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FEDERICA RICCA

Modelli matematiciper il supporto alle decisioni:

le basi formali della scelta strategica

Saggio introduttivo di Paolo Scatttoni

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Copyright © MMVIIIFederica Ricca

* * *

ARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 A/B00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1521–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: gennaio 2008

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a Renata

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Indice

Urbanistica e Ricerca Operativa:un’esperienza di collaborazione interdisciplinare

Paolo Scattoni

Premessa

Introduzione

1. Ricerca Operativa e programmazionematematica

Fasi del processo decisionale

Costruzione di modelli

Modelli di Programmazione Lineare

2. Programmazione LineareRappresentazione geometrica di un modello di PL

Gradiente

Esempi

3. Programmazione Lineare InteraModelli di PLI

Rappresentazione geometrica e rilasciamento continuo di un problema di PLI

Modello di knapsack binario

Modelli di set covering, set partitioning e set packing

Variabili logiche e vincoli logici

4. Un approccio di PLI alla scelta strategicaModelli di PLI nell’approccio della scelta strategica

Un esempio

Il software STAN

Riferimenti bibliografici

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Senza il contributo competente e generoso di Maria Spina sull’editing e sull’impostazione grafica questo lavoro probabilmente non sarebbe

stato pubblicato. A Maria dobbiamo anche una lettura attenta e intelligente del testo e le sue preziose osservazioni (F.R. & P.S.).

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Questo di Federica Ricca è un contributo che si colloca all’interno di un

più ampio lavoro volto alla messa a punto di uno strumento operativo

utile nel processo di pianificazione denominato STAN (STrategic ANaly-

sis). A questo primo volume sulle basi formali del metodo ne seguiran-

no altri di vari autori sugli aspetti applicativi: guida all’uso del software,

criteri per la valutazione ambientale ed economica e così via. Vale la

pena, pertanto, far precedere al contributo specifico una breve nota

esplicativa di inquadramento generale.

La procedura STAN è frutto del lavoro di un piccolo gruppo di ricerca1

che, partendo da un’esperienza didattica (anni accademici 2003/04 e

2004/05), ha lavorato su un obiettivo specifico: la costruzione di un

software per favorire la comprensione di processi decisionali propri

della pianificazione urbanistica.

Per meccanismi complessi e, per molti di noi, misteriosi relativi alla for-

mazione dei nuovi ordinamenti universitari, l’insegnamento “Laborato-

rio di urbanistica” del secondo anno del corso di laurea in “Pianificazio-

ne e gestione del territorio e dell’ambiente” – che alla “Sapienza” viene

organizzato congiuntamente dalla facoltà di architettura “Ludovico

Quaroni” e dalla facoltà di economia – si deve avvalere di un modulo

di “Ricerca Operativa”.

Federica Ricca ha avuto dunque il compito, non semplice, di coordi-

narsi con i contenuti di un laboratorio di urbanistica, guidato da chi scri-

ve, che necessariamente doveva prevedere esiti progettuali. Ci siamo

dunque posti il problema su come far convivere il corso principale e il

suo modulo. In casi analoghi un modo per sopravvivere è quello di

organizzare insegnamenti separati da verificare alla fine con modalità

di esame classiche con un voto unico che lascia (comprensibilmente)

lo studente alquanto perplesso. Abbiamo preferito seguire la strada as-

sai più difficile e rischiosa dell’integrazione. Con nostra piacevole sor-

presa abbiamo scoperto competenze complementari che ci hanno

permesso di arrivare a risultati che hanno l’ambizione di andare oltre

l’applicazione didattica.

Urbanistica e Ricerca Operativa:

un’esperienza di collaborazione interdisciplinarePaolo Scattoni

1 All’inizio il gruppo era formato da PaoloScattoni per il coordinamento e le applica-zioni alla pianificazione, Federica Ricca perla elaborazione delle basi formali e Giam-paolo Tomassoni per la messa punto dellaparte informatica. Successivamente il nu-cleo originale è stato integrato da GiorgioOpolka che collabora ad alcune sperimen-tazioni sul campo quale quella sul quartie-re Infernetto a Roma. Il software prodottoinoltre è di pubblico dominio sotto licenzaGNU per consentire la collaborazione anchedi ricercatori esterni come ad esempioPaolo Cappellari, ricercatore nel settoredell’informatica che ha contribuito a miglio-rare alcune parti del programma relative aiformati di stampa. Inoltre si è potuto conta-re sulla collaborazione di studenti e corsistidei due master che fanno riferimento al Di-partimento di Pianificazione Territoriale eUrbanistica – “URBAM” e “Pianificazione egestione dei centri storici minori e dei siste-mi paesistico-ambientali” – che hanno pro-dotto interessanti applicazioni. Fra coloroche hanno sperimentato il software:Sandro Rosati con una tesi URBAM sull’in-sediamento ex abusivo di Schizzanello,Miriam Loi (con i dati prodotti dai corsistidel master sui centri storici minori sede diOrvieto) con la formazione di un quadrostrategico per Orvieto, Flavio Morini con unlavoro di rivisitazione del PRG di Siena del1996; inoltre hanno approfondito tramiteSTAN aspetti particolari del piano strutturaledi Grosseto: Luca Matulli, Giovanni Pizzuti,Niccolò Zucconi, Roberto Picchianti,Alessandro Boca, Riccardo Vavini e DarioLombardi. Da citare inoltre le applicazioninelle tesi di laurea di Antonello Iacobelli(Roccasecca) e Alberto Pietrosanti (recu-pero dell’area Giustiniano Imperatore aRoma). I primi risultati della ricerca sonostati presentati in un seminario tenutosi il21 novembre 2005 presso il DIPTU su “Lamemoria della pianificazione.Presentazione del software STAN”. Inoltre, ilsoftware relativo può essere scaricato dalsito http://stan.sourceforge.net dove è pos-sibile trovare tutte le varie versioni del pro-gramma e il materiale esplicativo.

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6 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

Il contesto disciplinare

La definizione classica secondo cui “la Ricerca Operativa si occupa di

formalizzare un problema in un modello matematico e calcolare una

soluzione ottima, quando possibile, o approssimata (detta anche

subottima) per esso”2 può far insospettire molti urbanisti per le non trop-

po felici vicende di applicazione dei modelli matematici alla pianificazio-

ne.

Già alla fine degli anni ’50, prima in USA e poi in Europa, si sviluppa una

linea di ricerca per l’applicazione dei modelli matematici. L’obiettivo è

quello di simulare attraverso tali strumenti l’organismo urbano per poter

così verificare le scelte di piano. Tale scuola di pensiero, che ha avuto

il suo massimo splendore negli anni ’70, è via via decaduta per rimane-

re confinata in alcune applicazioni specifiche (per esempio i modelli di

traffico). Sul finire degli anni ’60, un eminente studioso come William

Alonso mette in rilievo come la grande difficoltà di utilizzare modelli

complessi in forme minimamente utili per il processo di pianificazione

sia un esito diretto dell’insufficiente qualità dei dati3. Risale a pochi anni

più tardi la prima presa d’atto della sostanziale morte dei modelli urba-

ni quali strumenti operativi4. Se il punto di partenza dalla parte urbani-

stica non è certo dei più promettenti, anche la Ricerca Operativa non

offre spunti del tutto incoraggianti. Disciplina molto giovane, nata in

Gran Bretagna a metà degli anni ’30 per applicazioni militari (efficiente

funzionamento dei radar), avrà il suo massimo sviluppo durante la

seconda guerra mondiale anche negli Stati Uniti. La disciplina soprav-

viverà alla guerra sviluppando applicazioni per la grande industria. Già

alla fine degli ’70 Russell Ackoff, uno dei suoi fondatori, in due famosi

articoli5 sottolinea come lo spirito originario della disciplina sia andato in

gran parte perduto. Nelle università coloro che si occupavano di svilup-

pare la disciplina erano ormai lontani dalle applicazioni pratiche. I ricer-

catori e i docenti, a differenza degli esperti di Ricerca Operativa dei

“tempi eroici” della guerra e dell’immediato dopoguerra, costruivano le

loro carriere all’interno dell’accademia senza misurarsi minimamente

con i problemi reali. In quegli articoli Ackoff, ricercatore di scuola ame-

ricana, individua in un filone della disciplina in Gran Bretagna una delle

possibili strade del rilancio della Ricerca Operativa. È proprio in quella

esperienza che si ritrovano interessanti punti di contatto con la pianifi-

cazione urbana.

2 Voce Ricerca Operativa su wikipedia:it.wikipedia.org3 William Alonso, “Predicting best withimperfect data”, Journal of the AmericanInstitute of Planners, vol. 34, n. 4, 1968,pp. 248-255.4 Douglass Lee, “Requiem for Large ScaleModels”, Journal of the American Instituteof Planners, vol. 39, n. 3, 1973, pp. 163-168.5 I due articoli escono nella rivista ufficialedell’associazione professionale degliesperti di Ricerca Operativa. Sono chia-ramente pensati in sequenza e pubblicatisu due numeri successivi: R. Ackoff, “Thefuture of operational research is past”,Journal of Operational Research Society,vol. 30, n. 2, 1979, pp. 93-104, e R.Ackoff, “Resurrecting the Future ofOperational Research”, Journal ofOperational Research Society, vol. 30, n.3, 1979, pp. 189-199.

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Urbanistica e Ricerca Operativa: un’esperienza di collaborazione interdisciplinare

L’esperienza dell’Institute of Operational Research a

Coventry

Nel 1963 da una costola dell’Operational Research Society nasce

l’Institute for Operational Research (IOR) presso il Tavistock Institute of

Human Relations: un centro di ricerca non governativo di scienze

umane. L’azione dello IOR dischiude alla Ricerca Operativa un nuovo

ambito di applicazione: la pubblica amministrazione6. Uno dei più

importanti finanziamenti che il nuovo istituto riesce ad attrarre è quello

della fondazione Nuffield per una ricerca sui processi di pianificazione

nei governi locali inglesi. L’approccio scelto dallo IOR è per l’epoca assai

originale. Per quattro anni un gruppo di ricercatori si stabilisce perma-

nentemente all’interno del Council di Coventry, città assai stimolante

perché fortemente interessata ai processi di pianificazione per via delle

pesanti distruzioni belliche. I ricercatori analizzano l’insieme dei proces-

si di decisione: quelli formali, ma soprattutto quelli informali. Hanno

accesso virtualmente illimitato alle attività dell’amministrazione; posso-

no assistere a tutti gli incontri dei tecnici dei diversi dipartimenti, a quel-

li interdipartimento e anche alle riunioni dei gruppi politici di maggioran-

za e opposizione.

A fronte di qualche problema, dovuto principalmente alla novità dell’ap-

proccio, lo studio si concluderà però con la pubblicazione di un volume,

scritto dal direttore dello IOR Neil Jessop e dal direttore del gruppo di

ricerca John Friend7, che avrà influenza sulla letteratura successiva

non solo nel settore della Ricerca Operativa, ma soprattutto in quello

della pianificazione8. Il principale risultato del complesso lavoro su

Coventry, assolutamente rivoluzionario per quel periodo, è che l’incer-

tezza determina un elemento ineliminabile della pianificazione; in que-

sta, oltretutto, il processo di scelta deve essere considerato un’attività

di tipo strategico dovendo riferirsi a un contesto che muta velocemen-

te e in maniera largamente imprevedibile.

Approccio della scelta strategica sarà appunto il fulcro dell’elaborazio-

ne dello IOR: “Le origini dell’approccio [...] sono più empiriche che teo-

riche. Riflettono non tanto modelli teorici di processo di decisione,

quanto piuttosto l’esplicito riconoscimento di alcuni dei modi con i quali

la gente che affronta problemi decisionali complessi nella pratica impa-

ra a confrontarsi con le difficoltà che una tale attività comporta, anche

se soltanto a livello intuitivo”9. In questo che è l’approccio generale

7

6 J. Friend, M. E. Norris, J. Stringer “TheInstitute for Operational Research: AnInitiative to Extend the Scope of OR”,Journal of the Operational ResearchSociety, vol. 39, n. 8, 1988, p. 750.7 J. Friend, N. Jessop, Local Governmentand Strategic Choice: An OperationalResearch Approach to the Processes ofPublic Planning, Tavistock, London 1969(una seconda edizione del volume usciràcon la Pergamon Press nel 1977). La tra-duzione italiana del quinto capitolo delvolume su “La natura della pianificazione”è stato pubblicato nel marzo del 1974 suUrbanisticaipotesi, n. 1, maggio, 1974,pp. 30-38. La traduzione era accompa-gnata da un articolo introduttivo di P.Baldeschi, P. Scattoni “Pianificazionecome scelta strategica”, pp. 27-30. Nel1975 le tematiche dell’approccio dellascelta strategica sono state variamentetrattate nel volume a cura di PaoloCeccarelli, Potere e piani urbanistici,Franco Angeli, Milano.8 Un bilancio interessante delle applicazio-ni derivanti dalla ricerca è raccolto nel vo-lume di J. Friend, A. Hickling, Planningunder Pressure, Pergamon, Oxford,1987. Dal punto di vista del dibattito teori-co si veda anche A. Faludi, A decisioncentred viewof environmental planning,Pergamon, Oxford 1987 (trad. it.Decisione e pianificazione ambientale,Dedalo, Bari 2000).9 J. Friend, “The Strategic ChoiceApproach”, in J. Rosenhead, J. Mingers(eds), Rational Analysis for a ProblematicWorld Revisited. Problem StructuringMethodsfor Complexity, Uncertainty andConflict, Wiley, Chichister 2001, p. 115.

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8 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

sono state innestate poi una serie di tecniche, la principale delle quali

è l’AIDA (Analysis of Interconnected Decision Areas) un modo di affron-

tare i problemi di un contesto strategico, come sopra definito, in un

sistema di dialogo continuo fra il “sistema di governo” e il “sistema della

comunità”. Si trattano i problemi attraverso la definizione di opzioni che

rappresentano corsi di azione alternativi per la soluzione, di criteri di va-

lutazione e di relazioni fra i diversi problemi. Non esiste dunque una so-

luzione generale unica a questi insiemi di problemi così strutturati (de-

nominati in AIDA “aree di decisione”) ma una miriade di possibili solu-

zioni sulle quali si muovono i diversi portatori di interessi e il sistema di

governo. Nonostante l’approccio della scelta strategica e l’AIDA non si

siano mai imposti come metodi di pianificazione “dominanti”, nel tempo

essi hanno dato luogo a numerose applicazioni, riuscendo anche a in-

crementare il dibattito sulla pianificazione soprattutto in Gran Bretagna,

Olanda e in molti altri Paesi10. L’approccio della scelta strategica e l’uti-

lizzazione dell’AIDA sono tornati dunque di attualità con l’emergere di

uno stile di pianificazione in cui la partecipazione e il confronto fra i di-

versi portatori di interessi – che debbono essere pubblicamente trattati

e non lasciati come spazzatura sotto il tappeto secondo la prassi che

ha caratterizzato la pianificazione sino a tempi molto recenti – hanno

assunto il ruolo di elementi portanti. In questo contesto alcuni hanno

affermato la validità dell’approccio della scelta strategica per le nuove

condizioni11 mentre altri ne hanno enfatizzato l’ispirazione “tecnocrati-

ca”12. Sino a ora però sia la corrente apologetica che quella critica si so-

no basate essenzialmente su affermazioni apodittiche, mancando so-

stanziali riscontri empirici sulle applicazioni maturate in precedenza13.

Sul ruolo del modello nell’approccio della scelta strategica

Nell’auspicio di un’integrazione fra le discipline della Ricerca Operativa

e della pianificazione urbana il riferimento all’esperienza dello IOR ci è

sembrata una possibile soluzione per una serie di motivi. Il primo ri-

guarda l’approccio che si è sviluppato nell’area disciplinare della Ricer-

ca Operativa e che si è subito orientato verso i problemi della pianifi-

cazione in un contesto particolarmente sensibile al superamento di

un’urbanistica mirata alla produzione di un disegno finito della città,

così come sino ad allora era avvenuto. Un secondo motivo sta nell’e-

10 Una delle più rilevanti applicazioni italia-ne si veda il Piano Strutturale di Grossetoapprovato nel 2006. In particolare si vedaP. Scattoni, Relazione del responsabilescientifico, Piano Strutturale di Grosseto,Elaborato A, Comune di Grosseto, 2002.11 Ad esempio Andreas Faludi nel suo giàcitato Decisione e pianificazione ambien-tale e C. J. L. Yewlett, “Theory and practi-ce in OR and town planning: a continuingcreative synergy?”, Journal of the Opera-tional Research Society, vol. 52, n. 12,2001, pp. 1304-1314.12 P. Healey, Città e istituzioni. Piani colla-borativi in società frammentate, Dedalo,Bari 2003, p. 324 (edizione originale:Collaborative Planning. Shaping places inFragmented Society, Pergamon, Oxford1997).13 Su questo Borri a commento del lavorodella Healey: “Così la pianificazione co-municativa, dialogica, partecipativa, inte-rattiva (quella dell’‘ascolto’, della ‘media-zione’ o ‘negoziazione’ finalizzata al supe-ramento del conflitto e al raggiungimentodell’accordo e del consenso) in tutto ilventaglio delle sue aggettivazioni di plura-lità, stenta a offrire un modello totalmentepraticabile per quel tipo di pianificazionespaziale odierna che continua a richieder-si dai governi competenti [...]”. D. Borri,“Postfazione all’edizione italiana”, in P.Healey, Città e istituzioni cit., p. 394. Daquesto punto di vista l’esperienza del pia-no strutturale di Grosseto (settembre2000 – maggio 2006) può sicuramenterappresentare un’eccezione.

