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F A RE le idee e le proposte degli industriali bolognesi numero 1 luglio 07 Autorizzazione del Tribunale di Bologna n.6858 del 26.11.1998 - Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna Unindustria Bologna il progetto le opinioni

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FAREle idee e le proposte degli industriali bolognesinumero 1 luglio 07

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Unindustria Bolognail progetto

le opinioni

RIVISTA TRIMESTRALE DI UNINDUSTRIA BOLOGNA

Direttore responsabile

Carlo Rossini

Editore

SEAS Servizi Associativi S.r.l.via Serlio 26 - 40128 Bolognatel. 0516317111 - fax 051356118

Direzione e Redazione

Unindustria Bolognavia Serlio 26 - 40128 Bolognatel. 0516317111 - fax 051356118

Stampa

Renografica S.r.l.via Seragnoli 13 - 40138 Bolognatel. 0516026111 - fax 0516026150

Pubblicità

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Foto

Studio FN, archivio Unindustria Bologna,archivio Hammer Communication

Gli articoli presentati possono non rispecchiare le posizioni di Unindustria Bologna che comunque li ritiene un contributo sul piano dell’informazione e dell’opinione

FARE

03 FOCUSCesare Bernini

04 VITA INDUSTRIALECarlo Rossini - Cristina Galli

10 ARTICOLO DI COPERTINAPartner delle ImpreseIntervista a Gaetano Maccaferri

16 Fare e avere di piùIntervista a Giordano Baietti

21 Ci guidano le ragioni delle impreseIntervista a Cesare Bernini

24 E nelle costruzioni nasce AnceBolognaCarlo Rossini

26 Benvenuta Unindustria: il saluto della cittàLuca Lamberti

31 IL RICORDOGuglielmo Maccaferri, un protagonista

32 FORUM - LA SOLITUDINE DELLE PICCOLE IMPRESE

34 Il manifesto delle piccole impreseFerruccio De Bortoli

36 I nani intelligenti e operosi hanno bisogno di Big PlayerGiuseppe De Rita

38 Capitalismo di popolo in cerca di identitàAldo Bonomi

40 La filiera non corre senza Sistema-PaeseEnzo Rullani

42 GIOVANI IMPRENDITORIDal team sportivo al team managerialeCristina Galli

44 ORIENTAMENTOQuando con un clic lo studente entra in aziendaBarbara Bertuzzi

46 IMPEGNO SOCIALEUn male oscuro? Ci vuole un’ideaDeborah Dirani

48 IMPRESE IN PRIMO PIANOSan Matteo della Decima polo italiano della nauticaDomenico Lusi

52 L’orgoglio di stare sulla strada da sempreElisa Di Lupo

54 OPINIONIIdee fuori campoDan Saffer

numero 1 luglio 07

Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 6858 del 26.11.1998 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Bologna

FARE 3

Fare è una parola che le imprese, egli imprenditori, conoscono bene. La“cultura del fare” è uno dei pilastrisu cui poggiano tutte le aziende chesi confrontano quotidianamente conil mercato e che sanno, appunto, diessere giorno dopo giorno misurate,valutate, selezionate sulla base dellaqualità dei loro prodotti e dei loroservizi, sulla puntualità, sul costo, sul-l’affidabilità. Sulla base, cioè, di ciòche fanno e non di parole.E’ praticando questa “cultura del fa-re” che le nostre imprese hanno sa-puto creare e diffondere sul territo-rio benessere e sviluppo paragonabi-li solo agli standard europei più ele-vati. Una cultura che è fatta di con-cretezza e di impegno di tante per-sone: gli imprenditori e tutti i lorocollaboratori.Ed è ancora seguendo, istintivamentema razionalmente, una “cultura delfare” che le nostre imprese hanno

scelto di darsi una nuova Associazio-ne. Un’Associazione che riunisse l’e-sperienza, la competenza e l’autore-volezza di due grandi organizzazioniche per sessant’anni erano state al lo-ro fianco. Che operasse tutte le pos-sibili sinergie e collegamenti con unsistema nazionale forte ed autorevo-le. E che dunque diventasse unostrumento ancor più attuale per fa-vorire in ogni maniera la competiti-vità di tutta l’industria della nostraprovincia.Unindustria Bologna è cosa impor-tante perché è l’economia di questoterritorio che è importante. E’ au-torevole perché le imprese e gli im-prenditori di questo territorio sonodi prim’ordine. E’ efficace perché lacompetitività di tutto il sistema pro-duttivo di questa provincia, e diognuna delle imprese che ne fannoparte, ha costantemente necessità diun partner forte sul piano dei servi-

zi e della rappresentatività.“Fare”, il nostro nuovo magazineche raccoglie il know how delle ini-ziative editoriali delle associazioni dacui Unindustria Bologna è nata, par-lerà proprio di questo: di aziende, maanche dei problemi da superare per-ché continuino ad operare. Di svi-luppo del territorio e dei suoi nodi.Di strategie per la competitività diun’intera regione. Di imprese, di im-prenditori, di economia e del conte-sto in cui essa vuole crescere.E ne parleremo perché è fondamen-tale che l’industria si faccia ascoltarein tutte le sedi, con la consapevolez-za che lo sviluppo di tutta la provin-cia ha bisogno della nostra operati-vità. In altre parole, ancora una volta,del nostro fare.

il nostro fare

significa sviluppo

FOCUS

pubblicità

Cesare BerniniDirettore Generale

di Unindustria Bologna

FARE 54 FARE

RIZZOLI ORTOPEDIA

Rizzoli Ortopedia archivia il bilan-cio 2006 con un fatturato di 27,1milioni di Euro, confermando untrend in crescita: nel 2004 il girod’affari era di circa 18 milioni.Sempre nel 2006, la società di Bu-drio, specializzata nella produzionedi protesi ortopediche, ha ottenutola certificazione Iso-9001.“Le capacità e la dinamicità dimo-strate dall’azienda e dai suoi uominiin questi difficili anni e il r inatoCentro Ricerche – commenta Ga-briele Brusa, presidente e ammini-stratore delegato di Rizzoli Ortope-dia e vicepresidente di Assortopedia– rappresentano la conferma cheRizzoli può aspirare a obiettivi supe-riori e divenire un polo importantedi aggregazione nazionale capace dicompetere anche in Europa. I limitie le minacce più grandi che vedo al-lo sviluppo è la crisi in cui versa ilServizio Sanitario Nazionale, il casounico nell’Europa occidentale delblocco di otto anni – a parte un au-mento del 9% di alcune Regioni –delle Tariffe del Nomenclatore e i ri-tardi biblici nei pagamenti, oltre auna crescente invadenza, anche inambito privato – e per i più svariatimotivi – dell’Inail”.

ISABELLA SERAGNOLI

Isabella Seragnoli è uno dei 25 nuoviCavalieri del lavoro nominati dalPresidente della Repubblica GiorgioNapolitano in coincidenza con la fe-sta della Repubblica il 2 giugnoscorso.Bolognese, Isabella Seragnoli è presi-dente e proprietaria del Gruppo in-dustriale GD-Coesia, fondato dal pa-

dre Enzo Seragnoli, che oggi siconfigura come una multinazionale

leader del settore macchine automa-tiche per il confezionamento di pro-dotti alimentari, sigarette, chimici,farmaceutici e cosmetici, con oltre3200 dipendenti in sei Paesi e unfatturato di poco meno di 700 mi-lioni di euro.

DUCATI MOTOR

Missione all’estero per il nuovo am-ministratore delegato di Ducati Mo-tor, Gabriele del Torchio, che ha fat-to parte della delegazione di impreseitaliane in missione in Giappone il12 giugno scorso insieme al ministrodell’economia Tommaso PadoaSchioppa. La casa delle “rosse” diBorgo Panigale ha partecipato al fo-rum organizzato dal Ministero degliEster i, dall’Ambasciata italiana aTokio e dalla delegazione della Ban-ca d’Italia. L’evento, intitolato “Italy-

Japan Investment Day” ha avuto loscopo di promuovere il made in Italye le opportunità di investimento inItalia per il mercato giapponeseDucati è stata una delle cinqueaziende italiane a partecipare ad unincontro con il ministro delle finan-ze giapponese, Koji Omi ed una se-lezionata platea di investitori locali.

ALFA WASSERMANN

Alfa Wassermann, leader nel settorefarmaceutico con un fatturato da232 milioni (+8%) prosegue la suaazione di penetrazione nell’Est Eu-ropa, un mercato del valore di 3,5miliardi di Euro. Il gruppo ha appe-na aperto una consociata a Bucarest,l’Alfa Wassermann Romania, costi-tuendo una filiale commerciale inun’area prima presidiata tramite undistributore locale.“Il nostro Gruppo – spiega l’ammi-nistratore delegato Stefano Golinelli– è sempre attento a cogliere le op-portunità per espandersi nella vec-chia e nella nuova Europa. E conquesta iniziativa, giunta dopo quellaanaloga recentemente effettuata inPolonia, allarghiamo la nostra pre-senza in quei paesi la cui economia,a seguito dell’allargamento dell’Ue, èdestinata a crescere rapidamente”.

MONTI ASCENSORI

Prosegue la fase espansiva del Grup-po Monti Ascensor i (quotato inBorsa su Expandi) con una opera-zione strategica: la fusione per incor-porazione della Csa Internationalsrl, con conseguente acquisizione di-retta di contratti di manutenzioneper circa 4.500 impianti che, som-mati a quelli già in portafoglio, di-

ventano complessivamente circa12.600.“In questo modo – spiega l’adPatrizio Colombarini – potremo ul-teriormente consolidare la nostra po-sizione nel settore, in particolare inquello dei clienti privati. Inoltre conquesta operazione abbiamo raggiuntocon un anno di anticipo l’obiettivostrategico che ci eravamo prefissati”.

I PREMI CCIAAAGLI IMPRENDITORI BOLOGNESI

Una folta rappresentanza di impren-ditori bolognesi è stata premiata dal-la Camera di Commercio di Bolo-gna per avere dato prestigio inventi-vo ed economico a Bologna.Il Premio Ambasciatore dell’Econo-mia nel mondo è stato conferito a:Clementino Bonfiglioli (BonfiglioliRiduttori), Alberto Masotti (GruppoLa Perla), Alberto Vacchi (Ima), Mas-simo Zanetti (Segafredo Zanetti).Il Premio Console dell’Economia èandato a: Gian Pietro Beghelli (Be-ghelli), Stefano Borghi (Site), PaoloGenco (Camst), Massimo Marchesini(Marchesini Group), Ennio Pizzoli(Pizzoli), Fabio Rangoni (MortaraRangoni Europe), Lorenzo Sassolide Bianchi (Valsoia), Maria CarlaSchiavina (Schiavina).La cerimonia di premiazione si èsvolta il 18 giugno al palazzo degli af-fari alla presenza di Gian Carlo San-galli, presidente della Cciaa, del pre-fetto Vincenzo Grimaldi e del rettoredell’Università, Pier Ugo Calzolari.

LORENZO SASSOLI DE BIANCHI

L’imprenditore bolognese LorenzoSassoli de Bianchi, è il nuovo presi-

dente di UPA, Utenti Pubblicità Asso-ciati, l’associazione che rappresenta leaziende a vario titolo collegate al mon-do della pubblicità. Succede a GiulioMalgara, che ha lasciato dopo 23 annila guida dell’associazione, di cui è stato

nominato presidente onorario.Nato a Parigi, Lorenzo Sassoli deBianchi è azionista di riferimento eamministratore delegato di Valsoiaspa, l’azienda da lui fondata dopouna lunga esperienza alla guida del-l’azienda di famiglia, Buton.Valsoia,società leader nel mercato dei pro-dotti alimentar i a base di soia, èquotata in Borsa sul mercato Ex-pandi. Sassoli de Bianchi è neurolo-go e storico dell’arte. E’ presidentedel Museo d’Arte Moderna di Bo-logna – MamBo ed è membro delconsiglio direttivo di UnindustriaBologna.

BOLOGNA ISOKINETIC

Roberto Baggio ed Eros Ramazzot-ti, Alberto Tomba e Luca Toni, e conloro centinaia di altri nomi dellosport e dello spettacolo: quanti nesono passati attraverso il centro ditraumatologia e riabilitazione sporti-va di Bologna Isokinetic. L’idea ge-niale e vincente che un giovane fi-siatra, Stefano Della Villa, mise in

VITAindustrialeCarlo RossiniCristina Galli

Isabella Seragnoli

Lorenzo Sassoli de Bianchi

FARE 76 FARE

pratica a Bologna nel 1987 ha fe-steggiato vent’anni di successi,vent’anni nei quali è divenuta unodei punti di riferimento nazionali ed

internazionali della terapia sportivacon diecimila pazienti all’anno, due-centomila prestazioni sanitarie, circacento fra medici e rieducatori, unCentro studi Isokinetic dedicato allaricerca e ai nuovi percorsi di riabili-

tazione e i tanti centri di Milano,Cortina d’Ampezzo, Verona, Torino,Roma che si sono via via affiancati aquello di Castedebole.La festa dei vent’anni di BolognaIsokinetic si è tenuta alla fine di giu-gno, r iunendo intorno ai fratelliDella Villa (insieme a Stefano ancheMarco, ad del gruppo, e Giacomo)tanti nomi della medicina, dell’im-

prenditoria, delle istituzioni bolo-gnesi e naturalmente dello sport.Una festa che ha avuto il suo clou inuna grande partita di calcio, Bologna

1987/88 contro un inedito Restodel Mondo: da una parte e dall’altranomi che hanno fatto la storia delcalcio ma anche del centro di Ca-steldebole, dal “divino” Baggio aBeppe Signori, da Pierluigi Casiraghiad Eraldo Pecci e tanti altri.

DATALOGIC

Datalogic Automation, attraverso laconsociata Laservall, ha acquisito unacommessa di oltre tre milioni di eu-ro per la fornitura di sistemi per lamarcatura laser al Governo Spagnoloper la realizzazione delle nuove carted’identità elettroniche. Il progetto,commissionato dai Ministeri dell’in-terno e dell’industr ia, tur ismo ecommercio iberici, è mirato alla rea-lizzazione di documenti d’identitàanticontraffazione. Queste “card”consentiranno agli spagnoli l’accessosicuro a un’ampia gamma di servizi etransazioni con agenzie governativeed istituzioni finanziarie, acquisti suInternet inclusi.La commessa acquisita è relativa adun primo lotto di 118 sistemi, perun valore complessivo appunto di

oltre tre milioni di euro, che saràinstallato entro settembre.

BIOIKOS FARMA

Bioikos Farma, che dal 1993 svolgeattività di supporto alle industrie far-maceutiche nel campo della ricercaclinica e dello sviluppo dei farmaci,diventando nel corso degli annipunto di riferimento di importanticompagnie farmaceutiche italiane edestere, ha recentemente acquisitouna partecipazione pari al 20% inNovexem, una Contract research or-ganization multinazionale. Obiettivo:poter offrire ai propri clienti la ge-stione di studi internazionali in altripaesi europei ed extraeuropei.La presenza di alcuni importantipartners indiani, spagnoli, olandesi ebelgi nell’azionariato di Novexemrende inoltre operativa Bioikos Far-ma anche in paesi emergenti rispettoalla ricerca clinica, quali la stessa In-dia, l’Est europeo, il Sud Est asiaticoe l’America Latina.All’inizio del 2007, inoltre, da BioikosFarma è nata Bioikos Forum, nuovaazienda che opura nell’ambito dellaHealth communication.

