· nella loro patogenesi e nella loro storia naturale. basti pensare all’evoluzione di una...

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IL CENTRO BIOS DELLA CHIRURGIA E MEDICINA ESTETICA A ROMA PRENOTATE SUBITO UN COLLOQUIO CON LO SPECIALISTA AL CUP BIOS - 06 809641 VALUTAZIONE PRE-OPERATORIA CLINICO-STRUMENTALE ASSISTENZA POST-OPERATORIA FOLLOW-UP 1, 3, 6, 12 MESI MEDICINA ESTETICA SOLUZIONI FINANZIARIE PERSONALIZZATE VISITE E CONSULTAZIONI: BIOS SPA - VIA D. CHELINI 39, ROMA PRIMO COLLOQUIO GRATUITO www.bioscultura.it Direttore: Pier Luigi Amata

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IL CENTRO BIOS DELLA CHIRURGIA E MEDICINA ESTETICA A ROMA

PRENOTATE SUBITO UN COLLOQUIO

CON LO SPECIALISTA AL CUP BIOS - 06 809641

• VALUTAZIONE PRE-OPERATORIACLINICO-STRUMENTALE

• ASSISTENZA POST-OPERATORIAFOLLOW-UP 1, 3, 6, 12 MESI

• MEDICINA ESTETICA

• SOLUZIONI FINANZIARIE PERSONALIZZATE

• VISITE E CONSULTAZIONI: BIOS SPA - VIA D. CHELINI 39, ROMA

• PRIMO COLLOQUIO GRATUITO

www.bioscultura.it

Direttore: Pier Luigi Amata

Edizioni bIos S.p.A.

bImestrALe dI InformAzIone e AggIornAmento scIentIfIco n. 1 - 2011

Ipertensione arteriosa e dintorni

La cataratta

Autoimmunità e dis-regolazione della risposta immunitaria: il giusto sospetto

La polimialgia reumatica, malattia degli ultracinquantenni

DIAGNOSTICA DI LABORATORIODirettore Tecnico Prof. Giovanni Peruzzi

* ANALISI CLINICHE ESEGUITE CON METODICHE AD ALTA TECNOLOGIAPRELIEVI DOMICILIARI

• LABORATORIO DI ANALISI IN EMERGENZA (DEAL)

- ATTIVO 24h su 24h - 365 GIORNI L’ANNO CON REFERTI DISPONIBILI DI NORMAENTRO 2 ORE DAL RICEVIMENTO DEL CAMPIONE PRESSO LA STRUTTURA

DIAGNOSTICA PER IMMAGINIDirettore Tecnico Prof. Vincenzo Di Lella Direttore Sanitario Dott. Francesco Leone

• DIAGNOSTICA RADIOLOGICA *• RADIOLOGIA GENERALE TRADIZIONALE E DIGITALE *• ORTOPANORAMICA DENTALE DIGITALE *• SENOLOGIA• TAC SPIRALE (T.C) (TOTAL BODY)• DENTASCAN • MINERALOMETRIA OSSEA COMPUTERIZZATA (M.O.C.)

• DIAGNOSTICA ECOGRAFICA• ECOGRAFIA INTERNISTICA: singoli organi e addome completo• DIAGNOSTICA ECOGRAFICA CARDIOLOGICA E VASCOLARE:

ecocardiogramma, ecocolordoppler• ECOGRAFIA GINECOLOGICA: sovrapubica, endovaginale• ECOGRAFIA OSTETRICO-GINECOLOGICA

IN 3D E 4D DI ULTIMA GENERAZIONE:- TRANSLUCENZA NUCALE O PLICA NUCALE- ECOGRAFIA MORFOLOGICA- FLUSSIMETRIA• ECOGRAFIE PEDIATRICHE

DIAGNOSTICA SPECIALISTICADirettore Sanitario Dott. Francesco Leone

• ALLERGOLOGIA• ANDROLOGIA• ANGIOLOGIA• AUDIOLOGIA• CARDIOLOGIA• DERMATOLOGIA

• DIABETOLOGIA E MALATTIE DEL RICAMBIO• DIETOLOGIA• ENDOCRINOLOGIA• GASTROENTEROLOGIA• GENETICA MEDICA - DIAGNOSI PRENATALE• GINECOLOGIA - OSTETRICIA• IMMUNOLOGIA CLINICA• MEDICINA DELLO SPORT• MEDICINA INTERNA• NEFROLOGIA• NEUROLOGIA• OCULISTICA• ORTOPEDIA• OSTETRICIA - GINECOLOGIA• OTORINOLARINGOIATRIA• PNEUMOLOGIA• PSICOLOGIA CLINICA• REUMATOLOGIA• UROLOGIA

CENTRI E SERVIZI MULTIDISCIPLINARIDirettore Sanitario Dott. Francesco Leone

• CHECK-UP PERSONALIZZATI - MIRATI: Sui principali fattori di rischio- VELOCI: Nell’arco di una sola mattinata- Convenzioni con le aziende

• SERVIZIO DIAGNOSTICA RAPIDA: con referti e diagnosi in 24-48 ore• CENTRO ANTITROMBOSI: monitoraggio e counseling del paziente

in terapia antitrombotica• CENTRO PER LA DIAGNOSI E CURA DELL’IPERTENSIONE• CENTRO PER LO STUDIO, DIAGNOSI E CURA DEL DIABETE• CENTRO PER LO STUDIO DELLE CEFALEE• SERVIZIO DI MEDICINA E BIOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE:

studio dell’infertilità di coppia, fecondazione assistita di I livello• SERVIZIO DI DIAGNOSTICA PRE E POST NATALE, MONITORAGGIO

DELLA GRAVIDANZA• SERVIZIO DI ANDROLOGIA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE

SESSUALMENTE TRASMESSE• SERVIZIO VACCINAZIONI

00197 ROMA - VIA D. CHELINI, 39 APERTO TUTTO L’ANNO. ANCHE IL MESE DI AGOSTO

* IN REGIME DI ACCREDITAMENTO PER TUTTI GLI ESAMI PREVISTI DAL SSR• PER INFORMAZIONI SU TUTTI I SERVIZI E PRENOTAZIONI: INFO CUP 06 809641

DIRETTORE SANITARIO: Dott. Francesco Leone

BIOS S.P.A. - STRUTTURA SANITARIA POLISPECIALISTICA

SISTEMA QUALITÀ CERTIFICATO UNI EN ISO 9001:2000

CUP - CENTRO UNIFICATO DI PRENOTAZIONE - 06 809641

FAX - 06 8082104

www.bios-spa.it

[email protected]

direttore responsabileFernando Patrizi

direzione scientificaGiuseppe Luzi

segreteria di redazioneGloria Maimone

coordinamento editorialeLicia Marti

comitato scientificoArmando CalzolariCarla CandiaVincenzo Di LellaFrancesco LeoneGiuseppe LuziGilnardo NovellliGiovanni PeruzziAugusto VellucciAnneo Violante

Hanno collaborato a questo numero:Alessandro Ciammaichella, Nicoletta FantozziSilvana Francipane, Francesco Leone, Giuseppe Luzi, Augusto Vellucci, Francesco Antonio Vero, Lelio R. Zorzin,Valentina Cardinaletti.

La responsabilità delle affermazionicontenute negli articoli è dei singoli autori.

direzione, redazione, AmministrazionebioS S.p.A. Via D. Chelini, 3900197 Roma Tel. 06 [email protected]

grafica e ImpaginazioneVinci&Partners srl

Impianti e stampaArtcolorPrinting srl via Portuense, 1555 - 00148 Roma

Edizioni bIos S.p.A.Autorizzazione del Tribunale di Roma:n. 186 del 22/04/1996

In merito ai diritti di riproduzione la BIOS S.p.A.si dichiara disponibile per regolare eventuali spettanze relative alle immagini delle quali non sia stato possibile reperire la fonte

Pubblicazione in distribuzione gratuita.

Finito di stampare nel mese di marzo 2011

bIos SpAStruttura Sanitaria PolispecialisticaVia D. Chelini, 39 - 00197 RomaDir. Sanitario: Dott. Francesco LeonecUP 06.809.641

Un punto di forza per la vostra salute

1

L’editoriale 2

Francesco Leone

Autoimmunità e dis-regolazione della risposta immunitaria: il giusto sospetto 3

Giuseppe Luzi - Valentina Cardinaletti

La Polimialgia reumatica, malattia degli ultracinquantenni 7

Lelio R. Zorzin - Silvana Francipane

Ipertensione arteriosa e dintorni 12

Alessandro Ciammaichella

La cataratta 14

Francesco Antonio Vero - Nicoletta Fantozzi

Periodico della bIos s.p.A. fondata da Maria Grazia Tambroni Patrizi

L’e

dIt

or

IAL

e

2

edItorIALeFrancesco Leone

Direttore Sanitario Bios S.p.A.

Uno degli aspetti positivi della libera inizia-

tiva consiste nel poter immaginare un futuro mi-

gliore, un futuro nel quale siano fruibili in tempo

reale i risultati dell’impegno e della tenacia im-

messi nel proprio lavoro.

Nella consolidata tradizione professionale

della nostra azienda il 2011 rappresenta per la

BIOS S.pA. l’inizio di una nuova fase, una sfida

ulteriore, sia nell’organizzazione del lavoro sia

nel mettere in atto nuove concrete iniziative.

Tutto questo proprio nel pieno di una crisi eco-

nomica che si presenta lunga e di difficile solu-

zione a livello nazionale.

è nostra speranza che la situazione dell’as-

sistenza sanitaria in Italia e, in particolare, nella

nostra regione, diventi più stabile e meglio gestita

e finisca di essere una corsa ad ostacoli per gli

oneri finanziari e amministrativo-burocratici che

sembrano caratterizzarne l’essenza da troppi

anni. La nostra azienda ha costantemente messo

in atto un consistente sforzo per migliorare in

tempo reale l’efficienza del proprio sistema or-

ganizzativo acquisendo ancora nuove strumen-

tazioni, ristrutturando alcuni ambienti di lavoro

per rendere più confortevole le prestazioni e l’ac-

coglienza ai propri assistiti e migliorando il set-

tore della gestione dati.

Sappiamo bene che nulla è mai perfettamente

concluso e definito nel tentativo di migliorare, ma

con questa consapevolezza l’impegno “oltre l’o-

stacolo” è la motivazione che guiderà le decisioni

operative anche del prossimo futuro. Non si tratta

di frasi “scontate” o di una banale posizione au-

toreferenziale. Al contrario, si tratta di mettere in

chiaro che ai nostri giorni la realtà impone defi-

nite scelte professionali e imprenditoriali senza

indugiare in ritardi pericolosi.

Chi resta fermo è automaticamente retro-

cesso. Con questo spirito è cominciato e prosegue

il 2011, proprio con il desiderio di avere un’in-

terazione forte tra chi lavora nella nostra azienda

e chi ne trae beneficio per la qualità delle presta-

zioni fornite nella continuità del rapporto di fi-

ducia. Un’utenza ormai affezionata ci coinvolge

quotidianamente sia nelle relazioni umane sia

nell’impegno rivolto all’esecuzione rigorosa di

quanto ci viene richiesto. è nostra consapevo-

lezza costante che dietro ogni numero, ogni sigla,

ogni variazione di parametro di laboratorio c’è

l’ansia, il dubbio, la paura di una persona che

teme per sé o per i propri cari.

Con questo messaggio un auspicio per con-

solidare il lavoro di ogni giorno, anche grazie a

un sistema di comunicazione con il personale sa-

nitario e con i cittadini che si amplifica e si mo-

dula con la realtà producendo continuamente ma-

teriale informativo, corsi di formazione, diffusione

delle idee tramite la nostra house organ “Dia-

gnostica” e un sito web sempre in espansione e co-

stantemente aggiornato.

