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collocati, come altre volte, agli ultimi posti fra i Cantoni svizzeri in tutti e tre gli ambiti esaminati (le compe- tenze in lettura, la matematica e le scienze naturali) è certamente moti- vo di delusione e deve essere esami- nato con attenzione critica, ma an- che senza isterismi: tenendo sì con- to della minore età degli allievi (in media, secondo il rapporto, circa 8 mesi), ma soprattutto del fatto che siamo comunque in ogni caso o so- pra o appena al di sotto della media internazionale. In gergo ciclistico, si potrebbe dire che si tratta di posti verso la coda in un plotone che è tutta- via ben piazzato nel- la classifica genera- le. Allora la doman- da diventa: esiste per la scuola ticine- se un margine di miglioramento per quanto riguarda la preparazione degli allievi, senza tuttavia venir meno al criterio fondamentale di voler perse- guire quell'integrazione di tutti gli al- lievi che già lo studio PISA segnala fra i suoi aspetti positivi. Io sono convinto di sì e sulle pagine del Popolo e Libertà ho già avanza- to qualche proposta in merito (Cfr. PeL, 30 settembre 2011). Punto di partenza dovrebbe essere, per in- tanto, che il DECS prenda l'iniziati- va di un esame approfondito dei ri- sultati, chiamando a riflettere non solo i suoi funzionari, ma tutte le persone che alla conoscenza dei problemi siano in grado di abbinare l'interesse disinteressato per i pro- blemi scolastici. Ma non si dovrà di- menticare, come ha ben notato il prof. Diego Erba in un articolo molto equilibrato sull'ulti- mo numero Scuola Ticinese (307, no- vembre-dicembre 2011), che i dati dello studio PISA sono solo uno degli elementi su cui riflettere. Giorgio Zappa È ormai abituale: ogni volta che vie- ne pubblicato un rapporto sui dati forniti da ricerche internazionali sulla scuola, si scatena la bagarre: docenti che si sentono offesi per gli insucces- si, genitori preoccupati per il futuro dei loro figli, politici che cavalcano l'ar- gomento in chiave politica e conduco- no un attacco al Di- partimento. È suc- cesso anche questa volta, per il rappor- to, pubblicato lo scorso dicembre, che ha estratto i confronti fra i Cantoni e fra le regio- ni linguistiche della Svizzera dai dati forniti dallo studio PISA ("Programme for International Student Asses- sment"), organizzato nel 2009. Il peso scientifico della ricerca, la sua ampiezza che è rappresentativa di tutti i paesi industrializzati, il suo carattere di ufficialità sono elementi che hanno assicurato a questi dati un'eco mediatica al di sopra delle righe. In particolare si è sentito qualche giornalista, che non aveva ancora letto il rapporto, farne occa- sione di polemica e di irrisione; e soprattutto qualche politico, che il rapporto non lo leggerà mai, utiliz- zare senza ritegno i soli dati globali per concludere su una "ennesima batosta" e una "raffica di bocciatu- re" per la scuola ticinese. Il Diparti- mento ha dimostrato finora solo un certo imbarazzo e si può ben capire che sia ormai stufo di dover preci- sare tutte le volte che i dati vanno presi nel loro complesso, comprese quindi le spiegazioni già insite nello stesso rapporto. Personalmente, senza volermi spin- gere fino a contestare il valore scien- tifico di questi dati, ho già in passato espresso qualche dubbio e qualche reticenza. Voglio dire che, proprio perché l'operazione di rilevamento si svolge a livello planetario, mi pare che non sia così agevole garantire che a tutti gli allievi siano offerte le stesse identiche condizioni nella somministrazione dei test. Le com- petenze degli esperti che hanno pre- parato i test e la buona fede di colo- ro che li hanno corretti sono fuori di discussione: ma non si può negare che ogni esperto è legato alla sua cul- tura e che per ogni verifica esiste un sia pur limitato margi- ne di valutazione personale. Mi con- forta in questi dub- bi la lettura della bi- bliografia alla fine del documento: i rapporti ufficiali che danno conto delle precedenti edizioni della verifi- ca PISA sono opportunamente pub- blicati anche in italiano; per contro la scelta bibliografica di carattere scien- tifico è rigorosamente limitata alla lingua tedesca e all'inglese. Un altro interrogativo può sorgere sui criteri di scelta delle scuole e delle classi partecipanti: so che per principio mirano ad assicurare una equa ponderazione fra i vari tipi di scuole, eppure, malgrado tutto, de- vo constatare che gli allievi della Svizzera romanda e del Ticino sono presenti nella misura di circa il 35% della popolazione scolastica totale, mentre gli allievi della Svizzera te- desca rappresentano meno del 14 % della popolazione scolastica po- tenzialmente convocata: mi sembra difficile trovare una motivazione per questa differenza. Detto questo, sono ben lontano da voler concludere che i dati forniti dal programma PISA debbano essere buttati al macero. Il fatto che gli allievi ticinesi si siano Pegaso Inserto di cultura politica e di politica culturale Valori Educare alla giustizia e alla pace Pagina III Personaggi Giorgio La Pira, sindaco della pace a Firenze Pagina IV Finanza internazionale Riforma del sistema finanziario e monetario Pagina VI-VII Pegaso Inserto mensile di Popolo e Libertà no. 68 - 13 gennaio Politica nazionale La democrazia non è in vendita. Per una legge sui doni ai partiti Pagina II Primo piano La battaglia di PISA Competenze di lettura: Media svizzera 502 punti Svizzera romanda 506 Svizzera tedesca 502 Svizzera italiana 485 Matematica: Media svizzera 536 punti Svizzera tedesca 539 Svizzera romanda 530 Svizzera italiana 518 Scienze naturali: Media svizzera 517 punti Svizzera tedesca 523 Svizzera romanda 500 Svizzera italiana 493 I dati in sintesi Dati Si può ben capire che il Dipartimento dell’educazione sia stufo di precisare ogni volta che i dati vanno presi nel loro complesso Ultimi Il fatto che gli allievi ticinesi si siano collocati agli ultimi posti è certamente motivo di delusione e deve essere esaminato con attenzione

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collocati, come altre volte, agli ultimiposti fra i Cantoni svizzeri in tutti etre gli ambiti esaminati (le compe-tenze in lettura, la matematica e lescienze naturali) è certamente moti-vo di delusione e deve essere esami-nato con attenzione critica, ma an-che senza isterismi: tenendo sì con-to della minore età degli allievi (inmedia, secondo il rapporto, circa 8mesi), ma soprattutto del fatto chesiamo comunque in ogni caso o so-pra o appena al di sotto della mediainternazionale. In gergo ciclistico, sipotrebbe dire che si tratta di postiverso la coda in unplotone che è tutta-via ben piazzato nel-la classifica genera-le. Allora la doman-da diventa: esisteper la scuola ticine-se un margine dimiglioramento perquanto riguarda lapreparazione degliallievi, senza tuttavia venir meno alcriterio fondamentale di voler perse-guire quell'integrazione di tutti gli al-

lievi che già lo studio PISA segnalafra i suoi aspetti positivi. Io sono convinto di sì e sulle paginedel Popolo e Libertà ho già avanza-to qualche proposta in merito (Cfr.PeL, 30 settembre 2011). Punto dipartenza dovrebbe essere, per in-tanto, che il DECS prenda l'iniziati-va di un esame approfondito dei ri-sultati, chiamando a riflettere nonsolo i suoi funzionari, ma tutte lepersone che alla conoscenza deiproblemi siano in grado di abbinarel'interesse disinteressato per i pro-blemi scolastici. Ma non si dovrà di-

menticare, comeha ben notato ilprof. Diego Erba inun articolo moltoequilibrato sull'ulti-mo numero ScuolaTicinese (307, no-vembre-dicembre2011), che i datidello studio PISAsono solo uno degli

elementi su cui riflettere.

