a vele spiegate - parrocchia santa maria della roccella · intima di noi, il cuore e la mente, per...

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Il tempo di Dio Don Raffaele In questo tempo di vacanza e tempo d’estate già avanzata, ci soffermiamo sulla forza del Vangelo. Una Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che ristora, che scrol- la, che consola. Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle nostre profondità, fino a toccare la parte più intima di noi, il cuore e la mente, per giudicare e illuminare, per svelarci il volto di un Dio infaticabile fecondatore delle no- stre vite, mano che dona, forza che sostiene, voce che risve- glia. Volto di un Dio che è pronto a svelarci il nostro volto vero. Questa è la forza di una Parola che ascoltiamo tutte le domeni- che; ma forse dovremmo dire che avremmo l’obbligo di ascol- tare tutte le domeniche, metten- doci cura, attenzione, amore. Perché chi ci parla è molto di più di una voce autorevole: è Dio, è Verbo incarnato che fa luce nelle tenebre della vita, dà forza nella stanchezza e certez- za nel domani. Ecco: all’inizio dell’estate la liturgia ci invita a riflettere in maniera del tutto speciale sulla Parola per ricordar- ci che Dio non si stanca di noi, non va in riposo, “ma” conti- nua a parlarci del suo amore. Per questo se vogliamo che le sue parole d’amore sortiscano in noi l’effetto sperato, non dobbiamo ripeterle, ma accoglierle. Accogliendole, infatti, si realizza quello che è cantato nella profezia del Terzo Isaia: co- me la pioggia e la neve non tornano in cielo prima di aver compiuto la loro missione, prima di essere accolte nel grembo della terra e averla fecondata, così la Parola di Dio non torna in cielo se non dopo aver fecondato il cuore e la mente dell’uomo. Continua a p. 19 A vele spiegate LUGLIO 2017 NUMERO 3 GIORNALINO PARROCCHIALE “S. MARIA DELLA ROCCELLA”

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Il tempo di Dio Don Raffaele

In questo tempo di vacanza e tempo d’estate già avanzata, ci soffermiamo sulla forza del Vangelo. Una Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che ristora, che scrol-la, che consola. Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle nostre profondità, fino a toccare la parte più intima di noi, il cuore e la mente, per giudicare e illuminare, per svelarci il volto di un Dio infaticabile fecondatore delle no-stre vite, mano che dona, forza che sostiene, voce che risve-glia. Volto di un Dio che è pronto a svelarci il nostro volto vero. Questa è la forza di una Parola che ascoltiamo tutte le domeni-che; ma forse dovremmo dire che avremmo l’obbligo di ascol-tare tutte le domeniche, metten-doci cura, attenzione, amore. Perché chi ci parla è molto di più di una voce autorevole: è Dio, è Verbo incarnato che fa luce nelle tenebre della vita, dà forza nella stanchezza e certez-za nel domani. Ecco: all’inizio dell’estate la liturgia ci invita a riflettere in maniera del tutto speciale sulla Parola per ricordar-ci che Dio non si stanca di noi, non va in riposo, “ma” conti-nua a parlarci del suo amore. Per questo se vogliamo che le sue parole d’amore sortiscano in noi l’effetto sperato, non dobbiamo ripeterle, ma accoglierle. Accogliendole, infatti, si realizza quello che è cantato nella profezia del Terzo Isaia: co-me la pioggia e la neve non tornano in cielo prima di aver compiuto la loro missione, prima di essere accolte nel grembo della terra e averla fecondata, così la Parola di Dio non torna in cielo se non dopo aver fecondato il cuore e la mente dell’uomo.

Continua a p. 19

A vele spiegate

L U G L I O 2 0 1 7 N U M E R O 3

GIORNALINO PARROCCHIALE “S. MARIA DELLA ROCCELLA”

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REDAZIONE:

Alessandro Corrado

Tommaso Cossari

Giovanni Greco

Alessia Pizzari

Caterina Posella

Paolo Trunfio

LA TENEREZZA DI ESSERE SIMILI

A V E L E S P I E G A T E

SITO WEB: www.santamariadellaroccella.it Email: [email protected]

Quando mi è stato proposto di scrivere un articolo che parlas-se di una canzone e dei valori dell’amicizia e dell’amore, ho su-bito pensato al testo di Laura Pausini “ SIMILI “, che ha fatto da sottofondo al grande successo di RaiUno “Braccialetti rossi”. Il film, in perfetta sintonia con la canzone, è ambientato nelle corsie di un ospedale e racconta le avventure di un gruppo di ragazzi e del legame indissolubile che li lega. La loro è la storia di una amicizia particolare, di quelle che non ti scegli ma nelle quali entri a farne parte, quando un giorno ti trovi catapultato “dentro un labirinto senza deciderlo”…quello della malattia!

E poi arrivi tu che parli piano mi chiedi scusa se ci assomiglia-mo!

Apparentemente soli infatti, scoprono presto che accanto a lo-ro non v’è soltanto “un altro” paziente ma un grande amico. E così che quelle corsie sterili e fredde diventano teatro di grandi avventure. Le ansie e le preoccupazioni vengono attenuate dal suono di una risata amica, forse non più tanto estranea, dagli

abbracci e dalle carezze ...di quelle che sanno scaldarti il cuore. Tutto di-venta condivisione e insieme lottano per “trasformare il suono della rabbia” in un gioioso inno alla vita. E dalla “condizione di essere simili“ che na-scono i veri punti di forza : capirsi sen-za che ancora alcuna parola sia stata detta, sapersi ascoltare e consolare, sostenere e aiutare per “imparare a sfottere le proprie paure”.

Laura Danieli

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Amor, ch'a nullo amato amar perdona

A V E L E S P I E G A T E

Che cos’è l’amore? Ecco la domanda che chiunque, almeno una volta nella vita, si sarà posto. C’è chi se la pone tutti i giorni, cercan-done significati nascosti. Alla fine tutto gira at-torno all’Amore. Che sia verso un amico/a, verso un parente, verso Dio, ma soprattutto verso una persona che in quel momento sem-bra essere l’unica esistente in tutto il mondo. “Mi amerà?”, “Si sarà reso/a conto che esi-sto?”, “Perché l’amore fa soffrire?”. L’amore è vero soltanto se è un dono che non si aspetta che venga ricambiato. Esatto, se

ami non devi aspettarti di ri-cevere nulla in cambio, nean-che di ricevere amore dalle per-sone che ami. Ed è proprio quando non è ricambiato che si soffre. Pos-siamo fare di tutto per convin-cerlo/a che è un amore superiore a tutto l’amore che si è mai provato, ma bi-