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Urbanistica e Ricerca Operativa: un’esperienza di collaborazione interdisciplinare

sperienza maturata nell’applicazione di tale tipo di approccio alla piani-

ficazione urbana in diversi contesti.

Un ulteriore elemento, sempre a favore di tale approccio, sta nell’aver

posto l’incertezza e la sua gestione al centro dei processi di pianifica-

zione. Infine l’approccio appare fornire una risposta adeguata ai criteri

di interattività e partecipazione che la disciplina urbanistica pone come

fondamentali e ineliminabili. A fronte di questi indubbi vantaggi esiste

tuttavia un dettaglio non secondario: il filone della Ricerca Operativa,

che si sviluppa nell’ambito dello IOR, progressivamente nega ogni ruolo

al modello matematico. In pratica si pone in aperta contraddizione con

la definizione consolidata della disciplina che, come detto, si occupa

della “formalizzazione matematica dei problemi per fornirne soluzioni

ottime e/o subottime”. Se infatti nel 1969 Friend e Jessop non escludo-

no la possibilità di formalizzare problemi tipo AIDA con modelli di

Programmazione Lineare Intera, progressivamente l’opzione “matema-

tica” viene non solo abbandonata, ma apertamente avversata. Una tale

posizione si giustifica con l’inadeguatezza della “ottimizzazione” propria

delle tecniche di Ricerca Operativa in situazione dove non esiste una

soluzione ottima, ma tutte le possibili soluzioni debbono entrare nell’a-

rea del confronto e del negoziato; questo non può essere determinato

soltanto da criteri oggettivi, ma deve poter considerare l’incertezza deri-

vante da giudizi di valore diversi e spesso contrastanti. Un secondo ele-

mento di critica riguarda la difficile “accessibilità” per tutti coloro che

partecipano al processo di pianificazione.

Il contributo di Stan Openshaw

Con lo stesso presupposto di base dello IOR, di accettazione cioè del-

l’approccio della scelta strategica, all’università di Newcastle upon

Tyne si elabora un metodo per affrontare problemi di tipo AIDA in dire-

zione del tutto opposta. Se infatti il gruppo riunito intorno a John Friend

sta progressivamente maturando il rifiuto di qualsiasi formulazione

matematica e dell’uso del computer, a Newcastle si opera esaltando

questi due elementi.

La ricerca che porta a un software denominato DOT (Decision Optimi-

sing Technique) viene sviluppata da Stan Openshaw e Paddy

Whitehead, docenti presso il Department of Town and Country

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10 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

Planning. Paddy Whitehead approda all’università dopo alcuni anni di

lavoro presso l’Hampshire County. In qualità di Principal Planning

Officer partecipa nel 1970 a una prima sperimentazione dell’approc-

cio della scelta strategica e dell’AIDA organizzata dal Centre for

Environmental Studies e generalmente conosciuta come LOGIMP

experiment14. Stan Openshaw è invece un geografo quantitativo di pu-

ra formazione accademica, anche se durante il suo dottorato lavora

brevemente presso il Durham City Council e si occupa di modelli per

la pianificazione del commercio. Sarà proprio Openshaw a impostare

le basi teoriche del DOT, utilizzando per la soluzione di problemi tipo

AIDA una formulazione matematica molto sintetica e intuitiva derivata

dalla Programmazione Lineare Intera.

La prima applicazione DOT, del 1975, riguarda i problemi di pianificazio-

ne del centro urbano della città di Morpeth e individua dodici aree di

decisione e sei criteri di valutazione (aumento delle tasse locali, nuovo

spazio per i parcheggi, miglioramento ambientale ecc)15.

Nel decennio successivo, la ricerca procederà in diverse direzioni. In

primo luogo i due ricercatori punteranno ad applicazioni in contesti reali

di pianificazione. In questo senso il caso più importante sarà costituito

dal Piano strutturale della contea metropolitana del Tyne and Wear16. In

seconda battuta cercheranno di migliorare prima il programma, affin-

ché la sua interfaccia risulti sempre più amichevole per l’utilizzatore, poi

le procedure di calcolo, in modo da poter trattare contesti sempre più

complessi. Il lavoro di Openshaw e Whitehead avrà buoni riscontri nel

dibattito in Gran Bretagna17. Lo sviluppo del software DOT si concluderà

in pratica alla metà degli anni ’80, quando i due autori orienteranno le

rispettive attività verso altri campi di interesse18. Ma non sarà certamen-

te una resa, tanto che, in un saggio del 1986, ripercorrendo la storia

dello sviluppo di DOT, entrambi ipotizzano in questa tecnica una solida

base per la costruzione di una nuova “macchina del sistema di pianifi-

cazione”19.

Se queste sono le premesse, resta da capire il perché queste ricerche

non siano state riprese, In realtà il lavoro su DOT mostrava alcuni evi-

denti limiti. Il primo e forse più importante sta proprio nel nome che

richiama un processo decisionale basato sulla ricerca della soluzione

migliore. Faludi nel commentare come il lavoro sull’approccio della

scelta strategica abbia ricevuto poca attenzione dai gruppi di ricerca

accademici nota come il lavoro di Openshaw e Whitehead sia un caso

14 Felix Wedgewood Oppenheim “TheLOGIMP experiment”, Information Paperno. 25, Centre For EnvironmentalStudies, London, 1970. Il rapporto descri-ve la sperimentazione svolta con la parte-cipazione di tecnici di alcuni governi localiinglesi. LOGIMP sta per Local GovernmentImplementation. In quel contesto PaddyWhitehead si era occupato del caso diFareham Council.15 Stan Openshaw, Paddy Whitehead “ADecision Optimising Technique forPlanners”, Planning Outlook, vol. 16,Spring, 1975, pp. 19-33.16 K. Hayton “The Use of a DecisionOptimising Technique for Structure PlanGeneration in Tyne and Wear”, PlanningOutlook, vol. 22, n. 3, 1979, pp. 99-102.17 Fra gli articoli più citati: S. Openshaw, P.Whitehead “Structure Planning Using aDecision Optimising Technique”, TownPlanning Review, vol. 49, n. 4, 1978, pp.486-501, e “Decision Making in LocalPlans”, Town Planning Review, vol. 48, n.1, 1977, pp. 29-41.18 Stan Openshaw tornerà a occuparsi dimetodi quantitativi in geografia prima aNewcastle e in seguito all’università diLeeds. Negli anni ’90 promuoverà unnuovo settore di ricerca: quello della geo-grafia computazionale. Paddy Whiteheadinvece lascerà l’università per una carrie-ra ispettiva presso il Dipartimento dell’am-biente e si occuperà di pianificazionelocale.19 S. Openshaw, P. Whitehead “TheDecision Optimising Technique: History,Development and Progress toward aFuture Machine Based Planning System”,in K. Willis (ed.) Contemporary Issues inTown Planning, Gower, London, Aldershot1986, pp. 143-162.

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Urbanistica e Ricerca Operativa: un’esperienza di collaborazione interdisciplinare

particolare. “Basata sull’AIDA, la loro tecnica di ottimizzazione decisio-

nale computerizzata non è stata mai riconosciuta come utile dalla

‘Scuola IOR’. Forse il problema sta nell’uso del termine stesso di otti-

mizzazione [...]”20.

L’impostazione di Openshaw, però, è completamente diversa da quel-

la che gli viene attribuita dai suoi critici. L’utilizzazione di una tecnica di

ottimizzazione, nel caso specifico di Programmazione Lineare Intera

0/1, è finalizzata non alla definizione di una soluzione ottima, ma alle

soluzioni nel loro insieme. Fin dall’inizio infatti DOT prevedeva la possi-

bilità di ricercare la soluzione successiva sino, in teoria, all’ultima pos-

sibile. Non si tratta quindi di imporre un modello decisionale di tipo tec-

nocratico, quanto piuttosto l’utilizzazione di un particolare algoritmo di

elaborazione come supporto nel processo di decisione. Per

Openshaw e Whitehead il vero problema è quello di fornire un quadro

dove, per prima cosa, i problemi che caratterizzano un particolare con-

testo debbano essere posti in maniera non ambigua e le possibili solu-

zioni alternative ricavate in maniera semplice e consona alla interazio-

ne fra i diversi attori. Questi ultimi poi non hanno generalmente un’a-

deguata conoscenza delle tecniche informatiche e quindi le elabora-

zioni debbono essere restituite in maniera diretta e leggibile.

È proprio l’utilizzazione del computer a porre un secondo ostacolo al

“riconoscimento” di DOT da parte di John Friend e dei ricercatori dello

IOR che vi rintracciano uno strumento non utilizzabile dai non esperti.

È questo un giudizio che era in parte giustificato dall’indisponibilità di

strumenti adeguati di calcolo. Per un problema di dimensioni relativa-

mente modeste come quello del centro urbano di Morpeth, (dodici aree

di decisione) riportate nell’articolo del 1975, che conteneva 700 possi-

bili soluzioni si dovevano utilizzare ben 300 secondi del processore del

computer dell’università IBM 370/65 uno dei più potenti allora a disposi-

zione equivalenti a ben 150 minuti di tempo macchina di un IBM

370/145, macchina media delle amministrazioni locali di allora21. Per

consentire tempi più ragionevoli venivano introdotti ulteriori vincoli22. È

pertanto comprensibile come i ricercatori dello IOR avessero buon gioco

nell’affermare la superiorità di un approccio “manuale” come il loro,

basato sulla riduzione del problema a poche aree di decisione, ponen-

do l’enfasi sul processo di confronto fra i diversi attori piuttosto che sulle

tecnicalità di soluzioni “automatiche”. Quello che però i ricercatori della

cosiddetta “scuola IOR” trascuravano era la proiezione di Openshaw

11

20 A. Faludi, Decisione e pianificazioneambientale cit. p. 160.21 S. Openshaw, P. Whitehead, “ADecision Optimising Technique forPlanners”, cit. p. 30.22 Chi scrive ha avuto l’opportunità di lavo-rare con Openshaw e Whitehead all’uni-versità di Newcastle alla fine degli anni’70 e ricorda come per utilizzare DOT

fosse necessario lasciare il giorno prece-dente il pacco delle schede perforate deidati di input per far girare il programmadurante la notte.

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12 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

sull’evoluzione degli strumenti di calcolo23; egli vede infatti nell’avvento

del personal computer la possibilità di dare al software DOT quella faci-

lità di accesso che sino allora era mancata. Viene così messo a punto

un nuovo programma basato su un algoritmo di tipo probabilistico24

diverso rispetto a quello implementato precedentemente in DOT.

Il programma denominato microDOT è utilizzato per rivisitare un piano

locale a Coventry25. Vengono questa volta individuate trenta aree di

decisione e diversi criteri di valutazione. Le simulazioni dimostrano co-

me il piano trascuri alcune alternative potenzialmente interessanti che,

in un percorso più rigoroso come quello proposto con DOT, avrebbero

invece incontrato più ampia considerazione, inducendo valutazioni ed

eventuali “negoziati” fra i diversi portatori di interesse. Soprattutto si

dimostra come l’algoritmo utilizzato consenta di trattare problemi assai

più complessi rispetto a quelli delle vecchie versioni del programma

DOT sfruttando a pieno le capacità di calcolo dei personal computer. Il

limite rimane ancora quello del formato non proprio “amichevole” delle

vecchie versioni, anche perché si insiste nell’utilizzare linguaggi di pro-

grammazione non adatti ai nuovi strumenti di elaborazione26. Così con

l’abbandono di questo filone di ricerca da parte di Openshaw e

Whitehead non ci sarà più nessuno capace di raccogliere il testimone.

Se volessimo sintetizzare in poche parole il ruolo giocato dai due ricer-

catori potremmo dire che si tratta di un eccezione nell’eccezione. Se

infatti l’approccio della scelta strategica dello IOR viene considerato un

interessante contributo, ma percepito come un’eresia da molti urbani-

sti, il contributo di Openshaw e Whitehead con il DOT rappresenta una

sorta di eresia nell’eresia.

Da DOT a STAN

Chi scrive ha più volte tentato di utilizzare il software disponibile di

microDOT con modesti risultati. I problemi già evidenziati aggiunti alla

difficoltà di manutenzione del programma senza l’assistenza dell’auto-

re lo rendono praticamente inutilizzabile27.

Nell’anno accademico 2003/2004, proprio per la compresenza della

Ricerca Operativa e di materie proprie della pianificazione, si sono

poste dunque le basi per un programma completamente nuovo. Da qui

l’inizio del progetto STAN il cui acronimo (STrategic ANalysis) richiama

23 Si veda ad esempio S. Openshaw “So-me Implications of the Micro-electronicRevolution for Town and CountryPlanning”, Planning Outlook, vol. 24, n. 1,1981, pp. 16-20.24 S. Openshaw, P. Whitehead, “A MonteCarlo simulation approach to solving mul-ticriteria optimisation problems related toplanmaking, evaluation, and monitoring inlocal planning”, in Environment andPlanning B: Planning and Design, vol. 12,1985, pp. 321-334.25 L’esercizio è basato sull’analisi dellarelazione del piano: Coventry CityCouncil, Department of Architecture andPlanning, “The Red Lane Action AreaPlan”, 1977.26 Il programma microDOT era in FORTRAN,un linguaggio che poteva essere utilizzatonei personal soltanto tramite compilatorialquanto incerti.27 E. Vila, P. Scattoni, “Environmentalplanning and city management in devel-oping countries: two case studies”, inEnergy, Environment and TechnologicalInnovation, vol. 3, Roma, October 12-16,1992, pp. 345-350.

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Urbanistica e Ricerca Operativa: un’esperienza di collaborazione interdisciplinare

l’approccio della scelta strategica, anche se il riferimento al nome di

Stan Openshaw non è ovviamente casuale.

Come motore di calcolo per la risoluzione dei problemi di ottimizzazio-

ne si è scelta in un primo momento la versione ridotta e gratuita del

software commerciale AMPL28 (A Modeling Language for Mathematical

Programming). I solver messi a disposizione da questo software erano

adatti alla risoluzione dei nostri problemi e le limitazioni imposte dalla

versione ridotta consentivano comunque di elaborare problemi di tipo

DOT di medie dimensioni. Quasi subito però si è optato per un altro pro-

dotto, GLPK29 (GNU Linear Programming Kit), che è opensource e at-

traverso il quale è possibile gestire direttamente i solver con la possi-

bilità di integrarli in ambienti diversi. Oltre a permettere un uso di STAN

ancor più amichevole da parte dell’utente, grazie a un diverso disegno

della API30, l’adozione del GLPK ha soprattutto evitato di impiegare un

prodotto commerciale per il motore, garantendo quindi un più libero

accesso al software STAN stesso. È sempre in quest’ottica che si è scel-

to il linguaggio JAVA quale piattaforma sulla quale sviluppare l’applica-

zione. Infatti, sia il linguaggio JAVA che il GLPK possono funzionare su

molti sistemi operativi e hardware attualmente in uso.

L’attuale versione (STAN 1.1.2) permette di controllare direttamente in

video l’impostazione del problema AIDA e di immettere i dati di input in

maniera molto semplice e diretta, come si evince dall’esempio di

schermata STAN 1.1.2 mostrato in FIG. 1.

È importante qui far presente come l’elaborazione del programma sia

andata di pari passo e sia stata influenzata da un secondo filone di

ricerca sviluppato nell’ambito della formazione del piano strutturale di

Grosseto: quello sulla tracciabilità della decisione31. Si tratta di mettere

a punto un sistema informativo sui processi della decisione che con-

senta in maniera semplice a chiunque di ripercorrere il processo che

ha portato alle scelte di piano. Così, a differenza di DOT, in STAN è pos-

sibile commentare tutte le operazioni di immissione dati in qualsiasi

fase. Con un puntuale inserimento di commenti, in relazione alle date

di immissione (dichiarare ad esempio quando una certa area di deci-

sione è stata mutata) e alla qualità dell’informazione inserita, si può

così consentire a chiunque di ripercorrere lo specifico esercizio STAN,

comprendere la logica di chi lo ha condotto e partecipare. In altre paro-

le si può “ereditare” il lavoro fatto da altri e procedere al suo sviluppo

e trasformazione. STAN quindi può accompagnare il processo utilizzan-

13

28 http://www.ampl.com29 http://www.gnu.org/software/glpk/30 Application Programming Interface, os-sia il modo attraverso il quale una porzio-ne di software (GLPK) scambia informazio-ni con l’esterno (STAN).31 Questo progetto è ancora nelle sueprime fasi di sviluppo e viene condotto daPaolo Scattoni e Giampaolo Tomassonicon il supporto del gruppo dei tecnici delcomune coordinati da Marco De Bianchi.Parti del lavoro sono state condotte an-che dagli studenti Giovanni Pizzuti eRoberto Picchianti che hanno svolto illoro stage presso il comune di Grosseto.

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14 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

do un modello decisionale di tipo cognitivo, dove cioè le conoscenze

maturate vanno a modificare il quadro decisionale in forma dinamica e

mai definitiva.