MINERVA SOLUZIONI EDITORIALIE ZECCHI ROBERTO

Come già altri quartieri bolognesi,anche il Quartiere Saragozza haconferito quest’anno un riconosci-mento ad imprese particolarmentesignificative nei diversi campi dell’at-tività economica.Per il settore industriale il riconosci-mento è stato attribuito a due impre-se: Zecchi Roberto srl, un’azienda“storica”, fondata a San Giovanni in

Persicelo nel 1886 e trasferitasi a Bo-logna negli anni ’20, con oltre centoanni di esperienza nella verniciatura

in opera a ferro e oggi attiva princi-palmente nella verniciatura industria-le di costruzioni metalliche (sua è, tral’altro, la verniciatura dello StadioDall’Ara). E Minerva Soluzioni Edi-toriali, specializzata nella pubblicazio-ne di volumi di storia dell’arte e difotografia, che recentemente è salitaalla ribalta dell’attenzione nazionale

con la mostra “Radio Fm 1976-2006. Trent’anni di libertà d’anten-na”, tuttora in giro per l’Italia: unarassegna ricca di materiali e docu-menti anche inediti, che percorre aritroso i trent’anni di vita della radioin Fm dagli anni settanta ad oggi at-traverso voci storiche, jingle, sigle diprogrammi, immagini, oggetti.

Le imprese sono state premiate dalpresidente del Quartiere Saragozza,Roberto Fattori, e dall’assessore co-munale Maria Cristina Santandrea.

SCARABELLI IRRIGAZIONE

In occasione dei suoi trent’anni di at-tività, Scarabelli Irrigazione ha inau-gurato la propria nuova sede a Grana-rolo dell’Emilia: un nuovo e più gran-de stabilimento di circa 3000 mq conmagazzino, spazio vendita self service,vendita al dettaglio, show room.Tutto iniziò nel 1977 con la realizza-zione dei primi semplici impiantiautomatici d’irrigazione, installazio-ne e riparazione di pompe sommer-se, lavori che il fondatore GiancarloScarabelli eseguiva insieme al socioTiziano Bilacchi e agli altri compo-nenti della famiglia che si sono unitiin seguito. Un’azienda familiare chenel corso di 30 anni si è evoluta no-tevolmente affermandosi sul mercatonazionale e conquistando la fiduciadi multinazionali leaders del settoreche l’hanno scelta come distributore.L’azienda bolognese ha messo al servi-zio del cliente privato, dell’installatore,dell’ente pubblico, tutta l’esperienzamaturata nel corso degli anni insiemealla sua squadra di tecnici e agronomiche consente di offrire un servizioglobale, dalla progettazione di impiantiirrigui, alla vendita dei prodotti, all’in-stallazione e l’assistenza post vendita.

CNC

Ha festeggiato i 25 anni Cnc Am-bientazioni e Arredi, il gruppo diOzzano dell’Emilia specializzato nel-la produzione di scaffalature speciali,nella lavorazione delle materie pla-stiche e della stampa, nei servizi in-

tegrati per superfici commerciali epunti vendita in termini di arredo,ambientazione e general contracting.Oggi Cnc è capofila di un gruppoche ha chiuso il 2006 con un fattu-rato di 27 milioni di euro, con tre

stabilimenti a Ponte Rizzoli (Ozzanodell’Emilia), Bellocchi di Fano (Pesa-ro Urbino) e Colonnella (Teramo). Eche lavora con tutti i canali distribu-tivi: dalla grande distribuzione (cherappresenta circa il 40% del volumed’affari: centri commerciali, gallerie,ipermercati, supermercati) alla risto-razione moderna, alla distribuzionespecializzata (punti vendita food enon-food, grandi superfici, catene,franchising). Dal 2000, inoltre, è en-trata a far parte del gruppo ancheHmy Italia, nata dalla joint-venturetra la Cnc e la francese Hermes-Me-tal, leader europeo nella produzionedi scaffalature e banchi cassa.

SAMORINTERNATIONAL GROUP

Samor International Group, il grup-po che fa capo ad Orazio Samoggiae che comprende aziende tutte ope-ranti nel comparto dell’industr iagrafica (attrezzature da prestampa,stampa tradizionale e digitale, lastre,inchiostri, chimici, tessuti gommati,ecc), ha recentemente inaugurato

Roberto Baggio e Beppe Signori alla festadell’Isokinetic

Alla festa dell’Isokinetic Stefano De Villacon Andrea Mingardi

I fratelli Marco e Stefano Della Villa, allaguida dell'Isokinetc

Il riconoscimento del Quartiere Saragozzaall’ing. Zecchi, titolare della Zecchi Roberto

Lo stabilimento della CNC

Il riconoscimento del Quartiere Saragozzaa Roberto Mugavero, presidente della Minerva Soluzioni Editoriali

FARE 98 FARE

una nuova sede ad Assago (Milano).Operante dal 1948, quello di Piano-ro è oramai un gruppo multinazio-nale (ne fanno parte Recordgraf,

Supercolor, Bancolini,Verona Lastre,Graphlito in Italia; Efi Plate in Fran-

cia; Budacolor in Ungheria), che fat-tura oltre 100 Milioni di Euro edesporta in oltre 85 paesi nel mondo,con un trend in crescita costante (nel2006 ha registrato +15,5% rispettoall’anno precedente) per un organicodi circa 400 dipendenti.

AIR-TEC SYSTEM

Sempre più forte l’internazionalizza-zione di Air-Tec System, la giovaneazienda di componenti per il trasporto

pneumatico di polveri e granuli fonda-ta nel 1994 da Rodolfo Albini, che inpochi anni si è inserita nella top tenmondiale, con più di 2.000 sistemi in-stallati in tutti i settori industriali ed il

75% del fatturato proveniente da mer-cati esteri. Con una politica di conti-nuo investimento in innovazione, ver-so cui destina almeno il 10% del fattu-rato, e una collaborazione continuacon università (Bologna in particolare)ed istituti di ricerca, l’azienda oggi èriconosciuta quale unica in Italia aprodurre sistemi per il trasporto pneu-matico a controllo elettronico, concomponenti brevettati ed esclusivi. Nelsettore ceramico, inoltre, è stata pionie-re specialmente nel trasporto di pro-dotti particolarmente fragili, come gli“atomizzati”. La società ora può con-tare inoltre su tre importanti joint-ventures: Fuzhou-Airtec System Co.Ltd. in Cina, Bevcon-Airtec PVT.Ltd. ad Hyderabad in India e Air-TecJapan Co. Ltd. in Giappone, alle qua-li si aggiungono altre importantipartnership in Austria e Francia.

Lo stabilimento bolognese di Air-Tec System

DIDIMO ZANETTI

Didimo Zanetti, la storica azienda diCasalecchio di Reno specializzatanella lavorazione di ingranaggi cilin-drici e conici a dentatura dritta edelicoidale, ha iniziato il cammino chela porterà a breve alla quotazione, edha già presentato a Borsa Italiana ealla Consob la documentazione perentrare sul mercato Expandi. Unadecisione voluta per reperire le risor-se necessarie per puntare alla crescitadimensionale attraverso un impor-tante sviluppo tecnologico. DidimoZanetti collocherà sul mercato il 35%circa del capitale sociale. La previsioneè quella di un ingresso in Borsa entrosettembre. Global coordinator, listingpartner e lead manager dell’operazio-ne è Unipol Merchant, advisor legalelo studio Lexjus, consulente finanzia-rio lo studio Preti e Rigetti.Nel frattempo, anche l’esercizio 2006 siè chiuso con risultati significativi: il fat-turato di Didimo Zanetti si è chiuso a

27,5 milioni di euro, con un utile nettocresciuto del 50% rispetto al 2005.

AZIENDE E ISTITUTI DI RICERCA

Anche quest’anno i grandi della ri-cerca applicata internazionale incon-treranno al Museo del PatrimonioIndustriale le aziende più rappresen-tative del nostro territorio. Giovedì27 settembre apriranno infatti i lavo-ri della 3a edizione di R&D Days, ilForum internazionale sull’innovazio-ne tecnologica, rivolto alle aziendedel distretto industriale emiliano-ro-magnolo. Il forum, organizzato dal-l’Associazione Amici del Museo delPatrimonio Industriale nell’ambitodel Programma Quadrifoglio, contaogni anno sulla partecipazione di ol-tre 300 aziende e dei maggiori cen-tri di ricerca internazionali. Ancorauna volta R&D Days favorirà la cre-scita e l’innovazione tecnologica del-le imprese. A questo scopo vedràconsolidarsi la sezione degli incontrione-to-one tra i rappresentanti delleaziende e gli esponenti degli istitutidi ricerca, con un’agenda mirata diincontri che avrà la funzione di svi-luppare concretamente rapporti si-nergici tra il campo della ricerca ap-plicata e il tessuto industriale locale.

TECNOTREND

Buon compleanno alla TecnotrendAutomazione Srl. L’azienda di Pia-noro, che ha fatto del dosaggio pol-veri la propria missione, festeggia isuoi primi 20 anni di macchine au-tomatiche per il confezionamentofarmaceutico, alimentare e cosmeti-co.Auguri all’impresa, che da poco siè trasferita nei nuovi uffici di via del

La nuova sede di Samor InternationalGroup ad Assago

Orazio Samoggia fondatore e presidente diSamor International Group

L’inaugurazione dello stabilimento indianodi Air-Tec System

Savena 41 a Pianoro e nella nuovasede secondaria - operativa nei pro-cessi industriali di assemblaggio, fini-

tura, ricerca - in via dell’Industria 4a Castel Guelfo. L’attuale produzione

comprende micro e macro dosatricidi polvere, dosatrici di liquidi, tappa-trici ma anche tavoli rotanti, disposi-tivi ed accessori per realizzare lineecomplete di produzione.

TIPOARTE

Un volume illustrato che raccontatrentacinque anni di attività. In questomodo Tipoarte industrie grafiche, im-presa di Ozzano dell’Emilia specializ-zata nella stampa di brochure, catalo-ghi, packaging, libri, volantini e mani-festi, ha festeggiato il traguardo rag-giunto e soffiato sulle sue candeline.“Trentacinque anni in rilievo”, que-sto il titolo della pubblicazione, rac-conta in quaranta pagine illustrate ol-

tre tre decenni vissuti “inchiostrandofatti, storie, successi”. Trentacinqueanni che hanno visto il passaggio dal-

la tipografia tradizionale a quellamoderna digitale; trentacinque anniforti di una tradizione familiare, oradiventata industriale, guidata da Fran-co Morini.

L’azienda Tecnotrend di Pianoro

Valerio Bisi, titolare di Tecnotrend, circondato dal suo staff

FARE 1110 FARE

ARTICOLODIcopertina

1 intervista

PARTNERDELLEIMPRESE

Gaetano Maccaferri,Presidente UnindustriaBolognaintervistato da Carlo Rossini

Il primo obiettivo di Unindustria Bologna?

“Proporsi alle imprese come uno strumento

essenziale per le loro strategie di sviluppo”.

Ne è convinto il Presidente Gaetano Maccaferri,

che afferma: “useremo l’autorevolezza

dell’Associazione perché ogni giorno l’industria

abbia le risposte di cui ha bisogno per crescere”.

Gaet

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12 FARE FARE 13

“Avverto tutta l’emozione e la responsa-bilità che comporta assumere la guida diun progetto associativo che si prefigge dimigliorare la competitività di tutte le no-stre imprese”: con queste parole GaetanoMaccaferri, presidente di Unindustria Bo-

logna, ha salutato la nascita dell’associa-zione nella sua prima lettera agli impren-ditori all’inizio di giugno. E riflettendosul proprio compito sottolineava nella stes-sa lettera: “per quanto mi riguarda, miimpegnerò per farlo al meglio”.

Oggi, a quasi due mesi di di-stanza, il lavoro compiuto ègià tanto. Unindustria Bo-

logna ha messo sin dall’inizio a di-sposizione delle aziende la sommadelle sue competenze; la continuità

con l’attività delle associazioni origi-narie non si è mai interrotta; si pos-sono già fare i primi consuntivi e de-lineare più precisamente i programmiper i prossimi mesi. E l’orgoglio diGaetano Maccaferri è, a questo pun-to, assolutamente legittimo.

- Presidente, Unindustria Bologna è giàin piena attività…- “Non potrebbe essere altrimenti, sevogliamo rispondere al bisogno dif-fuso di competitività. Oggi l’evolu-zione dell’economia, e dei mercati, èassolutamente tumultuosa. Ognunadelle nostre imprese si trova di frontea nuovi concorrenti e, al tempo stes-so, a nuove sfide. E l’associazione,nella misura in cui affianca l’impresacon servizi mirati, con una consulen-za costante, con progetti innovativi, èun partner strategico per affrontarle.Ecco quindi, in definitiva, la primamotivazione che ha portato alla na-scita di Unindustria Bologna, ed an-che il suo primo obiettivo: proporsi atutte le imprese del territorio bolo-gnese come uno strumento essenzia-le per le loro strategie di sviluppo”.

- Questo significa che vi siete già datidelle priorità?- “Stiamo già lavorando con pro-grammi precisi e con molta determi-nazione. Da un lato, ci sono alcuniproblemi che per tutto il nostro tes-suto di imprese piccole e piccolissi-me costituiscono dei veri e proprinodi: penso ad esempio al peso dellapressione fiscale e dei tanti oneri as-solutamente indeducibili. O, altret-tanto, all’incidenza della burocrazia edei suoi innumerevoli adempimentisulla produttività e sui costi azienda-li. O ancora, al dialogo non semprefacile con taluni enti quando si parla

di compatibilità tra certe disposizionie l’organizzazione aziendale. Tuttecriticità che peraltro, se infierisconopesantemente sulle imprese di di-mensioni minori, si fanno sentire an-che sui gruppi più strutturati. Ecco,

su ognuno di questi punti intendia-mo impegnarci a fondo ”.

- E poi?- “Dall’altro lato, ci sono le opportu-nità che vanno colte. Quella dell’in-ternazionalizzazione e della penetra-zione su nuovi mercati, ad esempio,

che va rafforzata con reti e relazionia sostegno di tutti gli operatori chesi muovono sul piano internazionale.Quella della ricerca e dell’innovazio-ne, che ci vede protagonisti di unafruttuosa collaborazione con l’Uni-

versità e l’agenzia regionale Aster.Quella dei ‘cervelli’ che dobbiamoportare e attrarre qui da noi perchécostituiscono per le imprese una ri-sorsa prioritar ia. Un’associazionepuò fare moltissimo, con la sua con-sistenza e il suo know how, perché,su ciascuno di questi aspetti, la sin-

L’INDUSTRIA DEVE CONTARE DI PIÙ“GLI IMPRENDITORI E LE AZIENDE CI CHIEDONO UNA PIÙ INCISIVA CAPACITÀ DI RAPPRESENTANZA, IN UNA REALTÀ DOVE SONO

ANCORA TROPPI I PREGIUDIZI NEI LORO CONFRONTI” HA DETTO IL PRESIDENTE ALL’ASSEMBLEA DI CONFINDUSTRIA BOLOGNA

CHE HA APPROVATO IL PROGETTO DI FUSIONE IL 31 MAGGIO.

