a vele spiegate - parrocchia santa maria della roccella · intima di noi, il cuore e la mente, per...
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Il tempo di Dio Don Raffaele
In questo tempo di vacanza e tempo d’estate già avanzata, ci soffermiamo sulla forza del Vangelo. Una Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che ristora, che scrol-la, che consola. Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle nostre profondità, fino a toccare la parte più intima di noi, il cuore e la mente, per giudicare e illuminare, per svelarci il volto di un Dio infaticabile fecondatore delle no-stre vite, mano che dona, forza che sostiene, voce che risve-glia. Volto di un Dio che è pronto a svelarci il nostro volto vero. Questa è la forza di una Parola che ascoltiamo tutte le domeni-che; ma forse dovremmo dire che avremmo l’obbligo di ascol-tare tutte le domeniche, metten-doci cura, attenzione, amore. Perché chi ci parla è molto di più di una voce autorevole: è Dio, è Verbo incarnato che fa luce nelle tenebre della vita, dà forza nella stanchezza e certez-za nel domani. Ecco: all’inizio dell’estate la liturgia ci invita a riflettere in maniera del tutto speciale sulla Parola per ricordar-ci che Dio non si stanca di noi, non va in riposo, “ma” conti-nua a parlarci del suo amore. Per questo se vogliamo che le sue parole d’amore sortiscano in noi l’effetto sperato, non dobbiamo ripeterle, ma accoglierle. Accogliendole, infatti, si realizza quello che è cantato nella profezia del Terzo Isaia: co-me la pioggia e la neve non tornano in cielo prima di aver compiuto la loro missione, prima di essere accolte nel grembo della terra e averla fecondata, così la Parola di Dio non torna in cielo se non dopo aver fecondato il cuore e la mente dell’uomo.
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A vele spiegate
L U G L I O 2 0 1 7 N U M E R O 3
GIORNALINO PARROCCHIALE “S. MARIA DELLA ROCCELLA”
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REDAZIONE:
Alessandro Corrado
Tommaso Cossari
Giovanni Greco
Alessia Pizzari
Caterina Posella
Paolo Trunfio
LA TENEREZZA DI ESSERE SIMILI
A V E L E S P I E G A T E
SITO WEB: www.santamariadellaroccella.it Email: [email protected]
Quando mi è stato proposto di scrivere un articolo che parlas-se di una canzone e dei valori dell’amicizia e dell’amore, ho su-bito pensato al testo di Laura Pausini “ SIMILI “, che ha fatto da sottofondo al grande successo di RaiUno “Braccialetti rossi”. Il film, in perfetta sintonia con la canzone, è ambientato nelle corsie di un ospedale e racconta le avventure di un gruppo di ragazzi e del legame indissolubile che li lega. La loro è la storia di una amicizia particolare, di quelle che non ti scegli ma nelle quali entri a farne parte, quando un giorno ti trovi catapultato “dentro un labirinto senza deciderlo”…quello della malattia!
E poi arrivi tu che parli piano mi chiedi scusa se ci assomiglia-mo!
Apparentemente soli infatti, scoprono presto che accanto a lo-ro non v’è soltanto “un altro” paziente ma un grande amico. E così che quelle corsie sterili e fredde diventano teatro di grandi avventure. Le ansie e le preoccupazioni vengono attenuate dal suono di una risata amica, forse non più tanto estranea, dagli
abbracci e dalle carezze ...di quelle che sanno scaldarti il cuore. Tutto di-venta condivisione e insieme lottano per “trasformare il suono della rabbia” in un gioioso inno alla vita. E dalla “condizione di essere simili“ che na-scono i veri punti di forza : capirsi sen-za che ancora alcuna parola sia stata detta, sapersi ascoltare e consolare, sostenere e aiutare per “imparare a sfottere le proprie paure”.
Laura Danieli
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Amor, ch'a nullo amato amar perdona
A V E L E S P I E G A T E
Che cos’è l’amore? Ecco la domanda che chiunque, almeno una volta nella vita, si sarà posto. C’è chi se la pone tutti i giorni, cercan-done significati nascosti. Alla fine tutto gira at-torno all’Amore. Che sia verso un amico/a, verso un parente, verso Dio, ma soprattutto verso una persona che in quel momento sem-bra essere l’unica esistente in tutto il mondo. “Mi amerà?”, “Si sarà reso/a conto che esi-sto?”, “Perché l’amore fa soffrire?”. L’amore è vero soltanto se è un dono che non si aspetta che venga ricambiato. Esatto, se
ami non devi aspettarti di ri-cevere nulla in cambio, nean-che di ricevere amore dalle per-sone che ami. Ed è proprio quando non è ricambiato che si soffre. Pos-siamo fare di tutto per convin-cerlo/a che è un amore superiore a tutto l’amore che si è mai provato, ma bi-
sogna mettere in conto che può non bastare. I Queen cantavano “Too much love will kill you” – “Troppo Amore ti ucciderà”, parole a prima vista molto crude. Come fa una cosa bella co-me l’Amore ad ucciderti? Con la stessa veloci-tà con la quale nasce, tende a rimarginare le ferite. La canzone (senza dilungarmi troppo, visto che c’è la collega di redazione con una rubrica apposita, riguardante le canzoni e le spiegazioni delle stesse), parla di un “Amore Amaro” con il protagonista che va incontro ad un disastro, perché non ha mai letto le indica-zioni. Come se esistessero le indicazioni! L’A-more non è come le medicine che compri in farmacia, che sono accompagnate dal foglietto illustrativo che indica le informazioni e soprat-tutto le controindicazioni. Non è una medicina, ma può essere comunque una cura. Ma nei casi peggiori anche una malattia. Come pos-siamo fare allora senza le indicazioni? La ri-sposta dovrebbe essere semplice, e forse lo è. L’amore perfetto è quello che dona tutto e non chiede in cambio nulla. Ma che nel momento
giusto si bilancia con altrettanto amore ina-spettato. Non esiste amore sprecato. Il princi-pio che vale in natura, che nulla si crea e nulla si distrugge, vale anche per l’Amore. Viviamo con la certezza che essere amati sia il segreto di una vita felice, e forse ci sbagliamo. Al tra-monto della vita saremo giudicati sull’amore. Forse potrebbe bastare anche “soltanto” ama-re, senza il principio della reciprocità. Amor, ch'a nullo amato amar perdona. Alla fine se si ama qualcuno o qualcosa, quell’amore ci verrà restituito in egual misura. Non sono esperto nella stesura di articoli di giornali, neanche se si parla di giornalini par-rocchiali. Per restare in tema, è difficile entrare nel cuore di chiunque, anche nel cuore del let-tore, catturarne l’attenzione. Ma una cosa l’ho imparata. Non fa male inserire qualche bella citazione ogni tanto. Alla fine le citazioni che si usano, provengono da persone sagge e sa-pienti, quindi perché perdere l’occasione di ripetere qualcosa di bello, o anche di brutto, ma giusto. Magari la prossima volta, se ci sarà occasio-ne, utilizzerò la citazione di qualche scrittore sconosciuto, vissuto chissà dove e chissà quando. Ma per questa volta mi agevolo il la-voro utilizzandone una di Roberto Benigni, che probabilmente abbiamo già letto o ascoltato. Ma quando si parla di Amore e Felicità non bisogna pensare alla ripetitività. Amore, Amo-re, Amore, Amore, Amore. Non importa quan-te volte si sussegue. E’ bello ugualmente! O forse di più! Ma passiamo adesso alla citazio-ne: “Il tempo passa, e il problema fondamentale dell’umanità, da duemila anni è rimasto lo stesso, AMARSI! Solo che adesso è diventato più urgente. Amiamo sempre troppo poco e troppo tardi”. Mettetevi in cerca della felicità subito, soprat-tutto se coincide con l’atto di amare e dell’es-sere amati, anche se questo non dipende solo da voi. Ma se nella vita bisogna credere pro-fondamente in qualcosa, tanto vale utilizzare le proprie energie per il raggiungimento di questa felicità.