LA voLontà nonostAnte tUtto

3

Le alterazioni della risposta immunitaria in

senso autoimmune o patologie (d’organo o siste-

miche) indirettamente correlate alla comparsa di

fenomeni autoimmuni sono un capitolo com-

plesso dell’Immunologia Clinica, disciplina “in-

tegrata” per eccellenza che ha consentito lo studio

di numerose malattie non altrimenti inquadrabili

nella loro patogenesi e nella loro storia naturale.

Basti pensare all’evoluzione di una malattia

infettiva, alle forme degenerative, ai danni da far-

maci e così via. Un aspetto di particolare rilievo

viene dato dal rischio di malattie autoimmuni in

corso di immunodeficienza.

Infatti se l’espressione di autoimmunità clinica

significa maggiore aggressività del sistema im-

munitario verso componenti del proprio organi-

smo, come è possibile che il fenomeno si verifichi

proprio quando l’immunità è più debole e quindi,

in prima approssimazione, meno capace di aggre-

dire il bersaglio?

Il problema non è semplice: esistono aspetti

“quantitativi” e aspetti “qualitativi”.

Se un organismo non produce anticorpi (defi-

cit quantitativo), non è detto che quelli che produce

siano anticorpi “buoni” (alterazione qualitativa).

Le idee, anche se non ancora completamente

chiare, si sono andate meglio definendo nel corso

dei progressi clinici e di laboratorio, e si deve oggi

evidenziare come nell’ambito di un deficit della

risposta immunitaria vada introdotto sempre il

concetto di dis - regolazione. Non si rompe mai

un solo pezzo ma frazioni di sistema alterate pos-

sono indurre guai seri e gravi compromissioni

funzionali.

Possiamo anzi dire che proprio il maggior ri-

schio di malattie autoimmuni in corso di deficit

immunitario ha aiutato la medicina clinica e la ri-

cerca di base nella comprensione della patogenesi

in corso di malattie autoimmuni.

AUtoImmUnItà e dis - regoLAzIone deLLA rIsPostA ImmUnItArIA: IL gIUsto sosPettoGiuseppe Luzi, Valentina Cardinaletti

4

Il difetto più studiato da questo punto di vista

è l’Immunodeficienza Comune Variabile (ICV);

in questa forma morbosa benché il carattere pre-

valente sia la scarsa produzione di anticorpi con

un aumentato rischio di malattie infettive, una

dis - regolazione intrinseca della risposta immu-

nitaria implica varie anomalie a carico della ri-

sposta cellulo-mediata, del ruolo delle cellule

dendritiche e della produzione di citochine.

Le forme più comuni di disordine autoimmu-

nitario sono la porpora trombocitopenica e l’ane-

mia emolitica, ma altre complicazioni sono

descritte come l’artrite reumatoide, l’anemia per-

niciosa, la cirrosi biliare primitiva, alcune forme di

malattie infiammatorie dell’intestino. In circa un

quinto dei casi di ICV si osservano malattie au-

toimmuni e la distribuzione sembra essere equili-

brata tra maschi e femmine.

Poiché la maggior parte dei soggetti con ICV

non presenta familiarità i dati epidemiologici e al-

cune conferme sperimentali sottolineano che gli

aspetti ereditari sono di tipo multigenico. è inol-

tre ben noto che in circa il 10% delle famiglie uno

o più dei componenti può avere una forma di ICV

o un difetto selettivo nella produzione di IgA. Ed

è ben noto che anche i soggetti con difetto di IgA

hanno un maggior rischio di andare incontro a

forme di autoimmunità (d’organo o di sistema).

In generale la comprensione del rapporto che

lega la sequenza immunodisregolazione → im-

munodeficienza → autoimmunità non è chiaro per

la maggior parte delle patologie note. In alcuni

casi tuttavia sono stati identificati aspetti patoge-

netici significativi; per esempio la mutazione in

CD95 in forme autoimmuni linfoproliferative

(correlate a deficit apoptotico e citopenie autoim-

muni) o la perdita funzionale dei linfociti T di re-

golazione (T-regulatory cells).

Gli aspetti patogenetici da individuare e la ri-

cerca clinica spesso seguono strade non convergenti

e la correlazione tra dati di biologia molecolare e

di biologia cellulare talora risulta incompleta o di

difficile interpretazione. Un modello che lega, per

esempio, l’insorgere di un fenomeno autoimmu-

nitario in corso di immunodeficienza sembra essere

legato all’apoptosi. In circostanze normali le cel-

lule apoptotiche vengono fagocitate. Questo implica

la loro rimozione e la produzione di citochine anti-

infiammatorie (per esempio il TGFβ). TGFβ induce

i linfociti Treg (regulatory T cells). Il risultato fi-

nale è la tolleranza. Nei casi di deficit immunita-

rio un aumento del fenomeno apoptotico assieme

a un’alterata clearance delle stesse cellule apop-

totiche comporta una minore produzione di cito-

chine anti-infiammatorie. In pratica ne consegue che

la lisi dei corpi apoptotici con mancato o alterato

intervento delle cellule Treg aumenta i fenomeni

infiammatori e di autoimmunità.

In prima approssimazione le ICV si associano

schematicamente alla comparsa di fenomeni o a

conclamate forme cliniche autoimmuni. Ma l’ap-

proccio clinico deve tener conto anche dell’esatto

contrario: spesso patologie autoimmuni, e in modo

particolare varie citopenie, possono essere le pri-

me manifestazioni di un deficit dell’immunità in

individui con una storia naturale, fino al momen-

to della diagnosi, priva delle manifestazioni clin-

che attese con maggiore probabilità, ovvero le in-

fezioni.

La percentuale di segnali “autoimmuni” che pre-

cedono la diagnosi di immunodeficienza varia dal

15% al 50% circa.

Ovviamente si tratta di valori che tengono

conto di statistiche e di osservazioni non sempre

omogenee, ma l’insegnamento clinico pratico, il

“take home message” è forte: in caso di manife-

stazioni autoimmunitarie si deve pensare anche

alla possibilità di inquadrare la diagnosi nel con-

testo di un’immunodeficienza.

D’altro canto l’innesco di una sindrome au-

toimmune in corso di immunodeficienza può di-

pendere anche dal succedersi del challenge

infettivo: molti antigeni associati a virus, batteri o

altri patogeni possono facilitare una deviazione

sfavorevole della risposta immunitaria proprio

perché la risposta si realizza in condizioni di defi-

cit funzionale e/o numerico delle diverse compo-

nenti. Il convergere di più elementi rende quindi

critico lo stato biologico del soggetto con immu-

5

nodeficienza. Uno schema semplice per com-

prendere il terreno sul quale agisce la probabilità

per l’insorgenza di un fenomeno autoimmunitario

può essere il seguente:

PREDISPOSIZIONE gENETICA

DISREGOLAZIONE DEL SISTEMA IMMUNITARIO

RIDOTTA ELIMINAZIONE APOPTOTICA DI CELLuLE AuTOREATTIvE

SquILIbRIO DELLE CITOChINE

SquILIbRIO FuNZIONALE DEI LINFOCITI B E T

STIMOLO CRONICO DI ATTIvAZIONE

MECCANISMI CENTRALI E PERIFERICI CON PERDITA DELLA TOLLERANZA

Il prof. giuseppe Luzi, immunologo clinico docente nell'Università de-gli Studi di Roma "La Sapienza" è il responsabile del servizio di Im-munologia clinica della BIOS SpA di Via D. Chelini 39 - Roma.

Per prenotazioni: InfocUP tel. 06.809641

In realtà, come avviene spesso nel corso dei

progressi delle conoscenze, forse è necessario ri-

pensare in termini critici le varie definizioni.

Partiamo da ICV: Immunodeficienza Comune

Variabile. Stiamo all’interno di un sistema com-

plesso nel quale dobbiamo distinguere tra le alte-

razioni, la dis - regolazione e il risultato finale.

Se è vero, come dimostrano diversi studi, che

la diagnosi del deficit è tardiva fino a superare an-

che i 5 anni, come possiamo risolvere il problema?

Dobbiamo porci la semplice domanda: quando

parliamo di ICV di “quale malattia” parliamo?

Questo aspetto è importante per almeno due

motivi: uno consiste nell’adeguata definizione del

quadro clinico di “prima istanza”, il secondo ri-

guarda l’uso di marker “significativi” che, per

esempio, ci aiutino a predire il rischio di un’evo-

luzione in senso autoimmune del deficit classifi-

cato (sottogruppi di individui con prognosi di-

versa).

A t

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cA

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6

ATerosCLerosi PreCoCe

dA iPersiTosTeroLeMiA

I fitosteroli, o steroli vegetali, comprendonoil sitosterolo, il campesterolo e lo stigmasterolo;sono una sottocategoria degli steroli e non ven-gono sintetizzati dall’uomo, bensì assunti con ladieta. Un’alterazione ereditaria recessiva puòincrementare l’assorbimento intestinale del sito-sterolo che, da un valore normale massimo che èdel 5% di quello ingerito, può salire fino al 28%:di conseguenza il suo tasso ematico si eleva finoa 10 - 25 volte di più rispetto a soggetti sani di con-trollo. L’aumento del sitosterolo ematico - che siaccompagna a colesterolemia normale o poco ele-vata - causa aterosclerosi precoce nei giovani econseguente cardiopatia ischemica, anche mortale,xantomi sottocutanei o tendinei, e anche crisi emo-litiche per infiltrazione della parete degli eritro-citi e sua rottura. Questa emolisi differenzia la ma-lattia dall’ipercolesterolemia familiare nella qua-le essa manca.

Terapia: dieta ipolipidica; colestiramina, se-questrante gli acidi biliari; ezetimibe, inibitore del-l’assorbimento enterico degli steroli.

sindroMe di brUGAdA

Si è cominciato a conoscerla in centri clinicispecializzati ai quali giungevano pazienti risuscitatida arresto cardiaco, grazie al defibrillatore.

Quadro ECG: blocco di branca destro completoo incompleto (che talora può mancare) e sopra-slivellamento variabile di ST in V1 - V3 (non pre-cisato il valore soglia). è una malattia elettrica pri-mitiva del cuore per difetto del gene sul cromo-soma 3, codificante per il canale del sodio cardiaco.Test provocativo con farmaci bloccanti i canali delsodio cardiaci (ajmalina, flecanide, procainami-de) non sempre probante. Il sesso femminile è “pro-tetto” per cause ignote.

Le manifestazioni aritmiche - sincopi ripetu-te e arresto cardiaco - ricorrono tra i 20 e i 40 anni,specialmente a riposo e di notte: frequenti le mor-ti improvvise notturne. Non dimostrato un rapportocon la bradicardia. Nei giorni successivi all’arit-mia compare un netto sopraslivellamento di ST.

Prognosi: Nei pazienti curati con farmaci la mor-talità è sovrapponibile a quella dei non trattati. In quel-li curati col defibrillatore vi è un’alta frequenza diepisodi aritmici, ma la sopravvivenza è del 100%.

reTToCoLiTe ULCerosA e iCTUs

Nelle malattie infiammatorie intestinali, qua-li il morbo di Crohn e soprattutto la rettocolite ul-cerosa, è stata segnalata un’associazione concomplicazioni trombotiche, come tromboflebiti edeventi cerebrovascolari. Un ruolo patogenetico alriguardo possono svolgerlo anche le infezioni.

Questa associazione si riscontra soprattuttodopo resezioni intestinali, specialmente se com-plicate da infezioni. Triplice il meccanismo pa-togenetico: sindrome infiammatoria cronica, per-dita di proteine, fenomeni immunologici, senza di-menticare la disidratazione. Compaiono trombo-citosi, iperaggregabilità piastrinica, aumento deifattori della coagulazione, deficit di antitrombi-na III e delle proteine S e C, coagulazione intra-vascolare disseminata. Descritta anche una va-sculite cutanea e cerebromeningea.

