tesi davvero finita

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1 A Vincenzo Marchianò

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Page 1: Tesi Davvero Finita

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A Vincenzo Marchianò

Page 2: Tesi Davvero Finita

2

INDICE

1 INTRODUZIONE ................................................................................................................................... 4

1.1 La sfida energetica .................................................................................................... 4

1.2 Le energie rinnovabili ............................................................................................... 5

1.3 La Wave Energy e gli obiettivi del lavoro di tesi ..................................................... 6

2 L’ENERGIA ONDOSA COME RISORSA ........................................................................................ 9

2.1 Calcolo di energia e potenza connessa al moto ondoso ......................................... 9

2.2 La disponibilità della risorsa energetica ................................................................ 16

2.3 Studi sulla risorsa energetica disponibile in Europa ............................................. 20

2.3.1 I censimenti dell’energia ondosa in Europa ..................................................... 21

2.3.2 Un quadro di insieme sulle potenzialità dei paesi dell’Unione Europea .......... 25

2.3 Risorse del moto ondoso in Italia .......................................................................... 27

2.3.1 Analisi su scala nazionale ................................................................................. 28

2.3.2 Studio a scala regionale intorno alla Sardegna................................................ 34

2.3.3 Analisi su scala locale: propagazione del clima di largo sul sito d’interesse .... 36

2.4 Aspetti legati all’ecosistema marino ed all’uso delle risorse del mare ................ 39

3 LE TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE DELL’ENERGIA ONDOSA IN

ELETTRICITA’ .........................................................................................................................................40

3.1 Generalità ............................................................................................................... 40

3.1.1 Cenni Storici ...................................................................................................... 40

3.1.2 I temi di Ricerca .............................................................................................. 44

3.2 Caratteristica della risorsa energetica ................................................................... 46

3.3 Idrodinamica di base .............................................................................................. 48

3.3.1. Modellazione fisica.......................................................................................... 55

3.4 Controllo ................................................................................................................. 57

Page 3: Tesi Davvero Finita

3

3.5 Le diverse tecnologie .............................................................................................. 60

3.5.1 I dispositivi a colonna oscillanti oscillating water culomn (OWC) ................... 61

3.5.2 Sistemi a corpo oscillante ................................................................................ 72

3.5.3 Dispositivi a tracimazione ............................................................................. 102

4 SOMMARIO E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE ............................................................... 112

APPENDICE I Lista di stati per estensione costiera...................................................... 114

APPENDICE II Il fabbisogno di energia elettrica .............................................................. 121

BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................................... 126

Page 4: Tesi Davvero Finita

4

1 INTRODUZIONE

1.1 La sfida energetica

L’energia è davvero importante per la vita della nostra società; il benessere delle

industrie, dell’economia, ed in definitiva della gente comune, dipende dalla possibilità di

acquisire energia in quantitativo adeguato, in sicurezza ed a basso costo. Al tempo

stesso è però vero che proprio la dipendenza della società dall’energia, dalle sue

oscillazioni di prezzo, come dalla sua presenza in un determinato territorio, condiziona

significativamente le possibilità e le prospettive di sviluppo. Inoltre, le emissioni

associate alla produzione di energia rappresentano una grande percentuale sul totale

delle emissioni dei gas serra nel mondo. Questa percentuale è pari addirittura all’80%

per l’Europa.

Così la “sfida energetica” rappresenta probabilmente il più test più importante cui la

comunità internazionale dovrà sottoporsi in un futuro ormai prossimo.

L’Europa si è dimostrata certamente sensibile a queste tematiche ed il Consiglio Europeo

nel 2007 ha definito un insieme di obbiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2020. Essi

consistono in:

1. Riduzione del 20% delle emissioni dei gas serra (percentuale da incrementare

fino al 30% in condizioni particolarmente favorevoli).

2. Miglioramento del 20% dell’efficienza energetica.

3. Incremento fino al 20% del tasso di produzione energetica da fonti rinnovabili.

Lo stesso Consiglio Europeo ha poi indicato un obiettivo di lungo termine per i paesi

della Comunità Europea (ed altri paesi industrializzati), consistente in una quasi

completa decarbonizzazione delle emissioni, con tagli tra l’80% e 95% entro il 2050.

