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RASSEGNA DELLE NUOVE TENDENZE DELL’ARCHITETTURA MODERNA
EDIFICI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE CON CONSUMI ENERGETICI RIDOTTISSIMI E ALTO
VALORE ECOLOGICO LA PROGETTAZIONE DELLE ABITAZIONI IN CHIAVE ECOSOSTENIBILE DIVENTA ELEMENTO DETERMINANTE PER UN NUOVO MODO DI VEDERE E VIVERE LA
PROPRIA CASA.
LIONS CLUB IVREA DARIO VINEIS
7 giugno 2016
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Sommario
1. Premessa: eco-sostenibilità in edilizia .............................................................................................. 3
1.1 Presupposti (effetto serra, utilizzo fonti fossili, Unione europea,) ..................................... 3
1.2 Obblighi normativi dal D. Lgs. 196/2005 .................................................................................. 4
1.3 Nuova sensibilità culturale verso l’ambiente .......................................................................... 4
2. Ecologia e architettura – Pillole di storia .......................................................................................... 5
2.1 Dall’Art Nouveau al Movimento Moderno ............................................................................... 5
2.2 L’esempio dei grandi maestri (Le Corbusier, Alvar AAlto, Frank Lloyd Wright, Philip
Johnson) ....................................................................................................................................................... 6
2.3 L’utopia di Paolo Soleri ................................................................................................................. 8
3. Cos’è un edificio a basso impatto ambientale ................................................................................ 9
3.1 Il bilancio energetico ..................................................................................................................... 9
3.2 Le tecnologie per la casa ad alta efficienza energetica ....................................................... 10
Muratura portante .............................................................................................................................. 12
Calcestruzzo cellulare autoclavato .................................................................................................. 12
Legno Xlam ........................................................................................................................................... 14
Cappotto termico ................................................................................................................................ 16
Il comfort ambientale indoor – salubrità e benessere ................................................................ 17
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1. Premessa: eco-sostenibilità in edilizia
1.1 Presupposti (effetto serra, utilizzo fonti fossili, Unione europea,)
Di eco-sostenibilità in edilizia si parla da circa un ventennio ossia da quando ci siamo
accorti che uno dei problemi ambientali più gravi che dobbiamo affrontare, ma
soprattutto che dovranno affrontare le generazioni future, è il cambiamento climatico
con tutte le implicazioni connesse.
Lo sviluppo economico dell’ultimo secolo, se da un lato ha portato i benefici della crescita
culturale (ma non ovunque), del miglioramento della qualità della vita (ma non
ovunque), della sconfitta di alcune malattie (ma non ovunque), ecc., dall’altro ha esposto
per tutto ciò un costo, quello che la nostra civiltà sta pagando e pagherà per molto
tempo ancora; questo perché dello sviluppo economico non siamo stati in grado di
controllare alcuni effetti secondari o forse perché semplicemente li abbiamo ignorati.
L’effetto serra sta generando il surriscaldamento del pianeta Terra aumentandone la
temperatura con conseguenze stravolgenti sugli ecosistemi e sulla vita vegetale e
animale; tutto ciò genererà importanti modificazioni socioeconomiche e geopolitiche i
cui prodromi si palesano già ora.
Ma cosa sta alla base del cambiamento
climatico? Alla base dell’effetto serra c’è
l’immissione in atmosfera dei gas climalteranti
che derivano dalla combustione di petrolio, gas
e carbone, ossia i fumi di scarico della centrale
energetica della nostra civiltà. Senza
addentrarci oltre in questo vasto argomento e
trascurando l’enorme lavoro che si sta facendo
a livello planetario per trovare rimedi
compatibili con le esigenze di tutti i Paesi, sviluppati ed in via di sviluppo – pensiamo agli
studi scientifici di Istituzioni quali l’IPCC sostenute dalle Nazioni unite, alle analisi di
laboratori sparsi ovunque sul Pianeta, alle conferenze planetarie per trovare accordi
condivisi – ricordiamo semplicemente che già dal 2002 l’Unione Europea chiese a tutti i
Paesi aderenti uno sforzo per ridurre le proprie emissioni di gas serra, in particolare
Figura 1 – Prime trivellazioni petrolifere a Titusville PN, 1860 circa
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cominciando dal settore edilizio che all’epoca era il responsabile di circa il 40% dei
consumi energetici dell’Unione, con una diretta corrispondenza sull’inquinamento
atmosferico.