Unindustria Bologna come logica evoluzione associativa di un sistema industriale che, pur attraversan-do una fase di grande trasformazione, ha saputo creare ricchezza, benessere diffuso e coesione e cheesprime oggi grandi potenzialità. Unindustria Bologna per contribuire all’avvio del rinnovamento locale.Unindustria Bologna che nasce per le imprese e perchè l’industria conti di più nel territorio. Queste insintesi le linee guida delle dichiarazioni rese dal presidente Gaetano Maccaferri alla assemblea delleaziende associate a Confindustria Bologna che, riunita in seduta straordinaria il 31 maggio scorso all’A-rena del Sole, ha approvato il progetto di fusione con Api Bologna.“Cambiare è la legge della vita. Chi guarda solo al passato o al presente perde il futuro” ha esorditoMaccaferri citando il presidente americano John Fitzgerald Kennedy. Quindi l’esortazione a non farsicondizionare dalla cultura del declino serpeggiante in un territorio dove il pessimismo sembra diventa-to la regola (soprattutto quando si parla di industria) e l’invito a prendere le distanze da categorie,semplificazioni e visioni ideologiche superate dall’orologio della storia. Come la contrapposizione tra lagrande impresa e la piccola impresa, come il pregiudizio “piccolo è bello” o, al contrario, “grande èmeglio”. “La verità è che siamo davanti a due realtà convergenti e tra loro complementari – ha dichia-rato Maccaferri – Gli imprenditori e le aziende ci chiedono una più incisiva capacità di rappresentanzain una realtà dove sono ancora troppi i pregiudizi nei loro confronti”. C’è nelle parole di Maccaferri al-l’assemblea anche la consapevolezza che Bologna e la sua provincia rischiano di imboccare la via diun lento declino, non per vincoli economici o sociali, ma a causa di veti incrociati che paralizzano ogninovità. Con la nascita di Unindustria Bologna, ha spiegato Maccaferri, “possiamo contribuire all’avviodel rinnovamento locale. Possiamo dare vita ad una delle più grandi associazioni nazionali e lo dobbia-mo fare avendo chiaro in testa un solo pensiero: l’industria a Bologna, come nel resto del Paese, devecontare di più”. E’ un obiettivo che si misura dalla rinnovata capacità di proposta, da una forte autono-mia e una esigente politica di alleanze. “Questa – ha concluso Maccaferri – è la vera posta in gioco diUnindustria Bologna, che non nasce contro questo o quello, ma solo ed esclusivamente in favore delsistema industriale locale e di tutte le imprese che lo compongono”.

Giordano Baietti e Gaetano Maccaferri

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gola azienda non si trovi da sola difronte alle proprie scelte”.

- Competitività, sviluppo… Sono paroled’ordine che interessano non soltanto le im-prese,ma anche la collettività in cui vivono.- “Beh, il nostro impegno è miratofondamentalmente alle imprese: atutte e a ciascuna. Ma è evidente cheaiutarle a crescere e a svolgere unruolo di primo piano sui mercati incui operano si traduce, automatica-mente, in una forte ricaduta sul ter-ritorio. E non mi riferisco solo almaggiore benessere che qui si puòcreare e distribuire, anche se è ovvioche questo è l’obiettivo principale.Ma penso, altrettanto, all’enorme fat-tore di marketing territoriale che untessuto produttivo ‘in tiro’ può rap-presentare.Trovare qui un tessuto ca-pillarmente diffuso di imprese per lopiù ad altissima specializzazione,molte a leadership internazionalequando non planetaria, con il loroeccezionale reticolo di subfornituree di eccellenze nella componentisti-ca, è di per sé un elemento di forteappeal per eventuali investitori dal-l’esterno”.

- In altre parole, l’industria può dare an-cora molto a Bologna?- “Perché ‘ancora’? L’industria nonha mai smesso di fare tanto per l’e-conomia, la società, la vita della no-stra comunità. Anche per questo, tragli obiettivi di Unindustria Bolognavi è a pieno titolo la competitivitàcomplessiva non solo delle singoleimprese o di particolari settori mer-ceologici, ma del territorio provin-ciale nel suo insieme. L’insistenza el’attenzione con cui, qui, il mondodell’industria mette l’accento sul-l’ammodernamento delle infrastrut-

ture, sulle comunicazioni che inquesto snodo sono uno dei puntinevralgici, sulla vivibilità e la funzio-nalità delle aree industriali, è dovutaproprio alla consapevolezza che mi-gliorare in ciascuno di questi aspettirende più forte non solo ogni azien-da in quanto tale, ma tutta la nostraprovincia”.

- E dal territorio che risposte vi aspettate?- “Intanto ci aspettiamo un rafforza-mento del tessuto industr iale inquanto tale. Lo scenario internazio-nale in cui ci muoviamo sta ormaidimostrando che a vincere sonosempre più le filiere: competere in-sieme, dunque, è un atout fonda-mentale per affermarsi sui mercati.Per il nostro territorio questo aspet-to è già in parte un punto di forza, eci adopereremo per irrobustirlo ulte-riormente.

A fianco di tutto questo, poi, c’è unproblema di ‘clima’, di contesto: nonc’è dubbio, ad esempio, che il ruolosociale delle imprese e degli impren-ditori per lo sviluppo del nostro ter-ritorio sia ancora piuttosto miscono-

sciuto. Se l’opinione pubblica, maanche le istituzioni ed il mondo po-litico ne avessero più consapevolez-za, l’industria conterebbe di più e lesue esigenze verrebbero maggior-

mente ascoltate ed assecondate, poi-ché tutti si renderebbero conto chesi tratta di un interesse collettivo.An-che su questa consapevolezza delruolo dell’impresa c’è un lavoro dafare, di tipo culturale, e come asso-

ciazione lo abbiamo già in agenda”.

- Insomma, una industria forte significauna Bologna forte?- “Ne sono certo. Anche per questo

il mio impegno in prima persona ècosì convinto. E di tale impegno untassello fondamentale è questa asso-ciazione: concreta e operativa, capacedi rappresentare duemila impresecon i medesimi obiettivi, esigenze edinteressi, di cui intende farsi portavo-ce – attraverso un sistema autorevoleed articolato quale è Confindustria –anche ai grandi tavoli nazionali. Sì,io credo che Unindustria Bolognasarà ascoltata con ancor più conside-razione da tutte le istituzioni politi-che ed economiche del territorio: eduseremo questa autorevolezza perchéogni giorno l’industria abbia, senzatitubanze e senza pause, le risposte dicui ha bisogno per crescere”.

Bologna - Piazza Maggiore

Bologna I quartieri della Fiera

2 intervista

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“La forza di UnindustriaBologna sarà la grandequalità dei servizi el’appartenenza a un sistemanazionale capace di darevera rappresentanza alleaziende minori”

ARTICOLODIcopertina Fare

e averedi più

Ha sempre amato dire “prima di impe-gnarmi devo essere persuaso io dellabontà di un progetto, poi cercherò di per-suadere altri”. In questo caso, dunque,non ci sono dubbi: del progetto di Unin-dustria Bologna Giordano Baietti è statoun convinto sostenitore fin dall’inizio,con un deciso impegno sul piano persona-

Giordano Baietti,Vice Presidente VicarioUnindustria Bolognaintervistato da Gaspare Bucci

Gior

dano

Bai

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ARTICOLODIcopertina

le. Convinto soprattutto per due ragioni:l’opportunità di dare più forza e più vocealle imprese più piccole, da un lato; e dal-l’altro l’autorevolezza con cui tutta l’in-dustria bolognese insieme avrebbe potutosostenere i propri punti di vista nei suoirapporti con le istituzioni e la comunitàpolitica ed economica locale.

Da sempre profondo conoscitore delmondo delle piccole imprese, Baiettioggi è Vice presidente vicario diUnindustria Bologna: una responsa-bilità che, man mano che i progetti ele realizzazioni prendono corpo, siconferma sempre più strategica.

- Lei viene dal mondo delle piccole im-prese, e si è battuto molto anche diretta-mente per questo progetto. E’ soddisfatto,oggi, dei programmi di Unindustria Bo-logna ?- “Sì, perché mi riconfermano che leaziende hanno saputo scegliere bene.Da sempre ho sostenuto, e non erocerto il solo, che la grande forza diUnindustria Bologna starà in un mix:grande qualità dei servizi necessari al-le imprese, unita a un sistema nazio-nale autorevole, capace di mettere adisposizione contatti, relazioni, infor-mazioni, ma anche quella rappresen-tatività in sedi nazionali e internazio-nali di cui le aziende di dimensioniminori hanno sempre difettato.

- Molto bello, detto così. Ma concreta-mente, cosa farà Unindustria Bologna per

tutte queste aziende, anche così diversefra loro?- “Cosa farà? Cosa stiamo già facen-do, piuttosto. L’integrazione tra i ser-vizi è già in atto e nessuna aziendaha dovuto soffrire di ‘rodaggi’ chepure sarebbero stati comprensibili.Ma il nostro obiettivo è arrivare piùin là. Non si fa un’operazione com-plessa e delicata come una fusione di

questa portata solo per mantenere gli

standard di cui le aziende usufruiva-no già.Vogliamo fare, e avere, di più;ed è quello che tutti i nostri duemilaassociati desiderano”.

- Quindi?- “Quindi stiamo già implementan-do le nostre forze con quello chepuò essere il valore aggiunto deiknow how delle associazioni d’origi-

ne sommati insieme, e con gli ogget-

tivi vantaggi che vengono da un si-stema strutturato, accreditato, riccodi competenze quale è Confindu-str ia. Faccio qualche esempio: lapressione fiscale ha raggiunto livellidisastrosi. Ci sono imprese che con il

fisco si mangiano tutto l’utile ante-imposte e vanno anche in rosso.Queste tematiche finora le impresepiù piccole riuscivano a sollevarlesolo in un ambito locale, quindi conrisultati limitati e a volte scoraggian-ti. Oggi intendiamo renderne parte-cipe tutto il sistema (tanto più chesono problemi comuni alle impresedi tutte le dimensioni) e contribuirealla ricerca di soluzioni concrete aigrandi tavoli nazionali. Penso aquanto abbiamo fatto, ad esempio,proponendo una riduzione del costocontr ibutivo e fiscale del lavorostraordinario in sede di Tavolo Go-verno-Confindustria-sindacati per la

competitività e la produttività”.

- E poi?- “Poi c’è tutta la tematica dell’ener-gia. Abbiamo già visto, ad esempio,che con i nostri consorzi le imprese

di Unindustria Bologna avranno unpotere d’acquisto di 1 miliardo dikwh/anno: e questo, secondo le no-stre stime, dovrebbe consentire unrisparmio sugli acquisti medi supe-riore al 7%. Lo stesso discorso valeper tutta una serie di servizi anchefondamentali, per i quali saranno adisposizione delle imprese associateuna serie di convenzioni estrema-mente interessanti. C’è molto da fa-re, questo è certo”.

- Lei di Unindustria Bologna è il Vicepresidente vicario. Ci sono ambiti partico-lari a cui intende dedicarsi maggiormente?- “Mi è stata affidata la delega ai pro-

blemi del territorio ed all’ambiente.E non nascondo che mi ci trovo amio agio. Sono, tutto sommato, letematiche più vicine da sempre almio lavoro di imprenditore. E hannoun’incidenza crescente sull’attività di

tutte le nostre aziende, in qualunquesettore merceologico operino”.

- Si spieghi meglio.- “Vede, i fattori legati al territorioincidono sempre più sulla competiti-vità di qualunque impresa. C’è, perfare un esempio immediato, un pro-blema generale di mobilità a tutti ilivelli: va accentuata la funzionalitàinternazionale dell’aeroporto di Bo-logna, ma va altrettanto adeguata lagrande viabilità su cui si muovonosia le nostre merci sia i nostri clienti.E poi c’è l’aspetto dell’intermodalitàgomma-rotaia, quello dei collega-menti tra le grandi vie di comunica-

LA COMPETITIVITÀ E LA CRESCITA“Essere insieme” ha detto il Presidente all’assemblea di Api Bologna “ci consentirà dimettere in campo una realtà importante e sicuramente ineludibile nel confronto con ilmondo del credito, dell’energia, i Comuni, la pubblica amministrazione, la Regione, i sin-dacati”. “Noi imprenditori operiamo in piena e totale solitudine. E nonostante il benesse-re diffuso, le nostre analisi e le nostre richieste sulla sicurezza, la fiscalità, la mobilità, leinfrastrutture, la burocrazia, la formazione non hanno quelle risposte che pure sono di-venute sempre più urgenti e sollecitate da tanta parte del nostro paese”.E’ partito da questa considerazione Giordano Baietti, nell’assemblea straordinaria delleaziende associate ad Api Bologna che, il 31 maggio a Palazzo Albergati di Zola Predosa,ha approvato il progetto di fusione con Confindustria Bologna. Ed ha sottolineato che “lafrantumazione del mondo dell’industria a Bologna alla prova dei fatti costituisce un van-taggio per altri. A seconda delle convenienze i nostri interlocutori, in particolare delleamministrazioni pubbliche, la strumentalizzano, adducendo il rispetto del pluralismo”.L’assemblea dell’Api del luglio 2006, ha ricordato Baietti, aveva considerato giunto il mo-mento di ricercare l’unione di Api e di Assindustria, per dare alle aziende la possibilità dicontare di più, per offrire loro più servizi nel quadro della globalizzazione, per avere piùforza in tutte le sedi. E “l’essere insieme anziché indebolire le ragioni che ci stanno acuore, rafforza le piccole e medie industrie, consentendoci di mettere in campo unarealtà importante, che diverrebbe sicuramente ineludibile nel confronto con il mondo delcredito, dell’energia, i Comuni, la pubblica amministrazione, la Regione, i sindacati”. La nuova associazione? “Uno strumento di supporto a tutte le aziende”. I rispettivi puntidi forza e di debolezza? “L’unione accresce i primi e annulla i secondi”. E si potrà assi-curare agli imprenditori “il meglio di Api Bologna e di Confindustria, mettendo insieme leprofessionalità di tutti i nostri funzionari e nuove opportunità di partecipazione e di impe-gno di noi imprenditori”.Unindustria Bologna “avrà possibilità maggiori di incidere sulle scelte degli enti” e “do-vunque ci sia l’interesse delle nostre aziende” ha ribadito Baietti, ricordando l’importan-za di Fiera, Camera di Commercio, Aeroporto, fondazioni bancarie, ma anche dell’acces-so e dell’ascolto presso le direzioni dei Ministeri e degli enti nazionali o del collegamen-to diretto con l’Unione Europea. “Dobbiamo guardare avanti nell’interesse esclusivo ditutti gli imprenditori associati” ha concluso, invitando a “unire le forze industriali dellanostra provincia, e realizzare più agevolmente per le nostre imprese quella competitivitàe quella crescita che a ognuno di noi stanno a cuore”.

Panoramica di Bologna dall’alto

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CI GUIDANOLERAGIONIDELLEIMPRESE

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3 intervista

Cesare Bernini,Direttore GeneraleUnindustria Bolognaintervistato da Carlo Rossini

zione e le zone industriali, la viabi-lità intraprovinciale che r iguardaogni giorno i nostri collaboratori, ifornitori, ecc. Poi c’è una questione,altrettanto generale, di infrastruttura-

zione: centri servizi per le imprese, retitelematiche, funzionalità e fruibilitàdelle attrezzature fieristiche, e così via.Ognuno di questi problemi significascelte, che a loro volta hanno ricadutesulle aziende in termini di costi. E’una tematica complessa, che va affron-tata ogni giorno e che richiede un

confronto costante con le istituzioni ele amministrazioni pubbliche”.