Le prospettive di sviluppo di STAN

Il software sino a ora prodotto presenta notevoli potenzialità di svilup-

po. Occorre, però, sottolineare che il supporto più rilevante potrà veni-

re dalla messa a punto di quel sistema informativo dei processi di deci-

sione del quale si è accennato sopra. Soltanto se quel sistema fornirà

una solida base di conoscenza, sarà possibile far uscire STAN dal

rischio di applicazioni parziali (tipo quelle del tipo scuola-IOR) o orienta-

te principalmente alla didattica, dove peraltro ha mostrato di ben fun-

zionare. Per quanto riguarda STAN in sé, le direzioni di miglioramento

sono tre. In primo luogo è possibile migliorare la “leggibilità” dei risulta-

ti forniti dal programma sia sul monitor che nella stampa. È questo un

obiettivo importante per superare le riserve di Friend e Hickling che

attribuisco a una difficile lettura dei risultati la controindicazione princi-

FIGURA 1

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Urbanistica e Ricerca Operativa: un’esperienza di collaborazione interdisciplinare 15

pale nell’affrontare contesti complessi di pianificazione. Da questo pun-

to di vista l’esperienza didattica svolta sul quartiere Infernetto appare

incoraggiante, perché sono proprio gli stessi soggetti coinvolti, magari

quelli che più si sono avvicinati agli aspetti tecnici del metodo, a richie-

dere di operare in questo senso perché vedono nella tecnica uno stru-

mento molto vicino all’operatività in situazioni ad alta conflittualità. Si

prospetta, dunque come assai probabile, una versione STAN che possa

essere messa a disposizione di piccole comunità secondo quel concet-

to di Science Shop, di collaborazione fra realtà di base e istituti di ricer-

ca, supportati dalla stessa Unione europea.

Un secondo filone di sviluppo riguarda i criteri di valutazione. Le tecni-

che di valutazione sono frutto di metodi ancorati a modelli di tipo sinot-

tico: si valutano due o più progetti alternativi, due ipotesi generali di

piano e così via. Le valutazioni ambientali, di tipo economico, di prefe-

renza da parte dei portatori di interesse e così via arrivano in questo

modello alla fine di un processo. In modello di tipo cognitivo “accompa-

gnano” invece il processo; si accetta che la valutazione sia approssi-

mativa e sempre migliorabile. Così se si utilizza una procedura tipo AIDA

o STAN non ci verrà richiesto in ogni momento un’analisi completa dei

costi/benefici, ma si utilizzeranno misure più semplici e veloci anche se

più approssimative. Così per la valutazione ambientale non si farà rife-

rimento a batterie complesse di indicatori o a criteri basati su procedu-

re costose e complicate, come il willing to pay, ma a misure assai più

approssimative utilizzabili, però, sin dalle prime fasi del processo di

decisione (senza necessariamente escludere verifiche più complesse

al termine). Ecco allora che si apre un ampio spazio di sperimentazio-

ne tutto da esplorare nel prossimo futuro.

Il terzo e ultimo ambito di sviluppo per STAN riguarda proprio quella ba-

se formale di cui tratta Federica Ricca in questo volume. Partendo dai

concetti base di modello matematico e algoritmo di risoluzione, in que-

sta parte si forniscono numerosi esempi di applicazioni della program-

mazione matematica a problemi reali. Nell’ultimo capitolo vengono pre-

sentati spunti assai interessanti nel contesto delle applicazioni, ricchi di

promettenti implicazioni operative dei quali ovviamente non tratteremo

qui, ma che prendiamo come auspicio per future collaborazioni.

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L’idea di ricorrere a modelli matematici si basa sulla convinzione che si possono affrontare i problemi di decisione

strategica pensandoli in maniera strutturata, sfruttando e organizzando al meglio l’informazione disponibile. Queste

note nascono dalla collaborazione con il prof. Paolo Scattoni avviata nell’anno accademico 2003/2004 nell’ambito del

laboratorio di Urbanistica del corso di laurea in “Pianificazione e gestione del territorio e dell’ambiente” dell’Università

degli Studi di Roma “La Sapienza”. Il laboratorio di Paolo ha ospitato il mio modulo di Elementi di Ricerca Operativa

fino all’anno accademico 2005/2006. Dall’anno accademico 2006/2007, il modulo ha trovato una nuova collocazione

nel laboratorio di Paolo in Urbanistica operativa, al terzo anno dello stesso corso di laurea.

In questo modulo si propongono metodi e modelli di programmazione matematica per il supporto alla decisione stra-

tegica, come strumento utile per l’organizzazione e la gestione delle informazioni disponibili, per l’acquisizione di

nuova informazione, e, soprattutto, per l’individuazione di possibili soluzioni. In particolare, si vuole riprendere e pro-

seguire il filone di ricerca di Openshaw e Whitehead che già negli anni ’70 proponevano un approccio di programma-

zione matematica a variabili intere per affrontare i problemi di decisione nell’ambito della scelta strategica. In questa

stessa direzione va lo sforzo, nella collaborazione con Paolo, di promuovere il software STAN (STrategic ANalysis), sia

come strumento di analisi che come strumento didattico. Come docenti del laboratorio, infatti, abbiamo voluto realiz-

zare questo software per la sperimentazione pratica dell’applicazione di tecniche di Ricerca Operativa nei problemi di

decisione reali.

Fin dai primi anni, l’attività didattica in aula ha confermato l’interesse degli studenti sia per l’approccio formale, sia per

lo strumento informatico. In particolare, lo sviluppo del software STAN è stato l’elemento chiave per la riuscita del pro-

getto e ha permesso che discipline molto diverse riuscissero a “parlare fra loro”, arrivando addirittura ad integrarsi

completamente sul piano operativo.

Questi appunti sono stati scritti con l’obiettivo di semplificare concetti e termini della programmazione matematica per

studenti che non sono abituati all’analisi dei problemi tramite modelli matematici. A questo fine, a volte è stato preso

spunto da altri testi in cui questo scopo era stato già realizzato. In particolare citiamo gli Appunti di Ricerca Operativa

per il corso di laurea di “Informatica” dell’Università di Pisa (a.a. 2002/2003), che sono gentilmente resi disponibili

dagli autori e si possono scaricare dal sito http://www.di.unipi.it/di/groups/optimize/ORGroup.html. In tutti i casi in cui

esempi proposti da altri autori sono stati riportati integralmente è stata inserita anche la citazione esplicita del riferi-

mento bibliografico.

Oltre Paolo, che è stato il cuore e la mente di questo progetto, ringrazio Maria Spina che ha curato la realizzazione

grafica ed editoriale del lavoro, donandogli quel “gentil aspetto” che rende sicuramente più piacevole la lettura. Voglio

inoltre ringraziare Bruno Simeone che da sempre è il mio maître e che, anche inconsapevolvemente, influenza ormai

ogni mio lavoro. Un ringraziamento particolare ad Andrea che ha revisionato tutte queste mie pagine. Soprattutto,

però, ringrazio Renata che mi ha invogliato a scriverle. A lei le “regalo”.

28 febbraio 2006

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Premessa

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18 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

modelli matematici sono struttureastratte, di tipo matematico, attra-verso le quali si possono descri-vere problemi reali.

L’espressione “modellare la realtà” trasmettebene l’idea intuitiva di un processo di rappre-sentazione astratta in cui prendono formaentità e relazioni del problema reale. L’ideadi ricorrere a modelli matematici si basa sullaconvinzione che si possono affrontare i pro-blemi di decisione strategica pensandoli inmaniera strutturata, sfruttando e organizzan-do così al meglio l’informazione disponibile. Ivantaggi di un tale approccio risiedonosoprattutto nel fatto che dalla strutturazionedel problema è possibile comprendere alcu-ni aspetti specifici del problema stesso nonimmediatamente evidenti.Spesso accade che una buona rappresenta-zione del problema riesce a individuare su-bito caratteristiche che, altrimenti, avrebberorichiesto molto tempo prima di venire allaluce. In questo caso, oltre alla buona ge-stione delle informazioni disponibili, la mo-dellizzazione del problema permette anchel’acquisizione di nuova informazione. È chia-ro che il modello resta un’astrazione dellarealtà e dunque, se può essere consideratouno strumento risolutivo per problemi piccolie molto semplici, non si può affermare lastessa cosa per problemi più generali didecisione e scelta strategica. Tuttavia, perproblemi di questa complessità può rivelarsi

molto utile l’attività sistematica di supportoalla decisione che questi modelli sono ingrado di fornire. Si pensi a un approccio alproblema di decisione di tipo modulare einterattivo. Con modulare intendiamo qui lapossibilità di strutturare il problema generalein modo tale che sia possibile definire proble-mi più piccoli legati al problema originale(moduli) per i quali la soluzione comportal’acquisizione immediata di informazioneutile per la decisione finale. L’approccio inte-rattivo consiste invece nel procedere allarisoluzione ripetuta dei problemi.Sfruttando le potenzialità dei calcolatori elet-tronici – e degli efficientissimi software dirisoluzione disponibili – che riescono attual-mente a risolvere un modello anche moltogrande in tempi molto contenuti, è possibiletrarre vantaggio dalla risoluzione ripetuta diuno stesso modello, variando le condizioniiniziali anche in funzione dei risultati ottenutiin precedenza. In questo modo, nell’ambitodella soluzione dei sottoproblemi di un pro-blema di decisione complesso, l’utente nonrimane univocamente legato a soluzioni rigi-de, ma è in grado di interagire con il sistemae di arricchire il modello iniziale con in-formazioni aggiuntive che scaturiscono da a-spetti del problema che si sono manifestatisolo durante la procedura di risoluzione eche all’inizio non erano noti. Si tratta in effet-ti di un delicato processo di produzione,gestione e immagazzinamento di informazio-

Introduzione

I

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introduzione

ne che conduce alla decisione finale solodopo una serie di elaborazioni e valutazionidi possibili decisioni intermedie. A tutto que-sto si aggiunge il fatto che in un modellomatematico gli elementi cruciali del problemapossono essere formalizzati in modi diversi equeste diverse formalizzazioni possonoessere risolte separatamente per acquisireinformazioni di tipo diverso. Infine è evidentecome gli strumenti matematici ben si presti-no alla raccolta sistematica e ordinata del-l’informazione via via acquisita durante il pro-cesso decisionale, favorendo così un percor-so ideale di tracciabilità della decisione. Inqueste note presentiamo le basi formali di unapproccio quantitativo alla scelta strategicache si fonda sui principi della programmazio-ne matematica, cioè l’area della RicercaOperativa che considera modelli di tipo anali-tico. Si tratta di modelli in cui ogni concettointrodotto nella definizione del problemaviene “tradotto” in un elemento matematico oin una relazione matematica.Per raggiungere questo scopo, nel CAPITOLO 1introduciamo alcuni concetti base relativi aimodelli di programmazione matematica; nelCAPITOLO 2 analizziamo le caratteristiche dellaparticolare classe dei modelli di Programma-zione Lineare, mentre nel CAPITOLO 3 appro-fondiamo i modelli di Programmazione Linea-re Intera. Infine, nel CAPITOLO 4, discutiamo gliaspetti rilevanti dell’approccio di programma-zione matematica per il supporto alle decisio-ni nella scelta strategica. In questo capitolocerchiamo di ricollegare gli elementi formalitrattati nei primi tre capitoli al problema speci-fico della scelta strategica basandoci anchesu esempi realistici.

19

Il quartiere romano dell’Infernetto. Negli anni accademici2005/2006 e 2006/2007 su questo contesto è stato speri-mentato il software STAN.

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di individuare soluzioni più soddisfacenti.Nei casi più semplici le prime tre fasi, se bencalibrate, sono sufficienti per giungere alla so-luzione del problema. Nei casi più difficili, op-pure nei casi in cui uno dei passi non vieneeseguito nel migliore dei modi, è necessario ri-petere – in tutto o in parte – il processo, spes-so anche più di una volta. La FIG. 1.1 chiariscequanto appena detto.La fase più delicata è certamente la prima per-ché individua il problema di decisione e operale semplificazioni necessarie per poter effet-

a Ricerca Operativa (RO) è una di-sciplina che studia come fare unuso efficiente delle risorse di cui sidispone, tenendo conto del fatto

che queste risorse sono in genere limitate ecostose. La RO si propone, dunque, come stru-mento di supporto per qualsiasi “problema didecisione”. Modelli e metodi matematici ven-gono proposti come strumenti per affrontare iproblemi con cui si confrontano coloro chehanno responsabilità decisionali nell’orga-nizzazione e nella gestione di sistemi com-plessi.

1.1 Fasi del processo decisionaleL’approccio alla risoluzione del problema didecisione si articola in tre fasi principali:

– definizione del problema, in cui è neces-sario decidere quali sono gli obiettivi che sivogliono perseguire e i vincoli che si devo-no considerare;– formulazione del modello matematico,nella quale, tenendo conto degli elementidefiniti nella prima fase, si costruisce unappropriato modello;– scelta del metodo risolutivo (algoritmo),per la determinazione di una o più soluzio-ni;– analisi dei risultati per capire se le solu-zioni ottenute sono coerenti con la realtàdel problema e se è necessario ritornare suqualcuna delle fasi precedenti per cercare

L

1. Ricerca Operativa e programmazione matematica

FIGURA 1.1 – Fasi del processo decisionale.

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1.2 Costruzione di modelliIn un modello di programmazione matematicaè necessario formalizzare tre cose: le variabilidel problema, la funzione obiettivo, i vincoli[Simeone, 1998].Le variabili del modello sono le quantità inco-gnite sulle quali si deve prendere la decisione.Per questo motivo vengono dette anche “varia-bili decisionali”. Generalmente vengono indi-cate con l’incognita x e se ci sono più variabilinello stesso modello si usa indicizzarle. Nel ca-so più generale di n variabili, esse si indicanocon x1, x2, ..., xj,..., xn oppure, in maniera piùsintetica, con xj, j = 1, 2, ..., n dove con xj siindica il valore incognito della generica variabi-le j-esima.La funzione obiettivo (FO) del modello è una e-spressione matematica delle variabili decisio-nali che rappresenta l’obiettivo posto dal deci-sore: dunque nel modello la funzione obiettivodeve essere ottimizzata. Generalmente i pro-blemi di decisione prevedono funzioni obiettivoda minimizzare (ad esempio nel caso si tratti dicosti), oppure da massimizzare (come adesempio quando si parli di ricavi). Indichiamogenericamente con f la funzione obiettivo,specificando le variabili decisionali da cuidipende. In più è necessario indicare il tipo diottimizzazione che si intende effettuare. Nelcaso più generale di un modello a n variabili incui si voglia massimizzare la funzione obietti-vo, si scrive:

Ricerca Operativa e programmazione matematica

tuare la seconda. In effetti il passaggio dal pro-blema reale a un modello matematico implicanumerose semplificazioni. Nella definizione delproblema è necessario riuscire a capire qualisono gli elementi più importanti e quali quellitrascurabili allo scopo di formalizzare poi unmodello matematico che sia il più possibile vici-no alla realtà, ma allo stesso tempo semplice echiaro, tanto da poter essere risolto con unmetodo automatico.Più che del ricercatore operativo, la definizionedel problema è compito dell’esperto del campospecifico di applicazione, anche se il ri-cercatore operativo deve comunque partecipa-re a queste scelte fornendo il suo supporto“tecnico” e la sua esperienza.Conclusa la prima fase, la seconda consistenella costruzione del modello matematico cheè una descrizione del problema di interesseper mezzo di strumenti di tipo logico matema-tico. I modelli che vengono qui considerati so-no di tipo analitico, cioè modelli in cui ogni con-cetto introdotto nella definizione del problemaviene “tradotto” in un elemento matematico (oin una relazione matematica). La costruzionedel modello è di stretta competenza del ricer-catore operativo che deve saper dare a ognielemento del problema la forma matematicapiù adeguata. Anche su questa fase si puòritornare in un momento successivo per modi-ficare alcuni elementi.Una volta costruito il modello matematico ènecessario selezionare il metodo risolutivo piùadeguato per individuare almeno una soluzio-ne del problema.Per ciascun tipo di modello esistono diversialgoritmi – più o meno efficienti – tra i qualiscegliere.

21

o, più semplicemente,max f (x1, x2, ..., xj,..., xn)

sottointendendo che si sta massimizzando ri-spetto alle variabili x1, x2, ..., xj,..., xn del pro-

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22 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

oppure

oppure

Nel primo e nel terzo caso si tratta di vincoli didisuguaglianza, mentre nel secondo caso si haun vincolo di uguaglianza. La forma generaledi un modello matematico con n variabili e mvincoli in cui si vuole minimizzare un obiettivo,è la seguente

(P)

blema. Nel caso di un modello a n variabili incui si voglia minimizzare la funzione obiettivo,si scrive invece:

I vincoli del modello sono anch’essi espressio-ni matematiche delle variabili decisionali. Èchiaro che, così come la funzione obiettivo di-pende da queste variabili (perché la decisioneva presa in relazione all’obiettivo fissato), an-che i vincoli sono funzione delle variabili per-ché in effetti definiscono in forma matematicale relazioni che intercorrono tra le variabili edalle quali non si può prescindere. Ogni vinco-lo rappresenta una delle relazioni tra le varia-bili, perciò in uno stesso modello possono ap-parire più vincoli. Nel modello generale con nvariabili i vincoli sono relazioni con una delleseguenti forme:

dove gi, i = 1, 2, ..., m sono delle generichefunzioni delle variabili del problema.