Per affrontare la sfida dell’annullamento delle emissioni climalteranti oggi il mondo
dell’edilizia è già tecnologicamente pronto, le conoscenze ci sono, la professionalità dei
tecnici è ancora un po’ confusa ma in via di formazione. È in questo ambito che occorre
quindi impegnarsi perché è proprio il settore edilizio che può dare avvio al futuro
sviluppo sostenibile del Pianeta.
1.2 Obblighi normativi dal D. Lgs. 196/2005
In Italia si è cominciato a parlare di risparmio energetico e di edifici a basso consumo dal
2005 con il decreto legislativo n. 196 che recepiva le indicazioni della Direttiva 2002/59
della Comunità europea; da allora, non senza fatica e con molta confusione, si è giunti
oggi a definire i criteri per un’edilizia con consumo prossimo allo zero, che significa, nella
sostanza, la realizzazione di nuovi edifici e la riqualificazione di quelli esistenti con
tecniche di progettazione e di realizzazione che consentano la minimizzazione
dell’impiego di combustibile per il riscaldamento e di energia elettrica per il
raffrescamento; in breve edifici con impianti a bassa produzione energetica.
1.3 Nuova sensibilità culturale verso l’ambiente
Parallelamente a questi discorsi va detto che negli ultimi decenni è maturata una nuova
coscienza ambientale che ha avuto la sua radice nell’interpretazione filosofica del
mondo contemporaneo e nel concetto di
responsabilità verso l’ambiente. Ricordiamo
colui che è considerato il padre dell’etica
ambientale: il filosofo tedesco Hans Jonas che
con il suo trattato intitolato “Il principio
responsabilità” edito nel 1979, pone l’accento
sulle conseguenze che l’agire umano ha sulle
generazioni future e sull’ambiente. Celebre è Figura 2 – Hans Jonas, 1903 - 1993
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l’imperativo che ci ha lasciato: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano
compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”.
2. Ecologia e architettura – Pillole di storia
2.1 Dall’Art Nouveau al Movimento Moderno
Si incomincia ad intravedere un rapporto tra architettura e natura negli anni a cavallo
tra ottocento e novecento quando compare un nuovo stile progettuale, in linea con il
gusto estetico dell’epoca nell’ambito pittorico, dell’arredamento, dell’abbigliamento: è
l’epoca dell’Art Nouveau o Stile floreale, conosciuto anche come stile Liberty. Questa nuova
tendenza nasce in Belgio ma si diffonde rapidamente in tutta Europa con accezioni
diverse, tutte a sottolineare una cesura con il passato ed un nuovo modo di porsi nei
confronti delle arti applicate che, con la diffusione delle macchine di produzione, si
trovavano svilite di contenuto artistico.
In origine quindi il rapporto tra architettura e attenzione verso la natura si limita
all’imitazione geometrica, alla sinuosità delle forme in contrapposizione allo stile rigido
e scenografico dell’eclettismo dell’ottocento che aveva una visione storicistica
dell’architettura stessa.
La sperimentazione architettonica nell’ambito
dell’Art Nouveau portava alla rinuncia di
qualsivoglia ordine architettonico, ponendo
l’architetto di fronte alla necessità di
immaginare e creare forme nuove; è proprio
questo desiderio di non riferirsi a modelli
pregressi che consente la nascita della corrente
del Movimento Moderno a noi più vicina e grazie alla quale l’architettura inizia a
rapportarsi dialetticamente con l’ambiente naturale.
Il periodo in cui si sviluppa il Movimento Moderno è tra i più tragici del secolo scorso, è il
periodo tra le due guerre, denso di contraddizioni sociali, di crisi economiche, di utopie
ma questa nuova architettura, detta anche razionalista e funzionalista, lascia segni
indelebili nel modo di percepire l’ambiente costruito.