- Già, le amministrazioni… C’è chi di-ce che Unindustria vorrà fare la vocegrossa nelle stanze dei bottoni.- “Bisogna intendersi: cosa significafare la voce grossa? Se s’intende farvalere le ragioni delle imprese in tut-te le sedi, sicuramente sì. Del resto,tutte le problematiche legate al terri-torio di cui abbiamo parlato adessosono strettamente legate all’attività ealle decisioni di molte amministra-

zioni locali. O ancora: gli adempi-menti burocratici, che per le aziendesignificano tempo, costi e immobi-lizzo di risorse, hanno il più dellevolte un nesso con l’operatività e ledecisioni delle amministrazioni pub-bliche. In tutti questi casi, cercare ilconfronto serrato, con concretezza,

nel merito dei problemi, e se è il casoincalzare le amministrazioni stesse,non significa affatto ‘fare la voce gros-sa’: significa, piuttosto, assolvere il no-stro compito fondamentale, che èquello di lavorare per la competitivitàdelle aziende e di tutto il sistema pro-duttivo. E poterlo fare avvalendoci diun’associazione ancora più forte e au-torevole di prima, come è la nostra, èindubbiamente anche questo un va-lore aggiunto”.- Piccole, medie, grandi imprese insieme:lo avete scritto su tutti i giornali. Che ef-fetto fa vederlo tradotto in pratica?- “Ho lavorato con impegno a questoprogetto per quasi un anno, seguendo

un mandato che mi era stato affidatoma anche le aspirazioni ideali dei col-leghi che mi avevano preceduto. So-no soddisfatto del risultato e sonoconvinto che i problemi delle impresedel nostro territorio sono i medesimi,in quanto Unindustria è formata peroltre l’80% da piccole e medie impre-se. Le grandi imprese dovranno fareda apripista a questa moltitudine diimprese minori che sono la linfa vi-tale della nostra provincia. Unindu-stria dovrà inoltre valorizzare i diversisegmenti della base associativa e met-tere in risalto la specificità dei diversisettori merceologici, che sono tuttirappresentati negli organi direttivi”.

Per Cesare Bernini, Direttore generale di Unindustria

Bologna, le imprese oggi sono sottoposte,

da molte parti, a una fibrillazione continua, mentre

devono affrontare un mercato sempre più aperto

e aggressivo. “Il nostro compito primario?

Non lasciarle ad affrontarlo da sole”

Cesare Bernini

Un team di imprenditori motivatiIL COMITATO DI PRESIDENZA DI UNINDUSTRIABOLOGNA È COMPOSTO DA:

Gaetano Maccaferri - PresidenteGiordano Baietti - Vice Presidente Vicario

Consigliere Delegato: Territorio e Ambiente Gino Cocchi - Vice Presidente

Consigliere Delegato: Relazioni Sindacali Gianluigi Baccolini - Tesoriere Marco Buriani - Presidente ANCEAndrea Paladini - Co Presidente Giovani IndustrialiStefano Aldrovandi - Consigliere Delegato: Credito e Politiche Fiscali Roberto Gamberini - Consigliere Delegato: Education e Formazione Fabio Rangoni - Consigliere Delegato: Innovazione, Ricerca, UniversitàAlberto Vacchi - Consigliere Delegato: Internazionalizzazione

Invitato Permanente:Massimo Cavazza - Rappresentante della Piccola Industria

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Ecco, il passato recente di Ce-sare Bernini è questo. Il pre-sente lo vede invece direttore

generale di Unindustria Bologna:una scommessa nuova per un uomoche ha finora maturato, tutto som-mato, un’esperienza unica per am-piezza, r isultati e sviluppi ed unknow how gestionale fondato sullavalor izzazione delle potenzialitàespresse da una grande associazioneunitar ia. E all’interno di questascommessa Cesare Bernini si muovecon determinazione e con moltopragmatismo: magari restando, perscelta, lontano dai riflettori della ri-

balta e preferendo, invece, sgobbarenella messa a punto della ‘macchina’.

- Dottor Bernini, diciamo la verità, inquesti primi mesi di vita di UnindustriaBologna, lei all’esterno si è visto poco.Come mai? Le piace di più lavorare die-tro le quinte?- “Rettifico: mi piace di più lavorareper le imprese e con le imprese. Inquesti mesi i mass media hanno par-lato molto della nascita di Unindu-stria Bologna: lo capisco ed è giustoche sia così. Ma il nostro impegno ètarato e mirato fondamentalmentesulle esigenze e gli interessi delle im-prese, che oggi devono affrontare un

mercato sempre più aperto e aggres-sivo. Non devono farlo da sole: que-sto è il nostro compito primario”.

- Ci riuscirete?

- “Vogliamo. E da questo punto divista, io credo che la nostra guidadebbano essere soprattutto ‘le ragio-ni’ dell’impresa. Stiamo parlando direaltà, le imprese appunto, estrema-mente valide sul piano produttivoma sottoposte a una fibrillazionecontinua. Non è solo una questionedi concorrenza sempre più esaspe-rata: ci sono i vincoli del contestoin cui operano che spesso fanno dafreno alla loro competitività; c’èun’indifferenza e una disattenzionediffusa verso il loro ruolo fonda-mentale di produttrici e distributricidi ricchezza. Ecco, noi dobbiamoaiutarle a far fronte e a superarequesta somma di difficoltà. In duemodi: fornendo servizi di buon li-vello in ogni campo, da un lato, edall’altro facendo valere appunto iloro diritti, le loro specificità, le lorolegittime aspettative”.

- E secondo lei, il “contesto”, appunto, èdisponibile ad ascoltare le ragioni delleimprese?

- “In ogni caso, sulle ragionidell’impresa dobbiamo insi-stere. Unindustria Bolognasarà un sensore molto pun-tuale e preciso su ciò che vae ciò che non va. E con al-trettanta puntualità fornire-mo al sistema Confindustriale nostre valutazioni e le no-stre proposte, perché le portinelle sedi opportune”.

- Obiettivi, progetti, priorità?- “Sarebbe un lungo elenco.

Preferisco dire che presidieremo tut-ti gli ambiti che hanno a che farecon la gestione aziendale, per tutela-re le imprese laddove sarà necessarioma soprattutto per fornire, anche at-

Unindustria Bologna: le cifre• 2.000 imprese• 80.000 dipendenti• 18.000.000.000,00 Euro di fatturato complessivo• 29 % dei lavoratori dipendenti della provincia di Bologna• 75 % dei lavoratori dipendenti dell’industria

traverso progetti nostri, ogni possibi-le strumento per la loro crescita eper una maggiore competitività. Icapitoli sono il capitale umano, l’in-ternazionalizzazione e l’innovazione,con un punto fermo: la competiti-vità del territorio, e cioè le infra-strutture materiali e immateriali”.

- Un lungo elenco, appunto.- “E poi glie ne ho accennato solouna minima parte. Perché, nel con-tempo, in Unindustria Bologna cisono tutte le potenzialità per valoriz-zare ed approfondire anche caratteri-stiche ed esigenze molto specifiche.Penso ad esempio ai settori merceo-logici: attraverso i loro incontr i,aziende affini e complementar iavranno non solo modo di cono-scersi ed eventualmente di svilupparecollaborazioni o partnership, ma an-che di accentuare la loro attenzionesui problemi che coinvolgono inmodo particolare la loro merceolo-gia e, di conseguenza, mettere a pun-to possibili proposte”.

- Unindustria Bologna, di fatto, è stataoperativa dal primo giorno. Quanto hacontatto il fattore Cesare Bernini?- “In realtà ho trovato fin dall’inizioottime professionalità e ‘assemblarle’ èun compito di grande soddisfazione.Per quanto mi riguarda, peraltro, credoche sia stata utile a me e agli altri l’e-sperienza vissuta in Associazioni com-plesse, soprattutto sotto il profilo dellaconoscenza dei bisogni di realtà pro-duttive anche molto diverse fra loro”.

- Un po’ laconico.Non è per caso una posa?- “Per carità. Io, ripeto, amo soprat-tutto occuparmi di imprese. Sottoli-neerei invece un altro fattore molto

importante di successo per Unindu-stria Bologna: gli imprenditori stessi.Quelli che gestiscono con risultatieccellenti le loro aziende, e chequindi fanno sì che l’associazione siaforte perché prima di tutto è forte iltessuto economico del territorio in

cui è radicata. E poi, in particolare,quelli che hanno accettato responsa-bilità specifiche negli organi direttividell’associazione: personalità di asso-luto rilievo imprenditoriale, che han-no le idee chiare sui risultati che tuttiinsieme dovremmo raggiungere”.

Al suo attivo di fusioni ne aveva giàuna: quella avvenuta a Treviso a metàdegli anni Novanta, quando Assindu-str ia e Api diedero vita insieme adUnindustria. Un matrimonio felice, chenel capoluogo della Marca nel corso deglianni ha raddoppiato gli associati arrivan-do ad associare più di 2500 aziende,rafforzato i servizi alle imprese creandonedei nuovi, irrobustito l’autorevolezzacomplessiva dell’associazione. La qualeassociazione peraltro, quando si è trattatodi sostenere gli interessi dei propri aderen-ti su temi anche scabrosi come il rapportocon uffici pubblici o istituzioni locali, nonha avuto soggezioni ed è andata a finireanche sulla stampa nazionale senza usaremezzi termini.

“Mi è stato proposto il compito di Consigliere del Presidente e del Direttore per la piccola e media industria. E’ l’ambito che conosco meglio e nel quale ho maturato gran parte della mia esperienza professionale: una conoscenza quindi per favorirela soluzione delle problematiche, esigenze, specificità di questo tessuto vitalissimo”. Paolo Beghelli in Unindustria Bologna si concentrerà ancora su quelle piccole e medie industrie con le qualiha lavorato per una vita.Cosa ne pensa di Unindustria Bologna?“E’ espressione di un’aggregazione non solo con grandipotenzialità, ma soprattutto oggi indispensabile per favorire lacompetitività delle nostre imprese. Le frammentazioni non servono, occorrono le sinergie”.Duemila imprese bolognesi insieme:che ne pensa? “Ne penso bene. Molta parte del mondo politico si rallegrava di non avere un interlocutore industriale unito alquale rispondere. Quello odierno mi pare uno scenario nuovo, con l’obiettivo di fare contare di più l’industria - e, nel suo ambito, la piccola e media industria - in ogni contesto ”.

Beghelli: con l’aggregazione più competitività

Bologna - Piazza Santo Stefano guardando verso Palazzo Isolani

Paolo Beghelli

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Anche le assemblee straordi-narie del Collegio Costrut-tori Edili ed Imprenditori

Affini della Provincia di Bologna edel Collegio Edile Api Bologna han-no approvato il progetto di fusionedelle due associazioni, dando vita adAnceBologna - Collegio CostruttoriEdili, aderente ad Unindustria Bolo-gna. L’approvazione all’unanimità daparte di 145 imprese dello Statuto edelle Norme transitorie di AnceBo-logna ha consentito alla nuova asso-ciazione di essere immediatamenteoperativa nell’interesse delle 264 im-prese associate.Presidente di AnceBologna - Colle-gio Costruttori Edili è stato elettoMarco Buriani, che ha dichiarato:“La nuova associazione intende pre-sentare e promuovere a Bologna unacategoria di costruttori edili nuova,più coesa al proprio interno, capacedi coniugare gli interessi imprendi-toriali con i bisogni dei cittadini; im-prenditori non solo capaci di co-struire, ma di programmare, investire,progettare, proporre soluzioni inno-vative per tutto ciò che riguarda letrasformazioni del territorio”.Vice Presidente Vicario è stato elettoGiancarlo Raggi, che ha dichiarato:“La nostra consistenza complessiva,le nostre professionalità, le grandi ca-

pacità operative della nuova realtàche abbiamo appena costituito ciconsentiranno di operare meglio e diproporci sul territorio alle ammini-strazioni pubbliche, come un sogget-to economico più qualificato ed au-torevole”.

Alla direzione della nuova associa-zione è stato nominato CarminePreziosi.“La nascita di Ance Bologna è unnuovo importantissimo passo nel la-voro comune di tutti gli imprenditoribolognesi, che intendono esprimerecon forza ed autorevolezza le loro esi-genze e le loro strategie di sviluppo”ha commentato Gaetano Maccaferri,Presidente di Unindustria Bologna.

E nelle costruzioni

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“Il settore delle costruzioni, con lesue specificità, è un elemento fonda-mentale nella progettualità dello svi-luppo di tutto il territorio bologne-se.” ha aggiunto Maccaferri “Siamo inun momento di grandi opportunità,che richiede anche grandi scelte per il

futuro di tutta l’area metropolitana,con le sue potenzialità, e per il ruoloche in essa deve avere il nostro tessutoproduttivo, forte e insostituibile. Sape-re che le imprese bolognesi delle co-struzioni opereranno ancora più uniteinsieme ad Unindustria Bologna è unsegnale importante per tutta la nostraprovincia, che ha nelle infrastrutture enell’assetto del territorio importantiprogettualità ed esigenze”.

nasce AnceBologna

“proporci sul territorio alle amministrazioni pubbliche,come un soggetto economico piùqualificato e autorevole”

Giancarlo Raggi, Gaetano Maccaferri, Marco Buriani

Carlo Rossini

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BENVENUTAUNINDUSTRIA

IL SALUTO DELLA CITTÀ

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1 le opinioni

La nascita di Unindustria Bolognaè salutata con favore da politici,sindacalisti, amministratori pubblici.Giudizi, auguri, auspici di Alessandro Alberani, Gian LucaGalletti, Gianfranco Martelli,Pamela Meier, Cesare Melloni,Enzo Raisi,Walter VitaliBo