Terapia: c’è più evidenza per l’uso di anti-coagulanti per le tromboflebiti cerebrali, piutto-sto che per le ischemie arteriose. Per la preven-zione antitrombotici o eparina non frazionata.

bAsTone eLeTTroniCo

Per non VedenTi

Si tratta di un dispositivo grande quanto unpacchetto di sigarette, messo sul bastone tradi-zionale: esso, emettendo un raggio infrarosso o la-ser, invia un segnale che rimbalza sugli ostacolia terra o altezza d’uomo, e restituisce a chi lo im-pugna una vibrazione oppure un suono. Il tempoimpiegato dal segnale a tornare indietro e la mag-giore o minore intensità della vibrazione forni-scono la misura della distanza dell’ostacolo.

Questa tecnologia, nata dal CNR francese, siè poi sempre più diffusa: nel 2009 più di 500 fran-cesi sono stati addestrati al riguardo e si servonoogni giorno di questo ausilio insostituibile.

In Italia negli anni 2008 - 2009, ad opera deiLions, sono state promosse a Verona alcune di-mostrazioni presso l’Unione Italiana Ciechi e Ipo-vedenti: è stato creato l’acronimo B.E.L. (Basto-ne Elettronico Lions). Sono state studiate in me-rito anche la forma giuridica dei contratti per ad-destratori e per i ciechi, e l’eventuale assistenzasanitaria presso strutture pubbliche.

a cura di Alessandro Ciammaichella

7

LA PoLImIALgIA reUmAtIcA,mALAttIA degLI ULtrAcInqUAntennILelio r. Zorzin, silvana Francipane

Nella sua classica definizione la polimialgiareumatica (PMR) è generalmente associata alla ar-terite a cellule giganti (arterite di Horton) in quan-to entrambe le affezioni, caratteristiche dell’età se-nile, possono essere presenti nello stesso indivi-duo contemporaneamente o in tempi successivi.

La PMR ha una incidenza annuale nel nostropaese di 5-10 casi ogni 100.000 abitanti.

è una affezione ad eziologia tuttora scono-sciuta, con una patogenesi “infiammatoria” a ca-rico dei muscoli e un rapporto con l’allele HLADR4. L’anatomia patologica fornisce solo il qua-dro di una modesta atrofia delle fibre striate ditipo II.

L’aspetto clinico più rilevante di questa affe-zione è la modalità di esordio, che in genere èimprovvisa, caratterizzata da dolore intenso conrigidità a carico della muscolatura delle radicidegli arti, cingolo scapolare e pelvico, del colloe del tronco. L’integrità delle relative articola-

zioni è dimostrata dalla completa mobilità pas-siva. Il tutto può essere preceduto da episodi in-fettivi, vaccinazioni e stress emotivi. In alcunicasi è presente una sinovite periferica, che si ma-nifesta con tumefazione dolorosa delle dita dellemani ed edema del dorso delle stesse, dolore emodica tumefazione delle ginocchia.

Il malato di PMR ricorre spesso alle cure delmedico generico, dato il notevole disagio e tal-volta uno stato febbrile, che vengono interpretaticome “dolori reumatici compatibili con l’età” etrattati con una terapia sintomatica.

Se il medico curante ipotizza una PMR ri-corre subito alla terapia cortisonica, senza farlaprecedere da alcuni esami di laboratorio, chesono essenziali per la diagnosi di malattia.

Quale è allora la procedura corretta ai fini diuna precisazione diagnostica e adeguata terapia?

Lo specialista reumatologo, preso atto della

8

anamnesi riferita dal paziente, verificata l’inte-grità funzionale delle articolazioni rizomeliche,predispone una indagine di laboratorio relativaagli indici di flogosi: VES, PCR, alfa 2 globu-line, mucoproteine sieriche. A fronte di una se-dimetria e una PCR elevate (VES che puòsuperare i 100 mm alla 1a h) lo specialista è au-torizzato a prescrivere una terapia cortisonicaadeguata (10-30 mg/die di prednisone, oppure 8-16 mg/die di metilprednisolone), che deve com-portare una “drammatica” riduzione di tali indicidi flogosi in tempi brevi (due-tre giorni).

Nel contempo si verificherà una rapida dimi-nuzione della sintomatologia accusata dal pa-ziente. Sarà cura dello specialista di “aggiustare”nel tempo la posologia della terapia steroidea, vigilare sulla eventuale insorgenza di compli-canze iatrogene o della arterite di Horton.

Una domanda che spesso viene posta dal pa-

ziente è quella di una possibile guarigione e di

quanto tempo dovrà assumere il cortisone.

Sarà cura dello specialista di spiegare che è

possibile la guarigione, anche se talvolta dopo

un periodo di qualche anno, e che è importante

che il paziente informi il curante di strani e inso-

liti disturbi che riguardano l’insorgenza di una

arterite. Particolare attenzione deve essere rivolta

al trattamento di quei casi di PMR che insorgono

in soggetti diabetici.

La diagnosi differenziale tra la PMR e altre af-

fezioni muscolo-scheletriche è facilitata dalla ne-

gatività di alcuni parametri di laboratorio quali il

fattore reumatoide, gli ANA, gli enzimi musco-

lari, che rispettivamente fanno riferimento

all’artrite reumatoide, le connettiviti, mialgie se-

condarie a virosi, polimiosite. Va segnalato però

che nell’anziano l’artrite reumatoide è in genere

sieronegativa e la PMR può avere rapporto con una

neoplasia occulta.

Nella Tabella 1 riassumiamo i criteri diagnostici

della polimialgia reumatica.

Una diagnosi differenziale meno impegnativa

è quella con l’artrosi o la periartrite di entrambe

le articolazioni scapolo-omerali.

Una descrizione, anche se sommaria, della ar-

terite di Horton o arterite a cellule giganti (ACG)

corre d’obbligo in quanto quest’ultima è spesso as-

sociata alla PMR (15-30% dei soggetti).

L’incidenza di questa vasculite è nel nostro pae-

se dell’8,8 casi per 100.000 abitanti ultracin-

quantenni. L’eziopatogenesi può ritenersi analo-

ga a quella della PMR, forse più francamente im-

munoflogistica.

Dal punto di vista istologico si tratta di una pa-

narterite, che interessa le arterie di medio e gros-

so calibro, extracraniche, del collo e dell’aorta e

rami satelliti.

La sintomatologia sistemica è analoga a quel-

la della PMR e altrettanto si può dire della com-

ponente algomuscolare caratteristica di quest’ul-

tima.

Sono però sintomi specifici di questa vasculi-

te distrettuale la cefalea, spesso temporale, una

amaurosi che può sfociare in cecità, una “claudi-

catio” dei masseteri, con difficoltà alla mastica-

zione.

Può apprezzarsi una certa dolenzia alla pal-

pazione del cuoio capelluto, la presenza di un’ar-

teria temporale cordoniforme, arrossata, dura,

con riduzione o scomparsa delle pulsazioni. è pos-

sibile la comparsa di un danno a carico del mio-

cardio, di un aneurisma dell’aorta e un corteo di

sintomi a carico del SNC.

tab. 1CRITERI DIAGNOSTICI DELLA POLIMIALGIAREUMATICA (Evans J M - 1998 mod.)

1) mialgie simmetriche dei cingoli scapolare e pelvicocon significativa rigidità

2) prevalenza nel sesso femminile

3) età superiore ai 50 anni

4) durata dei sintomi maggiore di almeno un mese

5) VES maggiore di 40 mm/1h

6) assenza di altre malattie che comportano sintomimuscolari scheletrici

7) rapida risposta ai corticosteroidi

9

I parametri biologici dell’ACG sono gli stes-

si della PMR, con alterazione della crasi ematica,

della fosfatasi alcalina e delle transaminasi. I ma-

lati su segnalazione del reumatologo, devono sot-

toporsi a una serie di altri accertamenti speciali-

stici e spesso a una biopsia seriata dell’arteria tem-

porale.

I criteri diagnostici della ACG sono riportati nel-

la Tabella 2.

La diagnosi differenziale deve essere rivolta es-

senzialmente all’arterite di Takayasu, simile isto-

logicamente alla ACG, ma che colpisce preva-

lentemente le donne giovani, orientali e le arterie

derivate dall’arco aortico.

La terapia dell’ACG è analoga a quella della

PMR ma più drastica: in fase di attacco bisogna

somministrare 40-60 mg/die di prednisone, men-

tre in caso di perdita del visus, onde evitare la ce-

cità, si deve ricorrere ad una posologia di predni-

sone di 80-100 mg/die endovena per 15-20 gior-

ni, oppure a boli di 1000 mg di metil-prednisolo-

ne/die per alcuni giorni.

Ferma restando l’assoluta indicazione all’im-

piego dei corticosteroidi sia nella PMR che nella

ACG, alcuni autori segnalano l’utilità dell’impiego

del methotrexate e dell’infliximab quali “farma-

ci risparmiatori di glucocorticoidi” nella PMR; sot-

to questo profilo l’impiego del methotrexate in as-

sociazione a dosi ridotte di cortisone potrebbe tro-

vare una giustificazione in quelle forme di PMR

che insorgono in soggetti diabetici.

tab. 2CRITERI DIAGNOSTICI DELL’ARTERITE TEMPO-RALE (secondo ACR-1990 modificata)

1) età di esordio della malattia ≥ 50 anni

2) cefalea, disturbi visivi e della masticazione

3) coesistenza di una PMR

4) alterazione dell’arteria temporale (visibile e/o allabiopsia)

5) VES ≥ 50 mm/1h

Il prof. Lelio r. zorzin, già docente di Reumatologia dell'Università degli Studi di Roma

La Sapienza, è il responsabile del servizio di reumatologia della BIOS SpA di via D.

Chelini 39 - Roma.

Per prenotazioni: Info cUP 06 809641

LA MiLZA dA PonderAre

La splenomegalia è, di solito, quasi sempre un

sintomo. Bisogna porsi la domanda base tenendo

conto che numerosi quadri morbosi si accompa-

gnano a splenomegalia: distinguere, quindi, tra

casi nei quali la milza “grossa” fa parte di un qua-

dro clinico complesso dai casi nei quali la spleno-

megalia risulta essere un segno, almeno in prima

approssimazione, isolato e identificato casualmente

nel corso di una visita medica routinaria o effettuata

per altri motivi.

LinFonodi sosPeTTi

L’aumento di volume di un linfonodo o di più

linfonodi causa spesso, se non sempre, ansia e dub-

bi. Alcuni punti da considerare: nei neonati i linfo-

nodi non sono di solito palpabili, ma il tessuto lin-

fatico è piuttosto consistente e aumenta nel tempo

fino al periodo della pubertà. Successivamente si as-

siste a una regressione. Il quadro dipende dall’e-

sperienza immunitaria del singolo, dalle stimolazioni

“fisiologiche” che si sommano nel tempo.

I linfonodi cervicali, ascellari, inguinali sono

più frequentemente palpabili nel bambino rispetto

a quanto si osserva nell’adulto, senza per questo

esprimere un significato patologico. I linfonodi

preauricolari, epitrocleari, sopraclaveari, poplitei,

addominali, mediastinici aumentati di volume de-

vono essere sempre studiati con accuratezza e mai

sottovalutati. Vanno considerati “sempre” patolo-

gici, fino a prova contraria.

eCoGrAFiA e LinFonodi

L’ecografia è un’indagine di semplice esecu-

zione ma solo per chi la sa fare! Il clinico che ha un

motivato sospetto diagnostico deve parlare con il

medico che esegue l’esame ecografico.