Figura 3 - A. Gaudì, Casa Batllò, Barcellona, 1907
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Anche il movimento moderno, come pure tutta l’architettura che seguirà per molti
decenni, non entra nel vivo del concetto di sostenibilità, piuttosto lo sfiora, ne percepisce
l’importanza senza affrontarne i contenuti; certamente le ancora limitate conoscenze
tecnologiche - ma soprattutto la mancata percezione degli effetti del cambiamento
climatico già in atto da circa 100 anni - dovute all’assenza di un adeguato supporto
sperimentale, resero il Movimento privo di alcuni obiettivi concreti benché l’esperienza
dei grandi maestri anticipasse la strada dell’eco-compatibilità.
2.2 L’esempio dei grandi maestri (Le Corbusier, Alvar AAlto, Frank Lloyd Wright, Philip
Johnson)
Le Corbusier. Per Le Corbusier s’è speso inchiostro a fiumi; straordinarie sono le sue
costruzioni anche se a volte, per qualche loro difettuccio costruttivo, facevano
imbestialire il Committente. Ma di Le Corbusier
ricordiamo soprattutto le sue utopie
urbanistiche, la sua idea di nuova città che egli
chiamava Ville Radieuse e che rispondeva al
principio di riequilibrio del rapporto uomo-
natura. Egli considerava il diritto al sole degli
edifici, la separazione tra arterie veicolari e
zone pedonali, la separazione tra le aree
dedicate all’amministrazione e all’industria e
quelle residenziali che, liberate dal traffico,
risultavano immerse nel verde. Le Corbusier
riesce a concretizzare queste sue teorie nel
1951 quando riceve la commessa dal premier
indiano Nehru per la costruzione della capitale Chandigarh, la città d’argento, una delle
più belle e ricche città dell’India.
Figura 5 – Le Corbusier, Palazzo dell’Assemblea, Chardigarh, Punjab, 1952 - 1965
Figura 4 – Le Corbusier, Villa Savoye, Poissy, 1931
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Alvar Aalto. Di Alvar Aalto ricordiamo il capolavoro di Villa Mairea, realizzata tra il 1938
ed il 1939 e che rappresenta un emblema dell’Architettura Organica europea, quale
modo di costruire basato sull’equilibrio tra
uomo e natura. La Villa, commissionata da un
industriale del legno, è completamente
immersa nel bosco dal quale trae linfa vitale ed
equilibrio armonico. La struttura portante, in
pilastrini di acciaio o di legno, è disposta
secondo una maglia il cui modulo subisce
continue anomalie, raddoppiando o triplicando
i sostegni, disponendoli come un diaframma continuo all’ingresso e nella scala interna,
legandoli insieme con corde o intrecciandole con piante rampicanti.
Frank Lloyd Wright. È stato uno dei maggiori architetti che hanno rappresentato il
Movimento Moderno e la corrente
dell’architettura organica che egli così definiva:
“Per Architettura Organica io intendo
un'architettura che si sviluppi dall'interno
all'esterno, in armonia con le condizioni del suo
essere, distinta da un'architettura che venga
applicata dall'esterno.”
Tra le sue opere più famose ricordiamo la casa
sulla cascata del 1936 ove il concetto di armonia
tra uomo e natura trova in questa realizzazione
la sua più vera espressione.
Philip Johnson. Dei grandi maestri egli è uno di quelli che hanno traghettato
l’architettura verso la fase post-moderna che è
seguita all’International Style del quale Philip
Johnson è stato tra i primi sperimentatori negli
Stati Uniti dopo l’esperienza del CIAM Congrès
Internationaux d'Architecture Moderne.
L’architetto sperimenta per sé stesso il
Figura 6 – Alvar Aalto, Villa Mairea, Noormarkku, FIN, 1939
Figura 7 – Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann, Mill Run, PA
Figura 8 – Philip Johnson, Glass house, New Canaan, Connecticut, 1949
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rapporto diretto con l’ambiente naturale collocando la sua residenza all’interno di un
grande appezzamento di terreno nel quale trovano posto gli altri piccoli edifici per gli
ospiti, per la collezione di quadri, per il suo studio.
La famosa Glass House del 1949 rappresenta certamente un modello architettonico che,
con il miglioramento delle caratteristiche prestazionali dei materiali e delle tecnologie,
ha successivamente consentito la diffusione delle realizzazioni a tutto-vetro e delle
ampie finestrature.
2.3 L’utopia di Paolo Soleri
Chi è stato Paolo Soleri?
È stato più di un architetto; egli negli Stati Uniti ha concretizzato tutta la sua esperienza
professionale e umana.