Si osservi che i vincoli possono anche espri-mere condizioni di non negatività delle variabi-li – come avviene in tutti i casi in cui esse rap-presentano delle quantità fisiche – oppure del-le limitazioni superiori e inferiori sul valore chepossono assumere. Ad esempio, se in un mo-dello la variabile xj può assumere solo valoripositivi o nulli, sarà necessario includere il vin-colo di non negatività che può essere visto come un caso molto sem-plice della forma più generale dei vincoli di tipo“ ” visti sopra.Nei modelli a n variabili la soluzione del proble-ma sarà sempre rappresentata da una valoriz-zazione delle variabili x1, x2, ..., xj,..., xn .Consideriamo come esempio il problema se-guente relativo alla miscelazione di carne perla produzione di hamburger [Bronson, 1984].Un’industria alimentare che produce hambur-ger vuole minimizzare il costo delle materie pri-me impiegate garantendo però una buonaqualità del prodotto. Supponiamo che l’impastodegli hamburger sia costituito da carne maci-nata di manzo e di maiale. Supponiamo inoltreche ogni hamburger debba pesare almeno 100grammi e che la percentuale di grasso in essocontenuta non debba ammontare in totale a

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Ricerca Operativa e programmazione matematica

più di 23 grammi. Il macinato di manzo contie-ne l’80% di polpa e il 20% di grasso e costa alproduttore 3 euro al chilo, mentre il macinato dimaiale contiene il 75% di polpa e il 25% digrasso e costa all’industria 1 euro al chilo. Ilproblema del produttore è di capire come mi-scelare carne di manzo e carne di maiale inogni hamburger per ottenere al minimo costoun hamburger che riponda ai requisiti richiesti.

È chiaro che in questo esempio l’obiettivo diminimizzare il costo della materia prima (carnedi manzo e di maiale) viene a scontrarsi con ilvincolo di dover garantire una certa “qualità delprodotto” che per il nostro produttore significamantenere bassa la percentuale di grassi inogni hamburger. Una volta note le condizioniiniziali del problema – cioè il prezzo della carnee le percentuali di grasso del manzo e del ma-iale – le soluzioni ammissibili (le diverse misce-lazioni di carne che rispondono ai requisitirichiesti) sono molte, ma ognuna presenterà uncosto diverso. Il problema del produttore saràdunque quello di scegliere tra tutte queste solu-zioni la migliore (soluzione ottima) che, in que-sto caso, coincide con la più economica. Conriferimento al modello degli hamburger forma-lizziamo il modello matematico corrispondente.Vediamo i vari elementi uno alla volta.

LE VARIABILI

In questo esempio le variabili sono le quantitàdi carne macinata di manzo e di maiale damettere in ogni hamburger. Avremo dunque unmodello con le sole due variabili seguenti

23

LA FUNZIONE OBIETTIVO

L’obiettivo è quello di minimizzare i costi di ac-quisto della carne. Supponendo che si scelgadi mettere in ogni hamburger x1 grammi di car-ne di manzo e x2 grammi di carne di maiale(che sono ancora quantità incognite), il costodel totale delle quantità delle due carni da ac-quistare per ogni hamburger sarà funzione dix1 e x2. Ricordando che la carne di manzocosta 3 euro al chilo e la carne di maiale costa1 euro al chilo, il prezzo al grammo sarà di 0.3centesimi di euro per il manzo e di 0.1 cente-simi di euro per il maiale. Il costo totale di unhamburger, espresso in centesimi di euro, sicalcola facilmente come

0.3x1+ 0.1x2

e dunque questa è la quantità da minimizzare.Allora la funzione obiettivo del problema è datada f (x1, x2) = 0.3x1+ 0.1x2

e deve essere minimizzata.

I VINCOLI

I vincoli del problema sono molto semplici e ri-guardano due caratteristiche che sono state ri-chieste dal produttore: ogni hamburger devepesare almeno 100 grammi e deve contenereal massimo 23 grammi di grasso. La primarichiesta è facilmente esprimibile considerandola quantità totale carne presente in un hambur-ger. Supponendo che si scelga di mettere inogni hamburger x1 grammi di carne di manzoe x2 grammi di carne di maiale, è chiaro chel’hamburger sarà costituito da x1 + x2 grammidi carne. Questa quantità non deve essere in-feriore ai 100 grammi, cioè

Analogamente, il totale dei grassi contenuti in

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24 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

re come possa essere risolto. In effetti, perindividuare la soluzione ottima è necessariotenere in considerazione simultaneamente lecondizioni imposte dai vincoli e, tra tutte lesoluzioni ammissibili rispetto a questi vincoli,riuscire a selezionare la più economica. Amaggior ragione per problemi complessi e digrandi dimensioni la risoluzione non è agevo-le. La RO fornisce modelli e algoritmi per de-scrivere e risolvere in maniera sistematica eveloce problemi anche molto complessi.

Il modello degli hamburger appartiene allaclasse dei modelli di Programmazione Linea-re. Più in generale i modelli di programmazio-ne matematica si possono classificare nelleseguenti tre classi principali:

– Programmazione Lineare (PL);– Programmazione Lineare Intera (PLI);– Programmazione Non Lineare (PNL).

La PL riguarda il caso in cui tutte le funzionidel modello – vincoli e FO – sono lineari e levariabili sono numeri reali.La PLI riguarda il caso in cui tutte le funzionidel modello – vincoli e FO – sono lineari, male variabili sono necessariamente numeriinteri.La PNL rappresenta il caso in cui non tutte lefunzioni del modello sono lineari. General-mente, in questo caso le variabili sono a valo-ri reali.

1.3 Modelli di Programmazione LineareUna delle classi di modelli di ottimizzazione piùimportanti è la classe dei modelli di PL. I motivisono sostanzialmente i seguenti:

La soluzione sarà data dalla coppia di valori(x1 , x2) che soddisfa tutti i vincoli e rendeminima la FO.Si osservi che nel modello appena visto tutti ivalori numerici, cioè le percentuali di polpa egrasso e il costo al chilo della carne di maia-le e di manzo, la quantità massima di grassoe il minimo peso totale richiesto per ognihamburger, corrispondono ai dati del proble-ma e sono pertanto parametri.

Anche se il problema accennato sopra è mol-to semplice, non è chiaro né immediato intui-

un hamburger non deve eccedere i 23 grammi.Siccome per ogni grammo di carne di manzo sihanno 0.20 grammi di grasso e per ogni gram-mo di carne di maiale si hanno 0.25 grammi digrasso, se ogni hamburger è composto da x1

grammi di carne di manzo e x2 grammi di car-ne di maiale, allora la quantità totale di grassoin un hamburger è pari a

0.20x1+ 0.25x2

e dunque il vincolo del problema è il seguente:

Concludiamo la formulazione del modello con-siderando che le variabili x1 e x2 sono neces-sariamente quantità positive o al più nulle edunque dobbiamo introdurre anche i due se-guenti vincoli di non negatività:

Il modello complessivo si presenta dunque co-me segue:

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dove i coefficienti cj, j = 1, 2,..., n della FO, gliaj, j = 1, 2,..., n associati nel vincolo alle nvariabili e il coefficiente b (termine noto del vin-colo) sono numeri reali.

La forma più generale di un modello di PL in cuila funzione obiettivo venga ad esempio mini-mizzata è data da

– molti problemi reali possono essere for-mulati agevolmente come modelli di PL;– sono disponibili algoritmi estremamenteefficienti per la risoluzione di problemi di PL,anche di grandi dimensioni;– i modelli di PL sono strumento fondamen-tale per l’analisi e la costruzione di algoritmiefficienti per altre classi di problemi.

Un problema di PL è un problema di ottimizza-zione con un numero finito n di variabili a valo-ri reali, una funzione obiettivo lineare, cioè deltipo

f (x1, x2, ..., xj,..., xn)=c1x1 + c2x2 + ...cjxj + ...+ cnxn

e con un insieme di m vincoli lineari del tipo

Ricerca Operativa e programmazione matematica 25

(Q)

Si osservi che, in generale, i vincoli di non ne-gatività vengono considerati come vincoli aparte, mentre tutti gli altri vengono chiamati vin-coli strutturali. Tuttavia, è facile vedere che an-che i vincoli di non negatività possono esserericondotti alla forma più generale. Ad esempio,nel problema degli hamburger, i due vincoli dinon negatività possono essere visti come duevincoli lineari aggiuntivi in cui

Si può verificare che nel modello (P2) tutte lefunzioni sono lineari: i coefficienti reali

dei vincoli e i coefficienti reali

della funzione obiettivo rappresentano, insiemeai i parametri del modello.Confrontando il modello (Q) con il modello di PL

costruito per l’esempio degli hamburger, si ve-rificano facilmente le seguenti corrispondenze:

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26 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

n questo capitolo ci occupiamo deimodelli di Programmazione Linea-re che rappresentano la classe deimodelli in cui tutte le funzioni sono

di tipo lineare. Gli algoritmi proposti in lettera-tura per la risoluzione di un problema di PL

sono moltissimi, ma quello di gran lunga piùnoto è il Metodo del Simplesso [Danzig, 1947].La natura di un problema di PL può essere ana-lizzata agevolmente attraverso la sua rappre-sentazione geometrica.

2.1 Rappresentazione geometrica di unmodello di PL

Consideriamo il seguente problema di pianifi-cazione della produzione [Bertsimas, Freund,2000].La compagnia GTC, che produce strumenti dalavoro (martelli, seghe, trivelle, pinze, chiavi in-glesi), ha impianti in diverse parti degli StatiUniti. Negli impianti di Winnipeg e del Canadal’impresa produce unicamente pinze e chiavi

inglesi il cui processo di produzione richiede:1. acciaio come materia prima;2. una fase di lavorazione dei singoli pezziin acciaio (macchine per la lavorazione);3. una fase di assemblaggio dei pezzi lavo-rati (macchine per l’assemblaggio).

In relazione a questi tre punti si conoscono leinformazioni della TAB. 2.1 che possono esserespiegate come segue:

– per produrre una chiave ci vogliono 1.5libbre di acciaio, mentre serve 1 libbra perprodurre una pinza e, al massimo, ogni gior-no si dispone di 27000 libbre di acciaio;– il coefficiente di utilizzo di una macchinaper la lavorazione è pari a 1 ora sia per la la-vorazione dei pezzi necessari per una chia-ve che per la lavorazione dei pezzi neces-sari per una pinza e, in base al numero dimacchine, al massimo ogni giorno si dispo-ne di 21000 ore di lavorazione;– il coefficiente di utilizzo della macchina perl’assemblaggio dei pezzi è pari a 0.3 ore perl’assemblaggio dei pezzi di una chiave e a

2. Programmazione Lineare

I

TABELLA 2.1

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Programmazione Lineare

0.5 ore per l’assemblaggio dei pezzi di unapinza e, in base al numero di macchine, almassimo ogni giorno si dispone di 9000 oredi assemblaggio.

In più per ciascuno dei prodotti si conosce lamassima domanda giornaliera e il guadagnoche si ottiene dalla vendita di una unità di pro-dotto (TAB. 2.2).Dunque, giornalmente ci si aspetta di vendereal massimo 15000 unità di chiavi e 16000 unitàdi pinze con un guadagno pari a $130 per 1000unità di chiavi vendute e pari a $100 per 1000unità di pinze vendute.Il problema della GTC è dunque quello di piani-ficare la produzione giornaliera di chiavi e pin-ze per l’impianto di Winnipeg in modo da mas-simizzare il guadagno totale che si ottienedalla vendita degli strumenti prodotti in quel-l’impianto. Più precisamente, la decisione chela GTC deve prendere riguarda il numero diunità di chiavi e di pinze che l’impianto di Win-nipeg deve produrre ogni giorno (che per ora èincognito) per massimizzare il guadagno totalepotendo disporre di risorse (in termini di mate-ria prima e di ore/macchina) limitate. La GTC

vuole inoltre conoscere qual è il guadagno to-tale giornaliero associato al piano di produzio-ne scelto. A causa dei vincoli del problema, ladecisione su quale piano di produzione sce-

27

TABELLA 2.2

In entrambi la quantità a sinistra del segno didisuguaglianza misura l’ammontare di risorsain migliaia di ore (di lavorazione o di assem-

gliere non è ovvia e non è sufficiente una sem-plice analisi dei dati disponibili per individuarla.Il problema può essere invece strutturato ma-tematicamente come modello di Programma-zione Lineare.Le incognite o variabili decisionali del proble-ma possono essere definite come segue:xc numero di chiavi da produrre in un

giorno (in migliaia)xp numero di pinze da produrre in un

giorno (in migliaia)Una volta definite le variabili possiamo scrive-re la funzione obiettivo, cioè il guadagno tota-le giornaliero (in dollari), come funzione linea-re delle variabili xc e xp come segue:

130 xc + 100 xpL’obiettivo della GTC è determinare il valore del-le variabili (scelta) che massimizza il guadagnototale giornaliero. Ma in questo bisogna tenerconto delle limitazioni delle risorse e della do-manda. Per soddisfare i vincoli di limitazionedelle risorse bisogna tener conto del seguentevincolo linearein cui la quantità a sinistra del segno di disu-guaglianza misura la quantità di acciaio (in mi-gliaia di libbre) necessaria per produrre xc mi-gliaia di chiavi e xp migliaia di pinze, mentre 27è la quantità di acciaio (in migliaia di libbre) di-sponibile ogni giorno. Analogamente, i vincolidi limitazione delle risorse relative alle fasi dilavorazione e assemblaggio si possono espri-mere come disequazioni lineari:

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blaggio) necessarie per produrre xc migliaia dichiavi e xp migliaia di pinze, mentre le quantitàa destra rappresentano le ore-macchina di-sponibili ogni giorno per le due fasi di lavora-zione (espresse in migliaia di ore). Ai vincoliappena visti vanno aggiunti i vincoli di limita-zione della domanda e di non negatività:

Questi vincoli stabiliscono che le quantità, inmigliaia, di chiavi e di pinze prodotte sono nu-meri non negativi che non devono eccedere lamassima domanda giornaliera rispettivamentedi chiavi e di pinze. Riassumendo quanto for-malizzato fin qui, si ottiene la formulazionecompleta del modello di pianificazione dellaproduzione della GTC:

(M)

La coppia di variabili decisionali (xc, xp) defini-sce un punto nel piano cartesiano. In effetti,ciascun elemento del modello corrisponde aun elemento geometrico nel piano. Per questosemplice modello possiamo allora vederecome è possibile caratterizzare geome-tricamente ciascun elemento e sfruttare la rap-presentazione geometrica per risolvere ilmodello. Un modello di PL in due variabili può

28 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

essere risolto con il seguente metodo geome-trico:

PASSO 1 – si rappresentano graficamente lecondizioni di non negatività;PASSO 2 – si rappresentano graficamente ivincoli;PASSO 3 – si rappresenta la regione ammis-sibile;PASSO 4 – si rappresenta graficamente la FO;PASSO 5 – si determina la soluzione ottima.

Il metodo grafico non può essere per ovvie ra-gioni utilizzato per la soluzione di un modellogenerale di PL con n variabili. Tuttavia, è utileper capire alcuni aspetti fondamentali delcomportamento dei modelli di PL e in partico-lare delle proprietà della soluzione ottima.Seguendo i passi elencati sopra, costruiamola rappresentazione grafica del modello (M).

Consideriamo per primi i vincoli di non negati-vità:Questi vincoli impongono di scegliere solo va-lori non negativi per le variabili xc e xp, cioè so-no ammissibili solo quei punti (xc, xp) per i qua-li xc assume valori a destra dell’asse delle or-dinate e xp assume valori al di sopra dell’assedelle ascisse. Le parti del piano che contengo-no i punti che soddisfano queste condizioni so-no quelle che ci interessano e possono essereindicate con una freccia come nella FIG. 2.1. Inmaniera analoga è possibile rappresentare ivincoli di limitazione superiore sulle variabili(FIG. 2.2). A questo punto è necessario rappre-sentare gli altri vincoli del modello (M). Per rap-presentare il vincolo sulla limitazione dellaquantità di acciaio dato da:

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è necessario considerare l’equazione asso-ciata a tale vincolo, cioè Questa equazione corrisponde a una retta delpiano cartesiano che, in forma esplicita, puòessere scritta comee può essere rappresentata sul piano comemostrato nella FIG. 2.3. Dal momento che laretta divide il piano in due semipiani, è neces-sario scegliere il semipiano che contiene ipunti che ci interessano, cioè quelli che soddi-sfano il vincoloI punti che appartengono alla retta sono tutti esoli quelli che soddisfano il vincolo corrispon-dente col segno di uguaglianza. Più in genera-le, però, tutti i punti del piano che hanno coor-dinate tali chesoddisfano il vincolo e corrispondono a tutti esoli i punti che appartengono a un ben precisosemipiano chiuso (quello individuato dalla frec-cia nella FIG. 2.3).Per essere certi di selezionare proprio il semi-piano individuato dal vincolo si può procederecome segue:

– nel piano cartesiano si considera unpunto di riferimento che certamente non ap-partiene alla retta, ad esempio nel nostrocaso si può considerare l’origine degli assiO = (0, 0);– si controlla se il punto soddisfa il vincolo(appartiene cioè al semipiano di interesse),oppure no (non appartiene al semipiano diinteresse). In caso affermativo si considerail semipiano che contiene il punto O, altri-menti si considera l’altro semipiano.

Nel nostro caso il punto O = (0, 0) soddisfa ilvincolo e, dunque, il semipiano di interesse èproprio quello che lo contiene. Un discorsoanalogo vale per ciascuno degli altri vincoli.

Programmazione Lineare 29

FIGURA 2.1 – Vincoli di non negatività sulle variabili.

FIGURA 2.2 – Vincoli di limitazione superiore sulle variabili.

FIGURA 2.3 – Vincoli di limitazione sulla quantità di acciaio.

