a. b. & c. giulio paolini

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Giulio Paolini racconta Alighiero Boetti

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Page 1: A. B. & C. Giulio Paolini
Page 2: A. B. & C. Giulio Paolini

lntervista aGiulio Paolini

di

Ludovico Pratesi

per

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ALIGHIEROE BOETTIDAY

Maggio 2011

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Quando ha conosciuto Alighiero Boetti ein che occasione?ll primo incontro con Alighiero awennenel corso dell'inaugurazione della suaprima mostra personale alla GalleriaChristian Stein diTorino nel 1967.

Com'era il clima culturale diTorino nellaseconda metà degli anni Sessanta?A quell'epoca, come sappiamo, eraproprio a Torino che - per ragionicomplesse e in certo senso misteriose -accadevano gli episodi che si rivelerannotra ipiù significativi dell'arte italiana...Forse proprio per la sua non conclamatagloria aftistica e culturale - a confrontodi città italiane più ricche di storia - Torinoha saputo cogliere la sfida diun'evoluzione in senso internazionale cheha poftato contatti nuovi e inaspettati,anche per merito di alcuni protagonisticome Luciano Pistoi, Gian Enzo Sperone,Christian Stein...e poi seppure a cefta distanza Giulio Einaudi,Italo Calvino, Carla Lonzi, Corrado Levi,Saverio Vertone...

Qual è la pima opera di Boetti che ha visto?Come ho detto, non un'opera ma I'interasua prima mostra, che in cefto sensopoteva considerarsi una sola operaorganica: una softa di dichiarazioned'intenti dalla precisa coerenza tematica.

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Anche la sua mostra immediatamentesuccessiva alla Galleria De Niebourg aMilano - dove nello stesso periodo avreipoi esposto anch'io - era costituita daun'unica area dove le varie opere quasi sicontendevano lo spazio al suolo. Delresto anche I'invenzione del One HotelaKabul (l'albergo dotato di una sola stanza)rientra in questa ottica di riduzione all'uno.

Come s'inserivano le vostre figureall' interno dell' Arte Povera?Tra me e Alighiero si stabilì subito unasorta di sodalizio se non proprio awersoall'Arte Povera, di spiccata propensione auna sorta diconcettualità... Quel checi univa era soprattutto la vocazione aintendere I'arte come terreno di rischio, digioco serio ma non serioso, elegante manon compiacente...

Eravate soltanto colleghi o anche amici?Eravamo soprattutto amici.

Com'erano ivostri rapporti con i galleristi?Owiamente molto acerbi ma non dimeno molto selettivi: "selezionavamo"con cura le gallerie con le quali avremmovoluto collaborare.

LP Su quali basi era fondato il vostrorapporto con i critici d'arte e in particolarecon Germano Celant?

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Anche in questo caso sitrattava più chealtro di un rapporlo fondato sull'amicizia,vale a dire che un'attenzione critica eracosì preziosa e inaspettata da esserpresa per "oro colato"... Soltanto inseguito si sarebbero profilatiatteggiamenti e punti di vista non semprepedettamente concordi.Proprio allora la figura del criticocominciava ad abbandonare il ruolo di"recensore", di giudice temuto e riverito,per cedere il passo a quello di amico,confidente, "profugo" di una funzione altramonto e in cerca di nuova ospitalità.

Che vita facevano gli artisti inquell'epoca? Quali erano le occasionid'incontro e di dibattito culturale?Un certo spirito di "casta", di strettaappartenenza e di aderenza a certiprincipi spesso fin troppo radicali edesclusivi... Forse proprio per questo nondisdegnavamo passatempi correnti, opersino banali: una serata al circo, alPiper Club di via XX Settembre, al cinemae simili...

Alighiero e Boetti: due facce dellasfessa medaglia?Cefiamente... Anche questo è un aspettosignificativo della fuga dal"soggettivismo", della fuga dall'ideadi personalità e della sua espressione

che serpeggiava tra gli artisti in queglianni. E una certa insistenza sull'idea deldoppio e dello sdoppiamento non mitrovava in effetti estraneo...Si trattava -così almeno credo- diaccogliere, dar forma e luogo all'operasenza però impersonare il ruolo di"autore" come figura "autorevole", cioèdotata di personalità e quindi ostaggio diun proprio stile.