Alessandro Corrado
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In cammino...con Gesù
A V E L E S P I E G A T E
Domenica 14 Maggio si è concluso l'anno catechistico 2016/2017. Si è arrivati alla fine di quest'anno con un bagaglio di esperienze, emozioni e motivazioni molto profonde. I ragazzi non hanno ricevuto la pagella con su scritto: “promosso o bocciato”, non spetta a noi e a nessun altro dare giudizi sull’attività catechistica; ci spet-ta, piuttosto, in qualità di adulti, la re-sponsabilità di quanto essi hanno sapu-to e potuto, apprendere attraverso spie-gazioni, insegnamenti ed esempi sul
"VOLER ESSERE DI CRISTO". L’esperienza catechistica ha coinvolto circa 180 ragazzi dalla seconda ele-mentare alla terza media, offrendo loro l'opportunità di approfondire ed affron-tare numerose tematiche che, spesse volte, trovavano sorgente nella loro cu-riosità e nel desiderio di far chiarezza nei propri pensieri. Non è stato chiesto loro di imparare meccanicamente delle cognizioni/nozioni, quanto piuttosto di farle proprie, capirle per imparare a vi-verle. Si è cercato di renderli partecipi al dialogo con Dio: quindi al valore as-soluto della preghiera che non è solo
ed esclusivamente quella tradizionale, ma anche e soprattutto quella del cuo-re. Pregare Dio è dirgli: “sei grande, ti voglio bene, ho bisogno di te, mi fido di te, so di essere importante per te e non puoi fare a meno di amarmi nonostante tutto”. Pregare è l'atto più grande di fe-de in Dio; è sapere che Lui c'è sempre, non è mai distratto, non è mai assente, non è mai occupato a fare altre cose, non ha orari. Durante l'anno si sono vissuti momenti particolarmente intensi ed importanti. Per i ragazzi di terza me-
dia, prossimi alla Cre-sima, tante sono state le occasioni di incon-tro, di ritiro e di pre-ghiera, che si sono rivelate molto prezio-se per l'arricchimento culturale e spirituale. Incontri che hanno permesso loro di co-noscersi meglio, di ampliare la loro visua-le e di sentirsi parte vivente di quel grande corpo che è la Chie-
sa. Per vivere la vera pienezza del Giovedì Santo, i futuri cresimandi, insieme a Don Raffaele e ai catechisti (Ilaria Ba-dolato, Paolo Trunfio ed Elisabetta Marsico) hanno incontrato gli ammalati del Policlinico di Germaneto. Ripetendo e non solo ricordando ciò che Gesù fe-ce con i suoi discepoli, la sera dell'isti-tuzione della Santa Eucarestia, i ragaz-zi si sono inginocchiati davanti al pros-simo divenendo Servitori di Carità.
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A V E L E S P I E G A T E
Durante il ritiro di domenica 23 aprile, la soddisfazione è stata grande per aver me-ritato il secondo premio al concorso "Scatti di Dio" che si è tenuto al Palazzetto di Sant'Andrea dello Jonio, nella giornata organizzata dalla Pastorale Giovanile con il titolo "fuori tutto è MAGNIFICAT". Il pre-mio è stato un uovo di 10 kg, non solo di cioccolato ma, soprattutto di gioia. Ed ancora, il 25 aprile, a Davoli Marina, i ragazzi hanno vissuto un momento di pre-ghiera particolare attraverso la "VIA LU-CIS" al termine della quale si sono confes-sati. La celebrazione della cresima è sta-ta presieduta da Mons. Vincerzo Bertolo-ne, la sera del 26 aprile alle ore 17:00. Domenica 7 maggio 2017 si è vissuto un altro momento di emozione comunitaria, sia per le catechiste (Mary Palaia, Cateri-na Staglianò e Barbara Marino), che per i genitori i quali accompagnavano i propri figli alla Festa del Perdono. I 42 piccoli della quarta elementare si accostavano per la prima volta da veri protagonisti ad un Sacramento, vissuto da loro con una consapevolezza di certo diversa da quella che li aveva accostati al Battesimo, consapevolezza che li vedeva d'un tratto cresciuti, grandi come bambini e come credenti. Dopo un primo, bel-lissimo, momento di preghiera, i bambini si sono confessati con Don Raffaele e Don Antonio. Passata la paura e l'ansia iniziale, per il nuovo evento, si sono poi scatenati nei gio-chi all'aperto organizzati dalle cate-chiste ed infine hanno condiviso la merenda offerta dai genitori. Per il
ritiro spirituale dei bambini che hanno ricevuto la prima comunione quest'an-no, ci si è ritrovati in Parrocchia gior-no 14 Maggio. Nel momento di pre-ghiera, in chiesa, con Don Raffaele, i bambini hanno acceso dei ceri e ricor-dato il brano del Vangelo: I discepoli di Emmaus. Uno dei brani più sugge-stivi e più aderenti alla realtà di perso-ne in cammino che, quotidianamente, sono chiamati a riconoscere Cristo e ad avere fiducia nel disegno di Dio
sulla storia dell'uomo. Il ritiro si è concluso con un momento ludico e conviviale. La celebrazione della prima Comunione, il 21 Maggio , è stato, senz'altro, un giorno speciale per i 29 bambini della classe quinta che durante la messa delle 11:00 si sono nutriti per la prima volta del "pane vivo". Momento intenso ed emozionante che ha concluso un periodo di preparazio-ne svolto in sintonia con bambini, famiglie, catechisti (Barbara Sacco, Rosa Pescio-ne, Tommaso Cossari). Per le varie tappe c'è stato, anche, un momento conclusivo di riflessione in linea al percorso fatto du-rante le lezioni con riferimento specifico al Santo presente nell'aula.