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30 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

Le FIGG. 2.4 e 2.5 mostrano la rappresentazio-ne geometrica dei vincoli di limitazione relativialle ore di lavorazione e dei vincoli di limitazio-ne relativi alle ore di assemblaggio. Dunque,per ciascun vincolo, la rappresentazione nelpiano corrisponde a un semipiano di punti. Se-guendo i passi del metodo geometrico, ènecessario ora individuare la regione ammissi-bile. Affinché una coppia di valori (xc, xp) siauna soluzione ammissibile del problema (M)essa deve soddisfare contemporaneamente

tutti i vincoli e quindi, dal punto di vista geome-trico, deve corrispondere a un punto (xc, xp)che si trova contemporaneamente in tutti isemipiani rappresentati. In altre parole, perottenere la regione ammissibile, è necessarioindividuare nel piano l’intersezione di tutti isemipiani sin qui selezionati (FIG. 2.6). La regio-ne ammissibile è la rappresentazione geome-trica dell’insieme delle soluzioni ammissibili delproblema (M) e corrisponde al poligono con-vesso e limitato P mostrato nella FIG. 2.7.

FIGURA 2.4 – Vincoli di limitazione sul numero di ore di la-vorazione.

FIGURA 2.5 – Vincoli di limitazione sul numero di ore di as-semblaggio.

FIGURA 2.7 – La regione ammissibile del problema (M) èdata dal poligono convesso P.

FIGURA 2.6 – Intersecando tutti i semipiani individuati siottiene la regione ammissibile.

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Programmazione Lineare

Rappresentiamo ora la funzione obiettivo. Seindichiamo con z un valore della funzione o-biettivo generico, possiamo scrivere questovalore in funzione delle variabili xc e xp comesegue: 130xc + 100xp = z .Per un valore fissato di z, dunque, la FO corri-sponde a una retta con coefficiente angolarepari a –130/100 e intercetta pari a z (FIG. 2.8).Essa è formata da tutti i punti di coordinate(xc, xp) tali che 130xc + 100xp = z. Si tratta,in effetti, di una curva di isoprofitto perchè ga-rantisce lo stesso valore di profitto z per tutti ipunti di coordinate (xc, xp) che vi appartengo-no. Per valori sempre maggiori di z la retta cherappresenta la funzione obiettivo si sposta ver-so l’alto fino a uscire dalla regione ammissibileper valori di z maggiori di 2460.Osservando la FIG. 2.8 si vede come in corri-spondenza di valori sempre più alti si individua-no diversi segmenti che si staccano all’interno

31

della regione ammissibile e che corrispondonoa soluzioni ammissibili associate a valori dellaFO sempre più elevati. Siccome il problema (M)è di massimizzazione, ci interessano tutti queipunti che forniscono il massimo valore possibi-le di z, a condizione però che essi si trovinoall’interno della regione ammissibile. Questadoppia condizione viene assicurata dall’unicopunto C che è il punto di tangenza di una dellerette della funzione obiettivo con la regioneammissibile. Il punto C è il punto di ottimo peril problema (M). Inoltre esso è l’unico punto diottimo del problema. Nel punto C si ha z =2460, xc= 12 e xp = 9 che è la soluzione otti-ma che si otterrebbe risolvendo il modello (M)analiticamente, ad esempio con il metodo delsimplesso. Il piano di produzione ottimo per laGTC corrisponde a produrre giornalmente12000 chiavi inglesi e 9000 pinze con un gua-dagno giornaliero pari a 2460 dollari.

FIGURA 2.8 – Rappresentazione della FO per diversi valoridi z.

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32 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

2.2 GradienteOsservando la FIG. 2.8 si nota che a partiredalla retta del fascio di rette parallele passanteper l’origine O, e spostandosi su rette semprepiù alte, si individuano rette, parallele alla pri-ma, che corrispondono a valori di z sempre piùelevati. Considerando invece rette al di sottodella retta passante per l’origine, è facile verifi-care che rette più in basso corrispondono avalori di z sempre più bassi. In pratica, si indi-viduano due direzioni opposte lungo le quali cisi può spostare per massimizzare o minimizza-re la funzione obiettivo z (FIG. 2.9).Nel problema (M) l’obiettivo deve essere mas-simizzato e pertanto ci si sposta nella direzio-ne della massimizzazione. Più in generale, vaconsiderata l’una o l’altra delle direzioni a se-conda del tipo di ottimizzazione formulato nelmodello. Nel caso di modelli di minimizzazionele rette che rappresentano la FO per i diversivalori fissati di z vengono dette solitamentecurve di isocosto perchè forniscono lo stessovalore di costo z per tutti i punti che vi appar-

FIGURA 2.9 – Direzioni di massimizzazione e di minimizza-zione.

f (xc, xp) = 130xc + 100xp

tengono. Nel modello di pianificazione dellaproduzione analizzato sopra la direzione del-l’ottimizzazione è stata individuata “per tentati-vi”. Esiste un metodo più immediato ed elegan-te che si basa sul calcolo del gradiente dellafunzione obiettivo. In generale il gradiente diuna funzione in due variabili f (x1, x2) è defini-to come il vettore delle due derivate parzialidella funzione f rispetto alle due variabili x1 e x2

e si indica conPer una funzione f lineare il gradiente corri-sponde al vettore dei coefficienti associati, nel-la funzione stessa, alle singole variabili. Adesempio, con riferimento al modello (M), si ha:

e il gradiente di f corrisponde a:

In generale dunque, per problemi di PL a duevariabili, il gradiente è dato dalla coppia di coef-ficienti della funzione obiettivo.

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Programmazione Lineare

Sulla base del gradiente è immediato identifi-care le direzioni di massimizzazione e mini-mizzazione della funzione obiettivo indicate inFIG. 2.9 con due frecce di verso opposto. Percapire come procedere consideriamo ancoral’esempio del modello di pianificazione dellaproduzione. Fissiamo come riferimento la rettadel fascio passante per l’origine – che corri-sponde a un valore z = 0 – e localizziamo sulpiano il punto di coordinate (130, 100), cioè ilpunto le cui coordinate corrispondono proprioal gradiente della funzione obiettivo. A questopunto individuiamo la direzione del gradientetracciando una freccia dall’origine fino al punto(130, 100). La direzione del gradiente corri-sponde sempre alla direzione della massimiz-zazione, mentre la direzione della minimizza-zione si può sempre individuare come l’oppo-sto della direzione del gradiente.

2.3 EsempiPer prendere confidenza con la rappresenta-zione e soluzione geometrica di un modello diPL a due variabili vediamo alcuni esempi. Nelmodello di pianificazione della produzione ab-biamo trovato una regione ammissibile data daun poligono convesso limitato non vuoto e unottimo finito unico. Questo non avviene in tutti icasi. Più precisamente, in relazione al tipo diregione ammissibile e al tipo di ottimo, per unmodello di Programmazione Lineare i casi pos-sibili sono schematizzati in TAB. 2.3.Se la regione ammissibile è vuota, non esistealcun punto ammissibile e non è dunque pos-sibile parlare neanche di ottimo. Se la regioneè limitata vedremo invece che l’ottimo è sem-pre finito, mentre nel caso di regione illimitata il

33

tipo di ottimo dipenderà dalla direzione del-l’ottimizzazione del problema. Si osservi che,quando l’ottimo è finito, si possono presentareancora due alternative diverse: ottimo unico(come nel modello di pianificazione della pro-duzione) oppure ottimo multiplo. Analizzeremotutte le diverse situazioni possibili con degliesempi. In particolare, vedremo quelli descrittinella TAB. 2.4.

FIGURA 2.10 – Individuazione delle direzioni di max e minattraverso il gradiente.

TABELLA 2.3

TABELLA 2.4

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34 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

ESEMPIO 2.1Consideriamo il modello degli hamburger vistonel CAP. 1.

(P1)

Dal momento che si tratta di un modello condue sole variabili possiamo rappresentare isuoi elementi gometricamente. Per prima cosarappresentiamo la regione ammissibile utiliz-zando le due equazioni associate ai due vinco-li strutturali del problema:

x1 + x2 = 1000.20x1 + 0.25x2 = 23

Si ha la rappresentazione grafica della regio-ne ammissibile come nella FIG. 2.11, mentrela FO è data dal fascio di rette parallele allaretta x2 = – 3x1 che è una retta con coeffi-ciente angolare negativo e in valore assolutomaggiore di 1.In questo problema la funzione obiettivo è un

costo e deve essere minimizzata, il gradienteè [0.3, 0.1] e la direzione in cui dobbiamospostarci per individuare valori di z sempre piùpiccoli è l’opposto della direzione del gradien-te. Tuttavia, per mantenere l’ammissibilità,non si può uscire dalla regione ammissibile eallora il miglior valore ammissibile di z si hanel punto C :(40, 60) ed è pari a 18 cent. Sipuò verificare che negli altri vertici della regio-ne ammissibile il valore di z è più elevato.

ESEMPIO 2.2Si consideri il seguente problema di PL

(P2)

Rappresentiamo il problema nel piano carte-siano e determiniamo la soluzione ottima gra-ficamente (FIG. 2.12). La regione ammissibiledi questo problema da una parte è limitata dal-l’asse delle ordinate, ma è illimitata nella dire-zione del gradiente. Siccome il problema è dimassimizzazione, spostandoci in questa dire-zione otteniamo un ottimo illimitato. Si osservi

FIGURA 2.11 – Il problema degli hamburger ha ottimo nelpunto C.

FIGURA 2.12 – Il problema (P2) ha ottimo illimitato.

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Programmazione Lineare

che se in questo problema si cambia il tipo diottimizzazione, si ottiene il problema seguente

(P2a)

che, ovviamente, ha la stessa regione ammis-sibile del problema (P2). Tuttavia la soluzioneottima unica di questo problema si ha nel puntoO: (0, 0) proprio perché la funzione obiettivodeve in questo caso assumere il valore più pic-colo possibile e le variabili x1 e x2 non posso-no assumere valori più piccoli di 0 (ci si spostain questo caso nella direzione opposta a quel-la del gradiente). Osservando i problemi (P2) e(P2a) si capisce che quando la regione ammis-sibile è illimitata sono possibili due casi diversi:l’ottimo è finito se l’obiettivo migliora nella dire-zione in cui la regione è limitata; l’ottimo è illi-mitato se l’obiettivo migliora nella direzione incui la regione è illimitata.

ESEMPIO 2.3Si consideri il seguente problema di PL

(P3)

Rappresentiamo il problema nel piano carte-siano e determiniamo la soluzione ottima geo-metricamente (FIG. 2.13).

35

Questo problema non ammette soluzioni am-missibili. Infatti la regione ammissibile risultavuota dal momento che i vincoli del problemadeterminano un insieme di semipiani che si-multaneamente non si intersecano in alcunpunto.

ESEMPIO 2.4Si consideri il seguente problema di PL

(P4)

Rappresentiamo il problema nel piano carte-siano e determiniamo la soluzione ottima geo-metricamente (FIG. 2.14). Le soluzioni ammis-sibili di questo problema sono tutte quelle checorrispondono a punti interni alla regione am-missibile triangolare, mentre i punti di ottimosono tutti i punti appartenenti al segmento AB.Siamo allora in un caso di ottimi finiti equiva-lenti (ottimo finito multiplo).

FIGURA 2.13 – Il problema (P3) non ha soluzioni ammis-sibili.

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Più precisamente il problema “ammette infinitipunti di ottimo finito”. Si osservi che sia il verti-ce A che il vertice B sono punti di ottimo. Sic-come la regione ammissibile è limitata dallaretta 2x1 +2x2 = 6 che ha la stessa inclinazio-ne della funzione obiettivo, tutti i punti sul seg-mento AB sono ammissibili e equivalen-temente ottimi perché forniscono tutti lo stessovalore ottimo pari a 3.

Consideriamo ora lo stesso problema (P4) so-stituendo al vincolo 2x1 + 2x2 ≤ 6 il vincolo2x1 + 2x2 = 6. Il modello diventa il seguente

(P5)

Le soluzioni ottime del problema (P5) sono lestesse del problema (P4), tuttavia, si può os-servare che il vincolo di tipo “=” del problema(P5) è più forte del corrispondente vincolo ditipo “≤ ” del problema (P4).Infatti, il vincolo 2x1 + 2x2 = 6 rende ammissi-

36 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

bili tutti e soli i punti sul segmento AB, e dun-que nel modello (P5) i punti strettamente con-tenuti nel triangolo non sono più ammissibili. Inconclusione, per il problema (P5) tutti i puntiammissibili sono ottimi.

ESEMPIO 2.5Si consideri il problema di PL seguente

(P6)

Se rappresentiamo il problema nel piano carte-siano, ci accorgiamo di una sua caratteristicaparticolare. Infatti il secondo vincolo del proble-ma definisce un semipiano che contiene com-pletamente l’intersezione di tutti gli altri semi-piani della regione ammissibile. Un vincolo diquesto tipo è completamente inutile (e, pertan-to, viene detto vincolo ridondante) e può esse-re trascurato. Nella FIG. 2.15 il vincolo ridon-dante è rappresentato dal semipiano al di sottodella retta in neretto.

In conclusione, sulla base degli esempi analiz-zati fin qui, possiamo riassumere i diversi casipossibili di regione ammissibile e di ottimo. LaFIG. 2.16 mostra schematicamente tutti i casiprecedentemente elencati nella TAB. 2.4.

FIGURA 2.14 – Il problema (P4) ammette ottimi finiti equi-valenti in tutti i punti del segmento AB.

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Programmazione Lineare 37

FIGURA 2.15 – Il vincolo rappresentato dal semipiano chiu-so al di sotto della retta in neretto è ridondante.

FIGURA 2.16 – Diversi tipi di regione ammissibile e di ottimo.

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olti problemi reali possono essererappresentati con modelli di Pro-grammazione Lineare Intera, incui vincoli e funzione obiettivo so-

no di tipo lineare e le variabili sono a valori inte-ri. In questo capitolo analizziamo la strutturagenerale di un modello di PLI e vediamo esem-pi di alcune importanti classi di modelli di que-sto tipo.

3.1 Modelli di PLI

La forma generale di un modello di PLI, con mvincoli strutturali, n variabili e funzione obietti-vo da massimizzare, è la seguente:

(PLI)

In questo modello ai vincoli di nonegatività sul-le variabili si aggiungono i vincoli di interezzache stabiliscono la caratteristica delle variabilidi poter assumere solo valori interi. Tali vincolinon possono essere espressi attraverso fun-zioni lineari. Se infatti volessimo scriverli anali-ticamente dovremmo ricorrere a espressioninon lineari, come ad esempio la seguente1:

38 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

3. Programmazione Lineare Intera

secondo la quale, per ciascuna xj, risultanoammissibili i soli valori interi 0, 1, 2, 3, ecc.Per questo motivo, la caratterizzazione dellevariabili intere non viene espressa in formaanalitica nel modello generale di PLI.Si osservi che in alcuni modelli il vincolo di in-terezza è relativo solo ad alcune delle variabi-li: in questi casi il modello si dice di Program-mazione Lineare Mista.Nel seguito analizziamo classi di modelli di PLI

particolarmente importanti per la vasta appli-cazione che trovano nei problemi reali. Comeprimo semplice esempio – anche a titolo diesercizio – formalizziamo un modello di PLI

con variabili del tipo “tutto o niente”.In molti problemi le variabili decisionali posso-no essere di tipo dicotomico, ma non binario,nel senso che possono assumere o valore 0,oppure un prefissato valore diverso da zero.Consideriamo il seguente modello di PL [Fi-schetti, 1995]:

In questo modello tutte le variabili sono limita-te e ciascuna può assumere un qualsiasi valo-re tra il suo minimo (che è pari a 0) e il suomassimo. Se dobbiamo però imporre la condi-zione che le variabili possano assumere o ilvalore minimo oppure il valore massimo (tutto

M

1 M. Fischetti, Lezioni di Ricerca Operativa, Ed. Libreria Progetto,Padova 1995.

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bili, (x1, x2) La regione ammissibile diun generico problema di PLI è del tipo mostra-to nella FIG. 3.1.

Programmazione Lineare Intera 39

FIGURA 3.1 – I punti neri formano l’insieme delle soluzioniammissibili del problema di PLI.

Se le variabili non fossero sottoposte al vinco-lo di interezza i punti ammissibili corrisponde-rebbero all’intero poligono convesso OABCD.Con il vincolo di interezza, invece, l’insiemedei punti ammissibili corrisponde ai soli puntidella griglia che si trovano all’interno o sul bor-do del poligono.Se le variabili fossero binarie, cioè

i soli punti ammissibili in R2 sarebbero i puntia, b, c e l’origine O.

o niente), il problema deve essere formalizza-to con il seguente modello a variabili intere

o, equivalentemente,

In questo nuovo modello le variabili originalisono espresse in funzione delle variabili bina-rie y1, y2, y3, cioè

x1 = 60 y1

x2 = 30 y2

x3 = 20 y3

e si hanno infatti le corrispondenze seguenti:

I vincoli e la funzione obiettivo del modello ri-mangono lineari. Si osservi che le variabili y bi-narie sono un particolare tipo di variabili interee possono assumere solo i valori interi 0 e 1.Dal punto di vista geometrico, il vincolo di inte-rezza sulle variabili definisce nello spazio adue dimensioni R2 una griglia di punti, tra iquali quelli che soddisfano i vincoli linearicostituiscono la regione ammissibile del pro-blema. Consideriamo il caso di due sole varia-

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40 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

3.2 Rappresentazione geometrica e rila-sciamento continuo di un problema di PLI

Per capire meglio la natura di un problema diPLI, sfruttiamo lo strumento della rappresenta-zione geometrica.

