazione di un misuratore di livello, ad esempio
funzionante tramite un sensore di pressione o a ultrasuoni, in grado di convertire il segnale rilevato in
termini di livello idrico. Tale misura sarà poi convertita a sua volta in un valore di portata attraverso
l’impiego di una relazione funzionale detta scala di deflusso o scala delle portate.
Relazione Paesaggistica 27
Anche all’interno delle vasche di carico, dissabbiatrici e sghiaiatrici verranno installati idonei
misuratori di livello al fine di consentire la regolazione dell’impianto in tempi brevi.
Altra apparecchiatura adottata è quella che riguarda il controllo del livello della ghiaia all’interno delle
vasche, che regolerà l’apertura in automatico delle paratoie di fondo delle vasche per consentirne
l’allontanamento.
4) STRADA DI ACCESSO ALLA CENTRALE DI PRODUZIONE
La centrale di produzione, come già previsto in sede di approvazione del progetto, sarà raggiungibile
grazie alla realizzazione di una nuova strada di accesso che si innesta sull’esistente strada comunale
per San Giuseppe, e giunge fino al piazzale del depuratore acque.
Lo studio del tracciato è stato condotto in accordo con la Nuova Serpentino S.p.a. e con il Comune di
Chiesa in Valmalenco. Il progetto finale non si discosta di molto da quello indicato nel P.G.T. in vigore.
La lunghezza totale della strada è di circa 496,92 m, con una pendenza massima del 14,26 % nel tratto
in prossimità della centrale, una pendenza minima del 2,79% e una pendenza media del 9,22 %. Lungo
tutto lo sviluppo sono presenti 9 curve planimetriche con raggi di curvatura sufficienti al transito di
mezzi d’opera importanti e necessari soprattutto al trasporto delle apparecchiature
elettromeccaniche (turbine/generatori e trasformatori). La larghezza della carreggiata è di 6 m e la
pavimentazione sarà realizzata con stesura di ghiaia e sabbia proveniente dalla frantumazione del
materiale di risulta degli scavi; la baulatura ha pendenza del 2/3%. Il tutto verrà completato con la
stesura finale del manto stradale composto da uno strato di tout venant di spessore 8-10 cm e
tappetino d’usura di spessore 3 cm. Lungo lo sviluppo della strada si costruiranno sia muri di
controripa a semi gravità a sostegno delle scarpate sopra strada, sia muri di sostegno a semi gravità in
massi ciclopici.
Lungo tutta la carreggiata è prevista la posa di idonee protezioni stradali e guard-rail, costituiti da una
barriera in legno e acciaio. Una canaletta alla francese, con larghezza pari a 65 cm permetterà lo
smaltimento delle acque meteoriche.
Relazione Paesaggistica 28
Fig. 15 - Vista
panoramica della
centrale di
produzione e della
pista di accesso
(da elaborati
progettuali)
Fig. 16 (sotto) -
Estratto Disciplina
aree P.G.T. In
grigio la strada in
progetto
Relazione Paesaggistica 29
5) CENTRALE DI PRODUZIONE
Le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio centrale in variante sono simili a quelle dell’edificio
approvato in sede di A.U. Esso è ubicato in sponda destra del torrente Mallero, all’interno dell’area
della “Nuova Serpentino d’Italia” in località Castellaccio (comune di Chiesa in Valmalenco). L’edificio è
previsto in gran parte interrato, ricoperto a verde nella parte superiore; i diversi locali sono sfalsati
plano-altimetricamente per ottimizzare gli spazi e ridurre gli ingombri. L’estensione planimetrica
risulta essere di circa 305 m2.
Le aree più significative all’interno della centrale risultano essere:
- piano di scarico / ingresso (posto a quota 1.040 m);
- sala quadri (posta a quota 1.035,5 m);
- locale comandi (1.035,5 m)
- locale trasformatori (posto a quota 1.040,35 m );
- sala macchine (1.028 m).
L’edificio, di cui è stato particolarmente curato l’aspetto architettonico, è strutturato in 2
volumi principali così organizzati:
- sulla parte nord est, con uno sviluppo perfettamente rettangolare, verrà ricavato un
volume di altezza pari a 21,70 m, di cui 10,90 m altezza massima fuori terra, dove sarà ospitato il
gruppo elettromeccanico di produzione. Tale spazio è denominato “sala macchine”; la dimensione in
pianta è pari a circa 11,00 ml x 15,70 ml;
- in adiacenza al volume di cui sopra, ad una quota di imposta superiore, verrà
realizzato lo spazio destinato all’ingresso, alla baia di scarico, alla sala quadri ed alla zona
trasformatori con dimensioni di circa 11,00 m x 10,30 m, altezza di 13,90 m, di cui massima fuori terra
di 9,80 ml .
I materiali che caratterizzano i prospetti dell’edificio saranno il rivestimento in pietrame,
l’intonacatura con tinteggiatura RAL 1015 e alcuni elementi di copertura in rame. La struttura
portante dell’edificio sarà realizzata con muri in calcestruzzo armato con struttura orizzontale in lastre
alveolari prefabbricate del tipo RAP.
Le pareti del locale trasformatore saranno in cemento armato e comunicheranno
direttamente sull’esterno attraverso una griglia in carpenteria metallica di dimensioni 4,00 x 3,00 m.
Come rilevabile dai disegni di progetto, la sala macchine sul lato nord, est e ovest, risulterà
completamente interrata. Solamente parte della parete a sud risulterà fuori terra.
Le n. 3 vetrate della sala macchine, di dimensioni pari a 1,20 m x 3,10 m, saranno fisse, in
profilato d’alluminio con doppio vetro insonorizzato e con elementi decorativi in serpentino.
Relazione Paesaggistica 30
Le porte ed il portone per l’ingresso dei mezzi alla baia di scarico (dimensioni 4,00 m x 4,00 m)
saranno rivestiti in legno. La copertura dell’edificio come tutte le opere di lattoneria saranno
realizzate in rame.
All’interno dell’edificio verrà installato un carroponte con portata pari a 20 tonnellate per
movimentare le opere elettromeccaniche presenti in centrale.
Nella sala macchine verrà installato un gruppo Pelton ad asse verticale, dimensionato per
turbinare la portata massima stabilita da disciplinare di concessione e pari a 1.300 l/s.
La scelta di installare un unico gruppo turbina e generatore, è dovuta al fatto che le portate
media e massima turbinabili risultano notevolmente inferiori alla portata media naturale del torrente
Mallero, determinando così una curva di durata delle portate derivate costante a relativamente
omogenea, anche nel periodo invernali.
Le caratteristiche principali del gruppo turbina e generatore sono le seguenti:
Portata massima turbinabile: 1.300 l/s
Potenza nominale: 3.700 kW
Salto utile netto con Q max: 312,3 m
Velocità di rotazione: 1.000/750 rpm
Fig. 17 - Foto inserimento della centrale di produzione
Relazione Paesaggistica 31
6) CANALE DI RESTITUZIONE
La turbina scaricherà l’acqua in uscita dalla girante in un canale di restituzione a sezione rettangolare
in calcestruzzo armato, di larghezza 1,00 m, altezza 1,3 m, lunghezza di circa 28,4 m e pendenza
longitudinale del 4,6 %. Esso consente il convogliamento delle acque turbinate direttamente nell’alveo
del torrente Mallero in completa sicurezza idraulica, ad una quota di 1024,00 m. L’accesso al canale di
restituzione è possibile direttamente dalla sala macchine mediante la rimozioni di speciali botole
dotate di scale alla marinara per l’ingresso in sicurezza alle fosse.
Sul fondo del canale di restituzione è prevista la posa di un sistema di scambiatori che consentiranno il
raffreddamento dei generatori mediante un sistema di tubazioni in acciaio INOX. Una lamella sul
fondo permetterà di mantenere sempre immersi gli scambiatori.
Nel tratto finale dello scarico verrà realizzato un pozzetto sifone in modo da smorzare le velocità
dell’acqua in uscita, e soprattutto ridurre al minimo i rumori provenienti dall’interno della centrale
idroelettrica; inoltre, dopo il pozzetto sifone, verrà posizionata anche una griglia anti-uomo.
L’accesso al canale è consentito anche dall’esterno della centrale mediante una botola situata in
corrispondenza del pozzetto/sifone dotata di scala alla marinara per consentire in sicurezza l’accesso
delle maestranze per ispezioni periodiche programmate.
7) LINEA ELETTRICA
Il progetto per collegare la nuova centrale di produzione con la rete elettrica nazionale può essere
suddiviso in tre interventi distinti:
1) realizzazione del tratto di linea in MT che dalla centrale di produzione porta alla nuova cabina
elettrica.
2) realizzazione della nuova cabina elettrica in prossimità dell’innesto della strada di accesso
all’edificio centrale con la strada comunale Chiesa Valmalenco-Chiareggio.
3) posa della nuova linea in MT, collegata in entra–esci con la linea esistente, al di sotto della strada
comunale Chiesa Valmalenco-Chiareggio ad una distanza di circa 15 metri dalla nuova cabina.
Mentre il primo e il secondo intervento saranno a carico dell’impresa a cui verrà affidata la
realizzazione dell’impianto idroelettrico, il terzo verrà svolto direttamente da Enel Distribuzione.
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE E DI ESERCIZIO
Tensione di esercizio: 15.000 V;
Corrente: Alternata trifase alla frequenza di 50 Hz;
Cavi: 1 cavo per media tensione, tipo ARG7H1RX in
alluminio, di sezione 185 mmq, tensione di
Relazione Paesaggistica 32
isolamento 12/20 Kv
1) PRIMO INTERVENTO: il cavo per il trasposto dell’energia elettrica prodotta dalla centrale fino
alla nuova cabina elettrica, verrà posato al di sotto della strada di accesso all’edificio centrale. In
particolare, è prevista la posa di un cavidotto del diametro di 160 mm, all'interno del quale verrà
posizionato un conduttore in alluminio, conforme alle prescrizioni stabilite da Enel Distribuzione.
Successivamente alla posa del cavidotto verranno effettuati i riempimenti in misto granulare
stabilizzato, e di seguito sarà ripristinato il manto stradale. All'interno dello scavo saranno inoltre
posizionate la rete rossa plastificata e il nastro monitore per l'indicazione della presenza di cavi
elettrici interrati.
2) SECONDO INTERVENTO: verrà realizzata la cabina elettrica in corrispondenza dell’innesto della
strada di accesso all’edificio centrale con la strada comunale Chiesa Valmalenco- Chiareggio, secondo
quanto indicato nel preventivo di connessione.
Fig. 18 – Area di realizzazione delle nuova cabina di consegna.
La soluzione prevede inoltre la realizzazione di:
- allestimento di cabina di consegna entra-esci;
- giunti di inserimento in rete.
- nei tratti interrati per la posa della linea è prevista la realizzazione di un modesto cassonetto di
scavo avente sezione di circa 0,80 mq e profondità massima di 1,50 m all'interno del quale saranno
Relazione Paesaggistica 33
posizionati in ordine cronologico di profondità:
- 1 – n.1 Cavidotti in PVC Ø 160 mm,
- 2 – Rete rossa plastificata,
- 3 – Nastro di segnalazione cavi elettrici.
3) TERZO INTERVENTO: consistente nella posa del cavo in MT che va dalla cabina elettrica fino alla
linea esistente sotto la strada comunale Chiesa Valmalenco-Chiareggio; verrà effettuato da Enel
Distribuzione, la cui soluzione proposta prevede la realizzazione delle seguenti opere:
- linea in cavo sotterraneo in alluminio Al 185 mm2 su strada asfaltata con riempimenti in inerte
naturale e ripristini, per una lunghezza di circa 20 m.
Il tracciato della linea elettrica e le sue caratteristiche costruttive sono indicate nella tavola G.04.
POTENZIAMENTO LINEA ELETTRICA ESISTENTE
Il progetto per il potenziamento della linea elettrica esistente prevede la realizzazione di un nuovo
tratto compreso tra le cabine esistenti n. 2058 e 20919 in comune di Chiesa in Valmalenco.
L'intervento può essere suddiviso in diversi tratti:
1) TRATTO 1: per la realizzazione di questo tratto è prevista la posa della linea elettrica lungo la
strada comunale di via Nicolò Rusca dalla cabina esistente n. 2058 sino al ponte di attraversamento
del Mallero, per una lunghezza pari a circa 306 m. In particolare, è prevista la posa di un cavidotto del
diametro di 160 mm, all'interno del quale verrà posizionato un conduttore in alluminio, conforme alle
prescrizioni stabilite da Enel Distribuzione. Successivamente alla posa del cavidotto verranno
effettuati i riempimenti in misto granulare stabilizzato e di seguito sarà ripristinato il manto stradale.
All'interno dello scavo sarà inoltre posizionato il nastro monitore per l'indicazione della presenza di
cavi elettrici interrati. La soluzione prevede inoltre un nuovo dispositivo di sezionamento nella cabina
secondaria esistente. In tale tratto è previsto inoltre il collegamento in entra-esci nella cabina
esistente “Ventina” n. 20875/160.
2) TRATTO 2: in questo tratto la linea elettrica attraversa il torrente Mallero. Per tale attraversamento
si prevede la posa di una tubazione in acciaio AISI 304 diametro esterno 139,7 mm e spessore 5 mm
all’interno del quale verrà posizionato il cavidotto. La tubazione in acciaio sarà fissata mediante
apposite staffe. La linea sarà posizionata sul paramento di monte del ponte, in quanto a valle è già
presente la rete di metanizzazione.
3) TRATTO 3: è prevista la posa della linea elettrica lungo la SP 15 dal ponte di attraversamento del
Mallero sino all’innesto della strada secondaria di accesso alla piscina comunale, per una lunghezza
pari a circa 75 m. In particolare è prevista la posa di un cavidotto del diametro di 160 mm, all'interno
del quale verrà posizionato un conduttore in alluminio, conforme alle prescrizioni stabilite da Enel
Relazione Paesaggistica 34
Distribuzione. Successivamente alla posa del cavidotto verranno effettuati i riempimenti in misto
granulare stabilizzato e di seguito sarà ripristinato il manto stradale. All'interno dello scavo sarà
inoltre posizionato il nastro monitore per l'indicazione della presenza di cavi elettrici interrati.
4) TRATTO 4: è prevista la posa della linea elettrica sul terreno antistante la piscina comunale, per una
lunghezza pari a circa 88 m. In particolare è prevista la posa di un cavidotto del diametro di 160 mm,
all'interno del quale verrà posizionato un conduttore in alluminio, conforme alle prescrizioni stabilite
da Enel Distribuzione. Successivamente alla posa del cavidotto verranno effettuati i riempimenti in
misto granulare stabilizzato e di seguito sarà ripristinato il terreno vegetale. All'interno dello scavo
sarà inoltre posizionato il nastro monitore per l'indicazione della presenza di cavi elettrici interrati.
Nei tratti interrati per la posa della linea è prevista la realizzazione di un modesto cassonetto di scavo
avente sezione di circa 0,80 mq e profondità massima di 1,50 m all'interno del quale saranno
posizionati in ordine cronologico di profondità:
1 – n.1 Cavidotti in PVC Ø 160 mm
2 – Nastro di segnalazione cavi elettrici.
La linea elettrica verrà posata compatibilmente con i sottoservizi già esistenti.
Fig. 19 - Foto inserimento della cabina elettrica (da elaborati progettuali)
Si rimanda agli elaborati progettuali di riferimento per ulteriori informazioni e dettagli.
Relazione Paesaggistica 35
CANTIERISTICA E MODALITÀ DI RIPRISTINO
SCAVI E DEI RIPORTI
Il presente capitolo tratta i reali volumi di scavo previsti nella realizzazione dell’intera opera ed
affronta le tematiche relative allo stoccaggio temporaneo dello smarino. Per quanto riguarda le
modalità di allontanamento e la destinazione finale del materiale, si conferma quanto previsto nel
progetto approvato. La differenza in eccesso di materiale da allontanare è quantificata in circa 13.340
m3, quasi tutti derivanti dalla realizzazione della strada di accesso alla centrale. Tali volumi non erano
stati computati nel progetto precedente.
1) OPERA DI PRESA
Per quanto riguarda la realizzazione dell’opera di presa, comprese le relative opere accessorie, è
prevista la movimentazione di circa 11.710 m3 di materiali costituiti prevalentemente da smarino.
L’escavazione in galleria verrà effettuata con tecniche tradizionali e prevede l’esecuzione degli scavi
nel seguente ordine:
- come primissima opera verrà realizzato l’attraversamento sul torrente Mallero costituito da
un ponte in acciaio e cls che consentirà di raggiungere in sicurezza la sponda destra e approntare
l’esecuzione del cunicolo d’accesso all’opera di presa. Tale cunicolo, della sezione di 20 m2 e
lunghezza di circa 56 m, consentirà di raggiungere il punto di arrivo della TBM;
- in prossimità di tale zona è prevista la realizzazione di un “camerone” adatto allo smontaggio
della testa della fresa; esso ha una sezione di 128,00 m2 e presenta una lunghezza complessiva di circa
28 m;
- da questo punto, proseguendo in direzione nord, si escaverà il condotto che consentirà di
alloggiare l’intera opera costituente le vasche di carico, dissabbiatrice e sghiaiatrice, sino a
raggiungere l’alveo del torrente Mallero. La sezione di scavo risulta essere di circa 44 m2 per una
lunghezza complessiva di circa 94 m;
- in corrispondenza della bocca di presa la sezione aumenta ad un valore di circa 78 m2, per una
lunghezza di circa 9 m. Per lo scarico delle vasche si provvederà, invece, alla realizzazione del canale di
scarico, che presenta una sezione di scavo di circa 16 m2 e una lunghezza di 40 m.
Il volume di scavo complessivo è rappresentato in tabella.
I volumi da movimentare sono stati valutati partendo dai volumi di scavo e considerando un adeguato
rigonfiamento. Il volume totale di scavo da movimentare verrà risistemato come segue:
Relazione Paesaggistica 36
- sistemazioni esterne forfettarie = 1000 m3;
- rialzo della strada esistente in sinistra idraulica in corrispondenza dell’imbocco del nuovo
ponte = 360 m3;
- rocce e trovanti da utilizzare per la realizzazione dei manufatti quali muri, traversa e scogliere
= 500 m3.
OPERA DI PRESA VOLUME DI SCAVO
[m3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
Bocca di presa (78 m2
x 9 m) 702 807
Galleria per vasche (44 m2
x 94 m) 4.136 4.756
Camerone (128 m2
x 28 m) 3.584 4.122
Accesso mezzi in presa (20 m2
x 56 m) 1.120 1.288
Canale di scarico (16 m2
x 40 m) 640 736
TOTALE PRESA 10.182 11.710
Tabella 1- Volumi di scavo in corrispondenza dell’opera di presa
Il materiale in esubero, pari a circa 9.850 m3, verrà utilizzato, così come previsto anche dal progetto
approvato, a colmata della cava “Brusada-Ponticelli”.
2) GALLERIA
Per valutare il volume di scavo della galleria si è considerato il diametro pari a 3,90 m e un
rigonfiamento pari al 15%.
GALLERIA VOLUME DI SCAVO
[m3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
TOTALE GALLERIA (11,94 m
2 x 2150,00)
25.671 29.520
Tabella 2- Volumi di scavo provenienti dalla galleria
Come già evidenziato, lo scavo meccanizzato della galleria consente di eliminare totalmente il sovra
scavo e ridurre di conseguenza il quantitativo complessivo di smarino. Limitato risulta essere anche il
rigonfiamento del materiale derivante dall’utilizzo della TBM.
Il materiale proveniente dallo scavo della galleria sarà stoccato provvisoriamente in prossimità
dell’imbocco di valle della galleria stessa, come indicato nel relativo layout di cantiere. Parte del
materiale verrà frantumato ad una pezzatura sufficientemente piccola ed utilizzato come primo
riempimento della condotta forzata dalla sezione 1 alla sezione 31. La rimanente parte verrà stoccata
Relazione Paesaggistica 37
come colmata della miniera “Brusada Ponticelli”. Le modalità di allontanamento rimangono quelle
previste nel progetto autorizzato.
Fig. 20- Zona di imbocco della galleria (fotoinserimento)
3) CONDOTTA FORZATA
Il volume da smaltire proveniente dallo scavo della condotta forzata è valutato considerando le
dimensioni effettive della tubazione, che nella parte interrata presenta un diametro pari a 0,9 m e
superficie di 0,64 m2.
CONDOTTA INTERRATA Lunghezza 826 m
VOLUME DI SCAVO [m
3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
TOTALE 530 610
Tabella 3- Volumi di scavo provenienti dall’interro della condotta forzata
In linea generale il materiale proveniente dallo scavo della condotta forzata rimane in loco, per la
sistemazione ambientale ed i riempimenti. Ipotizzando una larghezza complessiva della fascia
interessata ai lavori di circa 8 m, la sistemazione in loco del materiale prevede un innalzamento del
terreno di circa 25-30 cm.
L’eventuale materiale in eccesso e non idoneo verrà allontanato e trasportato con le modalità
previste.
4) EDIFICIO CENTRALE E STRADA DI ACCESSO ALLA CENTRALE
Per quanto concerne la realizzazione della centrale il volume di scavo è quello riportato in tabella.
Relazione Paesaggistica 38
CENTRALE VOLUME DI SCAVO
[m3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
TOTALE 10.330 11.880
Tabella 4- Volumi provenienti dallo scavo della centrale
Esso è costituito quasi totalmente da roccia, e quindi riutilizzabile per la costruzione dei muri di
sostegno della strada di accesso, e, dove necessario, per la realizzazione delle opere in pietra
nell’ambito del progetto in studio.
È opportuno rimarcare come, in sede esecutiva, valutate le caratteristiche dell’ammasso scavato, non
sia da escludere l’utilizzo di tale materiale da parte delle numerose aziende locali operanti nel settore
estrattivo per eseguirne una lavorazione e commercializzarne il prodotto finito.
Per la sistemazioni esterne ed i rinterri è previsto l’utilizzo di circa 4.500 m3, mentre per la
realizzazione dei muri di sostegno della strada di accesso è previsto l’uso di circa 1.500 m3 di
materiale; ipotizzando inoltre che una percentuale compresa fra il 30 – 35 % del materiale scavato sia
di buona qualità (ipotesi avvalorata dalle indagini geologiche effettuate), e quindi utilizzabile per altre
opere civili tramite il prelievo da parte di terzi (circa 1.000 m3), risulta un volume in eccesso pari a
circa 4.880 m3.
I volumi in gioco per la strada di accesso sono rappresentati in tabella.
STRADA DI ACCESSO ALLA CENTRALE VOLUME DI SCAVO
[m3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
TOTALE 19.000 21.850
Tabella 5- Volumi di scavo per la realizzazione della pista di accesso alla centrale
I rinterri per rilevati e scogliere sono pari a circa 4.000 m3; si ottiene dunque un volume in esubero di
circa 17.850 m3.
Nella tabella seguente sono riassunti i volumi da movimentare e i volumi di rinterro, con indicate le
rimanenze da smaltire in miniera.
