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TIZIANO TERZANI “La fine e’ il mio inizio

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TIZIANO TERZANI

“La fine e’ il mio inizio”

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Tiziano Terzani

(Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004) è stato un grande giornalista e scrittore italiano.

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Biografia Tiziano Terzani nacque a Firenze, nel quartiere di Monticelli, mercoledì 14 settembre 1938. Dei suoi genitori (la madre era di origini modeste, il padre meccanico) disse:

"Mio padre era un comunista, ex partigiano, mia madre cattolicissima [...] debbo a loro forse un senso di tolleranza e questa cosa profonda [...] di vedere il bello della vita nella sua diversità e vedere la vera essenza della vita nell'armonia degli opposti".

Visse l’infanzia in ristrettezze economiche ma con la dignità dei semplici ma saldi principi morali dei genitori che Tiziano fece propri. L’acuta intelligenza che lo distingueva, la sua predisposizione allo studio, l’incontro fortunato con insegnanti che ne colsero le qualità già nell’istruzione primaria, gli valsero la possibilità del riscatto culturale e sociale dalla povertà dell’ambiente familiare che si convinse a concedergli la possibilità del proseguimento degli studi e a frequentare il liceo classico "Galileo" di Firenze. Brillantemente diplomato vinse la borsa di studio presso la Scuola Normale di Pisa (tra i compagni di corso c'era Giuliano Amato), laureandosi brillantemente in giurisprudenza nel 1961 .

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Nello stesso anno sposò Angela Staude, fiorentina di genitori tedeschi . Trascorsi sei mesi per un Master in Inghilterra, nel 1962 iniziò a lavorare per la Olivetti dapprima come venditore e successivamente occupandosi del personale estero. Nel 1965, l'azienda lo inviò a tenere corsi di formazione in molte aree del mondo (fra cui il Giappone ed il Sud Africa), dove entrò in contatto con le problematiche dell'apartheid e dello sfruttamento sociale del continente africano: tema dei suoi primi scritti giornalistici che l'Astrolabio, rivista diretta da Ferruccio Parri, gli pubblicò in Italia contribuendo a maturargli la decisione di cambiare radicalmente vita ed esplorare il mondo scrivendone.

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L'esordio nel giornalismo Una borsa di studio offertagli dalla Columbia

University di New York per dedicarsi allo studio della lingua e della cultura cinese gli fornì la motivazione e la possibilità di licenziarsi dall'Olivetti (1969) per investire sulla professione giornalistica, attrezzandosi di conoscenze sul paese asiatico e sui fermenti politici e sociali in atto in quegli Stati . Dello stesso anno, in agosto, la nascita del suo primogenito Folco.

Dopo qualche collaborazione, prima per L'Astrolabio e poi per Il Giorno, Terzani finalmente ebbe l'opportunità, grazie al settimanale tedesco Der Spiegel, di recarsi in Asia come corrispondente.

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Gli anni da corrispondente Nel marzo del 1971 nacque la figlia Saskia. Terzani, con la moglie ed i due figli

piccoli, si trasferì a Singapore. In quegli anni Tiziano ebbe l'opportunità di seguire da molto vicino le fasi decisive della Guerra del Vietnam, esperienza che diede origine al suo primo libro : “Pelle di leopardo”.

In seguito collaborò anche con i quotidiani italiani Corriere della Sera e La Repubblica, diventando uno dei più importanti giornalisti italiani a livello internazionale.

Terzani è stato un profondo conoscitore dell'Asia, non solo per quanto riguarda le vicende storiche e politiche, ma anche dal punto di vista filosofico e culturale. Ha vissuto a Pechino, Tokyo, Singapore, Hong Kong, Bangkok e Nuova Delhi, che negli ultimi anni aveva eletto come sua seconda casa.

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Le esperienze di Terzani in Asia sono confluite, oltre che negli articoli per i giornali, anche in numerosi libri, a cominciare da Pelle di leopardo : diario vietnamita di un corrispondente di guerra (1973), che racconta le ultime fasi della guerra del Vietnam, per arrivare fino al suo capolavoro: Un altro giro di giostra ( 2003) . Tra i libri più interessanti di Terzani si ricorda Un indovino mi disse, cronaca di un viaggio di un anno attraverso numerosi paesi dell'Asia, compiuto senza mai prendere un aereo, per seguire l'avvertimento datogli da un indovino.

Nel 1997 a Terzani è stato conferito il "Premio Luigi Barzini all'inviato speciale". Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 diede una sua risposta alle invettive anti-islamiche della scrittrice fiorentina Oriana Fallaci nel libro Lettere contro la guerra

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1979. Immagini dalla Cina

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Gli ultimi anni Il libro "Un altro giro di giostra" tratta del suo modo di reagire alla

malattia, un tumore all'intestino, viaggiando per il mondo e osservando con lo stesso spirito giornalistico di sempre le tecniche della più moderna medicina occidentale e le medicine alternative; il viaggio più difficile, alla ricerca di una pace interiore, che lo portò ad accettare serenamente la morte.