Spesso il dialogo è solo il risultato scritto. Di

solito va bene; ma talvolta non è sufficiente. Per

esempio: quando fare l’ecografia di linfonodi so-

spetti? In genere nei casi che hanno dati clinici non

convincenti o negativi e persiste da lungo tempo

una linfoadenopatia periferica, anche dopo terapia

antibiotica (preferibilmente ad ampio spettro), nei

soggetti nei quali si sospetta un’infezione batterica

e si deve valutare il dubbio di un fenomeno evoluto

in suppurazione, nel follow up di malati con pato-

logia neoplastica (sistemica e no).

Ovviamente l’ecografia è indispensabile per

valutare una risposta terapeutica dopo appropriato

trattamento e come ovvio elemento da integrare o

di supporto all’agobiopsia.

neUrone VeLoCe e dinAMiCo

La velocità di conduzione dello stimolo ner-

voso aumenta con l’aumentare del diametro del-

l’assone. L’assone è il filamento che origina dal

corpo cellulare del neurone e porta lo stimolo al

muscolo innervato o a un effettore. Attorno al-

l’assone esiste una sostanza molto densa chia-

mata guaina mielinica.

La guaina è formata da una catena di cellule

(note come cellule di Schwann o cellule di so-

stegno), ciascuna arrotolata intorno all’assone.

Gli spazi che si osservano tra le cellule di

Schwann sono identificati come nodi di Ranvier,

a livello dei quali avviene la trasmissione dei se-

gnali. Quando un messaggio percorre un assone

mielinizzato esso salta da un nodo all’altro e in

questo modo l’impulso si “rinforza” propagan-

dosi più velocemente. L’assone termina con al-

cune ramificazioni, ciascuna con all’estremità un

rigonfiamento detto bottone sinaptico che tra-

smette gli impulsi a un altro neurone o a un ef-

fettore.

Un Pensiero deL GrAnde ALberT

“La scienza è il tentativo di rapportare la cao-

tica varietà della nostra esperienza sensoriale a

un sistema di pensiero logicamente uniforme. In

tale sistema le singole esperienze devono corre-

larsi alla struttura teorica in modo che la coordi-

nazione derivante sia unica e convincente.

Le esperienze di senso sono la materia data,

ma la teoria che le interpreterà è elaborazione del-

l’uomo. Essa è il risultato di un processo di adat-

mIx

Ing

10

11

tamento estremamente laborioso: ipotetico, mai

del tutto definitivo, sempre soggetto a domande

e dubbi.” (Einstein: pensieri, idee, opinioni;

Edizione GTE Newton Compton, 2006 Roma). In

ambito medico questo messaggio è senz’altro uti-

le, ma spesso non considerato affatto.

Pensiamo alla semplice, rivoluzionaria, in

qualche modo sorprendente rivoluzione causata

dall’ Helicobacter pylori nella genesi dell’ulcera

peptica. Prima si diceva, un po’ banalmente:

“Bacco tabacco e Venere riducon l’uomo in ce-

nere”. Lasciamo perdere Venere, ma Bacco e ta-

bacco sono stati, insieme a spezie e cibi irritanti,

allo stress nervoso, etc. per anni considerati

cause di ulcera peptica.

Poi è arrivato Hp e l’interessante sta nel fatto

che all’inizio nessuno ci credeva. Per gli autori

dell’osservazione è arrivato il Nobel.

FeGATo GrAsso

Uno degli aspetti più rilevanti nella medicina

contemporanea riguarda la steatosi epatica. Al-

cuni dati sembrano indicare come un esercizio

fisico costante sia in grado di ridurre i triglice-

ridi intraepatici sebbene il calo ponderale non ne

risenta significativamente.

Si tratta di una valutazione ancora parziale,

ma tutto sommato coerente con altri aspetti rela-

tivi alla gestione della sindrome metabolica.

QUAnTi MorTi Per iL FUMo PAssiVo!

In un recente articolo su Lancet, [2011;

377(9760):139-46] si dimostra che da un’anali-

si retrospettiva effettuata in 192 paesi solo nel 2004

il fumo passivo avrebbe provocato 603.000 mor-

ti (1% della mortalità mondiale). Tra i decessi il

47% ha interessato donne, il 28% bambini e il 26%

uomini.

Le patologie prevalenti sono state: infezioni

respiratorie nei bambini di età inferiore a 5 anni

(5.939.000), cardiopatia ischemica negli adulti

(2.836.000), asma negli adulti (1.246.000) e nei

bambini (651.000). Il problema dell’abitudine al

fumo è complesso. Quanti medici continuano a

fumare?

Forse gli interventi di educazione dovreb-

bero, paradossalmente, evitare il terrorismo e in-

cidere di più su una maggiore consapevolezza

del rischio salute. Molti pensano: ma tanto a me

non succede.

i nUMeri deLLA sALUTe

Dal Notiziario Sanità - DIRE viene riportato

un quadro interessante di alcuni numeri critici re-

lativi alla Sanità in Italia (ricavati da ISTAT - Noi

Italia -): in Italia la spesa sanitaria pubblica è

minore se rapportata ad altri paesi europei (per

esempio, Francia e Germania), l’incidenza delle

malattie cardiovascolari è abbastanza bassa men-

tre la mortalità più alta è correlata ai tumori.

La spesa sanitaria pubblica ammonta a oltre

110 miliardi di euro (7,3 per cento del Pil) e su-

pera i 1.800 euro annui per abitante (anno 2009).

Risulta comunque inferiore alla spesa di altri

paesi europei. Nel 2008 le singole famiglie

hanno contribuito con proprie risorse alla spesa

sanitaria con una quota del 21,3 % (1, 9 per cento

del PIL relativo all’anno considerato, il 2008).

L'Italia è tra i paesi UE quello con il maggior

numero di medici in strutture sanitarie pubbliche

e private sul totale della popolazione residente,

quasi 410 ogni centomila abitanti (2009).

Di grande rilevanza la mobilità ospedaliera:

ben 570.000 ricoveri sono stati registrati nel 2008

in una regione diversa da quella di residenza

(emigrazione ospedaliera). Nel nostro paese nel

2009, i fumatori sono stati il 23 per cento della

popolazione di 14 anni e piu', i consumatori di al-

col a rischio il 16,1 per cento, le persone obese il

10,3 per cento.

a cura di Giuseppe Luzi

11

12 Oltre i 50 anni il 50% della popolazione è

ipertesa. Di quelli che sono ipertesi solo il 50% sa

di esserlo. Di quelli che sanno di essere ipertesi

solo il 50% si cura. Degli ipertesi che si curano

solo il 50% si cura correttamente. è questa la

nota “regola del 50” che bene evidenzia come la

malattia ipertensiva sia spesso ignorata, non cu-

rata o curata male.

La crisi ipertensiva è un evento molto peri-

coloso per l’encefalo, essendo la causa - oltre che

della cefalea - della ben più grave emorragia ce-

rebrale. L’autoregolazione del circolo cerebrale,

affidata a meccanismi vascolari e biochimici, ha

proprio lo scopo di contenerla nei limiti del pos-

sibile. Anche un eccessivo calo pressorio è po-

tenzialmente dannoso, potendo sfociare in una

trombosi cerebrale. Tale autoregolazione dimi-

nuisce progressivamente con la senescenza e,

ancor più, se l’anziano è iperteso.

Per un preciso controllo pressorio, tanto più

utile quanto più l’ipertensione è marcata, si ri-

corre al monitoraggio delle 24 ore che ben evi-

denzia le fisiologiche variazioni della pressione

nelle varie ore della giornata e della notte, affi-

date al sistema neurovegetativo: l’ipertono sim-

patico, prevalente nella mattinata e nel pomerig-

gio, determina una lieve “gobba” pressoria in

queste ore; l’ipertono vagale, proprio nella notte,

causa un calo dei valori.

Conseguenza immediata di questa situazione

è l’opportunità di assumere un secondo farmaco

antipertensivo nel pomeriggio e non, come spesso

avviene, la sera a cena: potrebbe esserci il peri-

colo di un eccessivo abbassamento notturno della

pressione con possibile secondaria trombosi ce-

rebrale.

Il monitoraggio è anche utile in quanto di-

mostra la frequente “sindrome da camice bianco”

che - se non diagnosticata - induce spesso a errori

di terapia.

Proprio perché il monitoraggio è affidato al

sistema nervoso vegetativo, esso è compromesso

fino a scomparire nelle neuropatie: le più fre-

quenti quella diabetica e quella etilica.

La coartazione istmica dell’aorta è una malfor-

IPertensIone ArterIosA e dIntornIAlessandro Ciammaichella

13

mazione con stenosi a valle dell’arteria succlavia

sinistra. Ne consegue una singolare situazione pres-

soria. Nel distretto encefalico vige un alto regi-

me tensivo, con pericolo di emorragia encefalica:

se questi pazienti sono portatori di un aneurisma

cerebrale - quasi sempre della comunicante an-

teriore - la pressione arteriosa è bassa per cui, an-

che se le arterie sono normali, non ristrette, il pa-

ziente soffre di “claudicatio”.

Se il soggetto è anziano, è buona norma con-

trollare la pressione “una tantum” nei due lati

onde scoprire una eventuale stenosi di un’arteria

succlavia che causerebbe nello stesso lato valori

pressori erroneamente più bassi.

Una particolare situazione si verifica quando

l’iperteso è anche affetto da arteriopatia steno-

sante degli arti inferiori. Se questa è in fase avan-

zata, per cui il sangue vi arriva a mala pena, un

eccessivo dosaggio del farmaco antipertensivo

può far precipitare una gangrena del piede: il

medico curante potrebbe rischiare il tribunale. Si

consiglia pertanto in questi casi un dosaggio

molto cauto, specie se l’ipertensione è lieve e ben

tollerata. Se poi l’ipertensione si associa a diabete

mellito, vanno curate bene entrambe le affezioni,

giacchè l’una aggrava i danni cardiovascolari

dell’altra: è una vera e propria “associazione a de-

linquere”.

A B C D. è l’acronimo delle 4 grandi classi

di farmaci per l’ipertensione. Ace-inibitori, beta-

bloccanti, calcio-antagonisti, diuretici. Vanno poi

aggiunti gli “A A”, gli antagonisti cioè dell’an-

giotensina. Si tratta dei sartani, gli ultimi arrivati,

che però - oltre al ben documentato effetto anti-

pertensivo - svolgono una importante azione

pleiotropa, protettrice cioè a tutto campo del-

l’apparato cardiovascolare.

Una corretta terapia dell’ipertensione non

può prescindere da quella non farmacologica,

senza la quale anche i farmaci più efficaci per-

derebbero il loro effetto. Controllare l’obesità:

mangiando di meno e muovendosi di più. Evitare

il fumo e gli stress.

Dieta ipocalorica e iposodica. Attività spor-

tiva. In congressi internazionali di Cardiologia

abbiamo visto medici tedeschi riunire due volte

a settimana in palestra i loro pazienti ipertesi e far

loro praticare esercizi ginnici per un’ora di se-

guito.

Presso la BIOS di via D. Chelini 39 - Roma, nell'ambito dei Servizi diCardiologia, è attivo il centro per la diagnosi ed il monitoraggiodell'Ipertensione Arteriosa. La responsabile è la dottoressa Alessandrafabretto.Per prenotazioni: Info cUP 06 809641

La cataratta è un'opacizzazione del cri-stallino usualmente progressiva e irreversibileche porta alla perdita della funzionalità visivacon implicazioni mediche, sociali ed economi-che (oms 1985).