OPERA VOLUME DI SCAVO [m
3]
VOLUME DA MOVIMENTARE
[m3]
RINTERRI E RIUTILIZZI [m
3]
RIMANENZA [m
3]
PRESA 10.182 11.710 Sistemazioni
esterne forfettarie
1.000 9.850
Relazione Paesaggistica 39
Rialzo pista in sx idraulica
360
Muri, traverse e scogliere
500
Totale 1.860
GALLERIA 25.671 29.520
29.520
CONDOTTA FORZATA INTERRATA
530* 610 Sistemazioni
in loco 610 0
EDIFICIO CENTRALE
10.330 11.880
Sistemazioni esterne e rinterri
4.500
4.880 Muri di sostegno 1.500
Altri utilizzi 1.000
Totale 7.000
STRADA DI ACCESSO ALLA CENTRALE
19.000 21.850 rinterri e scogliere 4.000 17.850
RIMAMENZA TOTALE 62.100
*Tale valore comprende il solo volume occupato dalla condotta forzata
Tabella 6 - Tabella riassuntiva dei volumi in gioco
PROGETTO IN VARIANTE PROGETTO AUTORIZZATO DIFFERENZA
OPERA DI PRESA 9.850 4.500 5.350
GALLERIA 29.520 31.500 -1.980
CONDOTTA FORZATA
INTERRATA 0 4.285 -4.285
EDIFICIO CENTRALE 4.880 8.475 -3.595
STRADA DI ACCESSO ALLA
CENTRALE 17.850
NON PREVISTA IN
PROGETTO 17.850
62.100 48.760 13.340
Tabella 7- Tabella di raffronto volumi di scavo
Come già evidenziato nelle premesse, la differenza di volume tra le due soluzioni progettuali è da
imputare alla prevista strada di accesso all’edificio centrale. Tale opera infatti non era stata inserita,
se pur necessaria, nel progetto approvato. Il volumi rimanenti verranno allontanati dall’area di
cantiere e trasportati, come ampiamente descritto, alla Miniera Ponticelli di Lanzada.
Relazione Paesaggistica 40
CANTIERISTICA
L’impianto gode nel suo complesso di una ottima accessibilità, i lavori verranno organizzati in quattro
distinti cantieri principali meglio rappresentati nelle tavole progettuali B.06, B.07, B.08:
- Area di cantiere 1: opera di presa;
- Area di cantiere 2: galleria;
- Area di cantiere 3: condotta forzata;
- Area di cantiere 4: centrale di produzione e pista di accesso;
Per quanto riguarda la linea elettrica M.T., la parte in prossimità della centrale idroelettrica e quella
relativa alla costruzione della nuova cabina verranno gestite all’interno del cantiere relativo alla
centrale di produzione. Nulla è previsto in tale capitolo per quanto riguarda il cantiere relativo al
potenziamento della linea Enel esistente, gestito direttamente da Enel.
1) CANTIERE OPERA DI PRESA – Loc. San Giuseppe
Per quanto riguarda l’opera di presa, l'accesso con mezzi meccanici all'area interessata dalla
realizzazione del manufatto è garantito dall'esistente pista camionabile presente in sinistra idraulica
del torrente Mallero, utilizzata per raggiungere le zone di cava/discarica poste a quote superiori.
Il progetto prevede inoltre la costruzione di un ponte metallico posto a valle dell'esistente briglia di
collegamento tra la pista di accesso in sinistra idraulica e il fronte di lavorazione previsto in destra
idraulica. In tal modo sarà possibile garantire il transito dei mezzi meccanici al fronte di scavo per la
realizzazione della camera di smontaggio della testa della fresa e l’opera di presa (vasca di carico,
canale dissabbiatore e canale sghiaiatore), rendendo pertanto il cantiere del tutto indipendente dal
regime idraulico di deflusso delle acque del torrente Mallero e, quindi, in sicurezza idraulica.
Ad impianto ultimato ed in fase di esercizio l'accessibilità all'opera di presa per le operazioni di
ordinaria manutenzione sarà garantita attraverso lo stesso ponte.
A ridosso delle aree verranno posizionate le baracche di cantiere e le attrezzature per l’esecuzione
delle lavorazioni:
- installazione di baracche di cantiere dotate di servizi igienici e uffici;
- installazione dell’officina di cantiere;
- deposito di materiale e mezzi di cantiere;
- stoccaggio del materiale proveniente dagli scavi dell’opera di presa in attesa della definitiva
allocazione del materiale.
Relazione Paesaggistica 41
2) CANTIERE GALLERIA – Loc. Primolo
Lo scavo della galleria sarà completamente meccanizzato, tramite l’ausilio di tecnologia TBM. I mezzi
meccanici utilizzati sono:
- fresa di scavo, dotata di testa rotante con alloggiati gli utensili di scavo;
- vagoni per trasporto dello smarino nell’area di cantiere di imbocco;
Lo scavo della galleria avverrà partendo da valle; una volta che la TBM avrà raggiunto l’opera di presa,
si provvederà alla rimozione della testa fresante; in questo modo la talpa potrà essere riportata
all’imbocco della galleria, facendole percorrere in senso inverso lo scavo effettuato in precedenza.
A ridosso dell’imbocco è prevista la delimitazione dell’area evidenziata in blu nella figura sottostante
nella quale verranno ricavati i necessari spazi che dovranno contenere le aree per:
- l’installazione di baracche di cantiere dotate di servizi igienici e uffici;
- l’installazione dell’officina di cantiere;
- il deposito di materiale e mezzi di cantiere;
- lo stoccaggio del materiale proveniente dagli scavi in attesa della definitiva allocazione.
Fig. 21- Vista dell’area di cantiere in corrispondenza dell’imbocco della galleria
La soluzione progettuale proposta delimita l’area di cantiere al di sotto del sentiero di collegamento
tra la loc. Primolo e la loc. San Giuseppe. Tutta l’area di cantiere si sviluppa all’interno di una zona che
già attualmente è occupata e transitata con mezzi d’opera. È prevista pertanto la delimitazione in
Relazione Paesaggistica 42
corrispondenza dell’attuale imbocco della pista esistente mediante la posa di un opportuno cancello
metallico che impedirà l’accesso a qualsiasi mezzo non autorizzato
3) CANTIERE CONDOTTA FORZATA INTERRATA – Loc. Castellaccio/Primolo
Lo scavo della condotta forzata avverrà tramite l’ausilio di escavatore. In corrispondenza della strada
comunale per San Giuseppe verrà perimetrata un’area per il deposito temporaneo delle tubazioni;
nella figura seguente in rosso è indicato il tracciato seguito dalla condotta forzata.
Fig. 22 - Vista del tracciato della condotta forzata (rosso) e del deposito temporaneo (blu)
La posa della condotta è prevista dal basso verso l’alto e verrà eseguita per tratti di circa 100-150 m. Il
tratto successivo verrà cominciato non prima di aver terminato il precedente. L’area di cantiere verrà
di volta in volta delimitata, impedendone l’accesso alle persone non autorizzate.
Come evidenziato nella tavola allegata B.07 il cantiere gode di ottima accessibilità anche accedendovi
direttamente da aree non trafficate.
Relazione Paesaggistica 43
4) CANTIERE CENTRALE DI PRODUZIONE E PISTA DI ACCESSO – Loc. Castellaccio
Indicativamente l’area di cantiere in corrispondenza della centrale di produzione è quella indicata
nella figura sottostante. All’interno della zona verranno allestite le baracche di cantiere e la
baracca uffici, nonché il deposito di materiali e mezzi di cantiere.
Fig. 23 - Vista dell’area di cantiere in corrispondenza della centrale di produzione e della pista di accesso.
All’interno di tale area verranno delimitati i seguenti spazi utili:
- area per l’installazione di baracche di cantiere dotate di servizi igienici e uffici;
- area per l’installazione dell’officina di cantiere;
- area per il deposito di materiale e mezzi di cantiere;
- area per lo stoccaggio del materiale proveniente dagli scavi dell’opera di presa in attesa della
definitiva allocazione del materiale;
- aree per l’installazione delle gru a torre.
Relazione Paesaggistica 44
Fig. 24 - Il torrente Mallero presso la zona di presa (agosto 2013)
ORGANIZZAZIONE E TEMPISTICHE
Il completamento dell’impianto è previsto in 17 mesi; l’intera opera è suddivisa in 4 cantieri principali
e ben distinti che si riassumono come segue:
- opera di presa e opere accessorie
- centrale di produzione;
- galleria;
- condotta forzata.
Per consentire il termine entro la data prevista è necessario che i vari cantieri si sovrappongano da un
punto di vista temporale.
Una volta ottenuta l’autorizzazione unica l’organizzazione del cantiere prevede l’inizio in tempi brevi
dei lavori di realizzazione della galleria.
Di seguito viene allegato il Cronoprogramma dettagliato dei lavori che dimostra come la conclusione
di tutte le lavorazioni possa essere stabilito in 17 mesi.
Relazione Paesaggistica 45
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E VINCOLI
Piano Territoriale Regionale
Con la legge regionale 12/05 in materia di governo del territorio, il Piano Territoriale Regionale (PTR)
ha acquisito un ruolo fortemente innovativo nei confronti dell’insieme degli altri strumenti e atti di
pianificazione previsti in Lombardia. Il nuovo modello prevede che il PTR delinei la visione strategica
di sviluppo regionale e costituisca una base condivisa, su cui gli attori territoriali e gli operatori
possano strutturare le proprie azioni e idee progetto.
La Giunta Regionale ha dato avvio all’elaborazione del PTR nel 2006, approvandolo nel
gennaio 2008; il Consiglio Regionale ha adottato il Piano nel luglio 2009 e lo ha approvato in via
definitiva con deliberazione del 19 gennaio 2010, n°951 “Approvazione delle controdeduzioni alle
osservazioni al Piano Territoriale Regionale adottato con DCR n. 874 del 30 luglio 2009 – approvazione
del Piano Territoriale Regionale (articolo 21, comma 4, l.r. 11 marzo 2005 “Legge per il Governo del
Territorio”)”, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.6, 3° Supplemento
Straordinario del 11 febbraio 2010. Il PTR ha dunque acquistato efficacia dal 17 febbraio 2010.
In sintesi, il Piano pone attenzione a quanto segue:
Tre macro-obbiettivi:
• rafforzare la competitività dei territori della Lombardia;
• proteggere e valorizzare le risorse della Lombardia;
• riequilibrare il territorio lombardo.
Sei Sistemi Territoriali per rappresentare le potenzialità e le opportunità della Lombardia e
affrontare, con la prevenzione, le criticità:
• Sistema Metropolitano;
• Sistema della Montagna;
• Sistema Pedemontano;
• Sistema dei Laghi;
• Sistema della Pianura Irrigua;
• Sistema del Po e grandi fiumi.
Orientamenti generali per l’assetto del territorio
• Sistema rurale-paesistico-ambientale: l’attenzione agli spazi aperti e alla tutela dell’ambiente
naturale;
• i poli di sviluppo regionale, quali motori della competitività territoriale;
Relazione Paesaggistica 46
• le infrastrutture prioritarie: la rete del verde, le infrastrutture per la sicurezza del territorio, le
comunicazioni e l’accessibilità, l’infrastruttura per la conoscenza del territorio;
• le zone di preservazione e salvaguardia ambientale, per fare della qualità del territorio il
modo “lombardo” di leggera la competitività;
• riassetto idrogeologico, per garantire la sicurezza dei cittadini a partire dalla prevenzione dei
rischi.
Piano Paesaggistico
L’aggiornamento del Piano Paesistico Regionale (vigente dal 2001) ha permesso di ribadire
l’importanza della valorizzazione dei paesaggi lombardi quale fattore identitario, occasione di
promozione e di crescita anche economica, attenzione alle specificità dei diversi contesti, sia nelle
azioni di tutela che rispetto alle trasformazioni in atto.
Gli aggiornamenti e le integrazioni del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) agiscono su più
fronti e su due piani distinti:
• integrazioni e aggiornamenti del quadro di riferimento paesistico e degli indirizzi di tutela,
approvati dalla Giunta regionale, ed immediatamente efficaci;
• nuova normativa, inclusa nella sezione Piano Paesaggistico della proposta di PTR.
Le integrazioni al quadro di riferimento paesistico:
• arricchiscono il piano vigente aggiornandone i contenuti e l’elenco degli elementi
identificativi;
• introducono l’Osservatorio quale modalità di descrizione fotografica dei diversi contesti,
anche in riferimento al monitoraggio delle future trasformazioni;
• restituiscono una lettura sintetica dei principali fenomeni regionali di degrado paesaggistico.
L’integrazione degli Indirizzi di tutela introduce una specifica Parte IV di indirizzi e criteri per la
riqualificazione paesaggistica e il contenimento dei potenziali fenomeni di degrado.
L’aggiornamento normativo è invece volto a migliorare l’efficacia della pianificazione paesaggistica e
delle azioni locali rispetto a:
• salvaguardia e valorizzazione degli ambiti, elementi e sistemi di maggiore connotazione
identitaria, delle zone di preservazione ambientale (laghi, fiumi, navigli, geositi ..) e dei siti UNESCO;
• sviluppo di proposte per la valorizzazione dei percorsi e degli insediamenti di interesse
paesistico, e per la ricomposizione dei paesaggi rurali, urbani e rurali tramite le reti verdi di diverso
livello;
Relazione Paesaggistica 47
• definizione di strategie di governo delle trasformazioni e inserimento paesistico degli
interventi correlate ad obiettivi di riqualificazione delle situazioni di degrado e di contenimento dei
rischi di compromissione dei paesaggi regionali.
Il Documento di Piano è l’elaborato di raccordo tra tutte le altre sezioni del PTR ed è la componente
del Piano Territoriale Regionale (PTR) che contiene gli obiettivi e le strategie, articolate per temi e
sistemi territoriali, per lo sviluppo della Lombardia.
Polarità emergenti Nella Tav. 1 l’area di interesse è ricompresa nel polo emergente Valtellina
Zone di preservazione e salvaguardia ambientale
La Tav. 2 del PTR non segnala elementi di interesse nella specifica area di intervento
Sistema della mobilità Nessun elemento è indicato nella Tav. 3 per l’area in esame.
Sistemi Territoriali Nella Tav. 4 l’area in esame è inquadrata nel Sistema Territoriale della Montagna
Tabella 8- Analisi per l’area di progetto degli elementi evidenziati nel Documento di Piano del PTR
I tre macro-obiettivi del Piano sono dettagliati in 24 obiettivi, a loro volta declinati in obiettivi
tematici ed in linee di azione. Per ciascun Sistema Territoriale vengono inoltre riconosciuti
obiettivi territoriali specifici. Relativamente al Sistema Territoriale della Montagna si
sottolinea quanto a seguito:
ST2.1 Tutelare gli aspetti naturalistici e ambientali propri dell'ambiente montano (ob. PTR 17);
ST2.2 Tutelare gli aspetti paesaggistici, culturali, architettonici ed identitari del territorio (PTR 14, 19);
ST2.3 Garantire una pianificazione territoriale attenta alla difesa del suolo, all'assetto idrogeologico e alla
gestione integrata dei rischi (ob. PTR 8);
ST2.4 Promuovere uno sviluppo rurale e produttivo rispettoso dell’ambiente (ob. PTR 11, 22);
ST2.5 Valorizzare i caratteri del territorio a fini turistici, in una prospettiva di lungo periodo, senza pregiudicarne
la qualità (ob. PTR 10);
ST2.6 Programmare gli interventi infrastrutturali e dell’offerta di trasporto pubblico con riguardo all’impatto sul
paesaggio e sull’ambiente naturale e all’eventuale effetto insediativo (ob. PTR 2, 3, 20);
ST2.7 Sostenere i comuni nell'individuazione delle diverse opportunità di finanziamento (ob. PTR 15);
ST2.8 Contenere il fenomeno dello spopolamento dei piccoli centri montani, attraverso misure volte alla
permanenza della popolazione in questi territori (ob. PTR 13, 22);
ST2.9 Promuovere modalità innovative di fornitura dei servizi per i piccoli centri (ITC, ecc.) (ob. PTR 1, 3, 5);
ST2.10 Promuovere un equilibrio nelle relazioni tra le diverse aree del Sistema Montano, che porti ad una
crescita rispettosa delle caratteristiche specifiche delle aree (ob. PTR 13).
Piano Paesistico Regionale
Ai sensi della legge 431/85 e successive modifiche, la Regione era tenuta, con riferimento ai beni ed
alle aree soggette al regime della legge 1497/39 in forza della stessa legge Galasso (normativa
Relazione Paesaggistica 48
ricompresa nel D.lgs. 42/2004), a sottoporre il proprio territorio a “specifica normativa d’uso e di
valorizzazione ambientale”.
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale della Lombardia è stato adottato nel luglio 1997 ed è
vigente dal 6 agosto 2001 (deliberazione del Consiglio Regionale n. VII/197 del 6 marzo 2001). Il PTPR
è stato aggiornato da alcune parti del PTR immediatamente vincolanti (si veda paragrafo precedente)
in seguito all’approvazione della Giunta Regionale del 16 gennaio 2008, ed in particolare ha assunto la
denominazione di “Piano Paesaggistico Regionale”.
La verifica di conformità del Piano ha portato a ritenere che il PTPR vigente corrispondesse in
sostanza ai requisiti introdotti dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (D. Lgs 22 gennaio 2004,
n.42) e della l.r. 12/05, pertanto nell’aggiornamento assunto dal PTR, vengono confermate le
disposizioni generali del PTPR del 2001.
Il Piano, recependo le indicazioni della Convenzione Europea del Paesaggio, mira alla tutela ed alla
valorizzazione paesistica dell’intero territorio regionale, scegliendo di coinvolgere e responsabilizzare
tutti gli enti con competenze territoriali in termini pianificatori, programmatori e progettuali nel
perseguimento delle finalità di tutela esplicitate dall’art. 1 delle Norme del piano:
la conservazione dei caratteri che definiscono l’identità e la leggibilità dei paesaggi della
Lombardia, attraverso il controllo dei processi di trasformazione, finalizzato alla tutela delle
preesistenze e dei relativi contesti;
il miglioramento della qualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasformazione
del territorio;
la diffusione della consapevolezza dei valori paesistici e la loro fruizione da parte dei cittadini.
Le tre finalità individuate – conservazione, innovazione, fruizione – si collocano sullo stesso piano
e sono tra loro interconnesse. Il Piano però evidenzia come esse siano perseguibili con strumenti
diversi, muovendosi in tal senso in totale coerenza con le indicazioni della Convenzione Europea del
Paesaggio.
Il P.P.R suddivide la Lombardia in ambiti territoriali: ciascuno viene inizialmente identificato nei
suoi caratteri generali con l’eventuale specificazione di sotto ambiti di riconosciuta identità. Quindi,
all’interno di ciascun ambito sono indicati gli elementi (luoghi, famiglie di beni, beni propri ecc.) che
compongono il carattere del paesaggio locale e che danno il senso e l’identità dell’ambito stesso, la
componente percettiva, il contenuto culturale.
Relazione Paesaggistica 49
Tabella 9- Finalità del PPR della Lombardia
Finalità Esempi di azioni utili
Conservazione
Conservazione delle preesistenze e dei relativi contesti (leggibilità, identità ecc.) e loro tutela nei confronti dei nuovi interventi.
Identificare le preesistenze da tutelare. Esplicitare le norme di tutela. Vigilare sull’applicazione e sull’efficacia delle norme. Segnalare le amministrazioni che si sono distinte per la qualificata tutela del Paesaggio agrario: riconoscimento economico delle pratiche paesisticamente corrette.
Innovazione
Miglioramento della qualità paesaggistica degli interventi di trasformazione del territorio (costruzione dei “nuovi paesaggi”).
Superare il modello delle “zone di espansione” periferiche per ogni comune. Polarizzare la crescita verso operazioni di riqualificazione urbana e insediamenti complessi di nuovo impianto. Curare gli accessi alle città, l’immagine lungo le grandi strade, prevedere idonei equipaggiamenti verdi. Estendere la prassi dei concorsi di architettura. Fornire indicazioni metodologiche utili a collocare con consapevolezza i progetti nel paesaggio.
Fruizione
Aumento della consapevolezza dei valori e della loro fruizione da parte dei cittadini
Conferenze, pubblicazioni, mostre, dibattiti, corsi sul paesaggio e la sua tutela. Incoraggiare la partecipazione alle scelte urbanistiche e promuovere l’individuazione condivisa dei valori paesistici locali. Potenziare e tutelare la rete dei percorsi di fruizione paesaggistica.
Il controllo paesistico disposto dalle norme del PPR opera su base spaziale diversa da quella della
1497/39, in quanto si estende all’intero territorio e non alle sole zone vincolate, essendo questo
strumento un “piano territoriale” e non un “piano paesistico”. Questa impostazione si basa sul
principio che, essendo il paesaggio un valore ubiquo, qualunque intervento di trasformazione del
territorio è, a priori, potenzialmente rilevante ai fini paesistici.
Il Piano Territoriale Paesistico regionale ha natura:
di quadro di riferimento per la costruzione del Piano del Paesaggio Lombardo;
di strumento di disciplina paesistica del territorio.
il P.P.R. come strumento di salvaguardia e disciplina è esteso all’intero territorio regionale e
opera fino a quando non siano vigenti atti a valenza paesistica di maggiore definizione.
Inquadramento dell’area di studio nel PPR
La zona di progetto si colloca nell’Ambito Geografico Valtellina entro l’unità di paesaggio “delle valli
e dei versanti”
“La parte alpina vera e propria della Lombardia è fondamentalmente imperniata sull'asse valtellinese che forma
il bacino superiore del fiume Adda. Una grande valle, uno di quei grandi solchi strutturali che, anche in un
tessuto regionale come quello lombardo, così intimamente raccordato in tutte le sue parti, si impongono come
regione o microregione a sè. Nella Valtellina confluiscono le valli trasversali di San Giacomo-Chiavenna, Masino
e Valmalenco, mentre il sistema delle „cinque valli‟ forma la testata valliva della Valtellina stessa, ambito però
storicamente legato, più che alla Lombardia, ai rapporti interalpini. Il paesaggio della naturalità trova
Relazione Paesaggistica 50
nell'ambito valtellinese i suoi spazi più ampi, soprattutto alle quote sopra i 1500 metri (l'insediamento
permanente più elevato è Trepalle, nel giogo che separa il bacino dell'Adda dalla Val di Livigno, nel bacino
dell'Inn). Una serie di massicci, le cui cime si spingono fin sopra i 3000, metri formano l'area di naturalità: il
Disgrazia e il Bernina sul lato settentrionale della valle, l'Ortles-Cevedale presso la testata valliva, l'Adamello,
che però gravita anche, idrograficamente, sulla Valcamonica e le Giudicarie. Questa superba corona di
montagne le cui cime sono ancor oggi soggette alla condizione glaciale, domina il grande solco, popoloso e ricco
di elementi antropici. Anch'esso tuttavia conserva ancor vive le eredità del glacialismo pleistocenico, con la sua
forma ad U, i versanti rocciosi montonati, i “verrou” che sbarrano il fondovalle, le valli laterali sospese ecc. Ma la
morfogenesi glaciale è anche all'origine di fenomeni post-glaciali come i bei conoidi che si allineano densi di vita
e di coltivazioni allo sbocco delle valli laterali, il fondovalle alluvionale dove scorre, talvolta esondando, l'Adda, le
frane che intaccano i versanti e che mostrano, come quella recente e gigantesca di Morignone, l'ininterrotta
attività di assestamento morfogenetico a cui è soggetta la montagna valtellinese. Di eredità post-glaciale sono
gli stessi assetti vegetazionali, che comprendono fasce boschive diverse, dalle latifoglie sui bassi versanti (dove è
presente tra l'altro il castagno) alle conifere, le quali però formano una fascia piuttosto esigua, anche a causa
del clima valtellinese tendenzialmente arido, sormontate dalle praterie montane. Ma alle quote superiori i 3000
metri si entra nel dominio dell'attività glaciale, ancor oggi con ampie superfici coperte di ghiacciai e aree
associate soggette al glacialismo attivo, con morfologie moreniche „in fieri‟, circhi, conche palustri, laghetti
glaciali, fenomeni crionivali, ecc. Questa fascia superiore della montagna lombarda è, come già si è detto, il
livello della naturalità; ma ciò non significa assenza totale di elementi antropici, rappresentati da manufatti
spesso arditi, anche alle quote più elevate, con le strade (Stelvio, Gavia, Spluga, tra le più alte delle Alpi italiane),
gli sbarramenti idroelettrici, oltre che con gli impianti sciistici di Madesimo (Val di Lei), Val Malenco, Bormio,
Valfurva, Livigno, Aprica, Ponte di Legno, Stelvio, e con i rifugi alpini sotto le cime maggiori, per tacere delle
testimonianze lasciate dalla prima guerra mondiale (sull'Adamello in particolare). Il territorio vallivo vero e
proprio presenta, ai livelli antropici, un'organizzazione territoriale intimamente legata alla disposizione
longitudinale della Valtellina nel suo tratto principale. I due versanti sono infatti fortemente discriminati dalla
diversa esposizione al sole. Versante boscoso, poco popolato, quello meridionale, orobico, posto ad ombrìa;
fortemente antropizzato e coltivato quello opposto, a solatìo, dove spiccano, alti sui terrazzi montonati, le
splendide chiese e i fortilizi delle passate organizzazioni, mentre i centri abitati si raccolgono prevalentemente
sui conoidi o, in alto, sui terrazzi di versante.