« Viaggiare era sempre stato per me un modo di vivere – si legge nel libro – e ora avevo preso la malattia come un altro viaggio: un viaggio involontario, non previsto, per il quale non avevo carte geografiche, per il quale non mi ero in alcun modo preparato, ma che di tutti i viaggi fatti fino ad allora era il più impegnativo, il più intenso. »

Terzani si ritirò a trascorrere i suoi ultimi giorni ad Orsigna, il rifugio di una vita, sull'Appennino tosco-emiliano (Pistoia), spegnendosi il 28 luglio 2004. La ricerca della verità si spostò dai fatti all'interiorità, portandolo a concepire il giornalismo solo come una fase della sua vita.

Le sue ultime memorie sono registrate in un'intervista televisiva intitolata "Anam, il senzanome" DVD

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LA FINE E’ IL MIO INIZIO - Longanesi 2006

In questo bellissimo libro-testamento di Tiziano, egli vedendosi ormai vicino alla morte, trascorre gli ultimi giorni con il figlio Folco e gli racconta la sua vita

IL figlio Folco e’ il curatore del libro, ha scritto le parti introduttive e questa recensione, che trovo bellissima.

“Bisogna imparare a morire vivendo”. Un concetto difficile da raggiungere, almeno in modo profondo. Lasciare, gradualmente, gli attaccamenti terreni. Anche gli affetti. Ma non nel senso di non amare più. Rendendosi semmai conto che nulla è per sempre, che ci sono cose che un uomo deve compiere da solo, perché fanno parte dell’evoluzione, della crescita. Naturalmente spirituale. Così ritroviamo questo vecchio in una casa spoglia di tutti i ricordi che aveva accumulato per anni. Insieme a noi figli, ai nipotini e alla moglie. Che ridono del suo passaggio, pur essendo dispiaciuti. Si può ridere, quando qualcuno svanisce nel nulla?Certo, se ci si rende conto che noi non siamo un corpo. Come non siamo il vestito che portiamo. Un pantalone si logora. Al punto da dover essere buttato.

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Così il corpo umano. L’anima non invecchia. Ma il corpo si consuma. Noi non siamo un braccio, una mano. Noi non siamo nemmeno il cervello. Noi non siamo un involucro. Quando questa esteriorità si esaurisce, non resta che cambiare. Presupposto fondamentale però è il non avere rimpianti. E mio padre si trova in una situazione di vantaggio. Ha viaggiato, conosciuto culture diverse, realizzato ogni suo sogno. Ha visto la guerra del Vietnam, con la vittoria dei khmer-rossi. E’ entrato nel mondo di Mao, in cui credeva fortemente.Ha vissuto nel triste Giappone.La Russia.Ed in fine l’India, che gli ha permesso di venire in contatto con il proprio intimo. Il passo più importante, dice, è stato sull’Himalaya, con il vecchio della montagna, a meditare. A vivere di silenzi, di conversazioni, di natura. Questo gli ha permesso di comprendere la futilità della materialità.

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Anche l’evoluzione del pensiero è stata notevole. Da una fede quasi fanciullesca verso il comunismo a una delusione e a una noia nel vedere i fatti del mondo. Mao aveva costruito l’uomo nuovo, i Vietnamiti anche. Per farlo, hanno distrutto la loro tradizione, il loro essere cinesi e vietnamiti.Proprio come avrebbero fatto gli americani o i capitalisti in genere. La rivoluzione, dice, non serve a nulla. Anche se mossa da buoni propositi, non c’è via d’uscita. L’uomo non è in grado di vincere la voglia di omologazione.Che detta così vuol dire poco. Il suo pensiero è talmente semplice e profondo insieme da non poter essere riassunto.

Ne “La fine è il mio inizio” Tiziano Terzani parla con me, suo figlio . Una lunga intervista dove viene esternata tutta la felicità di vivere. Alla fine, osservando il suo volto ormai senza vita, si è incantati e intimoriti.Certo, è morto. Ma, viene da pensare, forse no. Forse davvero la sua anima è in giro, da qualche parte… E quel che resta del libro è una serie di annotazioni, di riflessioni. Ed anche un timore di essere in prima linea. Ora tocca a noi, compiere il grande passo. Prima o poi. E bisogna esser pronti. Prepararsi. Morire vivendo.Questo è il monito che rimane, col chiudere il volume. Bisogna imparare a morire. Vivendo felicemente.

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Folco, il figlio 35 enne cui Tiziano dedica il libro

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Consumato dalla malattia, Tiziano si trova ormai alla fine del suo percorso terreno e trova l’occasione per trovarsi con suo figlio Folco, ormai 35 enne, e raccontargli la sua vita. Dice al figlio “ Intanto sei venuto a tenermi per mano e questo ci da’ occasione di parlare del viaggio di me ragazzino, nato in un letto di Via Pisana, un quartiere popolare di Firenze, che si trova nelle grandi storie del suo tempo – la guerra del Vietnam, la Cina, la caduta dell’impero sovietico - poi va sull’ Himalaya e adesso e’ qui, in una sua piccola Himalaya, ad aspettare questa ora. Allora questa e’la fine, ma e’ anche l’inizio di una storia che e’ la mia vita e di cui mi piacerebbe parlare con te…..”

