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Politica Noam Chomsky Chi sono i padroni del mondo 2015 PERCHÈ LEGGERE QUESTO LIBRO Chi sono i padroni del mondo è il libro più importante scritto da Noam Chomsky nell’ultimo decennio, perché rappresenta la summa più completa e aggiornata del suo pensiero politico. Il celebre linguista e analista politico americano affronta, da una prospettiva di sinistra radicale, i principali temi dell’attualità politica come l’imperialismo statunitense, l’espansionismo della Nato, il terrorismo islamico, la questione israelo-palestinese, le repressioni in America latina, il pericolo nucleare, la crisi ambientale, i diritti dei lavoratori. La critica serrata di Chomsky al governo americano mette sotto accusa, senza distinzioni, le amministrazioni repubblicane e democratiche perché, al di là della retorica ufficiale, a prevalere nel gioco della politica sono sempre gli interessi dei poteri statali, militari, industriali e finanziari, a scapito di quelli della gente comune.

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Politica

Noam Chomsky

Chi sono i padroni del mondo

2015

PERCHÈ LEGGERE QUESTO LIBRO

Chi sono i padroni del mondo è il libro più importante scritto da Noam Chomsky nell’ultimo

decennio, perché rappresenta la summa più completa e aggiornata del suo pensiero

politico. Il celebre linguista e analista politico americano affronta, da una prospettiva di

sinistra radicale, i principali temi dell’attualità politica come l’imperialismo statunitense,

l’espansionismo della Nato, il terrorismo islamico, la questione israelo-palestinese, le

repressioni in America latina, il pericolo nucleare, la crisi ambientale, i diritti dei lavoratori.

La critica serrata di Chomsky al governo americano mette sotto accusa, senza distinzioni, le

amministrazioni repubblicane e democratiche perché, al di là della retorica ufficiale, a

prevalere nel gioco della politica sono sempre gli interessi dei poteri statali, militari,

industriali e finanziari, a scapito di quelli della gente comune.

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PUNTI CHIAVE

I padroni del mondo sono i paesi del G7, le istituzioni finanziarie, le multinazionali

Gli intellettuali hanno il dovere morale di denunciare i misfatti commessi dai propri Stati

La crisi missilistica di Cuba si risolse grazie alla ragionevolezza di Kruscev, non di

Kennedy

Negli anni Ottanta si è sfiorata nuovamente l’apocalisse nucleare

Dopo la fine della guerra fredda gli Usa non hanno ridimensionato l’esercito ma hanno

puntato all’egemonia in un Nuovo Ordine Mondiale

Gli interventi umanitari sono una riedizione del vecchio imperialismo

Agli occhi del mondo gli Stati Uniti sono diventati una minacciosa potenza fuorilegge

Dopo l’11 settembre gli Stati Uniti sono caduti nella trappola di Osama bin Laden

La Guerra al Terrore ha fatto solo aumentare il terrorismo islamico

L’invasione dell’Iraq è stata il peggior crimine del ventunesimo secolo

L’Arabia Saudita alleata dell’Occidente è uno Stato molto più pericoloso dell’Iran

La “sicurezza nazionale” ha come fine la sicurezza del potere statale e dei centri di

potere privati, non della popolazione

Il segreto di Stato serve a proteggere i funzionari pubblici dal giudizio della popolazione

I trattati di libero scambio hanno poco a che fare con il libero commercio, ma servono

a tutelare gli interessi delle multinazionali

In America gli industriali hanno condotto contro i movimenti dei lavoratori una guerra

di classe con l’appoggio del potere statale

Nei ultimi decenni entrambi i maggiori partiti si sono spostati a destra

Il Partito repubblicano è diventato un movimento estremista, pericoloso per il suo

negazionismo sul riscaldamento globale

Oggi la disuguaglianza sociale è tornata ai livelli record

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RIASSUNTO

I padroni dell’universo

Chi sono i padroni del mondo? Tra gli Stati la bilancia pende in modo spropositato dalla

parte degli Stati Uniti, sin dalla fine della seconda guerra mondiale. Tuttavia, una volta

raggiunto il suo apice nel 1945, il potere statunitense è andato diminuendo. Questo

inevitabile declino ha fatto sì che il potere di Washington fosse condiviso con il governo

mondiale di fatto dei “padroni dell’universo”, ossia i paesi del G7, oltre che con le istituzioni

da loro controllate in questa nuova era imperiale: il Fondo Monetario Internazionale e le

varie organizzazioni mondiali del commercio.