Il vigneto, che ammanta i versanti più soleggiati e asciutti, è una caratteristica coltivazione nella sezione
intermedia della vallata, resa ancor oggi conveniente dalla tradizionale ed affermata commercializzazione dei
vini valtellinesi sui mercati d’oltralpe. Esso rappresenta l'elemento caratteristico, insieme con la fitta edilizia
abitativa (e oggi anche turistica), sottintesa da un'agricoltura che richiede molte cure, del paesaggio vallivo. La
viticoltura è oggi fiancheggiata dal frutteto che occupa i conoidi e il fondovalle, dove negli ultimi decenni si è
anche inserita la piccola industria, che si pone ai due lati della direttrice stradale principale. Così fin oltre il
gomito di Tirano a partire dal Pian di Spagna, il delta vallivo che dà sul Lago di Como. Più su è l'ambiente
bormiese della testata valliva, delle autonomie storiche, dei rapporti intervallivi e interalpini, riconvertito ormai
nella sudditanza monocolturale all'attività sciistica e di soggiorno montano, come appendice alpina della aree
urbanizzate della Lombardia. Anche la Valtellina, quindi, in quanto “periferia” per eccellenza del territorio
lombardo, sua parte più lontana e marginale, è oggi integrata col resto della regione. Ciò si è imposto come
fenomeno recente, legato al generale sviluppo dell'economia e ai processi di riconversione degli usi territoriali. Di
fatto la popolazione che oggi vive ancora secondo i generi di vita del passato è estremamente esigua, anche nei
cantoni vallivi più isolati e nei quali era più profondamente radicata la cultura alpina sottesa al paesaggio; il
quale non è andato del tutto cancellato nei suoi lineamenti essenziali, in quanto funzionalmente dettati dai
condizionamenti naturali, non facilmente eludibili. Anche nella fascia alpina, come in quella prealpina, vaste
aree sono oggi tutelate. Oltre a quella compresa nel Parco Nazionale dello Stelvio si ricordano il parco regionale
dell'Adamello e quello delle Orobie Valtellinesi. Essi ospitano la fauna propria della montagna alpina, tra l'altro
Relazione Paesaggistica 51
comprendente mammiferi come il camoscio, rapaci come l'aquila, ecc.” In particolare, gli interventi si collocano
in Fascia Alpina, ricadendo nell’unità tipologica di paesaggio delle valli e dei versanti, i cui indirizzi di tutela
prevedono:
“in quanto soggetti all'azione antropica, i paesaggi riconducibili all'organizzazione valliva devono essere
considerati come spazi vitali, quindi necessariamente aperti alla trasformazione; ma devono anche essere
tutelati nelle loro caratteristiche fisionomie, salvaguardando sia gli equilibri ambientali sia gli scenari in cui più
originalmente si combinano elementi naturali ed elementi antropici nel segno della storia e della cultura
montanara, valligiana. La tutela va dunque in primo luogo esercitata su tutto ciò che è parte del contesto
naturale e su tutti gli elementi che concorrono alla stabilità dei versanti e all'equilibrio idrogeologico. Poi occorre
riconoscere la specificità, nelle valli longitudinali, dei versanti a umbrìa con le loro sequenze forestali che non
vanno alterate, e di quelli a solatìo con le loro organizzazioni antropiche che vanno controllate”.
Fig. 25- Estratto della Tavola A “Ambiti geografici e unità tipologiche di paesaggio”, in cui si evidenzia il
posizionamento dell'area vasta di interesse (riquadro arancione) nell'ambito valtellinese, e in particolare
nell’unità di paesaggio delle valli e dei versanti.
Nella tabella a seguito è riportata l’analisi della cartografia componente il PPR, che individua il quadro
di riferimento paesistico e degli indirizzi direttamente operanti sull'area di intervento.
Tabella 10 - Indicazione dai Repertori allegati alle Tavole (PPR, 2008) per l’area in esame
Tavola B –
Elementi
identificativi e
Luoghi dell’identità /
Paesaggi agrari tradizionali Il più prossimo è: 60 SO Maggenghi della val Malenco a
Franscia
Relazione Paesaggistica 52
percorsi di
interesse
paesaggistico
Punti di osservazione del
paesaggio lombardo
/
Tavola C –
Istituzioni per la
tutela della
natura
Monumenti naturali /
Riserve naturali /
Parchi nazionali /
Parchi regionali e naturali /
Siti Natura 2000 – SIC I più prossimi sono: 136 SO: IT2040017 Disgrazia – Sissone -
138 SO: IT2040016 Monte di Scerscen - Ghiacciai di Scerscen e
del Ventina e Monte Motta - Lago Palù
Siti Natura 2000 – ZPS I più prossimi sono: 54 SO IT2040017 Disgrazia – Sissone - 55
SO IT2040016 Monte di Scerscen - Ghiacciaia di Scerscen
Tavola D –
Quadro di
riferimento
della disciplina
paesaggistica
regionale
Ambiti di elevata
naturalità
Versanti al di sopra dei 1200 m di quota
Ambito di specifico valore
storico ambientale
/
Laghi insubrici. Ambito di
salvaguardia dello
scenario lacuale
/
Geositi n. 208 SO Curlo (Chiesa Valmalenco)
Siti UNESCO /
Ambiti di criticità si
Tavola E –
Viabilità di
rilevanza
paesaggistica
Tracciati guida
paesaggistici
01 - Sentiero Italia (tratto lombardo con le due direttrici nord
e sud). È parte integrante di una connessione escursionistica
attraverso l’Italia, dalla Sardegna al Friuli Venezia Giulia. La
parte lombarda connette il tratto piemontese (da Pino
Tronzano sulla sponda del Lago Maggiore) con quello trentino
(al Passo del Tonale) e attraversa il nostro territorio da est a
ovest seguendo: nella direttrice alta, la dorsale retica e
bormina; nella direttrice bassa, la dorsale orobica. Si tratta di
sentieri già esistenti, generalmente fruibili dalla maggior parte
degli escursionisti. L’itinerario è diviso in tappe che fanno
capo a rifugi o località attrezzate. Il Sentiero Italia si
sovrappone ad altri itinerari escursionistici già elencati nel
repertorio del PTPR 1998 (ora alcuni di essi non più
considerati singolarmente) e, in particolare, ai seguenti: 3V
Via Verde Varesina (parte), Sentiero Confinale, Via dei Monti
Lariani, Sentiero delle Orobie, Alta Via della Val Malenco, Alta
Via Camuna, Alta Via della Magnifica Terra, Alta Via
dell’Adamello. Alcuni tratti sono pure ricompresi nel percorso
della Via Alpina, percorso di grande collegamento transalpino
e transnazionale.
Punto di partenza: Pino-Tronzano sulla sponda del Lago
Maggiore (stazione FS) - Punto di arrivo: Passo del Tonale
Relazione Paesaggistica 53
(Ponte di Legno, BS). Lunghezza complessiva: 800 km circa.
Tipologie di fruitori: pedoni.
Tipologia del percorso: sentieri, strade campestri e forestali.
Capoluoghi di provincia interessati dal percorso: Como.
Province attraversate: Varese, Como, Bergamo, Lecco,
Sondrio, Brescia.
Tipologie di paesaggio lungo l’itinerario: paesaggio alpino
d’alta quota, paesaggio alpino di valle glaciale, paesaggio
alpino di versante, paesaggio insubrico, paesaggio dei rilievi
prealpini, paesaggio dei rilievi prealpini calcarei.
07 - Alta Via della Val Malenco
Itinerario escursionistico con alta valenza naturalistica e
culturale intorno alla Val Malenco e alla base del Bernina.
Ricompreso nel Sentiero Italia. Effettuabile in 8 tappe con
pernottamenti in rifugio. Partendo da Torre S. Maria si
toccano i rifugi Bosio Galli, Gerli Porro, Del Grande Camerini,
Longoni, Lago Palù, Carate Brianza, Marinelli Bombardieri,
Bignami e Cristina.
Punto di partenza: Torre S. Maria.
Punto di arrivo: Chiesa in Val Malenco (S. Elisabetta).
Lunghezza complessiva: 130 km
Tipologie di fruitori: pedoni.
Tipologia del percorso: sentieri, strade forestali
Province attraversate: Sondrio.
Tipologie di paesaggio lungo l’itinerario: paesaggio alpino
delle alte quote, paesaggio alpino di versante.
Internet: www.valmalenco.it
Strade panoramiche /
Infrastruttura idrografica
artificiale della pianura
/
Visuali sensibili /
Belvedere /
Relazione Paesaggistica 54
Fig. 26- Estratto della Tavola B “Elementi identificativi e i percorsi di interesse paesaggistico”, in cui si
evidenzia il posizionamento dell'area vasta di interesse (riquadro viola), nonché i tracciati guida paesistici
identificati (in rosso) e i geositi (punti azzurri)
Per quanto concerne gli “Elementi identificativi e i percorsi di interesse paesaggistico” (Tav. B), nella
vasta area indagata è posto il Geosito n.208 SO Curlo (Chiesa Valmalenco), che corrisponde alla frana
del “Ruinon del Curlo”. Secondo la pubblicazione “I geositi della Provincia di Sondrio” (Regione
Lombardia), viene così chiamata “un'estesa aera di frana della Valmalenco che interessa le località di
Curada e Ponte, in comune di Lanzada, e le frazioni di Curlo e Pedrotti in comune di Chiesa”. Essa
occupa la gran parte del bacino idrografico del torrente che scende dal Monte Motta, che si sviluppa
fra 2.142 m e i 1.000 presso la confluenza del Ruinon con il Mallero. “La secolare incisione torrentizia
in atto ha messo in luce la potente sequenza di depositi fluvioglaciali e glaciali – massi, blocchi, ciottoli
inglobati in ghiaie, sabbie e talora argille – e depositi morenici – massi, blocchi e ciottoli immersi in
una matrice fine predominante- che formano il terrazzo morenico di Ponte”. Fra gli elementi
significativi e i percorsi di interesse paesaggistico si identificano il Sentiero Italia e l'Alta Via della
Valmalenco, inclusi anche come tracciati guida paesaggistici. Nelle Tavole F – G - H del Piano vengono
individuate le aree soggette a degrado paesistico e quindi a riqualificazione paesaggistica. Possono
riconoscersi nell’area in esame “Ambiti sciabili” (par. 2.6), “Cave abbandonate” (par. 4.1) e “Aree e
ambiti di degrado paesistico provocato da dissesti idrogeologici e avvenimenti calamitosi e catastrofici
– aree sottoposte a fenomeni franosi” (par. 1.2). L’ambito comunale di Chiesa in Valmalenco è
Relazione Paesaggistica 55
assoggettato, al di sopra dei 1.200 m di quota, alle prescrizioni dell'Art. 17 (Tutela paesaggistica degli
ambiti di elevata naturalità), che si riporta nel box.
1. Ai fini della tutela paesaggistica si definiscono di elevata naturalità quei vasti ambiti nei quali la pressione
antropica, intesa come insediamento stabile, prelievo di risorse o semplice presenza di edificazione, è
storicamente limitata.
2. In tali ambiti la disciplina paesaggistica persegue i seguenti obiettivi generali:
a) recuperare e preservare l'alto grado di naturalità, tutelando le caratteristiche morfologiche e vegetazionali
dei luoghi;
b) recuperare e conservare il sistema dei segni delle trasformazioni storicamente operate dall'uomo;
c) favorire e comunque non impedire né ostacolare tutte le azioni che attengono alla manutenzione del
territorio, alla sicurezza e alle condizioni della vita quotidiana di coloro che vi risiedono e vi lavorano, alla
produttività delle tradizionali attività agrosilvopastorali;
d) promuovere forme di turismo sostenibile attraverso la fruizione rispettosa dell'ambiente;
e) recuperare e valorizzare quegli elementi del paesaggio o quelle zone che in seguito a trasformazione
provocate da esigenze economiche e sociali hanno subito un processo di degrado e abbandono.
3. ..(omissis)
4. In applicazione del criterio di maggiore definizione, di cui all'articolo 6, gli atti a valenza paesaggistica di
maggior dettaglio ed in particolare i P.R.G. e i P.G.T., a fronte degli studi paesaggistici compiuti, verificano e
meglio specificano la delimitazione degli ambiti di elevata naturalità e ne articolano il regime normativo,
tenendo conto delle disposizioni del presente articolo e degli obiettivi di tutela indicati al comma 2.
5. Sono escluse dalle disposizioni del presente articolo le aree ricomprese in parchi regionali dotati di P.T.C.
definitivamente approvati, o nelle riserve naturali regionali dotate di piano di gestione. Nelle aree ricomprese in
riserve naturali e parchi regionali istituiti ma non dotati di strumenti di pianificazione definitivamente approvati,
valgono le disposizioni del presente articolo limitatamente agli aspetti non specificamente disciplinati dalle
norme di salvaguardia contenute nei relativi atti istitutivi o piani adottati.
6. Negli ambiti di cui al presente articolo, gli interventi sottoelencati sono soggetti alla seguente disciplina, fatti
comunque salvi gli indirizzi e le determinazioni contenuti nel Piano del Paesaggio Lombardo nonché le procedure
di V.I.A., qualora previste dalla vigente legislazione:
a) la realizzazione di nuove grandi attrezzature relative allo sviluppo ricettivo, sportivo e turistico, è possibile solo
se prevista nel Piano Territoriale di Coordinamento provinciale; nelle more dell'entrata in vigore del P.T.C.P. sono
ammessi esclusivamente i predetti interventi che siano ricompresi in strumenti di programmazione regionale o
provinciale;
b) la realizzazione di opere relative alle attività estrattive di cava e l'apertura di nuove discariche, è possibile solo
se prevista in atti di programmazione o pianificazione territoriale di livello regionale o provinciale;
c) la realizzazione di nuove strade di comunicazione e di nuove linee per il trasporto di energia e fluidi, che non
siano meri allacciamenti di strutture esistenti, è consentita individuando le opportune forme di mitigazione,
previa verifica dell'impraticabilità di soluzioni alternative a minore impatto da argomentare con apposita
relazione in sede progettuale.
7. Negli ambiti di cui al presente articolo, non è consentita la circolazione fuori strada, a scopo diportistico, di
mezzi motorizzati; le autorità competenti possono limitare a specifiche categorie di utenti l’accesso alla viabilità
locale anche attraverso la realizzazione di specifiche barriere.
8. Non subiscono alcuna specifica limitazione per effetto del presente articolo, le seguenti attività:
a) manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed
eventuale ampliamento dei manufatti esistenti, nonché gli interventi ammessi nelle situazioni indicate al comma
12, purché gli interventi siano rispettosi dell'identità e della peculiarità del costruito preesistente;
b) opere di adeguamento funzionale e tecnologico di impianti e infrastrutture esistenti;
Relazione Paesaggistica 56
c) utilizzazione agro-silvo-pastorale del suolo, ivi compresa la realizzazione di strutture aziendali connesse
all'attività agricola anche relative alle esigenze abitative dell'imprenditore agricolo;
d) opere relative alla bonifica montana, alla difesa idraulica, nonché tutti gli interventi di difesa della pubblica
incolumità e conseguenti a calamità naturali;
e) piccole derivazioni d'acqua, ove risulti comunque garantito il minimo deflusso vitale dei corpi idrici, da
verificarsi anche in relazione ai criteri di cui alla d.g.r. n. 2121 del 15 marzo 2006;
f) opere di difesa dall'inquinamento idrico, del suolo, atmosferico ed acustico, previo studio di corretto
inserimento paesaggistico delle stesse;
g) eventuali nuove strade, necessarie per consentire l’accesso ad attività già insediate, realizzate nel rispetto
della conformazione naturale dei luoghi e della vegetazione, con larghezza massima della carreggiata di m. 3,50
e piazzole di scambio.
9. I committenti ed i progettisti degli interventi ammessi e degli strumenti pianificatori sono tenuti al rispetto del
contesto paesaggistico ed ambientale, nonché a garantire la coerenza delle opere e delle previsioni dei piani con
i contenuti del presente articolo e con gli indirizzi del Piano Paesaggistico Regionale. A tal fine i predetti
progettisti fanno riferimento, per quanto applicabili, a:
- Indirizzi di tutela, contenuti nel presente P.P.R.;
- Criteri e procedure per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia dei beni paesaggistici approvati con
d.g.r. n. 2121 del 15 marzo 2006 e pubblicati sul 3° supplemento straordinario del B.U.R.L. del 31 marzo 2006;
- “Linee guida per l'esame paesistico dei progetti” approvati con d.g.r. n.11045 dell'8 novembre 2002 e
pubblicati sul 2° supplemento straordinario del B.U.R.L. del 21 novembre 2002;
- Criteri per la trasformazione del bosco e per i relativi interventi compensativi approvati con d.g.r. n. 675 del 21
settembre 2005 (Pubblicata nel B.U.R.L. 4 ottobre 2005, I S.S. Al B.U.R.L. 3 ottobre 2005, n. 40.) e
successivamente modificati con d.g.r. n. 8/3002 del 27 luglio 2006 (pubblicata sul 2° Supplemento Straordinario
del B.U.R.L. del 24 agosto 2006);
- “Quaderno Opere Tipo di ingegneria Naturalistica” approvato con d.g.r. n. 48470 (pubblicata sul B.U.R.L. 9
maggio 2000, n. 19 S.S.);
- Direttiva per il reperimento di materiale vegetale vivo nelle aree demaniali da impiegare negli interventi di
ingegneria naturalistica, approvata con d.g.r. n. 2571 del 11 dicembre 2000 e pubblicata sul B.U.R.L. n. 52 del 27
dicembre 2000.
10. In fase di revisione dei propri strumenti urbanistici i comuni, qualora ravvisino la presenza negli ambiti di
elevata naturalità di campeggi o di altre attività o attrezzature, non compatibili con gli obiettivi di tutela degli
ambiti stessi, individuano aree idonee al loro trasferimento.
11. Sino a quando i comuni, il cui territorio ricade interamente o parzialmente all'interno degli ambiti di elevata
naturalità, non rivedono i propri strumenti urbanistici in conformità alla disciplina del presente piano e agli
obiettivi e alle disposizioni del presente articolo, si applicano le norme dei piani urbanistici vigenti, assumendo
quali indirizzi progettuali quelli contenuti in “I criteri e le procedure per l'esercizio delle funzioni amministrative in
materia dei beni paesaggistici“ approvati con d.g.r. n. 2121 del 15 marzo 2006, esclusivamente nelle seguenti
situazioni:
a) ambiti che alla data di entrata in vigore del presente piano risultino edificati con continuità, compresi i lotti
interclusi ed escluse le aree libere di frangia, a tal fine perimetrate dai comuni;
b) previsioni contenute in piani urbanistici attuativi già convenzionati o in programmi di intervento già
beneficiari di finanziamenti pubblici e situazioni di diritti acquisiti alla data di entrata in vigore del presente
piano; al di fuori delle situazioni di cui alle lettere a) e b) del presente comma, non possono essere realizzati
interventi urbanistici ed edilizi, fatto salvo quanto disposto al comma 8.
Relazione Paesaggistica 57
Le aree di intervento sono in buona parte poste a quote superiori ai 1.200 m, risultando pertanto
assoggettate a tale vincolistica. In particolare, vi rientrano l’opera di derivazione, la galleria e la
sezione a monte della condotta forzata.
SIBA – Vincoli derivanti dal PTPR e dal D.lgs. 42/2004 (Parte II, Capo II)
La Regione Lombardia ha creato e reso disponibile sul sito www.regione.lombardia.it il Sistema
Informativo Beni Ambientali inerente i vincoli di tutela paesaggistica di cui al D.lgs. 42/2004 (Parte II,
Capo II) e gli ambiti assoggettati alla tutela prevista dagli articoli 17 e 18 delle Norme di Attuazione del
Piano Paesaggistico Regionale. Le componenti informative contenute in tale progetto consistono in
una cartografia digitale, in informazioni di tipo alfanumerico e di tipo iconico-testuale collegati ad
ogni ambito vincolato. Dall'estratto cartografico riportato a seguito si evince le aree interessate dai
lavori, ad eccezione di buona parte del tracciato della galleria e di una porzione di linea elettrica, sono
sottoposte alle tutele previste dal Decreto Legislativo n. 42 del 22/01/04 "Codice dei beni culturali e
del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137", e in particolare all’art. 142, comma 1,
lettera c) vengono presi in esame "Fiumi, torrenti e corsi d'acqua pubblici e relative sponde",
considerati oggetto di tutela e valorizzazione per il loro interesse paesaggistico. Nella norma vengono
in particolare protette sponde, piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, ma anche il
corso d'acqua nel complesso. Le fasce laterali ai fiumi sono calcolate con riferimento alla
delimitazione effettiva del corso d'acqua, cioè a partire dal ciglio di sponda, o dal piede esterno
dell'argine, quando quest'ultimo esplichi funzione di contenimento per le acque di piena ordinaria. La
Regione Lombardia, in attuazione all'art. 1-quater della legge 431/85, ha individuato, con
deliberazione della Giunta Regionale n. 4/12.028 del 25 luglio 1986 e successive integrazioni, i corsi
d'acqua pubblici lombardi aventi rilevanza paesaggistica e conseguentemente assoggettati al sopra
citato vincolo, nonchè quei corsi d'acqua, o loro tratti, di irrilevanza paesaggistica e pertanto esclusi.
Nell’elenco, ogni corso d'acqua è identificato attraverso il nome ed un numero progressivo per
provincia, il tratto vincolato o eventualmente derubricato, e, mediante una sigla di riconoscimento, le
motivazioni del vincolo (caratteristiche ambientali) o della derubricazione. Nell’area di indagine si
evidenzia in particolare la presenza del torrente Mallero (fonte S.I.B.A. Regione Lombardia),
assoggettato con il codice 14140067 dallo sbocco a 1 km a monte della confluenza con valle Bono.