L’intervento di cataratta rappresenta uno degliinterventi più eseguiti nel mondo. Si calcola che,in Italia, annualmente sino eseguiti circa 500.000interventi di cataratta in strutture pubbliche estrutture private.

cosa è la cataratta?La cataratta è una progressiva opacizzazione

del cristallino che interferisce con il passaggiodella luce nell’occhio provocando una progres-siva riduzione dell’acuità visiva sia in terminiquantitativi sia qualitativi.

Il cristallino è una struttura trasparente rive-stita da una capsula di collagene resistente edelastica.

Ha la forma di una lente biconvessa sospesaall’interno dell’occhio e connessa, grazie ad unapparato di sospensione definito “zonula”, almuscolo ciliare la cui reazione determina la mo-difica della curvatura della superficie anterioreassicurando il normale passaggio dalla visioneda lontano a quella da vicino e viceversa (Kan-ski, J., 1990).

Il cristallino separa le due camere anteriore eposteriore dell’occhio.

Da un punto di vista morfologico distinguiamo:

• Capsula Anteriore• Epitelio Sottocapsulare• Nucleo• Corteccia• Capsula Posteriore

Il nucleo rappresenta la parte più interessatadal processo di sclerosi e viene asportato in totodurante l’intervento lasciando in situ la capsulache funge così da supporto per l’impianto di uncristallino artificiale (IOL: Intra Ocular Lens).

Il particolare orientamento delle fibre nu-cleari conferisce la normale trasparenza di que-sta lente attiva e i fenomeni di invecchiamento oalterazioni metaboliche o fenomeni innescati subase genetica comportano il progressivo ispessi-mento delle fibre stesse determinando all’iniziouna riduzione dell’elasticità con difficoltà nellavisione da vicino (presbiopia) e, nel tempo, unaopacizzazione progressiva tanto da comportareuna riduzione quasi completa della visione come

IL P

Un

to

14

LA cAtArAttAFrancesco Antonio Vero, nicoletta Fantozzi

(Riproduzione di una lastra di litografia da Gray’s Ana-tomy - bridgeman Art Library - USA)

15

capita nelle cosiddette cataratte bianche (Lofoco,G., et al. 1990).

cause di catarattaQuando la cataratta è presente già alla nascita

si parla di cataratta congenita, quando invececompare nel corso dell'età adulta si parla di ca-taratta acquisita.

Le principali cause di cataratta congenitasono di seguito riportati.

fAttorI AmbIentALI

- meccanici: traumi, briglie amniotiche.- fisici: radiazioni.- chimici: farmaci.- metabolici: diabete materno, ipoparatiroidi-

smo, ipotiroidismo, galattosemia.- nutrizionali: carenza di aminoacidi, di aci-

do folico, ipo e ipervitaminosi A, ipervitami-nosi D.

- lnfezioni da gravidanza: rosolia, Citomega-tovirus, toxoplasmosi.

fAttorI genetIcI

Sono possibili tre modalità di trasmissione: - Autosomica Dominante; - Autosomica Recessiva; - Legata al cromosoma X.

Le principali cause di cataratta acquisita(Peymans S., 1981) sono:

non ocULArI

- malattie metaboliche: diabete mellito, ga-lattosemia (Skalka H., 1980; Elman M., 1986.)ipocalcemia, ipotiroidismo, morbo di Wilson.

- malattie cutanee: dermatite atopica, S. diRothmund, S. di Werner, ittiosi, psoriasi, in-continentia pigmenti.

- malattie lnfettive: lue, toxoplasmosi, Cito-megalovirus ecc.

- Altre malattie sistemiche: distrofia mioto-nica, S. di Down, S. di Conradi, Aminoaci-durie, Fenilchetonuria.

- cause tossiche: farmacologiche (Skalka H.W., 1980): cortisone, miotici, clorpromazina.

- da radiazioni (alfa, beta e gamma).- da emodialisi.

ocULArI

Si definiscono anche cataratte complicate perchécomplicano un'altra malattia oculare.- Uveiti;- glaucoma;- retinopatia Pigmentosa;- tumori oculari;- miopia elevata;

Cataratta congenita

Cataratta congenita

Cataratta da steroidi

16

- Post-traumatiche: contusione bulbare, perfo-razione, shock elettrico, folgorazione, disi-dratazione grave.

sintomatologiaNelle cataratte congenite (Stark W. J., 1979)

sono la comparsa di un’ombra bianca in campopupillare e uno strabismo da non uso a richia-mare l’attenzione dei genitori. I neonatologi, su-bito dopo la nascita, valutano la presenza dianomali riflessi in campo pupillare che possonoessere non solo espressione di una catarattaquanto anche di neoformazioni congenite a ca-rico soprattutto del nervo ottico.

Nelle cataratte acquisite, laddove non esi-stano fenomeni particolari come infiammazionio malattie che inducono catarattogenesi, il pro-cesso di sclerosi del cristallino inizia all’incircaai 40 anni di età con l’avvento della presbiopia,cioè della progressiva incapacità a leggere o met-tere a fuoco spontaneamente gli oggetti a una di-stanza ravvicinata.

Con il passare del tempo aumenta la sclerosie varia l’indice di rifrazione del cristallino deter-minando un peggioramento del visus anche perlontano per cui un soggetto può presentare unaipermetropia o una miopia mai avuti prima, di-fetti definiti appunto “di indice” e ancora cor-reggibili.

Solo quando la sclerosi determinerà un gradodi opacizzazione del cristallino, tale da non es-sere più suscettibile di correzione con occhiali,si può parlare di cataratta vera e propria.

I sintomi più frequentemente riferiti, nono-stante l’uso degli occhiali, sono la visione nebu-losa, una percezione dei colori meno vivida,abbagliamento e scarsa resistenza alla luce.

La progressione non è necessariamente ugua-le nei due occhi tanto che il soggetto può esser sot-toposto a necessario intervento in un occhiomentre l’altro addirittura per qualche anno può nonrichiedere trattamento chirurgico.

Esistono dunque vari tipi di cataratta (Sha-gian J., 1978) con aspetto morfologico diverso euna differente manifestazione clinica.

Secondo un criterio topografico si distinguono:- Cataratta Nucleare;- Cataratta Corticale;- Cataratta Sottocapsulare Posteriore;- Cataratte Miste.

La cataratta nucleare (Fisher R.F, 1970)interessa solo il nucleo, induce in genere unamiopizzazione per lontano ed è anche la più fre-quente.

La cataratta sottocapsulare interessa lazona di passaggio tra il Nucleo e la Capsula Po-steriore, è altamente invalidante in quanto inte-ressa il punto nodale dove si concentrano i raggiluminosi prima di proiettarsi sulla retina e sitrova molto spesso nei soggetti al di sotto dei 40anni.

La cataratta Pseudoesfoliativa (Ritch R.,2001) (Pex) può inquadrarsi nell’ambito di una

Cataratta uveitica

Cataratta nucleare

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malattia sistemica caratterizzata dalla produzionedi materiale fibrillare, di origine sconosciuta, de-positato nella matrice extracellulare di vari tes-suti e organi.

Il materiale fibrillare si deposita e poi si sfo-glia dalla faccia anteriore del cristallino a seguitodei movimenti pupillari.

Questo tipo di cataratta è ad alto rischio dicomplicanza perché tutte le strutture capsulari ezonulari vengono indebolite e il pericolo di rot-ture intraoperatorie è abbastanza alto ma soprat-tutto per la difficoltà a ottenere una dilatazionepupillare adeguata che consenta un’agevole ese-cuzione dell’intervento.

La PEX inoltre si associa alla presenza di unglaucoma detto appunto “pseudoesfoliativo” in-dotto dall’intasamento del trabecolato sclerale daparte del materiale fibrillare che, spesso, neces-sita di trattamento chirurgico a se stante.

Secondo l'entità della densità dell'opacità delcristallino la cataratta si classifica in:- cataratta incipiente: in evoluzione rapida.- cataratta intumescente: cataratta di grandi

dimensioni che provoca un glaucoma secon-dario.

- cataratta matura: cataratta sub- totale.- cataratta ipermatura (o cataratta morga-

gnana): bianca, brunescente, nigra.

timing per l’interventoUna volta fatta la diagnosi di cataratta as-

sume valore importantissimo il timing di sceltaper eseguire l’intervento.

Nelle cataratte congenite è necessario inter-

Cataratta pseudoesfoliativa

Cataratta senile ipermatura

Cataratta bianca

Cataratta senile morgagnana

Cataratta intumescente e glaucoma secondario

18

venire prima possibile soprattutto se la catarattaè totale in quanto l’ambliopia, il cosiddetto “oc-chio pigro”, rappresenta un effetto immediatocon impossibilità di sviluppo delle colonne vi-sive e sviluppo di un deficit da privazione.

Nelle forme acquisite dovute all’età fino aqualche anno fa, quando ancora non esistevanole attuali tecniche chirurgiche, si aspettava chela cataratta fosse “matura”, arrivasse cioè ad ungrado di opacizzazione tale che i pazienti rasen-tavano la cecità reale con ovvie conseguenze intermini personali e sociali.

Rappresenta un valore assoluto quindi, per ipazienti ai quali sia stata diagnosticata una cata-ratta in evoluzione, sottoporsi a visite di control-lo regolari che accertino il grado di compromis-sione visiva sia in termini quantitativi che quali-tativi attestando il punto utile per procedere al-l’intervento ai 5 - 6 /10 di vista, quando cioè il gra-do di sclerosi non è così alto da rendere troppoduro il nucleo catarattoso: “La cataratta si iden-

tifica come malattia da curare chirurgicamen-

te quando la presenza di opacità della lente de-

termina una riduzione visiva pari o uguale a

6.5/10 (Framingham eye study 1973-75)” (TheFramingham Eye Study, 1977). I motivi di un ti-ming attento e corretto risiedono nell’obiettivo diridurre il rischio operatorio.

Una cataratta dura oltre ad allungare il tem-po operatorio può complicare l’intervento con unarottura del sacco capsulare e difficoltà nell’im-pianto del cristallino artificiale o addirittura conlussazione della cataratta in camera vitrea che im-pone il recupero attraverso altro intervento di vi-trectomia.

Inoltre gli ultrasuoni emessi dal facoemulsi-ficatore possono indurre un danno iatrogeno sul-

l’endotelio corneale per sviluppo di calore e con-seguente opacità della cornea talvolta irreversi-bile che impone un trapianto endoteliale.

Nonostante le varie raccomandazioni da par-te degli oculisti ancora oggi non è infrequente ope-rare cataratte ipermature sia per una paura implicitadei pazienti a sottoporsi a intervento sia perché siindugia a sensibilizzare il paziente ai fattori di ri-schio intraoperatorio.

è importante consultare dunque un chirurgooculista per un consiglio non appena venga postadiagnosi di cataratta in evoluzione per arrivareall’intervento in condizioni di sicurezza.

Preparazione all’intervento chirurgicoQualche giorno prima dell’intervento si ese-

guono gli esami ematici di routine e una visita car-diologica con ECG. In quell’occasione viene pre-scritta una profilassi locale con colliri antibioti-ci e un collirio midriatico per indurre dilatazionepupillare che il paziente dovrà somministrare neitre giorni precedenti l’intervento. Il paziente si recapresso la struttura il giorno stesso dell’interven-to e, a digiuno, viene ulteriormente preparato pres-so una pre-sala previa instillazione di colliri mi-driatici e di colliri anestetici per l’anestesia topi-ca o diversamente, all’occorrenza e in casi parti-colari, si esegue una anestesia infiltrativa peri-bulbare. L’intervento si esegue con il pazientesdraiato, opportunamente con telo sterile monousoe con l’ausilio di un microscopio operatorio.

Il paziente, preferibilmente con l’aiuto di unaccompagnatore, potrà tornare a casa dopo un’o-ra dalla fine dell’intervento sbendato ma con oc-chiali scuri per la fotofobia postoperatoria.