sogna mettere in conto che può non bastare. I Queen cantavano “Too much love will kill you” – “Troppo Amore ti ucciderà”, parole a prima vista molto crude. Come fa una cosa bella co-me l’Amore ad ucciderti? Con la stessa veloci-tà con la quale nasce, tende a rimarginare le ferite. La canzone (senza dilungarmi troppo, visto che c’è la collega di redazione con una rubrica apposita, riguardante le canzoni e le spiegazioni delle stesse), parla di un “Amore Amaro” con il protagonista che va incontro ad un disastro, perché non ha mai letto le indica-zioni. Come se esistessero le indicazioni! L’A-more non è come le medicine che compri in farmacia, che sono accompagnate dal foglietto illustrativo che indica le informazioni e soprat-tutto le controindicazioni. Non è una medicina, ma può essere comunque una cura. Ma nei casi peggiori anche una malattia. Come pos-siamo fare allora senza le indicazioni? La ri-sposta dovrebbe essere semplice, e forse lo è. L’amore perfetto è quello che dona tutto e non chiede in cambio nulla. Ma che nel momento

giusto si bilancia con altrettanto amore ina-spettato. Non esiste amore sprecato. Il princi-pio che vale in natura, che nulla si crea e nulla si distrugge, vale anche per l’Amore. Viviamo con la certezza che essere amati sia il segreto di una vita felice, e forse ci sbagliamo. Al tra-monto della vita saremo giudicati sull’amore. Forse potrebbe bastare anche “soltanto” ama-re, senza il principio della reciprocità. Amor, ch'a nullo amato amar perdona. Alla fine se si ama qualcuno o qualcosa, quell’amore ci verrà restituito in egual misura. Non sono esperto nella stesura di articoli di giornali, neanche se si parla di giornalini par-rocchiali. Per restare in tema, è difficile entrare nel cuore di chiunque, anche nel cuore del let-tore, catturarne l’attenzione. Ma una cosa l’ho imparata. Non fa male inserire qualche bella citazione ogni tanto. Alla fine le citazioni che si usano, provengono da persone sagge e sa-pienti, quindi perché perdere l’occasione di ripetere qualcosa di bello, o anche di brutto, ma giusto. Magari la prossima volta, se ci sarà occasio-ne, utilizzerò la citazione di qualche scrittore sconosciuto, vissuto chissà dove e chissà quando. Ma per questa volta mi agevolo il la-voro utilizzandone una di Roberto Benigni, che probabilmente abbiamo già letto o ascoltato. Ma quando si parla di Amore e Felicità non bisogna pensare alla ripetitività. Amore, Amo-re, Amore, Amore, Amore. Non importa quan-te volte si sussegue. E’ bello ugualmente! O forse di più! Ma passiamo adesso alla citazio-ne: “Il tempo passa, e il problema fondamentale dell’umanità, da duemila anni è rimasto lo stesso, AMARSI! Solo che adesso è diventato più urgente. Amiamo sempre troppo poco e troppo tardi”. Mettetevi in cerca della felicità subito, soprat-tutto se coincide con l’atto di amare e dell’es-sere amati, anche se questo non dipende solo da voi. Ma se nella vita bisogna credere pro-fondamente in qualcosa, tanto vale utilizzare le proprie energie per il raggiungimento di questa felicità.

Alessandro Corrado

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In cammino...con Gesù

A V E L E S P I E G A T E

Domenica 14 Maggio si è concluso l'anno catechistico 2016/2017. Si è arrivati alla fine di quest'anno con un bagaglio di esperienze, emozioni e motivazioni molto profonde. I ragazzi non hanno ricevuto la pagella con su scritto: “promosso o bocciato”, non spetta a noi e a nessun altro dare giudizi sull’attività catechistica; ci spet-ta, piuttosto, in qualità di adulti, la re-sponsabilità di quanto essi hanno sapu-to e potuto, apprendere attraverso spie-gazioni, insegnamenti ed esempi sul

"VOLER ESSERE DI CRISTO". L’esperienza catechistica ha coinvolto circa 180 ragazzi dalla seconda ele-mentare alla terza media, offrendo loro l'opportunità di approfondire ed affron-tare numerose tematiche che, spesse volte, trovavano sorgente nella loro cu-riosità e nel desiderio di far chiarezza nei propri pensieri. Non è stato chiesto loro di imparare meccanicamente delle cognizioni/nozioni, quanto piuttosto di farle proprie, capirle per imparare a vi-verle. Si è cercato di renderli partecipi al dialogo con Dio: quindi al valore as-soluto della preghiera che non è solo

ed esclusivamente quella tradizionale, ma anche e soprattutto quella del cuo-re. Pregare Dio è dirgli: “sei grande, ti voglio bene, ho bisogno di te, mi fido di te, so di essere importante per te e non puoi fare a meno di amarmi nonostante tutto”. Pregare è l'atto più grande di fe-de in Dio; è sapere che Lui c'è sempre, non è mai distratto, non è mai assente, non è mai occupato a fare altre cose, non ha orari. Durante l'anno si sono vissuti momenti particolarmente intensi ed importanti. Per i ragazzi di terza me-

dia, prossimi alla Cre-sima, tante sono state le occasioni di incon-tro, di ritiro e di pre-ghiera, che si sono rivelate molto prezio-se per l'arricchimento culturale e spirituale. Incontri che hanno permesso loro di co-noscersi meglio, di ampliare la loro visua-le e di sentirsi parte vivente di quel grande corpo che è la Chie-

sa. Per vivere la vera pienezza del Giovedì Santo, i futuri cresimandi, insieme a Don Raffaele e ai catechisti (Ilaria Ba-dolato, Paolo Trunfio ed Elisabetta Marsico) hanno incontrato gli ammalati del Policlinico di Germaneto. Ripetendo e non solo ricordando ciò che Gesù fe-ce con i suoi discepoli, la sera dell'isti-tuzione della Santa Eucarestia, i ragaz-zi si sono inginocchiati davanti al pros-simo divenendo Servitori di Carità.

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A V E L E S P I E G A T E

Durante il ritiro di domenica 23 aprile, la soddisfazione è stata grande per aver me-ritato il secondo premio al concorso "Scatti di Dio" che si è tenuto al Palazzetto di Sant'Andrea dello Jonio, nella giornata organizzata dalla Pastorale Giovanile con il titolo "fuori tutto è MAGNIFICAT". Il pre-mio è stato un uovo di 10 kg, non solo di cioccolato ma, soprattutto di gioia. Ed ancora, il 25 aprile, a Davoli Marina, i ragazzi hanno vissuto un momento di pre-ghiera particolare attraverso la "VIA LU-CIS" al termine della quale si sono confes-sati. La celebrazione della cresima è sta-ta presieduta da Mons. Vincerzo Bertolo-ne, la sera del 26 aprile alle ore 17:00. Domenica 7 maggio 2017 si è vissuto un altro momento di emozione comunitaria, sia per le catechiste (Mary Palaia, Cateri-na Staglianò e Barbara Marino), che per i genitori i quali accompagnavano i propri figli alla Festa del Perdono. I 42 piccoli della quarta elementare si accostavano per la prima volta da veri protagonisti ad un Sacramento, vissuto da loro con una consapevolezza di certo diversa da quella che li aveva accostati al Battesimo, consapevolezza che li vedeva d'un tratto cresciuti, grandi come bambini e come credenti. Dopo un primo, bel-lissimo, momento di preghiera, i bambini si sono confessati con Don Raffaele e Don Antonio. Passata la paura e l'ansia iniziale, per il nuovo evento, si sono poi scatenati nei gio-chi all'aperto organizzati dalle cate-chiste ed infine hanno condiviso la merenda offerta dai genitori. Per il