Parte dell’area di intervento è soggetta anche al vincolo dell’art. 142 lettera g) del D. lgs n. 42/2004, in
relazione alla presenza di copertura forestale. La legge 431/85 individua all'art1.let.g come aree
soggette a vincolo: "..Territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal
fuoco e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento…". La legge 8 agosto 1985 n.431 (c.d. Galasso)
Relazione Paesaggistica 58
non fornisce una nozione di bosco. Pertanto, secondo autorevole giurisprudenza penale
(sentenza Pretura di Schio del 1° giugno 1989 pubblicata sulla Rivista Giuridica dell’Edilizia) la
definizione di bosco deve essere tratta dalla normativa regionale di riferimento. La Regione
Lombardia, nel titolo IV della legge regionale n. 31/2008 (Testo unico delle leggi regionali in materia
di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale), che deriva dalla l.r. 27/2004 (Tutela e valorizzazione
delle superfici, dell’ambiente, del paesaggio e dell’economia forestali) ha caratterizzato il bosco
all’art. 42, modificando di poco la definizione precedentemente in vigore (l.r. 8/1976) e, avvalendosi
della facoltà concessa dall’articolo 2, comma 6 del d.lgs. 227/2001 (Orientamento e modernizzazione
del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), si discosta un poco dalla
definizione di bosco data dal legislatore nazionale. In particolare, i castagneti da frutto in attualità di
coltura sono classificati bosco. Un altro aspetto importante introdotto dalla normativa regionale è che
i Piani di indirizzo Forestale (PIF) individuano e delimitano le aree definite “bosco” dalla legge. Nel
caso in esame, l’autorizzazione alla trasformazione delle superfici boscate coinvolte nell’intervento
dovrà essere rilasciata dalla Comunità Montana Valtellina di Sondrio sulla base della relazione
paesistica-forestale di progetto, nella quale vengono approfonditi gli aspetti specifici e sono indicate
le opportune misure di compensazione.
Vincolo idrogeologico
Il vincolo idrogeologico è stato istituito dal Regio Decreto n. 3267 del 1923 con l'obbiettivo di
prevenire, nell'interesse pubblico, attività e interventi che possono causare dissesti, erosioni e
squilibri idrogeologici. Le colture e l'utilizzazione dei terreni boscati, nei quali lo sviluppo dell'azione
antropica è dal vincolo consentita, sono sottoposte all'osservanza delle modalità stabilite dal
regolamento delle prescrizioni di massima e di polizia forestale vigente nella Regione Lombardia (R.R.
5/2007 e s.m.i.). Pertanto la stragrande maggioranza dei terreni boscati è vincolata sotto il profilo
idrogeologico ed è sottoposta a limitazioni d'uso, perché si riconosce ad essa una azione significativa
di prevenzione per la sicurezza pubblica contro il pericolo di esondazioni, franamenti e dissesti.
Qualsiasi tipo di intervento, compreso il cambio colturale, da realizzarsi su questi terreni è
subordinato a specifica autorizzazione rilasciata dall'autorità forestale territorialmente competente ai
sensi dell'art. 7 del R. D. n. 3267/23 e dell'art. 44 della L.R. 31/2008. Tale strumento di tutela concorre
congiuntamente al vincolo paesaggistico, di cui all'art. 146 del D. Lgs. n. 42/04, alla salvaguardia
ambientale e alla pianificazione territoriale. Anche in questo caso l’Ente territorialmente competente
per la procedura di svincolo dei terreni coinvolti è la Comunità Montana Valtellina di Sondrio.
Fig. 27 (pag. seg.) – Vincoli paesistici sussistenti nell'area vasta di interesse (fonte: SIBA Regione Lombardia).
Relazione Paesaggistica 59
Relazione Paesaggistica 60
Rete Ecologica Regionale (RER)
Con deliberazione n. 8/8515 del 26 novembre 2008, la Giunta ha approvato i prodotti realizzati nella
2° fase del progetto Rete Ecologica Regionale, come già previsto nelle precedenti deliberazioni
n.6447/2008 (documento di piano del PTR contenente la tavola di Rete Ecologica) e n.6415/2007
(prima parte dei Criteri per l’interconnessione della Rete con gli strumenti di programmazione degli
enti locali). Con la deliberazione n. 8/10962 del 30 dicembre 2009, la Giunta ha approvato il disegno
definitivo di Rete Ecologica Regionale, aggiungendo l’area alpina e prealpina.
La Rete Ecologica Regionale (RER), riconosciuta come infrastruttura prioritaria del Piano Territoriale
Regionale, costituisce strumento orientativo per la pianificazione regionale e locale, e si compone di
due elaborati:
i documenti “RER – Rete Ecologica Regionale” e “Rete Ecologica Regionale – Alpi e Prealpi”
che illustrano la struttura della Rete e degli elementi che la costituiscono, rimandando ai settori in
scala 1:25.000, in cui è suddiviso il territorio regionale.
il documento “Rete ecologica regionale e programmazione territoriale degli enti locali”
fornisce indispensabili indicazioni per la composizione e la concreta salvaguardia della Rete
nell’ambito dell’attività di pianificazione e programmazione.
Le reti ecologiche costituiscono uno strumento strategico per la Regione Lombardia rispetto
all’obiettivo generale di conservazione delle risorse naturali (presenti e potenziali), intese come
capitale critico, anche economicamente valutabile, da mantenere al fine di garantire una qualità
accettabile dell’ambiente e del paesaggio. In tal senso la RER interagisce in un’ottica di polivalenza
con le diverse politiche che producono trasformazioni sul territorio, fornendo anche un contributo
determinante per il raggiungimento dei seguenti obiettivi settoriali del P.T.R.:
• riqualificazione ambientale dei corsi d’acqua (vedi obiettivo TM 1.4);
• coordinamento tra politiche ambientali e di sviluppo rurale (obiettivo TM 1.11);
• sostegno a pratiche agricole a maggiore compatibilità ambientale (obiettivo TM 3.6);
• miglioramento della sostenibilità ambientale delle imprese (obiettivo TM 3.7);
• promozione dell’innovazione nel campo dell’edilizia (obiettivo TM 5.4);
• riqualificazione e recupero paesaggistico delle aree degradate o compromesse (obiettivo TM 4.6);
• in generale, raggiungimento dei molteplici obiettivi finalizzati alla riduzione dell’inquinamento
(miglioramento della qualità dell’aria, dell’acqua, riduzione dell’inquinamento acustico e luminoso),
con la finalità di salvaguardare la salute del cittadino.
Per raggiungere tali risultati, alla RER vengono riconosciuti i seguenti obiettivi generali:
Relazione Paesaggistica 61
• il consolidamento ed il potenziamento di adeguati livelli di biodiversità vegetazionale e faunistica,
attraverso la tutela e la riqualificazione di biotopi di particolare interesse naturalistico;
• il riconoscimento delle aree prioritarie per la biodiversità;
• l’individuazione delle azioni prioritarie per i programmi di riequilibrio ecosistemico e di ricostruzione
naturalistica, attraverso la realizzazione di nuovi ecosistemi o di corridoi ecologici funzionali
all’efficienza della Rete, anche in risposta ad eventuali impatti e pressioni esterni;
• l’offerta di uno scenario ecosistemico di riferimento e i collegamenti funzionali per l’inclusione
dell’insieme dei SIC e delle ZPS nella Rete Natura 2000 (Direttiva Comunitaria 92/43/CE), in modo da
poterne garantire la coerenza globale;
• il mantenimento delle funzionalità naturalistiche ed ecologiche del sistema delle Aree Protette
nazionali e regionali, anche attraverso l’individuazione delle direttrici di connettività ecologica verso il
territorio esterno rispetto a queste ultime;
• la previsione di interventi di deframmentazione mediante opere di mitigazione e compensazione
per gli aspetti ecosistemici, e più in generale l’identificazione degli elementi di attenzione da
considerare nelle diverse procedure di valutazione ambientale;
• l’articolazione del complesso dei servizi ecosistemici rispetto al territorio, attraverso il
riconoscimento delle reti ecologiche di livello provinciale e locale (comunali o sovracomunali);
• la limitazione del “disordine territoriale” e il consumo di suolo contribuendo ad un’organizzazione
del territorio regionale basata su aree funzionali, di cui la rete ecologica costituisce asse portante per
quanto riguarda le funzioni di conservazione della biodiversità e di servizi ecosistemici.
Le opere in esame interessano in parte “Elementi di secondo livello della RER” (definiti come “ambiti
complementari di permeabilità ecologica in ambito planiziale in appoggio alle Aree prioritarie per la
biodiversità, forniti come orientamento per le pianificazioni di livello sub-regionale”), e in particolare
alcuni tratti della galleria, buona parte della condotta forzata, la prima parte della linea elettrica e
della strada di accesso alla centrale. L’area si pone invece all’esterno degli “Elementi di primo livello
della RER” che rappresentano il sistema portante del disegno di rete e le “aree sorgente” della RER,
normalmente, desunti dalle Reti ecologiche provinciali (nei casi in cui la loro individuazione sia
chiaramente basata su elementi di naturalità esistenti e il cui valore in termini naturalistici, ecologici e
di connettività risulti preminente anche su scala regionale), oppure dalle Aree importanti per la
biodiversità.
Il territorio analizzato si colloca in prossimità dell’Area prioritaria per la biodiversità n. 43 –
Alpi Retiche, così descritta: “Vasta area alpina localizzata interamente in provincia di Sondrio, lungo la
dorsale retica al confine con la Svizzera. L'Area Prioritaria ha come estremi la Val Codera a O e il Pizzo
Relazione Paesaggistica 62
Scalino a E. Ospita una ricca avifauna legata gli ambienti tipicamente alpini; tra le specie nidificanti si
segnalano Aquila reale, Fagiano di monte, Pernice bianca, Coturnice, Civetta nana, Civetta
capogrosso, Picchio nero. Per quanto concerne l'entomofauna, l'area presenta un'elevata ricchezza di
specie con alto adattamento e particolarmente vulnerabili legate agli ambienti peri-glaciali, nivali e
sub-glaciali. I laghi presenti risultano particolarmente importanti per gli Odonati. Area di particolare
interesse anche per la lepidotterofauna, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo: le praterie
alpine e i prati stabili e pascolati presentano specie presenti in direttive di protezione. L'area rientra
tra i Parchi regionali la cui istituzione è prevista dalla L.R. 86/83, con la denominazione Parco del
Bernina, del Disgrazia, della Val Masino e della Val Codera, e comprende la più vasta Riserva Naturale
Regionale di Lombardia, quella della Val di Mello, e numerosi siti Natura 2000.”.
Fig. 28 - Localizzazione dell'area vasta di intervento (cerchiata in rosso) nel contesto della Rete Ecologica Regionale e delle aree prioritarie per la biodiversità in ambito alpino e prealpino.
Fig. 29- Localizzazione dell'area vasta di intervento (cerchiata in rosso) nel contesto della Rete Ecologica Regionale e delle aree prioritarie per la biodiversità in ambito alpino e prealpino.
Relazione Paesaggistica 63
Relazione Paesaggistica 64
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP)
Il PTC della Provincia di Sondrio è stato approvato con DCP n. 4 del 25 gennaio 2010 (pubblicato sul
Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - Serie Inserzione e Concorsi - N. 14 del 7 aprile 2010) e
risulta oggi costituito dagli elaborati riassunti nella seguente tab. 10.
A1 Relazione
B1 Norme di attuazione
Tav 1.1 Inquadramento territoriale
Tavv. 2 Uso del suolo e previsioni urbanistiche
Tavv. 3 Elementi conoscitivi dell’assetto geologico
Tavv. 4 Elementi paesistici e rete ecologica
Tav. 5.1 Unità tipologiche di paesaggio
Tavv. 6 Previsioni progettuali strategiche
Tavv. 7 Mobilità e reti tecniche
Tavv. 8 Vincoli di natura geologica e idrogeologica
Piano di Bilancio Idrico (PBI) Relazione tecnica
Tav. 1-6
VAS Rapporto Ambientale
Sintesi non tecnica
Studio di incidenza Studio di incidenza
Tav. 1-12
Dichiarazione finale di sintesi
Tabella 11- Contenuti del PTCP
Nella Relazione di Piano viene segnalato che “le direzioni di sviluppo più fondate nella storia
economica della Provincia: l’agricoltura e la trasformazione dei suoi prodotti, i servizi per il turismo e,
in genere quelli di natura terziaria, senza naturalmente dimenticare alcuni importanti settori
industriali, possono essere una combinazione solida e vincente. Per queste ragioni il piano è
totalmente orientato ad individuare tutte le strozzature da rimuovere e le ulteriori opportunità da
sfruttare per potenziare le direzioni di sviluppo già individuate, cercando di garantire una crescita
economica totalmente sinergica alla tutela, ed anzi al miglioramento della qualità ambientale.”
Fra gli Obiettivi Strategici del PTCP si ricordano i seguenti:
- valorizzazione e tutela delle peculiarità paesistico ambientali promuovendo le componenti
ambientali del territorio provinciale, attribuendo ad esse valenza di risorsa paesaggistica, storico,
culturale, nonché fattore di produzione del reddito. La molteplice valenza di tali risorse comporta un
equilibrio corretto tra la necessità di tutela e la valorizzazione dei territori, con lo scopo di tradurre le
azioni di tutela in un vantaggio economico utilizzabile sia dal turismo che dall’agricoltura. Il PTCP al
riguardo analizza e costruisce gli elementi di significativo valore ambientale e le eccellenze territoriali,
introducendo una normativa che risponda all’esigenza di tutela e valorizzazione delle peculiarità
paesistico ambientali diffuse.
Relazione Paesaggistica 65
- miglioramento dell’accessibilità per quanto riguarda sia i collegamenti strategici di scenario
interessanti i sistemi interregionali e transfrontalieri che quelli riguardanti la riqualificazione degli assi
viari delle strade statali ss.36 e ss 38.
- razionalizzazione dell’uso delle acque e riqualificazione dei corpi idrici quali elementi
costitutivi del paesaggio montano e vallivo, attraverso la predisposizione di un Piano di Bacino che
analizzi le complesse relazioni di criticità del sistema idrico connesse agli usi plurimi della risorse, al
coordinamento delle pianificazioni, alle ripercussioni paesistico ambientali.
- razionalizzazione dell’uso del territorio con l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo,
ottimizzare le scelte localizzative, sviluppare la cooperazione intercomunale;
- riqualificazione territoriale necessaria per intervenire nelle principali criticità
paesaggistiche esistenti, che hanno determinato ambiti di degrado e di compromissione paesaggistica
del territorio;
- innovazione delle reti e dell’offerta turistica attraverso lo sviluppo delle tecnologie della
comunicazione e dell’energia;
- valorizzazione e salvaguardia dell’agricoltura nel rispetto della molteplicità delle sue funzioni,
con il riconoscimento della rilevanza dell’attività agricola nel territorio provinciale anche in rapporto al
ruolo svolto nella conservazione del paesaggio.
Valorizzazione e tutela delle peculiarità paesistico ambientali
Promuovendo le componenti ambientali del territorio provinciale, attribuendo ad esse valenza di risorsa paesaggistica, storico, culturale, nonché fattore di produzione del reddito. La molteplice valenza di tali risorse comporta un equilibrio corretto tra la necessità di tutela e la valorizzazione dei territori, con lo scopo di tradurre le azioni di tutela in un vantaggio economico utilizzabile sia dal turismo che dall’agricoltura. Il PTCP al riguardo analizza e costruisce gli elementi di significativo valore ambientale e le eccellenze territoriali, introducendo una normativa che risponda all’esigenza di tutela e valorizzazione delle peculiarità paesistico ambientali diffuse.
Miglioramento dell’accessibilità
Per quanto riguarda sia i collegamenti strategici di scenario interessanti i sistemi interregionali e transfrontalieri che quelli riguardanti la riqualificazione degli assi viari delle strade statali ss.36 e ss 38.
Razionalizzazione dell’uso delle acque e riqualificazione dei corpi idrici
Quali elementi costitutivi del paesaggio montano e vallivo, attraverso la predisposizione di un Piano di Bacino che analizzi le complesse relazioni di criticità del sistema idrico connesse agli usi plurimi della risorse, al coordinamento delle pianificazioni, alle ripercussioni paesistico ambientali.
Razionalizzazione dell’uso del territorio
Con l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo, ottimizzare le scelte localizzative, sviluppare la cooperazione intercomunale;
Riqualificazione territoriale
Necessaria per intervenire nelle principali criticità paesaggistiche esistenti, che hanno determinato ambiti di degrado e di compromissione paesaggistica del territorio
Innovazione delle reti e dell’offerta turistica
Attraverso lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione e dell’energia.
Valorizzazione e salvaguardia dell’agricoltura
Nel rispetto della molteplicità delle sue funzioni, con il riconoscimento della rilevanza dell’attività agricola nel territorio provinciale anche in rapporto al ruolo svolto nella conservazione del paesaggio
Tab. 12 – Obiettivi specifici del PTCP
Relazione Paesaggistica 66
Nel contesto del PTCP l’area oggetto di studio rientra nella Macrounità 3, denominata “paesaggio di
versante” (normato nell’art. 39 delle Nta), che include la maggior porzione territoriale della Provincia,
caratterizzata dalla presenza di elementi di valore naturalistico ed ambientali tipici del paesaggio
montano, intervallati da elementi di natura antropica che costituiscono la struttura tipica
dell’architettura del paesaggio valtellinese. Più nel dettaglio, l’area ricade (Tav. 5.1):
- prevalentemente nell'ambito dell'unità tipologica “Bosco produttivo e protettivo, alpeggi e
paesaggi pastorali”. “Si tratta di paesaggi in cui la diversità biologica e paesaggistica trova una delle
sue massime espressioni, in considerazione del ruolo che svolgono per la difesa dell’assetto
idrogeologico, la prevenzione dei processi erosivi e per la conservazione delle comunità biologiche. La
qualità paesistica si esprime anche attraverso una caratterizzazione del versante, costituita da bosco e
spazi aperti in naturale relazione tra loro, testimonianza di un processo storico di utilizzazione
agropastorale”. “Il PTCP prescrive la tutela del paesaggio di versante che presenta nelle sue
articolazioni le caratteristiche peculiari del paesaggio provinciale; la difesa generale del paesaggio di
versante consente il mantenimento dei singoli elementi e del contesto composto dal bosco,
maggenghi, alpeggi, insediamenti antropici e spazi aperti, costituenti l’insieme del paesaggio di
versante nel quale la configurazione delle valli ed i corsi d’acqua concorrono a caratterizzare
l’unitarietà del paesaggio. La rilevanza paesistica dei corpi d’acqua richiede una particolare attenzione
alla realizzazione di interventi; la tutela delle acque è obiettivo strategico essenziale del PTCP”;
- parte della condotta forzata e l’area della centrale si inseriscono nel “Paesaggio delle
criticità”: “Il paesaggio delle criticità, identificato nella macrounità del paesaggio di versante, riguarda
per lo più ambiti di cava e domini sciabili che rappresentano gli elementi di maggior compromissione
delle naturalità presenti”. “La tutela del paesaggio di versante e delle sue singole componenti si
esplica anche attraverso interventi di mitigazione e recupero delle criticità esistenti, in particolare per
gli ambiti di cava, mediante interventi di ripristino ambientale dell’attività conclusa con le modalità di
cui all’art. 33 e per gli ambiti sciabili nel rispetto delle indicazioni contenute nell’art. 66”.
- la linea elettrica interrata transita invece in prevalenza attraverso il “Paesaggio del sistema
insediativo consolidato e dei nuclei sparsi”. “Si tratta degli ambiti urbani e rurali dei comuni collocati
nel versante, comprendenti i centri storici ed i beni d’interesse storico-culturale, nonché la presenza di
architettura rurale d’interesse storico e paesistico. In questi anni il rapporto fra architettura
insediativa storica e paesaggio naturale mantiene un prevalente equilibrio, alterato solo in alcune
parti da espansioni, spesso disordinate, dei nuclei permanentemente abitati”. “Il PTCP persegue
l’obbiettivo di garantire uno sviluppo del sistema insediativo impostato sulla previsione degli effettivi
bisogni della popolazione, cercando di ridurre il consumo di suolo ed evitando espansioni che
Relazione Paesaggistica 67
presentano, in quanto collocati sui versanti e sugli scorci più interessanti del paesaggio provinciale,
incidenza paesistica eccessiva. Il PTCP persegue inoltre l’obiettivo di valorizzare i centri storici e le
architetture rurali presenti nel paesaggio di versante”.
Inoltre, dall’analisi della Tavola 4.4 - Elementi paesistici e della rete ecologica si evince che
sono presenti nell’area di intervento o nelle limitrofe superfici:
- rilevanze di interesse storico – architettonico: vie storiche (tracciati principali e secondari),
centri storici e nuclei antichi;
- elementi tradizionali: terrazzamenti;
- geositi;
- vincoli: territori contermini ai fiumi, ambiti di particolare interesse ambientale;
- rilevanze estetico visuali e fruitive: sentieri di interesse provinciale.
Dall’analisi della Tav. 6.4 emerge la presenza nell’area vasta (comune di Chiesa in Valmalenco) di:
- Art. 7: Bellezze di insieme (area del Lago Palù);
- Art. 8: aree di particolare interesse naturalistico e paesistico (Digrazia-Sissone, porzione
settentrionale del territorio comunale, Alpe Lago);
- Art. 9: Zone a protezione Speciale (ZPS Disgrazia-Sissone);
- Art. 14: Viste passive (Santuario della Madonna delle Grazie di Primolo);
Tratti di strade panoramiche (strade per Primolo e Chiareggio);
- Art. 17: terrazzamenti;
- Art. 22 cascate (Lagazzuolo, Vazzeda, Fora, Secchione);
- Art. 57 Rete dei sentieri e delle piste ciclabili (Sentiero Italia, Alta Via della Valmalenco,
Sentiero Rusca);
- Art. 66 Aree sciistiche.
Piano di Governo del Territorio del Comune di Chiesa in Valmalenco
Il Comune di Chiesa in V.co sta ha adottato il Piano di Governo del Territorio con delibera del C.C. n. 6
del 12/04/2013.
Fra gli obiettivi e le azioni prioritari che il Documento di Piano si pone si individua la “Riqualificazione
paesaggistico ambientale degli ambiti di cava”, “da eseguire anche in chiave storico-identitaria: le
profonde trasformazioni avvenute negli ultimi secoli hanno costituito un paesaggio peculiare e
fortemente riconoscibile dalle popolazioni locali. Ai meri ripristini ambientali andranno associate
operazioni di valorizzazione di questa importante pagina della storia malenca”. Dall’analisi del
Documento di Piano emerge in particolare che la zona di intervento posta a minor quota, presso il
Relazione Paesaggistica 68
Castellaccio, è inquadrata come area di natura produttiva, per la quale l’OS 13 indica il “Recupero
delle aree degradate relative ad attività produttive”, il “Riutilizzo spazi di cava cessati in favore di
spazi per attività culturali e sportive”, la “Riqualificazione/contestualizzazione paesaggistica dei siti
produttivi” e “Schermature verdi dei siti produttivi”. Per l’ambito prossimo alla “pineta di Primolo”
l’OS 10 - Tutela e valorizzazione degli ambiti territoriali di ril. Paesaggistica prevede il “Rafforzamento
delle polarità verdi urbane (Pinete di Primolo e Serleveggio)”; inoltre, sulla base dell’OS 13 il “Riutilizzo
spazi di cava cessati in favore di spazi per attività culturali e sportive”.
La Tav. 5.1.2.c “Carta delle sensibilità paesistiche” include:
- la zona del Castellaccio, entro cui si collocano l’edificio centrale, la relativa strada di accesso e
l’ultima parte della condotta forzata interrata in classe 3 “sensibilità media”. Nella medesima classe si
inseriscono gli interventi a carico della linea elettrica;
- il tratto più a monte della condotta forzata interrata, l’ingresso della galleria e la gran parte
dell’opera di derivazione in classe 4 “sensibilità alta”;
- il torrente Mallero e una sezione ristretta dell’opera di derivazione in classe 5 “sensibilità
molto alta”.