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Luca Lamberti

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Politici e sindacalisti bolognesisalutano con favore la nascitadi Unindustria. Walter Vitali,

senatore ds, parla di un “segnale im-portante che viene dal mondo delle

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imprese, e che dovrebbe essere coltoanche dalla politica, a partire dalla

nascita del nuovo Partito democra-tico”. Per l’ex sindaco di Bologna,infatti, con l’unificazione “duerealtà storiche come ConfindustriaBologna e Api potranno senz’altro

pesare di più”. Anche per EnzoRaisi, deputato di Alleanza naziona-le,“tutto quello che serve a superarei dualismi in città” deve essere vistocon favore. E il finiano auspica che,a fronte di una crisi del settore pro-duttivo “che dura da 15-20 anni,questa unione possa essere occasio-ne di rilancio e rappresentare il ri-torno al protagonismo delle nostre

realtà industriali”.Gian Luca Galletti, deputato del-l’Udc, ricorda che Bologna, forse piùdi altri territori,“deve molto, a parti-re dal benessere diffuso, alla capacità,

dimostrata nel tempo, proprio dalmondo imprenditoriale”. Capacitàdi “specializzarsi e innovarsi, di fareconvivere la piccola e media impre-sa con la grande impresa”. Un mo-dello industriale vincente, che haportato la nostra città a classificarsitra i Comuni più ricchi d’Italia.In tutto questo, afferma il parla-mentare casiniano, “determinante èstato certo il ruolo delle associazio-ni di categoria” degli imprenditori,

a partire per esempio “dalla creazio-ne e lo sviluppo di infrastruttureeconomiche importanti” come Fie-ra e aeroporto. Ora, sottolinea Gal-letti, “la sfida più grande”. Davanti aun difficile scenar io economicoglobalizzato, “è da incoraggiare lascelta, lungimirante e coraggiosa, disuperare ormai vecchie e improdut-tive logiche di appartenenza”.Pamela Meier, assessore alle Attivitàproduttive della Provincia, auspica

che la nascita di Unindustria “rap-presenti davvero un’occasione di ri-lancio del nostro territorio”. Una

ripresa, quella dell’economia bolo-gnese, “che sembra essere sotto l’in-

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Walter Vitali

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Pamela Meier

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crespatura dell’acqua, ma che peremergere ha bisogno del contribu-to di tutti, dalle istituzioni alle asso-ciazioni di categor ia, al sistemabancario”.Una buona accoglienza a Unindu-

stria viene anche dalla Camera dellavoro. Cesare Melloni, segretario

della Cgil provinciale, ritiene la fu-sione fra Api e Confindustria Bolo-gna “un fatto molto importante perl’economia e la società non solobolognesi, ma anche regionali”. Unesempio che “indica un percorsopossibile anche in altre zone dell’E-milia-Romagna”. La nuova orga-

nizzazione, commenta Melloni, èun progetto che “conferma e rilan-cia la vocazione industriale del no-stro territorio, legato soprattutto afunzioni di qualità nei settori indu-striali”. E, a questo proposito, il se-gretario della Cgil spera che Unin-dustria “saprà sviluppare uno strettorapporto con le istituzioni, l’univer-sità e i centri di ricerca.Melloni auspica quindi la nascita di“un confronto franco e trasparente”fra Unindustria e i sindacati. E ri-corda il protocollo d’intesa firmatonel 2004 da Cgil, Cisl e Uil per ri-lanciare la competitività del territo-

Gianfranco Martelli

Cesare Melloni

rio. Se questo documento “sarà fat-to proprio e rilanciato da Unindu-stria, sarebbe un segnale di qualifi-cazione forte del ruolo di Unindu-str ia, e l’elemento di dinamismodelle relazioni sindacali che da tem-po sollecitiamo”.Gianfranco Martelli, segretario pro-vinciale della Uil, si augura che laneonata associazione sia caratteriz-zata “da una marcia brillante e grin-tosa, oltre che da un’attenzione viva

e puntuale ai problemi delle impre-se, e dall’efficacia nell’argomentare ivari temi sul tavolo nelle trattativecon i sindacati”.In casa Cisl si accolgono con moltofavore i primi passi di Unindustria.Perché “crediamo che questa nuovaassociazione possa produrre un va-lore aggiunto per le imprese e an-che nelle relazioni sindacali”, com-menta il segretario provinciale Ales-sandro Alberani. La Cisl “ha moltitemi aperti”, sia con Api sia conConfindustria, ricorda, “e ritrovarcioggi con un unico interlocutorenon può che facilitarci”.Al tavolo con Unindustria, la Cislsolleverà alcuni punti chiave: “L’ap-plicazione del protocollo su svilup-po e competitività, il progetto sulwelfare e fondazione di comunità, ilconfronto bilaterale sulla formazio-ne e i problemi della responsabilitàsociale delle imprese”.

ARTICOLODIcopertina

Alessandro Alberani “Probabilmente, il tratto che più lo caratterizzava era la convivialità”. Così,con l’affetto di un amico, il parroco di Santa Maria della Misericordia ha ri-cordato la scomparsa di Guglielmo Maccaferri, uno dei grandi protagonistidella crescita che l’industria, e con lei tutto il territorio bolognese, ha cono-sciuto nel corso di tutto l’ultimo mezzo secolo.La storia di Guglielmo Maccaferri per molti aspetti corre in parallelo conquella del gruppo che egli stesso, insieme al fratello Angelo, ha fatto grande:quelle Officine Maccaferri fondate nel maggio 1879 a Zola Predosa con ilnome “Ditta Maccaferri Raffaele Officina da Fabbro”, che avevano costruitoil proprio successo sulla geniale intuizione dei gabbioni metallici riempiti disassi per risolvere il problema delle frane e della sistemazione degli argini flu-viali e che, sviluppandosi e diversificandosi nel tempo, hanno ancora fondatola loro fama internazionale proprio sulle soluzioni nel controllo dell'erosionee nelle opere di sostegno. E accanto alle Officine tante altre società prestigioseoperanti nei più svariati settori: saccarifero (Sadam – Eridania), dell’energia(Seci Energia), del tabacco (Manifatture Sigaro Toscano), meccanico (Samp),immobiliare (Seci Real Estate), costruzioni (Adanti), etc.Guglielmo e Angelo Maccaferri avevano preso le redini delle Officine dal padreGaetano. Ed è sotto la loro guida, nel corso di decenni che hanno coinciso con ilgrande e fantastico sviluppo dell’industria bolognese, che il Gruppo ha saputo af-fermarsi in tutto il mondo fino a raggiungere le dimensioni di oggi, con 30 sta-bilimenti all’estero, oltre 4000 dipendenti ed un fatturato di 1,3 miliardi di Euro.Di tutto questo Guglielmo Maccaferri è stato un artefice stimato ed ammira-to; un imprenditore unanimemente apprezzato. E, al tempo stesso, un uomopieno di interessi e di curiosità, di cui gli amici ricordano soprattutto, appun-to, la “convivialità”. Nelle pagine dell’industria bolognese, il suo nome è diquelli che restano scritti con inchiostro indelebile.

GUGLIELMO MACCAFERRI UN PROTAGONISTA

1 il ricordo

Guglielmo Maccaferri, a sinistra, in una immagine di alcuni anni fa insieme al fratello Angelo

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LASOLITUDINEDELLEPICCOLEIMPRESE

Interventi diFerruccio De Bortoli,Giuseppe De Rita, Aldo Bonomi, Enzo Rullanida Il Sole 24 Ore

Lo scorso anno Ferruccio De Bortoli pubblicava

su Il Sole 24 Ore un editoriale dal titolo

“Manifesto in favore delle piccole imprese”.

L’iniziativa stimolava un ampio dibattito

che in parte riproponiamo in queste pagine per l’attualità

nei confronti del progetto Unindustria Bologna

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La cultura d’impresa nel nostroPaese è vaso di coccio tra ere-dità storico-culturali, spinte

corporative e resistenze sindacali. Hapiù nemici che amici, più sospettiche apprezzamenti. Altrove la si inse-gna a scuola, da noi è confinata inangoli residui del dibattito pubblico.Competizione e attitudine al rischio,nei Paesi con una democrazia dimercato più evoluta, sono compo-nenti irrinunciabili del progresso, danoi conservano inspiegabili valenzenegative. La tradizione giuridica ita-liana ha seminato l’idea che la tuteladell’interesse pubblico e dei dirittisoggettivi si ottenga più facilmentelimitando l’attività delle imprese an-ziché favorirla. Il valore immaterialedell’imprenditorialità è ancora per-cepito come modesto o secondario:si guardi soltanto alla tormentata sto-ria della legislazione fallimentare.Il non fare finisce per avere unospessore giuridico ed etico superioreal fare.Qualche esempio. L’opposizone allarealizzazione di un’opera necessariaè di frequente valutato come espres-sione di un’idealità positiva (ambien-tale); il promuovere un’autostrada,un ponte o una galleria è, al contra-rio, il sintomo della prevalenza di in-teressi ed egoismi, generalmente per-cepiti come negativi. Una comunitàscopre il valore sociale di un’impresaquando questa lascia il territorio oristruttura, ma è raro che si ponga ilproblema di come attrarla, con le in-frastrutture per esempio.Un posto di lavoro è prezioso specienel momento in cui si rischia di per-derlo, ma nessuno manifesta per itanti posti di lavoro che non si crea-no per colpa delle rigidità normati-ve. Se non è blasfemo il parallelo, si

può dire che l’embrione del lavoronon ha alcuna dignità. Se muore nonimporta nulla a nessuno.Nel vissuto quotidiano poi, è ancoraradicata la convinzione che si possaavere lo stesso livello di benesseresenza la vista di un capannone, diuna centrale elettrica o di una via dicomunicazione. Amiamo la moder-nità che non ha costi, nemmenoestetici, e riteniamo che l’energiaelettrica esista in natura al pari del-l’acqua.Se tutto questo accade, al netto diuna voluta drammatizzazione, laspiegazione è una sola, desolante:l’impresa non è al centro dellepreoccupazioni del Paese e non èvissuta come tale nel linguaggio del-la quotidianità.La parola impresa ha sempre bisognodi un avversativo (sociale, aperta, so-lidale) come se non esprimesse in séalcun valore assoluto. Sia la culturamarxista sia, in parte, quella cattolicahanno a lungo scambiato uffici efabbriche come luoghi di contraddi-zioni sociali, se non di sfruttamento.Assai raramente i centri produzione,materiale e non, sono stati descritticome cellule sociali insostituibili,nelle quali non solo si crea il benes-sere, ma si impara ad essere cittadini.In un mondo globale un Paese senzauna cultura d’impresa condivisa èdestinato a un ruolo subalterno, al dilà della propria produttività. L’Italiadimostra di avere consapevolezzadella centralità dell’impresa nei suoidistretti, salvo poi perderla nei (trop-pi) livelli della sua rappresentanza po-litica. È forte a Pordenone o a Varese,debole in qualsiasi commissione par-lamentare o tavolo concertativo ro-mano.Forse, è venuto il tempo di scrivere

un manifesto dell’impresa, e comin-ciare dalle piccole unità che sono il90 per cento del totale. Un manife-sto della piccola impresa per pro-muovere imprenditorialità e attitudi-ne al rischio.La piccola è giovane: l’età media deimicroimprenditori è intorno ai 35anni. E uno su cinque è una donna.Una nuova azienda ogni tre, in cittàcome Milano, ha come titolare unimmigrato. Le Pmi non sono soltan-to la spina dorsale dell’economia, maanche i laboratori all’interno deiquali si sperimenta la società mul-tietnica che verrà (elogio civile dellapiccola impresa). Lì si formano iden-tità e cittadinanza. Dal successo dellePmi, e dal loro sentirsi parte inte-grante di una società che li rispetta eli valorizza, dipende in gran parte laqualità della nostra futura convivenzacivile. Non solo il nostro benessere.La piccola impresa è sempre di piùluogo di integrazione e costruzionedelle appartenenze: svolge un com-pito civile che in altri momenti sto-rici non le era richiesto. E soltantoper questa ragione dovrebbe riceverepiù attenzione e cure. La piccola nonchiede sussidi, ma attenzione e ri-spetto. Se la società la metterà alcentro delle proprie attenzioni, ogniposto di lavoro sarà anche la mole-cola di una identità nazionale piùforte e l’invisibile mattone di unacultura di mercato e dell’impresa piùdiffusa e condivisa. Con la piccola, ilavoratori spesso diventano impren-ditori. Nelle microaziende, special-mente nelle fasi di start up, si ap-prezza di più quanto sia irrilevante eanacronistico il conflitto fra capitalee lavoro. L’innovazione è esigenzaquotidiana, vitale. Il rischio è conge-nito. E fuori c'è il mercato, il mondo

con le sue insidie e le sue opportu-nità, non le relazioni, le protezioni ole amicizie come avviene a volte pergruppi più grandi e non solo a con-trollo pubblico. Un Paese che avessea cuore di più le proprie piccole im-prese non le aggredirebbe con il fi-sco, la burocrazia, il difficile accessoal credito, i costi indiretti deglistraordinari. Non richiederebbe loroun insieme di adempimenti di varianatura che sfiorano i dieci milioni digiornate l’anno. Non le costringe-rebbe a dedicare quattro giornatel’anno di un addetto per rispettare lasola normativa della pr ivacy. UnPaese più moderno ed evoluto limi-terebbe adempimenti e autorizza-zioni, semplificherebbe i controlli al-meno sulle aziende certificate. E so-prattutto non lascerebbe nulla di in-tentato nel creare un ambiente favo-revole alla libera iniziativa imprendi-toriale.Un manifesto per le piccole impresedovrebbe essere sottoscritto e fattoproprio dalla politica e dalla classedirigente italiana per dimostrare, a sestessi e agli altri, di avere un’affinitàper valor i come competizione emercato almeno pari a quella chestoricamente hanno per equità e so-lidarietà. Il cammino non è facile nébreve, certo è necessario.

ILMANIFESTOPER LEPICCOLEIMPRESE

Ferruccio De BortoliNato a Milano nel 1953, dopo la laurea inGiurisprudenza, nel 1973 comincia a lavora-re per il Corriere dei Ragazzi. Nel 1979 ap-proda al Corriere della Sera e, successiva-mente, passa ad occuparsi di attualità eco-nomica per Il Sole 24 Ore. Nel 1987 ritorna alCorriere della Sera dove nell'aprile 1997 di-venta direttore responsabile. Dal gennaio2005 è direttore de Il Sole 24 Ore e direttoreeditoriale del gruppo legato al più importan-te quotidiano economico nazionale.

“In Italia il non fare finisce per avere uno spessore giuridico ed etico superiore al fare”

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Sono stato per 35 anni sbeffeg-giato come il profeta beota del“piccolo è bello”, difensore di

uno sciagurato nanismo imprendito-riale, amico omertoso di stracciarolipratesi e di scarpari fèrmani, ingenuoestimatore del folclore economico

dei distretti produttori di sedie, rubi-netterie, gioielli e piastrelle. (…)Non mi interessa tanto più che pen-sare al passato, dobbiamo tutti pensa-re al futuro. E domandarci, in questaprospettiva, se il modello italiano,fatto per oltre il 90% di piccole

aziende e di una inarrestabile proli-ferazione di imprenditorialità minu-ta, presenti oggi caratteristiche ade-guate alla stagione di competizioneinternazionale che ci aspetta neiprossimi anni.Non c'è dubbio che esso è e sarà

fortissimo sul piano interno: la proli-ferazione continua e questo ci ga-rantisce una continua ricchezza dinuove imprese, di tensione indivi-duale al successo, di mobilità socialediffusa; e il fatto che i lavoratori stra-nieri abbiano sposato la logica delfare piccola impresa ci garantiscemeccanismi di integrazione socialeed etnica che altri più supponenti si-stemi neppure si sognano. Sul pianointerno, nessun dubbio. Ma anche sulpiano internazionale il modello cipromette buone prospettive. In pri-mo luogo perché le piccole impresesi stanno dimostrando geniali nellastrategia di nicchia, forse l’unica stra-tegia possibile nella società moderna,tutta tesa all’articolazione minuta deigusti e dei comportamenti. In secon-do luogo perché le piccole impresesi stanno dimostrando potentissimenello sfruttare il capitale immaterialeaccumulato nel made in Italy e nel-l’Italian style.In terzo luogo perché le piccole im-prese si stanno dimostrando genialinel “meticciamento” delle scelte deiloro titolari, che sanno combinarecome nessuna iniziativa produttiva,presenze commerciali (con piccole emedie catene di esercizi), capacità lo-gistiche, acume finanziario. In quartoluogo perché le piccole imprese sonoall'avanguardia nel lavorare “su com-messa” e “su misura”, scelta essenzialein un mercato che si amplia anchenella produzione non di serie (nellemacchine utensili come in quelle diimballaggio).Non c’è dubbio, le piccole impresehanno un futuro nella competizioneinternazionale, anche perché nellaloro azione avviene che si forminooccasioni di inattesa crescita dimen-sionale, se è vero che ormai abbiamo

centinaia di medie imprese vital-mente aggressive.Tutto bene allora? Da qualche tem-po vado maturando qualche dubbio.Il modello ha bisogno di una sottiletorsione: ha bisogno di qualche big-player che ci garantisca una presenzapotente in alcuni settori di interessecollettivo: specialmente nel mondodell’energia, dove rischiamo di pagarcara la dipendenza creata dalle scia-gurate scelte del passato; nel settoredelle materie prime, sempre più scar-se e sempre più costose e senza nes-sun grande operatore nel settore dellaricerca e tecnologia, devastato peranni da corporativi inutili finanzia-menti a pioggia; nel settore della fi-nanza bancaria e assicurativa, dovenon basta UniCredit e dove Generaliè stata ferita gravemente dalle sceltegovernative recenti sugli agenti pluri-mandatari. Le piccole imprese quindinon soffrono sul loro mercato ma sulmercato dei fattori la cui disponibi-lità e il cui costo non dipendono daloro. Sono nani intelligenti e operosi,ma hanno bisogno di big-player.Capirai allora perché io ritenga mol-to ambigua la pompatissima vicendadelle liberalizzazioni: noi non abbia-mo bisogno di qualche migliaio dipanettieri, farmacisti, tassisti in più(fra l’altro protetti ieri e protetti do-mani da ogni competizione reale);non abbiamo bisogno di una ulte-riore proliferazione imprenditoriale,perché essa c’è già, iscritta nel codicegenetico del nostro modello di svi-luppo; abbiamo solo bisogno di averequalche big-player sul mercato deifattori sistemicamente strategici.Abbiamo quindi bisogno di non ri-petere l’errore del passato, di negarela realtà per coltivare ideologie dimoda.