ritiro spirituale dei bambini che hanno ricevuto la prima comunione quest'an-no, ci si è ritrovati in Parrocchia gior-no 14 Maggio. Nel momento di pre-ghiera, in chiesa, con Don Raffaele, i bambini hanno acceso dei ceri e ricor-dato il brano del Vangelo: I discepoli di Emmaus. Uno dei brani più sugge-stivi e più aderenti alla realtà di perso-ne in cammino che, quotidianamente, sono chiamati a riconoscere Cristo e ad avere fiducia nel disegno di Dio

sulla storia dell'uomo. Il ritiro si è concluso con un momento ludico e conviviale. La celebrazione della prima Comunione, il 21 Maggio , è stato, senz'altro, un giorno speciale per i 29 bambini della classe quinta che durante la messa delle 11:00 si sono nutriti per la prima volta del "pane vivo". Momento intenso ed emozionante che ha concluso un periodo di preparazio-ne svolto in sintonia con bambini, famiglie, catechisti (Barbara Sacco, Rosa Pescio-ne, Tommaso Cossari). Per le varie tappe c'è stato, anche, un momento conclusivo di riflessione in linea al percorso fatto du-rante le lezioni con riferimento specifico al Santo presente nell'aula.

Appuntamento al prossimo anno catechistico!

Caterina Staglianò

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Da Roccelletta a Gerusalemme: pellegrini in Terra Santa

A V E L E S P I E G A T E

“ E il Verbo si

fece carne e

venne ad abi-

tare in mezzo

a noi…Venne

nel mondo la

luce vera,

quella che illu-

mina ogni uomo…era nel mondo e il

mondo è stato fatto per mezzo di Lui…

venne fra i suoi e i suoi non l’hanno ac-

colto”. Gv 1,1

Alla luce di quanto scritto dall’evangelista

Giovanni e con l’entusiasmo di ogni inna-

morato che cerca indizi per confermare il

suo amore la mattina del 30 Giugno sia-

mo partiti in pellegrinaggio verso la Terra

Santa, la terra in cui Dio si fa trovare, la

terra di un Dio che si fa uomo per com-

prendere, dialogare, soffrire con gli uomi-

ni ma soprattutto per offrirgli la salvezza e

interpellarli rispetto a questa salvezza. Il

programma si presenta ricco ed entusia-

smante. La guida biblica-pastorale é affi-

data a Don Vincenzo Lopasso, biblista

preparato, paziente e sorridente, preside

all’Istituto Teologico Calabro San Pio X

di Catanzaro e da molti anni docente alla

Scuola Biblica di Gerusalemme. Le altre

guide pastorali sono Don Raffaele Zaffino

parroco della nostra parrocchia Santa

Maria della Roccella e don Giuseppe Fer-

rari della Diocesi di Vibo Valentia- Mileto

del quale in questo periodo ricorre l’ anni-

versario di ordinazione sacerdotale. Si

prevedono temperature torride ma la vo-

glia di conoscere quei luoghi supera ogni

ostacolo, consapevoli che il pellegrinag-

gio dalla lingua ebraica “Tosab” (straniero

che soggiorna temporaneamente in Pale-

stina) sia dalla lingua greca

”Parapidemos”( colui che vive in una si-

tuazione provvisoria) sia dalla lingua lati-

na ” Peregrinus” (colui che attraversa le

terre) è una particolare modalità di testi-

moniare la fede, di ricercarla, di viverla. In

seguito agli espletamenti delle formalità

di imbarco e ai relativi controlli di sicurez-

za si arriva a Nazareth. Dopo aver per-

corso la via del mare passando per Ce-

sarea Marittima, Monte Carmelo si fa so-

sta al Santuario Stella Maris, presso Hai-

fa, intimamente legato alla storia del pro-

feta Elia che secondo la tradizione dimo-

rò nella grotta sottostante il Santuario e

nei quali luoghi nacque l’ Ordine del Car-

melo e la storia dello Scapolare, ancora

in uso devozionale tra i meno giovani. Il

2° giorno si sale il Monte Tabor, si visita il

Santuario della Trasfigurazione e si cele-

bra la Santa Messa.

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A V E L E S P I E G A T E

Qui accadde il mistero della Trasfigurazio-

ne, qui l’uomo nell’incontro con Dio si tra-

sfigura, qui Gesù nell’incontro col Padre

squarcia il velo e fa vedere la Gloria che

lo attende dopo la prova. La sensazione di

profonda spiritualità e pace qui è fortissi-

ma, si riassapora l’essenza dell’episodio

evangelico di Matteo 17, 1-8 “ Signore è

bello per noi stare qui! Se vuoi farò qui tre

capanne , una per te, una per Mosè una

per Elia”. Desiderio infinito dell’uomo,

quello esternato da Pietro di stare nella

Grazia di Dio che calma ogni tumulto di

cuore e di pensiero e che ricorda la famo-

sa citazione di Sant’Agostino “ Signore ci

hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto

fin che non riposa in te!”. Seconda tappa

della giornata Cana di Galilea, il luogo in

cui si attesta il ruolo di Maria come nostra

mediatrice presso Dio: “ Donna che vuoi

da me? Non è ancora giunta la mia ora”

ed Ella continua ancora senza timore, cer-

ta del buon esito del suo intervento :

“qualsiasi cosa vi dica fatela.” Gv. 2, 1-11.

Come afferma don Vincenzo nelle sue

dettagliate spiegazioni, dove in molte oc-

casioni cita le fonti storiche per spiegare

l’origine del cristianesimo, la fede com-

prende Tradizione, dati storici o Fonti Ex-

trabibliche e Fonti bibliche e quindi con-

viene conoscere tutti questi elementi ed

integrarli per apprezzare di più i luoghi

che si visitano e soprattutto per credere

anche con la ragione. Questo sito si pre-

senta ricco di spiritualità forse perché a

parlare del Gesù storico sono le pietre, le

anfore e i reperti archeologici più che i

candelabri e gli incensieri presenti a iosa

in altri luoghi. La presenza di culto risale

già in epoca prebizantina, lo testimonia un

mosaico aramaico una cisterna ed altri re-

perti. Già al tempo di Girolamo a Cana si

ricordava il 1’ miracolo di Gesù. L’attuale

Chiesa risale al 1906. Il percorso pomeri-

diano prevede la visita della Basilica

dell’Annunciazione, Chiesa di San Giu-

seppe e luogo dove visse la Santa Fami-

glia. La Basilica è ricca di varie confessio-

ni cristiane: ortodossi, greco-cattolici, pro-

testanti e latini. Questi ultimi in particolare

sono legati al lavoro pastorale dei france-

scani e alle scuole dei salesiani ma molto

operativa è la Chiesa come istituzione di

carità. Oltre alla Basilica dell’ Annuncia-

zione, gestita dai greco-ortodossi di re-

cente costruzione che all’esterno presenta

una bellissima galleria di mosaici della

Vergine proveniente da ogni nazione del

mondo, il cuore di tutta Nazareth è

senz’altro la Grotta dell’Annunciazione do-

ve graffiti appartenenti alla comunità giu-

daico-cristiana (II e III sec.) testimoniano

un culto alla Madonna che risale alle origi-

ni e il pellegrino si raccoglie in preghiera

per identificarsi con il messaggio evangeli-

co dato dall’angelo Gabriele a Maria (Lc

1,26-38).