Fig. 30 - Estratto della tavola 5.1.2.c del PGT
di Chiesa Valmalenco, raffigurante le classi
di sensibilità paesistica nella zona di
intervento
Relazione Paesaggistica 69
Nel contesto del Piano delle Regole, la “Carta della disciplina delle aree”, tavola R.02 inserisce parte
delle aree di interesse negli “Elementi e fattori di compromissione del paesaggio” cod. 3.3.13 “Aree
produttive attive e dismesse, aree di cava”. Inoltre parte dell’area del Castellaccio è normata dall’art.
4.5 “Ambiti del tessuto urbano consolidato a prevalente destinazione produttiva”, e in particolare
ricade nell’art. “4.5.2. – D2 – area industriale sottoposta a progetto urbano”, riportato a seguito.
Fig. 31 - Estratto del Piano delle Regole del PGT: art. 4.5.2 riguardante la "Nuova Serpentino d'Italia"
Fig. 32 (pag. seguente) – Stralcio Tav.4 PTCP di Sondrio per l’area in esame.
Relazione Paesaggistica 70
Relazione Paesaggistica 71
ANALISI PAESAGGISTICA
LETTURA PERCETTIVA DEL PAESAGGIO E CENNI NATURALISTICI
L’area vasta
Il “Sistema paesistico alpico” è di gran lunga il più rappresentato in provincia di Sondrio e si estende
dal Bormiese-Livignese fino al Canton Ticino comprendendo anche l’area di intervento; in esso
dominano suoli acidi derivanti da rocce di natura silicea.
In realtà il “paesaggio alpico” e quello “dolomitico” sono grandi sistemi paesistici, costituiti di
diversi paesaggi di minore estensione, collegati tra loro da rapporti dinamici e geomorfologici, la cui
variabilità è espressione di locali aspetti climatici, litologici, geomorfologici e biogeografici.
Nella fascia alpina, estesa tra i 2.400 e i 2.850 m circa, si estende il paesaggio delle praterie
naturali, caratterizzate dalla dominanza della carice ricurva (Carex curvula), una ciperacea
accompagnata da specie floristiche interessanti ed esteticamente appariscenti, nonostante le ridotte
dimensioni. In condizioni di maggiore innevamento (2-4 mesi l’anno liberi dal manto nevoso) si
sviluppano comunità microtermiche caratterizzate da briofite, salici nani (Salix herbacea in
particolare) e alcune altre specie di piccole dimensioni in grado di completare il ciclo vitale in breve
tempo.
Talora nella fascia alpica è possibile che si spingano enclavi di vegetazione nivale quali le
comunità discontinue delle pietraie e delle morene (Androsacetalia alpinae). Il varieto, una comunità
eliofila dominata da Festuca luedii, si sviluppa sulle pale erbose esposte a meridione, e si può
riscontrare anche nel paesaggio delle peccete; molte sono le specie particolarmente belle che si
possono osservare in queste praterie arroccate sui versanti più inclinati, tra cui orchidee, composite e
liliacee.
Il paesaggio delle peccete è caratterizzato dalla dominanza di conifere ed ericacee; sotto le
praterie primarie a carice ricurva, qualora non sia rimossa per cause naturali o per l’espansione dei
pascoli alpini attuata dall’uomo, si sviluppa una brughiera a rododendro ferrugineo (Rhododendretum
ferruginei), varie specie di mirtilli (Vaccinium myrtillus, V. gautheriodes e V. vitis-idaea) ed altre specie
acidofile, definita extrasilvatica poiché le specie arboree (larici e pini cembri) si riscontrano in modo
occasionale e sporadico. A quote altitudinali comprese tra i 2.200 e i 1.900 m il rododendreto assume
un assetto strutturale più complesso, per la presenza di uno strato arboreo dominato dal pino cembro
e/o dal larice, e una maggiore biodiversità floristica. L’abete rosso, talora associato al larice in aspetti
più eliofili, o all’abete bianco in condizioni edafiche e atmosferiche più fresche, domina invece
Relazione Paesaggistica 72
l’intervallo altitudinale dai 1.900 fino ai 1.000 m circa; le associazioni individuate per la provincia di
Sondrio sono tre (Pignatti, 1998):
- Homogyno-Piceetum: pecceta subalpina, dominata dall’abete rosso e da un denso sviluppo
degli strati arbustivo e muscinale;
- Veronico urticifoliae-Piceetum: pecceta montana, con abete rosso e larice, distinguibile dalla
precedente perchè i Vaccinium sono in parte sostituiti da specie erbacee; si ha inoltre una maggiore
diffusione delle specie dei boschi mesofili di latifoglie (Fagetalia);
- Calamagrostidi-Abietetum: bosco di abete rosso con abete bianco (subordinato) delle vallate
sud-alpine con elevata piovosità (1.200-1.600 mm/anno) e ricco strato erbaceo e muscinale.
Al di sotto dei 1.500 m buona parte delle peccete è di natura antropica, derivando da impianti
a fustaia condotti per la maggior parte nel dopoguerra dei due conflitti mondiali del XX secolo, oppure
per attività selvicolturali di selezione. Il loro aspetto è molto fitto e il substrato è talmente acidificato
da impedire lo sviluppo di uno strato erbaceo, che di solito si riduce alla presenza di poche specie con
scarsa copertura.
Lungo gli impluvi, i canali di valanga o in aree umide marginali ai boschi di conifere si
sviluppano i consorzi igrofili ad ontano verde e i megaforbieti, questi ultimi molto ricchi di specie
floristicamente interessanti (Adenostylion alliariae, Alnion viridis); la dinamica di questi
aggruppamenti è spesso bloccata proprio da eventi naturali, quali la caduta di valanghe, o dalla
perenne presenza di acqua nel sottosuolo, fattori che selezionano specie resistenti allo sforzo
meccanico, con apparati vegetativi molto rigogliosi per l’abbondante disponibilità di acqua. La
continuità dei boschi di abete rosso è interrotta da praterie di natura antropica, che si possono
distinguere in base alla diversità di uso:
- i prati da fieno (Arrhenatheretalia elatioris), utilizzati prevalentemente per la
produzione di foraggio, sono periodicamente falciati durante l’estate e concimati;
- i prati pascolati, contraddistinti dalla presenza del nardo (nardeti, Nardion strictae),
specie indigesta al bestiame (se non quando le foglie sono giovani) la cui maggiore o minore
abbondanza è indicatrice di quanto il pascolo è sfruttato dal bestiame.
Una forma diffusa di conduzione antropica dei boschi è costituita dai boschi pascolo a larici,
da cui i casari ricavavano legna da ardere o da opera, caratterizzati da un sottobosco erbaceo
pascolato dal bestiame.
Nelle depressioni naturali ove si ha ristagno di acqua si selezionano comunità idro-igrofile
dominate da carici, giunchi, graminacee, accompagnate da uno sviluppo accentuato di muschi e
sfagni. Le associazioni che si sviluppano in questi ambienti torbigeni sono ascrivibili all’alleanza
Relazione Paesaggistica 73
Caricetalia nigrae. In generale si tratta di ecosistemi nel complesso vulnerabili, che raramente
assumono un’espressione pienamente naturale.
Al di sotto dei 1.000 m si possono ben distinguere il paesaggio dei boschi di latifoglie, quello
delle brughiere termofile e dei vigneti, tipico del versante retico, il paesaggio delle grandi conoidi e
quello dei fondovalli. In questi paesaggi la vegetazione ha spesso distribuzione frammentata e si
presenta in aspetti alterati, difficilmente ordinabili secondo criteri ecologici, con composizioni
floristiche che ben riassumono gli avvenimenti storico-culturali. Bisogna invece ricordare la presenza
di boschi di faggio con estensione discontinua nella fascia di contatto tra la pecceta montana ed i
boschi di latifoglie ad aceri e frassini. Il faggio, spesso associato all’abete bianco e all’abete rosso, ha
una distribuzione attuale condizionata sia dai tagli indiscriminati condotti per ricavare legname da
opera, sia dalla necessità fisiologica della specie di proteggere le giovani foglioline da un eccessiva
siccità dell’aria (Kuster, 1950); il suo sviluppo ottimale richiede una temperatura media annua di 9-11
°C (Pignatti, 1998) e un’umidità relativa media dell’aria di circa il 65% nel periodo che va da febbraio a
maggio. Sul versante retico, al di sotto dei 600 m, si estendono i vigneti terrazzati, determinando un
aspetto tipico e ripetitivo che è stato recentemente definito “paesaggio dei vigneti” (Ferranti et alii,
2002). La coltivazione della vite è stata preferita alle altre forme di coltura per l’esposizione a
meridione del versante, che determina un’accentuata aridità durante l’estate e un clima addolcito
durante l’inverno. Questo tipo di paesaggio annovera, oltre al vigneto che ne costituisce l’elemento
dominante e caratteristico, pratelli aridi, consorzi xerofili rupicoli e pionieri delle pietraie e dei bordi
dei muretti a secco. Inoltre, non è infrequente il riscontro di piccoli orti con le colture più diverse
(patate, pomodori, piselli, zucchine, piante da frutto).
Le aree boscate sono relegate su suoli rocciosi molto inclinati, fattori che ne hanno
scoraggiato lo sfruttamento colturale; nel basso versante si individuano consorzi boschivi con
caratteri termofili, dominati dalla robinia e/o dal frangisassi (Celtis australis), in cui compaiono con
incidenza secondaria le specie tipiche di questo intervallo altitudinale, ossia querce (Quercus
pubescens, Q. petraea), orniello e carpino nero, la cui potenzialità darebbe origine ad associazioni
delle alleanze Orno-Ostryon e Quercion robori-petraeae.
Per quanto concerne in particolar modo la Val Malenco, essa riassume in breve spazio le
successioni vegetazionali proprie dei versanti meridionali delle Alpi Retiche, estendendosi dal piano
collinare sino a quello nivale. Alle basse quote i versanti sono dunque interessati da boschi di latifoglie
(castagneti, aceri-frassineti, formazioni igrofile a tigli, pioppi..); manca quasi completamente il faggio,
che si arresta sulle pendici del Monte Rolla. A monte del ripiano di Chiesa in Valmalenco iniziano ad
essere più diffuse le conifere, che via via si arricchiscono in percentuale sino a divenire preponderanti
Relazione Paesaggistica 74
e raggiungere circa i 2000 m di quota. La conformazione valliva, caratterizzata da ampie balconate
rocciose e accumuli di frana, non permette al bosco di espandersi in modo continuo e di chiudersi in
dense Peccete. Al di sopra della cintura di vegetazione forestale si sviluppano boscaglie con Pino
mugo e larice e arbusteti a rododendro, interrotti da praterie secondarie e ontanete di ontano verde.
Le brughiere a rododendro sono arricchite sui pianori alti da vegetazione palustre di grande pregio
biologico (ad es. ad Acquanera). Nelle pietraie e sulle morene dell’orizzonte nivale vivono le specie più
rare della flora alpina, fra le quali quelle legate al particolare substrato roccioso, quello dei serpentini,
o a condizioni stazionali peculiari di quota. Nel primo caso si annovera la felce tipica del serpentino
(Aspleniun cuneifolium) e il tlaspide (Thlaspi corymbosum), per il secondo la flora tipica alto-alpina e
nivale.
Tabella 12- I paesaggi del Sistema paesistico alpico; in corsivo quelli individuati nella porzione
indagata (Valmalenco).
Altitudine (m)
Paesaggi
sopra i 2850 dei circhi glaciali e delle pietraie
2400 - 2850 delle praterie naturali
1000 - 2400 delle peccete
(300 - 1500) del pino silvestre
600 - 1000 dei boschi di latifoglie
200 - 600 delle brughiere termofile e dei vigneti
200 - (1200) delle grandi conoidi
dei fondovalle
Fig. 33- Carta dei
paesaggi della
provincia di
Sondrio (Ferranti
et al., 2002). Il
cerchio rosso
indica la
porzione della
Valmalenco
interessata dalle
opere.
Relazione Paesaggistica 75
L’area di intervento
Da Chiesa in Valmalenco, dirigendosi verso San Giuseppe e Chiareggio, si superano le lisce pareti di
pietra squadrata che fiancheggiano le cave di serpentino. Il paesaggio della valle muta qui
improvvisamente e si entra nella zona del Giuèl, o delle cave: qui la vegetazione sembra sparire e il
Mallero precipita tra i massi. Superato il torrente, una serie di stretti tornanti conduce dapprima alla
località Val Rosera (1.279 m) e poi a San Giuseppe (1.433 m), frazione posta su un ampio terrazzo
morenico, lungo il quale il corso d’acqua ha scavato un profondo solco.
Case e villette utilizzate per la villeggiatura, oltre ad alcuni alberghi, costituiscono le strutture
ricettive della località, da cui si accede anche agli impianti di risalita del comprensorio di Chiesa in
Valmalenco (loc. Barchi). Nella stessa zona ha sviluppo anche una pista per lo sci di fondo che segue il
corso del Mallero, in prevalenza su strade sterrate, sino a raggiungere Chiareggio.
Le opere in progetto prevedono la captazione delle acque del Torrente in località San
Giuseppe, immediatamente a monte di un’esistente briglia, in un tratto d’alveo contraddistinto da
elevata pendenza media e presenza di tipica successione di rapide e pozze. Le acque raccolte vengono
convogliate all’interno di una galleria che attraversa il medio-basso versante posto sulla destra
idrografica; il tunnel taglierà il pendio, di per sé acclive, irregolare, accidentato e roccioso, nonché
solcato da numerose vallecole e canaloni da valanga. In alveo defluirà il Minimo Deflusso Vitale, così
come concordato in fase di concessione.
Le aree più pianeggianti sono quelle poste lungo il fondovalle ed il basso versante, ove si
delineano aspetti vegetazionali eterogenei e discontinui, rappresentati da un’alternanza spaziale di
boscaglie ed aree incolte e/o improduttive: boschi cedui di betulla e ontano bianco con locale
diffusione delle resinose nel piano dominato (larice); radure erbose ex pascolive più o meno ampie,
ricche in specie erbacee pabulari (Trifogli, Graminacee, ecc.); lastroni di roccia; conoidi sterili ed aree
di ghiaioni solo parzialmente colonizzate dal larice.
Il medio versante (fino a circa 1.700 m di quota), ad eccezione dei pianori erbosi degli antichi
maggenghi di “La Zocca” e di “Girosso inferiore”, è più acclive e rupestre, costituito in gran parte da
aree detritiche, pendii, amassi e salti rocciosi. Formazioni pioniere di larice, spesso miste a betulla,
ontano verde, pino mugo, interessano le localizzazioni meno impervie, originando un bosco
discontinuo e “primitivo”, edificato da soggetti di piccole dimensioni, scadenti per sviluppo e
portamento.
Ancora più in quota la morfologia del pendio diviene più regolare e la pendenza del versante è
meno accentuata; ancora presenti, ma in modo meno uniforme, ammassi rocciosi ed aree detritiche.
Gli aspetti vegetazionali appaiono qui maggiormente omogenei e consolidati, dotati di migliori
Relazione Paesaggistica 76
caratteristiche strutturali. Diffusi sono in particolare i boschi di larice. Anche le aree dove insistono la
condotta forzata interrata, l’edificio centrale e la pista di servizio, non si discostano in modo
essenziale da quanto descritto, sebbene questa ultima sezione sia collocata in ambiti di cava,
profondamente rimaneggiati dagli interventi antropici.
Mineralogia
Chiareggio, frazione collocata a 12 chilometri da Chiesa in Valmalenco a poco più di 1.600 metri di
altitudine, si estende in una bella conca, proprio laddove l'alta Valmalenco si divide nelle valli Ventina, Sissone e
del Muretto. Il paesino si anima vivacemente nel cuore della stagione estiva, mentre nel resto dell'anno vive di
una vita appartata e sobria.
Fra i molteplici motivi di visita, primeggia quello escursionistico, ma anche quello naturalistico-
mineralogico ha un rilievo primario. Le valli che circondano la conca di Chiareggio sono una vera e propria
miniera di minerali di pregio, anche l'azione di setaccio degli appassionati ne ha, negli anni, depauperato il
patrimonio. Non è necessario, però, inoltrarsi sui sentieri di queste valli per un primo incontro con i più
importanti minerali che caratterizzano non solo questo angolo di Valmalenco, ma l'intera valle. Con una bella
iniziativa, infatti, il C.N.R. di Sondrio ha allestito un mini-museo mineralogico all'aperto, lungo un sentiero ai cui
lati sono raccolti esemplari significativi delle rocce che caratterizzano lo scenario dell'intera Valmalenco.
Basta percorrere un tratto della strada segnalata come inizio della quarta tappa dell'Alta Via della
Valmalenco (Chiareggio-Alpe Palù) e si trova ben presto, sulla destra, un'edicola dove sono illustrati i processi
orogenetici, sia in termini generali, sia per quanto riguarda la catena alpina ed infine la Valmalenco. Segue il
percorso menzionato, dove, su ogni roccia, è posta una targa che ne illustra la natura. Al termine del sentiero
due bellissimi pannelli rappresentano la fisionomia mineralogica dei due scenari che si aprono di fronte, vale a
dire la testata della Val Sissone e della Val Bona ad ovest, ed il profilo di importanti cime della Valmalenco
centro-orientale, ad est.
Fra i minerali rintracciabili si citano: Peridotite a spinello, Peridotite stratificata, Metagabbro,
Metagabbro pieghettato, Gabbro ad anfibolo, Gneiss granatifero, Ortogneiss occhiadino, Ortogneiss,
Paragneiss, Marmosilicati, Serpentinite, Oficalce, Anfibolite epidotica, Anfibolite, Serpentino classico,
Verdemare, Verde Torre S. Maria, Serpentino scisto, Dorato Valmalenco, Calcescisto, Beola argentata, Serizzo
con anfibolite, Serizzo con basici, Serizzo, Breccia intrusiva, Ghiandone, Aplite, Fels a talco e olivina, Marmo a
vene metasomatiche, Marmo a silicati.
I TORRENTI ALPINI
I greti dei torrenti, nei tratti superiori delle valli, sono fondamentalmente delle pietraie, nelle
quali la presenza di acque di ruscellamento determina il verificarsi di sommersioni temporanee,
rimaneggiamento del fondo e presenza più o meno costante di acqua. Inoltre, il materiale trasportato
dalla corrente è deposto in modo differenziato, così da creare isole di sabbie tra estensioni di
materiale grossolano.
Nei punti dove l’influenza del fattore “ruscellamento” diminuisce, ma tuttavia è ancora
consistente, si insediano comunità vegetali discontinue, caratterizzate per lo più da piante erbacee
pioniere o giovani arbusti. Questi ambiti, frequentemente rimaneggiati durante le fasi di piena
ordinaria (acque di disgelo primaverile e acquazzoni estivi), subiscono periodici ringiovanimenti, che
Relazione Paesaggistica 77
impediscono alla vegetazione di evolvere verso stadi più maturi. Allontanandosi dal centro del
torrente, nell’ambito della fascia di piena straordinaria, si incontrano via via comunità vegetali
strutturalmente più complesse arbustive ed arboree a salici ed ontani.
Fig. 34 - Tracciato della pista da fondo fra San
Giuseppe e Chiareggio (tratto da
http://www.sondrioevalmalenco.it/).
Fig. 35 (a seguire) – Carta dell’uso del suolo ad orientamento vegetazionale (DUSAF 2 – ERSAF, 2009)
dell’area vasta di intervento, con relativa legenda.
1121 - tessuto residenziale discontinuo
12111 - Insediamenti industriali, artigianali, commerciali
131 – cave
1421 - Impianti sportivi
2311 - prati permanenti in assenza di specie arboree ed arbustive
2312 – prati permanenti con presenza di specie arboree ed arbustive sparse
31111 – boschi di latifoglie a densità media e alta governati a ceduo
3121 - boschi conifere a densità media e alta
3113 - formazioni ripariali
31311 – boschi misti a densità media e alta governati a ceduo
3211 - praterie naturali d’alta quota assenza di specie arboree ed arbustive
2312 – prati permanenti con presenza di specie arboree ed arbustive sparse
3221 - cespuglieti
3122 - Boschi di conifere a densità bassa
3241 - cespuglieti con presenza significativa di specie arbustive alte ed arboree
511 - alvei fluviali e corsi d’acqua artificiali
5122 - bacini idrici artificiali
Relazione Paesaggistica 78
Relazione Paesaggistica 79
Frequentemente, lungo i greti, si possono trovare anche specie delle pietraie e degli ambienti
nivali, la cui presenza dipende dal trasporto a valle dei loro semi, o di parti vegetative delle stesse.
La vegetazione dei greti è molto dispersa e spesso costituita da individui isolati di specie con
esigenze ecologiche molto diverse. Ciò è possibile perché, nonostante l’apparente uniformità, i greti
dei torrenti alpini presentano una gran quantità di microambienti differenti tra loro per la diversa
proporzione di ghiaie, sabbie e limi e per l’origine calcarea o cristallina del suolo iniziale, per la
posizione più o meno rilevata rispetto al livello dell’acqua, quindi soggetti a sommersioni con varia
frequenza. Da questi fattori ne dipendono altri, come la disposizione più o meno accentuata di detriti
vegetali e la capacità di ritenzione dell’acqua dopo le piene, elevata su substrati fini, bassa su quelli
ghiaiosi: un sistema complesso di combinazioni varie che nei grandi greti sono disposte a mosaico,
determinando una distribuzione delle specie apparentemente disordinata, tuttavia riconducibile a
comunità distinguibili per la dominanza di specie tolleranti dei rimaneggiamenti e della precarietà
dell’ambiente. Ciò che maggiormente caratterizza un torrente alpino e ne influenza le comunità
animali è la corrente, che modella con la sua forza erosiva, la morfologia dei corsi d’acqua. Fondali
ciottolosi, grosse buche nelle quali si tuffano piccole cascate e una forte stagionalità nelle portate,
con minimi in inverno e massime in tarda primavera in corrispondenza dello scioglimento della neve,
e intense piogge, rappresentano difficili condizioni di vita per le specie animali che colonizzano questo
ambiente. La corrente impetuosa impedisce la crescita di piante acquatiche superiori e, sui ciottoli del
fondo, solo alcune specie di maschi di alghe riescono a sopravvivere e ad ospitare numerosi
organismi. Insetti, crostacei, molluschi e planarie costituiscono la comunità degli invertebrati
bentonici, che può arrivare a contare da diverse centinaia a diverse migliaia di individui per metro
quadro e che costituisce la base della dieta per i pochi vertebrati predatori specializzati a vivere in
questi ambienti. La maggior parte di queste specie non vive nelle zone di massima corrente, ma al
riparo tra i sassi del fondo e dove le acque son più lente.
Tra i gruppi maggiormente rappresentati e meglio adattati a questi ambienti ci sono, senza
dubbio, gli insetti, le cui fasi larvali acquatiche presentano numerosi adattamenti per resistere alla
corrente. In certi giorni e a certe ore centinaia di individui sfarfallano insieme, scatenando l’istinto
predatore della trota fario: salmonide caratteristico delle acque correnti fredde (5° - 10° C) e ben
ossigenate alle quali si è adattato al punto di risalirle fino a quasi 2.000 metri per deporre le uova.