I NANI INTELLIGENTIE OPEROSIHANNO BISOGNO DIBIG PLAYER

Giuseppe De RitaLaureato nel 1954 in giurisprudenza. Dal1955 al 1963 è funzionario della Svimez(Associazione per lo sviluppo del Mezzo-giorno). Nel 1964 è tra i fondatori del Censisdi cui è presidente dal 1974 ad oggi. Colla-bora con il Corriere della Sera, è stato pre-sidente del Cnel.

“Il modello ha bisogno di una sottile torsione:ha bisogno di qualche big-player”

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Ilmanifesto per le piccole im-prese va oltre il freddo e ana-litico ragionamento econo-

mico.Scava nella nostra identità. Nell’an-tropologia del nostro capitalismo.Nello sviluppo economico tumul-tuoso che ci ha portato da Paeseagricolo a potenza industriale. Sononoti i protagonisti di popolo e diborghesia che l’hanno accompagnatae rappresentata: gli Agnelli, i Pirelli, iFalck, l’Iri di Beneduce... e la miticaclasse operaia.Il blocco dei produttori, rappresenta-to dal conflitto tra capitale e lavoro,ci ha trasmesso regole e cultura dellavoro e dell’impresa. Ma il manife-sto lanciato da Ferruccio de Bortolisi rivolge a quella vibratilità del mar-gine, le piccole imprese, che magariè centrale come vitalismo economi-co e produttivo, e anche nel fare so-cietà, ma che non è raccontata e rap-presentata.Essendo sempre stata marginale inquel patto non scritto che regolavail nostro capitalismo. Per cui aigrandi partiti di Governo e di lottae al sindacato era delegato il rap-porto con le grandi imprese pub-bliche e private e le grandi banchedi interesse nazionale.Ai Comuni e poi alle Regioni, sul

territorio, rimaneva il rapporto congli artigiani, il capitalismo dei picco-li, le Casse di risparmio, le Banchepopolari e di Credito cooperativo.Cosa rimane dell’uno e dell’altro èsotto gli occhi di tutti. Pochi grandigruppi, le banche di interesse pub-blico per fortuna privatizzate, anchegrazie alle fondazioni bancarie terri-toriali, 4mila medie imprese, le mul-tinazionali tascabii, 75mila gruppi dipiccole imprese che fanno condensaper crescere e 5 milioni di capitali-smi personali e molecolari. È a que-sto capitalismo di popolo che si ri-volge il Manifesto delle Pmi. Solle-vando non solo una questione eco-nomica ma una questione culturale.Che, come scriveva Giulio Bollatinel suo saggio sugli italiani, rimandaa un primo popolo (politica, istitu-zioni, mezzi di comunicazione, rap-presentanze) che ha un linguaggioaltro e parla a nome di un secondopopolo che non conosce e di cuitroppo spesso non si fa racconto. Senon quando, come è successo a Vi-cenza e a Varese, rumoreggia in se-conda fila alle assise di Confindu-stria. Per alcuni studiosi e per alcuniministri è protocapitalismo. Non es-sendo per loro l’impresa familiareuna impresa capitalistica. Ragion percui se uno vuole aprire una partitaIva invece che cercarsi un lavoro di-pendente deve giustificarsi di fronteallo Stato. In questa dicotomia trapr imo e secondo popolo prendecorpo quella vulgata antipolitica chevede da una parte quelli che parlanoe dall’altra quelli che fanno.Ferruccio De Bortoli si mette inmezzo ricordando a tutti che “in unmondo globale, un Paese senza unacultura di impresa condivisa è desti-nato a un ruolo subalterno, aldilà

della propria produttività”.Nello scenario globale c’è un primopopolo che interpreta con difficoltàe un secondo popolo che fa impresacon difficoltà.C’è sempre qualcuno che ci ricordaogni giorno che le nostre impresequotate in Borsa sono mosche bianche.Che non abbiamo grandi impresecome quelle del capitalismo renano,nè i campioni europei supportati eprotetti dallo Stato dei cugini fran-cesi e non siamo il capitalismo an-seatico della Nokia.Siamo un capitalismo di territorio.Nato nei sottoscala di mille comuniche ha creato e si è irrobustito in200 distretti e che oggi cerca di cre-scere in 15/20 piattaforme territo-riali. Qui, medie imprese leader epiccole imprese si tengono in filiereterritoriali e produttive che compe-tono nel mondo.Se non siamo falliti lo dobbiamo aloro. Hanno attraversato questa fasestorica facendo condensa nell’unicospazio che sentono solido e certo: ilterritorio.Che diviene uno spazio di posizionee di rappresentazione per reggere ilconflitto ipermoderno tra flussi chesorvolano e atterrano e mutano iluoghi in cui si vive e si fa impresa.Partendo dal territorio le piccoleimprese chiedono infrastrutture darealizzare e da privatizzare non soloin funzione di chi riscuote il pedag-gio o controlla la rete. Banche che leportino nel mondo e servizi non disolo controllo ma di accompagna-mento. Sino a confrontarsi con l'im-migrazione.Mitico un imprenditore leghista, alleriunioni si lamentava della presenzadegli immigrati in città. Aggiungevasempre un “però”. I suoi operai im-

CAPITALISMO DI POPOLO

IN CERCA DIIDENTITÀ

Aldo Bonomiè nato a Sondrio nel 1950. È stato collabo-ratore di Giuseppe De Rita al CNEL di cuioggi è consulente ed è direttore dell’Istitu-to di ricerca Aaster. Fa parte dell’organi-smo internazionale di studiosi e imprendi-tori noto come "gruppo di Lisbona". La suaanalisi sulle trasformazioni sociali in attoè concentrata in due volumi: Il trionfo del-la moltitudine. Forme e conflitti della so-cietà che viene (Bollati Boringhieri), Il ca-pitalismo molecolare. La società al lavoronel Nord Italia. (Einaudi).

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“Nello scenario globale c’è un primo popolo che interpreta con difficoltà e un secondo popolo che fa impresa con difficoltà”

migrati erano buoni e bravi. Biso-gnava risolvere per loro il problemadella casa. Grazie a quel “però” ab-biamo evitato, fin che dura, l’effettobanlieue.Non è solo un mondo di scarpai, dicalzettieri o della più avanzata filierametalmeccanica. Anche la net eco-nomy, il turismo, la ricerca applicataè fatta di tante impresine. Ricono-scere il fenomeno è importante. A

questo servono i manifesti, a darglispazio e a farlo crescere. Molto di-penderà se da questo capitalismo dipopolo emergeranno tracce di neo-borghesia. Magari un po’ più pro-vinciale ma simultaneamente un po’più globale, che sappia raccontarsi erappresentarsi senza l’aiuto del di-rettore del Sole 24 Ore, rompendola dicotomia tra primo popolo e se-condo popolo.

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Far crescere le piccole imprese,dice il ministro Pierluigi Ber-sani, rispondendo a tamburo

battente alla proposta di un manife-sto per la piccola impresa avanzata daFerruccio de Bortoli sul Sole 24Ore. Un ottimo proposito, special-mente se accompagnato dall'impor-tante specificazione che “la crescitanon si pesa a chili, è un concetto or-ganizzativo e qualitativo”, che ri-manda alla capacità concreta di in-novare e di competere. Non alla di-mensione in astratto. Il nostro capita-lismo di piccola impresa oggi rischiadi essere muto perché, secondo Ber-sani, non riesce a fare arrivare il se-gnale del suo travaglio. Ma non èchiaro quale sia il segnale da manda-re, fino a che addosso alla piccolaimpresa resta incollata la sindrome

del declino, unica "teor ia forte"emersa negli ultimi cinque anni. Laradicale contrapposizione tra grandeimpresa (moderna) e piccola (arre-trata), cara ai “declinisti” di tutte lespecie, ha fatto finire il discorso sul-l’economia italiana in una posizionedi stallo, per le esigenze contraddit-torie che rendono confuso il sensodi quello che sta accadendo e di ciòche potrebbe essere fatto. Da unaparte, infatti, ci piacerebbe averemolti big players nei mercati mon-diali e leader dell’high tech: ma nonli abbiamo (ed è arduo fabbricarnequalcuno in laboratorio). Dall’altra,abbiamo in abbondanza piccoleaziende, distretti industriali, filiere disubfornitura locale: ma non ci piac-ciono. Non diamo loro credito, con-siderandoli colpevoli di ritardi e illu-

sioni. Dunque, siamo incartati, inuna partita del genere non possiamoche perdere. In realtà, in questo ra-gionamento è sbagliato il punto dipartenza, che propone una sceltasecca tra grande e piccolo, intesi co-me modelli contrapposti di moder-nizzazione industriale. Questa con-trapposizione, poteva essere giustifi-cata in epoca fordista, quando i van-taggi di stazza erano tali da escluderei piccoli dalla partita. Ma oggi, spe-cialmente in Italia, grande e piccolaimpresa non sono più alternative traloro, perché l’economia delle nostremaggiori imprese dipende in modorilevante dallo scambio, più o menosoddisfacente, che esse realizzanocon i piccoli, chiamati a far partedella loro filiera produttiva. Pochisanno che le medie imprese italiane

– ossia i leader dei nostri distretti in-dustr iali – acquistano all’esternol’81% di quello che vendono. Ed èuna quota crescente. Comperano dafornitori, come è ovvio, materie pri-me ed energia; ma si rivolgono aglispecialisti della filiera anche percomponenti, lavorazioni, servizi, co-noscenze. La nostra, in altri termini,non è semplicemente un’economiadi piccola impresa. Piuttosto è un’e-conomia di filiera, dove molte e di-verse imprese si incontrano, a pre-scindere dalle loro dimensioni, rea-lizzando di fatto quelle condensazio-ni di interesse e fiducia a cui spessoci richiama Giuseppe De Rita. Ilpiccolo trae forza dall’esistenza dellafiliera e ci mette di suo la passioneper il prodotto, per il cliente e per ilmestiere. Ma la filiera ha bisogno an-che di altro: nella sua organizzazioneterritoriale le occorre un ambienteadatto, non burocratico, dove i servi-zi siano competitivi, le infrastruttureefficienti, il lavoro qualificato, le co-noscenze accessibili. Tutte cose cherimangono, soprattutto oggi, carenti.Sono questi i nodi che l’economiadella filiera riversa sulla politica esulle sue responsabilità.C’è materia, su questi punti, per unnuovo patto tra capitalismo di picco-la impresa e politica pubblica, senzaforzature dirigistiche e senza restareipnotizzati dalle (irrimediabili) insuf-ficienze della piccola scala. Infatti, inun ambiente favorevole, o che sia re-so favorevole, la piccola impresa ècapace di crescere e innovare senzasostegni artificiali e altre forme diprotezione accordate in nome dellasua supposta “debolezza.“ Ad esem-pio, se si lavora in rete con altri, nonc’è bisogno che tutti si internaziona-lizzino o coltivino competenze rare:

LA FILIERA NON CORRESENZA SISTEMA-PAESE

Enzo RullaniEnzo Rullani è professore ordinario di Strategied'impresa e di Economia e gestione della cono-scenza presso l'Università di Studi Ca' Foscaridi Venezia, Presidente del CTS della FondazioneCUOA, business school del Nordest e presiden-te di TEDIS, centro ricerca sulle nuove tecnolo-gie della comunicazione presso la Venice Inter-national University. E' membro del Comitato Di-rettivo di "Economia e Politica Industriale" e delComitato Scientifico di "Stato e Mercato". Hainsegnato presso l'Università di Verona e diUdine. Ha tenuto un corso di dottorato pressol'Università Bocconi ed è stato visiting scholarpresso il MIT di Boston (USA).

“Oggi, specialmente in Italia, grande e piccolaimpresa non sono più alternative tra loro”

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basta che lo facciano alcuni speciali-sti o i leader delle filiere di apparte-nenza. Dove nemmeno le maggioriimprese possono fare da sole: inno-vano e guadagnano se riescono a di-rigere un sistema esterno di produ-zione che mobilita intorno alle loroscelte uno stuolo di energie, intelli-genze, capitali.E non vanno dimenticati i punti diforza: nonostante la crisi degli ultimianni, nella maggior parte delle areedistrettuali di piccole imprese si è ri-masti vicini alla piena occupazione,sono diventati frequenti i percorsi diforte mobilità sociale, c’è stata diffu-sione della ricchezza e assimilazionedegli immigrati. Mettendo a frutto lastraordinaria capacità locale di inno-vare negli usi della tecnologia (nic-chie, flessibilità, personalizzazione) enella creazione di significati (moda,stili di vita, estetica, wellness). E ciòci ha permesso di andare avanti.Per i l futuro, abbiamo qualchechance che il nostro capitalismopersonale conservi i suoi vantaggicompetitivi in tutti i campi in cui sitratta di governare con l’intuizionee l’intraprendenza diffusa i livellicrescenti di complessità verso cui cistiamo avviando. Ciò richiede inve-stimenti, creatività e capacità di as-sumere rischi a livello individuale,di filiera e di territorio. Dobbiamoperò creare una cornice di impren-ditorialità collettiva in cui la rappre-sentanza sociale e le istituzioni fac-ciano la loro parte.C’è un gran bisogno che qualcuno siassuma il ruolo del “medico dei sani”,come dice Bersani. Finora è stato unmestiere inesistente o invisibile ai più.Dando tempo al tempo, speriamo cheil futuro ci riservi una piccola, gran-de, rivoluzione culturale.