Tuttavia le attuali strategie adottate dai diversi paesi rendono assai improbabile il

raggiungimento degli obiettivi di breve periodo ed appaiono totalmente inadeguate per

la sfida a lungo termine e tanto la Commissione Europea (Doc. 7110/10 del 5 marzo

2010) che il Consiglio Europeo (Resource Efficient Europe) hanno sottolineato come un

obiettivo assolutamente imprescindibile per il vecchio continente sia quello di rendere

possibile quelle trasformazioni, “in maniera che l’Europa possa riemergere dalla

Page 5: Tesi Davvero Finita

5

recessione su una strada di maggiore sicurezza e sostenibilità ambientale” (Commissione

Europea: Energy 2020, “A strategy for copetitive, sustenable and secure energy”).

1.2 Le energie rinnovabili

Dal paragrafo precedente appare chiaro che un ruolo di assoluto rilievo nelle future

strategie energetiche dell’Europa e nel Mondo dovrà essere svolto dalle cosiddette

energie rinnovabili. Questo ruolo è divenuto di recente ancor più importante a seguito

della tendenza (più o meno definitiva) all’abbandono dell’energia nucleare. E’

interessante sottolineare che l’aggettivo “rinnovabile” ha un significato principalmente

mediatico, ma non scientifico. È infatti noto, per il primo principio della termodinamica,

che l’energia non si crea e non si distrugge; d’altro canto è invece sicuro che le forme di

energia si deteriorano, a norma del terzo principio della termodinamica. Così il termine

rinnovabile ha in realtà il significato di riserva illimitata: ad esempio l’homo sapiens

esiste da 28 mila anni, mentre il sole è destinato a durare ancora 4-5 miliardi di anni. In

quest’ottica anche i combustibili fossili (convenzionali) possono essere considerati

rinnovabili, a patto di limitare il loro utilizzo alla quantità che la Terra può produrre

durante la nostra vita. Dunque, considerando che occorrono almeno un milione di anni

per generarli, che la popolazione della terra è pari circa a 6 miliardi di abitanti e che

tutto ciò che la terra ha accumulato nelle ere passate è pari a circa 1500 miliardi di

tonnellate, ne consegue che dovremmo limitare il nostro consumo a 250 grammi/anno.

Ogni grammo in più viene in realtà sottratto alle future generazioni, se non viene trovato

un metodo alternativo di produzione.

In sostanza le energie rinnovabili derivano da tre processi fisici:

- L’attrazione gravitazionale tra i pianeti

- Il calore accumulato e rilasciato dalla terra (l’energia geotermica)

- La radiazione solare.

Queste tre sorgenti, soprattutto la terza, danno origine poi a una moltitudine di vettori

d’energia associati ai diversi processi di conversione che hanno luogo in natura. Così i

moti di attrazione gravitazionale consentono di estrarre energia dalle maree e la

radiazione solare può consentire per via diretta l’estrazione di energia di tipo

Page 6: Tesi Davvero Finita

6

fotovoltaico, o può indurre un flusso di energia idroelettrica per gli effetti dei processi di

evaporazione e di precipitazione atmosferica.

Tra le forme indotte dell’energia solare vi è quella eolica; i venti infatti sono causati da

un riscaldamento irregolare da parte del sole, oltre che dall’irregolarità della superficie

terrestre e dalla rotazione del pianeta.

Oggi il vento rappresenta un vettore molto interessante di energia rinnovabile.

Tuttavia una parte rilevante dell’energia eolica viene ceduta alle masse oceaniche per la

generazione di onde gravitazionali di superficie (Figura 1.1). Queste ultime divengono

così un ulteriore vettore di energia per la produzione di elettricità: è la cosiddetta Wave

Energy, di cui si intende discutere in questo lavoro.