8

A V E L E S P I E G A T E

In questo luogo spoglio e suggesti-

vo il visitatore medita il mistero tipi-

co del cristianesimo, quello dell’In-

carnazione, quello in cui lo sposali-

zio stavolta avviene tra divinità e

umanità per generare il Verbo che

si fa carne e viene ad abitare in

mezzo a noi. La sera , nonostante i

primi segni di stanchezza, dietro la

ferma decisione di Don Raffaele,

partecipiamo alla Fiaccolata di pre-

ghiera che si dimostra interessan-

tissima dal punto di vista culturale e

comunitario in cui si alzano inni, lodi e

preghiere a Maria nelle diverse lingue

di origine, evento ecumenico suggesti-

vo ed importante che ci rende concre-

tamente figli dello stesso Padre e fra-

telli in Cristo. La prima Domenica in

Terra Santa è davvero ricca di emozio-

ni che vanno dal mistico al trascen-

dente ma non mancano toni di folklore

accompagnate dalle frequenti evasioni

consumistiche dettate dalla convinzio-

ne( molto opinabile in verità) che le

sensazioni, gli odori, i profumi, la misti-

cità, i luoghi possano fermarsi o ade-

guatamente trasferirsi in un “ souve-

nir”. Si parte quindi per la Regione del

Lago di Tiberiade, si attraversa in bat-

tello il lago ed è qui che ci aspetta la

nota colorata, sapientemente orche-

strata dai traghettatori fatta di canti ita-

liani e intrattenimenti vari, compresa la

consegna di un diploma per essere

stati sul lago di Gesù come se non ba-

stasse la contemplazione silenziosa

del lago di Kinnereth o Genezaret

chiamato cosi per la sua forma ad Ar-

pa le cui note calmarono molte volte i

tumulti e le tristezze dello stesso re

Davide. Si tratta del medesimo lago

dove Gesù opera la Pesca miracolosa

(Lc 5, 1-11) seda la tempesta (Mc 4,

35-40) cammina sulle acque svelando

il dubbio e la poca fede di Pietro (Mt.

14, 22-32). Ripercorrendo ancora il no-

stro viaggio insieme al lettore si arriva

a Tabga luogo del Primato di Pietro e

della moltiplicazione dei pani. Il posto

è ben descritto dalla monaca Eteria

nel suo diario del 395 “ Non lontano da

Cafarnao si vedono i gradini di pietra

sopra i quali stette il Signore. Ivi pure,

sopra il mare, vi è un campo erboso

coperto di molte erbe e palmizi e,

presso di essi sette fonti emettono,

ciascuna acqua abbondantissima: in

questo campo il Signore saziò il popo-

lo con 5 pani e 2 pesci…la pietra poi,

sopra la quale il Signore stette è di-

ventata altare…inoltre sul Monte vicino

vi è una grotta, salendo alla quale il

Signore pronunciò le Beatitudini”.

A V E L E S P I E G A T E

Il posto è piacevolmente tranquillo e

pregno di significati spirituali, posto di

grande concentrazione evangelica. Qui

celebriamo la Santa Messa sotto gli al-

beri vicino al mare e di fronte all’attuale

chiesa che conserva ancora il mosaico

del VI secolo, con due pesci ed un pa-

niere di pani segnati da una croce. La

moltiplicazione dei pani è narrata sei

volte nel Vangelo a suggellare l’invito a

donare senza paura ciò che si ha , con-

fidando nella provvidenza divina che

non farà mai mancare nulla a chi è nel

bisogno. Dietro la basilica c’è il lago do-

ve una scogliera e delle pietre a forma

di cuore fanno da porto naturale a bar-

che di pescatori. Qui Pietro e compagni

partirono per la pesca e sempre qui Ge-

sù li chiama a diventare pescatori di uo-

mini (Lc.5,1-3). Si susseguono gli incon-

tri evangelici nelle successive tappe di

Cafarnao, Casa di Pietro, Sinagoga e

salita al Monte delle Beatitudini. Cafar-

nao è denominata “Città di Gesù” in

quanto qui inizia il suo ministero trovan-

do accoglienza continua nella casa di

Pietro e sempre qui recluta i suoi disce-

poli. La casa di Pietro diventa “ Domus

Ecclesia” e viene ampliata per accoglier

adeguatamente il flusso sempre più nu-

meroso di devoti. Qui compie la prima

resurrezione con la figlia del capo della

Sinagoga Giairo e pronuncia la frase fa-

mosa “Talità kum”. Di fronte la casa di

Pietro si trova la Sinagoga dove Gesù

insegnava, che risale al VI sec. rico-

struita sui resti di quella originaria e do-

ve istruiva sul famoso discorso “Pane di

Vita”.

Ultima tappa del giorno, Monte delle

Beatitudini, dove si trova la chiesa otta-

gonale per ricordare il numero delle

Beatitudini. Da qui si gode una vista

meravigliosa del lago. Lo spazio è tenu-

to da suore francescane. In questo

luogo Matteo al cap.5 rievoca tutto l’in-

segnamento morale di Gesù che, co-

me nuovo Mosè sul monte, promulga

la legge della Nuova Alleanza. I pelle-

grini, giorno 3 , partono alla volta del

Mar Morto muniti di costume nel tenta-

tivo di dare tregua alla calura registra-

ta intorno ai 52 gradi. Il Mar Morto, in-

fatti, è la fossa geologica più profonda

della terra ( oltre 400 mt sotto il livello

del mare) impropriamente chiamato

così perché in realtà è un lago la cui

elevatissima salinità non permette lo

sviluppo di alcuna forma di vita. I vian-

danti, calatisi nella sue acque hanno po-

tuto sperimentare l’incredibile sensazio-

ne di galleggiare a pelo d’acqua e ri-

scontrare l’altissima combinazione di

benefici termali. Tutto questo però dopo

l’emozionante, seppur faticoso, percor-

so didattico archeologico di Qumran :

corre l’anno 1947, un giovane beduino,

in cerca di una capretta perduta, scopre

in una grotta delle giare contenenti rotoli

e pergamene.