Nel 1946 subito dopo la Laurea conseguita al Politecnico di Torino, sua città natale, si
trasferì quasi subito negli Stati Uniti dove lavorò per alcuni anni con F. L. Wright dal quale
si allontanò a causa di dissidi personali e professionali per tornare nuovamente in Italia.
Durante il soggiorno in Patria durato alcuni anni prese confidenza con la modellazione
della terracotta e la realizzazione di ceramiche.
Tornato negli Stati Uniti, in Arizona, fondò nel 1961 Cosanti, uno studio-laboratorio nel
quale sviluppare la sperimentazione architettonica e l’auto produzione di oggetti artistici
con la partecipazione di studenti dell’Università.
Figura 9 – Paolo Soleri, Arcosanti - Arizona, 1970
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Nel 1970 diede inizio alla costruzione di un prototipo di città per 5’000 abitanti, Arcosanti,
basandosi sul principio da egli stesso elaborato e definito “arcologia”, ossia
l’armonizzazione tra architettura ed ecologia.
Paolo Soleri ha elaborato una visione dell’architettura e dell’urbanistica come parte
integrante dell’ecologia; esse rappresentano la componente ecologica dell’uomo. Dei
moltissimi progetti elaborati a livello teorico da Soleri pochissimi sono stati realizzati,
quasi tutti nell’ambito della creazione della sua città ideale nella quale si sperimenta un
nuovo stile di vita del tutto integrato con la natura.
Paolo Soleri muore all’età di 93 anni nella sua Cosanti nel 2013.
3. Cos’è un edificio a basso impatto ambientale
3.1 Il bilancio energetico
Si realizza un edificio a basso impatto ambientale quando abbiamo la certezza che esso,
durante tutto il suo periodo di esercizio,
sia invernale che estivo, non produce
emissioni di gas climalteranti o ne emette
in quantità prossima allo zero. Questa
tipologia di edifici si definiscono appunto
NZEB acronimo di Nearly Zero-Energy
Building e sono precisamente edifici ad
altissima prestazione energetica che minimizzano i consumi legati al riscaldamento,
raffrescamento, ventilazione, illuminazione, produzione di acqua calda sanitaria,
utilizzando energia da fonti rinnovabili, elementi passivi di riscaldamento e
raffrescamento, sistemi di ombreggiamento. In questi edifici è garantita un’idonea
qualità dell’aria interna e un’adeguata illuminazione naturale in accordo con le
caratteristiche architettoniche dell’edificio.
La nuova Direttiva europea EPBD (Energy Performance Building Directive) dispone che, a
partire dal 31 dicembre 2020, tutte le nuove costruzioni dovranno essere edifici NZEB e
le caratteristiche con cui questi dovranno essere progettati sono già state individuate
dalla Normativa nazionale di riferimento sul risparmio energetico e la certificazione
energetica degli edifici (UNI TS 11300). Analogamente come per le nuove costruzioni
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dovranno essere intraprese azioni di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio
esistente che può rappresentare anche un importante volano per la ripresa economica.
Per comprendere cosa sia un edificio a basso impatto ambientale occorre fare un
richiamo alla Fisica tecnica che ci aiuta a chiarirne il significato; parliamo dunque di
bilancio energetico.
Il bilancio energetico di un edificio a basso consumo deve corrispondere alla seguente
equazione:
Calore fornito = Dispersioni (trasmissione e ventilazione) – Apporti gratuiti (solari e
interni)
Ƞ: fattore di utilizzazione dei carichi interni
Ciò significa che evitando sprechi di calore e sfruttando l’energia passiva (solare e
interna) minore sarà il calore che dovremo introdurre nell’edificio per mezzo di un
impianto per mantenere in esso le condizioni di comfort termo-igrometrico.
Nel caso di una ristrutturazione l’efficienza energetica va innanzitutto ricercata nella
riduzione delle perdite.
3.2 Le tecnologie per la casa ad alta efficienza energetica
Ma quali tecnologie utilizzare per realizzare una casa ad alta efficienza energetica?