Giorgio Zappa

È ormai abituale: ogni volta che vie-ne pubblicato un rapporto sui datiforniti da ricerche internazionali sullascuola, si scatena la bagarre: docentiche si sentono offesi per gli insucces-si, genitori preoccupati per il futurodei loro figli, politiciche cavalcano l'ar-gomento in chiavepolitica e conduco-no un attacco al Di-partimento. È suc-cesso anche questavolta, per il rappor-to, pubblicato loscorso dicembre,che ha estratto iconfronti fra i Cantoni e fra le regio-ni linguistiche della Svizzera dai datiforniti dallo studio PISA ("Programmefor International Student Asses-sment"), organizzato nel 2009. Il peso scientifico della ricerca, lasua ampiezza che è rappresentativadi tutti i paesi industrializzati, il suocarattere di ufficialità sono elementiche hanno assicurato a questi datiun'eco mediatica al di sopra dellerighe. In particolare si è sentitoqualche giornalista, che non avevaancora letto il rapporto, farne occa-sione di polemica e di irrisione; esoprattutto qualche politico, che ilrapporto non lo leggerà mai, utiliz-zare senza ritegno i soli dati globaliper concludere su una "ennesimabatosta" e una "raffica di bocciatu-re" per la scuola ticinese. Il Diparti-mento ha dimostrato finora solo uncerto imbarazzo e si può ben capireche sia ormai stufo di dover preci-sare tutte le volte che i dati vannopresi nel loro complesso, compresequindi le spiegazioni già insite nellostesso rapporto.

Personalmente, senza volermi spin-gere fino a contestare il valore scien-tifico di questi dati, ho già in passatoespresso qualche dubbio e qualchereticenza. Voglio dire che, proprioperché l'operazione di rilevamento sisvolge a livello planetario, mi pareche non sia così agevole garantireche a tutti gli allievi siano offerte lestesse identiche condizioni nellasomministrazione dei test. Le com-petenze degli esperti che hanno pre-parato i test e la buona fede di colo-ro che li hanno corretti sono fuori didiscussione: ma non si può negare

che ogni esperto èlegato alla sua cul-tura e che per ogniverifica esiste un siapur limitato margi-ne di valutazionepersonale. Mi con-forta in questi dub-bi la lettura della bi-bliografia alla finedel documento: i

rapporti ufficiali che danno contodelle precedenti edizioni della verifi-ca PISA sono opportunamente pub-blicati anche in italiano; per contro lascelta bibliografica di carattere scien-tifico è rigorosamente limitata allalingua tedesca e all'inglese. Un altro interrogativo può sorgeresui criteri di scelta delle scuole edelle classi partecipanti: so che perprincipio mirano ad assicurare unaequa ponderazione fra i vari tipi discuole, eppure, malgrado tutto, de-vo constatare che gli allievi dellaSvizzera romanda e del Ticino sonopresenti nella misura di circa il 35%della popolazione scolastica totale,mentre gli allievi della Svizzera te-desca rappresentano meno del 14% della popolazione scolastica po-tenzialmente convocata: mi sembradifficile trovare una motivazioneper questa differenza.Detto questo, sono ben lontano davoler concludere che i dati forniti dalprogramma PISA debbano esserebuttati al macero. Il fatto che gli allievi ticinesi si siano

PegasoI n s e r t o d i c u l t u r a p o l i t i c a e d i p o l i t i c a c u l t u r a l e

ValoriEducare alla giustiziae alla pacePagina III

PersonaggiGiorgio La Pira, sindacodella pace a FirenzePagina IV

Finanza internazionaleRiforma del sistemafinanziario e monetarioPagina VI-VII

PegasoInserto mensile diPopolo e Libertàno. 68 - 13 gennaio

Politica nazionaleLa democrazia non è in vendita.Per una legge sui doni ai partitiPagina II

Primo piano

La battaglia di PISA

Competenze di lettura:Media svizzera 502 puntiSvizzera romanda 506Svizzera tedesca 502Svizzera italiana 485

Matematica:Media svizzera 536 puntiSvizzera tedesca 539Svizzera romanda 530Svizzera italiana 518

Scienze naturali: Media svizzera 517 puntiSvizzera tedesca 523Svizzera romanda 500Svizzera italiana 493

I dati in sintesi

DatiSi può ben capire che il

Dipartimento dell’educazionesia stufo di precisare ognivolta che i dati vanno presi

nel loro complesso

UltimiIl fatto che gli allievi ticinesisi siano collocati agli ultimiposti è certamente motivo di

delusione e deve essereesaminato con attenzione

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Politica nazionale

La democrazia non è in vendita.Occorre regolare i doni alla politicaQuale trasparenza per i finanziamenti elettorali?È noto che le elezioni federali

rappresentano per i partiti un gros-so impegno finanziario. Secondoun’indagine riferita da ”Le Cour-rier” del 18 ottobre 2011, il Partitoliberale svizzero ha dichiarato di dis-porre di un budget di 2,6 milioni difranchi e le spese totali della cam-pagna avrebbero raggiunto i 3 mi-lioni. Una somma uguale è quantoha indicato come spesa totale an-che il Partito cristiano democratico,mentre il Partito socialista prevede-va una spesa di circa 1,5 milioni difranchi. L’Unione democratica dicentro non ha indicato alcuna cifra,come è abitudine dei suoi strateghi(ma già la denominazione del parti-to è ingannevole), mentre gli esper-ti valutavano una spesa totale dellacampagna elettorale, a livello nazio-nale per l’insieme dei partiti, tra 15e 20 milioni di franchi.Una notizia di agenzia del 19 otto-bre indicava che l’UDC, a partire dalmese di maggio, aveva già spesopiù di 7 milioni di franchi in pubbli-cità, contro circa 4,5 milioni delPLR, 3 milioni del PDC e di 1,5 mi-lioni del PS. L’impegno finanziariodell’UDC sarebbe stato nettamentesuperiore a quello degli altri partiti,rappresentando circa il 70% del to-tale delle spese di propaganda. Puressendo dati parziali (che si basanosolo sulle spese incontrate per l’oc-cupazione degli spazi pubblicitari),è evidente la sproporzione tra imezzi utilizzati dall‘UDC rispetto aquanto speso dagli altri partiti.Una domanda sorge spontanea inogni cittadino responsabile: fino ache punto la cosiddetta “volontàpopolare” è influenzata o distortadall’uso massiccio della propagandaa pagamento, spesso basata su fal-sità o almeno semplificazioni, e chifornisce questi ingenti mezzi e perquale tornaconto?I risultati complessivi non hannopremiato le ambizioni “bulgare”dell’UDC che malgrado lo sproposi-tato impegno finanziario ha persovoti (dal 28,9 al 26,6%) e seggi alNazionale (da 62 a 54), e subitoclamorosi insuccessi a Zurigo ed aSan Gallo, dove per il Consiglio de-gli Stati aveva fatto scendere in

campo i suoi “pesi massimi”. Ovviamente non è possibile neppureipotizzare quale sarebbero stati i ri-sultati, di tutti i partiti in lizza, se lacontesa politica e mediatica fossestata, se non ad armi pari (perchétutte le diverse componenti nonpossono essere verificate e valutate),con una disponibilità finanziaria nonaltrettanto sproporzionata. Di quil’interesse, da più parti manifestato,per una certa regolamentazione deimezzi finanziari a disposizione deipartiti e, elemento particolarmenteindicativo, sulla loro provenienza, secioè da parte di singoli cittadini oda associazioni di privati, o peggio,aziende commerciali (in questo casofinanziano indirettamente i clienti) opersino pubbliche (quindi paghiamotutti, indipendentemente dalle pro-prie scelte politiche).Fa giustamente discutere che perso-ne o istituzioni, interessate ad in-fluenza decisioni politiche o legislati-ve, possano contribuire finanziaria-mente al successo di determinatipartiti o persone; in nome della “tra-sparenza”, la democrazia dovrebbeesigere che siano conosciuti i “pote-ri occulti” che sostengono determi-nate formazioni o parlamentari.Fin qui, in sede federale e nellamaggior parte dei Cantoni (Ticinoe Ginevra fanno eccezione), sonostati respinti diversi pur ridotti ten-tativi di sottrarre o almeno limitareil potere del denaro sulle scelte de-mocratiche; ma finalmente qualcheseppur modesto regolamento sem-bra profilarsi.Lo scorso ottobre, il Gruppo delConsiglio d’Europa contro la corru-zione (Greco) ha pubblicato unrapporto con un giudizio severosulla Svizzera, perché non rispettale direttive che prevedono la pub-blicità per tutte le donazioni chesuperano un certo importo e fissa-no inoltre un tetto massimo per lecampagne elettorali.La Svizzera, firmataria della Con-venzione contro la corruzione, sa-rebbe infatti tenuta a seguire taliraccomandazioni, ma specialmenteda parte dei partiti politici di destra(UDC e radicali) si fa “orecchio damercante” (locuzione più che adat-

ta al caso!); eppure la mancanza diregole e di pubblicità, secondo ilConsiglio d’Europa, potrebbe favo-rire… la corruzione, un reato chenon è certo una bazzecola perogni politico che vuol essere “de-mocratico” (cioè rispettoso dellavolontà dei cittadini!).