Questi padroni dell’universo però non rappresentano le popolazioni delle potenze

dominanti. Persino negli Stati più democratici i cittadini hanno poca voce in capitolo sulle

scelte politiche, che vengono determinate in larga misura dalle élite economiche.

Conseguenza di questa situazione è l’apatia, cioè la rinuncia del diritto di voto. Non meno

eclatante è il declino della democrazia in Europa, dove il processo decisionale sui temi di

maggior rilevanza si è spostato nelle mani delle burocrazie di Bruxelles e dei poteri

finanziari che esse in larga misura rappresentano.

Questa situazione non deve sorprendere. Già Adam Smith, all’alba della moderna era

statal-capitalistica, denunciava l’eccessiva influenza politica dei padroni dell’umanità del

suo tempo, i mercanti e gli industriali. Oggi bisogna aggiungere i vertici dei sistemi

economici sempre più monopolistici, le pachidermiche e spesso predatorie istituzioni

finanziarie, le multinazionali protette dal potere statale, i rappresentanti politici perlopiù al

servizio dei loro interessi.

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La responsabilità degli intellettuali

Fin dall’antichità ci sono sempre stati due tipi di intellettuali: quelli legati al potere e quelli

che lo sfidavano con coraggio e onestà. Durante la prima guerra mondiale la stragrande

maggioranza degli intellettuali, in entrambi i cambi, si schierarono con entusiasmo a

sostegno dei propri Stati, mentre i pochi che non sposarono la linea ufficiale vennero

delegittimati e talvolta puniti con il carcere. Questa divisione dura ancora oggi. Gli

intellettuali vicini al potere sono considerati “responsabili” mentre i secondi sono

emarginati o dileggiati.

Questo ovviamente avviene in patria, perché gli intellettuali stranieri che criticano gli Stati

nemici vengono omaggiati con la definizione di “dissidenti”. Così venivano chiamati coloro

che reclamavano la libertà nei paesi comunisti, ma non i loro colleghi in America Latina.

Eppure dal 1960 al 1990 i governi dell’America Latina furono molto più repressivi di quelli

comunisti. Il numero dei prigionieri politici, delle persone torturate e dei dissidenti politici

non violenti condannati a morte in America latina superò di gran lunga quello dell’Urss e

dei suoi satelliti esteuropei.

Molte di queste vittime, spesso appartenenti alla Teologia della Liberazione, non soltanto

sono ignorate e dimenticate ma cinicamente vilipese. Perché questi distinguo? La ragione

è che queste vittime si trovano all’interno della nostra sfera di potere. Infatti, a partire dalla

presidenza Kennedy, gli Stati Uniti sono stati complici in gran parte delle guerre e dei golpe

militari in Sudamerica: in Brasile, in Cile, nell’America centrale, in Colombia o ad Haiti.

Gli intellettuali però hanno una particolare responsabilità morale perché possono usare il

loro status privilegiato per far progredire la libertà, la giustizia, la solidarietà e la pace e per

denunciare non soltanto i misfatti dei nemici ma, ancor più importante, i crimini che ci

vedono coinvolti e che noi stessi, se vogliamo, possiamo ridurre o fermare.

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La guerra fredda e il rischio di un’apocalisse nucleare

Per fare un esempio, molti intellettuali, come lo storico di corte Arthur Schlesinger,

osannano con toni trionfalistici la gestione della crisi di Cuba dell’ottobre 1962 come il

punto più alto della carriera di Kennedy, per il coraggioso sangue freddo e la levatura da

statista dimostrati. In verità la crisi missilistica cominciò con la minaccia d’invasione di

Kennedy contro Cuba e finì con il no del presidente americano alle ragionevoli offerte russe.

Kennedy espose a un rischio enorme la popolazione esclusivamente per ragioni di Stato e

di immagine personale. La guerra nucleare nel 1962 fu evitata solo perché Kruscev decise

di accogliere le richieste egemoniche del presidente americano, ma non possiamo

confidare per sempre su tale avvedutezza. È quasi un miracolo che fino ad ora si sia evitata

la guerra atomica.