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Non vi sono tecnologie migliori o peggiori, quasi tutte sono adatte per ottenere livelli
molto performanti ma è chiaro però che con alcune di esse il traguardo sarà più
facilmente raggiungibile mentre con altre sarà il percorso sarà più faticoso. In ogni caso
il principio che sta alla base di una realizzazione ad alta efficienza è la qualità del
progetto che deve prendere in considerazione ogni aspetto tecnico di dettaglio perché
è proprio nel dettaglio che si insinuano gli errori e, com’è noto, dall’errore nasce il
problema che ha come conseguenza l’aumento dei consumi e la riduzione del livello di
comfort e di salubrità interna dell’edificio.
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Muratura portante
La muratura portante è forse tra tutte le tecnologie quella più conosciuta dalle
maestranze ma quella di cui si parla ora non è
precisamente quella tradizionale; in effetti il
materiale di base è lo stesso ma si tratta di un
paramento blocchi in laterizio (non di mattoni)
con caratteristiche termiche, e soprattutto di
impiego, assai innovative.
Alla base dell’esecuzione di una buona
struttura portante in muratura sta la necessità
di operare la posa dei blocchi con estrema
perizia, secondo le regole imposte dal fabbricatore e non come si fa di consueto quando
“si tira su un muro”.
Calcestruzzo cellulare autoclavato
Alla base dell’esecuzione di una buona struttura portante in muratura c’è la necessità di
garantire fin da subito una condizione di buon isolamento perimetrale. Le tecnologie di
produzione di elementi per murature, da ormai molti anni, si sono specializzate con la
realizzazione di blocchi dalle ottime performance energetiche ma tra le molte esistenti
una di quelle che presenta grande interesse è quella del Calcestruzzo Cellulare
Autoclavato.
La storia di questo materiale risale alla fine dell’ottocento ma solo intorno agli anni venti
in Svezia, a causa della sempre più limitata disponibilità di legname da costruzione,
venne sviluppato dall’architetto Johan Axel Eriksson un processo produttivo brevettato
che diede il via all’industrializzazione del prodotto.
Figura 10 – Muratura in blocchi di laterizio porizzato
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Il calcestruzzo cellulare autoclavato viene
prodotto utilizzando materie prime quali la
sabbia silicea, il cemento e la calce che,
opportunamente impastati con acqua e
reagenti sono in grado di provocare la
produzione di idrogeno; ciò consente, durante
la prima fase di presa, la formazione di una
micro-alveolatura nella massa dell’impasto.
Successivamente alla lievitazione, che viene effettuata all’interno di speciali casseforme,
la massa che assume una consistenza plastica al termine della prima fase di lievitazione,
viene lavorata per ottenere i vari elementi da costruzione. Il processo si conclude con la
maturazione all’interno di autoclave con la stabilizzazione chimica e dimensionale degli
elementi formati. La muratura in calcestruzzo cellulare autoclavato viene realizzata con
un assemblaggio organizzato di blocchi
mediante malta specificatamente classificata
per ottenere giunti sottili. I blocchi possono
essere impiegati, come già detto in precedenza,
sia per la realizzazione di murature di
tamponamento sia per la realizzazione di
murature portanti che, in questo caso, saranno
composte da elementi a densità maggiore. Il
sistema di costruzione in calcestruzzo cellulare
autoclavato prevede l’impiego di pezzi speciali per la realizzazione architravi di
serramenti, per la formazione degli irrigidimenti in calcestruzzo armato negli angoli del
fabbricato, per le lastre per la realizzazione dei solai. In ogni caso occorre sottolineare
che la progettazione della muratura portante con questo sistema implica una attenta
analisi degli aspetti strutturali e l’adozione di speciali accorgimenti di armatura per
l’irrigidimento della struttura, in particolare nelle zone sismiche.
Figura 11 – Struttura del calcestruzzo cellulare autoclavato
Figura 11 – Muratura in blocchi di calcestruzzo cellulare autoclavato
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Questo materiale presenta la peculiarità di possedere una buona Conducibilità termica
che ne fa un prodotto già di per sé “quasi” isolante, anche se è corretto ricordare che i
blocchi impiegati per la realizzazione delle murature portanti hanno una densità
maggiore rispetto a quelli da impiegare per il tamponamento e di conseguenza
presentano prestazioni termiche lievemente
inferiori a quelle di quest’ultimi.