Eppur si muoveUn passo più significativo nella buo-na direzione è stato (finalmente)compiuto dal Consiglio degli Stativerso la fine della precedente legis-latura, accogliendo una mozionedel friburghese democristiano UrsSchwaller, che al fine di rendere tra-sparente il finanziamento delle cam-pagne in occasione di votazioni fede-rali, imporrebbe l’obbligo di indicareil nome di ogni donatore quando lasomma supera i 10’000 franchi.Secondo quanto ha riferito la stam-pa (vedi in particolare “Le Courrier”del 18 ottobre 2011) solo nei Can-toni di Ginevra e del Ticino esistonodisposizioni che regolano il finanzia-mento delle campagne politiche. AGinevra, la legge sui diritti politici del1999-2011, fa obbligo ad ogni par-tito politico, associazione o gruppoche presenta una lista per le elezionidel Cantone (e dei Comuni con piùdi 10’000 abitanti) di trasmettere an-nualmente il proprio bilancio alla

Cancelleria di Stato, con la lista com-pleta dei donatori e un rapporto direvisione. In Ticino, la Legge sui di-ritti politici del 7.10.1998 prevedel’obbligo dei partiti di segnalare allaCancelleria di Stato il donatore eogni offerta che supera annualmen-te i 10’000 franchi; stesso obbligovale per i candidati e i comitati diiniziativa e referendum quando l’im-porto supera i 5’000 franchi. Sono ben conosciute le obiezioniche molti (anche in buona fede enon necessariamente “donatori”abituali) muovono a questi tentatividi regolamentazione e sono facil-mente immaginabili (in un paesespecializzato a nascondere gli eva-sori fiscali) le varie e possibili moda-lità per sfuggire a queste limitazio-ni. Ma agli obiettori si deve rispon-dere che la legge serve anche aproteggere gli onesti, sia donatorisia fruitori, dando indicazioni entroquali limiti e con quali modalità sipuò lecitamente finanziare la politi-ca senza ingannare i propri concit-tadini. E con adeguate misure pe-nali, sia finanziarie sia d’altro gene-re (come la decadenza dalla caricao il divieto a uffici pubblici), si po-trebbe rendere più rischiosa… lacorruzione della volontà popolare.

Alberto Lepori

Pegaso Venerdì 13 gennaio 2012II

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Valori

Educare alla giustizia e alla paceDal Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 2012

Venerdì 13 gennaio 2012 Pegaso III

IL VALORE POSITIVO DELLA VITA

Si tratta di comunicare ai giovanil’apprezzamento per il valore positivodella vita, suscitando in essi il desideriodi spenderla al servizio del Bene. È uncompito in cui tutti sono impegnati in

prima persona.

COSA È LA PACE

La pace non è la semplice assenza diguerra e non può ridursi ad assicurarel’equilibrio delle forze contrastanti. Lapace non si può ottenere sulla terrasenza la tutela dei beni delle persone,la libera comunicazione tra gli esseriumani, il rispetto della dignità dellepersone e dei popoli, l’assidua pratica

della fratellanza.

ESSERE OPERATORI DI PACE

Per essere veramente operatori dipace, dobbiamo educare alla

compassione, alla solidarietà, allacollaborazione, alla fraternità, essereattivi all’interno della comunità e vigilinel destare le coscienze sulle questioni

nazionali e internazionali esull’importanza di ricercare adeguatemodalità di ridistribuzione dellaricchezza, di promozione della

crescita, di cooperazione allo sviluppoe di risoluzione dei conflitti.

NECESSARI I TESTIMONI

Per questo sono più che mai necessariautentici testimoni e non meri

dispensatori di regole e di informazioni,testimoni che sappiamo vedere piùlontano degli altri, perché la loro vitaabbraccia spazi più ampi. Il testimone è colui che vive per primo il cammino

che propone.

PROMUOVERE LA GIUSTIZIA

La pace per tutti nasce dalla giustiziadi ciascuno e nessuno può eluderequesto impegno essenziale di

promuovere la giustizia, secondo leproprie competenze e responsabilità.

RICONOSCERE L’UOMO

Perciò la prima educazione consistenell’imparare a riconosce nell’uomol’immagine del Creatore e, di

conseguenza, avere un profondo rispettoper ogni essere umano e aiutare gli altria realizzare una vita conforme a questa

altissima qualità.

(Il testo completo del Messaggio è stato pubblicato dalGiornale del Popolo del 31 dicembre 2011).

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Personaggi

Giorgio La Pira, il sindacodella pace a FirenzePozzallo (Ragusa), 9 gennaio 1904 - Firenze, 5 novembre 1977

Primogenito di una famiglia dicondizione modesta, Giorgio La Pi-ra nasce a Pozzallo, in Sicilia, nel1904. Consegue il diploma in ra-gioneria nel 1921 e la maturitàclassica l’anno seguente. Trasferito-si a Messina, ospite dello zio LuigiOcchipinti, prosegue gli studi iscri-vendosi alla facoltà di giurispruden-za dell’università di Messina.

Gli anni siciliani e la conversioneNel periodo degli studi, insieme a Sal-vatore Quasimodo e ad altri amici, silancia in una vivace attività intellet-tuale anticonformista. Ammira in par-ticolare gli scritti di Gabriele D’An-nunzio, nei quali intravvede un idealedi ribellione. Ma tutto cambia nel1924, quando nella vita di Giorgio LaPira sboccia l’incontro con la fede cri-stiana. Dopo lo stupore per il canto diun coro di suore e dopo l’incontrocon mons. Mariano Rampolla del Tin-daro, che diventa suo padre spiritua-le, è soprattutto alla Messa di Pas-qua di quell’anno che il giovane sisente chiamato a consacrare la suavita a Dio attraverso l’apostolato lai-cale nella società. “È un’alba nuovadella vita - confida ad un amico inuna lettera - Io non dimenticheròmai quella Pasqua 1924, in cui rice-vei Gesù Eucaristico: risentii nelle ve-ne circolare una innocenza così pie-na, da non potere trattenere il cantoe la felicità smisurata”.

La passione sociale Due anni dopo, nel 1926, si trasferi-sce a Firenze, seguendo il professorEmilio Betti, con il quale prepara unatesi in storia del diritto romano. In To-scana giunge per studiare ma, comevedremo, rimarrà per tutta la vita.Dopo la laurea, La Pira intraprendel’insegnamento accademico, e dal1933 è professore ordinario in dirit-to romano. Soprannominato daisuoi studenti il “professorino”, silancia nel contempo in un intensoimpegno caritativo: non solo è atti-vo nell’Azione cattolica e nella So-cietà San Vincenzo, ma dà vita al-l’esperienza della mensa di San Pro-colo per l’assistenza materiale e spiri-tuale degli ultimi della città. Sceglie

come abitazione una cella al conven-to domenicano di San Marco.Proprio dagli impegni sociali di caritànasce la passione di Giorgio La Piraper la politica, che rappresenta per luiil modo più efficace di fare del bene:“Non si dica quella solita frase pocoseria: la politica è una cosa ‘brutta’!No: l’impegno politico - cioè l’impe-gno diretto alla costruzione cristiana-mente ispirata della società in tutti isuoi ordinamenti a cominciare dall’e-conomico - è un impegno di umanitàe di santità: è un impegno che devepotere convogliare verso di sé glisforzi di una vita tutta tessuta di pre-ghiera, di meditazione, di prudenza,di fortezza, di giustizia e di carità”.