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Folco, Folco, corri, vieni qua! C'è un cuculo nel castagno. Non lo vedo, ma è lì che canta la sua canzone:

Cucù, cucù, l'inverno non c'è piùÈ ritornato il maggio col canto del cucù

Bellissimo, senti!Che gioia, figlio mio. Ho sessantasei anni e questo grande viaggio della mia vita è arrivato alla fine. Sono al capolinea. Ma ci sono senza alcuna tristezza, anzi, quasi con un po' di divertimento. L'altro giorno la Mamma mi ha chiesto «Se qualcuno telefonasse e ci dicesse d'aver scoperto una pillola che ti farebbe campare altri dieci anni, la prenderesti?» E io istintivamente ho risposto «No!» Perché non la vorrei, perché non vorrei vivere altri dieci anni. Per rifare tutto quello che ho già fatto? Sono stato nell'Himalaya, mi sono preparato a salpare per il grande oceano di pace e non vedo perché ora dovrei rimettermi su una barchetta a pescare, a far la vela. Non mi interessa.Guarda la natura da questo prato, guardala bene e ascoltala. Là, il cuculo; negli alberi tanti uccellini – chi sa chi sono? – coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell'erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente indifferente, distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formicole continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia.

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Citazioni dal libro

A volte bisogna rischiar, fare altre cose. Occorre rinunziare ad alcune garanzie perché sono anche delle condizioni.

Che cos'è che ci fa così spavento della morte? Quello che ci fa paura, che ci congela davanti a quel momento è l'idea che scomparirà in quel attimo tutto quello a cui noi siamo tanto attaccati. Prima di tutto il corpo. Del corpo ne abbiamo fatto un'ossessione.

E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell'aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.

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- Ho fatto questo mio mestiere proprio come una missione religiosa, se vuoi, non cedendo a trappole facili. La più facile, te ne volevo parlare da tempo, è il Potere. Perché il potere corrompe, il potere ti fagocita, il potere ti tira dentro di sé! Capisci? Se ti metti accanto a un candidato alla presidenza in una campagna elettorale, se vai a cena con lui e parli con lui diventi un suo scagnozzo, no? Un suo operatore. Non mi è mai piaciuto. Il mio istinto è sempre stato di starne lontano. Proprio starne lontano, mentre oggi vedo tanti giovani che godono, che fioriscono all'idea di essere vicini al Potere, di dare del "tu" al Potere, di andarci a letto col Potere, di andarci a cena col Potere, per trarne lustro, gloria, informazioni magari. Io questo non lo ho mai fatto. Lo puoi chiamare anche una forma di moralità. Ho sempre avuto questo senso di orgoglio che io al potere gli stavo di faccia, lo guardavo, e lo mandavo a fanc…. Aprivo la porta, ci mettevo il piede, entravo dentro, ma quando ero nella sua stanza, invece di compiacerlo controllavo che cosa non andava, facevo le domande. Questo è il giornalismo.

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Ho sempre sentito che avevo delle responsabilità. Quel senso del dovere, poi, che avevo sempre addosso, quel senso che, insomma, era giusto fare certe cose o non farle. Ma non ero io... era che non c'era niente di più importante nella mia vita, non c'era niente di più grande, sai... sono uno che non ha mai fatto compromessi. Non ne ho avuto forse un grande bisogno, ma avevo una ripulsione per i compromessi e se questa la vuoi chiamare moralità, sì.

Il coraggio è il superamento della paura. L'inizio è la mia fine e la fine è il mio inizio. Perché sono sempre più

convinto che è un'illusione tipicamente occidentale che il tempo è diritto e che si va avanti, che c'è progresso. Non c'è. Il tempo non è direzionale, non va avanti, sempre avanti. Si ripete, gira intorno a sé. Il tempo è circolare. Lo vedi anche nei fatti, nella banalità dei fatti, nelle guerre che si ripetono.

La regola secondo me è: quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c'è più speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all'erta.

La vera comprensione e’ quella che va al di là della ragione e che si fonda sull'istinto, sul cuore.

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No, non c'è futuro. Il futuro è una scatola vuota in cui metti tutte le tue illusioni.

Questo mondo è una meraviglia. Non c'è niente da fare, è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia – ma non tu, con i tuoi due occhi e i tuoi due piedi; se Tu, questa essenza di te, sente d'essere parte di questa meraviglia – ma che vuoi di più, che vuoi di più? Una macchina nuova?

Una strada c'è nella vita. La cosa buffa è che te ne accorgi solo quando è finita. Ti volti indietro e dici "oh, guarda, c'è un filo". Quando vivi non lo vedi il filo, eppure c'è. Perché tutte le decisioni che prendi, tutte le scelte che fai sono determinate, si crede, dal libero arbitrio, ma anche questa è una balla. Sono determinate da qualcosa dentro di te che è innanzitutto il tuo istinto, e poi da qualcosa che gli indiani chiamano il karma accumulato fino ad allora.

La verità è una terra senza sentieri.

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..... grazie per la vostra attenzione…se volete ulteriori informazioni e approfondimenti andate su www.tizianoterzani.it ….o leggete I suoi libri

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