Genio e sregolatezza: due terminiappropriati per definire la personalità diBoetti? Alighiero Boetti: sciaman o showman?Genio e sregolatezza: due terminiappropriati e difficilmente scindibiliquando si parla di definire la "personalità"di un aftista. Interiore ed esteriore,implicito ed esplicito, pubblico e privato,profondo e leggero... ma sempre coerente.

Qual è stata l'influenza di Boetti sull'arte dopola sua scomparsa?In tutta onestà, anche se è un'onestà che micosta un po'cara, devo ammettere cheI'influenza del suo lavoro sui giovani artistidi oggi è ben superiore alla mia... La suaschietta immediatezza,la misura di un giocoappariscente piuttosto che latente, il gustoper un'etimologia delle cose più che dellastoria gli attribuiscono ora quel giusto meritoche occorre certamente riconoscergli.

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A. B.&C.Giulio Paolini

Ancora oggi mi sorprendo, e mi commuovo, allavista di quella famosa opera-manifesto doveAlighiero Boetti allineava, uno dopo I'altro, i

nomi degli artisti che all'epoca si disputavano laclassifica o almeno I'appartenenza alla schieradei protagonisti di quella stagione artistica. Queimagnifici sedici nomi, già in certo modo illustriper esser entrati a far pafte di quell'elenco, eranoassociati a otto diversi "simboli" il cui valore osignificato (positivo o negativo?) era peraltro notosoltanto a lui, ad Alighiero, arbitro assoluto e

incontestabile di quella contesa misteriosa.Come eravamo? E quanti siamo ora qui aricordare quei giorni e a rincorrerne altri ancora,anche se a passo più lento e un po' affaticato?Fabro, Boetti, Pascali, Mondino, Merz, Schifanosono assenti ingiustificati e forse anch'io, datempo osservante e praticante (militante, vorreidire) dell'assenza da appelli e riunioni.Quel manifesto, elenco muto e imparziale diuna visione privata, soggettiva e inespressa,annunciava però paradossalmente una scelta dicampo esplicita e rigorosa: la considerazione chese di arte si parla di artisti si tratta, e non di altro,cioè di quasitutto il resto... Tutto o quasi, appunto,è "altra cosa" e sfugge allo sguardo dell'artista.

Non ho mai ritenuto che esser stato collocato alprimo posto in alto nella lista valesse di per sécome un suo riconoscimento, ma certo non credovolesse significare il contrario... D'altronde sonosoltanto due i simboli, le medaglie poste accantoal mio nome. Ma non è questo, non è certo ladecifrazione di quell'ermetica crittografia il sensodella "foto-ricordo" che si rivela ancora una voltaai miei occhi: è da certitratti comuni che, dalprimo nostro incontro in occasione della sua primamostra personale alla Galleria Christian Stein aTorino nel 1967, entrambitoccammo con manooualcosa che ci era assolutamente necessario evitale, una reciproca e condivisa corrispondenza.Da quel momento, in fasi alterne, continuammoa percorrere itinerari simili o paralleli: la figura deldoppio e della duplicazione, dell'enumerazione,dell'infinito... così come dell'elencazione, delgioco combinatorio, della trasparenza, dellariduzione all'uno...Grazie ad Alighiero, alle sue opere, mi resi conto diuna mia eccessiva attitudine all'estenuazione chedava a volte al mio lavoro un tratto di "saputezza"storica, citazionismo enciclopedico o cerebralitàun po' stucchevole... D'altra parte quella suainnocente elementarità, certe associazioniimmediate e analogiche talvolta quasi ovvie eranoil prezzo da pagare nella nostra comune, difficile,impervia rincorsa della semplicità: una semplicitàintesa come fragile ma sublime traguardo dellacomplessità che occorre sempre attraversare percogliere il bersaglio dell'opera da realizzare.Furono queste le componenti che arricchirono il

nostro linguaggio: dico di proposito "arricchirono"con esplicito riferimento ai materiali abituali dei-nostri colleghi artisti "poveristi" di quegli anni.

Potremmo continuare ancora a ragionare finoa scorgere la linea dell'orizzonte all'infinito e

individuare il punto d'arrivo... O imboccarela direzione contraria, procedere a rovescio,partendo da un punto terminale inesplorato, mairaggiunto, e conoscere uno a uno i passi compiutidal punto di partenza originario, sconosciuto tantoquanto quello d'arrivo.Ma ora, caro Alighiero, ti vedo già pronto acontraddirmi, a rispondermi: "E se cifermassimoun istante e scambiassimo quell'istante perl'eternità?"

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