“Principi” e l’avversioneal fascismoNel 1939 La Pira fonda la rivista“Principi”, dalle cui colonne difendein maniera coraggiosa il valore dellapersona umana e la libertà. Già nelfebbraio del 1940 questa è soppressadal regime fascista che il professorecombatte sin da giovanissimo. Oltre apartecipare, negli anni della guerra,ad incontri antifascisti clandestini conGiuseppe Dossetti e Giuseppe Lazza-ti, aiuta concretamente numerose fa-miglie di ebrei a trovare rifugio neiconventi toscani. Quando Firenze èoccupata dai nazisti, nel 1943, La Piraè ricercato. Si nasconde dapprima incampagna e poi a Roma, in casa dimons. Giovanni Battista Montini, ilfuturo papa Paolo VI. Nel 1945 pub-blica “La nostra vocazione sociale”.

L’avventura politica:deputato, ministro,sindacoDopo la liberazione, Giorgio La Pira faritorno nella sua Firenze. Ed è a quelmomento che si avventura nella vitapolitica attiva. Nel giugno 1946 vieneeletto a far parte dell’Assemblea co-stituente. In Parlamento, aderendoalla DC, diventa collaboratore di Giu-seppe Dossetti: insieme i due com-battono per la questione sociale e lalotta alla disoccupazione, trovandositalvolta in contrasto con il governopiù moderato della DC. Diventa poisottosegretario al lavoro per tentare dirispondere, come lui stesso scrive, “al-

le attese della povera gente”.Dopo che la sinistra dossettiana del-la DC lascia il governo nel 1949,due anni dopo La Pira è eletto sin-daco di Firenze, carica che manter-rà sino al 1958 e poi ancora dal1961 al 1965. Tra le sue numeroserealizzazioni ricordiamo la costru-zione di molte case popolari e dinuove scuole, la ricostruzione deiponti distrutti dalla guerra, o anco-ra la creazione del quartiere dell’I-solotto. Ma soprattutto, negli annidel suo sindacato, dà tutto se stessonella difesa del diritto al lavoro.

Ambasciatore della paceNel 1952, come sindaco di Firenze,promuove il primo dei convegni perla pace e la civiltà cristiana, dal qualeprende avvio un’intensa attività tesaa promuovere contatti vivi e profon-di tra esponenti politici di tutte lenazioni del mondo. Tre anni dopoorganizza il convegno dei sindacidelle capitali. Giorgio La Pira diven-ta, nell’immaginario collettivo, il“sindaco della pace”.Dopo il 1965, pur non essendo piùsindaco, La Pira rimane al centro diinfiniti contatti internazionali: come

presidente della Federazione delleCittà Unite è invitato a tenere dis-corsi e conferenze in tutto il mon-do. Si impegna attivamente per lapace e per il disarmo, nonché per ildialogo ecumenico e per la respon-sabilizzazione del laicato.Giorgio La Pira muore nel novembre1977. La salma viene esposta in SanMarco e i fiorentini si riversano inmassa a salutare il loro “sindaco san-to”, mentre dai cinque continentigiungono personalità della politica edella cultura, uomini di ogni nazionee religione. Durante i funerali in duo-mo, il cardinale Giovanni Benelli cosìcoglie il cammino politico e socialedell’uomo democratico cristiano:“Tutto si può capire di La Pira con lafede, nulla si può capire di lui senzala fede”. E nel 1986 è avviata la cau-sa di beatificazione.

Lorenzo Planzi

Questa biografia è tolta dallaraccolta: Lorenzo Planzi, “Cristianidemocratici nella storia europea”,

edito dal Partito popolaredemocratico ticinese /Popolo e

Libertà/Armando Dadòeditore/Locarno, 2011, pp.95, fr.20.-

Pegaso Venerdì 13 gennaio 2012IV

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Le statistiche che appaiono versola fine di ogni anno permettono aimass media grandi titoli sui milionariin Svizzera, sui ricchi che aumentanoe diventano sempre più ricchi e sullasempre più grande fetta di ricchezzaposseduta da un numero ristretto dipersone. In parte questo è vero, mapoi bisogna considerare i dati che siutilizzano e come si allestiscono lestatistiche. Queste ultime si prestanoinfatti a qualche considerazione dimaggior respiro e danno un’immagi-ne, anche se probabilmente incom-pleta e un po’ in ritardo, della distri-buzione della ricchezza. Utilizziamo per questa breve analisi idati forniti dall’Amministrazione fe-derale delle contribuzioni per l’anno2008, desunti dalle dichiarazioni fi-scali e concernenti la sostanza priva-ta (il termine fiscale svizzero per de-finire il patrimonio, rinunciando al-l’orribile francesismo di “fortuna”)di 4,8 milioni di contribuenti. La sta-tistica prende in considerazione lasostanza “netta”, cioè dedotti i de-biti e comprese levarie deduzioni ditipo sociale o altro.Si vede perciò che ilquadro della distri-buzione della ric-chezza può variarefortemente a secon-da della situazionedel singolo contri-buente. Qualche an-no fa era perfino successo che la cop-pia di coniugi Kopp, dopo le vicendeche avevano costretto la moglie Elisa-beth a rassegnare le dimissioni dalConsiglio federale, è risultata tantoindebitata da non dover pagare im-poste. D’altro canto va tenuto con-to che, per esempio per le sostanzeimmobiliari, i valori di stima sonogeneralmente inferiori ai valori dimercato. Infine è anche possibileche le deduzioni incidano in misuramaggiore sulle piccole sostanze(con un’alta percentuale di debito)che sulle sostanze più grandi. Vedre-mo più oltre come la Banca Naziona-le utilizzi una statistica che cerca dicorreggere queste distorsioni.Sulla base dei dati utilizzati, in Svizze-ra ci sarebbero circa 200'000 persone

(corrispondenti quasi, ma non sem-pre, a economie domestiche) chepossiedono oltre 1 milione di franchi.Tra queste si possono distinguere128'671 persone con una sostanzafra 1 e 2 milioni di franchi, 70'970persone con una sostanza fra 2 e 10milioni di franchi e 8'803 personecon oltre 10 milioni di franchi.Le proporzioni tra queste categoriee il totale dei contribuenti censiti so-no le seguenti: il 26% non possiedesostanza netta, fra 0 e 100'000franchi si trova il 41% e fra100'000 e 500'000 il 23% dei con-tribuenti. Si tratta della cosiddettafascia media, che corrisponde pro-babilmente al ceto medio della po-polazione. Qui si può però subitonotare che questo ceto medio tendea spostare verso l’alto la parte di so-stanza posseduta. Infatti, a ogni re-visione di stime immobiliari o dinuove stime, il valore degli immobilitende ad aumentare e non è difficileentrare nella categoria dei milionari,anche con una sola propria casa

d’abitazione, o ma-gari diminuendo ildebito iniziale con-tratto. Le percen-tuali cambiano peròsensibilmente se siconsiderano le quo-te di sostanza priva-ta posseduta dallecategorie citate. Tra2 e 10 milioni di

franchi troviamo il 20,7% del totaledella sostanza e oltre i 10 milioni il24,3%. In pratica quindi l’1,7% deicontribuenti soltanto possiede il43% di tutta la sostanza in Svizzera.Qualcuno lo ritiene uno scandalo, ma- benché le cose stiano cambiando -la Svizzera non è diversa da altripaesi nella distribuzione delle pro-prie ricchezze fra la popolazione.Se togliamo il 26% che non possie-de nulla, fra i 100'000 e i 2 milionidi franchi troviamo quasi il 30% deicontribuenti. Confrontando le cifredei vari paesi si deve considerareche la Svizzera, con soltanto lo0,1% della popolazione, detiene lo0,9% delle ricchezze, il che è già unindice di concentrazione verso le so-stanze più elevate.