Figura 1.1 Creazione di onde mediante l’azione del vento

Page 7: Tesi Davvero Finita

7

1.3 La Wave Energy e gli obiettivi del lavoro di tesi

La potenzialità della risorsa energetica che risiede negli oceani, associata alle onde di

superficie, è immediatamente evidente dal potenziale distruttivo delle mareggiate (Foto

1.1). Tuttavia è sempre utile sottolineare che gli oceani posseggono una capacità

praticamente illimitata e, benchè nota da tempo, non ancora completamente esplorata.

Lo sfruttamento dell’energia delle onde è storicamente datato 1799, quando un primo

brevetto per la conversione di Wave Energy in energia meccanica fu depositato in

Francia da Girard e figlio. Nei successivi due secoli la ricerca è progredita in maniera

disuniforme, con improvvisi picchi in corrispondenza degli stress petroliferi alternati a

momenti di sostanziale disinteresse. Negli ultimi anni però, la stessa cornice di regole

fissata dalla Comunità Europea ne ha favorito lo sviluppo, soprattutto nel vecchio

continente, ma anche in America e nelle realtà emergenti.

Foto 1.1 Si evidenzia il potenziale distruttivo che possono avere le onde

Secondo Thorpe (1999) la Wave Energy potrebbe realisticamente produrre nel 2020

circa 2000 TWh all’anno di elettricità; considerando che il consumo mondiale attuale

vale circa 17 000 TWh/anno può essere realistico pensare che questa fonte rinnovabile

possa soddisfare una percentuale del consumo elettrico mondiale variabile tra il 5% e il

15%, cioè un valore dello stesso ordine di grandezza del nucleare, che vale attualmente

Page 8: Tesi Davvero Finita

8

il 16%. Successivi studi indicano che al raggiungimento dei 2000 TWh si assocerebbe un

flusso finanziario per la vendita di tecnologia e strumentazione di 650 miliardi di Euro.

Nel Regno Unito, dove la risorsa, come vedremo è molto abbondante, è prevista per il

2020 una capacità istallata di 1360 MW con un flusso finanziario di vendite di energia

pari a 4,76 miliardi di Euro. Analogo discorso vale per l’Irlanda, per la quale sono previsti

500 MW di potenza installata con un flusso di circa 1,75 miliardi. Negli Stati Uniti lo

sfruttamento della Wave Energy previsto nel 2020 è di circa 1500 MW con vendite di

circa 5,25 miliardi di Euro. Come è evidente queste cifre appaiono assolutamente

rilevanti specie, si considera il breve arco temporale cui sono riferite.

Il lavoro di tesi intende fornire uno stato dell’arte sulla conversione della Wave Energy in

elettricità. Quale obiettivo secondario, ma non trascurabile, si intende poi fornire un

quadro di insieme sulla disponibilità della risorsa con particolare riferimento all’Europa e

all’Italia.

Page 9: Tesi Davvero Finita

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2 L’ENERGIA ONDOSA COME RISORSA

2.1 Calcolo di energia e potenza connessa al moto ondoso

L’energia complessivamente contenuta in un’onda si compone di un’energia potenziale,

derivante dalla sopraelevazione della superficie liquida rispetto allo stato di quiete, e di

un’energia cinetica, dovuta al fatto che le particelle fluide sono dotate di movimento.

In assenza di fenomeni dissipativi, e nell’ipotesi di avere un volume di controllo che si

estende dal pelo libero al fondo e avente sezione orizzontale unitaria (Figura 2.1), il

valore della densità (areale) di energia potenziale media nel periodo e nella lunghezza

d’onda può essere espresso come:

(2.1)

Dove ρ è la densità dell’acqua marina, g è l’accelerazione di gravità e H è l’altezza

dell’onda.

Figura 2.1 Volume di controllo che si estende dal pelo libero al fondo e avente sezione unitaria

Dunque l’energia potenziale media, per unità di area dipende solo dalla sua altezza.