ESEMPIO 3.1[Winston, Albright, 2000] Un’azienda producetavoli e sedie utilizzando tavole di legno. LaTAB. 3.1 mostra il tempo, espresso in ore di la-voro, e la quantità di legno, espressa in piedial quadrato, necessari per produrre una unitàdi ciascun tipo di prodotto. Inoltre è riportato ilprofitto netto unitario, in dollari, che si ottienedalla vendita di una unità di ciascuno dei duetipi di prodotto.

Per individuare il numero di tavoli x1 e il nume-ro di sedie x2 che l’azienda deve produrregiornalmente se vuole utilizzare le risorse di-sponibili massimizzando il profitto totale, sipuò formulare il seguente modello di PLI:

TABELLA 3.1

Geometricamente, possiamo rappresentarela regione ammissibile del problema dato indi-viduando prima l’insieme dei punti in R2 chesoddisfano tutti i vincoli del problema e sce-

FIGURA 3.2 – Rappresentazione geometrica del problemadi PLI dell’ESEMPIO 3.1.

È facile vedere che, se non ci fossero i vinco-li di interezza sulle variabili, il punto ottimocorrisponderebbe al punto A = (3.7, 2.3),mentre non è immediatamente chiaro se, trai punti ammissibili a componenti intere, siameglio B = (3, 3), oppure C = (3, 2), oppureD = (4, 1).Dunque, trovare la soluzione ottima di un pro-blema di PLI non è facile, anche nel caso didue sole variabili.

Dato il problema di PLI nella sua forma gene-rale

(1)

gliendo poi tra questi solo quelli a coordinateintere (FIG. 3.2).

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Programmazione Lineare Intera

ottenuto trascurando (rilasciando) il vincolo diinterezza sulle variabili, viene detto rilascia-mento continuo del problema (1). Di conse-guenza, tutte le soluzioni ammissibili di (1) so-no ammissibili anche per (2), ma non è dettoche tutte le soluzioni ammissibili di (2) sianoammissibili anche per (1) (si veda la FIG. 3.1).Proprio per questo motivo si ha che, ad esem-pio per un problema di massimo, il valore otti-mo della funzione obiettivo del rilasciamentocontinuo zL è più grande o uguale di quello delproblema intero z, cioè

In base a questa relazione, si può affermarecon certezza che se x è una soluzione ammis-sibile di (1) tale che z = zL , allora x è ancheuna soluzione ottima di (1). Infatti, per la (3) siha che la soluzione ottima di (1) fornisce unvalore z sempre più piccolo o uguale a zL.Allora, se si ottiene proprio z = zL , vuol direche è stato raggiunto sicuramente il massimovalore possibile per z (soluzione ottima). Sinoti che in questo caso si ha una soluzioneottima di (2) a componenti intere. Dunque, ingenerale possiamo dire che, se una soluzioneottima di (2) è a componenti intere, allora essaè soluzione ottima anche del problema (1).Purtroppo, non è detto che la soluzione di (2)

41

sia intera. Quando la soluzione ottima di (2)non è intera, è interessante capire cosa si ot-tiene provando ad arrotondarla. Consideriamoa questo proposito i due esempi geometricidella FIG. 3.3 e della FIG. 3.4.Nell’esempio della FIG. 3.3 basta semplice-mente troncare la parte decimale della soluzio-ne continua per ottenere la soluzione ottima in-tera. Nella FIG. 3.4, invece, la soluzione ottimaintera è collocata “lontano” dalla soluzione otti-ma continua e tutti i punti interi che si possonoottenere per arrotondamento (i punti bianchi)della soluzione ottima continua sono punti non

il problema di Programmazione Lineare

(2)

(3)

FIGURA 3.3 – Arrotondando la soluzione ottima continua siriesce a individuare quella intera.

FIGURA 3.4 – Arrotondando la soluzione ottima continuanon si riesce a individuare quella intera.

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ESEMPIO 3.3[Winston, Albright, 2000] Consideriamo il se-guente problema di PLI e diamone rappresen-tazione geometrica.

42 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

ammissibili. È certo allora che, per trovare lasoluzione del problema di PLI, non si può pro-cedere trovando prima la soluzione del proble-ma che si ottiene eliminando momentanea-mente i vincoli di interezza e poi arrotondandoi valori della soluzione ottima trovata a unodegli interi vicini.Non è detto dunque che il rilasciamento conti-nuo di un problema di PLI sia immediatamenteutile per risolvere il problema intero; tuttavia sitratta di un riferimento molto importante neglialgoritmi di risoluzione dei problemi di PLI.

rificare che il punto ottimo per questo proble-ma è D = (0, 3). L’esempio seguente mostrache può addirittura accadere che, dato un pro-blema di PLI, ogni arrotondamento della solu-zione ottima del problema rilasciamento conti-nuo corrisponde a un punto non ammissibile.

ESEMPIO 3.2[Winston, Albright, 2000] Consideriamo il se-guente problema di PLI e diamone rappresen-tazione geometrica.

In questo esempio è possibile verificare age-volmente quanto detto sopra, visto che solo 6punti a coordinate intere risultano ammissibiliper il problema (FIG. 3.5).La soluzione ottima del rilasciamento continuocorrisponde al punto A = (13/7, 0). È facile ve-rificare che il punto C = (1, 0), che si ottienearrotondando per difetto il valore 13/7 al valo-re 1 non è ottimo, perchè il punto B = (1, 1) èmigliore, mentre il punto P = (2, 0), che si ot-tiene arrotondando per eccesso il valore 13/7al valore 2 non è ammissibile. Si può infine ve-

FIGURA 3.5 – Rappresentazione geometrica del problemadi PLI dell’ESEMPIO 3.2.

La soluzione ottima del rilassamento continuodel problema dato è nel punto A = (5/2, 0)(FIG. 3.6), ma ogni suo arrotondamento corri-

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Programmazione Lineare Intera 43

Si consideri il seguente problema: un campeg-giatore deve riempire il suo zaino scegliendooggetti da un insieme dato. Supponiamo chegli oggetti siano n e indichiamo il generico og-getto con i, i = 1, 2, ..., n. Il campeggiatoreconosce sia il peso ai che il valore (o utilità) ci

di ogni oggetto i. Egli vuole riempire lo zainomassimizzando l’utilità totale degli oggetti chesceglie, ma tenendo anche conto del fatto chenon è in grado di sopportare un peso totaledello zaino (che dovrà trasportare) superiore aun certo peso massimo B. Se si consideranole seguenti variabili binarie:

se l’oggetto i viene messo nello zainoaltrimenti

con i = 1, 2, ..., n, allora si puo descrivere ilproblema del campeggiatore con il modello diknapsack binario seguente

Consideriamo ora un esempio pratico basatosulle informazioni della TAB. 3.2.

FIGURA 3.6 – Rappresentazione geometrica del problemadi PLI dell’ESEMPIO 3.3.

3.3 Modello di knapsack binarioPer comprendere la natura dei modelli di PLI,illustriamo il modello di knapsack (o modellodello zaino) che, pur essendo concettualmen-te semplice, ha applicazioni in molti problemireali. Consideriamo in particolare il modello bi-nario, in cui ogni variabile può assumere soloil valore 0 o il valore 1.

TABELLA 3.2

Indichiamo con x1, x2, x3, x4, x5, x6, x7 le varia-bili binarie relative alla scelta di portare o me-

sponde a un punto non ammissibile. In effetti,l’unico punto ammissibile per il problema di PLI

dato è il punto P = (1, 1) che risulta essere,per forza, anche il punto ottimo.Si conclude dunque che, sebbene la regioneammissibile di un problema di PLI sia un sot-toinsieme dei punti della regione ammissibiledel corrispondente rilasciamento continuo, ge-neralmente è più difficile risolvere il problemadi PLI che quello di PL.

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no ciascuno dei 7 diversi oggetti. Il problemadella scelta dell’insieme degli oggetti da mette-re nello zaino si formula con il modello di knap-sack binario seguente. Il modello di knapsack

44 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

ha applicazioni in molti problemi reali – anchedi natura molto diversa da quella del problemadello zaino – tra cui, ad esempio, il problemadi scelta degli investimenti.

3.4 Modelli di set covering, set partitioninge set packingIl modello di copertura – comunemente notocome modello di set covering – è uno dei piùfrequentemente utilizzati nelle applicazionireali. Consideriamo l’esempio seguente. È da-to un territorio diviso in 11 porzioni (numerateda 1 a 11) che potrebbe, ad esempio, corri-spondere al comune C, suddiviso nelle suecircoscrizioni, mostrato nella FIG. 3.7. Il comu-ne C sta ragionando sulla possibilità di attivareun servizio di intervento dei Vigili del Fuoco.

FIGURA 3.7 – Territorio del comune C diviso in 11 porzioni.

Fino a oggi il servizio veniva erogato dai comu-ni confinanti ma, con l’aumentare della popo-lazione del comune C, si sta valutando la pos-sibilità di aprire delle stazioni dei Vigili delFuoco sul proprio territorio. Ovviamente la pri-ma esigenza è quella di garantire un servizioefficiente per tutti i residenti senza dover aprireuna stazione in ciascuna circoscrizione. A que-sto proposito, sulla base di osservazioni rela-tive ai percorsi stradali e al traffico, si valutache, per servire una zona in tempo contenuto,la stazione di servizio deve trovarsi nella zona

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Programmazione Lineare Intera 45

stessa o in una a essa adiacente. Dunque sipuò procedere alla formulazione del problemaconsiderando che se una stazione si trova inuna zona, allora essa riesce a servire in untempo contenuto se stessa e anche tutte quel-le immediatamente adiacenti. Ad esempio, seuna stazione viene localizzata in zona 1, essapotrà servire le zone 1, 2, 3 e 4 ma non lealtre. Ovviamente, aprire e mantenere sta-zioni di servizio comporta dei costi che ilcomune dovrà sostenere, per cui il problemaè quello di aprire il minor numero possibile distazioni ma in modo tale da garantire che ognizona sia servita da almeno una stazione. Insostanza il problema si può vedere comequello di “coprire” il territorio al minor costopossibile (covering). Il modello di set coveringper questo problema è il seguente ed ha 11vincoli e 11 variabili:

Le variabili sono del tipo

se in zona j viene aperta una stazionealtrimenti

per j = 1, 2, ..., 11.

Gli 11 vincoli sono necessari per garantire checiascuna delle 11 zone sia servita da almenouna stazione. Se consideriamo ad esempio lazona 1, possiamo infatti osservare che essasarà certamente servita se si apre una stazio-ne o nella stessa zona 1, oppure in una zonaa essa adiacente, cioè in 2, in 3 o in 4. Perquesto motivo, nel vincolo 1, è sufficiente im-porre che la somma delle quattro variabili x1,x2, x3, x4 sia almeno pari a 1. Infatti questo vin-colo risulterà soddisfatto in corrispondenza diogni soluzione in cui almeno una delle variabi-

MODELLO 1

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li x1, x2, x3, x4 è uguale a 1 e non sarà soddi-sfatto quando tutte queste variabili sono simul-taneamente uguali a 0. In questo ultimo casoinfatti la zona 1 risulterebbe non coperta dalservizio e la soluzione sarebbe non ammissi-bile.Infine è possibile generalizzare il modello ap-pena visto al caso in cui ci siano costi diversiassociati all’apertura di stazioni in zone diver-se. Supponiamo ad esempio che i costi perl’apertura di una stazione nelle diverse zonesiano quelli della TAB. 3.3. In questo caso piùgenerale i vincoli del modello di set coveringrimangono gli stessi ma la funzione obiettivo

si modifica per tenere conto dei nuovi costi di-versificati da zona a zona: il problema del co-mune C è ora quello di garantire la coperturadi ogni zona minimizzando il costo totale(MOD. 2).A partire da questo esempio si può formulareun problema di set covering nella forma gene-rale. Dato un insieme F = {1, 2, ..., m} (chenel nostro esempio corrisponde all’insiemedelle zone da servire) e una famiglia di sottoin-siemi di F data da S1, S2, ..., Sn (i sottoinsiemidi zone che ciascuna stazione è in grado diservire), è possibile definire una matrice A dicoefficienti che permette di rappresentare i di-

TABELLA 3.3

MODELLO 2

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Programmazione Lineare Intera

versi sottoinsiemi con riferimento a quali sonogli elementi in F che vi appartengono. Il gene-rico elemento ai j di una tale matrice è defini-to come segue:

con i = 1, 2,..., m, j = 1, 2,..., n. Si osserviche dire che “l’elemento i appartiene a Sj” si-gnifica dire che la scelta Sj “copre” l’elementoi. Introducendo le variabili di scelta binarie se-guenti

per j = 1, 2, ..., n si ha che il vincolo

garantisce che l’oggetto i sia contenuto in al-meno uno tra i sottoinsiemi scelti. Inoltre, indi-cando con cj il costo del sottoinsieme Sj, èpossibile formulare in forma generale il model-lo di set covering che permette di “coprire” tuttigli oggetti di F minimizzando la spesa totale

(SC)

Partendo dal modello di set covering, è possi-bile ottenere la forma generale di altre dueclassi di modelli importanti: i modelli di set par-titioning e i modelli di set packing.Consideriamo ancora un insieme di elementiF = {1, 2, ..., m} e una famiglia di sottoinsie-

47

mi di F data da S1, S2, ..., Sn, in un modello diset partitioning si impone che ogni oggetto diF sia contenuto in esattamente uno tra i sotto-insiemi scelti. Questo tipo di vincolo può esse-re rappresentato da una equazione e dunqueil modello di set partitioning è formulato comesegue:

(SPAR)

Si noti che, se nell’esempio dei vigili del fuocoavessimo voluto imporre a ogni zona di esse-re servita da esattamente una stazione, alloraavremmo dovuto utilizzare un modello di setpartitioning.Infine, dato un insieme F = {1, 2, ..., m} euna sua famiglia di sottoinsiemi S1, S2, ..., Sn,quando il problema ci impone che ogni ogget-to deve essere contenuto in al più un sottoin-sieme, è necessario formulare un modello diset packing. In questo caso si considerano vin-coli di tipo “≤”, ma la funzione obiettivo deveessere massimizzata. Infatti, in questo model-lo i coefficienti della funzione rappresentano“utilità” (o indicatori di qualità) e l’obiettivo èquello di massimizzare l’utilità (la qualità) tota-le della soluzione. La forma generale di unmodello di set packing è quindi la seguente:

(SPAC)

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48 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

È importante notare che, se introducessimouna funzione da minimizzare (ad esempio unafunzione di costo), la soluzione ottima del mo-dello risulterebbe sempre la soluzione “bana-le” in cui tutte le variabili assumono valore 0 (eil costo totale è nullo).I problemi di set covering, set partitioning e setpacking hanno molte applicazioni nei proble-mi reali. Ne vediamo alcune di seguito.

3.4.1 LOCALIZZAZIONE DI SPORTELLI BANCOMAT

Una banca possiede un certo numero di filia-li localizzate in una area geografica e devedecidere in quante e quali di queste aprireuno sportello bancomat. A questo fine, labanca suddivide l’area geografica di riferi-mento in m zone che indichiamo con i = 1,2,..., m. Tra queste, evidenzia le n zone incui sono presenti le sue filiali e che corrispon-dono ai possibili luoghi dove posizionare unbancomat. Per decidere, la banca valuta che,in base alla dimensione delle zone in cui l’a-rea è stata suddivisa, uno sportello aperto inuna data zona può “servire” (coprire) i clientidi quella zona e i clienti delle zone adiacentie formula un modello di set covering per risol-vere il problema di minimizzare il numero disportelli bancomat da aprire in modo tale cheogni cliente abbia uno sportello bancomatnella zona dove si trova o in una ad essaimmediatamente adiacente.Seguendo lo schema generale propostosopra, l’insieme F in questo caso è costituitodalle m zone in cui è suddivisa l’area geogra-fica, mentre la famiglia dei sottoinsiemi di Fcorrisponde ai sottoinsiemi di zone adiacentia ciascuna zona in cui si trova una filiale.

Consideriamo la pianta di una ipotetica areasuddivisa in 24 zone quadrate (FIG. 3.8) e sup-poniamo di aver individuato le 10 zone indica-te con la “x” in cui esiste una filiale e che rap-presentano le possibili posizioni dove localiz-zare sportelli bancomat.

FIGURA 3.8 – Pianta dell’area suddivisa in 24 zone

Numeriamo da 1 a 10 le zone e supponiamoche uno sportello che venga aperto ad esem-pio nella filiale della zona 1 sia in grado di ser-vire i clienti della zona 1 e di tutte quelle adia-centi (evidenziate in grigio nella FIG 3.9).

FIGURA 3.9 – La zona 1 e l’insieme delle zone adiacenti

L’apertura di uno sportello in una filiale com-porta ovviamente un costo, ma possiamo as-sumere che esso sia lo stesso in ciascunafiliale. Dunque, in questo caso il problema diset covering consiste nel decidere in quali filia-li aprire lo sportello per garantire la coperturadi tutto il territorio con il servizio bancomat.

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Programmazione Lineare Intera

Una soluzione ammissibile del nostro esem-pio schematizzato è mostrata nella FIG. 3.10.Per individuare la soluzione ottima, è neces-sario formulare e risolvere un modello di setcovering con 24 vincoli (tanti quante sono lezone in cui è suddiviso il territorio) e 10 varia-bili (tante quante sono le possibili filiali).