AnestesiaIn passato si usavano tecniche anestesiologi-

che importanti come l’anestesia generale o la co-siddetta acinesia che altro non era che un’anestesialocale abbastanza dolorosa nella quale s’inietta-va l’anestetico in area periorbitaria.

Successivamente sono state usate le anestesieretrobulbari o le peribulbari, con iniezione dianestetico rispettivamente dietro o lateralmenteall’occhio, ed attualmente ci si avvale di unaanestesia topica previa instillazione di collirianestetici molto potenti.

Questa metodica non determina un blocco

Cataratta matura

19

muscolare come accade per le peri o le retrobul-bari, per cui il paziente può muovere l’occhio du-rante l’intervento, ma assicura una riabilitazionemolto rapida del paziente stesso e, diversamentedalle iniezioni di anestetici retro o peribulbari,oltre a non essere invasiva non è assolutamentedolorosa assicurando un livello di anestesiamolto elevato.

L’anestesia topica presuppone un’assolutaabilità ed esperienza da parte del chirurgo cheoltre a essere rapido deve essere perfetto nellasua tecnica e, soprattutto, un importante rapportodi fiducia medico-paziente.

tecnica operatoriaL’intervento di cataratta era già eseguito in

epoca egiziana e consisteva nella lussazione delcristallino in camera vitrea con appositi uncini.

Questa tecnica è ancora eseguita in alcunipaesi in via di sviluppo e comporta nel miglioredei casi l’uso di occhiali molto spessi e pesantisempre che non insorgano distacco di retina o en-doftalmite.

Nel tempo si è passati all’estrazione Intra-capsulare della cataratta praticata con un crioe-strattore attraverso un taglio di almeno 15 mm esuccessivamente all’estrazione extracapsulareche prevede l’asportazione della cataratta per in-tero sempre attraverso tagli ampi ma con l’o-biettivo di lasciare in situ le strutture capsulo-zo-nulari per consentire un impianto di Cristallino Ar-tificiale (IOL) in zona retro iridea, evitando cosìl’uso di occhiali spessi da afachico e chiusura conpunti di sutura molto sottili.

Questo tipo di tecnica è tuttora usato soprat-tutto in casi di cataratta ipermatura o in casi com-plicati dove l’uso del facoemulsificatore non èconsigliabile e nei paesi del cosiddetto terzomondo.

La vera svolta nella chirurgia della catarattasi è avuta intorno agli anni novanta del XX se-colo (quindi in tempi molto recenti) quando fumessa a punto la tecnica della facoemulsifica-zione (faco) (Hoffman R.S., 2001).

Il vantaggio notevolissimo raggiunto conquesta tecnica è stata la riduzione delle incisionidai 15 mm e oltre agli attuali 2.75 mm fino ai 1.8mm delle tecniche microincisionali.

Tutto questo si traduce in una induzione

astigmatica postchirurgica praticamente nulla, inun intervento rapido, in una razionalizzazionedei costi e soprattutto in una più rapida riabilita-zione del paziente.

Condizione assolutamente non trascurabile èil poter usare dei Custom Pack sterili monousoprodotti in base alle esigenze e alle volontà delsingolo chirurgo, elemento che limita il rischiodi inquinamento delle strumentazioni chirurgi-che e rende più sicuro il risultato finale.

La tecnica prevede l’uso di ultrasuoni gene-rati dalla vibrazione di 4 ceramiche posizionatenel manipolo usato dal chirurgo. Gli ultrasuonifanno vibrare avanti-indietro la punta del mani-polo con un meccanismo definito “elongazionedella punta” che frantuma la cataratta generandouna certa energia meccanica e calore.

Al manipolo sono collegati un tubo di infusioneche serve per mantenere la profondità della cameraanteriore dell’occhio e un tubo di aspirazione attraverso il quale defluiscono i residui della emul-sificazione. Il tutto è pilotato da uno strumentomolto sofisticato che comanda vari parametri, dal-la potenza del facoemulsificatore alla velocità diaspirazione e alla portata del flusso, che possonoessere memorizzati a seconda delle singole esi-genze dei diversi chirurghi.

L’ultima generazione di apparecchi permettel’applicazione di ultrasuoni ad oscillazioneanche laterale (ozil® torsional) con riduzionedei tempi di faco, scomparsa del calore generatodall’elongazione e migliori risultati in termini direcupero postchirurgico.

Estrazione extracapsulare

20

tecnica operatoria facoemulsificazione1. microincisione variabile tra 1.8 e 2.2 mm in

cornea chiara con bisturi precalibrati.2. capsuloressi: apertura circolare della ca-

psula anteriore del cristallino che consente diesporre il nucleo.

3. Idrodissezione: mobilizzazione della catarattacon BSS per poterne facilitare la frantuma-zione.

4. facoemulsificazione: frantumazione e aspi-razione della cataratta.

5. Aspirazione delle masse: aspirazione dellemasse corticali dalla capsula che rimane in situ.

6. Iniezione di cristallino Artificiale Pieghe-vole: posizionamento della IOL nel sacco.

7. Idrosutura: chiusura delle incisioni con ac-qua senza apporre punti di sutura.

cristallini artificialiLa chirurgia della cataratta ha avuto una

svolta decisiva con l’avvento della facoemulsifi-cazione ma senza lo sviluppo dei materiali e deldisegno dei cristallini artificiali (IOLs) sarebbe sta-ta una conquista relativa. Infatti i pazienti sotto-posti a intervento di cataratta prima dell’avven-to della tecnica extracapsulare erano destinati a por-tare occhiali molto pesanti e spessi con evidentilimitazioni pratiche.

L’idea di costruire una protesi intraoculare ven-ne già all’indomani della Seconda Guerra Mon-diale quando si osservò che piloti che venivanoabbattuti in combattimento e che venivano colpitinegli occhi dalle schegge dei cupolini degli aerei,

non avevano reazione di rigetto nei confronti delmateriale di cui erano composti.

Si arrivò quindi alla sperimentazione del po-limetilmetacrilato (PMMA) e alla produzione diIOL rigide impiantabili attraverso brecce ampiecon tecnica extracapsulare.

A metà degli anni novanta del Novecento fu-rono introdotte le IOL pieghevoli che però, no-nostante le piccole incisioni eseguibili con la fa-coemulsificazione stessa, richiedevano ancora brec-ce superiori ai 4mm imponendo un allargamen-

to delle incisioni stesse con induzione astigmati-ca maggiore. Le IOL attuali sono prodotte in ma-teriale acrilico biocompatibile idrofobo o idrofi-lo, di disegno vario e possono essere iniettate gra-zie a cartucce (Cartridge) particolari attraverso in-cisioni minime.

La tecnica microincisionale (MicS) (Bayka-ra B.M., 2006), attualmente praticata da non mol-ti chirurghi, prevede incisioni al di sotto dei 2 mm,

Capsuloressi Facoemulsificazione impianto ioL

Cartrige e ioL

impianto di ioL con iniettore

21

rappresenta il futuro di questa chirurgia anche sele IOL iniettabili al di sotto dei 2 mm sono ancorapoche.

Attualmente vengono impiantate IOL di va-ria fattura:- monofocali sferiche e asferiche con o senza

filtro natural;- multifocali refrattive e diffrative;- toriche;- toriche e multifocali;- Pseudoaccomodative con ottica diffrattiva

apodizzata;- Accomodative.

Le lenti accomodative (Lindstrom H.L.,2009) sono le più interessanti e le più recenti e sonoconcepite nella eventualità di ripetere il mecca-nismo accomodativo grazie alle aptiche incer-nierate che consentono lo spostamento antero-po-steriore del piatto della lente seguendo la contra-zione del muscolo ciliare motore dell’accomo-dazione.

Il limite delle IOL più sofisticate è rappre-sentato dai costi e dal fatto, come nelle accomo-dative, che le microincisioni non sono ancorapraticabili a causa del disegno.

complicanze ed effetti collaterali possibiliNon esiste chirurgia senza possibili effetti

collaterali o complicanze. La decisione di effet-tuare l'intervento nasce da una corretta valuta-zione del caso da trattare tenendo conto del gradodi avanzamento della cataratta e delle esigenzedel paziente in termini di recupero.

La valutazione clinica è momento fondamen-tale per il chirurgo anche di esperienza perché ogniintervento va affrontato con precisione e metodoma soprattutto tenendo ben a mente le singole pro-blematiche. Cataratte che si presentano già in par-tenza complicate come le forme uveitiche, le pseu-doesfoliative, le intumescenti, le sublussate ecc.meritano molta attenzione ai fini di condurre inporto l’intervento senza complicanze intraopera-torie. A tal proposito bisogna segnalare un aumentodi casi di floppy Iris syndrome o IfIs (Sin-drome dell’iride flaccida o “a bandiera”) in pazientiche assumono farmaci alfa-1 antagonisti come ilTamsulosin Cloridrato, molecola prescritta per

l’ipertrofia prostatica benigna (BPH) o off-labelnelle donne con incontinenza urinaria, che dila-tando la muscolatura liscia determina un aumen-to del flusso urinario. Questi farmaci induconoperò una atonia della muscolatura iridea con scar-sa dilatazione pupillare, prolasso del tessuto iri-deo attraverso le incisioni e aspirazione iridea

Lente multifocale Lente multifocaleCrystalens accomodativa

Stretching pupillare

Uncini iridei in posizione

22

incidentale con il facoemulsificatore, evenienzeche rendono estremamente difficoltoso l’atto chi-rurgico. La sospensione del farmaco non risolveil problema. Nella nostra esperienza abbiamo avu-to IFIS in pazienti che avevano ricevuto prosta-tectomie radicali qualche anno prima dopo averseguito terapie con alfa-1 antagonisti. In caso dimiosi (Schos M.M., 2004; Malyugin B, 2007) nonrisolvibile farmacologicamente si rende necessario,oltre all’uso di viscoelastici pesanti, eseguire ma-novre di stretching pupillare o posizionare unci-ni pupillari che garantiscano una sufficiente di-latazione.

complicanze ed effetti collaterali meno gravi:• diastasi della ferita. • Ipopion sterile. • danni iridei. • edema corneale.• Imprecisione calcolo del cristallino artifi-

ciale: dovuta a errori biometrici nonostantevengano eseguiti con formule matematichemolto complicate utilizzando strumenti com-puterizzati.

• visione di corpi mobili, legati alla sineresi vi-treale fisiologica non percepibile prima, per lapresenza della cataratta che limitava l’in-gresso di luce nell’occhio

• bruciore, lacrimazione, sensazione di corpoestraneo dovuti ad alterazione del film lacri-male.

• Anisometropia cioè differenza di correzionetra i due occhi se l’occhio controlaterale è af-fetto anch’esso da cataratta

• necessità di utilizzare occhiali da lettura seimpiantato un cristallino monofocale.

• cataratta secondaria: fenomeno abbastan-za frequente: è una opacizzazione della capsula

posteriore risolvibile facilmente e definitiva-mente con un trattamento YAG laser (GreenW.R., 1985; Gaasterland D.E., 1987) che pro-duce, con effetto meccanico ab esterno, unaapertura nella capsula posteriore restituendouna buona visione.

complicanze importanti • distacco di retina: l’incidenza si è notevol-

mente ridotta dopo l’avvento delle tecniche difacoemulsificazione ma sono ancora possibilisoprattutto in pazienti miopi o di una certa età.

• degenerazione maculare: i pazienti affetti daquesta patologia migliorano poco o non mi-gliorano il proprio visus centrale dopo inter-vento di cataratta e possono assistere ad un peg-gioramento della malattia retinica ma ciono-nostante è consigliabile eseguirlo per miglio-rare la percezione laterale.

• glaucoma: evento raro ma possibile anche inpazienti che non ne soffrivano prima dell’in-tervento.