Altri pesci che frequentano il tratto superiore dei fiumi e condividono l’habitat con la trota
(scazzone, sanguinerola): uno degli abitanti più caratteristici dei torrenti alpini è senza dubbio il Merlo
acquaiolo, vero e proprio subacqueo visto che si tuffa nella corrente, immergendosi e camminano sul
Relazione Paesaggistica 80
fondo ancorato ai sassi con le zampe. Frequenta torrenti alpini fino a 2.200 m, scendendo in inverno
fino alle rive dei laghi prealpini.
ELEMENTI DELLA STRUTTURA INSEDIATIVA STORICA
Nel 250 d.C. i romani entrarono in Valmalenco, intuendone l’importanza strategica e progettando la
costruzione di una strada carovaniera per raggiungere il passo del Muretto e Coira, nel cuore della
Rezia. Dal 500 d.C. al 1.000 d.C. vi svilupparono le attività estrattive di minerali e pietre ornamentali,
quali la pietra ollare e il serpentinoscisto, che getteranno le basi per la realtà culturale sociale ed
economica che caratterizza la valle anche ai giorni nostri.
Il serpentino e l’attività estrattiva.
Le serpentiniti sono rocce ultrabasiche molto povere in silice, che hanno tratto origine dalle peridotiti del
mantello litosferico metamorfosate durante l’orogenesi alpina. Sono formate da associazioni di silicati di
magnesio, come antigorite, forsterite e clorite. Le fessure delle serpentiniti sono spesso colmate da amianto in
fibre lunghe sino a 2 m (le cave di amianto più importanti sono situate nella zona di Campo Franscia). Il colore
della roccia è un verde più o meno scuro, talvolta con screziature di toni differenti, così da ricordare la pelle del
serpente. Per alterazione dei minerali di ferro contenuti si ricoprono di una patina rugginosa rosso bruna.
L’aspetto brullo e quasi riarso dei rilievi serpentinosi, oltre all’imponenza delle coltri detritiche che li cingono
deve avere ispirato le leggende di incendi e cataclismi immani. In genere compatte e massicce, possono
assumere tessitura foliata, che le rende facilmente riducibili in lastre sottili.
L’estrazione del serpentino rappresenta per la Val Malenco un’importante risorsa economica sin dal
1300, quando ebbe inizio l’utilizzo di questa pietra per la copertura dei tetti con le così dette piode. Gli statuti
malenchi ricordano un istituto chiamato “dazio piodario” sotto forma di boccali di vino, che i mercanti grigioni
erano soliti pagare ai piodè al passaggio del ponte con i carichi di lastre di pietra. Intorno alla metà dell'800, 150
erano gli artigiani occupati annualmente nella lavorazione della "pioda”. Le cave principali si trovano tra Chiesa
in Valmalenco e San Giuseppe, nella cosiddetta zona del Giüèl, sui due versanti della valle incisa dal torrente
Mallero; altre cave sono poste a nord di Torre Santa Maria, presso Campo Franscia, ad est di Lanzada, e alle
pendici del Pizzo Tremogge. Oggi le cave più antiche sono abbandonate, ma costituiscono motivo di visita, con le
vecchie baite costruite con le stesse lastre in pietra, le unità di lavorazione (cava sotterranea e piazzale di taglio).
Ma la Valmalenco ha vocazione "mineralogica" molto antica, e non solo per il serpentino: fin dal
Medioevo si conosceva la pietra ollare, adatta alla lavorazione perché particolarmente tenera, ed usata
soprattutto per fabbricare masserizie da cucina. Nel 1.700 in Valmalenco ebbe inizio anche l'attività estrattiva
per minerali quali il talco e la steatite.
Relazione Paesaggistica 81
Tra il 1300 e il 1400 la Valmalenco affrontò uno dei periodi più difficili della sua storia: fu
teatro di molte catastrofi, quali alluvioni, terremoti, frane, siccità e gelo, che culminarono nel 1630
con un’ epidemia di peste, che decimò paesi e frazioni. La dominazione dei Grigioni (1512-1797),
contraddistinta da tensioni religiose, fece rivivere nuovo splendore alla via carovaniera: i traffici
commerciali per il Centro Europa attraverso il Passo del Muretto trovarono nuovo slancio, favorendo
un significativo sviluppo dell’area sotto il profilo economico e soprattutto culturale. L’opera di
colonizzazione della montagna da parte di popolazioni migranti da aree di confine contribuì
ulteriormente ad una differenziazione dei tipi edilizi con influssi esterni. Ai Grigioni seguirono i
Francesi e poi gli Austriaci, che istituirono le prime scuole pubbliche.
A partire dal 1800 la nascita dell’alpinismo diede vita allo sviluppo delle attività turistiche e
dei nuovi mestieri ad esse connesse.
Con l’inizio del Regno d’Italia, nel 1861, le ristrettezze economiche portarono ad un processo
migratorio rivolto soprattutto alle Americhe e all’Australia. Le difficoltà economiche del dopoguerra e
la vicinanza del confine svizzero fondarono i presupposti per lo sviluppo del contrabbando, creando
un vero e proprio “mestiere”.
Gli anni ’60 furono caratterizzati dalla diffusione delle discipline sportive invernali, che
portarono alla costruzione degli impianti di Caspoggio e Chiesa Valmalenco.
Chiesa, oggi capoluogo della Valmalenco, è stata storicamente tappa obbligata per il transito
verso il passo del Muretto, grazie anche alla protezione offerta dal Castello di Malenco (di cui oggi
sono visibili i resti a Caspoggio), e del “Castellaccio” di Costi Battaini (distrutto negli anni ’50 per
lasciare spazio alle cave di Serpentino).
TESTIMONIANZE DI CULTURA MATERIALE E FORMALE DEL LUOGO
Il paesaggio e le dimore rurali hanno da sempre rappresentato una continuità visiva, che solo le
trasformazioni radicali di vita e di costume degli anni ‘60 e ‘70 del Novecento hanno saputo
modificare sensibilmente. A ciascuna vallata alpina e prealpina è infatti attribuibile un accento
particolare nell’uso dei materiali e delle tipologie abitative, sempre tenendo conto della mobilità nei
diversi livelli di quota, che ha caratterizzato la vita semi-nomade degli insediamenti tradizionali dei
contadini-pastori.
Per quanto riguarda la Valtellina e, in particolare, il territorio della Comunità Montana di
Sondrio, l’utilizzo pressoché esclusivo dei materiali locali, legno e pietra, era legato sia al particolare
contesto economico-sociale, che al razionale sfruttamento delle loro caratteristiche costruttive e
strutturali. Quando entrambi gli elementi erano disponibili e tra loro compatibili venivano utilizzati
Relazione Paesaggistica 82
coerentemente con le rispettive specificità: il legno nelle strutture resistenti a trazione e flessione
(solai, architravi, strutture di copertura), la pietra nelle strutture a compressione (muri, fondazioni,
piedritti). Con riferimento all’utilizzo di materiale lapideo spicca l’esempio della Valmalenco, ricca di
ardesia e di scisti, rocce idonee alla preparazioni di pietre ai fini edificatori, la quale sviluppò
notevolmente l’utilizzo del pietrame anche per le coperture a ‘piode’. L’impiego del legname fu
piuttosto raro, tanto che solamente alcune località della valle presentano edifici con struttura mista
pietra-legno. Il legno, quando veniva usato, era limitato alle strutture orizzontali, a quelle di copertura
e soprattutto alle specchiature di aerazione dei fienili.
In alcuni casi sporadici, come all’Alpe Lago, all’Alpe Pirlo e all’Alpe Prato di Mezzo (Chiesa in
Valmalenco), ci sono edifici rurali interamente costruiti con il sistema a “block-bau”, caratterizzato
dall’utilizzo dei tronchi incardinati. La tecnica, molto antica e di derivazione nordica, era diffusa in
tutta l’Europa centrale. Essa prevedeva un sistema ortogonale di travi in legno, incastrate negli angoli
attraverso la realizzazione di due incavi, uno inferiore e l’altro superiore, a circa 20/30 centimetri
dall’estremità. L’intera struttura in legno poggiava generalmente sopra un basamento costruito in
muratura di pietrame per garantire l’isolamento del legname dall’umidità del terreno, dalla pioggia e
dalla neve.
Così come per l’utilizzo dei materiali, anche per le tipologie abitative non esistevano forme
fisse e rigide: in base alle risorse disponibili, al clima ed alle attività produttive, la dimora contadina
mutava i suoi spazi. Le peculiarità abitative non erano tanto legate all’area geografica definita dalla
latitudine e dall’altitudine, quanto, piuttosto, alla modalità di gestione del territorio de terminata
dalla morfologia del terreno e dalle caratteristiche climatiche della zona. Emblematico di questo
fenomeno era lo spostamento primaverile ed estivo delle famiglie con il bestiame. Gli insediamenti
rurali, inseriti in una complessa rete di percorsi che garantivano l’utilizzazione degli alpeggi sul
versante alpino, a tutte le quote, nelle stagioni più propizie, erano inevitabilmente condizionati
dall’attività della transumanza.
Il senso di appartenenza alla comunità, intesa come solidarietà paesana e intreccio stretto di
relazioni con momenti di cooperazione nelle attività lavorative, predominante in numerose realtà
valtellinesi, è tuttora evidente in alcune contrade. La traduzione tangibile di tale complessità è
percepibile nell’intrico di collegamenti interni, percorsi che talora si sviluppavano al di sotto delle
case, passaggi ad arco, voltine e sostegni, scalette aeree, cortili intersecantisi o contigui organizzati in
una complessa rete topografica. Man mano che si risale la valle, le corti tendono a farsi più chiuse,
stringendosi e così divenendo un elemento annesso alla singola abitazione. Esempio limite di questa
corte comune è la “trüna” tipica della Valmalenco. In essa la corte diviene una galleria coperta, con
Relazione Paesaggistica 83
funzione di collegamento tra gli edifici, su cui prospettano le porte delle cucine e dei focolari con un
arco di entrata e uno di uscita, come si può riscontrare nella trüna alla contrada Bricalli a Caspoggio, e
in quella nel centro di Lanzada.
Questo insediamento di tipo “compatto” è caratterizzato dalla presenza in alcuni casi di veri e
propri edifici collettivi, “plurimi” (località Costi, Chiesa Valmalenco) in cui gli spazi erano condivisi
secondo un’organizzazione familiare e sociale comunitaria
Elemento comune della casa rurale è costituito dal coesistere di ambienti in cui si svolgeva la
vita domestica, il lavoro, la vita sociale; ambienti tra loro organizzati in modo molto libero. Nella
struttura di questi organismi lo spazio “privato” è minimo. La dimora rurale è strettamente legata
all’attività produttiva: residenza e lavoro sono intesi in modo unitario.
Le relazioni e le compenetrazioni tra l’abitazione domestica ed il rustico inerente l’attività
produttiva variano a seconda delle condizioni geo-antropiche. In Valmalenco, la caratteristica
principale della dimora permanente consiste nella divisione tra abitazione (cà) e stalla-fienile (masun),
dislocate in un rustico separato. Talvolta l’insieme della dimora si tripartisce con l’aggiunta di una
piccola costruzione, il “casèl’, per la conservazione dei prodotti caseari.
Quando l’attività dell’uomo lo richiedeva, alcuni edifici erano destinati esclusivamente ad
impianti produttivi: fra gli esempi spiccano nell’area di indagine i Torni di Valbrutta a Lanzada.
A quote più elevate la dimora non era più costituita da un insediamento vero e proprio, ma da
semplici ripari, per il bestiame e per i pastori, o da piccole baite poste in prossimità degli abbeveratoi.
In Valmalenco, la dimora temporanea del maggengo tendeva ad essere piuttosto accentrata, anche se
esistono esempi di nuclei sparsi. In quest’ambito i caratteri distintivi si attenuano a favore di scelte
essenziali dettate dall’austerità dell’ambiente: dalla baita d’alpeggio e dal ricovero elementare e
smontabile del “calecc” si passa al “bàet” in legno, prefabbricato minimo ed essenziale per il riparo
notturno, utilizzato soprattutto sul versante orobico.
Relazione Paesaggistica 84
Fig. 36-Localizzazione
delle baite e dei
nuclei sparsi nella
zona di intervento
(fonte: PGT)
SIGNIFICATO CULTURALE DEL TORRENTE
La presenza dei corsi d'acqua nella catena alpina è strettamente relazionata alla morfologia del
territorio e da sempre caratterizza gli aspetti della vita delle popolazioni, nel normale confrontarsi e
convivere con l’ambiente circostante. Ecco allora come nelle vallate di questa natura il fiume o il
torrente riveste un’importanza fondamentale ai fini del normale svolgimento delle attività umane.
Oltre all’utilizzo delle acque come elemento di prima necessità (fontane, lavatoi, irrigazione agricola,
abbeveratoio per il bestiame), se ne sfrutta l’alveo come fonte di approvvigionamento di materie
prime, quali il pietrame, spesso utilizzato per la costruzione delle abitazioni, dei muri, dei selciati.
L’acqua corrente allo sbocco dei torrenti ha inoltre favorito nel tempo la nascita e lo sviluppo
dei centri abitati della fascia pedemontana: anche qui ovviamente per soddisfare i bisogni primari e,
sia pure con rudimentali derivazioni e dislivelli di pochi metri, per l’installazione di ruote idrauliche
per azionare mulini, piccole officine meccaniche e falegnamerie, oltre a permettere l’irrigazione di
buona parte dei terreni. La forza delle acque è stata a lungo sfruttata per portare a valle il legname di
Relazione Paesaggistica 85
esbosco. Il torrente riveste allora un grande significato culturale, è una necessaria fonte di energia,
materiale e psicologica, fino a portare la popolazione ad attribuire alla sua presenza un ruolo
fondamentale nello svolgimento naturale di qualsiasi attività o iniziativa.
Relativamente in tempi recenti sono stati realizzati, con finalità di protezione degli abitati,
interventi di regimazione dei corsi d’acqua, snaturandone in alcuni tratti anche il letto attraverso la
costruzione di alte briglie, scogliere, argini od artificializzandone il fondo; indubbia la perdita di
naturalità e la diminuzione dei valori paesaggistici ed estetici, oltre che funzionali, connessi.
Un importante aspetto relativo alla forza delle acque è la realizzazione di impianti
idroelettrici, che pesante influenza hanno avuto sulla storia e la geografia recente della Valmalenco.
L’asta idroelettrica della Valmalenco è attualmente composta da:
- due serbatoi artificiali (Alpe Gera e Campo Moro);
- tre centrali (Campo Moro, a monte, quota 2000 metri – Lanzada, quota 1000 metri - Sondrio, a valle,
quota 300 metri).
La diga di Alpe Gera, situata nel comune di Lanzada ed è stata realizzata tra il 1961 e il 1964. Ha
permesso la formazione del bacino artificiale omonimo a quota 2128 metri con un invaso massimo di 68 milioni
di metri cubi, pari alla capienza di 63.000 piscine olimpioniche. Lo sbarramento, costituito da una diga massiccia
a gravità in calcestruzzo, è lungo 530 metri e alto 174 metri, come un grattacielo di 58 piani, con un volume
totale pari a 1.700.000 metri cubi, sufficienti a contenere il Duomo di Milano. La diga è attraversata in senso
longitudinale da dieci cunicoli collegati tra loro, e al coronamento con un impianto ascensore che, percorrendo lo
sbarramento verticalmente per 140 metri, è uno tra i più alti d'Europa. Lo sbarramento di Campo Moro,
costruito tra il 1956 e il 1958, è costituito da due dighe separate da un grande sperone roccioso. La diga est, in
calcestruzzo, alta 96 metri (come un grattacielo di 32 piani) e lungo 180 metri, è più grande di quella ovest, in
pietrame, alta 35 metri (come un palazzo di 32 piani). Il bacino di Campo Moro ha una capacità massima di 11
milioni di metri cubi d’acqua, pari alla capienza di 10.200 piscine olimpioniche. Le acque raccolta nell’invaso di
Alpe Gera a quota 2125 metri giungono, con un salto medio di circa 133 metri, alla centrale di Campo Moro.
La centrale di Campo Moro è stata costruita nel 1965 interamente in una caverna artificiale collegata
all'esterno grazie a una galleria lunga 570 metri. Ha una potenza di 35.000 KW, pari a quella di 66 Ferrari di
Formula 1; produce circa 33 milioni di kwh all'anno, pari al fabbisogno medio annuo di circa 14.000 famiglie. Al
termine dell'utilizzo nell'unico gruppo di produzione di energia elettrica le acque vengono rilasciate nel serbatoio
di Campo Moro alla quota media di 1950 metri.
Il serbatoio di Campo Moro è collegato alla centrale di Lanzada grazie ad una galleria di derivazione
lunga 8 km. e due condotte forzate lunghe 1500 metri. Le acque giungono a Lanzada dopo aver effettuato un
salto di 1000 metri.
Relazione Paesaggistica 86
La centrale di Lanzada, formata da tre gruppi di produzione uguali, ha una potenza totale di 210.000
KW (70.000x3), pari a quella di 390 Ferrari di Formula 1. E' entrata in funzione nel 1955 (alimentata dalle acque
dei torrenti Cormor e Scerscen raccolte nel serbatoio di Campo Moro, e da quelle dei torrenti Campagneda,
Prabello e Antognasco) e produce in media 280 milioni di kwh ogni anno, pari al fabbisogno annuo di circa
135.000 famiglie. Nel 1963 è entrata in funzione la centrale di Lanzada ausiliaria, alimentata con le acque del
torrente Mallero derivate in località Curlo. Le acque utilizzate dalla centrale di Lanzada giungono infine alla
centrale di Sondrio attraverso una galleria lunga circa 10 km. e una condotta forzata lunga 1.375 metri.
La centrale di Sondrio, formata da due gruppi di produzione uguali, ha una potenza totale di 146.800
KW (73.400x2), pari alla potenza di 275 Ferrari di Formula 1. E' entrata in servizio nel 1960 (alimentata dalle
acque restituite dalle centrale di Lanzada, e da quelle dei torrenti Lanterna e Antognasco) e produce in media
410 milioni di kwh ogni anno, pari al fabbisogno annuo di circa 197.000 famiglie.
Per quanto riguarda i cosiddetti “piccoli impianti” nel 1995 la società “Foraschetto” ha realizzato una
centralina in località Chiareggio sui torrenti Forasco e Foraschetto; nel 1997 la società “Idroelettrica dell’Adda”
ha realizzato una centralina in località Tornadri sul torrente Lanterna; nel 2001 la società “Energia e Ambiente”
ha realizzato una centralina in località Senevedo sul torrente Mallero; nel 2002 la società “Nuova Serpentino” ha
realizzato una centralina in località Basci sul torrente Giumellini, la società “Tecnowatt” ha realizzato una
centralina in località San Giuseppe sul torrente Entovasco e una centralina in località Franscia sul torrente
Scerscen. (tratto da www.malenco.it)
INDIVIDUAZIONE DEL PAESAGGIO COME META TURISTICA
Il comune di Chiesa in Valmalenco è caratterizzato dalla presenza di massicci alpini di straordinaria
bellezza e suggestione, che alle alte quote delineano scenari grandiosi e di elevato pregio, teatro di
numerosi itinerari escursionistici ed alpinistici. Coronato da versanti rocciosi o densamente boscati,
terrazzamenti e residuali praterie montane arricchite da agglomerati rurali ancora ben conservati, il
fondovalle mostra i segni di interventi antropici sostanziali, non sempre integrati con il paesaggio
montano in cui si inseriscono.
Centro economico e turistico di maggior rilevanza dell'intera vallata, Chiesa in Valmalenco ha
di fatto risentito dagli anni Settanta-Ottanta di una eccessiva espansione urbanistica, legata per lo più
alla realizzazione di seconde case per la villeggiatura. Il risultato ha in parte svilito la bella conca posta
a 1.000 m di quota in cui il paese si colloca, facendone perdere in buona parte i connotati storici e
architettonici originari, nonché i pregi paesistici. Il paese ha saputo peraltro dotarsi di infrastrutture
turistiche importanti, fra cui impianti di risalita per la pratica dello sci alpino, discrete strutture
alberghiere e un'efficiente rete commerciale.
Relazione Paesaggistica 87
Fig. 37- L'area di inserimento dell’impianto (in rosso) nel contesto sciistico della Valmalenco.
Per nulla trascurato appare il settore industriale, che, oltre alla rilevante attività edilizia, vanta
diverse imprese per l'estrazione e la lavorazione del serpentino, ottima pietra da costruzione, e delle
tegole per la copertura dei tetti (piode); assai più marginale la pietra ollare, che oggi viene utilizzata
per la produzione di oggettistica ed artigianato locale. Spesso proprio le esigenze di queste attività
sono quelle maggiormente in contrasto con la vocazione turistica del territorio: le cave di rocce
serpentinose, ad esempio, sono diffuse in tutto il settore centrale della Valmalenco; in particolare, la
parte più bassa dello sperone di Primolo sopra la strada per Chiareggio (ossia parte della zona di
intervento) è intagliata a gradini e squadrata geometricamente, con ben evidente il colore verde oliva
degli interventi più recenti. La montagna, completamente spogliata dalla vegetazione, è composta
unicamente da frammenti di roccia che le ricoprono il fianco, conferendole un aspetto quanto meno
particolare.
Se oggi quanto meno le vecchie cave, utilizzate già dal 1300, sono abbandonate, è ancora
possibile visitarle, almeno in parte, unitamente alle "giuèl", ossia le unità di lavorazione composte,
oltre che dalla cava, anche dal piazzale di taglio. In alcune sezioni, del resto, vecchi ambiti estrattivi
sono stati riqualificati o riabilitati al turismo, grazie alla identificazione di itinerari ad hoc.
Relazione Paesaggistica 88
Fig. 38- Turismo e industria: seconde case e ambiti estrattivi ritagliati dagli impervi versanti coesistono nell'area di Chiesa in Valmalenco.
L'ecomuseo Minerario della Bagnada nasce nel comune di Lanzada con l'idea di raccontare la storia di
un'attività che ha segnato la vita dei valligiani e connotato fortemente il territorio della Valmalenco: l'estrazione
del talco. La Miniera della Bagnada fu scoperta verso la fine degli anni ’20 dalla Società Anonima di Amianto
dell’ingegner Grazzani di Milano, che ottenne la prima concessione di ricerca mineraria nel 1936.
In realtà, già nel 1870, alcune società impegnate nell’estrazione dell’amianto intuirono le potenzialità
del talco; tuttavia le difficoltà tecniche e la scarsa richiesta sul mercato di una materia prima ancora poco
conosciuta fecero cadere l’interesse.
Lo sfruttamento intensivo del giacimento della Bagnada, scoperto appunto durante le ricerche di nuovi
filioni di amianto, si prolungò per oltre 50 anni, fino alla metà degli anni 80. L’attività di coltivazione della
Miniera era piuttosto rudimentale, basata sul lavoro manuale e priva di aiuti di tipo meccanico. Prevedeva il
trasferimento del talco attraverso teleferiche e un’organizzazione della forza lavoro in squadre di 25 minatori
che si dividevano le incombenze di ogni giorno. L’estrazione del talco rappresenta ancora oggi un aspetto
fondamentale nell’economia della Valmalenco, che con una sola miniera attiva si impone nel mercato
internazionale. Certo, l’evoluzione tecnologica ha apportato alle modalità di coltivazione profondi cambiamenti
in termini di modernità, senza cancellare la memoria storica che la Miniera della Bagnada vuole oggi
testimoniare.
Oggi è possibile visitare la miniera situata nel comune di Lanzada. Il percorso tematico si articola in tre
momenti:
- Visita della Galleria
Incontro con il talco, spostamenti nella miniera di uomini e materiali, fasi del lavoro in miniera, sistema
di coltivazione, incontro con i quarzi;
- Museo Minerario
Incontro con la storia, oggetti del lavoro in miniera e di altre attività estrattive;
- Museo Mineralogico
Relazione Paesaggistica 89
Esposizione dei minerali della Valmalenco.