Dal punto di vista della resistenza termica il
materiale si presenta isotropo, ossia reagente
allo stesso modo agli effetti dell’isolamento,
indipendentemente dalla direzione del flusso
termico, condizione che gli garantisce una
migliore omogeneità di comportamento anche nei casi in cui occorra sezionare parte dei
blocchi; in ogni caso per ottenere risultati di isolamento termico complessivo di livello
ottimale è conveniente procedere, anche in questo caso, con la realizzazione di un
“cappotto termico” applicato alla superficie esterna mediante incollaggio e successiva
tassellatura.
Legno Xlam
La tecnologia dell’Xlam nasce alla fine del secolo scorso in Austria presso l’Università di
Graz all’interno di un progetto di ricerca sulle
tecnologie dei materiali da costruzione. Al
primo studio ne sono seguiti rapidamente altri
che hanno portato in pochissimi anni
all’attivazione di processi industriali di
produzione del materiale ed allo sviluppo di
tecniche di progettazione e di calcolo delle
strutture. Nel 2007 è stato realizzato a Londra il
primo edificio a 9 piani con struttura
interamente in Xlam. Questa tecnologia si basa sulla sovrapposizione di tavole in legno
a strati incrociati, in modo tale che la fibra di ogni singolo strato sia ruotata di 90° rispetto
a quella dei pannelli a contatto. Il numero degli strati di ciascun pannello è dispari, con
Figura 12 – Edificio a muratura portante in calcestruzzo cellulare autoclavato
Figura 13 – Struttura in legno Xlam
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un minimo di 5; si utilizza legno di conifera, generalmente abete rosso. Lo spessore delle
tavole che compongono gli strati è variabile da 15 a 30 mm come pure la larghezza che
generalmente è compresa tra 80 e 330 mm. Dal punto di vista della classificazione del
materiale le tavole debbono rispettare le medesime condizioni di quelle impiegate per
la realizzazione del legno lamellare incollato. I pannelli così realizzati hanno dimensioni
notevoli, essi possono raggiungere i 24 m di
lunghezza ed i 4.80 m di altezza ma solitamente
corrispondono in altezza quella di un piano
dell’edificio; i vari strati di tavole vengono
incollati con i collanti normalmente utilizzati
anche per la realizzazione delle strutture in
legno lamellare, di norma a base di poliuretani
prive di formaldeide.
È possibile richiedere allo stabilimento di
produzione la lavorazione del pannello “faccia a
vista” per i casi in cui si voglia prevedere la
messa in opera di parti visibili della struttura,
come pure lavorazioni particolari per spigoli, connessioni e coprigiunti.
I pannelli in Xlam sono a tutti gli effetti da considerarsi quali elementi in legno massiccio,
non avendo perso alcuna caratteristica intrinseca durante le varie fasi di lavorazione;
pertanto anche tutti gli aspetti della Fisica tecnica, del calcolo strutturale, della ecologia
saranno considerati assimilabili.
L’architettura degli edifici, grazie all’impiego degli elementi strutturali in Xlam per pareti
e solai (che in alternativa possono essere realizzati anche con tecnologie a telaio) gode
Figura 14 – Edificio a 9 piani con struttura in legno Xlam a Murray Grove, London, 2008
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di una buona libertà compositiva proprio grazie alla versatilità del sistema nella
distribuzione e ripartizione dei carichi; l’apertura di porte e finestre, anche di elevate
dimensioni, viene realizzata in stabilimento con apposite macchine da taglio a controllo
numerico, governate da sistemi di calcolo a modellazione tridimensionale.
Cappotto termico
Da alcuni decenni la tecnologia per proteggere gli edifici dal freddo si è evoluta passando
dall’isolamento in intercapedine (ancora usualmente impiegato ma con sempre
maggiore diffidenza, soprattutto in relazione al problema di smaltimento dell’umidità) al
sistema a “cappotto termico”. Le prime esperienza di impiego di questa tecnologia
risalgono al finire degli anni ’60 allorquando, sull’onda della prima crisi energetica, ci si
occupò concretamente di limitare i consumi di combustibile per il riscaldamento degli
edifici; oggi quei sistemi, seppur di livello semi sperimentale, sono ancora in esercizio ed
assolvono discretamente allo scopo per il quale erano stati impiegati.