Nelle stesse ipotesi, si può definire la densità areale di energia cinetica media nel

periodo e nella lunghezza d’onda:

(2.2)

Page 10: Tesi Davvero Finita

10

Quindi per onde periodiche regolari*, l’energia meccanica media nel periodo e nella

lunghezza d’onda è la somma dell’energia potenziale e cinetica:

(2.3)

L’equazione 2.3 può scriversi anche in funzione dell’ampiezza d’onda , che nella

presente discussione si assumerà comunque pari ad H/2. Si avrà così:

(2.3 bis)

La quantità di energia meccanica trasferita nell’unità di tempo (mediamente in un

periodo) attraverso una sezione di larghezza unitaria che si estende dal fondo alla

superficie libera viene detta flusso di energia P. (Figura 2.2) Esso rappresenta la potenza

media delle onde e vale:

(2.4)

Figura 2.2 Sezione di larghezza unitaria che si estende dal fondo alla superficie libera

Dove è la celerità di gruppo, ossia la velocità con cui l’energia viene trasmessa. Nelle

solite ipotesi il suo valore è uguale a:

* Le cosiddette onde di Stokes di secondo ordine

Page 11: Tesi Davvero Finita

11

(2.5)

(

) (2.6)

Dove:

- con h si intende la profondità del fondale in condizioni di quiete

- C è la velocità di propagazione dell’onda o celerità di fase (

)

- σ è la pulsazione angolare (

)

- L la lunghezza dell’onda

- T è il periodo dell’onda

- K è il numero d’onda (

Nel seguito si assumerà che la lunghezza d’onda L (o la celerità C) sia legata al tirante e al

periodo dalla cosiddetta relazione di dispersione lineare:

(2.7)

Da cui discende che:

(2.8)

Da cui si ha anche:

(2.9)

Tornando all’equazione 2.5 e 2.6, è facile verificare che il valore di n in acque basse

(ossia quando

o

) tende al valore asintotico di 1, mentre in acque alte (

quando o

) tende al valore asintotico di 0,5. Così nel primo caso

otteniamo:

(2.10)

Page 12: Tesi Davvero Finita

12

(2.11)

Tuttavia ciò è valido solo nel campo delle onde ideali, vale a dire di altezza, periodo e

forma costanti. Invece come è evidente le onde reali hanno caratteri aleatori nell’altezza

e nel periodo oltre che nella direzione (Figura 2.3). E’ necessario in questo caso ricorrere

al concetto di spettro densità di energia.

Figura 2.3 Rappresentazione di un’onda reale

Si suppone in pratica che le fluttuazioni della superficie libera nel caso delle onde reali

possano considerarsi come la sovrapposizione di un numero molto grande di ondine

regolari elementari, che dell’effettivo profilo d’onda rappresentano le componenti

atomiche. Si avrà:

∑ (2.12)

Dall’equazione 2.12 è evidente che le ondine elementari componenti avranno diverse

frequenze (o diversi periodi), nonché diversa ampiezza ( ) e diversa costante di fase

( ). Senza entrare nel dettaglio della teoria degli stati di mare reali, possiamo qui

introdurre una funzione detta densità spettrale di energia media S(f) (Figura 2.4). Essa si

supporrà qui unicamente funzione della frequenza.

S(f), che nel seguito indicheremo semplicemente con la locuzione spettro d’energia,

gode della seguente proprietà: considerata la generica frequenza f* ed un intervallo di

ampiezza df attorno ad essa, diremo che l’area S(f*)df è pari alla sommatoria delle

energie di tutte le ondine regolari componenti con frequenza compresa tra f*-df/2 e

f*+df/2.

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13

*

+ (2.13)

Figura 2.4 Densità spettrale di energia media S(f)

Naturalmente l’uguaglianza in termini numerici vale a meno della costante ρg.

Ora si può definire il momento spettrale di ordine n come:

(2.14)

Appare dunque chiaro che il momento di ordine 0, l’area dello spettro, che

dimensionalmente corrisponde ad una lunghezza elevata al quadrato, rappresenta la

somma delle energia di tutte le ondine componenti e quindi, sempre a meno di ρg,

l’energia dell’intero stato di mare.