1 0

A V E L E S P I E G A T E

Ne risulta

la scoperta

del secolo,

un patrimo-

nio letterale

ecceziona-

le: i testi

più antichi

della Bibbia descritti da una comunità

di monaci Esseni. In prima persona si

vive l’esperienza del deserto, nel quale

ci ha fatto inoltrare la nostra guida Don

Vincenzo per contemplare la vista del

monastero di san Giorgio di Kaziba,

fondato nel 420 da un certo Giovanni

d’Egitto. Panorama stupendo che ti

chiama a riflettere sul significato bibli-

co di deserto che è principalmente

esperienza di silenzio, povertà, essen-

zialità e luogo dell’incontro nudo e

scarno tra l’ Io e Dio. E’ tempo di prova

in cui si sceglie tra il Dio che vorrei

piegare alla mia volontà e un Dio a cui

mi affido per amore incondizionato e

disinteressato. Si continua il percorso

nella bellissima valle del Giordano do-

ve , a seguito di una preghiera comu-

nitaria col nostro parroco Don Raffaele

abbiamo rinnovato le promesse batte-

simali proprio in quelle acque

dove venne battezzato Gesù

dal Battista. Sulle rive di que-

sto fiume si ricorda ancora la

rivelazione che Pietro fece a

Gesù :” Tu sei il Cristo, il figlio

del Dio vivente” e la conferma

di Gesù a Pietro : “ Tu sei Pie-

tro e su questa pietra edifiche-

rò la mia Chiesa”. Giorno 4 lu-

glio è la volta della Basilica

della Natività a Betlemme. La

città si presenta con un fascino parti-

colare, distribuita sulla cresta di un col-

le con le sue casette bianche ben alli-

neate, disposte a più stratificazioni,

con le sue lucine tremolanti, non lonta-

na dal ricordo del profeta Michea “ e tu

Betlemme di Efrata, così piccola per

essere tra i villaggi di Giuda, da te

uscirà per me Colui che deve essere il

dominatore di Israele”.Il luogo dove

nacque Gesù non è proprio come nel

nostro immaginario collettivo, ma al

centro di una piccola abside, vi si trova

una stella d’argento dove ci si inginoc-

chia a baciare il punto dove Dio s’è fat-

to carne. La grotta ha una lunga docu-

mentazione storico-archeologica che

risale a San Giustino. Nelle epoche

successive venne risparmiata la chie-

sa fatta da Sant’Elena dai Persiani

perché vi trovarono raffigurati i Magi.

Nel 386 si stabilisce San Girolamo, il

traduttore della prima Bibbia in latino,

la “Vulgata” e vi rimarrà per trentasei

anni in vita monastica. Sotto la basilica

si trovano le sue stanze, vere e proprie

grotte molto suggestive oltre all’altare

dei Santi Innocenti.

1 1

A V E L E S P I E G A T E

Le cappelle sono devozionali cioè di

commemorazione e ricordo per i fedeli.

Particolare è la porta di accesso alla ba-

silica della Natività molto piccola e bas-

sa fatta per evitare l’entrata a cavallo

dei turchi ottomani, ma che poi nella cri-

stianità assume un significato molto più

importante: solo chi si fa piccolo riesce

a gustare i beni del regno dei cieli, l’u-

miltà e la semplicità al primo posto, an-

che se la basilica non si presenta in ef-

fetti come i paesaggi poveri a cui ci ha

abituato la tradizione del presepio fran-

cescano. Questa è la conseguenza del

fatto che la grande Basilica è gestita dai

greci-ortodossi per cui si trovano molte

icone tra cui alcune bellissime come

quella della madonna del “finalmente”,

una madonna dal volto dolcissimo che è

la più venerata in Terra Santa. Molti

candelabri ed incensieri riempiono l’in-

terno della Basilica lasciando poco spa-

zio alla meditazione e alla spiritualità.

Aria che si respira invece nella visita

successiva a Beit Sahur al campo della

Grotta dei Pastori, il luogo dove gli an-

geli annunciarono la nascita di Cristo.

Ricollegandoci alla porta piccola dell’en-

trata alla Natività, i pastori , fra i più di-

sprezzati dal popolo giudaico, sono

scelti come primi testimoni della nascita

del Dio

bambino

(Lc.2,8-

20). Qui

vi sono

innume-

revoli

grotte na-

turali che

ispiraro-

no molti

cristiani a

scegliere

la vita

monastica per una adesione più radica-

le al vangelo. Particolare è la storia del-

la cappella di san Giuseppe e del San-

tuario della Nutrizione dove, come si

racconta nel protovangelo di Giacomo e

nei Vangeli Apocrifi, la Madonna si fer-

ma ad allattare il bambino sfuggendo

alla strage degli innocenti ordinata da

Erode. San Giuseppe sollecita la Vergi-

ne a fuggire in Egitto, per la fretta cado-

no delle gocce di latte a terra, e la roc-

cia ,da rosa divenne bianca. Ovviamen-

te la roccia da quel momento in poi as-

sunse proprietà curative e il potere di far

venire il latte alle madri che ne fossero

prive. Da allora le mamme cristiane e

musulmane vengono qui a pregare Ma-

ria madre di Dio. Si cammina ancora

per la visita ad Ain Karem luogo della

nascita di san Giovanni Battista con so-

sta al Santuario della Visitazione. Siamo

nelle vicinanze di Gerusalemme.

1 2

A V E L E S P I E G A T E

Dopo una lunga gradinata percorsa reci-

tando il Rosario, si arriva in questa mera-

vigliosa località dal panorama ineguaglia-

bile che ricorda gli episodi evangelici nar-

rati da Lc 1,57-80,

la vita del sacer-

dote Zaccaria e di

sua moglie Elisa-

betta parente di

Maria. All’entrata

due statue raffigu-

rano le cugine in

Santa attesa. Dal

XVII secolo la

cappella è gestita

dai francescani. Gli ultimi due giorni, Mer-

coledì e Giovedì, sono dedicati alla visita

di Gerusalemme, la città tre volte Santa

perché ritenuta tale da Cristiani, Ebrei,

Musulmani. A ricordarcelo per quanto ri-

guarda gli ebrei è il richiamo continuo del

Muezzin , che dall’alto del minareto per

cinque volte al giorno richiama alla pre-

ghiera i musulmani e ricorda la fede in

Allah. Siamo nel cuore del viaggio perché

Gerusalemme racchiude gli episodi cru-

ciali del cristianesimo, le vie e i luoghi

santi dove si consumano gli avvenimenti

del Triduo pasquale. “Quanta gioia quan-

do mi dissero: andremo alla casa del Si-

gnore. Già sono fermi i nostri piedi alle

tue porte Gerusalemme” (Sal.121). Si ini-

zia con la visita del Monte Sion: il Cena-

colo, la Chiesa della Dormizione di Maria

e in fine la Chiesa del Gallicantu. Il Ce-

nacolo rappresenta il cuore della religio-

sità cristiana dove si attuano i misteri più

grandi : istituzione dell’Eucarestia, lavan-

da dei piedi, apparizione del Risorto, ef-

fusione dello Spirito Santo e conseguen-

te nascita della Chiesa. Seppur molto

suggestivo e scarno ( antica sala ristrut-

turata dai francescani in stile Gotico) non

è luogo di culto cristiano perché luogo di

venerazione ebraica è quindi proibita

ogni celebrazione. Quindi si ascolta la

guida, si riflette, si ricorda e si prega. Si

continua con la visita alla chiesa ortodos-

sa della Dormizione di Maria, poi nella

chiesa dell’Assunzione o della Vergine si

venera la tomba della Vergine assunta

subito in cielo anche con il suo corpo co-

me dice la nostra fede cattolica. Qui si

venera un antico sasso, forse quanto ri-

masto di questa tomba. Entriamo di se-

guito nella passione di Gesù con la visita

del Gallicantu che ricorda l’episodio rac-

contato da Lc22,23 “prima che il gallo

canti mi rinnegherai tre volte […] uscito

fuori pianse amaramente”. Qui si consu-

ma la sconfitta dell’uomo che prende co-

scienza della sua debolezza. Pietro tradi-

sce ma il suo pentimento fa la differenza

fra lui e Giuda in ordine alla Salvezza

eterna. In questo luogo una scalinata di

pietre di epoca romana collega il Cena-

colo alla Valle del Cedron e quindi al Ge-

tsemani

1 3

A V E L E S P I E G A T E

In seguito facciamo visita alla casa di

Caifa, sommo sacerdote del Sinedrio. Il

pomeriggio di giorno 5 ci aspetta un’altra

esperienza di immersione nella tradizio-

ne religiosa ebraica con la

visita al Muro del Pianto.