È vero che, considerando solo questecifre, le differenze stanno tendenzial-mente crescendo. Tuttavia il coeffi-ciente di Gini, uno strumento statisti-co molto usato perconsiderare le dis-uguaglianze fra 0 e1, nel 1997 era paria 0,853, ma nel2008 era sceso a0,846. Riferiti a so-stanze di milioni, an-che questi divari so-no importanti. In ter-mini espliciti, nellefasce più alte, nel 2003 il 59,4% del-la sostanza globale era in mano al5% dei contribuenti. Lo stesso 5%nel 2008 possedeva il 61.1% dellasostanza. Fra le varie regioni delpaese, le concentrazioni maggioridi ricchezza sono situate nei Canto-ni di Nidvaldo, Svitto e Zugo, concifre che variano da 600'000 a800'000 franchi. Zurigo raggiungeinvece solo 360'000 franchi in me-dia per contribuente. Nel Ticino lamedia era di 191'426 franchi, mentrenel Giura toccava il livello più bassocon 120'000 franchi.Come accennato sopra, la Banca Na-zionale pubblica ogni anno una sta-tistica dei patrimoni delle famigliesvizzere, che si basa fra l’altro suidati di banche e assicurazioni. La

ricchezza totale che i dati fiscali valu-tano in 1280 miliardi di franchi, vieneportata dalla BNS a 2400 miliardi. Lastatistica della BNS comprende però

anche le quote diproprietà immobi-liari non tassate o icapitali di vec-chiaia della previ-denza professiona-le. Le sole proprie-tà immobiliari am-monterebbero cosìa 1300 miliardi difranchi e i capitali

di vecchiaia a 750 miliardi. Cifre piùvicine alla realtà, ma nemmeno moltolontane da quelle del fisco, se si tieneconto dei diversi metodi di calcolo.Alla Banca Nazionale mancano co-munque gli investimenti finanziaripresso le banche estere.Le statistiche non dicono nemmenochi siano i detentori delle sostanzemaggiori. Lo svizzero più ricco si sache è uno svedese e molti stranieribenestanti contribuiscono a creare ildivario più volte citato. Infine non sipuò dimenticare che l’aumento deiprezzi (e quindi delle stime immobilia-ri) e lo stesso valore elevato del fran-co contribuiscono a creare “miliona-ri” anche nel cosiddetto ceto medio.

Ignazio Bonoli

Venerdì 13 gennaio 2012 Pegaso V

Economia

Milionari in continuo aumentonella Confederazione SvizzeraQuel che dicono e non dicono le statistiche fiscali

SituazioneDalle statistiche si vede che ilquadro della distribuzionedella ricchezza può variarefortemente a seconda della

situazione del singolo

ContribuentiL’1,7% dei contribuentipossiede il 43% di tutta la sostanza in Svizzera mentre il 26% non possiede nulla

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Diritti umani

A inizio novembre dello scorso an-no, Alliance-sud (Comunità di lavoroper la politica di sviluppo di Swissaid,Sacrificio Quaresimale, Pane per tut-ti, Helvetas, Caritas e Aces) ha lan-ciato in Svizzera una vasta campa-gna chiamata “Diritto senza frontie-re” per sensibilizzare i cittadini diquesto Paese sulla necessità che lemultinazionali con sede in Svizzeraabbiano a meglio rispettare i dirittiumani e le esigenze di protezioneambientale in tutti i paesi del mon-do in cui operano. Questa operazio-ne è sostenuta da una cinquantina diorganizzazioni, tra cui Terre desHommes, Amnesty International,Greenpeace, Missione BetlemmeImmensee, WWF, Lega svizzera delledonne cattoliche, Donne protestantisvizzere, Unione sindacale svizzera,Fondazione svizzera dell’energia. La campagna, che durerà almeno fi-no al mese di giugno 2012, intendemuoversi in due direzioni. Da unaparte vuole sensibilizzare l’opinionepubblica sugli aspetti legati alla vio-lazione dei diritti umani e delle nor-me di protezione dell’ambiente, fa-cendo conoscere dei casi concreti.Alcuni sono già stati resi noti. LaACC-Holcim, filiale del gigante sviz-zero del cemento Holcim, che in In-dia versa da anni salari da miseria al-la maggior parte dei suoi operai in In-dia. O ancora la Syngenta che com-mercializza un pesticida vietato inEuropa, che ha provocato più casi diavvelenamento nel Burkina Faso. EGlencore accusata di inquinare i cor-si d’acqua nella Repubblica demo-cratica del Congo, o ancora Triumphche disattende i diritti sindacali nelle

Filippine e in Tailandia. Purtroppo,come sottolineato da Dick Marty, igoverni di quei paesi non sono ingrado di difendere le loro popolazio-ni e i loro territori da questi abusi.In pari tempo i promotori di questacampagna cercheranno di convin-cere il nostro Parlamento di modi-ficare il Codice civile e il Codicepenale. Si tratterà in sostanza dieliminare la separazione giuridicatra la casa madre in Svizzera e lesue filiali all’estero e creare le basilegali affinché coloro che avesserosubito danni dal comportamento diqueste società possano denunciarei fatti alla giustizia svizzera e otte-nere, se del caso, un corretto risar-cimento. Il diritto svizzero non pre-vede oggi tali procedure. Al con-trario, indirettamente esso dere-sponsabilizza le multinazionali consede nel nostro Paese.

Vogliamo essere i primidella classe?Non proprio. Già nel 2005 una cam-pagna analoga fu lanciata a livello eu-ropeo. La Svizzera non può quindi esi-mersi dal fare la sua parte. Anche nelquadro delle Nazioni Unite da unqualche tempo esiste un movimentoche spinge a una regolamentazionedelle multinazionali. Esso fa particola-re riferimento ai lavori di John Ruggie,che fu rappresentante speciale per ilproblema dei diritti dell’uomo e delleimprese: egli ha individuato un qua-dro operativo basato su tre pilastri:l’obbligo per i governi di proteggere lepopolazioni dalle violazioni dei dirittiumani da parte di terzi (compresequindi le aziende), responsabilità di

questi di rispettare i diritti umani e, in-fine, diritto delle vittime all’accesso al-la giustizia che stabilisca un eventualediritto al risarcimento. La campagnain atto si inserisce quindi in questa di-namica. Chiede in sostanza che laSvizzera e le sue aziende multinazio-nali prendano sul serio i loro impegniall’estero. Le pur lodevoli iniziative diautoregolazione prese da alcuneaziende non sono ritenute sufficienti.

È in gioco anche lanostra reputazioneÈ un argomento da non sottovaluta-re. L’80% delle più grandi aziendemondiali hanno la loro sede in Eu-ropa, negli Stati Uniti e in Giappo-ne. La Svizzera si trova ai primi po-sti. Addirittura registra il più grannumero di multinazionali per abi-tante! La sua politica fiscale e di di-ritto degli azionisti la rendono in-fatti molto attrattiva. Negli ultimiotto anni ben 300 grandi aziendehanno spostato la loro sede nel no-stro Paese. I Cantoni Ginevra e Zu-go sono diventati un punto di riferi-mento del commercio internaziona-le delle materie prime, settore no-toriamente esposto a importanti ri-schi per l’uomo e la natura. La Sviz-zera, culla dei diritti umani, non de-ve sottovalutare l’impatto negativodi una sua politica estera negligen-te. Queste disposizioni contribui-rebbero anche alla credibilità dellapiazza economica svizzera.

Si troverà una sufficientevolontà politica?La posta in gioco è notevole. È possi-bile fare un importante passo in avan-

ti nella direzione auspicata dai promo-tori della campagna? Qualcuno hascritto che in Svizzera quando la poli-tica lo vuole, lo può. E si cita l’esempiodella recente legge proposta dal Con-siglio federale volta a impedire adaziende svizzere operanti nel settoredella sicurezza privata di partecipare aconflitti armati all’estero (a Basilea sistava infatti insediando una società dimercenariato). È anche incoraggiantela dichiarazione del capo della Divisio-ne politica 4 del Dipartimento federa-le degli affari esteri: “Benché la casamadre trae beneficio dagli utili realiz-zati dalle due filiali, oggi non può es-sere resa responsabile delle infrazionida esse commesse. Le multinazionalidevono assumere la responsabilità del-l’operato delle loro filiali, principal-mente nel settore minerario”.