49

il problema di trovare una distrettizzazioneelettorale con la massima qualità totale è unproblema di set partitioning. Si osservi che inquesto caso l’insieme F è costituito dalle m zo-ne elementari, mentre la famiglia dei sotto-insiemi di F è data da tutti i possibili distretti.Consideriamo un esempio semplificato. La FIG.3.11 mostra la pianta di una città ipotetica sud-divisa in 96 zone elementari ciascuna con lastessa popolazione residente.Per capire come selezionare i possibili distret-ti elettorali è necessario tener conto di alcunecaratteristiche che essi devono avere. Innanzi-tutto è necessario garantire un criterio di equitàdi popolazione nei diversi distretti, cioè ciascundistretto deve essere formato da uno stessonumero di zone elementari. In più un distrettopuò essere formato solo da zone tra loro adia-centi. Se, per esempio, ogni distretto deve es-sere formato da 3 zone, allora le possibili con-figurazioni di un distretto sono le seguenti:

FIGURA 3.10 – Una soluzione ammissibile per il problemadi localizzazione di sportelli bancomat è quella che sele-ziona il sottoinsieme di filiali {1, 2, 5, 6}. Le zone coper-te dalle posizioni 1 e 6 sono indicate in grigio, mentre lezone coperte dalle posizioni 2 e 5 sono indicate con trat-to diagonale. Le zone grigie e rigate sono in effetti servi-te (coperte) due volte.

3.4.2 DISTRETTIZZAZIONE

Si consideri il seguente problema di distrettiz-zazione elettorale. Un’area geografica è suddi-visa in m zone che indichiamo con i = 1, 2, ...,m. Per poter svolgere le elezioni politiche è ne-cessario suddividere l’area in zone più ampie(distretti elettorali) aggregando le zone ele-mentari in modo tale che ciascuna zona ele-mentare appartenga esattamente a un distret-to. Siano S1, S2, ..., Sn, i possibili distretti elet-torali definiti in base a quali sono le zone ele-mentari che essi contengono. Se si associa aogni distretto un indicatore della sua “qualità”,

FIGURA 3.11 – Pianta della città suddivisa in 96 zone ele-mentari.

FIGURA 3.12 – Possibili distretti.

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50 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

Una soluzione ammissibile del nostro esem-pio schematizzato è mostrata nella FIG. 3.13.

tare avanti simultaneamente scavi archeologi-ci nei diversi siti di interesse relativi a vari pro-getti avviati dal gruppo. L’inserimento in unteam di una persona con una certa competen-za piuttosto che un’altra determina (in relazio-ne ad aspetti diversi) diverse “utilità” del teamstesso ai fini della buona riuscita del progettocorrispondente. Ogni possibile team risultadunque caratterizzato da una sua utilità con-nessa al progetto di cui si occupa. In più, ognipersona del gruppo può appartenere al più aun team. Il problema di selezionare i team peri diversi progetti massimizzando l’utilità totaledei progetti avviati è un problema di setpacking.A titolo di esempio, supponiamo che il grupposia formato da 15 persone. I sottoinsiemi S1,S2, ..., Sn, sono tutti i possibili team che si pos-sono costituire con le 15 persone del gruppo.Combinando in maniera diversa le persone sipossono costituire diversi team. Una soluzio-ne ammissibile potrebbe essere ad esempioquella visualizzata nella FIG. 3.14.

FIGURA 3.13 – Soluzione ammissibile per il problema didistrettizzazione elettorale.

Per individuare la soluzione ottima di questoproblema, una volta noti i valori di opportuniindicatori di qualità associati ai diversi distretti,è necessario formulare e risolvere un modellodi set partitioning con 96 vincoli (tanti quantesono le zone elementari) e n variabili, dove ncorrisponde al numero di diversi distretti pos-sibili che si possono ritagliare sul territorio conle configurazioni mostrate nella FIG. 3.12. Nelleapplicazioni reali esistono molti altri problemidi distrettizzazione (ad esempio in ambito deiservizi sanitari) per i quali può essere adottatoun modello di set partitioning.

3.4.3 SELEZIONE DI GRUPPI

Si supponga che l’insieme F sia costituito dam persone che appartengono a un gruppo chesi occupa di scavi archeologici. Queste perso-ne hanno specializzazioni diverse: ci sono ar-cheologi, storici, geologi, tecnici del suolo, ecc.I sottoinsiemi S1, S2, ..., Sn, di F sono possibiliteam (composti da persone con competenzediverse) che possono essere costituiti per por-

FIGURA 3.14 – Soluzione ammissibile per il problema dicostituzione dei team per scavi archeologici.

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Programmazione Lineare Intera

Per individuare la soluzione ottima, una voltanote le utilità associate ai diversi team, è ne-cessario formulare un modello di set packingcon 15 vincoli (tanti quante sono le personedel gruppo) e n variabili, dove n corrisponde alnumero di diversi team che si possono costitui-re con le 15 persone del gruppo. Si osserviche, adottando un modello di set packing, siassume che in una soluzione ammissibilequalche persona possa non appartenere adalcun team selezionato. Si osservi anche, pe-rò, che il fatto che si debba massimizzare unafunzione obiettivo che dipende dalle utilità ga-rantisce che i team vengano effettivamentecreati.Questo esempio chiarisce perché la formula-zione generale di un modello di set packing(SPAC) prevede una funzione obiettivo da mas-simizzare. Ricordiamo che, se la funzioneobiettivo fosse da minimizzare, il modello di setpacking perderebbe senso in quanto, mate-maticamente, la soluzione migliore possibilesarebbe xj = 0, j = 1, 2, ..., n, cioè quella dinon creare alcun team. Avendo una funzioneobiettivo che misura l’utilità della soluzione, èpossibile invece formulare un problema in cuil’obiettivo è formare team per massimizzarel’utilità totale. Al contrario, nella formulazionegenerale del modello di set covering (SC) e diset partitioning (SPAR), la funzione obiettivo èuna funzione di costo e, pertanto, deve essereminimizzata.

3.5 Variabili logiche e vincoli logiciTipicamente nei modelli di scelta strategica levariabili decisionali sono variabili logiche, cioèvariabili che possono assumere solo i valori

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“vero” o “falso”. Le relazioni che legano questevariabili sono dunque relazioni logiche: in alcu-ni problemi ad esempio può accadere che, acausa di particolari condizioni imposte dal pro-blema stesso, non sia possibile scegliere il va-lore “vero” per due specifiche variabili simulta-neamente, cioè la scelta del valore “vero” peruna di queste variabili costringe a selezionareil valore “falso” per l’altra variabile. Si pensi adesempio al problema di selezione di gruppiappena illustrato. In questo caso il problemaimpone che ogni persona può appartenere alpiù a un team, dunque la scelta di far entrareuna persona in un team costringe a non farentrare quella stessa persona in alcun altroteam. In termini di variabili decisionali ciò sitraduce nell’impossibilità di scegliere xj = 1 e

simultaneamente per due team j eche prevedono la presenza di quella stessapersona.Problemi con variabili e relazioni logiche pos-sono essere trattati agevolmente con modellidi PLI a variabili binarie, come ad esempio imodelli di set covering, set partitioning e setpacking analizzati in precedenza.Consideriamo una qualsiasi variabile logica ache può assumere solo i valori “vero” e “falso”.È sempre possibile considerare la variabilebinaria corrispondente x(a) tale che

e ragionare su x piuttosto che su a. Se per cia-scuna delle variabili logiche del problema ope-riamo l’opportuna sostituzione con la variabilebinaria corrispondente, è possibile rappresen-tare le relazioni tra le variabili logiche tramiterelazioni lineari tra le variabili binarie (vincolilogici).

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Come primo semplice esempio consideriamoil caso in cui ci sono due variabili logiche a e b,che possono assumere valore vero o falso,legate dalla seguente relazione: “a e b nonpossono essere entrambe vere”. Consideran-do le variabili binarie x(a) e x(b), con

la relazione può essere scritta nella sempliceforma di disequazione lineare: x(a) ≤ 1– x(b)Infatti, se a è vera x(a) = 1 e dunque, affinchèil vincolo sia soddisfatto, necessariamente de-ve essere x(b) = 0, cioè b falsa. Si osservi chese a è falsa x(a) = 0 e, dunque, la variabilex(b) potrà assumere sia valore 0 (b falsa), siavalore 1 (b vera). Tuttavia, siccome vale anchela relazione x(a) ≤ 1– x(b), si ha che se b èvera a deve essere necessariamente falsa. Siosservi ancora che la relazione x(a) ≤ 1– x(b)può essere riscritta nella forma x(a) + x(b) ≤1 dalla quale è più facile leggere che a e bpossono essere una vera e una falsa, oppureentrambe false, ma mai entrambe vere.Data una variabile x(a), la variabile 1– x(a) èancora binaria e si definisce complemento dix(a).

Consideriamo ora il caso generale di k propo-sizioni logiche a1, a2,... ak a cui corrispondo-no k variabili binarie x1, x2,..., xk definite comesegue:

e analizziamo la natura dei vincoli che appaio-no nei modelli di set covering, set partitioninge set packing.

52 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

Il vincolo di tipo set coveringx1 + x2 + ... + xk ≥ 1

corrisponde alla richiesta che almeno una del-le proposizioni logiche a1, a2,... ak sia vera.Infatti, quando almeno una proposizione logi-ca è vera, almeno la variabile che le corrispon-de è uguale a 1 e il vincolo è soddisfatto, cosìcome quando più di una di queste proposizio-ni è vera. Quando invece le proposizioni sonotutte false, le variabili sono tutte nulle e la som-ma a sinistra del vincolo è pari a 0. In questocaso il vincolo non è soddisfatto.Il vincolo di tipo set packing

x1 + x2 + ... + xk ≤ 1corrisponde alla richiesta che al più una delleproposizioni logiche a1, a2,... ak sia vera. Inquesto caso il vincolo è soddisfatto sia quan-do tutte le proposizioni sono false (tutte le xi

sono pari a 0), oppure quando solo una è verae le altre sono tutte false (una sola tra le x1,x2,..., xk è pari a 1 e le altre sono tutte nulle).Infine, il vincolo di tipo set partitioning

x1 + x2 + ... + xk = 1afferma che esattamente una fra le proposi-zioni a1, a2,... ak deve essere vera e questoimplica il vincolo più forte di uguaglianza.Si osservi anche che il vincolo di uguaglianzacorrisponde all’imposizione simultanea deidue vincoli di set covering e set packing. Infattisi ha:

Per concludere questo paragrafo, riportiamo diseguito altri possibili vincoli lineari di variabilibinarie utili per rappresentare relazioni logichetra proposizioni. Lasciamo al lettore il compitodi verificarle, ma anticipiamo fin da ora che uti-

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Programmazione Lineare Intera 53

lizzeremo alcune di queste nel CAP. 4 comestrumento di rappresentazione di relazioni tipi-che del problema di scelta strategica.La relazione “se ai è vera, allora anche aj de-ve essere vera” corrisponde al vincolo

xi ≤ xj

La relazione “se ai è vera, allora necessaria-mente anche una tra aj e ah deve essere vera”corrisponde al vincolo

xi ≤ xj+ xh

La relazione “se almeno una tra ai e aj è vera,allora necessariamente anche ah deve esserevera” corrisponde al vincolo

xi+ xj ≤ 2xh

La relazione “se ai è vera, allora necessaria-mente anche aj e ah devono essere vere” cor-risponde al vincolo

2xi ≤ xj + xh

La relazione “se sia ai che aj sono vere, allo-ra necessariamente anche ah deve esserevera” corrisponde al vincolo

xi + xj – 1 ≤ xh .

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artendo dai lavori di Openshaw eWhitehead [Openshaw e White-head, 1975], in questo capitolo pro-poniamo un approccio formale ai

problemi di scelta strategica basato sulla co-struzione e risoluzione di modelli di Program-mazione Matematica. I modelli che utilizziamoper la rappresentazione del problema di sceltaappartengono alla classe dei modelli di PLI convariabili binarie a valori 0/1.

4.1 Modelli di PLI nell’approccio della sceltastrategicaSecondo l’approccio introdotto da Openshawe Whitehead negli anni ’70, i problemi di deci-sione che sorgono nell’ambito della pianifica-zione sono spesso molto complessi e vengo-no affrontati senza avere una conoscenza suf-ficiente della natura del problema, del sistemasotto studio e delle interelazioni tra gli elemen-ti del problema stesso. In questo senso gli au-tori propongono un approccio alla decisionepiù “organizzato” in cui sia possibile gestire ledecisioni cercando anche di controllare e valu-tare le possibili conseguenze di tali decisioni.Gli autori propongono in effetti un approccio disupporto alla decisione basato su strumenti lo-gico-matematici in grado di strutturare il pro-cesso decisionale almeno in alcune sue parti.Sebbene le metodologie quantitative non sia-no in grado da sole di gestire l’intero processodecisionale, condividiamo con Openshaw e

54 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

4. Un approccio di PLI alla scelta strategica

Whitehead l’idea che questi strumenti hannoun grosso potenziale nella gestione delle scel-te complesse e possono sicuramente esseredi aiuto non tanto per individuare la “soluzioneottima” quanto per dare la possibilità al deciso-re di avere una conoscenza più approfonditadel problema, saperne individuare gli aspetti diparticolare interesse in maniera agevole e ve-loce, avere strumenti già predisposti alla riso-luzione di alcuni sottoproblemi tipici che si pro-pongono ripetutamente durante il processo didecisione. Infine, ma non di minore importan-za, è la possibilità in un approccio strutturato dimemorizzazione dell’intero processo decisio-nale al fine di immagazzinare informazionepreziosa e riutilizzabile in futuro per processidecisionali analoghi o collegati.In questo capitolo seguiamo e riproponiamol’approccio AIDA (Analisi delle Decisioni Inter-connesse) proposto in [Friend e Jessop, 1969]– ma sviluppato ed esteso in seguito da moltialtri autori – in cui molta enfasi viene posta sul-l’importanza di strutturare il problema di deci-sione in modo che si riesca a svelare la realenatura del problema e a renderlo di più agevo-le soluzione, con lo scopo principale di riuscirea prendere la decisione migliore.In accordo con questo approccio, formuliamo ilproblema di scelta come modello di PLI. Oltrel’aspetto modellistico bisogna valutare anchel’aspetto algoritmico, cioè quello che riguardala risoluzione dei modelli di PLI proposti.Attualmente esiste una varietà di tecniche di

P

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risoluzione, disponibili anche sottoforma di sol-ver già implementati in software specifici, ingrado di risolvere in maniera esatta modelli an-che di medie dimensioni, cioè con numero divariabili e numero di vincoli dell’ordine dellecentinaia. Tuttavia, va riconosciuto che permodelli più grandi non è garantito che le tecni-che esatte riescano a fornire la soluzione otti-ma, ma producano soltanto una soluzione“vicina” a quella ottima. Pur condividendo que-sta critica all’approccio di modellizzazione ma-tematica, dobbiamo comunque osservare che,nell’ambito della scelta strategica, non esisteun vero e proprio interesse per la soluzioneottima che risponde al meglio ad un solo crite-rio; piuttosto siamo interessati a conoscere lealternative di decisione che forniscono buonicompromessi tra più criteri e spesso accadeche l’informazione utile per la decisione stiapiù nelle soluzioni ”subottime” che nelle solu-zioni ottime in senso assoluto. Soluzioni subot-time ma “vicine” all’ottimo rappresentano sicu-ramente l’oggetto di interesse nella scelta stra-tegica, anche perché, oltre l’informazione diret-ta che producono sulla decisione da prendere,rappresentano un insieme di soluzioni impor-tanti per l’analisi di robustezza della decisionestessa. Per la ricerca di soluzioni di buona qua-lità, magari rispetto a più criteri, spesso vengo-no adottate anche tecniche di tipo metaeuristi-co che generalmente non raggiungono l’ottimoassoluto, ma sono disegnate per garantire unaricerca guidata verso le soluzioni migliori e rie-scono a farlo in tempi molto brevi. Tra le tecni-che di questo tipo citiamo gli algoritmi di ricer-ca locale [Aarts e Lenstra, 2003], i metodi diricerca casualizzata [Brooks, 1958], gli algorit-mi genetici [McCall, 2005].

Nel paragrafo successivo esponiamo per este-so un esempio reale proposto in [Openshaw eWhitehead, 1975], spiegando nel dettagliocome avviene la costruzione del modello.

4.2 Un esempioIn accordo con l’approccio AIDA, il problema didecisione si configura come un insieme discelte relative ad alcune aree di decisione. Glielementi fondamentali per la strutturazionedell’analisi sono dunque:

• le aree di decisione che rappresentano lescelte strutturali;• le opzioni che rappresentano le alternati-ve di scelta possibili su ogni area di decisio-ne;• i criteri – e le opportune misure di questi –attraverso i quali valutare le diverse alter-native possibili (che possono anche esserel’espressione di preferenze da parte deiprincipali attori/decisori);• le relazioni fra le diverse aree di decisio-ne (ad esempio la relazione di incompatibi-lità tra opzioni) che danno luogo ai vincolidel problema.