Appuntamento al prossimo anno catechistico!
Caterina Staglianò
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Da Roccelletta a Gerusalemme: pellegrini in Terra Santa
A V E L E S P I E G A T E
“ E il Verbo si
fece carne e
venne ad abi-
tare in mezzo
a noi…Venne
nel mondo la
luce vera,
quella che illu-
mina ogni uomo…era nel mondo e il
mondo è stato fatto per mezzo di Lui…
venne fra i suoi e i suoi non l’hanno ac-
colto”. Gv 1,1
Alla luce di quanto scritto dall’evangelista
Giovanni e con l’entusiasmo di ogni inna-
morato che cerca indizi per confermare il
suo amore la mattina del 30 Giugno sia-
mo partiti in pellegrinaggio verso la Terra
Santa, la terra in cui Dio si fa trovare, la
terra di un Dio che si fa uomo per com-
prendere, dialogare, soffrire con gli uomi-
ni ma soprattutto per offrirgli la salvezza e
interpellarli rispetto a questa salvezza. Il
programma si presenta ricco ed entusia-
smante. La guida biblica-pastorale é affi-
data a Don Vincenzo Lopasso, biblista
preparato, paziente e sorridente, preside
all’Istituto Teologico Calabro San Pio X
di Catanzaro e da molti anni docente alla
Scuola Biblica di Gerusalemme. Le altre
guide pastorali sono Don Raffaele Zaffino
parroco della nostra parrocchia Santa
Maria della Roccella e don Giuseppe Fer-
rari della Diocesi di Vibo Valentia- Mileto
del quale in questo periodo ricorre l’ anni-
versario di ordinazione sacerdotale. Si
prevedono temperature torride ma la vo-
glia di conoscere quei luoghi supera ogni
ostacolo, consapevoli che il pellegrinag-
gio dalla lingua ebraica “Tosab” (straniero
che soggiorna temporaneamente in Pale-
stina) sia dalla lingua greca
”Parapidemos”( colui che vive in una si-
tuazione provvisoria) sia dalla lingua lati-
na ” Peregrinus” (colui che attraversa le
terre) è una particolare modalità di testi-
moniare la fede, di ricercarla, di viverla. In
seguito agli espletamenti delle formalità
di imbarco e ai relativi controlli di sicurez-
za si arriva a Nazareth. Dopo aver per-
corso la via del mare passando per Ce-
sarea Marittima, Monte Carmelo si fa so-
sta al Santuario Stella Maris, presso Hai-
fa, intimamente legato alla storia del pro-
feta Elia che secondo la tradizione dimo-
rò nella grotta sottostante il Santuario e
nei quali luoghi nacque l’ Ordine del Car-
melo e la storia dello Scapolare, ancora
in uso devozionale tra i meno giovani. Il
2° giorno si sale il Monte Tabor, si visita il
Santuario della Trasfigurazione e si cele-
bra la Santa Messa.
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A V E L E S P I E G A T E
Qui accadde il mistero della Trasfigurazio-
ne, qui l’uomo nell’incontro con Dio si tra-
sfigura, qui Gesù nell’incontro col Padre
squarcia il velo e fa vedere la Gloria che
lo attende dopo la prova. La sensazione di
profonda spiritualità e pace qui è fortissi-
ma, si riassapora l’essenza dell’episodio
evangelico di Matteo 17, 1-8 “ Signore è
bello per noi stare qui! Se vuoi farò qui tre
capanne , una per te, una per Mosè una
per Elia”. Desiderio infinito dell’uomo,
quello esternato da Pietro di stare nella
Grazia di Dio che calma ogni tumulto di
cuore e di pensiero e che ricorda la famo-
sa citazione di Sant’Agostino “ Signore ci
hai fatti per te e il nostro cuore è inquieto
fin che non riposa in te!”. Seconda tappa
della giornata Cana di Galilea, il luogo in
cui si attesta il ruolo di Maria come nostra
mediatrice presso Dio: “ Donna che vuoi
da me? Non è ancora giunta la mia ora”
ed Ella continua ancora senza timore, cer-
ta del buon esito del suo intervento :
“qualsiasi cosa vi dica fatela.” Gv. 2, 1-11.
Come afferma don Vincenzo nelle sue
dettagliate spiegazioni, dove in molte oc-
casioni cita le fonti storiche per spiegare
l’origine del cristianesimo, la fede com-
prende Tradizione, dati storici o Fonti Ex-
trabibliche e Fonti bibliche e quindi con-
viene conoscere tutti questi elementi ed
integrarli per apprezzare di più i luoghi
che si visitano e soprattutto per credere
anche con la ragione. Questo sito si pre-
senta ricco di spiritualità forse perché a
parlare del Gesù storico sono le pietre, le
anfore e i reperti archeologici più che i
candelabri e gli incensieri presenti a iosa
in altri luoghi. La presenza di culto risale
già in epoca prebizantina, lo testimonia un
mosaico aramaico una cisterna ed altri re-
perti. Già al tempo di Girolamo a Cana si
ricordava il 1’ miracolo di Gesù. L’attuale
Chiesa risale al 1906. Il percorso pomeri-
diano prevede la visita della Basilica
dell’Annunciazione, Chiesa di San Giu-
seppe e luogo dove visse la Santa Fami-
glia. La Basilica è ricca di varie confessio-
ni cristiane: ortodossi, greco-cattolici, pro-
testanti e latini. Questi ultimi in particolare
sono legati al lavoro pastorale dei france-
scani e alle scuole dei salesiani ma molto
operativa è la Chiesa come istituzione di
carità. Oltre alla Basilica dell’ Annuncia-
zione, gestita dai greco-ortodossi di re-
cente costruzione che all’esterno presenta
una bellissima galleria di mosaici della
Vergine proveniente da ogni nazione del
mondo, il cuore di tutta Nazareth è
senz’altro la Grotta dell’Annunciazione do-
ve graffiti appartenenti alla comunità giu-
daico-cristiana (II e III sec.) testimoniano
un culto alla Madonna che risale alle origi-
ni e il pellegrino si raccoglie in preghiera
per identificarsi con il messaggio evangeli-
co dato dall’angelo Gabriele a Maria (Lc
1,26-38).