Dal 1900 gli ebrei ci vanno

in pellegrinaggio per prega-

re e ricordare la distruzione

del tempio e la diaspora.

Oggi si prega per tante altre

ferite aperte generate da un

conflitto interminabile fra

arabi e israeliani . Il muro

occidentale è ritenuto il pun-

to più sacro della terra, il

luogo dove Dio è più vicino

ad ascoltare le preghiere

che vengono ripetute tre

volte al giorno. All’ingresso

della spianata del muro si trovano molti

testi sacri riposti ordinatamente in delle

vetrinette a disposizione dei fedeli. La

scena che si presenta adiacente al muro

è di pura concentrazione e preghiera,

molti seduti con i testi ebraici a leggere e

recitare i versetti della Bibbia ebraica,

molti appoggiati al muro a pregare e a

lasciare i bigliettini dati da altri o perso-

nali con le proprie richieste a Dio. Nel

marzo del 2000 Giovanni Paolo II prega

al muro del pianto come atto concreto

per una svolta del rapporto con gli ebrei

portando avanti lo spirito del movimento

ecumenico a cui è molto legato e ricer-

cando quel dialogo interreligioso procla-

mato dal Concilio Ecumenico Vaticano

II. Continuiamo il cammino verso Bethe-

sda dove si trova la Chiesa di sant’Anna,

un gran bell’esempio di chiesa crociata

di stile romanico dove , secondo il proto-

vangelo di Giacomo, abitarono Gioacchi-

no ed Anna e dove vi nacque la Vergine

di Nazareth. Visitiamo inoltre la piscina

probatica che ricorda la guarigione di un

uomo malato da trentott’anni raccontato

dall’evangelista Giovanni. L’acqua di

questa piscina ha per i giudei poteri tera-

peutici. L’ultimo giorno si rivive in pieno

la passione di Cristo con il monte degli

ulivi, il Getsemani, la Basilica dell’Ago-

nia, la cappella del Pater Noster e infine

la cappella del Dominus Flevit. Ai piedi

del monte degli ulivi si trova un giardino

privato chiamato Getsemani detto

“Grotta del Frantoio” e tutt’intorno ulivi e

qualche grotta, tra cui quella detta dallo

storico Eusebio di Cesarea “Grotta

dell’Adorazione”, venerata da discepoli

come grotta cara a Gesù. Un altro posto

degno di nota è il Chiostro del Padre No-

stro che si presenta con tantissime lastre

in ceramica su cui è incisa la preghiera

che Gesù insegnò ai suoi discepoli in

tantissime lingue tra cui anche il dialetto

calabrese.

1 4

A V E L E S P I E G A T E

Una delle tappe previste è la visita al

Dominus Flevit, una chiesa bizantina de-

dicata alla profetessa Anna (Lc.2,36-38)

dalla cui vetrata centrale si può osserva-

re la città di Gerusalemme in tutto il suo

splendore, vista che anche all’epoca di

Gesù fece dire ai suoi apostoli : “ Mae-

stro, guarda che pietre e che costruzio-

ni!”. Gesù rispose:” Non sarà lasciata qui

pietra su pietra che non venga distrut-

ta” ( Mc. 13,1-2). All’uscita si percorre la

via con la splendida visuale della chiesa

russa di Santa Maria Maddalena che

spicca con le sue cipolle dorate sul ver-

de di tutto il monte degli ulivi, la mo-

schea di Omar e ai lati del viale i cimiteri

ebraici con tante tombe, anche le più

antiche ricoperte dai sassi, segno della

vita che si augura ai propri morti. Come

ultimo momento comunitario da rivivere

insieme si attraversa la Porta dei Leoni

( una delle sette di Gerusalemme). Si

prende visione del ponte dell’Ecce Ho-

mo e dopo aver visto un suggestivo vi-

deo sulla Via Dolorosa presso il conven-

to della flagellazione, si fa la Via Crucis

fra le strade della città vecchia e ogni

fedele porta per un pezzetto di strada la

croce a ricordare che la sequela di cristo

presuppone il peso della croce nella vita

quotidiana. L’apice del nostro peregrina-

re è la chiesa del Santo Sepolcro o

“dell’Anastasis” cioè della Resurrezione

dove si concentrano gli episodi salienti

della vita di Gesù : il Golgota, e la sua

morte redentrice, perché come commen-

ta sant’Agostino “Potuit gutta, venit un-

da” cioè “potendoci salvare con una

goccia di sangue, ha voluto farne venire

una valanga”. Con questa espressione il

Santo vuol far capire ai cristiani che la

Croce è lo spettacolo dell’eccedenza di

Dio che vuole strafare in amore e che

quindi rappresenta solo un incidente di

percorso nell’Economia salvifica di Dio.

L’impressione iniziale arrivando al Santo

Sepolcro è un po’ sconcertante. Il cuore

della nostra fede è costellato da mer-

canti, confusione, pellegrini che si com-

portano più da turisti. Tutto si presenta

antico, stantio, con divisioni di spazi e

tempi di culto tra i diversi inquilini di riti e

confessioni cristiane a ricordare la divi-

sione della veste di Cristo. Poi però ci si

ritrova a meditare il nostro essere cristia-

ni e a pregare sulle reliquie tangibili co-

me la Pietra dell’Unzione, di grande de-

vozione per gli ortodossi, la Cripta di

sant’Elena, la cisterna del Ritrovamento

della Santa Croce, la Colonna della fla-

gellazione e tutto rientra nei confini della

fede che supera ogni divisione e appa-

rente confusione data dall’innesto e dal-

la compresenza di culture, usi e tradizio-

ni diverse. Il giorno successivo si rientra

ricchi di nuove conoscenze e nuove

consapevolezze ma già nostalgici dopo

l’imbarco a Tel Aviv , ultima città di terre

lontane che speriamo di rivedere.

1 5

A V E L E S P I E G A T E

A conclusione della su detta descrizione e

dopo aver fatto i dovuti ringraziamenti a

Don Raffaele che ci ha offerto quest’op-

portunità, all’eccellente guida Don Vincen-

zo Lopasso e a Don Giuseppe Ferrari, so-

no doverose alcune brevi riflessioni di ap-

profondimento finale opportunamente for-

nite dai Don stessi nel corso delle omelie.