Gli Stati Uniti hanno continuato tuttavia, nei decenni successivi, a mettere il mondo a

repentaglio. Nel 1973, negli ultimi giorni della guerra arabo-israeliana, il consigliere per la

Sicurezza nazionale del presidente Nixon, Henry Kissinger, lanciò con leggerezza un’allerta

nucleare solo per intimare ai russi di non interferire nelle sue manovre diplomatiche volte

a assicurare la vittoria ad Israele.

Dieci anni dopo l’amministrazione Reagan condusse delle operazioni per testare le difese

aeree russe simulando degli attacchi. Queste azioni furono intraprese in un momento

carico di tensione, dato che Washington stava dispiegando in Europa i missili Pershing II in

grado di colpire Mosca in dieci minuti. Reagan aveva inoltre annunciato la realizzazione di

uno “Scudo spaziale”, che i russi temevano fosse un’arma che consentiva di lanciare un

attacco missilistico senza temere ritorsioni.

Le iniziative statunitensi procurarono grande allarme in Russia, che a differenza degli Stati

Uniti era alquanto vulnerabile ed era stata più volte invasa e quasi distrutta. Tutto questo

fece soffiare venti di guerra nel 1983. Stando a quanto si legge in alcuni documenti ora resi

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pubblici, il rischio era ancora più grave di quel che pensavano gli storici perché i

servizi informativi americani avevano sottovalutato le preoccupazioni dei russi di un attacco

preventivo nucleare nei loro confronti.

In realtà il pericolo era ancor più grave. Si è scoperto che in quel periodo ad altissimo rischio

per il mondo intero i sistemi di allarme della Russia rilevarono un imminente attacco

missilistico statunitense, che portò il loro sistema nucleare al livello di massima allerta. Il

protocollo delle forze armate russe prevedeva un contrattacco atomico. Fortunatamente

l’ufficiale di servizio, Stanislav Petrov, decise di disobbedire agli ordini e non riferì l’allarme

ai suoi superiori. Per questo ricevette una reprimenda ufficiale, ma grazie alla sua

insubordinazione noi siamo ancora qui a parlarne.

Il Nuovo Ordine Mondiale

Al crollo dell’Urss l’Occidente ebbe una reazione trionfalistica. Qualcuno vi ravvisò

addirittura il segnale della “fine della storia”, la vittoria definitiva della democrazia

capitalistica occidentale. In questa euforia nulla si opponeva ormai all’obiettivo di costruire

un “Nuovo Ordine Mondiale”. Bush padre mise subito in chiaro che le sue politiche

sarebbero rimaste sostanzialmente invariate: l’enorme apparato militare sarebbe stato

mantenuto non per scopi difensivi contro i russi, ma per fronteggiare le nuove potenze

emergenti. Gli Stati Uniti dovevano conservare la “base industriale della difesa”: un

eufemismo per indicare l’industria avanzata fortemente dipendente dai finanziamenti e

dalle iniziative del governo. Questa sarebbe la presunta “economia di mercato”

statunitense, come si ostinano a chiamarla gli economisti.

Bill Clinton inaugurò una nuova fase della politica estera caratterizzata da un’aura di

altruismo, mettendo in pratica quella che andava configurandosi come la norma in campo

internazionale, ossia l’intervento umanitario. Non tutti però erano così entusiasti. Le

vittime di sempre, ossia il Sud del mondo, criticarono duramente il cosiddetto diritto

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all’intervento umanitario, riconoscendo in esso il vecchio diritto della dominazione

imperiale sotto nuove spoglie.

Agli occhi del mondo gli Stati Uniti stavano diventando una potenza fuorilegge, l’unica vera

grande minaccia esterna alle loro società. Quando George W. Bush arrivò alla presidenza,

l’ostilità dell’opinione pubblica mondiale era cresciuta a tal punto da non poter essere più

ignorata; nel mondo arabo, in particolare, il tasso di popolarità di Bush affondava. Obama

è riuscito nella memorabile impresa di precipitare ancora più in basso, sotto il 5% in Egitto

e non molto sopra begli altri paesi della regione.

La strategia politica rimane più o meno stabile, ma con Obama sono state apportate delle

modifiche tattiche sostanziali. Mentre la politica di Bush consisteva nel catturare e

torturare i sospettati, Obama si limita ad ammazzarli. Infatti ha incrementato il ricorso ad

armi terroristiche, i droni, e agli uomini delle forze speciali, molti dei quali appartenenti a

squadre di sicari. Ormai numerosi come l’esercito canadese, questi soldati sono a tutti gli

effetti un esercito privato del presidente.