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A V E L E S P I E G A T E
In questo luogo spoglio e suggesti-
vo il visitatore medita il mistero tipi-
co del cristianesimo, quello dell’In-
carnazione, quello in cui lo sposali-
zio stavolta avviene tra divinità e
umanità per generare il Verbo che
si fa carne e viene ad abitare in
mezzo a noi. La sera , nonostante i
primi segni di stanchezza, dietro la
ferma decisione di Don Raffaele,
partecipiamo alla Fiaccolata di pre-
ghiera che si dimostra interessan-
tissima dal punto di vista culturale e
comunitario in cui si alzano inni, lodi e
preghiere a Maria nelle diverse lingue
di origine, evento ecumenico suggesti-
vo ed importante che ci rende concre-
tamente figli dello stesso Padre e fra-
telli in Cristo. La prima Domenica in
Terra Santa è davvero ricca di emozio-
ni che vanno dal mistico al trascen-
dente ma non mancano toni di folklore
accompagnate dalle frequenti evasioni
consumistiche dettate dalla convinzio-
ne( molto opinabile in verità) che le
sensazioni, gli odori, i profumi, la misti-
cità, i luoghi possano fermarsi o ade-
guatamente trasferirsi in un “ souve-
nir”. Si parte quindi per la Regione del
Lago di Tiberiade, si attraversa in bat-
tello il lago ed è qui che ci aspetta la
nota colorata, sapientemente orche-
strata dai traghettatori fatta di canti ita-
liani e intrattenimenti vari, compresa la
consegna di un diploma per essere
stati sul lago di Gesù come se non ba-
stasse la contemplazione silenziosa
del lago di Kinnereth o Genezaret
chiamato cosi per la sua forma ad Ar-
pa le cui note calmarono molte volte i
tumulti e le tristezze dello stesso re
Davide. Si tratta del medesimo lago
dove Gesù opera la Pesca miracolosa
(Lc 5, 1-11) seda la tempesta (Mc 4,
35-40) cammina sulle acque svelando
il dubbio e la poca fede di Pietro (Mt.
14, 22-32). Ripercorrendo ancora il no-
stro viaggio insieme al lettore si arriva
a Tabga luogo del Primato di Pietro e
della moltiplicazione dei pani. Il posto
è ben descritto dalla monaca Eteria
nel suo diario del 395 “ Non lontano da
Cafarnao si vedono i gradini di pietra
sopra i quali stette il Signore. Ivi pure,
sopra il mare, vi è un campo erboso
coperto di molte erbe e palmizi e,
presso di essi sette fonti emettono,
ciascuna acqua abbondantissima: in
questo campo il Signore saziò il popo-
lo con 5 pani e 2 pesci…la pietra poi,
sopra la quale il Signore stette è di-
ventata altare…inoltre sul Monte vicino
vi è una grotta, salendo alla quale il
Signore pronunciò le Beatitudini”.
A V E L E S P I E G A T E
Il posto è piacevolmente tranquillo e
pregno di significati spirituali, posto di
grande concentrazione evangelica. Qui
celebriamo la Santa Messa sotto gli al-
beri vicino al mare e di fronte all’attuale
chiesa che conserva ancora il mosaico
del VI secolo, con due pesci ed un pa-
niere di pani segnati da una croce. La
moltiplicazione dei pani è narrata sei
volte nel Vangelo a suggellare l’invito a
donare senza paura ciò che si ha , con-
fidando nella provvidenza divina che
non farà mai mancare nulla a chi è nel
bisogno. Dietro la basilica c’è il lago do-
ve una scogliera e delle pietre a forma
di cuore fanno da porto naturale a bar-
che di pescatori. Qui Pietro e compagni
partirono per la pesca e sempre qui Ge-
sù li chiama a diventare pescatori di uo-
mini (Lc.5,1-3). Si susseguono gli incon-
tri evangelici nelle successive tappe di
Cafarnao, Casa di Pietro, Sinagoga e
salita al Monte delle Beatitudini. Cafar-
nao è denominata “Città di Gesù” in
quanto qui inizia il suo ministero trovan-
do accoglienza continua nella casa di
Pietro e sempre qui recluta i suoi disce-
poli. La casa di Pietro diventa “ Domus
Ecclesia” e viene ampliata per accoglier
adeguatamente il flusso sempre più nu-
meroso di devoti. Qui compie la prima
resurrezione con la figlia del capo della
Sinagoga Giairo e pronuncia la frase fa-
mosa “Talità kum”. Di fronte la casa di
Pietro si trova la Sinagoga dove Gesù
insegnava, che risale al VI sec. rico-
struita sui resti di quella originaria e do-
ve istruiva sul famoso discorso “Pane di
Vita”.
Ultima tappa del giorno, Monte delle
Beatitudini, dove si trova la chiesa otta-
gonale per ricordare il numero delle
Beatitudini. Da qui si gode una vista
meravigliosa del lago. Lo spazio è tenu-
to da suore francescane. In questo
luogo Matteo al cap.5 rievoca tutto l’in-
segnamento morale di Gesù che, co-
me nuovo Mosè sul monte, promulga
la legge della Nuova Alleanza. I pelle-
grini, giorno 3 , partono alla volta del
Mar Morto muniti di costume nel tenta-
tivo di dare tregua alla calura registra-
ta intorno ai 52 gradi. Il Mar Morto, in-
fatti, è la fossa geologica più profonda
della terra ( oltre 400 mt sotto il livello
del mare) impropriamente chiamato
così perché in realtà è un lago la cui
elevatissima salinità non permette lo
sviluppo di alcuna forma di vita. I vian-
danti, calatisi nella sue acque hanno po-
tuto sperimentare l’incredibile sensazio-
ne di galleggiare a pelo d’acqua e ri-
scontrare l’altissima combinazione di
benefici termali. Tutto questo però dopo
l’emozionante, seppur faticoso, percor-
so didattico archeologico di Qumran :
corre l’anno 1947, un giovane beduino,
in cerca di una capretta perduta, scopre
in una grotta delle giare contenenti rotoli
e pergamene.
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Ne risulta
la scoperta
del secolo,
un patrimo-
nio letterale
ecceziona-
le: i testi
più antichi
della Bibbia descritti da una comunità
di monaci Esseni. In prima persona si
vive l’esperienza del deserto, nel quale
ci ha fatto inoltrare la nostra guida Don
Vincenzo per contemplare la vista del
monastero di san Giorgio di Kaziba,
fondato nel 420 da un certo Giovanni
d’Egitto. Panorama stupendo che ti
chiama a riflettere sul significato bibli-
co di deserto che è principalmente
esperienza di silenzio, povertà, essen-
zialità e luogo dell’incontro nudo e
scarno tra l’ Io e Dio. E’ tempo di prova
in cui si sceglie tra il Dio che vorrei
piegare alla mia volontà e un Dio a cui
mi affido per amore incondizionato e
disinteressato. Si continua il percorso
nella bellissima valle del Giordano do-
ve , a seguito di una preghiera comu-
nitaria col nostro parroco Don Raffaele
abbiamo rinnovato le promesse batte-
simali proprio in quelle acque
dove venne battezzato Gesù
dal Battista. Sulle rive di que-
sto fiume si ricorda ancora la
rivelazione che Pietro fece a
Gesù :” Tu sei il Cristo, il figlio
del Dio vivente” e la conferma
di Gesù a Pietro : “ Tu sei Pie-
tro e su questa pietra edifiche-
rò la mia Chiesa”. Giorno 4 lu-
glio è la volta della Basilica
della Natività a Betlemme. La
città si presenta con un fascino parti-
colare, distribuita sulla cresta di un col-
le con le sue casette bianche ben alli-
neate, disposte a più stratificazioni,
con le sue lucine tremolanti, non lonta-
na dal ricordo del profeta Michea “ e tu
Betlemme di Efrata, così piccola per
essere tra i villaggi di Giuda, da te
uscirà per me Colui che deve essere il
dominatore di Israele”.Il luogo dove
nacque Gesù non è proprio come nel
nostro immaginario collettivo, ma al
centro di una piccola abside, vi si trova
una stella d’argento dove ci si inginoc-
chia a baciare il punto dove Dio s’è fat-
to carne. La grotta ha una lunga docu-
mentazione storico-archeologica che
risale a San Giustino. Nelle epoche
successive venne risparmiata la chie-
sa fatta da Sant’Elena dai Persiani
perché vi trovarono raffigurati i Magi.