Ma tecnologia ha fatto giganteschi passi in avanti in questo ambito ed oggi l’isolamento
“a cappotto” ha raggiunto un livello di standardizzazione molto elevao e precisamente
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codificato da Norme internazionali che definiscono caratteristiche dei materiali, tecniche
di posa in opera, verifiche preliminari dei supporti ai collaudi ecc.. È bene porre l’accento
sul tema della standardizzazione e sottolineare che solo sistemi per i quali sia stata
riconosciuta l’idoneità di applicazione possono garantire le prestazioni dichiarate e,
soprattutto, rispondere fedelmente ai calcoli energetici eseguiti; sul concetto di “qualità
di sistema” si apre il grande tema delle garanzie che l’esecutore potrà essere in grado di
rilasciare all’atto conclusivo della costruzione. Per definire univocamente i criteri per la
realizzazione degli isolamenti esterni degli edifici in tutti i Paesi dell’Unione Europea nel
2008 è nata l’European Association for ETICS (EAE) comprendente le Associazioni fra i
produttori di sistemi e componenti per la realizzazione di isolamenti termici esterni negli
edifici presenti nei diversi Paesi dell’Unione.
L’EAE ha sviluppato un importante lavoro di omogeneizzazione procedurale e tecnica
per l’applicazione dei sistemi “a cappotto”, coordinando le varie Direttive e Norme
europee di settore e dando vita al Manuale applicativo per i sistemi ETICS (External
Thermal Insulation Composite Systems) tradotto anche in Italia dal Consorzio Cortexa;
tutto ciò per dare un contributo operativo al Regolamento (UE) del Parlamento europeo
e del Consiglio n. 305/2011, del 9 marzo 2011, che fissa le condizioni armonizzate per la
commercializzazione dei prodotti da costruzione.
Il comfort ambientale indoor – salubrità e benessere
La salubrità all’interno degli ambienti domestici è divenuto oggi un tema sul quale si
presta un’adeguata attenzione, anche grazie alle molte campagne di sensibilizzazione
sugli effetti prodotti sulla salute umana a causa dell’utilizzo di sostanze e prodotti di varia
origine. Sappiamo che lo sviluppo di alcune patologie, in particolare quelle di tipo
allergico, le intolleranze e le sensibilizzazioni, possono derivare dalla particolare
vulnerabilità che l’individuo manifesta sotto l’effetto dell’inquinamento presente
all’interno dell’edificio; esso è rappresentato dalla presenza di sostanze chimiche in molti
dei prodotti di uso comune (dai detersivi ai disinfettanti), nei componenti di oggetti,
suppellettili, mobili, nei gas comunemente chiamati “climalteranti” tra i quali i più
conosciuti sono i cluorofluorocarburi (CFC).
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L’inquinamento all’interno agli ambienti confinati è generato soprattutto dalla presenza
dei cosiddetti “Composti Organici Volatili” VOC che hanno derivazione chimica e che si
presentano sotto forma di molecole molto differenziate per grado di nocività ed impatto
organolettico; essi manifestano una forte evaporabilità, con dispersione nell’ambiente
confinato. I Composti Organici Volatili sono moltissimi, più di 900 ed all’interno di un
ambiente domestico se ne possono rilevare un numero compreso tra 50 e 300. Gli
Idrocarburi Policiclici Aromatici sono una famiglia molto numerosa di composti organici
caratterizzati, a livello molecolare, dalla presenza di coppie di atomi di carbonio che a
temperatura ambiente ed a condizioni normali, si presentano generalmente solidi o
liquidi incolore o giallo-verde; questi hanno temperatura di fusione e di ebollizione
elevata, sono poco o per nulla idrosolubili ma hanno capacità di adesione al materiale
organico ed ai tessuti adiposi.
L’inquinamento indoor si
manifesta anche con gli
effetti della insorgenza di
miceti, con la presenza di
acari e di spore fungine,
generate da una cattiva o
insufficiente ventilazione
dei locali, dalla presenza di
ponti termici non risolti che
riducono la temperatura
superficiale della parete e
dalla non corretta stratigrafia muraria che produce l’insorgenza di condensa interstiziale
all’interno del muro; la presenza di questi microorganismi e la loro concentrazione può
essere fonte di fenomeni allergici per l’uomo. In ultimo citiamo la fonte inquinante
determinata dai metalli pesanti che possono presentarsi sotto forma di sedimento
solido o aerodispersi.