Dopo l’11 settembre

Non c’è dubbio che l’11 settembre abbia cambiato il mondo. Ha determinato l’invasione

dell’Afghanistan, dell’Iraq e più di recente gli interventi militari in altri paesi del Medio

Oriente. I costi di tutto questo sono stati esorbitanti, ma esisteva un’alternativa? Con una

ben ponderata azione di polizia, oppure con autentici negoziati diplomatici con i talebani,

gli americani si sarebbero visti consegnare gli indiziati dei reati dell’11 settembre e

avrebbero potuto processarli e condannarli.

La reazione istintiva fu invece il ricorso a una violenza di portata inaudita. In questo modo

gli Stati Uniti sono caduti nella trappola di Osama Bin Laden. Gli esborsi militari astronomici

(il conto finale sarà tra i 3200 e i 4000 miliardi), la dipendenza dal debito e la

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radicalizzazione del mondo islamico costituiscono infatti una grande vittoria per Bin

Laden. A tanti anni di distanza sono sotto gli occhi di tutti le conseguenze che il povero

Afghanistan deve subire ancora oggi.

Il bersaglio successivo fu l’Iraq. L’ostilità all’aggressione statunitense-britannica era

fortissima in tutto il mondo. Il sostegno ai pani bellici di Washington raggiungeva a

malapena il 10% quasi ovunque, stando ai sondaggi internazionali. Enormi proteste

scoppiarono nel mondo, anche negli Stati Uniti. Era forse la prima volta nella storia che

un’aggressione imperialista veniva così fortemente avversata prima di essere ufficialmente

avviata. L’invasione dell’Iraq, priva di qualsiasi giustificazione credibile, è il peggior crimine

del ventunesimo secolo. Quell’invasione ha provocato la morte di centinaia di migliaia di

persone, generato milioni di profughi, distrutto il paese e fomentato un conflitto settario.

La strategia dello schiacciasassi della Guerra globale al terrore ha fatto espandere il

terrorismo jihadista da una piccola area dell’Afghanistan al mondo intero o quasi,

dall’Africa occidentale al Sudest asiatico, portando gli attentati anche in Europa e negli Stati

Uniti. Solo l’invasione dell’Iraq ha fatto incrementare di sette volte gli attacchi terroristici

nel primo anno.

Anche la “minaccia” iraniana è una fissazione tutta occidentale, mentre la gran parte del

mondo difende con fermezza il diritto dell’Iran, che è stato angariato senza tregua

dall’Occidente fin dal 1953, di arricchire l’uranio. L’Iran non è certo una minaccia militare,

dato che il suo bilancio militare è inferiore a quello degli Emirati Arabi Uniti e rappresenta

una piccola percentuale rispetto a quello dell’Arabia Saudita, lo Stato islamico più

fondamentalista che spende cifre astronomiche per diffondere le sue dottrine wahabite e

salafite oltreconfine. Gli Stati Uniti e l’Inghilterra, tuttavia, hanno sempre preferito

sostenere l’Islam fondamentalista contro il nazionalismo secolare, che è percepito come

una minaccia perché trasmette il contagio dell’indipendenza.

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Segretezza e sicurezza nazionale

Stando alla teoria universalmente accettata nel discorso accademico e intellettuale,

l’obiettivo primario della politica statale è la “sicurezza nazionale”. Tutto dimostra, tuttavia,

che la sicurezza nazionale non contempla affatto la sicurezza della popolazione, quanto la

sicurezza del potere statale. Come sa chi è abituato a scartabellare negli archivi, di rado

dietro il segreto di Stato si cela una reale esigenza si sicurezza; il suo scopo è piuttosto di

tenere la popolazione all’oscuro dei fatti.

Il potere statale va tutelato dal nemico interno; per converso, la popolazione non è al sicuro

dal potere dello Stato. Lo dimostra l’attacco frontale alla Costituzione mosso dal

programma di sorveglianza dell’amministrazione Obama, il quale - ovviamente per

esigenze di “sicurezza nazionale” - ha punito più gole profonde lui di tutti i presidenti

precedenti messi insieme: un grande traguardo per un’amministrazione arrivata al potere

promettendo la trasparenza.