All’inizio di ogni pellegrinaggio il fedele do-

vrebbe ricordarsi che la motivazione per

cui compie il viaggio è lodare Dio, ringra-

ziare, richiedere, pentirsi degli errori quoti-

diani, perdonare ed essere perdonato.

Questo perché a muovere i passi del pel-

legrino deve essere un forte desiderio di

Dio. Il pellegrinaggio è un modo concreto di

vivere la fede che richiede tempo, disponi-

bilità al cambiamento, sforzo fisico, corag-

gio e soprattutto conversione. Tutto questo

ai nostri giorni rischia di passare in secondo

piano rispetto al vortice dell’ideale consumi-

stico e narcisistico in cui veniamo imprigio-

nati. Il riferimento va alle mille foto degli

smartphone, (come ricordava Don Raffele

nella sua breve, efficace e diretta omelia

nella cappella del Santo Sepolcro) sempre

accesi a immortalare posti e luoghi che po-

trebbero imprimersi semplicemente nei no-

stri cuori. Le emozioni, le riflessioni e le

preghiere non si legano a innumerevoli foto

che rischiano soltanto di far perdere l’es-

senza del momento che va vissuto solo “hic

et nunc” cioè “ qui e ora”. Lo stesso vale

per la corsa ai souvenir

di cui alla fine resta solo

la testimonianza mate-

riale di una presenza

meramente fisica e non

adeguatamente spiritua-

le nei luoghi santi visita-

ti. Il pellegrinaggio in

Terra Santa è uno dei

più ambiti dai cristiani

perché è il luogo dov’è

vissuto Cristo ma è an-

che il più simbolico per-

ché camminare verso

questa città vuol dire andare in unione ver-

so la pace e la convivenza fra tanti uomini

che da strade diverse si incontrano sotto un

unico Dio. I pellegrini rappresentano la “

Famiglia celeste” verso cui tende ogni

“Famiglia terrena” nella speranza di incon-

trare pace, gioia e serenità .Questo sembra

impossibile agli uomini ,soprattutto alla luce

dell’ultimo attentato proprio nella città vec-

chia dove hanno perso la vita due giovani

militari, per cui dobbiamo essere fermi e

convinti quantomeno nella preghiera comu-

nitaria come uomini di buona volontà che

hanno sempre fiducia nella Provvidenza Di-

vina. Nel pellegrinaggio si vive forte anche

l’esperienza di Chiesa come popolo di Dio

in cammino, allora, rileggere il viaggio alla

luce del Vangelo e nella fede del Gesù di

cui abbiamo cercato i segni, significa porta-

re frutto nelle nostre vite, partendo dalla

conversione quotidiana dei nostri cuori at-

traverso rinnovati pensieri, parole e opere,

per evitare che il pellegrinaggio diventi co-

pia conforme dei viaggi turistici che come

fine hanno solo il mero divertimento. Buon

prossimo pellegrinaggio a tutti voi!!

Caterina Posella

P A G I N A 1 6

Il canto nella sacra Liturgia

A V E L E S P I E G A T E

Salve a tutti, mi

chiamo Francesca

Cilurzo e sono una

cantante lirica. Fre-

quento la Parroc-

chia di Santa Maria

della Roccella da

meno di due anni.

Eppure quando Dio

ti chiama basta an-

che solo un attimo

e tutto cambia. Ho

sempre pensato che la musi-

ca avesse un legame con

Lui, con l’Eterno, con qualco-

sa al di sopra di noi che io

non potevo comprende, po-

tevo solo sentirlo e che la

musica fosse sacra tutta agli

occhi del Signore perché è il

linguaggio che ogni animo

riesce a percepire e con qua-

le riesce a comunicare.

Nell’ambito della mia forma-

zione come cristiana ho avu-

to la possibilità di sentire Ge-

sù operare nella mia vita in

molti modi e uno di questi è

stato aver ascoltato Don Vin-

cenzo Agosto nei due incon-

tri nei quali si è parlato del

canto applicato alla liturgia.

Si sono tenuti uno la sera

dell’11 giugno presso la Par-

rocchia di S. Maria di Porto

Salvo e il secondo, il 12 giu-

gno, presso la nostra parroc-

chia. Nel primo incontro, do-

po aver introdotto il concetto

di liturgia come l’insieme dei

riti, preghiere e canti atti a

lodare il Signore, il presbitero

ha illustrato l’importanza del

Canto nel rito. Il primo con-

cetto delineatosi è che fin

dalla notte dei tempi il canto

ha sempre affiancato i riti re-

ligiosi di ogni parte del mon-

do e di ogni epoca. Come di-

ce S. Agostino “Chi canta,

prega due volte! E, dunque,

esso ha sempre avuto la fun-

zione di intensificare ed ele-

vare al cielo la preghiera fa-

cendosi, come giovinetta in-

tuivo, veicolo con il Paradiso.

Altro importante fattore è che

il canto ha una forte compo-

nente emotiva e sociale per

cui ha anche la funzione di

unire i cantori, il celebrante e

l’assemblea in un’unica gran-

de famiglia che prega il Suo

Dio. Da queste due caratteri-

stiche derivano dunque le

prerogative che i brani che

affiancano il rito debbono

avere. Innanzitutto balza da-

vanti ai miei occhi la sempli-

cità. Si, essa è la chiave prin-

cipale di lettura della musica

stessa.

P A G I N A 1 7

Canti semplici nella melodia e nell’ar-

monia possono emozionare tanto

quanto le elaborate partiture che è mio

lavoro leggere ogni giorno. Ed è stupe-

facente come la stessa semplicità e

umiltà trovi ogni tipo di musica e nell’at-

teggiamento verso essa la

sua prima caratteristica. Il

primo luogo di Dio è infatti

il cuore di una persona

umile e semplice ed Egli

ascolterà per primo il Suo

Canto che quello di ogni

altro. Poi, altra cosa molto

importante è che un canto

con queste caratteristiche

e con melodie facili e

orecchiabili è più coinvol-

gente perché permette a più persone di

cantare. Altro punto toccato nei due in-

contri è stato l’aderenza dei brani al rito

e al testo. Perché è importante ciò?

Perché se è vero, come è vero che il

canto rafforza la preghiera e che i testi

di riferimento sono parola di Dio, allora

tutto quanto vivremo in quel momento

avrà una forza diversa, un significato

diverso perché saremo lì con anima,

cuore, parole, con tutto il nostro esse-

re. Tutta la musica è sacra agli occhi di

Dio dicevo, ma ogni parte di essa ha il

suo luogo come le emozioni e i com-

portamenti umani. E nella mia espe-

rienza da musicista ho potuto notare

con quanta boria e infine ignoranza e

miseria umana ci si accosti ad essa.