La petizionePer dare più forza alla loro campagna,i promotori hanno in parallelo lanciatouna petizione con la quale si invitanoConsiglio federale e Parlamento a de-finire le basi legali necessarie affinché: • le multinazionali svizzere - per le lo-ro attività, le loro filiali e fornitori - ab-biano a prendere misure necessarieper evitare le violazioni dei diritti uma-ni e i degradi ambientali qui e altrove(obbligo di “vigilare a”);• le persone che subiscono danni le-gati alle attività delle multinazionalisvizzere, delle loro filiali e fornitori,possano sporgere querela in Svizzeraed esigere dei risarcimenti.La petizione può essere sottoscritta sulsito: www.dirittosenzafrontiere.ch/it/

Pierfranco Venzi

Multinazionali e diritti umani. La Svizzera come si comporta?Lanciata una petizione per evitare violazioni e degradi

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Pegaso Venerdì 13 gennaio 2012VIII

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Pianeta Terra

Per i prossimi nove anni, non sa-rà messa in campo nessuna azioneseria per contenere il riscaldamentodel pianeta: così, di fatto, hannostabilito i rappresentanti dei 195Paesi presenti a Durban (28/11 -11/12) per la 17.ma Conferenzadelle parti della Convenzione qua-dro sul cambiamento climatico del-le Nazioni Unite (Cop 17), accor-dandosi sull'adozione di un nuovopiano globale che, secondo quantoprevede la tabella di marcia appro-vata, dovrà iniziare ad essere nego-ziato nel 2012, per essere prontoentro il 2015 ed entrare in vigore apartire dal 2020. Nel frattempo, dal2013, e fino almeno al 2017, pren-derà via, ma destituita di ogni effi-cacia, la seconda fase di impegnidel Protocollo di Kyoto, ad oggi l'u-nico accordo internazionale condisposizioni vincolanti per ridurre leemissioni di gas ad effetto serra,sulla base del principio di "obblighicomuni ma differenziati" e di "re-sponsabilità storica". Se il primoperiodo di applicazione, che scadràalla fine del 2012, comprendevatutti i Paesi industrializzati (esclusigli Usa che non hanno mai ratifica-to il Protocollo), la seconda fase,oltre a perdere il carattere vincolan-te, potrà contare sulla sola adesio-ne dell'Unione europea, dell'Au-stralia, della Nuova Zelanda, dellaNorvegia e della Svizzera (che rap-presentano, tuttiinsieme il 15% del-le emissioni mon-diali), essendosi nelfrattempo sfilatiRussia, Giappone eCanada (le cuiemissioni sono sali-te del 34% solonel 2009).Invano i paesi piùpoveri, quelli che pagheranno dipiù pur essendo i meno responsabi-li (dagli Stati africani che verrannoricoperti dal deserto, alle piccoleisole che saranno sommerse dall'o-ceano), hanno chiesto che, al di làdella tabella di marcia per un ac-cordo globale nel 2020, si proce-desse da subito al taglio delle emis-sioni, ma non sono stati ascoltati.

Dando per buone tutte le promes-se di riduzione del gas a effettoserra per il periodo 2012-2020,avanzate dai paesi sviluppati aCancun lo scorso anno (Stati Unitie Canada un ridicolo 3%, UnioneEuropea tra il 20 e il 30%, Giap-pone il 25%, Russia tra il 15 e il25%), si arriverebbe a un taglio diemissioni al 2020 tra il 13 e il17%, prendendo a riferimento i li-velli del 1990. Il che, secondo ilProgramma delle Nazioni Unite perl'Ambiente, l'Istituto ambientale diStoccolma e la segreteria esecutivadella Convenzione sul Cambiamen-to Climatico, si tradurrebbe in unincremento della temperatura di cir-ca 4 gradi, il doppio di quella sogliadei 2 gradi considerata il punto dinon ritorno. E se già oggi, con unaumento della temperatura inferiorea un grado, muoiono a causa di dis-astri legati al cambiamento climaticocirca 350mila persone, è facile im-maginare, cosa significhi un incre-mento medio di 4 o più gradi. Persperare di limitare il riscaldamentodel pianeta a un livello non superio-re ai 2 gradi nel 2020 - l'anno, cioè,in cui il nuovo piano dovrebbe ap-pena entrare in vigore - le emissionidovrebbero essere in realtà già infe-riori di un 25-40% rispetto ai livellidel 1990, per arrivare a un taglio tral'80 e il 95% nel 2050, obiettivi chegià oggi appaiono irraggiungibili.

Se è vero che, se-condo il Diparti-mento dell'energiadegli Stati Uniti, leemissioni globali digas climalterantihanno subìto nel2010, nonostantela crisi economica,“il maggiore au-mento registrato fi-

nora” (6% in più rispetto al 2009).In base ai dati dell'OrganizzazioneMeteorologica Mondiale, nel 2011 latemperatura media alla superficie delglobo è stata la decima più caldamai registrata, e 13 dei 15 anni piùtorridi della storia si sono avuti nel-l'ultimo quindicennio. Se ha ragio-ne l'Agenzia Internazionale per l'E-nergia, se, cioè, il mondo dispone

di appena cinque anni di tempo perevitare che il fenomeno del riscal-damento planetario diventi irreversi-bile, nel 2020, quando entrerà in vi-gore il nuovo piano globale, saràdavvero troppo tardi. Neppure è chiaro se il nuovo pianocoinvolgerà tutti i paesi, compresi gliStati Uniti e la Cina, che insieme so-no responsabili dellametà delle emissionidannose per il clima(la Cina con 6 ton-nellate di CO2 procapite, gli Stati Uniticon 18) e se sarà"giuridicamente vin-colante": l'accordoparla di “un proto-collo, uno strumen-to legale o una soluzione concertataavente forza di legge”, ma mancal’aggettivo “vincolante”.Nessun passo concreto è stato com-piuto neppure per sostenere i paesipiù poveri nei loro sforzi di mitiga-zione e di adattamento: del Fondoverde per il clima stabilito nella pre-cedente Conferenza di Cancun, cheprevede fino a 100 miliardi di dolla-

ri all'anno entro il 2020 a favoredelle Nazioni più povere, nulla è da-to sapere su chi lo finanzierà; sitratta in ogni caso di una cifra irri-soria (meno di un decimo di quelloche i soli Stati Uniti hanno stanzia-to per salvare le banche).Si comprende quindi l'indignazionedi tutti i movimenti sociali che

hanno visto caderenel vuoto le loroproposte di taglialle emissioni, ri-conversione indu-striale, democraziaenergetica, agroe-cologia e sovranitàalimentare. L'as-senza dei principa-li capi di Stato del

mondo inquinante e industrializza-to al vertice di Durban dimostradel resto come la politica sia oggiIncapace di prendere decisioni con-trarle al grandi Interessi economicie finanziari, anche se sono in gio-co le sorti dell'umanità.

(testo riassunto da ADISTA, n.95del 24 dicembre 2011)

FaseNella seconda fase del

Protocollo di Kyoto vi saràl’adesione di pochi paesi, cherappresentano il 15% delle

emissioni mondiali

Dopo Durban,continua l’inquinamentoPoche misure per lottare contro il riscaldamento del pianeta

Venerdì 13 gennaio 2012 Pegaso IX

TemperaturaNel 2011 la temperaturamedia alla superficie del globo è stata

la decima più calda mai registrata

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Con questo volume cospicuo Otta-vio Lurati ci presenta i risultati dei suoilunghi, intensi e pazienti lavori di ricer-ca nel campo della storia e della lin-guistica. La domanda quando, perchée in che circostanze a un luogo o a unafamiglia fosse stato dato un determi-nato nome è infatti sempre presentenella curiosità umana. E a questa do-manda che sorge spesso spontanea-mente in conversazioni di tutti i giorni,il nostro autore desidera dare una ri-sposta. Il testo non si presenta perciòcome un arido trattato scientifico, ac-cessibile soltanto a specialisti della ma-teria, ma ci viene incontro con uno sti-le colloquiale facilmente leggibile an-che per il profano. Questa facile leggi-bilità non sminuisce però per niente ilvalore documentario dell'opera. Alcontrario, la lettura è anche e soprat-tutto per chi si interessa di problemilinguistici estremamente stimolante.