Quando le rivelazioni di Edward Snowden fecero scoppiare lo scandalo del sistema di

sorveglianza nazionale, alcuni alti funzionari dichiararono che grazie a quel programma era

stati sventati ben 54 atti terroristici. A un esame più attento si ridussero a una decina, e poi

a un solo caso: qualcuno aveva mandato 8500 dollari in Somalia. A questo era servito

l’attacco alla Costituzione americana, e a quelle di altre parti del mondo! In realtà la

segretazione serve in larga misura a proteggere i funzionari pubblici dal giudizio della

popolazione.

Un’altra priorità è la sicurezza del potere privato. Basta vedere quel che accade con i

colossali accordi di libero scambio oggi in via di negoziazione. I negoziati avvengono “in

segreto”, ma segreti non sono per le centinaia di legali delle multinazionali che ne stanno

elaborando nel dettaglio le disposizioni. Come per il Nafta e altri patti analoghi, il libero

scambio c’entra poco. Contengono elementi fortemente protezionistici e non riguardano

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se non marginalmente il commercio; sono piuttosto delle intese sui diritti degli

investitori che indeboliscono i sindacati e i lavoratori dei paesi membri. Anche in questo

caso la segretezza è di cruciale importanza per salvaguardare le grandi aziende.

La lotta di classe contro i lavoratori

Il motore primario nella formulazione delle politiche è dunque la salvaguardia del potere

dello Stato e dei centri di potere privato. Lo conferma anche la storia delle lotte operaie,

che in America è stata straordinariamente violenta. Alla fine del XIX secolo il forte e

influente movimento dei lavoratori americano fu infatti oggetto di brutali aggressioni da

parte delle forze di sicurezza statali e private, come in nessun altro paese al mondo ad

esclusione della Russia zarista. Con il governo ampiamente nelle mani delle industrie, quelle

violenze continuarono fino alla fine degli anni Trenta.

L’attacco del mondo imprenditoriale s’interruppe durante la seconda guerra mondiale, ma

riprese subito dopo con un’imponente campagna propagandistica anti-socialista. Negli anni

Ottanta l’attacco riprese con una forza inusitata. Reagan rassicurò il mondo imprenditoriale

che le leggi a tutela dei lavoratori, invero non troppo rigorose, non sarebbero state

applicate. I licenziamenti illegali di leader sindacali ebbero un’impennata e ritornarono in

auge i crumiri, fuori legge in quasi tutti i paesi sviluppati.

Negli anni neoliberisti della passata generazione, entrambi i partiti si sono spostati a destra.

I democratici somigliano molto a quelli che un tempo erano i cosiddetti “repubblicani

moderati”, mentre i repubblicani sono praticamente usciti dall’arco politico classico per

diventare un “movimento insurrezionale” che, con la sua ostinata politica negazionista sul

riscaldamento globale, costituisce un pericolo concreto per la dignitosa sopravvivenza della

specie umana.

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Oggi la disuguaglianza ha raggiunto così gli stessi livelli sconcertanti della fine degli anni

venti. Un’esigua minoranza della popolazione ha accumulato ricchezze oltre ogni limite di

avidità. Nell’ultimo decennio il 95 % della crescita è confluito nelle tasche dell’1% della

popolazione. Il reddito reale medio è agli stessi livelli di 25 anni fa. Per gli uomini è inferiore

a quello del 1968. Ciò non è il risultato di misteriosi meccanismi di mercato o leggi

economiche ma, anche in questo caso, dell’indispensabile supporto e intervento del

governo, che tutela gli interessi delle grandi corporation e delle multinazionali.

CITAZIONI RILEVANTI

L’attacco alla scuola pubblica

«la propaganda deve trovare qualcun altro da incolpare, come i lavoratori del settore

pubblico, con i loro grassi stipendi e le loro pensioni esorbitanti: sono tutte sciocchezze …

Gli insegnanti sono un ottimo bersaglio, anche perché coerente con la deliberata azione di

smantellamento dell’istruzione pubblica, dalla scuola materna fino all’università, mediante

la privatizzazione; anche questa è una politica vantaggiosa per i facoltosi ma disastrosa per

la gente normale, come pure per la salute dell’economia nel lungo periodo. Ma è una di

quelle esternalità che vengono del tutto trascurate finché prevalgono i principi di mercato»

(p. 69-70).