• endoftalmite: evenienza molto grave che puòcompromettere la funzionalità dell’occhio.

considerazioniIn mani esperte l’intervento di cataratta ha una

durata variabile dai cinque ai dieci minuti e assi-cura un recupero funzionale abbastanza rapido maè non scevro da complicanze intra o postoperatorie.

Si affronta in regime ambulatoriale quindi sen-za ricovero e dimissione del paziente dopo un’o-ra salvo complicazioni ma in struttura autorizza-ta secondo canoni dettati dalla legge, anche se soloambulatoriale.

è dunque importantissimo non banalizzarequesta procedura chirurgica, come spesso vienefatto purtroppo sia dai medici sia dai mezzi di co-

Capsulotomia Yag LaserAnello di Malyugin in posizione

23

municazione, perché raggiungere alti livelli e quin-di risultati soddisfacenti è frutto di anni di fatica,di esperienza e di una curva di apprendimento lun-ga e difficoltosa da parte del chirurgo e, non dimeno, di un’organizzazione capillare e meticolosache impegna numerose persone sia fuori sia den-tro la sala operatoria.

Complicanze intraoperatorie sono purtroppopossibili anche in mani che hanno eseguito mi-gliaia di interventi e la differenza sta nel saperlegestire per ridurre al massimo le conseguenze acarico del paziente mentre quelle postchirurgicherientrano comunque nella sfera del possibile. Af-fidarsi ad equipe esperte e con anni di esperien-za è elemento fondamentale e limita notevolmenteincidenti poco graditi.

Il futuroLa chirurgia della cataratta sta cambiando di

anno in anno e l’evoluzione della tecnica mi-croincisionale associata all’evoluzione dei materialicon cui vengono concepite le IOL è inarrestabiletanto che ormai si parla di chirurgia refrattiva

della cataratta con una riabilitazione del pazientepiù rapida possibile e trauma chirurgico sempremeno importante, assicurando una buona visionelontano-vicino possibilmente senza uso di oc-chiali. I casi di cataratta insorta in pazienti con nean-che 40 anni sono in aumento e se si considera che,comunque, la vita media si è allungata e che mol-ti pazienti di 80 anni continuano le proprie atti-vità lavorative si comprende quanto importantepossa essere questo argomento in termini sociali.

Si sta sperimentando da pochi mesi l’appli-cazione del Laser a Femtosecondi, attualmentemolto in uso nella chirurgia refrattiva, per eseguirecapsuloressi precise e una frammentazione laserdella cataratta che non preveda l’uso di ultrasuo-ni al fine di limitare al massimo la larghezza del-le incisioni e ovviamente le complicanze.

La vera svolta avverrà se si realizzerà il sognodel padre di questa chirurgia, il prof. Kelman, ecioè quello di sostituire il contenuto del cristalli-no catarattoso con una sostanza di pari elasticitàe pari trasparenza che rispetti la funzione princi-pe del cristallino, l’accomodazione.

bibliografia:

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Il dott. francesco vero, consulente chirurgico dell'ospedale San Carlo di Nancy di Roma è il responsa-bile del servizio oculistico della BIOS SpA di via D. Chelini 39 - Roma.Per prenotazioni: Info cUP 06 809641

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24

oPIstorcHIAsI (dIstomAtosI ePAtIcA) Augusto Vellucci

Vengono talvolta alla nostra osservazionesoggetti che riferiscono di soffrire , da alcune set-timane, di fastidiosa dolenzia a livello del fega-to associata al reperto di laboratorio di elevazio-ne delle transaminasi, quadro clinico interpreta-to dai medici curanti come una colica da litiasi bi-liare o come una epatite acuta. Ma l’ecografia epa-tica non fa rilevare calcoli nella colecisti e le in-dagini di laboratorio risultano negative per tuttele epatiti virali. Esiste però costantemente, nelleanalisi, la presenza di una elevata eosinofilìa.

Ebbene, in tali casi è necessario pensare allapossibilità che il soggetto soffra di una parassitosidelle vie biliari, sostenuta da vermi piatti (pla-telminti), come l’Opistorchis. Il riscontro nelle fecidelle uova di questo verme e le indagini sierolo-giche specifiche fanno porre la diagnosi di Opi-storchiasi permettendo di attuare il corretto in-tervento terapeutico.

I trematodi del genere Opistorchis (sinensis,felineus, viverrini, ecc.) sono causa di malattiechiamate “distomatosi epatiche”, che colpisconoabitualmente i gatti e altri animali (cani, ratti).

L’infestazione umana è accidentale, dovuta allaingestione di pesci di acqua dolce (ciprinidi: tin-che, carpe, ecc.), crudi o poco cotti, seccati, sa-lati o conservati in salamoia, infestati dalle me-tacercarie del verme.

In Cina la malattia è sostenuta dall’ Opistor-chis sinensis, endemica in vari paesi come Laos,Vietnam e Thailandia, dove ha colpito circa 20 mi-lioni di persone .

In Europa è invece causata dall’ Opistorchisfelineus e prende origine dai pesci dei fiumi e deilaghi di Germania, Polonia, Russia e Paesi Bas-si (dove ha colpito circa un milione di persone)ed ora è comparsa, oltre che in Grecia e in Spa-

gna, anche in Italia con episodi sempre più fre-quenti .

Sono stati infatti osservati in Italia numerosicasi umani autoctoni di Opistorchiasi, da Opi-storchis felineus. Le prime osservazioni risalgo-no al 2003 in due giovani adulti, dopo ingestio-ne di pesce marinato a freddo di provenienza dalLago Trasimeno, in provincia di Perugia. Un nuo-vo episodio, sempre da pesce crudo della stessaprovenienza, ha interessato otto giovani adulti nel2006 (Crotti D. e coll. Microbiologia Medica 2007;42:36-41). Altro episodio è stato osservato nell’a-gosto 2007; ha interessato 34 persone che avevanoconsumato pesci pescati nel lago di Bolsena(Armignacco O e coll. Emerg. Infect Dis. 2008Dec 14(12) 1902-1905). Un ulteriore episodio èavvenuto di recente (luglio 2010) interessando 36soggetti che avevano mangiato pesce di lago in unristorante di Challand Saint Anselme in Val d’Ao-sta.

Negli episodi del lago Trasimeno, i pesci in-criminati sono stati la tinca, nel primo episodio,e non sappiamo se tinca, carpa o persico nel se-condo; i soggetti colpiti avevano consumato, unpaio di mesi prima, tali tipi di pesci, marinati afreddo

Nel caso della infestazione della Val d’Aostail verme era presente nelle tinche servite sotto for-ma di “tartare” marinato.

La tendenza a cibarsi di pesce crudo o pococotto è molto diffusa nel sud-est asiatico, dove esi-ste una tradizione alimentare di questo tipo; da noitale usanza è più recente, legata a un diffuso cam-biamento delle abitudini alimentari con frequen-te consumo di pesce crudo in forma di carpaccio,sushi, sashimi.

Comunque alla diffusione delle parassitosi ali-

Verme adulto Verme adultoUovo Mollusco Bulinus Cercaria Tinca

25

mentari contribuisce anche la patologia da im-portazione sia per i flussi migratori dai paesi a ele-vata endemia e sia per i frequenti viaggi di euro-pei in tali paesi. Insomma i cambiamenti delle abi-tudini alimentari, le variazioni degli habitat e de-gli ecosistemi, l’intensificazione della produzio-ne ittica e l’importazione da aree a rischio hannoaumentato il pericolo di queste infestazioni.

Ricordiamo che anche altre parassitosi deri-vano dall’abitudine di mangiare pesce crudo, comead esempio l’insorgenza di una altra infestazio-ne molto frequente, quella dal verme anisakis, lecui larve sono talora presenti, ad esempio nel su-shi; proprio in relazione alla possibilità della ani-sakiasi da consumo di pesce crudo, è stata emes-sa in Italia una ordinanza ministeriale (12.5. 1992),che vieta ai ristoranti di servire pesce crudo, ma-rinato o affumicato a freddo, che non sia stato pri-ma congelato a meno 20°C per almeno 24 ore. Ilregolamento europeo 853 del 29 aprile 2004 haesteso l’obbligo di tale pratica a tutti i prodotti it-tici destinati al loro consumo crudo, dato che lamarinatura o l’affumicatura non sono sufficientia garantire la morte del parassita.

Oggi si è convinti che, per ottenere la morte delverme, è necessario procedere alla cottura del pe-sce a una temperatura di almeno 65°C (all’inter-no dell’alimento) per almeno un minuto oppure alcongelamento a meno 20°C (all’interno dell’ali-mento), che è meglio protrarre per una settimana.

Tornando all’Opistorchis, vediamo come si ve-rifica l’infestazione . Dai vertebrati già colpiti (so-prattutto gatti), nelle cui vie biliari si trovano i ver-mi adulti, le uova di Opistorchis sono eliminatecon la bile e quindi con le feci; se finiscono in ac-que non salate possono essere ingerite da una lu-maca acquatica (mollusco Bulinus ) che rappre-senta il primo ospite intermedio. Nel molluscol’uovo dà origine al cosiddetto miracidio che at-traversa vari stadi di maturazione e si trasformanella larva capace di infestare i pesci, chiamata cer-caria, lunga poco più di mezzo millimetro; rila-sciata nell’acqua, questa penetra nella carne delpesce, nei cui muscoli si incista come metacercaria.

Cibandosi di questo pesce, si possono infestarevari animali (gatto, cane, ecc.) e l’uomo, nei qua-li la metacercaria si schiude nel duodeno, risalele vie biliari, e si localizza nei dotti biliari medie piccoli (e talora anche nei dotti pancreatici), dovein un mese diventa verme adulto, lungo circa 1-

2 cm. Questo inizia a eliminare le uova, che fi-niscono nelle feci dell’ospite e ricomincia il ciclo.

La permanenza dei vermi adulti nelle vie bi-liari provoca una infiammazione dell’epiteliodei dotti biliari con desquamazione, iperplasia etalora metaplasia. Se il processo non viene bloc-cato dall’intervento terapeutico, si può avereproliferazione del tessuto connettivo periduttalecon fibrosi della parete dei dotti biliari. Il dannoè generalmente ristretto ad aree focali del paren-chima, ma può coinvolgere tutto il fegato e dareepatomegalia.

Se l’infestazione persiste o si ripete frequen-temente (Opistorchiasi cronica) può instaurarsi unquadro di colangite persistente e talora ittero ostrut-tivo, fino alla insorgenza di una cirrosi biliare. LaOpistorchiasi cronica predispone anche allo svi-luppo del colangiocarcinoma (Sripa B. e coll. ActaTrop 2010 Jul 23 “Opisthorchiasis and Opi-sthorchis-associated cholangiocarcinoma in Thai-land and Laos “).

è necessario tenere presente questa relativa-mente nuova patologia epatica, che sta aumentandola sua diffusione anche in Italia.

Pertanto, il rilievo di una sofferenza epatica(dolori addominali aspecifici a livello soprattut-to del quadrante superiore destro dell’addome , as-sociati a elevazione delle transaminasi), con re-perto ecografico negativo per calcolosi delle viebiliari e con negatività sierologica per le diverseepatiti virali, associato alla presenza nell’emo-cromo di una eosinofilìa significativa, deve far por-re il sospetto di una parassitosi delle vie biliari daOpistorchis (o anche da Fasciola epatica, altro ver-me che causa una patologia simile, ma le cui me-tacercarie non sono nei pesci ma sono adese aderbe acquatiche, che possono comunque conta-minare il cibo lavato con tali acque); la conoscenzadi una eventuale assunzione di pesce di acqua dol-ce crudo, avvenuta circa un mese prima, confer-ma tale sospetto.