Ogni pagina del nostro libro invita aprofonde riflessioni; ogni esempio de-scritto richiama casi analoghi, appro-fondimenti possibili e raramente an-che dubbi sull'attendibilità delle spie-gazioni addotte. Quest'ultimo casonon deve d'altronde sorprendere.L'autore stesso accenna qua e là alledifficoltà che non ci permettono digiungere a conclusioni sicure. Se pernomi sorti recentemente la soluzionepuò essere facile, in altri che risalgononon solo a decenni, ma a secoli o per-fino a millenni, la risposta è ardua. Puòbastare una minima scoperta storicaper metter in dubbio spiegazioni con-siderate ormai da decenni assicurate. Come lo dimostra la storia dell'Italiasettentrionale, tre sono le principalisorgenti linguistiche dalle quali sonoscaturite in gran parte i nomi di luogodelle nostre zone: la celtica, la romanae la longobarda. Il passaggio dall'una

all'altra di queste lingue non è però av-venuto istantaneamente. Come lo hafatto rilevare in un tutt'altro contestoanche chi scrive queste righe, il pas-saggio è avvenuto lentamente nel per-corso di decenni e di secoli, durante iquali, in un ambiente in gran parte bi-lingue, venne a poco a poco abban-donata una lingua e accolta l'altra,nella quale però rimasero vivi molti in-flussi dovuti alla precedente. Se giustamente l'autore mette in guar-dia contro la celtomania che nei primistudi ottocenteschi di toponomasticatendeva ad attribuire a origine celticaogni elemento difficilmente interpre-tabile, egli mette con altrettanto giu-sta ragione in risalto l'elemento lon-gobardo. È infatti nell' epoca della do-minazione longobarda che, dopo ilcrollo dell'impero romano, nell'Italiasettentrionale la neonata civiltà occi-dentale mosse i primi passi. Che poi

nel lungo periodo storico dall'epocalongobarda ai nostri giorni, la linguaitaliana e i dialetti lombardi hannocontinuato a evolversi e trasformarsi,non facilita sicuramente il compito dichi si prefigge di interpretare i nomi diluoghi e di famiglie. Coscienti di que-ste difficoltà, dobbiamo perciò ammi-rare l'acribia, l'entusiasmo e la tenaci-tà con la quale Ottavio Lurati, e con luialtri studiosi di onomastica e topono-mastica, si dedicano al lavoro di ricer-ca, lavoro intenso che ha permesso lapubblicazione del nostro libro, operache merita di esser letta da tutti gli abi-tanti delle nostre regioni.

Federico SpiessOttavio Lurati, “Nomi di luoghi e difamiglie e i loro perché?… Lombar-

dia-Svizzera italiana-Piemonte”, Fondazione Ticino Nostro, 2011

Recensioni

Pegaso Venerdì 13 gennaio 2012X

I perché di Ottavio Lurati. Nomi di luoghi e di famiglieProfonde riflessioni grazie agli studi della linguistica e della storia

Costituzione della Repubblica, ilConcilio vaticano II e il '68: sono le tre“rivoluzione interrotte”, o forse nonancora portate a compimento, del se-colo scorso e tre momenti cardine del'900 che Raniero La Valle racconta nelvolume “Quel nostro Novecento”,pubblicato da l'editore Ponte alle gra-zie, intrecciando la sua biografia perso-nale con la storia politica, sociale ed ec-clesiale non di quello che lo storico EricHobsbawm chiamò “secolo breve”,ma di un secolo “grande e terribile”che, scrive La Valle, “ha prodotto i to-talitarismi e il nuovo costituzionalismo,fatto le più grandi guerre e ha datofondamento alla pace, che ha inventa-to la bomba atomica e la dottrina del-la nonviolenza, che ha perpetrato laShoah, ha compiuto genocidi e ha vi-sto popoli insorgere e liberarsi”. Un secolo che per l'autore, nato nel1931, comincia con la “notte del fasci-smo”, la guerra, le leggi razziali e lepersecuzioni contro gli ebrei, l'occupa-zione di Roma da parte dei nazisti e laResistenza, che La Valle ricorda attra-verso il racconto, bellissimo, della sto-ria di due donne: Teresa Mattei, parti-

giana e deputata comunista alla Co-stituente, la più giovane tra tutti i 556eletti, appena 24 anni, e Tina Ansel-mi che poi sarà chiamata da Nilde Iot-ti a presiedere la Commissione parla-mentare d'inchiesta sulla loggia mas-sonica P2, la resistenza ”più impor-tante” della sua vita. Dalla Resistenza scaturiscono la Libe-razione e la Costituzione, in cuiuguaglianza e pace vengono procla-mate come principi generali e uni-versali, sebbene mai, o non ancora,pienamente realizzati: la prima delle“rivoluzioni interrotte”. La secondarivoluzione fu il Concilio, anche semolti oggi sostengono che “non hacambiato niente o che deve essereinterpretato secondo un' ermeneuti-ca dell'invarianza”, perché ha ricon-ciliato non solo la Chiesa con il mon-do, ma “l'uomo con gli uomini e ledonne quali noi siamo”. “Rivoluzio-ne interrotta” anche questa, fin dasubito, a cominciare dalla chiusuradall'alto di quell’esperienza presso-ché unica di un quotidiano cattolico,libero e pensante, che fu L'Avvenired'Italia, di cui lo stesso La Valle fu di-

rettore, sostenuto dal cardinal Lerca-ro, fino a quando non venne messoin quarantena anche lui. E poi il '68, la terza “rivoluzione in-terrotta” del Novecento. “Dopo la ri-voluzione del diritto, dopo la conver-sione del linguaggio della fede, ven-ne col '68 la rivoluzione della vitaquotidiana, l'esplodere dei movimen-ti, il nuovo pensiero femminista, il so-gno della libertà, la lotta contro le isti-tuzioni totali, la chiusura dei manico-mi, il nuovo diritto di famiglia. Il 68avrebbe dovuto essere letto come unsegno dei tempi, scrive La Valle, macosì non fu letto né dalla Chiesa nédai partiti, e perciò non poté sprigio-nare tutte le sue energie”. Fra quelleche riuscì a liberare, la stagione delfecondo dialogo fra cattolici e comu-nisti, di cui La Valle fu uno dei prota-gonisti, anche come parlamentarecattolico del Pci nella Sinistra indipen-dente fra il '76 e' il '92, la cui nascitafu "certificata" alla Badia fiesolana dipadre Balducci, grazie anche allaspinta decisiva del pastore valdeseTullio Vinay e di Mario Gozzini."L'Arbitro (ovvero le gerarchie eccle-

siastiche, ndr) fischiò, considerò untradimento che dei figli si schierasse-ro in quel modo”, ricorda La Valle."Ma non ci fu alcuna scomunica; or-mai la partita era iniziata e bisognavagiocarla, anche perché sembravadavvero che per l’Italia fosse comin-ciata una partita nuova”. E quella"partita” portò la legge 194 e la nuo-va legge sull'obiezione di coscienza,due tra i grandi diritti civili dell'Italiarepubblicana. Poi la fine del '900, ini-ziata con l’89 e con il ripristino dellaguerra, dalla prima (in Iraq), all'ultima(in Libia), da Saddam Hussein a Ghed-dafi, e terminata con Berlusconi: “IlNovecento finì così con una sconfitta.Non vinse né il socialismo né il costi-tuzionalismo liberale”. Ma del Nove-cento, scrive La Valle, “restano, insie-me a molti altri doni, quelle tre grandicose che furono la Costituzione, il Con-cilio, e il '68. Ma nessuna di queste co-se potrà sopravvivere se non sarà as-sunta con amore, così come per amo-re sono state compiute”.