Consideriamo l’esempio proposto e discussoin [Openshaw e Whitehead, 1975] in cui cisono tre aree di decisione. Le opzioni possibi-li per ciascuna area di decisione e le incompa-tibilità sono specificate nella FIG. 4.1. Una in-compatibilità tra opzioni si configura come l’im-possibilità di scegliere simultaneamente quelleopzioni. Nella FIG. 4.1 si osserva ad esempioche l’opzione “Open space” per l’area di deci-sione 1 non è compatibile con l’opzione “Yes”dell’area di decisione 2. Questa incompatibilitàviene evidenziata graficamente con una barra

Un approccio di PLI alla scelta strategica 55

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di incompatibilità. L’opzione “Parking” invece ècompatibile con tutte le altre opzioni.Queste relazioni di incompatibilità ci ricordanole relazioni logiche viste nel capitolo preceden-te. In effetti, definendo opportunamente le va-riabili decisionali, è possibile costruire un mo-dello di PLI a variabili binarie che descriva neldettaglio il problema.

Più precisamente, è possibile strutturare il pro-blema in modo tale che in ogni area si passi dauna decisione con k alternative di scelta a kdecisioni con due sole alternative di scelta ditipo logico. Ad esempio, consideriamo l’areadecisionale 1 che ha quattro diverse alternati-ve di scelta (opzioni). Piuttosto che definireuna sola variabile con 4 modalità, possiamointrodurre quattro variabili binarie relative allequattro opzioni possibili per questa area:

FIGURA 4.1 – Rappresentazione delle incompatibilità[Openshaw e Whitehead, 1975].

Ciascuna di queste variabili binarie è definitacome segue:

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Un approccio di PLI alla scelta strategica

Per poter costruire il modello, analogamente aquanto fatto per l’area decisionale 1, introdu-ciamo per ogni altra area un insieme di varia-bili binarie, ciascuna delle quali si riferisce auna delle opzioni stabilite. Più precisamente,aggiungiamo le seguenti variabili binarie chesono definite in maniera analoga alle prece-denti (per semplicità continuiamo la preceden-te numerazione delle variabili):

Sulla base delle 9 variabili binarie introdottepossiamo iniziare a costruire un primo esem-pio di modello di PLI introducendo prima i vin-coli del problema e poi la funzione obiettivo.Il primo tipo di vincoli da considerare nel mo-dello riguarda il fatto che all’interno di unastessa area è possibile scegliere al più unaopzione tra quelle disponibili. Si tratta di vinco-li di mutua esclusione tra opzioni di una stes-sa area decisionale che, sulla base di quantovisto nel capitolo precedente, possono essererappresentati nel modello come vincoli logici.Ci sarà dunque un vincolo di questo tipo perogni area decisionale.

x1 + x2 +x3 +x4 ≤ 1x5 +x6 ≤ 1

x7 +x8 +x9 ≤ 1Bisogna considerare poi che all’interno di unastessa area deve essere presa una decisionee, dunque, deve essere scelta almeno una op-zione. Questa condizione può essere espres-

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sa con vincoli di necessità tra opzioni di unastessa area decisionale che possono essererappresentati nel modello come vincoli logici.Ci sarà dunque un vincolo di questo tipo perogni area decisionale.

x1 + x2 +x7 +x4 ≥ 1x5 +x6 ≥ 1

x7 +x8 +x9 ≥ 1Si osservi che coppie di vincoli di mutua esclu-sione e di necessità corrispondenti possonoessere in effetti rappresentate con un unicovincolo logico (di necessità e mutua esclusio-ne) come segue:

x1 + x2 +x3 +x4 = 1x5 +x6 = 1

x7 +x8 +x9 = 1A questi vincoli dobbiamo ora aggiungere i vin-coli di incompatibilità tra opzioni di aree deci-sionali diverse (quelli che corrispondono allebarre di incompatibilità rappresentate nelloschema della FIG. 4.1).Consideriamo la coppia data dalla opzione 1dell’area di decisione 1 e dalla opzione 6 del-l’area di decisione 2 per le quali esiste incom-patibilità. Tale incompatibilità può essere resain forma di vincolo logico nelle variabili x1 e x6

imponendo che la loro somma sia inferiore ouguale a 1.Si ha dunque il vincolo x1 +x6 ≤ 1Si osservi che, a differenza dei vincoli tra op-zioni di una stessa area, in questo caso il vin-colo logico da imporre è solo quello di mutuaesclusione, cioè una disequazione di tipo “≤”che corrisponde a “al più una” delle opzioni.Infatti, la possibilità che nessuna delle dueopzioni venga scelta (entrambe le variabiliassumano valore 0) è ammissibile.Per ciascuna coppia di opzioni di aree deci-

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sionali diverse per la quale esista nel dia-gramma una barra (opzioni incompatibili) siha un vincolo di incompatibilità analogo alprecedente:

x1 +x9 ≤ 1x2 +x6 ≤ 1x2 +x8 ≤ 1x3 +x5 ≤ 1x3 +x7 ≤ 1x6 +x9 ≤ 1

La funzione obiettivo del modello può essereformalizzata in modi diversi. Se, ad esempio,si conoscono i costi associati alla scelta di cia-scuna delle opzioni, è possibile formalizzareuna funzione obiettivo che esprime il costo to-tale della decisione come funzione lineare del-le variabili binarie di scelta. Nell’esempio diOpenshaw e Whitehead sono dati i costi 10,20, 1, 5, 5, 0, 2, 4 e 8, associati rispettiva-mente alle scelte x1, x2, x3, x4, x5, x6, x7, x8, x9,e dunque è possibile formalizzare una funzio-ne obiettivo di costo che, insieme ai vincoli sta-biliti sopra e ai vincoli di interezza sulle variabi-li, dà luogo al seguente modello di PLI:min 10x1+20x2+x3+5x4+5x5+2x7+4x8+8x9

x1 + x2 + x3 + x4 = 1x5 + x6 = 1

x7 + x8 + x9 = 1

x1 +x6 ≤ 1x1 +x9 ≤ 1x2 +x6 ≤ 1x2 +x8 ≤ 1x3 +x5 ≤ 1x3 +x7 ≤ 1x6 +x9 ≤ 1

x1, x2, x3, x4, x5, x6, x7, x8, x9, binarie 0/1.

Più in generale, considerando diversi coeffi-cienti non negativi associati alle variabili bina-rie, si possono formulare funzioni obiettivo di-verse, da minimizzare o massimizzare a se-conda del significato dei coefficienti. Ad esem-pio, se i coefficienti rappresentano una valuta-zione del soddisfacimento delle preferenze deisingoli attori, il modello di PLI assume la formadi un problema di massimo. Più precisamente,è possibile predisporre delle scale di valutazio-ne quantitative con le quali il decisore può as-segnare un punteggio a ciascuna delle sceltepossibili, con punteggi più alti per le scelte chepreferisce e più bassi per quelle che non con-divide. Sulla base di questi punteggi si formu-la una esplicita funzione lineare di preferenzache rappresenta l’obiettivo del modello. Pro-prio sotto questo aspetto è possibile sfruttare imodelli di PLI per analizzare il problema di de-cisione da diversi punti di vista. Ad esempio, lostesso modello potrebbe essere risolto unavolta con riferimento a una funzione obiettivodi costo e una seconda volta con riferimento auna misura delle preferenze del decisore,imponendo però una soglia sul massimo livel-lo di costo sostenibile. In alternativa, lo stessomodello potrebbe essere utilizzato per analiz-zare le preferenze di decisori diversi cali-brando una stessa funzione obiettivo parame-trica più volte, ogni volta con le valutazioni dipreferenza di un decisore diverso.Il modello visto sopra rappresenta solo unesempio di modello di PLI per il supporto allascelta strategica in cui sono state imposte solole condizioni di base. Introducendo relazioniaggiuntive e utilizzando in maniera opportunagli strumenti “vincolo” e “funzione obiettivo” èpossibile costruire modelli specifici per acqui-

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sire informazioni particolari sul problema. Diseguito esponiamo solo un esempio di un vin-colo aggiuntivo possibile per il modello, la-sciando al lettore l’opportunità e l’iniziativa dipensarne e formalizzarne degli altri.Supponiamo, in ambito di pianificazione urba-na, di avere, tra le altre, le tre opzioni xs, xt, xz,:l’opzione xz corrisponde a “costruire un gran-de capolinea di autobus in una zona decentra-ta”, mentre le opzioni xs e xt formalizzano leopzioni di costruzione di un parcheggio e diattivazione di un’area di ristoro in due areeadiacenti a questa zona. In questa situazioneè ragionevole introdurre nel modello una rego-la che impone che “se si decide di sceglierel’opzione xz, allora si è costretti a scegliere perforza anche le opzioni xs e xt”. Una condizionedi questo tipo può essere formalizzata nelmodello attraverso il seguente vincolo lineare:

2xz ≤ xs + xt

È facile verificare che quando si sceglie l’op-zione xz questo vincolo è soddisfatto solo se siscelgono anche le opzioni xs e xt . D’altra par-te, se non si sceglie l’opzione xz (xz = 0), que-sto vincolo non impone alcuna restrizione sullepossibilità di scelta relative a xs e xt, cioè perentrambe lascia aperta la possibilità di sceglie-re l’opzione oppure di non sceglierla: il fattoche il capolinea di autobus non venga co-struito non esclude la possibilità di sfruttareuna delle aree adiacenti per la costruzione diun parcheggio o per l’apertura di un’area diristoro o per attuare entrambe queste opzioni.

4.3 Il software STAN

STAN (Strategic Analysis) è un software open-source1 realizzato in collaborazione con il Di-

partimento Interateneo di Pianificazione Terri-toriale e Urbanistica (DIPTU), dell’Universitàdegli Studi di Roma “La Sapienza”.Si tratta di uno strumento pensato innanzituttoper finalità didattiche, ma che può essere uti-lizzato anche in un ambito applicativo reale perproblemi di piccole e medie dimensioni. Attra-verso questo software è possibile costruiremodelli di PLI per la rappresentazione dei pro-blemi di decisione senza dover necessaria-mente conoscere i dettagli di questi modelli e,soprattutto, è possibile risolverli senza averecompetenze matematiche specifiche. L’ideaoriginale fu in realtà di S. Openshaw, P. White-head i quali negli anni ’70 realizzarono il soft-ware DOT [Openshaw e Whitehead, 1976] che,per anzianità, può essere considerato il padredi STAN, ma, se si considera la velocità con cuila tecnologia ha galoppato in questi anni, è si-curamente da considerarsi almeno il trisavolo!ll software STAN2 dispone di un’interfaccia uten-te molto amichevole tramite la quale è possibi-le impostare un modello di PLI semplicementeselezionando un sottoinsieme di caselle possi-bili tra quelle predisposte. In particolare, unavolta inseriti i dati, il sistema visualizza per rigal’elenco delle opzioni suddivise per area deci-sionale. Nelle varie colonne della schermatasono invece identificati i possibili criteri con cuivengono messe in relazione le varie opzioni(funzioni lineari delle variabili binarie). In gene-re le prime colonne del modello si riferisconoai vincoli di necessità e mutua esclusione delleopzioni di una stessa area e ai vincoli di in-compatibilità tra opzioni di aree diverse, men-tre nelle successive possono essere impostaticriteri aggiuntivi. In particolare, ogni colonnapuò essere alternativamente impostata come

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vincolo o come funzione obiettivo. In questomodo, ad esempio, se ci sono m decisori, sipossono impostare m colonne come funzioniche valutano il soddisfacimento delle preferen-ze di ciascun decisore e una colonna che mi-sura il costo totale della decisione. Si possonogenerare modelli diversi selezionando ognivolta una sola di queste colonne come funzio-ne obiettivo e imponendo invece una sogliaminima (o massima) richiesta per le altre. Inquesto senso lo strumento STAN risulta moltointuitivo, semplice e flessibile e si presta a es-sere utilizzato da qualsiasi utente, che abbia omeno competenze matematiche. In effetti, ilmodello matematico c’è ma non si vede. Oltrela semplice risoluzione dei modelli, con STAN èpossibile effettuare analisi aggiuntive finalizza-te all’acquisizione di informazione utile per ladecisione collettiva, come ad esempio “co-stringere” il sistema a scegliere/non sceglieredeterminate opzioni. Procedure di questo tiposono utili nel processo decisionale per indivi-duare insiemi di soluzioni con caratteristicheparticolari, ma anche per valutare quali posso-no essere le conseguenze di determinate scel-te parziali. Infine, in un contesto di analisi dirobustezza, questo può servire per analizzarela sensibilità di una soluzione rispetto alla va-riazione di qualche elemento in input.STAN adotta un risolutore opensource in cui èimplementato un algoritmo di tipo tradizionaleper risolvere modelli di PLI, ma la struttura delsoftware permette facilmente di aggiungere alsistema altri risolutori qualora si volessero im-plementare algoritmi particolari. In questo sen-so, e sotto molti altri aspetti tecnici e concet-tuali, il software STAN, per la sua natura open-source, può essere arricchito sia da parte di

60 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

chi lo ha ideato e realizzato, sia per opera dichiunque altro volesse dare un contributo alsuo sviluppo. Il gruppo di ricerca che ha pro-mosso e realizzato STAN continua a portareavanti questo progetto in diverse direzioni: dauna parte si sta studiando la possibilità di inse-rire nuovi algoritmi ad hoc, dall’altra si lavoraalla definizione di tools matematici e statisticiche possano essere utili nell’analisi delle solu-zioni proposte dal sistema con l’obiettivo di ar-ricchire il software di ulteriori strumenti di valu-tazione utili nel delicato processo di decisione.

In conclusione, in questo corso abbiamo volu-to far incontrare il mondo della pianificazionecon quello della Programmazione Matematica.Con tutti i limiti che il merge tra queste due di-scipline può avere, ci sentiamo di dire che esi-stono punti di contatto e che la Programmazio-ne Matematica può essere un valido strumen-to di supporto alla decisione, per strutturare emodellare problemi di scelta reali e per dareun aiuto concreto e sistematico all’acquisizio-ne di informazione nel processo decisionale.Rimane ovviamente valida la considerazionefondamentale che i modelli matematici (astrat-ti) devono avere un compito solo ausiliarenella decisione (reale). Se si condivide questotipo di approccio, non si può non apprezzarel’utilità di uno strumento di supporto alla deci-sione come STAN, intuitivo e semplice da usa-re, alla portata di tutti, in tutti i sensi.Non escludiamo, quindi, che uno strumentocosì pratico possa attrarre verso il nostro pro-getto l’interesse di altri informatici e di altri stu-diosi e che questo possa portare a nuovi inte-ressanti sviluppi, dal punto di vista tecnico, masoprattutto accademico. Gli stessi Openshaw

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e Whitehead nel loro articolo del 1976 guarda-vano al futuro con molto ottimismo senza al-cun dubbio che qualcuno, prima o poi, avreb-be portato avanti il loro progetto: «When thiswill happen is uncertain – wheter it will happenis not in doubt» [Openshaw e Whitehead,1976].

1 Il software STAN può essere scaricato nel sitohttp://stan.sourceforge.net/.2 Manuale STAN, DIPTU, Università degli Studi di Roma“La Sapienza”, 2006.

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62 MODELLI MATEMATICI PER IL SUPPORTO ALLE DECISIONI: LE BASI FORMALI DELLA SCELTA STRATEGICA

[13] W. L. WINSTON, S. C. ALBRIGHT, Operations Research:Application and Algorithms, Duxbury Press, 2000.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] E. AARTS, J. KAREL LENSTRA, Local search in combina-torial optimization, Princeton University Press, Princeton,NJ, 2003.

[2] D. BERTSIMAS, R.M. FREUND, Data, Models, andDecisions: the fundamentals of management science,South-Western College Publishing, 2000.

[3] G. BIGI, A. FRANGIONI, G. GALLO, S. PALLOTTINO, M. G.SCUTELLÀ, Appunti di Ricerca Operativa, a.a. 2002/2003,SEU – Servizio Editoriale Universitario di Pisa, 2003.

[4] R. BRONSON, Ricerca Operativa, Collana Schaum,ETAS Libri, Milano 1984.

[5] S. H. BROOKS, A Discussion of Random Methods forSeeking Maxima, “Operations research”, v. 6 (1958), pp.244-251.

[6] J. K. FRIEND, W. N. JESSOP, Local Government andStrategic Choice, Tavistock Pubblications, London 1969.

[7] J. MCCALL, Genetic algorithms for modeling and opti-misation, “Journal of Computational and AppliedMathematics”, v. 184 (2005), pp. 205–222.

[8] M. FISCHETTI, Lezioni di Ricerca Operativa, EdizioniLibreria Progetto, Padova 1995.

[9] S. OPENSHAW, P. WHITEHEAD, A Decision OptimisingTechnique for Planners, “Planning Outlook”, v. 16, Spring1975, pp. 19-33.

[10] S. OPENSHAW, P. WHITEHEAD, Working Paper 1,Department of Town and Country Planning, NewcastleUniversity, 1976.

[11] B. SIMEONE, Dispense di Ottimizzazione, Dip. diStatistica, Probabilità e Statistiche Applicate, Universitàdi Roma “La Sapienza”, 1998.

[12] ST.AN. (Strategic Analysis) software opensource,http://stan.sourceforge.net/,

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AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI

Area 01 – Scienze matematiche e informatiche

Area 02 – Scienze fisiche

Area 03 – Scienze chimiche

Area 04 – Scienze della terra

Area 05 – Scienze biologiche

Area 06 – Scienze mediche

Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie

Area 08 – Ingegneria civile e Architettura

Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione

Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche

Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche

Area 12 – Scienze giuridiche

Area 13 – Scienze economiche e statistiche

Area 14 – Scienze politiche e sociali

Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su

www.aracneeditrice.it

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Finito di stampare nel mese di settembre del dalla «ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.»

Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, per conto della «Aracne editrice S.r.l.» di Roma

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