La devastante guerra d’aggressione al Vietnam

«Alcuni importanti eventi storici sono debitamente commemorati, come ad esempio

l’attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbor. Altri cadono nel dimenticatoio … Non

v’è stata alcuna commemorazione, per esempio, in occasione dell’avvio, per volere del

presidente John F. Kennedy, della più devastante e sanguinosa aggressione del secondo

dopoguerra: l’invasione del Vietnam del Sud e poi di tutta l’Indocina, che provocò la morte

di milioni di persone e la rovina di quattro paesi … Quando cinquant’anni fa fu avviata

quell’offensiva non ci si preoccupò nemmeno di trovare una giustificazione» (p. 86-87).

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Denunciare la strategia sionista

«Per un secolo la colonizzazione sionista della Palestina si è ispirata al pragmatismo: agire

senza troppo clamore sul campo per poi far accettare al mondo la situazione di fatto.

Questa strategia ha pagato, dunque non v’è ragione di credere che non prosegua, finché

gli Stati Uniti continueranno a fornire assistenza militare, economica, diplomatica e

ideologica. Per quelli che hanno a cuore i diritti dei palestinesi non può esserci altra priorità

se non impegnarsi per modificare le politiche statunitensi. Un sogno per nulla

irrealizzabile» (p. 236).

Le tendenze imperiali della Nato

«Quando nel 1989 venne meno il pretesto ufficiale per l’esistenza della Nato, l’alleanza fu

estesa verso est, con buona pace delle promesse verbali fatte al leader sovietico Michail

Gorbacev. Da quel momento la Nato è diventata una forza d’intervento a trazione

statunitense con un raggio d’azione amplissimo … L’allargamento alla Germania Est fu

immediato. Negli anni successivi l’Alleanza atlantica si estese fino ai confini con la Russia, e

oggi vi è il rischio concreto che sia inglobata persino l’Ucraina, nel cuore geostrategico della

Russia. Immaginate come reagirebbero gli Stati Uniti se fosse ancora in piedi il Patto di

Varsavia e venisse assorbita buona parte dell’America latina, e poi anche il Messico e il

Canada facessero richiesta di adesione» (p. 59, 281).

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L’AUTORE

Noam Chomsky nasce a Philadelphia il 7 dicembre 1928. Studia linguistica all’università

della Pennsylvania, e nel 1955 inizia a lavorare al MIT, istituto dove rimarrà per oltre 50

anni. É il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, considerata come uno

dei più rilevanti contributo alla teoria linguistica del XX secolo. Alla metà degli anni ’60 si

schiera contro la guerra del Vietnam, e da quel momento comincia ad affiancare all’attività

accademica un intenso impegno politico e sociale. Nel corso degli anni pubblica centinaia

di libri e migliaia di saggi e articoli sulla politica interna e internazionale. Le sue feroci

critiche agli Stati Uniti e le sue analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali

fanno di Chomsky uno degli intellettuali della sinistra radicale più famosi e seguiti. Tra i

tanti riconoscimenti ricevuti durante la sua carriera vi è anche una laurea ad honorem

italiana, ricevuta nel 2005 dalla facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna.

NOTA BIBLIOGRAFICA

Noam Chomsky, Chi sono i padroni del mondo, Ponte alle Grazie, Milano, 2016, pp. 350,

traduzione di Valentina Nicoli.

Titolo originale: Who rules the World?

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INDICE DEL LIBRO

Introduzione

1. La responsabilità degli intellettuali

2. I terroristi volevano la fine del mondo

3. I memorandum sulle pratiche di tortura e l’amnesia storica

4. La mano invisibile del potere

5. Il declino americano: cause e conseguenze

6. L’America è finita?

7. La Magna Charta, il suo destino e il nostro

8. La settimana in cui il mondo si fermò

9. Gli accordi di Oslo: contesto e conseguenze

10. La vigilia della catastrofe

11. Israele-Palestina: le alternative concrete

12. “Niente per gli altri”: la guerra di classe negli Stati Uniti

13. La sicurezza di chi? Come Washington protegge se stessa e il settore privato

14. Indignazione

15. Quanto manca a mezzanotte?

16. I “cessate il fuoco” e le loro continue violazioni

17. Gli Stati Uniti: uno dei principali Stati terroristici

18. La svolta storica di Obama

19. “Un altro modo di vedere le cose”

20. Un giorno da lettore del New York Times

21. La “minaccia iraniana”. Chi mette davvero a rischio la pace mondiale?

22. L’orologio dell’Apocalisse

23. I padroni dell’umanità