Nel 386 si stabilisce San Girolamo, il
traduttore della prima Bibbia in latino,
la “Vulgata” e vi rimarrà per trentasei
anni in vita monastica. Sotto la basilica
si trovano le sue stanze, vere e proprie
grotte molto suggestive oltre all’altare
dei Santi Innocenti.
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Le cappelle sono devozionali cioè di
commemorazione e ricordo per i fedeli.
Particolare è la porta di accesso alla ba-
silica della Natività molto piccola e bas-
sa fatta per evitare l’entrata a cavallo
dei turchi ottomani, ma che poi nella cri-
stianità assume un significato molto più
importante: solo chi si fa piccolo riesce
a gustare i beni del regno dei cieli, l’u-
miltà e la semplicità al primo posto, an-
che se la basilica non si presenta in ef-
fetti come i paesaggi poveri a cui ci ha
abituato la tradizione del presepio fran-
cescano. Questa è la conseguenza del
fatto che la grande Basilica è gestita dai
greci-ortodossi per cui si trovano molte
icone tra cui alcune bellissime come
quella della madonna del “finalmente”,
una madonna dal volto dolcissimo che è
la più venerata in Terra Santa. Molti
candelabri ed incensieri riempiono l’in-
terno della Basilica lasciando poco spa-
zio alla meditazione e alla spiritualità.
Aria che si respira invece nella visita
successiva a Beit Sahur al campo della
Grotta dei Pastori, il luogo dove gli an-
geli annunciarono la nascita di Cristo.
Ricollegandoci alla porta piccola dell’en-
trata alla Natività, i pastori , fra i più di-
sprezzati dal popolo giudaico, sono
scelti come primi testimoni della nascita
del Dio
bambino
(Lc.2,8-
20). Qui
vi sono
innume-
revoli
grotte na-
turali che
ispiraro-
no molti
cristiani a
scegliere
la vita
monastica per una adesione più radica-
le al vangelo. Particolare è la storia del-
la cappella di san Giuseppe e del San-
tuario della Nutrizione dove, come si
racconta nel protovangelo di Giacomo e
nei Vangeli Apocrifi, la Madonna si fer-
ma ad allattare il bambino sfuggendo
alla strage degli innocenti ordinata da
Erode. San Giuseppe sollecita la Vergi-
ne a fuggire in Egitto, per la fretta cado-
no delle gocce di latte a terra, e la roc-
cia ,da rosa divenne bianca. Ovviamen-
te la roccia da quel momento in poi as-
sunse proprietà curative e il potere di far
venire il latte alle madri che ne fossero
prive. Da allora le mamme cristiane e
musulmane vengono qui a pregare Ma-
ria madre di Dio. Si cammina ancora
per la visita ad Ain Karem luogo della
nascita di san Giovanni Battista con so-
sta al Santuario della Visitazione. Siamo
nelle vicinanze di Gerusalemme.
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A V E L E S P I E G A T E
Dopo una lunga gradinata percorsa reci-
tando il Rosario, si arriva in questa mera-
vigliosa località dal panorama ineguaglia-
bile che ricorda gli episodi evangelici nar-
rati da Lc 1,57-80,
la vita del sacer-
dote Zaccaria e di
sua moglie Elisa-
betta parente di
Maria. All’entrata
due statue raffigu-
rano le cugine in
Santa attesa. Dal
XVII secolo la
cappella è gestita
dai francescani. Gli ultimi due giorni, Mer-
coledì e Giovedì, sono dedicati alla visita
di Gerusalemme, la città tre volte Santa
perché ritenuta tale da Cristiani, Ebrei,
Musulmani. A ricordarcelo per quanto ri-
guarda gli ebrei è il richiamo continuo del
Muezzin , che dall’alto del minareto per
cinque volte al giorno richiama alla pre-
ghiera i musulmani e ricorda la fede in
Allah. Siamo nel cuore del viaggio perché
Gerusalemme racchiude gli episodi cru-
ciali del cristianesimo, le vie e i luoghi
santi dove si consumano gli avvenimenti
del Triduo pasquale. “Quanta gioia quan-
do mi dissero: andremo alla casa del Si-
gnore. Già sono fermi i nostri piedi alle
tue porte Gerusalemme” (Sal.121). Si ini-
zia con la visita del Monte Sion: il Cena-
colo, la Chiesa della Dormizione di Maria
e in fine la Chiesa del Gallicantu. Il Ce-
nacolo rappresenta il cuore della religio-
sità cristiana dove si attuano i misteri più
grandi : istituzione dell’Eucarestia, lavan-
da dei piedi, apparizione del Risorto, ef-
fusione dello Spirito Santo e conseguen-
te nascita della Chiesa. Seppur molto
suggestivo e scarno ( antica sala ristrut-
turata dai francescani in stile Gotico) non
è luogo di culto cristiano perché luogo di
venerazione ebraica è quindi proibita
ogni celebrazione. Quindi si ascolta la
guida, si riflette, si ricorda e si prega. Si
continua con la visita alla chiesa ortodos-
sa della Dormizione di Maria, poi nella
chiesa dell’Assunzione o della Vergine si
venera la tomba della Vergine assunta
subito in cielo anche con il suo corpo co-
me dice la nostra fede cattolica. Qui si
venera un antico sasso, forse quanto ri-
masto di questa tomba. Entriamo di se-
guito nella passione di Gesù con la visita
del Gallicantu che ricorda l’episodio rac-
contato da Lc22,23 “prima che il gallo
canti mi rinnegherai tre volte […] uscito
fuori pianse amaramente”. Qui si consu-
ma la sconfitta dell’uomo che prende co-
scienza della sua debolezza. Pietro tradi-
sce ma il suo pentimento fa la differenza
fra lui e Giuda in ordine alla Salvezza
eterna. In questo luogo una scalinata di
pietre di epoca romana collega il Cena-
colo alla Valle del Cedron e quindi al Ge-
tsemani
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A V E L E S P I E G A T E
In seguito facciamo visita alla casa di
Caifa, sommo sacerdote del Sinedrio. Il
pomeriggio di giorno 5 ci aspetta un’altra
esperienza di immersione nella tradizio-
ne religiosa ebraica con la
visita al Muro del Pianto.