Luca Kocci, da ADISTA, n.87 del 26novembre 2011

Il Novecento delle rivoluzioni interrotte

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Riviste

Rivista delle rivisteAGGIORNAMENTI SOCIALI, mensile di ricerca e di intervento socialedi ispirazione cristiana, redatto da un gruppo di gesuiti e di laicidel Centro Studi sociali di Milano e di Palermo, Piazza S. Fedele 4,20121 Milano.Nel numero 12 (dicembre 2011) un’intervista a Tullio De Mauro su “Ripensa-re il sistema scuola” e l’intervento del filosofo Roberto Mancini ad un incon-tro di studio delle ACLI sul tema “Il lavoro per l’uomo”. Nel primo numerodel 2012 vengono approfonditi i temi dell’euro, dell’energia e sostenibilità,degli interventi umanitari.

BOLLETTINO STORICO DELLA SVIZZERA ITALIANA, Archivio di Statodel canton Ticino, Edizioni Salvioni, Bellinzona.Nel fascicolo 1-2011 tre studi sulla classe politica ticinese: un confronto sulladeputazione alle camere federali, lo sviluppo del professionismo nel Consigliodi Stato, i deputati ticinesi alla Dieta e alle Camere federali dal 1803 al 2011.

CARTABIANCA, Periodico di approfondimento interculturale, Mis-sione Betlemme-Immensee, Piazza Governo 4, 6500 Bellinzona.Il n.4 (dicembre 2011) dedica il dossier al tema delle foreste che non solo re-galano ossigeno, frutti, combustibile, riparo, frescura e bellezza; possono con-tribuire anche a portare la pace. Ma sono minacciate dallo sfruttamento scon-siderato: secondo uno studio delle Nazioni Unite, “il 21% di superficie terre-stre (2,9 miliardi di ettari) che è coperto dalle foreste potrebbe andare versol’estinzione globale”, con conseguenze devastanti per l’intero pianeta.

CIVITAS, Rivista di società e politica della Società degli studentisvizzeri, Gerliswilstrasse 71, 6020 Emmenbrücke.Il n.5-2011 è dedicato ad illustrare l’aiuto umanitario fornito dalla Svizzeranel dopoguerra, tramite sia la Confederazione, sia i missionari e l’opera cat-tolica del Sacrificio quaresimale, fondata 50 anni fa.

IL DIALOGO, bimestrale d’informazione e di opinione delle ACLISvizzere, Via Balestra 19/21, 6900 Lugano.Il numero di dicembre è dedicato al “mio prossimo”, con testi di fra Martino,Giorgio Campanini, Enrico Novelli, Antonio Cartolano, Lavinia Sommaruga. Ildeputato italiano Franco Narducci commenta il governo Monti; ricca la crona-ca sociale; chiude il fascicolo un testo di mons. Tonino Bello, “Andiamo fino aBetlemme”.

IMPEGNO, Rassegna di religione, attualità e cultura, rivista dellaFondazione don Primo Mazzolari, 46012 Bozzolo (Mantova).Nel n.2-2011 (novembre) viene presentato da Fulvio De Giorgi, dell’universitàdi Modena e Reggio, l’edizione critica del libro più contestato di don primoMazzolari, cioè “La Rivoluzione cristiana”, scritto nella seconda parte del1943 (era ormai caduto il fascismo, ma continuava la guerra), e pubblicatopostumo nel 1967! Viene annunciata la prossima “giornata mazzolariana“che si terrà sabato 14 aprile 2012, a Verolanuova (Brescia), sul tema: Don Pri-mo Mazzolari, parroco ed educatore.

KOINONIA, periodico mensile Piazza S. Domenico 1, 51100 Pistoia.Sul numero di maggio, il teologo Leonardo Boff ricorda il domenicano belga Jo-seph Comblin, impegnato in Brasile nella “teologia della liberazione”, da luipraticata come “teologia della vanga”, con un piede nella miseria e l’altronella università. Nel numero di giugno, una intervista a mons. Bettazzi, “lai-co, cristiano, vescovo”, e un contributo del domenicano belga Ignace Bertensu “Cosa pensare della reciprocità?”. Nel numero di settembre si anticipanole riflessioni sui 50 anni trascorsi dal Concilio vaticano II (un giubileo vuol di-re partire da zero?) e si pone con forza il tema della “crisi della messa”(un’immagine tradita), tema del 4. Incontro nazionale di “Il Vangelo che ab-biamo ricevuto”. Nel numero di ottobre la “Lectura disciplinaris” di mons. Lo-ris Capovilla, già segretario di Giovanni XXII, all’università di Bergamo, per ilconferimento della laurea honoris causa da parte dell’Accademia russa dellescienze (27 giugno 2011), e un testo del giornalista Giancarlo Zizola (morto

lo scorso settembre a 75 anni) ove descrive il suo “apprendistato” durante ilConcilio vaticano II.

IL MARGINE, mensile dell’Associazione culturale Oscar Romero, C.P.359, 38100 Trento.Nel numero di agosto-settembre, un ampio studio sul testo delle “dichiarazio-ni anticipate di trattamento” (ovvero testamento biologico), in discussione alParlamento italiano. Nel numero di ottobre, la conferenza di Romano Prodi,Presidente della Fondazione per la collaborazione tra i popoli, su “I Sud e leporte del mondo” affrontando i principali problemi della politica internazio-nale con uno sguardo “lungo” nel futuro. Un articolo è dedicato all’attività di“resistenza” di molte suore milanesi nel carcere di San Vittore, sotto l’occu-pazione tedesca e viene presentato il pensiero politico del gesuita Ignazio El-lecuria, trucidato il 16 novembre 1989 all’Università Centroamericana UCAnel Salvador, con cinque confratelli e due domestiche. Nel numero di novem-bre, Giovanni Colombo denuncia metodi e convivenze che hanno portato alfallimento dell’impero del San Raffaele di don Verzé.

MESSAGGERO, rivista trimestrale di cultura ed informazione reli-giosa, Convento dei cappuccini, 6900 Lugano.Con il numero di dicembre 2011 termina il commento ai dieci comandamentida parte di don Vitalini e fra Callisto. Edgardo Cattori illustra due dipinti di Fi-lippo Franzoni relativi al santuario della Madonna del Sasso; fra Michele scri-ve della sua attività di operatore sociale negli ospedali; viene ricordato il cin-quantesimo del “Sacrificio quaresimale”, l’opera umanitaria e sociale dellaChiesa svizzera che finanzia 400 progetti pastorali e di cooperazione in 16paesi di Africa, America latina e Asia.

UN SOLO MONDO, rivista della Direzione dello sviluppo e della co-operazione del Dipartimento federale degli affari esteri, 3003 Berna.Il numero 4-2011 (dicembre) illustra il fenomeno mondiale della concentra-zione urbana (dal 2007 più della metà della popolazione mondiale vive in cit-tà). La Svizzera si mobilita a favore dei paesi arabi che hanno vissuto le re-centi rivolte popolari contro le dittature.

VERS UN DEVELOPPEMENT SOLIDAIRE, mensile della Dichiarazionedi Berna, rue de Genève 52, 1004 Losanna.Nel numero di novembre viene presentata la iniziativa “Diritti senza frontiere”,promossa da 50 organizzazioni umanitarie, per sollecitare le autorità federali aimporre alle multinazionali, residenti in Svizzera, di fare rispettare i diritti uma-ni fondamentali nella loro attività ovunque e da parte dei loro fornitori.

Venerdì 13 gennaio 2012 Pegaso XI

LUGANO, 23 gennaio, ore 20.30, Sala conferenze ACLI, Via Simen 9, in-contro-dibattito su “Dalla fede cristiana delle origini al credere cristianodi oggi”; relatore principale Romano Penna, professore di esegesi, Roma.Entrata libera.

BERNA, 27 gennaio, Kultur-Casino, Hwerrengasse 25, Forum di Caritas Sviz-zera su “Ragazzi poveri”, dalle 9.30 alle 15.30, cinque relazioni e una tavolarotonda e conclusioni; informazioni e iscrizione a: Caritas Svizzera, Löwen-strasse 3, C.P. 6002 Lucerna (tel. 041.419.22.22; www.caritas.ch).

VEROLANOVA (Brescia), 14 aprile, Convegno su “Don Primo Mazzolari,parroco ed educatore”, organizzato dalla Fondazione mazzolariana, con intro-duzione di Giorgio Campanini (9.30-17.30).

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