ORARI
Visita con guida - Prenotazione obbligatoria
Tutti i sabato e domenica
PRENOTAZIONI
Le visite si eseguono con prenotazione obbligatoria presso l’Ufficio Turistico della Valmalenco
(www.minieradellabagnada.it)
Per quanto riguarda l’escursionismo, numerosi sono i tracciati presenti in Valmalenco, che si
caratterizzano per la disponibilità di elementi di interesse complementari, fra i quali il Parco Geologico
di Chiareggio e il Sentiero Glaciologico del Ventina. Si segnalano i sentieri che formano l’Alta Via della
Valmalenco, l’area turistica del lago Palù e quella della Piana di Campagneda, ai Piedi del Pizzo
Scalino. Nell’area vasta di intervento transita il Sentiero Rusca, percorso dedicato all'arciprete di
Sondrio protagonista delle tormentate vicende religiose nella Valtellina del ‘600. L’itinerario
escursionistico, promosso dalla Comunità Montana di Sondrio, parte dal capoluogo provinciale e,
attraversando il Passo del Muretto, giunge fino al paese svizzero di Thusis, in Svizzera. Presso Chiesa
l’itinerario percorre la via Rusca fino al ponte del Curlo, dove si trova la traccia dell’antica cavallera
che saliva alla località Castellaccio (attualmente occupata dalla “Nuova Serpentino d’Italia”), in
prossimità della zona di intervento. Il percorso continua per ca. 880 metri lungo la strada veicolare
per S. Giuseppe e Chiareggio fino al bivio del Giovello, dove la cavallera attraversava il ripido versante
occupato dalle discariche delle antiche cave di piode; superata quest’area si prosegue fino a San
Giuseppe lungo una buona mulattiera. Da San Giuseppe nuovamente strada asfaltata per ca. 1.200 m,
fin dove si scende nel Sabbionaccio, ove il tracciato si sviluppa in parte lungo le piste di fondo fino a
Caròtt ed in seguito a Senevedo e Chiareggio. Il percorso si presenta come un asse pedonale
percorribile (da Maloja a Sondrio e viceversa) in due o più tappe, opportunamente segnalato con
apposita cartellonistica direzionale e turistica.
Relazione Paesaggistica 90
Fig. 39 - Raffigurazione del Sentiero Rusca da Sondrio al Passo del Muretto (da www.cmsondrio.it). In giallo l’area principale di intervento (Giovello – Castellaccio –San Giuseppe).
Fig. 40 - Panorama dalla funivia "Snow eagle" per l'Alpe
Palù. In rosso è indicativamente individuata l'area di
intervento (Giuel – Castellaccio) (da
http://www.crazyboards.it).
Relazione Paesaggistica 91
Fig. 41 - Estratto della carta escursionistica della CM di Sondrio per l’area vasta di intervento.
Fig. 42- Maggengo abbandonato sul versante in destra idrografica interessato dalla costruzione della galleria.
Si notino le costruzioni realizzate interamente in pietra.
Relazione Paesaggistica 92
ANALISI DI IMPATTO PAESISTICO DELL’INTERVENTO
Secondo quanto previsto dall'analisi paesaggistica proposta a livello regionale, il giudizio complessivo
circa la sensibilità di un paesaggio si basa su tre differenti modi di valutazione:
• Morfologico-strutturale,
• Vedutistico,
• Simbolico.
Da tali chiavi di valutazione si determinano in forma numerica le “Classi di sensibilità”, che possono
essere "Molto bassa", "Bassa", "Media", "Alta" o "Molto alta".
Sulla base delle valutazioni effettuate in riferimento alle tre chiavi di lettura, che compongono
la Tabella 1A, ed ai tre modi di valutazione (Tabella 1B), si applicano i seguenti valori di giudizio
complessivo espressi in forma numerica:
• 1 = Sensibilità paesistica "molto bassa";
• 2 = Sensibilità paesistica "bassa";
• 3 = Sensibilità paesistica "media";
• 4 = Sensibilità paesistica "alta";
• 5 = Sensibilità paesistica "molto alta".
Caratteri del sito
L’impianto ricade in Comune di Chiesa in V.co, fra le quote 1.024 e 1.354 m circa, con sviluppo in
lungo il torrente Mallero e i limitrofi versanti. Sono previsti scavi e riporti per la realizzazione
dell’opera di presa, di una galleria nella quale sarà alloggiato un tratto di condotta forzata; al termine
del tunnel, quest’ultima verrà interrata sino al raggiungimento della centrale di produzione, prevista a
valle dell’area industriale Nuova Serpentino d’Italia. Per raggiungere tale sito sarà necessario
realizzare una pista di accesso, che si inserisce nel contesto dell’area industriale. Poco oltre sarà
costruito anche il canale di scarico delle acque captate nel torrente Mallero. Nella medesima area è
previsto il posizionamento della linea elettrica interrata e la realizzazione della cabina elettrica.
Limitatamente al potenziamento della linea elettrica sarà interessato anche l’ambito urbano di
Chiesa. I cospicui volumi di materiale inerte movimentato troveranno collocazione nella sistemazione
dei siti delle opere in progetto, mentre il materiale in esubero verrà trasportato all’interno di un’area
di cava dismessa (ex miniera Ponticelli a Lanzada).
Relazione Paesaggistica 93
Il territorio delle aree di cantiere è solo in parte colonizzato da vegetazione spontanea, vista la
presenza di aree industriali e di cava, ma anche di ammassi detritici e alvei fluviali; le comunità
presenti sono in prevalenza costituite da cespuglieti e boschi pionieri che si sono sviluppati lungo i
rocciosi versanti subverticali, gli accumuli di frana o le valli incise lungo i pendii.
VALUTAZIONE MORFOLOGICO-STRUTTURALE.
Chiave di lettura sovralocale
1. Strutture morfologiche di particolare rilevanza nella configurazione di contesti paesistici (crinali,
orli di terrazzi, sponde fluviali e lacuali,….)
Lo skyline della Val Malenco abbraccia le cime più elevate delle Alpi retiche (Gruppo del Bernina e del
Disgrazia, oltre che quello dello Scalino 3.323 m) che raggiungono i 4.000 m e definiscono un contesto
tipicamente alpino. Nude pareti subverticali profilano la vallata; alle quote più basse l’attività
estrattiva condotta nel corso dei secoli ha profondamente mutato l’aspetto originario del paesaggio,
creando contesti significativamente alterati, talvolta però comunque suggestivi. Attraversa e incide la
valle il torrente Mallero, che, spumeggiante, scorre incassato alla base dei ripidi pendii.
2. Aree o elementi di rilevanza ambientale che intrattengono uno stretto rapporto relazionale
con altri elementi nella composizione di sistemi di maggiore ampiezza (componenti dell’idrografia
superficiale, corridoi verdi, aree protette, boschi, fontanili,…..)
La porzione della Valmalenco posta a maggior quota riveste un particolare valore ecologico ed
ecosistemico, confermato dalla presenza di SIC e ZPS; nella sezione valliva interessata dalle opere il
versante posto in sinistra idrografica ricade nelle Aree di primo livello della Rete Ecologica Regionale. Il
corso d’acqua, unitamente alla vegetazione che lo fiancheggia, assume normalmente particolare
rilevanza nell’ambito della continuità ecologica e dei collegamenti monte-valle. I torrenti uniscono
infatti anche in modo fisico le aree di fondovalle con le vette più alte, identificandosi come via di
transito e comunicazione fra popolazioni e individui di specie. I boschi presenti nell’area indagata
sono invece più frammentati e stentati, in buona parte di carattere pionieristico, hanno finalità
prioritariamente protettive.
3. Componenti proprie dell’organizzazione del paesaggio agrario storico (terrazzamenti,
maglie poderali segnate da alberature ed elementi irrigui, nuclei e manufatti rurali distribuiti
secondo modalità riconoscibili e riconducibili a modelli culturali che strutturano il territorio agrario)
Relazione Paesaggistica 94
Diversi sono gli elementi che caratterizzano l’ambito in esame dal punto di vista paesaggistico: i
terrazzamenti ricavati storicamente sui ripidi versanti, le abitazioni rurali che sorgono nei maggenghi
in quota, talvolta abbandonati, e le case sparse, le praterie secondarie, che contribuiscono ad
arricchire la diversità ambientale e paesaggistica complessiva del territorio. Essi sono legati fra loro
dalla maglia dei percorsi di collegamento monte-valle, ossia dalle storiche mulattiere ancora oggi in
parte ben conservate.
4. Elementi fondamentali della struttura insediativa storica (percorsi, canali, manufatti e
opere d’arte, nuclei, edifici rilevanti)
I sentieri e le mulattiere ancora presenti nell'area testimoniano gli spostamenti in senso altitudinale
compiuti durante il corso dell'anno dalle popolazioni locali, che nei secoli hanno sfruttato i vari livelli
di quota per la pratica delle tradizionali attività agro-silvo-pastorali, utilizzandoli nei momenti più
favorevoli. La valle del torrente Mallero è stata anche strategica via di comunicazione fra Valtellina ed
Engadina attraverso il Passo del Muretto. Rivalutati anche in chiave escursionistica-ciclistica, questi
percorsi vengono utilizzati oggi per vivere la ruralità con spirito ben differente da quello originario,
conservando però il fascino e il valore storico-culturale primordiale.
Fig. 43- Depositi di materiale lapideo nella zona del Giuèl (Giovello)
Fra i tracciati più noti si cita
il Sentiero Rusca,
recentemente valorizzato
dalla Comunità Montana di
Sondrio, ma anche la storica
via per San Giuseppe che si
snoda in destra idrografica,
collegando Primolo e il
Giovello, o il tracciato fra le
fraz. Curlo e Albareda. Non
si possono poi non citare le
attività estrattive, che hanno
fortemente modificato i
versanti della zona, sia attraverso le attività di scavo, che per quelle di deposito dei materiali
inutilizzati, posizionati apparentemente in precari cumuli sui versanti che contribuiscono a creare un
suggestivo contesto.
Relazione Paesaggistica 95
5. Testimonianze della cultura formale e materiale caratterizzanti un determinato ambito
storico-geografico (per esempio quella valle o quel tratto di valle); soluzioni stilistiche tipiche ed
originali, utilizzo di specifici materiali e tecniche costruttive (l’edilizia in pietra o in legno, i muretti a
secco,….); il trattamento degli spazi pubblici.
Sul territorio in esame, oltre ai nuclei rurali più significativi, sono presenti anche costruzioni sparse: ad
eccezione delle edificazioni più recenti, si riconosce uno stile univoco, in cui spicca l’utilizzo dei
materiali di reperimento locale (essenzialmente la pietra), ma anche di forme costruttive piuttosto
semplici e funzionali. Interessanti anche le mulattiere lastricate, i muri a secco e le cappelle votive che
completano il paesaggio di questa porzione della Valmalenco.
Chiave di lettura locale
1. Segni della morfologia del territorio (dislivello di quota, scarpata morfologica, elementi
minori dell’idrografia superficiale,…)
L’area di intervento comprende sezioni a ridosso del Mallero, che scorre con impeto torrentizio in una
valle incisa, caratterizzante la morfologia del territorio. I versanti limitrofi, e in particolare quelli che si
sviluppano in destra idrografica, sono in parte interessati da copertura forestale, disposta in modo
frammentario. Sono presenti cespuglieti e vegetazione erbacea a copertura di cenge e piccole
superficie prative, in alternanza ad ammassi detritici e speroni rocciosi. Valli strette e profonde si
susseguono segnando il versante, che appare di conseguenza particolarmente impervio ed
accidentato. Alle quote minori il progetto interviene anche lungo ambiti già profondamente alterati
dalle attività antropiche, soprattutto di carattere estrattivo, che li hanno visibilmente degradati. Il
potenziamento della linea elettrica interrata si inserisce in un ambito urbano.
2. Elementi naturalistico – ambientali significativi per quel luogo (alberature, monumenti
naturali, fontanili o zone umide che non si legano a sistemi più ampi; aree verdi che svolgono un
ruolo nodale nel sistema del verde locale,….).
La diversità ambientale della Valmalenco è data indubbiamente dal considerevole dislivello verticale
che la caratterizza, e che permette di ritrovare entro uno spazio abbastanza ristretto tutte le
successioni vegetazionali caratteristiche dei versanti alpini, in particolare quelle su substrato acidofilo.
L’alternanza fra ambienti boscati e praterie/pascoli riveste indubbio interesse ecologico alle quote
considerate, come pure le formazioni boscate, più continue sul versante posto in sinistra idrografica.
Relazione Paesaggistica 96
Fig. 44- Il
Mallero a
valle del
punto di
rilascio (loc.
Castellaccio)
3. Componenti del paesaggio agrario storico (filari, elementi della rete irrigua e relativi
manufatti, percorsi poderali, nuclei e manufatti rurali,….)
L’architettura locale dei nuclei rurali si compone di diversi agglomerati e baite sparse, ove si
riconoscono le tipiche costruzioni in sasso con tetti coperti in piode, in parte però in stato evidente di
abbandono. Le recenti ristrutturazioni non hanno sempre saputo rispettare i caratteri costruttivi
originari, snaturandole con forme e materiali impropri, come pure gli edifici più recenti, realizzati
spesso senza porre particolare attenzione al contesto. Sono invece peculiari gli accumuli di materiale
lapideo nella zona del Giovello: i versanti risultano qui in buona parte ricoperti dalle discariche dei
residui di estrazione e lavorazione secolari delle cave, in cui spiccano le casupole e le tettoie dei
ricoveri costruiti per le operazioni di scalpellatura della pietra.
Anche i muretti a secco che sostengono i terrazzamenti e le mulattiere sono indubbi elementi
di interesse storico agrario che caratterizzano il paesaggio della zona e ne permettono la fruizione.
4. Elementi di interesse storico artistico (centri e nuclei storici, monumenti, chiese e cappelle,
mura storiche,…)
Oltre alla valenza storica-architettonica dei nuclei rurali montani e delle mulattiere, non si rilevano
nell’area vasta particolari elementi di spicco da questo punto di vista.
5. Elementi di relazione fondamentali a livello locale (percorsi –anche minori– che collegano edifici
storici di rilevanza pubblica, parchi urbani, elementi lineari –verdi o d’acqua- che costituiscono la
Relazione Paesaggistica 97
connessione tra situazioni naturalistico-ambientali significative, “porte” del centro o nucleo urbano,
stazione ferroviaria,…..)
Il tracciato escursionistico denominato “Sentiero Rusca”, promosso dalla Comunità Montana fra
Sondrio e il Passo del Muretto, intercetta l’area interessata dalle opere sia nel posizionamento della
linea elettrica, in zona Castellaccio, che in prossimità della zona di presa (S. Giuseppe). Inoltre, verrà
interessato dal potenziamento della linea elettrica interrata un tratto della viabilità principale
(automobilistica) percorsa dal tracciato. Le interferenze sono di tipo temporaneo e teoricamente
limitate alla sola fase di cantiere.
6. Vicinanza o appartenenza ad un luogo contraddistinto da un elevato livello di coerenza sotto il
profilo linguistico, tipologico e d’immagine, situazione in genere più frequente nei piccoli nuclei,
negli insediamenti montani e rurali e nelle residenze isolate ma che potrebbe riguardare anche
piazze o altri particolari luoghi pubblici
Data la collocazione delle opere, il contesto omogeneo in cui si inseriscono è in buona parte quello di
tipo produttivo – estrattivo (“Giuél”), già caratterizzato da interventi di forte impatto paesistico. Si
segnala anche l’area prossima all’imbocco della galleria, che, pur in parte oggetto di risistemazioni
ambientali, assume attualmente valori poco naturaliformi. Per quanto attiene il corso d’acqua, si
notano allo stato di fatto diversi manufatti idraulici (briglie, arginature, strade arginali..) lungo buona
parte del tratto interessato dalla captazione, fattori che ne riducono indubbiamente la naturalità già
allo stato di fatto, ma anche i valori estetici-paesaggistici. Nonostante ciò la presenza di una strada
arginale nel tratto superiore della derivazione ne consente un comodo approccio e l’utilizzo per fini
turistico-ricreativi (pesca, attività balneare in estate presso le pozze createsi a monte di alcune delle
briglie più alte). Infine va ricordato che il deposito del materiale lapideo in eccedenza verrà in parte
effettuato nella zona della miniera Ponticelli in comune di Lanzada, interessando un contesto ben più
ampio, che comprende la viabilità verso le alte cime del gruppo dello Scalino e del Bernina.
VALUTAZIONE VEDUTISTICA
Chiave di lettura sovralocale
1. Siti collocati in porzioni morfologicamente emergenti e quindi visibili da un ampio ambito
territoriale (l’unico rilievo in un paesaggio agrario di pianura, il crinale, l’isola o il promontorio in
mezzo al lago,…)
Le opere hanno sviluppo per buona parte in interrato, fattore che di per sé ne limita l’individuazione
oltre le fasi temporanee di cantiere. Interventi che prevedono la costruzione di elementi in rilevato
Relazione Paesaggistica 98
sono quelli relativi alla zona di presa, posta comunque nella valle incisa dal torrente Mallero
(sensibilità paesistica indicata come “molto elevata” dal PGT adottato). Vista la collocazione ben al di
sotto della piana di San Giuseppe e della strada per Chiareggio, la loro individuazione appare limitata
principalmente ad osservatori posti sulla strada arginale limitrofa al corso d’acqua. L’edificio centrale
e la relativa pista di accesso, nonché la cabina elettrica, sono altresì posti in parte fuori terra,
risultando potenzialmente individuabili dai versanti prospicienti (in particolare da una porzione
dell’abitato della fraz. Curlo e dal limitrofo versante), inserendosi però entro un contesto già di tipo
esplicitamente produttivo (Nuova Serpentino d’Italia) e degradato, che gli strumenti di pianificazione
locale intendono recuperare in termini paesistici.
Particolarmente evidente da plurimi punti di osservazione, poiché posto su alto versante, è l’imbocco
di valle della galleria; tale ambito è già stato oggetto di interventi di risistemazione ambientale a
seguito della dismissione di attività estrattive e, allo stato di fatto, è ancora poco integrato nel
contesto e artificializzato. In quest’area è previsto lo stoccaggio solo temporaneo dello smarino
proveniente dalla galleria.
La sottrazione di acqua dal torrente, infine, implica un cambiamento ben rilevabile a scala locale, per
lo meno nella sezione della derivazione a maggior quota, ben accessibile e avvicinabile attraverso la
viabilità minore esistente.
Il transito dei camion trasportanti lo smarino eccedente verso la miniera Bagnada-Ponticelli coinvolge,
come già detto, anche la porzione valliva nord-orientale lungo la viabilità principale. Si tratta di
un’area di interesse paesistico e fruitivo/turistico.
2. Il sito si trova in contiguità con percorsi panoramici di spiccato valore, di elevata notorietà,
di intensa fruizione, e si colloca in posizione strategica rispetto alla possibilità di piena fruizione del
panorama (rischio di occlusione)
I principali itinerari fruitivi di richiamo escursionistico e culturale della zona transitano in quota (es.
Alta Via della Valmalenco, Sentiero Italia) e non interferiscono con l’area di progetto. In tal senso sono
limitate anche le sovrapposizioni con la tratta pedonale Primolo-San Giuseppe, che nelle prime
versioni progettuali era oggetto di diretto intervento. Vengono ad ogni modo interessate alcune parti
del già citato Sentiero Rusca: la realizzazione delle opere non ne dovrebbe ostacolare la piena
fruizione, se non in relazione ad alcune fasi di cantiere (posizionamento cavidotti), né dovrebbe
penalizzare in seguito l’osservazione del circostante panorama. Sul versante sinistro idrografico ha poi
sviluppo il tracciato escursionistico Albareda-Chiesa.
Relazione Paesaggistica 99
3. Appartenenza del sito ad una “veduta” significativa per integrità paesistica e/o per
notorietà (la sponda del lago, il versante della montagna, la vista verso le cime; rischio di
intrusione)
Anche in considerazione della presenza di attività estrattive in tutta la zona di intervento, non si
ritiene che le opere possano penalizzare in modo significativo le vedute attualmente consolidate.
Anche l’artificializzazione del torrente Mallero in varie sezioni derivate ne penalizza la naturalità allo
stato di fatto, sebbene il corso d’acqua conservi, soprattutto nelle fasi di disgelo e di maggiori portate,
un carattere altamente suggestivo.
Fig. 39 – Il severo versante in destra idrografica del torrente Mallero interessato dallo scavo della
galleria in progetto.
4. Percepibilità del sito da tracciati (stradali, ferroviari, di navigazione, funivie,…) ad elevata
percorrenza
La funivia Snow Eagle del comprensorio sciistico Chiesa in Valmalenco - Alpe Palù permette di
individuare la zona industriale della Nuova Serpentino d’Italia e parte dell’area del Giuèl,
comprendendo nella visione panoramica anche la zona di intervento posta alle quote inferiori. Data la
distanza, il contesto delle opere e la tipologia di costruzioni previste non si ipotizzano interferenze
negative di rilievo; le visuali di maggior pregio non dovrebbero essere infatti oggetto di
occlusione/interferenza. Appare però fondamentale effettuare i recuperi ambientali con la massima
Relazione Paesaggistica 100
cura e attenzione, al fine creare un contesto quanto più possibile naturaliforme, evitando di creare
elementi di contrasto forti ed appariscenti, che dovrebbero limitarsi alle sole fasi di cantiere.
I principali siti di realizzazione delle opere si collocano del resto in parte in fregio alla viabilità locale
che dà accesso ad aree turistiche in quota (San Giuseppe, Chiareggio, Barchi..).
Chiave di lettura locale
1. Il sito interferisce con un belvedere o con uno specifico punto panoramico.
Le opere non interferiranno con i principali punti di vista e di fruizione del panorama locale, risultando
posizionate in parte in interrato e in ambiti a morfologia depressa o, ancora, in ambiti degradati o di
carattere industriale/produttivo. Considerando la funivia del comprensorio sciistico Chiesa in
Valmalenco - Alpe Palù come un punto di osservazione preferenziale del paesaggio, si sottolinea come
dalla stessa sia individuabile a distanza la zona industriale della Nuova Serpentino d’Italia/Castellaccio
e parte dell’area del Giovello, lasciando presupporre le maggiori interferenze nell’osservazione del
paesaggio per la fase di cantiere, temporanea, nella quale la compromissione dello scenario attuale
sarà più evidente; è indispensabile operare risistemazioni del versante particolarmente curate e
naturaliformi.
2. Il sito si colloca lungo un percorso locale di fruizione paesistico – ambientale (il percorso
vita nel bosco, la pista ciclabile lungo il fiume, il sentiero naturalistico,…)
Il Sentiero Rusca interseca la zona di presa in un ambito in cui il torrente ha, ad oggi, ridotta
naturalità, vista la presenza di briglie in alveo e arginature artificiali. A quote inferiori, nei pressi
dell’abitato di Chiesa, è prevista l’interferenza temporanea per l’interramento del cavidotto lungo un
tratto limitato (300 m) dell’itinerario, coincidente però con la viabilità ordinaria.