Dal 1900 gli ebrei ci vanno
in pellegrinaggio per prega-
re e ricordare la distruzione
del tempio e la diaspora.
Oggi si prega per tante altre
ferite aperte generate da un
conflitto interminabile fra
arabi e israeliani . Il muro
occidentale è ritenuto il pun-
to più sacro della terra, il
luogo dove Dio è più vicino
ad ascoltare le preghiere
che vengono ripetute tre
volte al giorno. All’ingresso
della spianata del muro si trovano molti
testi sacri riposti ordinatamente in delle
vetrinette a disposizione dei fedeli. La
scena che si presenta adiacente al muro
è di pura concentrazione e preghiera,
molti seduti con i testi ebraici a leggere e
recitare i versetti della Bibbia ebraica,
molti appoggiati al muro a pregare e a
lasciare i bigliettini dati da altri o perso-
nali con le proprie richieste a Dio. Nel
marzo del 2000 Giovanni Paolo II prega
al muro del pianto come atto concreto
per una svolta del rapporto con gli ebrei
portando avanti lo spirito del movimento
ecumenico a cui è molto legato e ricer-
cando quel dialogo interreligioso procla-
mato dal Concilio Ecumenico Vaticano
II. Continuiamo il cammino verso Bethe-
sda dove si trova la Chiesa di sant’Anna,
un gran bell’esempio di chiesa crociata
di stile romanico dove , secondo il proto-
vangelo di Giacomo, abitarono Gioacchi-
no ed Anna e dove vi nacque la Vergine
di Nazareth. Visitiamo inoltre la piscina
probatica che ricorda la guarigione di un
uomo malato da trentott’anni raccontato
dall’evangelista Giovanni. L’acqua di
questa piscina ha per i giudei poteri tera-
peutici. L’ultimo giorno si rivive in pieno
la passione di Cristo con il monte degli
ulivi, il Getsemani, la Basilica dell’Ago-
nia, la cappella del Pater Noster e infine
la cappella del Dominus Flevit. Ai piedi
del monte degli ulivi si trova un giardino
privato chiamato Getsemani detto
“Grotta del Frantoio” e tutt’intorno ulivi e
qualche grotta, tra cui quella detta dallo
storico Eusebio di Cesarea “Grotta
dell’Adorazione”, venerata da discepoli
come grotta cara a Gesù. Un altro posto
degno di nota è il Chiostro del Padre No-
stro che si presenta con tantissime lastre
in ceramica su cui è incisa la preghiera
che Gesù insegnò ai suoi discepoli in
tantissime lingue tra cui anche il dialetto
calabrese.
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A V E L E S P I E G A T E
Una delle tappe previste è la visita al
Dominus Flevit, una chiesa bizantina de-
dicata alla profetessa Anna (Lc.2,36-38)
dalla cui vetrata centrale si può osserva-
re la città di Gerusalemme in tutto il suo
splendore, vista che anche all’epoca di
Gesù fece dire ai suoi apostoli : “ Mae-
stro, guarda che pietre e che costruzio-
ni!”. Gesù rispose:” Non sarà lasciata qui
pietra su pietra che non venga distrut-
ta” ( Mc. 13,1-2). All’uscita si percorre la
via con la splendida visuale della chiesa
russa di Santa Maria Maddalena che
spicca con le sue cipolle dorate sul ver-
de di tutto il monte degli ulivi, la mo-
schea di Omar e ai lati del viale i cimiteri
ebraici con tante tombe, anche le più
antiche ricoperte dai sassi, segno della
vita che si augura ai propri morti. Come
ultimo momento comunitario da rivivere
insieme si attraversa la Porta dei Leoni
( una delle sette di Gerusalemme). Si
prende visione del ponte dell’Ecce Ho-
mo e dopo aver visto un suggestivo vi-
deo sulla Via Dolorosa presso il conven-
to della flagellazione, si fa la Via Crucis
fra le strade della città vecchia e ogni
fedele porta per un pezzetto di strada la
croce a ricordare che la sequela di cristo
presuppone il peso della croce nella vita
quotidiana. L’apice del nostro peregrina-
re è la chiesa del Santo Sepolcro o
“dell’Anastasis” cioè della Resurrezione
dove si concentrano gli episodi salienti
della vita di Gesù : il Golgota, e la sua
morte redentrice, perché come commen-
ta sant’Agostino “Potuit gutta, venit un-
da” cioè “potendoci salvare con una
goccia di sangue, ha voluto farne venire
una valanga”. Con questa espressione il
Santo vuol far capire ai cristiani che la
Croce è lo spettacolo dell’eccedenza di
Dio che vuole strafare in amore e che
quindi rappresenta solo un incidente di
percorso nell’Economia salvifica di Dio.
L’impressione iniziale arrivando al Santo
Sepolcro è un po’ sconcertante. Il cuore
della nostra fede è costellato da mer-
canti, confusione, pellegrini che si com-
portano più da turisti. Tutto si presenta
antico, stantio, con divisioni di spazi e
tempi di culto tra i diversi inquilini di riti e
confessioni cristiane a ricordare la divi-
sione della veste di Cristo. Poi però ci si
ritrova a meditare il nostro essere cristia-
ni e a pregare sulle reliquie tangibili co-
me la Pietra dell’Unzione, di grande de-
vozione per gli ortodossi, la Cripta di
sant’Elena, la cisterna del Ritrovamento
della Santa Croce, la Colonna della fla-
gellazione e tutto rientra nei confini della
fede che supera ogni divisione e appa-
rente confusione data dall’innesto e dal-
la compresenza di culture, usi e tradizio-
ni diverse. Il giorno successivo si rientra
ricchi di nuove conoscenze e nuove
consapevolezze ma già nostalgici dopo
l’imbarco a Tel Aviv , ultima città di terre
lontane che speriamo di rivedere.
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A V E L E S P I E G A T E
A conclusione della su detta descrizione e
dopo aver fatto i dovuti ringraziamenti a
Don Raffaele che ci ha offerto quest’op-
portunità, all’eccellente guida Don Vincen-
zo Lopasso e a Don Giuseppe Ferrari, so-
no doverose alcune brevi riflessioni di ap-
profondimento finale opportunamente for-
nite dai Don stessi nel corso delle omelie.
All’inizio di ogni pellegrinaggio il fedele do-
vrebbe ricordarsi che la motivazione per
cui compie il viaggio è lodare Dio, ringra-
ziare, richiedere, pentirsi degli errori quoti-
diani, perdonare ed essere perdonato.