Un altro punto toccato è stato quello

dell’aderenza della musica al testo e

non viceversa poiché la melodia deve

avvalorare il significato di esso portan-

dolo alle estreme conseguenze. Ed an-

cora, ultimo punto, ma non ultimo nel

mio cuore è il “cantare bene” che non è

inteso come cantare con cognizione

dello strumento voce, anche se la sua

conoscenza certo permette migliori ri-

sultati, dal punto di vista della gradevo-

lezza e molto altro, ma come cantare

con il giusto stato d’animo, l’aderenza

alle dinamiche, allo stile, e in fondo

sentire un coro che ha anche qualche

rudimento canoro non è poi così male.

Auspichiamo dunque che la chiesa og-

gi si rinnovi accostandosi a questi det-

tami e soprattutto al suo popolo per at-

tirarlo di nuovo verso Dio, con allegria

e sacralità al tempo stesso, perché tut-

ti, adulti e bambini sappiano cantare la

Sua gloria proveniente da un passato

perso nei secoli, viva e presente oggi e

con noi verso il futuro.

Francesca Cilurzo

1 8

“Il mio cuore esulta nel Signore,

la mia fronte si innalza grazia al mio Dio”

(preghiera di Anna ).

Anche quest’anno si è svolto il Grest, attività che la parrocchia di Santa Maria

della Roccella ha organizzato per i bambini della nostra comunità e non solo.

Si è appena conclusa la seconda edizione, voluta dal nostro parroco Don Raf-

faele Zaffino, supportato e sostenuto dai catechisti, dagli animatori dell’ orato-

rio e da tanti giovani. Tutti insieme per accudire i piccoli partecipanti ed essere

per loro esempi di vita e correttezza nei vari momenti ludici-educativi. L’evento

si è svolto dl 10

luglio al 13 luglio,

nei locali parroc-

chiali, dove sono

stati accolti un

gruppo di bambini

tra gli otto e gli un-

dici anni. In que-

sti quattro giorni,

dopo un primo

momento in chie-

sa con l’accoglien-

za, canti e la rap-

presentazione della storia di Samuele, i bambini sono stati protagonisti di gio-

chi e tornei, divisi in squadra. Tutti loro hanno partecipato seguendo le regole

della civile e fraterna convivenza, sostenendosi e aiutandosi nel reciproco ri-

spetto, senza competizione ma con la sola gioia di stare insieme, divertirsi in-

sieme e vivere lo spirito di Gesù in ogni suo aspetto. Nella giornata conclusiva

tutte le squadre sono state premiate in base ai punti fatti nei giochi svolti. Ma

lo spirito della premiazione non è stato quello dell’essere arrivato primo, bensì

la felicità di essere tutti vincitori in egual misura, ma grande è stato il dispiace-

re perchè tutto era finito. Il Grest è un po’ una missione poiché educatori ed

animatori e giovani costituiscono un segno rigeneratore di entusiasmo, di idee

e soprattutto di spiritualità, nel viaggio che è la vita con la sola pretesa di cam-

minare insieme nella condivisione e nella fratellanza.

“ Dio non apprezza solo ciò che vede l‘uomo:

l’uomo vede l’ apparenze, ma il Signore vede nel cuore” (16,7)

Lisa de Vito

Continua dalla p.1

Ma ciò può avvenire solo se ad attenderla c’è un cuore accogliente, ricettivo, altri-menti essa è un seme infruttuoso. C’è tut-tavia la certezza che vi è sempre una terra buona per portare cento frutti. È con gli oc-chi di Dio, il seminatore infaticabile del cuore dell’uomo, che bisogna leggere ogni genere di storia sfortunata. E biso-gna leggerla con lui fino in fondo, fino a trovare quel “ma” o quel “nonostante tutto” che ci facciano dire quale meraviglioso dono sia la vita e quale meravigliosa con-segna ci abbia fatto Dio padre perché me-ritassimo il suo amore: fare della terra brulla un giardino fiorito. Certo, l’impresa non è facile. Ma le storie di Dio hanno un lieto fine, anche se all’inizio nulla sembra presagirlo. Dio è come la primavera del cosmo. Noi dovremmo essere l’estate del mondo, che porta a maturazione i germi divini. Il nostro cuore è una zolla di terra, di terra pronta a dare la vita ai tuoi semi, Si-gnore (G. Vannucci). Essere terra aperta, capace di accogliere, felice di nuovi semi; essere come “la buona terra” di Pearl S. Besck, capace di moltiplicare la vita: ecco la nostra vocazione. Tuttavia dobbiamo fare i conti anche con la possibilità che questo ciclo prodigioso di semina e fioritu-ra si possa interrompere, perché a fronte del “ma” di Dio, ci sono i nostri “ma”. E il miracolo della vita si ferma, a volte non per malizia ma solo per superficialità, per “sbrigarci”. Infatti può succedere che cor-riamo troppo in fretta e non permettiamo alla Parola di Dio di attecchire in noi. Op-pure ci lasciamo prendere dalla superficia-lità ed è noto che un cuore poco profondo non conserva, non custodisce, non nutre. O ancora, ci lasciamo prendere dalle ansie quotidiane e con fatica resistiamo allo sconforto, alla solitudine, alle varie insicu-rezze, e così capita che la fiducia riposta nella buona semente venga soffocata e subentri la convinzione che non vi possa essere in noi spazio sufficiente per far ger-mogliare il seme di Dio. Perciò, pur aven-do sperimentato tante volte la sensazione della sconfitta (abbiamo programmato, progettato, realizzato, spendendo tempo, risorse, fisiche e mentali) non abbiamo vi-

sto frutto alcuno. Non dobbiamo arrenderci agli insuccessi della semina, perché la for-za non sta nella nostra capacità di semina-re, ma nella bontà del seme e se lo spar-giamo con passione e fiducioso abbando-no, esso non può non fiorire. Infatti, nella

vita di fede, nonostante tutto, c’è Dio. È lui che fa crescere ciò che egli stesso semi-na, chiedendoci solo di coltivare e sorve-gliare. È lui che manda la sua Parola dal cielo e – come avviene per la pioggia e la neve che cadono sulla terra – non le fa ri-tornare a sé “senza effetto”. Questo non significa che dobbiamo andare in vacanza dalle nostre responsabilità di cristiani (le chiese sono vuote mentre le spiagge sono affollate), non dobbiamo smettere di vivere la Parola anche in riva al mare, in mezzo al frastuono delle serate estive, tra la gen-te distratta che ristora il corpo dalle fatiche lavorative ma dimentica di ristorare l’anima dalle inquietudini di sempre. Noi, anche in questo tempo di sosta dal lavoro, dalle abi-tuali attività giornaliere, dal tran tran della vita quotidiana siamo chiamati a essere contadini della Parola. Dio semina ovun-que e in ogni tempo, non si concede va-canze ma continua a interpellarci anche in questi giorni di riposo, infaticabile ci fa giungere la sua voce. E non importa se lo fa sotto la frescura di una verdeggiante pi-neta o tra le pareti di una chiesa calda e affollata di turisti che tornano dalla spiag-gia: l’importante è che non si lasci inter-rompere a Dio per due mesi, o per quindici giorni, il miracolo della semina, della fiori-tura e del raccolto.

La redazione

augura

all’intera

comunità

parrocchiale di

trascorrere una

serena estate nella

grazia di Dio