3. Il sito interferisce con le relazioni visuali storicamente consolidate e rispettate tra punti
significativi di quel territorio (il cono ottico tra santuario e piazza della chiesa, tra rocca e municipio,
tra viale alberato e villa,…)
Dal piano viario della strada per Chiareggio e dalla funivia per l'Alpe Palù alcune opere saranno
percepibili, come dalla porzione a maggior quota della frazione Curlo e dal sentiero Albareda-Chiesa,
di valenza escursionistica locale; non verrà ad ogni modo a modificarsi il quadro paesistico
complessivo, che già allo stato di fatto abbraccia aree industriali ed estrattive nel contesto analizzato.
Non si segnalano ulteriori interferenze, anche grazie alla disposizione in interrato di gran parte delle
opere. Indubbiamente le sistemazioni ambientali previste al termine dei cantieri richiederanno una
dovuta cautela, soprattutto laddove implicano lo stoccaggio, ancorché temporaneo, di materiale
Relazione Paesaggistica 101
inerte e si collocano su versante (es. zona di Primolo) particolarmente visibile da molteplici punti di
vista.
4. Adiacenza a tracciati (stradali, ferroviari) ad elevata percorrenza
L'area è situata a debita distanza da tracciati ad elevata percorrenza.
VALUTAZIONE SIMBOLICA
Chiave di lettura sovralocale
1. Siti collocati in ambiti oggetto di celebrazioni letterarie (ambientazioni sedimentate nella
memoria culturale, interpretazioni poetiche di paesaggi, diari di viaggi,…) o artistiche (pittoriche,
fotografiche, cinematografiche) o storiche (luoghi di celebri battaglie…)
Il sito non rientra in questa casistica, anche se il Sentiero Rusca costituisce indubbiamente elemento
evocativo di memoria storica collettiva. L’intervento in progetto, del resto, collocandosi
prevalentemente in un contesto già caratterizzato da produzione industriale, non comporta radicali
cambiamenti della percezione dei luoghi e non modifica altresì la piena fruizione dei caratteri
simbolici riconosciuti e vissuti dalla popolazione insediata.
2. Siti collocati in ambiti di elevata notorietà e di forte richiamo turistico per le loro qualità
paesistiche (citazioni in guide turistiche)
La Valmalenco riveste complessivamente un buon interesse turistico, sia per quanto riguarda gli sport
invernali, disponendo di impianti per la pratica dello sci alpino e di quello nordico, ma anche per quelli
estivi (escursionismo, alpinismo, ciclismo…), o semplicemente per la villeggiatura e
l’osservazione/fruizione dei panorami delle alte quote. La zona di intervento si inserisce quindi in un
ambito montano di pregio, appartenendo però prevalentemente a settori ad indirizzo nettamente
industriale-produttivo. Considerata questa vocazione del contesto, ad ogni modo, sarà opportuno
pianificare le attività al fine di ridurre le interferenze soprattutto nella fasi di lavoro.
Chiave di lettura locale
1. Considerano quei luoghi che pur non essendo oggetto di (particolari) celebri citazioni
rivestono un ruolo rilevante nella definizione e nella consapevolezza dell’identità locale
L’area del Giuèl è indubbiamente rappresentativa delle attività estrattive storicamente in loco, ed è
dunque testimonianza di stili di vita di un tempo, facenti parte della tradizione malenca. Bosco e
torrente sono poi elementi fondamentali per lo sviluppo degli insediamenti umani: molteplici sono le
funzioni esercitate dalle comunità arboree, ad esempio in chiave protettiva (nella salvaguardia dei
Relazione Paesaggistica 102
soprassuoli da eventuali dissesti idrogeologici, dall’erosione..), produttiva (materiale da fabbrica,
combustibili, alimenti come frutti e cacciagione, energia..), ecologica, paesaggistica, ricreativa. Il
legame è ancora oggi vivo sul territorio, sebbene la dipendenza dalle attività selvicolturali sia meno
forte che nei secoli passati. Per quanto attiene il corso d'acqua, il cui utilizzo per fini civili, produttivi
ed irrigui è fondamentale alla vita dell'uomo, assurge ad un ruolo insostituibile. In tutta la valle sono
stati sviluppati nel corso dell’ultimo secolo impianti idroelettrici anche di grandi dimensioni, mentre la
popolazione insediata ha sin da tempi antichi sfruttato la potenza delle acqua per ricavare energia e
sopperire alle necessità quotidiane. In tempi recenti si sono però sviluppati anche a livello locale
movimenti d’opinione fermamente contrari allo sfruttamento delle acque dei torrenti per finalità
produttive.
Rilevanza storico-testimoniale è anche quella dei sentieri, ancora in parte lastricati, unica via di
collegamento fra i nuclei sparsi e i maggenghi in quota sino alla realizzazione delle carrabili.
VALORI DI GIUDIZIO COMPLESSIVO
Sulla base di quanto riportato nei paragrafi precedenti, si può riassumere che secondo i modi di
valutazione:
• morfologico – strutturale: la classe di sensibilità risulta essere media; si riscontra la presenza di
strutture morfologiche e sistemi di interesse ambientale e naturalistico caratteristici del contesto
territoriale alpino, la cui sensibilità alla perturbazione è mediamente contenuta nella specifica
sezione di intervento. L’inserimento di buona parte delle opere in ambiti produttivi, o comunque
urbanizzati, garantisce infatti una minor ingerenza con le sezioni di pregio paesistico-ambientale
distribuite lungo la valle, soprattutto alle quote più elevate;
• vedutistico: la classe di sensibilità risulta essere alta: tracciati ad elevata percorrenza sono assenti
dall’area vasta considerata, sebbene la percezione di alcune parti/effetti dell’opera sia possibile lungo
sezioni della viabilità locale e itinerari di rilievo escursionistico – culturale, nonché dalla funivia per
l’Alpe Palù dalla distanza. La mancanza di punti d'accesso o di interesse in svariati ambiti di
inserimento delle opere limita la loro intercettazione da contesti limitrofi. L’entrata in funzione della
captazione determinerà condizioni di magra prevalenti lungo il corso d’acqua derivato, mutandone la
percezione da distanze ravvicinate;
• simbolico: la classe di sensibilità risulta essere media: i torrenti e i versanti limitrofi a quelli di
progetto rivestono indubbia valenza ecologica, sebbene l'utilizzo di materie prime (pietra, acqua e
legname) sia senza dubbio pratica già consolidata nella cultura locale sin dai tempi antichi. Il settore
di intervento, del resto, ha natura prevalentemente produttiva, in sintonia con le finalità di progetto.
Relazione Paesaggistica 103
Ne consegue che il valore di giudizio complessivo è “Sensibilità paesistica media = 3”: il sito è
mediamente sensibile, data morfologia e conformazione dei luoghi; l'interesse naturalistico è legato
soprattutto alla connessione ecologica del corso d'acqua ed alla presenza di habitat forestali, mentre
le caratteristiche paesaggistiche peculiari della Valle si ravvisano prevalentemente negli scenari legati
alle alte quote. Buona parte delle aree di intervento, del resto, sono attualmente utilizzate per fini
produttivi, e sono teatro di attività particolarmente impattanti a livello paesaggistico e ambientale.
Relazione Paesaggistica 104
GRADO DI INCIDENZA PAESISTICA DEL PROGETTO
L’analisi dell’incidenza del progetto tende ad accertare se questo possa introdurre un cambiamento
significativo dal punto di vista paesistico. Il giudizio complessivo circa la sensibilità di un paesaggio si
basa su quattro parametri di valutazione:
• Incidenza morfologica e tipologica;
• Incidenza linguistica;
• Incidenza visiva;
• Incidenza simbolica.
Da tali parametri di valutazione si determinano in forma numerica le “Classi di incidenza”
“Molto bassa”, “ Bassa”, “Media”, “Alta”, “Molto alta”.
Tenendo conto delle valutazioni effettuate in riferimento ai parametri delle Tabella 2A e
Tabella 2B, si applicano i seguenti valori di giudizio complessivo da esprimere in forma numerica:
• 1 = Incidenza paesistica “molto bassa;”
• 2 = Incidenza paesistica “bassa”;
• 3 = Incidenza paesistica “media”;
• 4 = Incidenza paesistica “alta”;
• 5 = Incidenza paesistica ”molto alta”.
INCIDENZA MORFOLOGICA E TIPOLOGICA
“I rischi di compromissione morfologica sono fortemente connessi alla perdita di riconoscibilità o alla
perdita tout court di elementi caratterizzanti i diversi sistemi territoriali. In questo senso, per esempio,
l’incidenza di movimenti terra o di interventi infrastrutturali che annullano elementi morfologici e
naturalistici o ne interrompono le relazioni può essere superiore a quella di molti interventi di nuova
edificazione”. Tali valutazioni verranno riassunte nell'ambito della Tabella 2a, al punto 1.
Alterazione dei caratteri morfologici del luogo - Adozione di tipologie costruttive non affini a quelle
presenti nell’intorno per le medesime destinazioni funzionali - Alterazione della continuità delle
relazioni tra elementi architettonici e/o tra elementi naturalistici
Il progetto pone attenzione ai caratteri morfologici del luogo, realizzando peraltro la maggior parte
delle opere in interrato e utilizzando in prevalenza aree non rilevate, per lo più inserite in contesti
produttivi/degradati esistenti. Non vengono direttamente coinvolte dai cantieri le aree considerate di
maggior pregio naturalistico della zona, fra cui quelle di primo livello della RER (in sponda sinistra del
Relazione Paesaggistica 105
Mallero) o aree Natura 2000 (poste più a monte), sebbene il transito dei mezzi d’opera e il
collocamento dello smarino residuo interessi tracciati di accesso ad aree di interesse.
Anche dal punto di vista delle tipologie costruttive sono state effettuate scelte compatibili,
per quanto concerne materiali e forme delle opere, con un largo utilizzo di pietra da spacco per il
rivestimento delle parti a vista. È contenuta anche la realizzazione di piste di cantiere e di altre
strutture di supporto alla fase di costruzione. Inoltre l'opera:
• non prevede tipologie di coperture differenti da quelle usate nell’area vasta;
• non prevede introduzione di manufatti in copertura differenti da quelli diffusi in loco;
• non prevede alterazioni della continuità delle relazioni tra elementi architettonici.
INCIDENZA LINGUISTICA: STILE, MATERIALI, COLORI
Il progetto nella sua totalità cerca di accordarsi con gli elementi naturali presenti, utilizzando tipologie
costruttive e materiali, nelle parti a vista, coerenti con quelli esistenti e utilizzati in scala sovralocale.
Anche a scala locale il progetto mira ad integrarsi con le caratteristiche dell’ambiente circostante,
prevedendo l’utilizzo di materiali compatibili e affini a quelli disponibili in natura nelle zone limitrofe.
Tale valore di giudizio viene a costituire punto 2 della tabella 2a.
INCIDENZA VISIVA
La scelta di sviluppare le opere, ove possibile, in sotterraneo riduce l’incidenza visiva complessiva del
progetto al termine della fase di cantiere, che indubbiamente sarà quella di maggior impatto
paesistico e disturbo al territorio, anche in relazione al transito dei mezzi di cantiere sulle strade, in
sezioni anche di valenza paesaggistica e comunque utilizzate per fini turistici.
Pur non occludendo visuali significative, le opere fuori terra possono modificare la percezione attuale
dell’ambiente circostante alla scala locale. In tal senso:
-nell’area industriale della Nuova Serpentino d’Italia, allo stato di fatto degradata, l’inserimento
dell’edificio centrale e della strada non dovrebbe determinare un peggioramento sensibile della
situazione corrente, in quanto si ravvisa coerenza con il sito produttivo di inserimento. Le previsioni di
recupero tracciate dalla pianificazione locale indicano ad ogni modo la necessità di effettuare attente
opere di mitigazione e sistemazione a verde, al fine di contribuire concretamente a rendere l’ambito
meglio integrato e più gradevole;
- l’opera di presa e gli interventi correlati, compreso il ponte di attraversamento sul Mallero, saranno
indubbiamente percepibili dalla strada arginale limitrofa, nonché in alcuni tratti della rete
escursionistica (Sentiero Rusca, sentiero per l’Alpe Girosso..). La collocazione entro la valle incisa
Relazione Paesaggistica 106
torrentizia ne limita fortemente l’individuazione dagli ambiti turistici di San Giuseppe e dalla viabilità
principale di valle;
- per quanto riguarda il materiale di risulta movimentato lungo la viabilità locale sino al sito di
stoccaggio definitivo, è opportuno pianificare i viaggi al fine di limitare le interferenze sia con la
fruizione turistica che con la popolazione insediata;
- la cabina elettrica di nuova realizzazione è posta in aderenza a più importanti ed analoghe strutture
produttive, non creando particolari mutamenti dello scenario attuale.
Ad ogni modo il progetto nel complesso:
• non prevede ingombro visivo, se non limitatamente alla scala locale, per alcune parti a vista
dell’opera di presa (ponte di attraversamento del fiume) e opere minimali;
• non prevede occultamento di visuali rilevanti;
• prevede limitata interferenza (prospetto) su spazi pubblici (area dell’edificio centrale dal Curlo e
dalla funivia, Sentiero Rusca..).
Le principali alterazioni delle possibilità di fruizione sensoriale complessiva (uditiva, olfattiva) del
contesto paesistico-ambientale sono legate alla sottrazione di acqua: la componente ambientale
maggiormente compromessa è infatti indubbiamente l’ecosistema torrentizio, che subirà una
riduzione delle portate e conseguentemente dell'alveo bagnato e della produttività, con effetti
ravvisabili anche a carico della pratica dell’attività alieutica. La naturalità del Mallero nella sezione di
indagine è comunque allo stato di fatto ridotta, data la presenza di briglie e tratti artificializzati, che
ne limitano appunto il pregio ecologico e paesistico.
Per garantire una piena compatibilità paesaggistica all’opera, tutti gli interventi di ripristino delle
superfici smosse dovranno essere effettuati con la massima attenzione, utilizzando esclusivamente
materiale (erbaceo o arboreo) autoctono, al fine di evitare inquinamento genetico e ricreare
condizioni più simili a quelle naturali. In tale contesto è analogamente importante porre particolare
attenzione al ripristino della sentieristica esistente, laddove eventualmente compromessa.
INCIDENZA SIMBOLICA
I parametri ed i criteri di incidenza simbolica valutano “il rapporto tra progetto e valori simbolici e di
immagine che la collettività locale o più ampia ha assegnato a quel luogo”.
Il progetto, inserito per buona parte in area produttiva, dovrebbe integrarsi con gli elementi antropici
e culturali presenti non stravolgendone la percezione nemmeno su scala locale, anche considerando
lo storico utilizzo delle risorse naturali del territorio (pietra, legname, acqua) da parte degli abitanti
della Valle.
Relazione Paesaggistica 107
Il progetto implicherà comunque la diminuzione dell’acqua nel tratto sotteso dalla derivazione; il
rilascio del DMV prolunga sostanzialmente le condizioni attualmente riscontrabili durante le magre
correnti, seppure la modulazione proposta per i rilasci garantisce condizioni accettabili per i mesi
estivi di maggior frequentazione turistica dell’area, riducendo di conseguenza anche l’impatto
relativo.
VALORI DI GIUDIZIO COMPLESSIVO
Analizzando i punti precedenti, consegue che per il grado di incidenza:
• morfologica e tipologica: la classe di incidenza risulta media: l'intervento in progetto modificherà in
modo localizzato la morfologia attuale del sito;
• linguistica: la classe di incidenza risulta essere bassa; la coerenza del progetto rispetto ai modi
linguistici del sito in cui si inserisce appare buona;
• visiva: la classe di incidenza risulta essere media: una volta chiusi i cantieri, il progetto sarà
percepibile soprattutto da ambiti ravvicinati, in particolare per quanto attiene la zona dell’opera di
presa, l’area della centrale e la cabina elettrica, ma anche in relazione alla diminuzione di acqua nel
letto del torrente nella sezione captata;
• simbolica: la classe di incidenza risulta essere media; l'intervento compromette solo in parte la
piena fruizione dei caratteri simbolici riconosciuti attualmente e vissuti dalla popolazione, pur
interagendo con beni e luoghi fortemente connessi al territorio e alla sua storia.
Ne risulta che il valore di giudizio complessivo è Incidenza paesistica media = 3
Relazione Paesaggistica 108
DETERMINAZIONE DELL’IMPATTO PAESISTICO
La tabella che segue esprime il grado di impatto paesistico complessivo dell'intervento proposto,
ottenuto come prodotto dei rispettivi punteggi attribuiti in merito alla classe di sensibilità del sito e al
grado di incidenza del progetto.
Classi di
sensibilità del
sito
Grado di incidenza del progetto
1 2 3 4 5
5 5 10 15 20 25
4 4 8 12 16 20
3 3 6 9 12 15
2 2 4 6 8 10
1 1 2 3 4 5
Tab. 13 – Sintesi dell'impatto paesaggistico calcolato (in verde i valori assunti a seguito dell'esame svolto).
Il punteggio rilevato, pari a 9, compreso nell'intervallo da 5 a 15, denota che l’impatto si trova
sopra la soglia di rilevanza ma sotto la soglia di tolleranza, che è pari a 16, per cui il progetto è
considerato ad impatto rilevante, ma tollerabile, e deve essere esaminato al fine di determinare il
“giudizio di impatto paesistico”.
Relazione Paesaggistica 109
CONCLUSIONI e MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
L'impatto paesistico dell’intervento è stato valutato come “tollerabile”. Indubbiamente l’assetto
progettuale attuale è da considerarsi di più contenuto impatto in relazione alle precedenti versioni,
che ipotizzavano, ad esempio, la realizzazione di una pista di cantiere supplementare, ma anche di un
piazzale presso l’opera di presa di notevole dimensioni.
Se alcune ripercussioni sul paesaggio sono inevitabili perché strettamente connesse al
funzionamento dell’impianto (es. riduzione dell’acqua in alveo), in altri casi, per consentire che
l’incidenza individuata resti accettabile, è indispensabile curare le fasi di costruzione e soprattutto che
seguiranno la realizzazione degli interventi. Fondamentale per un ottimale inserimento delle opere, è
innanzitutto il ripristino ambientale e la successiva risistemazione a verde delle aree di dcantiere. Un
migliore inserimento paesaggistico è atteso seguendo alcune linee generali:
- le modalità del recupero dovranno favorire di regola assetti che prevedano la ricostruzione di
manti vegetali, utilizzando per quanto possibile tecniche di ingegneria naturalistica (idrosemine,
palificate vive, viminate o biostuoie, reti zincate in abbinamento a stuoie, geogriglie), e comunque
cercando di utilizzare e accelerare i processi naturali. Ciò dovrà comprendere il riporto di terreno
vegetale e di inerti a frazioni fini;
- è opportuno orientarsi alla costruzione di forme morfologiche esistenti in natura e riconoscibili
nel territorio circostante, modellando quindi il materiale secondo linee quanto più possibile
naturaliformi ed irregolari, escludendo profili eccessivamente geometrici;
- diversificare la morfologia dei rilevati, realizzando terrazzi e scarpate con diversa pendenza in
grado di incrementare al contempo il numero di nicchie ecologiche, con positive ricadute anche in
termini di diversità paesistica.
Poiché, si ribadisce, gli interventi hanno lo scopo di ripristinare siti nei quali l’intervento antropico
ha alterato le condizioni naturali originarie dell’ecosistema, è importante che tali operazioni vengano
realizzate con le giuste modalità, altrimenti è possibile che ciò che si ritiene migliorativo si traduca, in
realtà, in un ulteriore peggioramento della situazione naturalistica. Regolamenti, in linea con le
politiche nazionali ed internazionali comunitarie, descrivono in modo corretto tali fasi e suggeriscono i
criteri da adottare per ottenere i migliori risultati:
Relazione Paesaggistica 110
- uso di materiale vegetale autoctono: gli inerbimenti, effettuati utilizzando cultivar di origine
non certificata, possono dare origine ad inquinamenti floristici, come pure l'utilizzo di specie arboree
di analoga provenienza;
- innesco della dinamica naturale della vegetazione: gli interventi di recupero ambientale
devono consentire un avvio dei processi dinamici spontanei, promuovendo la messa a dimora di
specie arbustive ed arboree tipiche degli stadi iniziali della serie; in queste prime fasi si deve inoltre
fare notevole attenzione all’ingresso di specie esotiche, che andrebbero prontamente rimosse.
Inoltre si raccomanda di:
1) ripristinare al termine lavori le aree prative con la semina di sole specie autoctone di
provenienza locale, se non si rendesse possibile la conservazione delle zolle rimosse e il contestuale
riposizionamento delle medesime;
2) effettuare periodici monitoraggi per contenere l’espansione di specie esotiche nelle
compagini arbustive (Buddleja davidii), ed eventualmente provvedere con tempestive rimozioni;
3) minimizzare l’erosione della cotica vegetale e il taglio di alberi/arbusti, effettuando gli
abbattimenti secondo le corrette tecniche forestali, in modo da non danneggiare la vegetazione delle
superfici adiacenti. Le ceppaie abbattute dovranno essere rimosse e non abbandonate lungo i
versanti;
4) per quanto possibile mantenere, ove si prevede il taglio della vegetazione arborea, la
vegetazione erbacea sottostante, al fine di limitare i rischi di erosione del suolo;
5) posizionare paratie lungo tutto lo sviluppo del cantiere, di dimensioni sufficienti a
proteggere le scarpate dall'eventuale caduta di materiale, fra quali ciottoli, massi, terriccio o rifiuti,
che dovranno essere prontamente rimossi qualora dovessero accumularsi;
6) vietare il transito indiscriminato dei mezzi di cantiere sui terreni vegetali, individuando
tragitti univoci e ben distinguibili;
7) provvedere, qualora si creino zone di ruscellamento incontrollato o di ristagno delle acque,
alla realizzazione di canali di drenaggio che permettano un corretto deflusso delle acque meteoriche.
Per quanto concerne la fruizione, risulta importante operare con indirizzo conservativo il
ripristino dei tracciati escursionistici compromessi dai lavori, in particolare la tratta del Sentiero Rusca
intersecata (ancorchè lungo la viabilità principale), ma anche eventuali sentieri minori, reimpiegando i
materiali originari e rispettandone le caratteristiche costruttive. Nei punti in cui le opere incroceranno
tracciati esistenti si renderà inoltre necessario realizzare:
- eventuali scalette in pietrame per salire/scendere da muri di sostegno o controripe;
Relazione Paesaggistica 111
- tratti di raccordo con i vecchi percorsi nelle eventuali nuove scarpate;
- nuova segnaletica orizzontale (segnavia a bandiera con il numero del sentiero) sui due lati
dell’interruzione (strada, pista, condotta..) e comunque ove si renda necessaria affinché si individuino
i punti di transito con semplicità;
- nuova segnaletica verticale (tabella segnavia e tabella località) ove di fatto si venga a creare
un nuovo punto di partenza del sentiero;
- la rimozione di sassi o materiali di riporto o scavo, come pure scarti o rifiuti eventualmente
franati sul sentiero;
- sistemazione della raccolta delle acque di strade o scarpate per evitare che vengano
convogliate sui sentieri.
Importante sarà anche ripristinare le murature a secco eventualmente danneggiate nella fase di
costruzione delle opere.
Infine, andranno concordati con l’Amministrazione comunale modi e tempi di lavoro, così da
creare le minime interferenze con la frequentazione turistica, con particolar riferimento al trasporto
di smarino verso la collocazione definitiva nel comune di Lanzada, ma anche per contenere i disagi
della popolazione locale e per la pratica dell’attività alieutica.
Relazione Paesaggistica 112
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www.comune.chiesainvalmalenco.so.it - http://slow-trekking.it - www.minieradellabagnada.it – www.paesidivaltellina.it – www.malenco.com , www.comune.lanzada.so.it