Questo perché a muovere i passi del pel-
legrino deve essere un forte desiderio di
Dio. Il pellegrinaggio è un modo concreto di
vivere la fede che richiede tempo, disponi-
bilità al cambiamento, sforzo fisico, corag-
gio e soprattutto conversione. Tutto questo
ai nostri giorni rischia di passare in secondo
piano rispetto al vortice dell’ideale consumi-
stico e narcisistico in cui veniamo imprigio-
nati. Il riferimento va alle mille foto degli
smartphone, (come ricordava Don Raffele
nella sua breve, efficace e diretta omelia
nella cappella del Santo Sepolcro) sempre
accesi a immortalare posti e luoghi che po-
trebbero imprimersi semplicemente nei no-
stri cuori. Le emozioni, le riflessioni e le
preghiere non si legano a innumerevoli foto
che rischiano soltanto di far perdere l’es-
senza del momento che va vissuto solo “hic
et nunc” cioè “ qui e ora”. Lo stesso vale
per la corsa ai souvenir
di cui alla fine resta solo
la testimonianza mate-
riale di una presenza
meramente fisica e non
adeguatamente spiritua-
le nei luoghi santi visita-
ti. Il pellegrinaggio in
Terra Santa è uno dei
più ambiti dai cristiani
perché è il luogo dov’è
vissuto Cristo ma è an-
che il più simbolico per-
ché camminare verso
questa città vuol dire andare in unione ver-
so la pace e la convivenza fra tanti uomini
che da strade diverse si incontrano sotto un
unico Dio. I pellegrini rappresentano la “
Famiglia celeste” verso cui tende ogni
“Famiglia terrena” nella speranza di incon-
trare pace, gioia e serenità .Questo sembra
impossibile agli uomini ,soprattutto alla luce
dell’ultimo attentato proprio nella città vec-
chia dove hanno perso la vita due giovani
militari, per cui dobbiamo essere fermi e
convinti quantomeno nella preghiera comu-
nitaria come uomini di buona volontà che
hanno sempre fiducia nella Provvidenza Di-
vina. Nel pellegrinaggio si vive forte anche
l’esperienza di Chiesa come popolo di Dio
in cammino, allora, rileggere il viaggio alla
luce del Vangelo e nella fede del Gesù di
cui abbiamo cercato i segni, significa porta-
re frutto nelle nostre vite, partendo dalla
conversione quotidiana dei nostri cuori at-
traverso rinnovati pensieri, parole e opere,
per evitare che il pellegrinaggio diventi co-
pia conforme dei viaggi turistici che come
fine hanno solo il mero divertimento. Buon
prossimo pellegrinaggio a tutti voi!!
Caterina Posella
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Il canto nella sacra Liturgia
A V E L E S P I E G A T E
Salve a tutti, mi
chiamo Francesca
Cilurzo e sono una
cantante lirica. Fre-
quento la Parroc-
chia di Santa Maria
della Roccella da
meno di due anni.
Eppure quando Dio
ti chiama basta an-
che solo un attimo
e tutto cambia. Ho
sempre pensato che la musi-
ca avesse un legame con
Lui, con l’Eterno, con qualco-
sa al di sopra di noi che io
non potevo comprende, po-
tevo solo sentirlo e che la
musica fosse sacra tutta agli
occhi del Signore perché è il
linguaggio che ogni animo
riesce a percepire e con qua-
le riesce a comunicare.
Nell’ambito della mia forma-
zione come cristiana ho avu-
to la possibilità di sentire Ge-
sù operare nella mia vita in
molti modi e uno di questi è
stato aver ascoltato Don Vin-
cenzo Agosto nei due incon-
tri nei quali si è parlato del
canto applicato alla liturgia.
Si sono tenuti uno la sera
dell’11 giugno presso la Par-
rocchia di S. Maria di Porto
Salvo e il secondo, il 12 giu-
gno, presso la nostra parroc-
chia. Nel primo incontro, do-
po aver introdotto il concetto
di liturgia come l’insieme dei
riti, preghiere e canti atti a
lodare il Signore, il presbitero
ha illustrato l’importanza del
Canto nel rito. Il primo con-
cetto delineatosi è che fin
dalla notte dei tempi il canto
ha sempre affiancato i riti re-
ligiosi di ogni parte del mon-
do e di ogni epoca. Come di-
ce S. Agostino “Chi canta,
prega due volte! E, dunque,
esso ha sempre avuto la fun-
zione di intensificare ed ele-
vare al cielo la preghiera fa-
cendosi, come giovinetta in-
tuivo, veicolo con il Paradiso.
Altro importante fattore è che
il canto ha una forte compo-
nente emotiva e sociale per
cui ha anche la funzione di
unire i cantori, il celebrante e
l’assemblea in un’unica gran-
de famiglia che prega il Suo
Dio. Da queste due caratteri-
stiche derivano dunque le
prerogative che i brani che
affiancano il rito debbono
avere. Innanzitutto balza da-
vanti ai miei occhi la sempli-
cità. Si, essa è la chiave prin-
cipale di lettura della musica
stessa.
P A G I N A 1 7
Canti semplici nella melodia e nell’ar-
monia possono emozionare tanto
quanto le elaborate partiture che è mio
lavoro leggere ogni giorno. Ed è stupe-
facente come la stessa semplicità e
umiltà trovi ogni tipo di musica e nell’at-
teggiamento verso essa la
sua prima caratteristica. Il
primo luogo di Dio è infatti
il cuore di una persona
umile e semplice ed Egli
ascolterà per primo il Suo
Canto che quello di ogni
altro. Poi, altra cosa molto
importante è che un canto
con queste caratteristiche
e con melodie facili e
orecchiabili è più coinvol-
gente perché permette a più persone di
cantare. Altro punto toccato nei due in-
contri è stato l’aderenza dei brani al rito
e al testo. Perché è importante ciò?
Perché se è vero, come è vero che il
canto rafforza la preghiera e che i testi
di riferimento sono parola di Dio, allora
tutto quanto vivremo in quel momento
avrà una forza diversa, un significato
diverso perché saremo lì con anima,
cuore, parole, con tutto il nostro esse-
re. Tutta la musica è sacra agli occhi di
Dio dicevo, ma ogni parte di essa ha il
suo luogo come le emozioni e i com-
portamenti umani. E nella mia espe-
rienza da musicista ho potuto notare
con quanta boria e infine ignoranza e
miseria umana ci si accosti ad essa.
Un altro punto toccato è stato quello
dell’aderenza della musica al testo e
non viceversa poiché la melodia deve
avvalorare il significato di esso portan-
dolo alle estreme conseguenze. Ed an-
cora, ultimo punto, ma non ultimo nel
mio cuore è il “cantare bene” che non è
inteso come cantare con cognizione
dello strumento voce, anche se la sua
conoscenza certo permette migliori ri-
sultati, dal punto di vista della gradevo-
lezza e molto altro, ma come cantare
con il giusto stato d’animo, l’aderenza
alle dinamiche, allo stile, e in fondo
sentire un coro che ha anche qualche
rudimento canoro non è poi così male.