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Cambiamento continuo, sfida, com-petizione, capacità di lavorare inteam e di sviluppare sinergie sono glielementi che accomunano l’attivitàdello sportivo a quella dell’imprendi-tore e del manager. Uno dei giochidi squadra per eccellenza è il rugby.Quale migliore opportunità, dunque,per chi è a capo di un team aziendaleche farsi raccontare da un protagoni-sta assoluto di questo sport come la-vorano una squadra e un coach?I Giovani Imprenditori lo hannochiesto a Carlo Checchinato, teammanager della Nazionale italianaRugby ed ex giocatore azzurro, cheil 14 giugno scorso, presso la sede

Unindustria Bologna di via Serlio, liha incontrati e ha tenuto in esclusivaper loro una lezione sul tema “Dalteam sportivo al team manageriale”.Con questa iniziativa di formazionemanageriale, i Giovani Imprenditori diUnindustria Bologna, per la primavolta riuniti insieme dopo la fusione diApi Bologna e Confindustria Bologna,hanno inaugurato il nuovo percorso diattività sotto la co-presidenza di Gio-vanni Mistè e di Andrea Paladini.“Il Gruppo Giovani di UnindustriaBologna valorizzerà al meglio l’espe-rienza dei due Gruppi di provenien-za – ha commentato il presidenteAndrea Paladini – Siamo convinti

Dal team sportivo

al teamManageriale

1 giovani imprenditori

I Giovani Imprenditori di Unindustria Bologna per la prima volta riuniti insieme dopo la recente fusione. Il debutto il 14 giugno scorso con una iniziativa di formazione condotta dal team manager della nazionale di Rugby, Carlo Checchinato

Cristina Galli

che a livello locale sapremo esprime-re progetti in grado di fare crescereinsieme i nostri giovani associati,confermandoci così palestra per laformazione delle nuove generazionidi imprenditori. Sarà fattiva la nostracollaborazione alla vita di Unindu-stria Bologna, all’interno della qualeintendiamo giocare un ruolo proat-tivo per lo sviluppo dei giovani im-prenditori e della nostra città”.“Si rafforza sotto l’egida di Unindu-stria il ruolo del Gruppo GiovaniImprenditori di Bologna all’internodel sistema associativo confederale –ha dichiarato il presidente GiovanniMistè - Il nostro ter r itor io ha

espresso nel recente passato contri-buti di primo piano al movimentodei Giovani e continua ad esprimerlicon imprenditori del calibro di Fe-derica Guidi, attualmente vice presi-dente nazionale dei Giovani di Con-findustria. Sono certo che l’esperien-za maturata a Bologna porterà sti-moli innovativi all’attività regionalee nazionale degli imprenditori under40, in termini di proposte, proget-tualità e cultura d’impresa”.

CARLO ZACCANTI, IMPRENDITORE E SPORTIVO

Un uomo coraggioso, un imprenditore determinato,un amante della vita e delle sue esperienze. Carlo Zaccanti, fondatore e titolare della Zaccanti di Bologna, società attiva nella produzione e commercializzazione di apparecchiature medicali, è rimasto vittima di un tentativo di rapina a Caracas, in Venezuela, dove si trovava per lavoro. Di lui si ricorderà il temperamento volitivo, appassionato e la decisione del suo intraprendere. Ma anche la grande passione sportiva: innamorato della palla ovale, dopo avere militatonel Bologna Rugby negli anni della giovinezza, ne era stato presidente e si era a lungo impegnato nel suo rilancio ai massimi livelli nazionali.

Andrea Paladini e Giovanni Mistè

FARE 4544 FARE

QUANDO CON UN CLICLO STUDENTE ENTRA IN AZIENDA

“Terza edizione di Tecn&Impresa, il progetto

di Cofimp per sensibilizzare i giovani degli istituti superiori

alla cultura tecnica del nostro territorio, traghettandoli

virtualmente all’interno del mondo aziendale, fino

a farli gareggiare in una Caccia al Tecnotesoro”

1 orientamento

Sollecitare la curiosità e l’inte-resse delle generazioni più gio-vani, che rappresentano il vi-

vaio della nuova imprenditorialità;approfondire, all’interno degli istitutitecnici e professionali, il modello dirappresentazione della filiera mecca-nica regionale. Sono questi alcunidegli obiettivi di Tecn&Impresa3. Ilprogetto, giunto quest’anno alla suaterza edizione e promosso da Co-fimp (la business school delle piccolee medie imprese) si avvale del con-tributo del Fondo Sociale Europeo,del Ministero del Lavoro e della Pre-videnza Sociale e della RegioneEmilia-Romagna. “E’ una sorta diorientamento al lavoro che mira a

sensibilizzare i giovani degli istitutisuperiori alla cultura tecnica del no-stro territorio, anche grazie all’uso dinuovi strumenti dell’informazione edella comunicazione” spiega la coor-dinatrice Marianna Sordi. E’, infatti,attorno al portale www.tecnimpre-sa.net che ruota tutto il progetto. Aigiovani basta dunque cliccare suquesto sito per essere virtualmentetraghettati all’interno del mondoaziendale e così comprenderne tuttala struttura (le figure professionaliche vi operano, gli sbocchi lavorativipossibili, le macro-conoscenze che sidevono padroneggiare per lavorarvi).Grazie a Tecn&Impresa3, oggi, sonoconsultabili on line non solo moduli

formativi riguardanti il settore mec-canico, ma anche nuovi materiali ingrado di cogliere tematiche trasversalia tutti i settori lavorativi, come la co-noscenza dell’impresa e dei macro-settori produttivi regionali, il dirittodel lavoro e i principi di contrattuali-stica, la sicurezza sul lavoro, il com-portamento organizzativo, la comuni-cazione e le competenze relazionali.“Con un semplice clic è possibileguardare le video-interviste ad alcu-ni responsabili di aziende locali e adalcuni giovani che vi lavorano. Op-pure fare ricerche e approfondimentisul mondo aziendale, sulle caratteri-stiche dei profili chiave, sulle compe-tenze maggiormente richieste e te-

stare le proprie conoscenze specifi-che, spendibili nel settore. Infineconsultare la pubblicazione on lineMechnews” precisa Sordi.Tecn&Impresa3 ha inoltre organiz-zato, per i ragazzi di alcune scuole diBologna e Ferrara, visite in azienda(tra le aziende coinvolte MG2, Gri-mac, Varvel, Fiac) “dove i ragazzihanno potuto toccare con mano larealtà produttiva”.“Considerato il successo dell’annoscorso- continua la coordinatrice - siè proposta nuovamente l’iniziativadella Caccia al Tecnotesoro, alla qualehanno partecipato le seconde e leterze di istituti superiori. La caccia èpartita in modo virtuale (dal sito del

progetto) con un questionario le cuirisposte erano nascoste all’interno deisiti dell’Associazione, della Regione edelle imprese significative del territo-rio. L’esito della prova ha selezionato,tra tutti i partecipanti, le tre classi mi-gliori: due classi dell’Isis Manfredi Ta-nari; una classe dell’Itcs VincenzoMonti di Ferrara. Le tre squadre vin-citrici hanno poi partecipato alla se-conda fase della caccia al tesoro, al-l’interno del Museo del PatrimonioIndustriale, suddividendosi in duegruppi per classe: i cacciatori coin-volti nella ricerca degli indizi nascostie nella risoluzione degli indovinelliper arrivare al tesoro e i ‘progettisti’che si sono destreggiati in prove di

creatività e progettazione”.Ma com’ è nata l’idea di questo pro-getto? “Lavorando con le scuole cisiamo resi conto del bisogno dicoinvolgere in maniera più interatti-va gli studenti, abituati molto spessoa seguire metodi formativi solo fron-tali. Ma il nostro operato è finalizza-to, soprattutto, a creare un ponte trail mondo del lavoro e quello dellascuola”.E per il futuro? “Speriamo di riusci-re ad ottenere il contributo necessa-rio per continuare il progetto. Perora, il futuro si prospetta incerto. IlFondo Sociale Europeo ha subitodei tagli e, in primo luogo, proprionella formazione”.

Barbara Bertuzzi

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La depressione è un male cheesiste da sempre, ma a causadella nostra società divenuta

ipertecnologica, iperindustrializzatacon ritmi di vita sempre più veloci, èdiventata ancora più problematica.E’ una malattia vera, che va curata etrattata da medici e specialisti, nonsottovalutata e non sminuita. Pro-prio a questo scopo, alcuni anni fa, ènata una Fondazione che è ormaidiffusa su tutto il territorio naziona-le: Idea (a Bologna in Via Barberia,18, Tel. 051 6447124, Fax 0516440931, Numero Verde 800538438. Lunedì – Martedì - Merco-ledì dalle 16:00 alle 19:00; Giovedì –Venerdì dalle 10:00 alle 13:00).Già il suo nome è come una ventatadi ottimismo perchè quando si soffredi depressione le idee positive sonole prime a sparire per lasciare spazioall'apatia e alla tristezza.Per sostenere questa Fondazione divolontariato proprio pochi giorni fasi è tenuto, nel parco dei Ciliegi diZola Predosa, un incontro promossoda Mwm, un'azienda bolognese cheda oltre 30 anni opera nel settoremetalmeccanico.“E' nostra abitudine- spiega Raffaele Mongiorgi Ammi-nistratore delegato di Mwm - pro-muovere ogni anno un’associazionebenefica. Nel 2006 abbiamo organiz-

zato un convegno con Samur, StudiAvanzati Malattie Urologiche, nelquale si è discusso delle malattie pro-statiche, di come prevenirle e cenni diterapia. Per questo 2007 abbiamo in-vece scelto la Fondazione Idea poichèabbiamo pensato che molte persone efamiglie debbano spesso confrontarsicon questa realtà”.E' nato così un sodalizio che ha por-tato all'iniziativa “Un'idea da condivi-dere” che ha raccolto tanti bolognesinel parco dei Ciliegi. La regia dellamanifestazione è stata della Fondazio-ne stessa che, in questo modo, ha po-tuto far conoscere ad un nuovo pub-blico gli scopi per cui è nata, attraver-so un filmato che ha illustrato megliodi tante lezioni accademiche, chepossono essere per alcuni difficili epesanti, situazioni e disagi reali.Idea è nata per informare ed educarela pubblica opinione e gli operatorisanitari alla conoscenza dei disturbidell’umore e dei più efficaci tipi dicura, promuovendo la ricerca e po-nendosi anche quale interlocutricesu questi temi con Istituzioni, Mini-steri ed Enti. I fenomeni di depres-sione, ansia ed altri cosiddetti “malioscuri” costituiscono un diffusissimoproblema di salute pubblica, in quan-to soffre di tali disturbi circa il 15-20% della popolazione, percentuale

che continua inevitabilmente ad au-mentare. Un dato questo che nonpuò più passare inosservato e chedeve spingere a una profonda rifles-sione, anche a livello istituzionale,perché inevitabilmente chi soffre diqueste patologie fa parte della so-cietà e con essa deve confrontarsi.Purtroppo ancora oggi il maggioreostacolo alla cura di queste malattieè rappresentato dal pregiudizio edalla disinformazione, sia da partedei pazienti, dei loro familiari e del-l’opinione pubblica in generale, siadella stessa classe medica. Depressio-ne ed ansia non vengono spesso ri-conosciute come vere e proprie ma-lattie ma come semplici momenti didebolezza e di mancanza di capacitàdi reagire ai vari eventi a cui la vita,a volte, ci pone di fronte. Ne conse-gue che, così come denunciato dall’Organizzazione Mondiale della Sa-nità, il 60% dei depressi non riesce aricevere una diagnosi corretta men-tre, fra il restante 40% riconosciutotale, solo un 18% potrà ricevere lecure adeguate e nei tempi giusti.Una conoscenza non superficiale diansia, depressione e patologie ad esseaffini, passa attraverso una correttainformazione, come quella trasmessaal parco dei Ciliegi grazie all’impe-gno di Mwm.

UN MALEOSCURO?CI VUOLEUN’IDEA

Per sensibilizzare istituzioni e cittadini sull’ansia e sulla depressione è nata un’associazione, Idea,che ha trovato sostegno alla Mwm di Zola Predosa

Deborah Dirani

1 impegno sociale

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1 imprese in primo piano

SAN MATTEODELLA DECIMAPOLO ITALIANO DELLA NAUTICA

Presentazione di Twin Disc Technodrive

a cura di Domenico Lusi

L’ambizioso progetto di Twin Disc Technodrive: un polo,

con aziende in Emilia-Romagna e Toscana,

in grado di proporsi come uno dei principali player

mondiali nel settore delle trasmissioni marine

e delle soluzioni per la nautica, compresi yacht e super yacht

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Un polo industriale italianoper la nautica tra Emilia-Romagna e Toscana in gra-

do di competere a tutto campo suiprincipali mercati internazionali. E’l’ambizioso progetto a cui da oltreun anno sta lavorando la Twin DiscTechnodrive, azienda di San Matteodella Decima. Dopo una progressio-ne fulminea che l’ha portata, alla finedegli anni Novanta, a diventare part-ner del colosso americano Twin DiscInc, a maggio del 2006 Twin DiscTechnodrive ha proceduto all’acqui-sizione di tre nuove società italianeattive nel settore nautico (la Bcs srl,la Bcs Service Srl e la Twin DiscPropulsion srl, con sedi a Limite sul-l’Arno e a Viareggio) dando vita aun pool di aziende produttrici di di-mensione globale. «Con due stabili-menti – ricorda Carlo Contri, mana-ging director di Twin Disc srl –quello di San Matteo della Decima equello di Limite sull’Arno, circa 180dipendenti e un fatturato annuo dicirca 70 milioni di euro, il nuovogruppo, ribattezzato Twin Disc srl, sipropone oggi come uno dei princi-pali player mondiali nel settore delletrasmissioni marine e delle soluzio-ni per la nautica in genere , yacht esuper yacht inclusi».«Il progetto che ha dato vita a TwinDisc srl – spiega Contri – nasce dal-la consapevolezza che solo un grup-po di aziende, accomunate da unaconsolidata esperienza , può rag-giungere l’obiettivo di aggregare edarmonizzare un ampio portafoglio disoluzioni tecniche e di servizi dedi-cati all’industria del settore nautico edelle applicazioni industr iali delcontrollo di potenza in modo da po-tere competere da protagonisti sulmercato globale». In tal senso, la scel-

ta dei nuovi partner non è stata ca-suale. Bcs è un’azienda leader nelmercato degli impianti ed aziona-menti idraulici ed elettronici dellanautica che varia dalle applicazionidiportistiche al settore della difesadel territorio (militare, Guardia Co-stiera ecc..), Bcs Service è specializ-zata in servizi di cantiere e assistenzapost-vendita, mentre Twin Disc Pro-pulsion è leader nella ingegnerizza-zione e distribuzione di sistemi spe-ciali di propulsione navale. Insieme aTwin Disc Technodrive, realtà leadernella produzione delle trasmissioniindustriali e di invertitori marini perla piccola e media nautica, oggi ilnuovo gruppo di aziende è in gradodi fornire una gamma di soluzionicompleta che va dalle piccole e me-die potenze agli yacht e ai super ya-cht. «Al momento – afferma Contri– ci stiamo concentrando soprattuttosul settore dei super yacht, su cuilavora a pieno regime lo stabilimen-to toscano (impegnato principal-mente sulla nautica di alto livello),senza dimenticare tuttavia il settoredelle trasmissioni industriali a cui èdedicato lo stabilimento di San Mat-teo della Decima che si occupa an-che della produzione di invertitori,seal drive e assi elica per la piccola emedia nautica. L’obiettivo è di riu-scire a contrastare la concorrenzadelle grandi aziende tedesche eamericane operanti nel settore ma-rino e di quelle italiane e tedescheoperanti nel settore industriale».Insomma, un progetto ambizioso,che non poteva che poggiare su unarealtà consolidata come Twin DiscTechnodrive. L’impresa nasce infattinel 1973 a Cento, per iniziativa diun gruppo di imprenditori, con ilnome di Technodrive, come produt-