Si deve allora procedere alla ricerca delle uovadel verme nelle feci e alla effettuazione delle in-dagini sierologiche per anticorpi specifici anti-Opi-storchis felineus. In caso di conferma, si prescri-verà la terapia più efficace e cioè la somministra-zione di Praziquantel a dosi adeguate, che abi-tualmente determina la completa eliminazione del-la infestazione.

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H t

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ed

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e

evaluation of the adult with suspected immunodefi-

ciency.

Azar A. e., ballas Z. K.

The American Journal of Medicine 2007; 120: 764-768

Il deficit di IgA e l’Immunodeficienza Comune Va-

riabile sono tra le più frequenti sindromi di immunode-

ficienza primaria. Di solito diagnosticate in età infantile

e nei giovani si presentano anche nell’adulto, talora

come reperto laboratoristico occasionale.

Queste forme morbose si caratterizzano per infezioni

ad andamento recidivante con aumentato rischio di ma-

lattie autoimmuni e crescita neoplastica (forme linfo-

proliferative). Il problema delle immunodeficienze pri-

marie ha assunto un’importanza clinica sempre più

rilevante e sebbene siano note oltre 150 forme morbose

definite a livello molecolare e genetico, bisogna distin-

guere tra le manifestazioni più rare, di solito inquadra-

bili in centri specializzati e dotati delle opportune tec-

nologie, e quelle che giungono all’osservazione del me-

dico pratico o dei diversi specialisti “d’organo”.

Infatti è soprattutto in questi casi che il ritardo dia-

gnostico, talora superiore ai 5 anni, può compromettere

le funzioni e generare danni di struttura (per esempio

bronchiectasie, malassorbimento, etc.).

Nel lavoro di Azar e Ballas sono riportati alcuni pa-

rametri di pratica utilità che consentono al medico di

orientarsi con sufficiente cognizione di causa per un

primo e corretto inquadramento diagnostico nell’ini-

ziale approccio alla diagnosi di difetto immunitario.

Centro nazionale Malattie rare

istituto superiore di sanità - roma

Vengono definite malattie rare le forme morbose a bas-

sa prevalenza (Europa 5:10.000; USA 7,5:10.000) che nel-

l’ultimo decennio hanno avuto un grande impulso per de-

finirne gli aspetti diagnostici e per contribuire, quando pos-

26

I benefIcI cLInIcI deLLA rIcercA: seLezIone dALLA LetterAtUrA scIentIfIcA

27

sibile, all’adozione di opportune terapie. Si calcola che

in Europa circa 30 milioni di individui ne siano affetti.

Si tratta di 5000 - 8000 patologie che nel nostro

paese riguardano non meno di un milione di persone.

Le malattie rare hanno nella maggior parte carattere

genetico, hanno esordio in età pediatrica e presentano de-

corso cronico e invalidante.

In genere si tratta di forme con disabilità fisica e

mentale, qualità della vita fortemente compromessa con

importante coinvolgimento dell’equilibrio familiare e

necessità di un sostegno assistenziale integrato, medico

e psicologico. Biologicamente è descritto di solito un in-

teressamento multisistemico che può avere diverse va-

rianti cliniche.

L’individuazione di una malattia rara può essere

complessa e non di rado si associa a un significativo ri-

tardo diagnostico. In uno studio dell’Eurordis (Euro-

pean organization for Rare Diseases) è stato osservato

un ritardo diagnostico nel 25% dei casi, e una diagnosi

errata nel 40% dei casi. Ne derivano, ovviamente, inap-

proprietezza di cure mediche e di trattamento chirurgico.

Di particolare rilievo il dato della mancata comuni-

cazione sulla natura genetica della malattia (25% dei casi).

Ne emerge un complesso di problemi che riguardano il

ritardo diagnostico, la carenza di terapie patogenetiche,

la difficoltà a realizzare una gestione clinica multidisci-

plinare unitamente all’assenza di un adeguato sistema di

codifica. In Italia, presso l’Istituto Superiore di Sanità, è

attivo il CNMR (Centro Nazionale Malattie Rare) con sito

internet facilmente contattabile e numero verde

800.896949. Varie sono state le iniziative del CNMR nel

corso degli ultimi anni, con lo scopo di sensibilizzare l’o-

pinione pubblica e la classe medica e sono stati organizzati

numerosi eventi per l’aggiornamento e formazione.

La struttura, in collaborazione con le varie associa-

zioni di malati ha prodotto due guide, una concernente i

servizi sociali per le persone con disabilità e l’altra per

la tutela legislativa. Il CNMR rappresenta un’importan-

te iniziativa con significative ricadute pratiche, soprattutto

miranti a fornire indicazioni indispensabili rivolte ad un’u-

tenza altrimenti spesso “orfana” di adeguati e competenti

punti di riferimento.

Therapy of multiple sclerosis in children and adole-

scents.

silvia n. Tenembaum.

Clinical neurology and neurosurgery 2010; 112: 633-

640

Le forme pediatriche di sclerosi multipla sono circa

il 10% dei casi noti.

La malattia ha nel suo decorso inziale un andamento

relapsing-remitting con una tendenza alle ricadute più

alta di quanto registrato nell’età adulta. Inoltre circa il

30% dei malati non risponde al trattamento con interfe-

rone e si assiste ad una progressione della storia naturale

della malattia. La necessità di un aggiornamento com-

pleto della letteratura sul tema si impone per avere una

cornice delle prospettive a breve e medio termine sulle

reali aspettative di successo delle terapie.

Nel lavoro su Clinical Neurology and Neurosur-

gery è riportato un aggiornamento della letteratura scien-

tifica sulla sclerosi multipla sia nell’adulto sia in età pe-

diatrica.

Dal report, ampio e completo, arricchito da una con-

sistente bibliografia emerge in particolare che i tratta-

menti DMT (Disease Modifying Therapies) non hanno

ricevuto approvazione per uso in età pediatrica e nell’a-

dolescenza, sebbene i dati disponibili per l’adulto e in al-

cune ricerche in età pediatrica siano considerati inco-

raggianti e la terapia ben tollerata.

Questo problema, specificamente trattato nell’ambito

della sclerosi multipla, riguarda molti aspetti della me-

dicina contemporanea e necessita di una razionale linea

28

strategica soprattutto per garantire nei bambini un ap-

proccio a terapie che siano efficaci ma con ridotti profili

di rischio.

Toxic epidermal necrolysis (Lyell’s disease)

Lissia M., Mulas P., Antonio bulla A., rubino C.

burns 2010; 36: 152 - 163

La sindrome di Stevens-Johnson (SJS) e la toxic epi-

dermal necrolysis (TEN) sono gravi reazioni a farma-

ci, caratterizzate da bassa incidenza ma da un’alta mor-

talità. In passato SJS e TEN erano considerate clinica-

mente come entità separate ma successivamente sono sta-

te inquadrate come due fenomeni a diversa gravità ori-

ginati da uno stesso processo patologico.

Vari farmaci possono essere implicati come causa

(antibiotici, sulfamidici, tetracicline, alcuni anticonvul-

sivanti, allopurinolo, molecole antinfiammatorie non

steroidi, antivirali, etc.).

La patogenesi degli eventi che inducono SJS o TEN

sembra correlata a una reazione di tipo immunitario ri-

volta contro le cellule epiteliali. Sembra, in particolare,

che un gruppo di citochine svolga un’azione critica in

corso di TEN. Clinicamente si osserva un quadro erite-

matoso con formazione di bolle. Rapidamente si ha un

distacco tra epidermide e derma e un’estensione pro-

gressiva e grave della lesione.

è importante il ricovero in ambienti adeguati collo-

cando il malato in particolari unità di trattamento di so-

lito specializzate per le patologie da ustione.

Il trattamento con cortisonici è stato sostanzialmente

abbandonato e altri tentativi con immunosoppressori o ta-

lidomide non hanno fornito risultati eccezionali; mi-

gliori risultati sono riferiti con uso di infliximab e il ri-

corso a plasmaferesi.

Efficace trattamento è anche segnalato da alcuni au-

tori con uso di immunoglobuline. In pratica però, seb-

bene siano stati fatti validi passi avanti nella compren-

sione delle due sindromi, sia la SJS sia la TEN

rappresentano un grave problema per il trattamento.

I migliori risultati consistono nel non somministrare

il farmaco implicato nella genesi della malattia e un ap-

proccio assistenziale simile a quanto si applica in soggetti

gravemente ustionati.

Gli autori della review concludono che ancora oggi

uno dei punti essenziali per salvare il malato consiste nel

veloce riconoscimento del quadro morboso, special-

mente in soggetti ad alto rischio.

Questa fase iniziale è infatti critica per poter ridurre

la mortalità e rendere maggiori le probabilità di un re-

cupero.

G. L.

Dott. Francesco Leone

Direttore Sanitario Bios S.p.A.Specialista in Malattie Infettive

Prof. Alessandro Ciammaichella

già Primario Medico OspedalieroMedico Internista

Dott. Francesco Antonio Vero

Responsabile U.O. Oculistica Clinica Siligato, CivitavecchiaConsulente Chirurgico Ospedale S. Carlo di Nancy, Roma

Dott.ssa nicoletta Fantozzi

Aiuto U.O. Oculistica Clinica Siligato, CivitavecchiaConsulente Centro Maculopatie Policlinico Umberto I, Roma

Prof. Lelio r. Zorzin

Specialista in Reumatologiagià Docente Università La Sapienza di Roma

Dott.ssa silvana Francipane

Medico Chirurgo

Prof. Giuseppe Luzi

Specialista in Immunologia Clinica e AllergologiaDocente “La Sapienza” Università di Roma

Prof. Augusto Vellucci

già Primario Ospedaliero di Malattie InfettiveSpecialista in Malattie Infettive

Valentina Cardinaletti

Studentessa di Medicina e Chirurgia

HAnno coLLAborAto In qUesto nUmero

cop3

I Fattori di Crescita

In Medicina e Chirurgia Estetica

❱❱ I FATTORI DI CRESCITA PIASTRINICI, DEFINIZIONE E APPLICAZIONI.

Sono le componenti normalmente presenti nel nostro san-gue contenuti nel siero e soprattutto nelle piastrine che ser-vono a riparare i tessuti e a favorire il loro naturale rinno-vamento.

Attualmente, proprio per le sue caratteristiche rigene-rative cellulari e riparatorie delle lesioni, viene usata nel-l'area della Medicina Estetica e nella Chirurgia Plastica.

Il punto di forza di questa terapia rigenerativa consistenell'assoluta mancanza di controindicazioni, in quanto ècompletamente naturale grazie all'uso esclusivo di sangueautologo, senza l’uso di sostanze additive di alcun tipo.Inoltre i fattori di crescita possono essere associati conqualsiasi trattamento medico estetico.

La metodica, che consiste nel prelievo di una piccola quan-tità di sangue del paziente, permette di ricavare plasma ar-ricchito di piastrine. Le piastrine, cellule ricche di fattori dicrescita contribuiscono attivamente alla riparazione dellelesioni attraverso la rigenerazione cellulare.

Il trattamento è dedicato alla prevenzione e cura del-l’invecchiamento cutaneo.

Infatti, una volta iniettate nelle aree che presentano un in-vecchiamento della cute (viso e corpo) innescano un pro-cesso di riparazione, rigenerazione e quindi di ringiovani-mento.

La ristrutturazione del derma, il miglioramento dell'elasti-cità contribuiscono in maniera determinante nel donarealla cute un aspetto luminoso, sano e giovane.

❱❱ INDICAZIONI

❱❱ NUMERO DI SEDUTE

Sono previste da 1 a 4/5 sedute distanziate nel tempo in rap-porto al singolo caso clinico.

www.bioscultura.it [email protected]

INFO: CUP BIOS S.P.A.06 809641