Auspichiamo dunque che la chiesa og-
gi si rinnovi accostandosi a questi det-
tami e soprattutto al suo popolo per at-
tirarlo di nuovo verso Dio, con allegria
e sacralità al tempo stesso, perché tut-
ti, adulti e bambini sappiano cantare la
Sua gloria proveniente da un passato
perso nei secoli, viva e presente oggi e
con noi verso il futuro.
Francesca Cilurzo
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“Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia fronte si innalza grazia al mio Dio”
(preghiera di Anna ).
Anche quest’anno si è svolto il Grest, attività che la parrocchia di Santa Maria
della Roccella ha organizzato per i bambini della nostra comunità e non solo.
Si è appena conclusa la seconda edizione, voluta dal nostro parroco Don Raf-
faele Zaffino, supportato e sostenuto dai catechisti, dagli animatori dell’ orato-
rio e da tanti giovani. Tutti insieme per accudire i piccoli partecipanti ed essere
per loro esempi di vita e correttezza nei vari momenti ludici-educativi. L’evento
si è svolto dl 10
luglio al 13 luglio,
nei locali parroc-
chiali, dove sono
stati accolti un
gruppo di bambini
tra gli otto e gli un-
dici anni. In que-
sti quattro giorni,
dopo un primo
momento in chie-
sa con l’accoglien-
za, canti e la rap-
presentazione della storia di Samuele, i bambini sono stati protagonisti di gio-
chi e tornei, divisi in squadra. Tutti loro hanno partecipato seguendo le regole
della civile e fraterna convivenza, sostenendosi e aiutandosi nel reciproco ri-
spetto, senza competizione ma con la sola gioia di stare insieme, divertirsi in-
sieme e vivere lo spirito di Gesù in ogni suo aspetto. Nella giornata conclusiva
tutte le squadre sono state premiate in base ai punti fatti nei giochi svolti. Ma
lo spirito della premiazione non è stato quello dell’essere arrivato primo, bensì
la felicità di essere tutti vincitori in egual misura, ma grande è stato il dispiace-
re perchè tutto era finito. Il Grest è un po’ una missione poiché educatori ed
animatori e giovani costituiscono un segno rigeneratore di entusiasmo, di idee
e soprattutto di spiritualità, nel viaggio che è la vita con la sola pretesa di cam-
minare insieme nella condivisione e nella fratellanza.
“ Dio non apprezza solo ciò che vede l‘uomo:
l’uomo vede l’ apparenze, ma il Signore vede nel cuore” (16,7)
Lisa de Vito
Continua dalla p.1
Ma ciò può avvenire solo se ad attenderla c’è un cuore accogliente, ricettivo, altri-menti essa è un seme infruttuoso. C’è tut-tavia la certezza che vi è sempre una terra buona per portare cento frutti. È con gli oc-chi di Dio, il seminatore infaticabile del cuore dell’uomo, che bisogna leggere ogni genere di storia sfortunata. E biso-gna leggerla con lui fino in fondo, fino a trovare quel “ma” o quel “nonostante tutto” che ci facciano dire quale meraviglioso dono sia la vita e quale meravigliosa con-segna ci abbia fatto Dio padre perché me-ritassimo il suo amore: fare della terra brulla un giardino fiorito. Certo, l’impresa non è facile. Ma le storie di Dio hanno un lieto fine, anche se all’inizio nulla sembra presagirlo. Dio è come la primavera del cosmo. Noi dovremmo essere l’estate del mondo, che porta a maturazione i germi divini. Il nostro cuore è una zolla di terra, di terra pronta a dare la vita ai tuoi semi, Si-gnore (G. Vannucci). Essere terra aperta, capace di accogliere, felice di nuovi semi; essere come “la buona terra” di Pearl S. Besck, capace di moltiplicare la vita: ecco la nostra vocazione. Tuttavia dobbiamo fare i conti anche con la possibilità che questo ciclo prodigioso di semina e fioritu-ra si possa interrompere, perché a fronte del “ma” di Dio, ci sono i nostri “ma”. E il miracolo della vita si ferma, a volte non per malizia ma solo per superficialità, per “sbrigarci”. Infatti può succedere che cor-riamo troppo in fretta e non permettiamo alla Parola di Dio di attecchire in noi. Op-pure ci lasciamo prendere dalla superficia-lità ed è noto che un cuore poco profondo non conserva, non custodisce, non nutre. O ancora, ci lasciamo prendere dalle ansie quotidiane e con fatica resistiamo allo sconforto, alla solitudine, alle varie insicu-rezze, e così capita che la fiducia riposta nella buona semente venga soffocata e subentri la convinzione che non vi possa essere in noi spazio sufficiente per far ger-mogliare il seme di Dio. Perciò, pur aven-do sperimentato tante volte la sensazione della sconfitta (abbiamo programmato, progettato, realizzato, spendendo tempo, risorse, fisiche e mentali) non abbiamo vi-
sto frutto alcuno. Non dobbiamo arrenderci agli insuccessi della semina, perché la for-za non sta nella nostra capacità di semina-re, ma nella bontà del seme e se lo spar-giamo con passione e fiducioso abbando-no, esso non può non fiorire. Infatti, nella
vita di fede, nonostante tutto, c’è Dio. È lui che fa crescere ciò che egli stesso semi-na, chiedendoci solo di coltivare e sorve-gliare. È lui che manda la sua Parola dal cielo e – come avviene per la pioggia e la neve che cadono sulla terra – non le fa ri-tornare a sé “senza effetto”. Questo non significa che dobbiamo andare in vacanza dalle nostre responsabilità di cristiani (le chiese sono vuote mentre le spiagge sono affollate), non dobbiamo smettere di vivere la Parola anche in riva al mare, in mezzo al frastuono delle serate estive, tra la gen-te distratta che ristora il corpo dalle fatiche lavorative ma dimentica di ristorare l’anima dalle inquietudini di sempre. Noi, anche in questo tempo di sosta dal lavoro, dalle abi-tuali attività giornaliere, dal tran tran della vita quotidiana siamo chiamati a essere contadini della Parola. Dio semina ovun-que e in ogni tempo, non si concede va-canze ma continua a interpellarci anche in questi giorni di riposo, infaticabile ci fa giungere la sua voce. E non importa se lo fa sotto la frescura di una verdeggiante pi-neta o tra le pareti di una chiesa calda e affollata di turisti che tornano dalla spiag-gia: l’importante è che non si lasci inter-rompere a Dio per due mesi, o per quindici giorni, il miracolo della semina, della fiori-tura e del raccolto.