trice di componenti industriali e tra-smissioni meccaniche destinate adaziende come Lamborghini, IvecoAifo., Lombardini,VM Motori, Du-cati. Con una progressione stupefa-cente, in pochi anni l’azienda crescefino a trasformarsi in una strutturaefficiente in grado di progettare, svi-luppare e produrre trasmissioni dipotenza, invertitori marini, accop-piatori ed organi di trasmissione peruna vasta gamma di motori diesel.Nel 1989 Technodrive sotto la ge-stione di Contri decide strategica-mente di investire sempre più nelsettore nautico. Nel giro di dieci an-ni l’azienda quadruplica il fatturato einizia ad espandersi all’estero sino araggiungere una percentuale diesportazione di circa il 50% delfatturato. Apre dapprima una filialein Francia, quindi allarga il mercatoai paesi del Mediterraneo e si pre-senta con risultati significativi nelmercato nordamericano e nell’areadel Sud-Est Pacifico. Non solo. E’ trale prime in Italia ad ottenere la cer-tificazione di qualità ISO9001 con ilRegistro navale italiano (Rina), se-guita dai corrispettivi registri ABS,Lloyds’ Register e Bureau VeritasL’azienda ottiene anche, nel 2001, lacertificazione ISO14000 che ne at-testa il rispetto e l’impegno per co-stituire nel suo territorio una delleprime realtà produttive a “impattozero” sull’ambiente. Nel 1999 arrival’ennesimo salto di qualità. Techno-drive viene acquisita da Twin DiscInc., gruppo americano quotato alNasdaq e una delle maggiori realtà alivello internazionale nel settore del-le trasmissioni di potenza. Con il no-me di Twin Disc Technodrive l’a-zienda continua a crescere fino alnuovo progetto di diventare leader

del nuovo polo nautico italiano.«Oggi – conclude Contri – siamopresenti in tutto il mondo, dall’Euro-pa agli Usa, passando per Australia,Arabia Saudita e Far East. Il prossimopasso prevede l’apertura di due nuo-ve filiali in India e Cina oltre a inve-stimenti in Sud America per cattura-re anche il mercato delle trasmissioninautiche destinate alle imbarcazioniper il trasporto passeggeri e mercisui grandi fiumi, senza dimenticarele trasmissioni industriali necessarieper il definivo sviluppo economicodi quell’area».

“Siamo presenti in tutto il mondo:dall’Europa agli Usa,passando per Australia,Arabia Saudita e Far East”

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2 imprese in primo piano

L’ORGOGLIO DISTARE

SULLA STRADADA SEMPRE

Presentazione di Ilcop

a cura di Elisa Di Lupo

Ilcop Costruzioni di Marzabotto festeggia trent’anni

di un’attività multiforme,

che ha il suo core business nei lavori stradali:

arterie, ferrovie, acquedotti, fognature e opere pubbliche

Trent’anni sulla strada, a co-struire arterie, ferrovie, ac-quedotti, fognature, in una

parola, opere pubbliche. Festeggiaquest’anno il suo trentennale la Ilcopcostruzioni di Marzabotto, societàche lavora con importanti commit-tenti nazionali (da Anas a Rfi, Reteferroviaria italiana) e privati e che dapochissimo si è affacciata nell’ediliziain proprio. “Reciproca soddisfazio-ne” è lo slogan preferito da MassimoTovoli, che amministra insieme alfratello Giorgio, la Ilcop.“Significa – spiega Massimo Tovoli –che vogliamo lavorare non solo per-ché il cliente sia soddisfatto ovvia-mente, ma anche per la nostra soddi-sfazione per aver lavorato bene. Unmotto, e una passione, che cerchia-mo di applicare fin dal 1977, annodella nascita della società ”.La Ilcop odierna ha un’antenata nel-la ditta individuale di Domenico To-voli, padre dei due fratelli, che neldopoguerra cominciò a lavorare nel-le costruzioni. Dopo la devastazionedi un lungo periodo di bombarda-menti e battaglie, c’era da ricostruireun po’ tutto, a partire da opere im-portanti come ponti, strade, lineeferroviarie.“Da lì – racconta Tovoli –nacque poi la Ilcop: nel 1977, a miopadre si affiancò Giorgio, che si eraappena diplomato come geometra, el’azienda prima si allineò e poi su-però l’azienda originaria”.Il lavoro non mancava, i committentierano le Ferrovie dello Stato, il Mi-nistero dei Lavori Pubblici, l’Anas eil Genio Civile nonché i principaliComuni della provincia. Le opereinfrastrutturali pubbliche negli anni’80 totalizzavano infatti il 100% delfatturato.“Solo negli anni ’90 – pro-segue Tovoli – la Ilcop comincia a

differenziarsi e a guardare con inte-resse alla committenza privata. Tral’altro, in quel periodo, cambiaronoalcune norme che trasferirono alleimprese immobiliari competenze eoneri di urbanizzazione prima a ca-rico dei comuni, e la Ilcop ne gua-dagnò nuovi appalti. Oggi il privato,inteso come società immobiliar i,cooperative edificatrici o aziendeimpegnate in interventi edilizi, rap-presenta il 70% del fatturato, mentreil 30% rimane come prima il risulta-to della committenza pubblica”.Dal pubblico al privato, ma semprecon lo stesso oggetto: strade e opereinfrastrutturali, pavimentazioni auto-bloccanti e arredo urbano, ediliziacivile e industriale. Meno ponti, ma-gari, ma “la Ilcop – spiega – costrui-sce ora anche un po’ tutto quelloche c’è intorno a case e quartierimedio-piccoli, dagli impianti di illu-minazione alle reti sotterranee, daimarciapiedi ai parcheggi, in una pa-rola le urbanizzazioni”.L’interesse per la casa è alla base an-che del nuovo campo in cui la Ilcopsi è lanciata recentemente: ovvero ilsettore dell’edilizia immobiliare.“Abbiamo un cantiere nel comunedi Grizzana Morandi – dice Tovoli –dove costruiremo un complesso disei villette indipendenti in localitàCasella, un piccolo borgo in zonapanoramica. La Ilcop opera, ovvia-mente, già da anni in campo edile,ma è la prima volta che facciamo unintervento in proprio: in pratica ilterreno è nostro e venderemo le vil-lette una volta ultimate. L’interventopotrà fregiarsi della Classe A in ma-teria di risparmio energetico, quindile caratteristiche di isolamento sa-ranno al top e vi saranno sia i pan-nelli solari per il riscaldamento del-

l’acqua sanitaria che quelli fotovol-taici per la produzione di energiaelettrica. Il progetto architettonico ela direzione lavori sono dell’ing. Ro-berto Ballandi, un tecnico, che con-sidero anche un amico, di cui moltiimprenditori edili bolognesi apprez-zano le capacità. Dovrebbero esserepronte a fine 2008”.Un altro campo, relativamente re-cente, è quello della rappresentanzadi materiali per l’arredo urbano.“Dal1995 – spiega ancora Tovoli – rap-presentiamo marchi di aziende na-zionali come Senini (pavimenti au-tobloccanti, blocchi e cordoli in cal-cestruzzo), Hobag-Lecablock (arredo

urbano e prefabbricati in calcestruz-zo) e Stebo Ambiente (giochi perparchi e arredo urbano in legno).Abbiamo nostri addetti commercialiche formulano offerte in nome e perconto delle ditte mandanti e che sioccupano anche di seguire la posa inopera; in particolare abbiamo svilup-pato molto il settore dei pavimentiautobloccanti, nel quale riteniamo di

essere molto competitivi su tutta laprovincia di Bologna”.Il risultato di queste multiformi atti-vità è tutto nei numeri. La Ilcop harelativamente pochi dipendenti, 9,ma ne movimenta fino al triplo algiorno tra dirigenti di cantiere, ca-mionisti, artigiani vari. Nel 2006 ilfatturato stimato si avvicina ai tremilioni di euro. L’azienda lavora og-gi, tanto per fare alcuni esempi, conmoltissimi comuni della provincia diBologna, con Bologna Fiere e, a li-vello nazionale, ancora con commit-tenti quali Anas e Rfi. Portano la suafirma, tra l’altro, un tratto della cir-convallazione di Calderara di Reno,

l’ammodernamento dello stadio dibaseball Gianni Falchi di Bologna, leurbanizzazioni di diverse lottizzazio-ni di Pianoro alcuni sottopassaggiferroviari lungo la linea Bologna-Porretta e la ristrutturazione di alcu-ne vie del centro storico di San Gio-vanni in Persiceto.Sulla strada da sempre, quindi, manon solo.

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IDEE FUORI

CAMPO

di Dan Saffer

Dan Saffer è designer interattivo presso AdaptivePath, società di consulenza nel design e nell’e-sperienza dell’utente, con sede a San Francisco.

L’articolo di questa pagina è stato pubblicato suBusinessWeek n. 5 marzo 2007

1 opinioni

“Piuttosto che produrre semplicemente nuovi prodotti e servizi, dovremmo sforzarci di crearne di migliori e significativi”

Un diluvio di recenti artico-li, libri, trasmissioni per i-Pod e blogs offre il seguen-

te consiglio alle imprese nel mercatoglobale dei giorni nostri: “per rima-nere competitivi si deve innovare,innovare, e ancora innovare. Bisognaspargere l’innovazione, come fossefertilizzante, su tutta la propria atti-vità”, esortano gli esperti. E ciascuncomponente all'interno della struttu-ra organizzativa – allo stesso modocustodi e dirigenti – farà meglio adabbracciare l’innovazione a meno dinon voler mettere a rischio la dittastessa. La parola Innovazione è ovun-que, e diventa sinonimo dell’“effi-cienza” o della “direzione di totalequalità” di questa generazione. Nona caso, il più recente supplemento diBusinessweek si intitola Dentro l’In-novazione.Non è difficile intuire dove questaesaltazione possa portare: l’innova-zione per il bene dell’innovazione.

Per averne prova è sufficiente fare ungiro per le corsie di un supermercatoqualsiasi e prendere nota di tutte leetichette che riportano la dicitura“Nuovo e ancora più Efficace!” Inaltre parole quel che ci cattura è ilketchup viola e la Pepsi Cristallo –prodotti di cui nessuno ha bisogno eche pochi desiderano sul serio.Il problema è un diffuso fraintendi-mento del vero significato, o benefi-cio, dell'innovazione.L'innovazione è tradizionalmenteintesa come la combinazione di in-tuizione ed invenzione, dove l’intui-zione s’identifica nel momento dello“Aha!” e l’invenzione si traduce inquell’azione della società che con-cretizzerà l’intuizione.Tutto ciò va benissimo, ma mancaun aspetto cruciale della definizione:l’abilità di giudicare l'ispirazione e dideterminare se sia convenientespendere le risorse dell'impresa per

realizzare l’invenzione. Senza questacapacità di giudizio, l'innovazione sir iduce al Nuovo, e non sempre“nuovo“ è sinonimo di meglio. È

solo uno sfrigolìo più intenso nonuna bistecca più succulenta. L’inno-vazione per essere veramente im-portante ha bisogno di accordarsi al-le esigenze dei consumatori. È ne-cessario che le intuizioni derivinodai bisogni e dai desideri insoddi-sfatti della gente, non dalla necessitàdi innovazione che la ditta sente co-me propria.La ragione per cui desideriamo in-tensamente certi oggetti ha poco ache vedere con il loro grado d’in-

novazione.Piuttosto, favoriamo certi prodottiperché soddisfano le nostre neces-sità persino quelle che non sapeva-mo di avere. La ragione per cuimolti di noi amano l’i-Pod, l’esempioprincipe citato dai guru dell’Innova-zione, non è il suo essere innovativo.Lo amiamo perché ci permette disentire la musica e di organizzare lenostre collezioni musicali in un mo-do mai sperimentato prima. TiVooffre più o meno lo stesso beneficioai telespettatori. Finalmente posso

abbonarmi ai miei spettacoli televi-sivi preferiti e guardarmeli a piaci-mento. Non sapevo di volere TiVo –né di averne bisogno – fino a quan-do non l’ho avuto. In altre parole haun significato reale per me e permilioni di altri consumatori.Le società ossessionate dall’innova-zione possono cadere in un’altratrappola: quella di scartare o ignora-re prodotti davvero eccellenti percercarne di nuovi. Alcuni prodotti,specialmente quelli che “sfondano”,spesso impiegano del tempo per

raggiungere l’adozione di massa.(Ricordate quando i critici

sostenevano che lasigla i-Pod fosse l’a-cronimo di “IdiotiPrezzano [stimano]i Nostr i Aggeg-g i”?). Per coloroche sono alla co-stante r icerca del

nuovo, spinti dal co-stante bisogno di “accesso-

riarsi”, ciò che è convenzionale -non importa quanto sia utile - di-

venterà, al confronto, obsoleto. Ma sitratta di falsa innovazione, indottadalle società produttrici, non dallenecessità del cliente.Quello di cui si ha bisogno non èsempre il nuovo o l’unico, e di sicu-ro non è sempre all’insegna del“più”, più funzioni, più aggeggi, piùnovità. Qualche volta è all’insegnadel “meno”.La console Wii della Nintendo, peresempio, ha un numero di funzionidi gran lunga minore rispetto allaPlaystation3 della Sony, eppure è cosìpiacevole usare la console Wii, che nesono stati venduti molti più pezzi ri-spetto alla Playstation3. Quindi, qual-che volta, è necessario rispondere ad

una domanda semplice, che però è lapiù importante: “la gente ha bisognodi questo?” O, ancora più importan-te, “questo prodotto arricchirà l’esi-stenza di qualcuno?”.A questo punto entra in scena ilDesign. Come professionista del de-sign apprezzo il recente coinvolgi-mento dei designers nel processod’innovazione da parte del mondodegli affari.Tuttavia mi preoccupa che il Design(quello con la D maiuscola, che èmolto di più dello styling del pro-dotto) possa essere convenientemen-te etichettato come innovazione, so-lo per poi essere relegato in panchi-na nel momento in cui la moda del-l’innovazione si sarà attenuata, comeaccade per tutte le mode.Il design come disciplina e come me-todo di lavoro, ha molto di più da of-frire – metodi di ricerca, brainstor-ming, concettualizzazione, formazio-ne del prodotto e, sì, attività pensante.L’innovazione, per lo meno nel suouso popolare, non possiede nessunadi queste doti.Fatto ancor più importante è chenon possiede una dimensione stori-ca, ma solo quella presente e futura:la ricerca infinita del nuovo e del-l’unico, e solo occasionalmente delmeglio. Ma senza un contesto per iconsumatori, il culto dell’innova-zione verrà prima o poi dimentica-to insieme con tutte le lezioni ap-prese, incluso quella più importan-te: solo perché si può fare qualcosanon è detto si debba farla. Piuttostoche produrre semplicemente nuoviprodotti e servizi, dovremmo sfor-zarci di crearne di migliori e signi-ficativi.Al giorno d’oggi questa sarebbe lavera innovazione.