(2.15)

A partire dal momento spettrale di ordine 0, si può definire un’altezza d’onda

energeticamente equivalente

√ (2.16)

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La proprietà principale di questa variabile è che essa può essere considerata un’altezza

d’onda regolare equivalente in termini d’energia; applicando infatti l’equazione 2.3 si ha:

(2.17)

Nelle pratiche applicazioni è tuttavia di più comune uso l’altezza d’onda significativa

spettralmente definita:

√ √ (2.18)

A questo punto appare naturale calcolare la potenza media del moto ondoso irregolare

come il prodotto di per la celerità di gruppo computata per una frequenza

media dello stato di mare:

[ ] (2.19)

Ed in acque alte, si avrà per l’equazione (2.11):

(2.20)

Per quanto riguarda il periodo medio, è possibile stimarlo rapportando momenti

spettrali di diverso ordine; la letteratura specializzata ne suggerisce diversi, ma quello

più adoperato recentemente nelle pratiche applicazioni è:

(2.21)

rappresenta in pratica una media armonica tra le frequenze dello spettro; esso ha il

vantaggio applicativo di essere scarsamente sensibile ad eventuali disturbi elettrici ad

alta frequenza (così un disturbo elettrico di rete alla frequenza di 50 Hz non influirà sulla

stima del periodo ondoso che è invece nell’ordine di 0,1 Hz).

Infine rielaborando l’equazione della potenza in termini di altezza d’onda significativa si

ottiene:

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(2.22)

L’equazione 2.22 rappresenta la potenza media di uno stato di mare di altezza d’onda

significativa di largo e di periodo . Questo flusso energetico rappresenta la risorsa

potenzialmente estraibile da una tempesta; a tal riguardo è importante sottolineare che

sebbene computata al largo, la risorsa si conserva sostanzialmente inalterata nel corso

della propagazione verso i bassi fondali, sino a che non intervengono intensi fenomeni

dissipativi connessi al frangimento.

Page 16: Tesi Davvero Finita

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2.2 La disponibilità della risorsa energetica

Negli ultimi anni il settore della produzione di energia rinnovabile dal moto ondoso ha

compiuto enormi passi in avanti. Essi hanno portato all'avviamento di numerosi progetti

di sperimentazione e alla messa a punto di differenti tecnologie in tutto il mondo. In

alcuni casi, come vedremo nei prossimi capitoli, la ricerca è giunta fino alla fase di

sperimentazione commerciale, con la nascita di nuovi settori di mercato.

Concettualmente la Wave Energy è una fonte rinnovabile, pulita, ed inesauribile. La

Figura 2.51 fornisce un quadro sinottico della intensità delle mareggiate (quanto

all’altezza significativa) sull’intero pianeta.

Si stima che la risorsa energetica globale in acque profonde (oltre i 100 m) sia compresa,

in termini di potenza media annua, tra 1 e 10 TW (Panicker, 1976). Quando i dispositivi

attualmente esistenti saranno completamente maturi, la risorsa economicamente

sfruttabile sarà probabilmente compresa tra i 140 e i 750 TWh/anno (Wavenet, 2003),

ma potrà raggiungere anche i 2000 TWh/anno (Thorpe, 1999) in una prospettiva

comunque di medio periodo. L’attuale fabbisogno di energia elettrica a livello mondiale

vale all’incirca 17.109 TWh/anno (BP, IEA) e di conseguenza è realistico pensare

(immaginando ragionevolmente una riduzione del tasso di crescita dei prossimi anni)

che la Wave Energy possa soddisfare circa il 10% del fabbisogno mondiale d’energia

elettrica* (si pensi che attualmente la produzione di energia elettrica dal nucleare è

intorno al 16%). Comunque sia, i margini di crescita e di sviluppo di questa risorsa sono

comunque realmente enormi.

* In particolare la Francia produce dal nucleare circa il 76% del proprio fabbisogno elettrico, i

paesi dell’Europa dell’Est circa il 40-50%, L’UE il 35% (allo stato attuale), gli usa il 20%.

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17

Figura 2.5 Distribuzione delle altezze d’onda significativo nei vari luoghi della costa terrestre.

Page 18: Tesi Davvero Finita

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Un primo passo per uno studio di fattibilità di un convertitore di energia del moto

ondoso in elettricità (Wave Energy Converter, WEC) è quello della conoscenza del flusso

energetico di largo, ovvero della potenza disponibile stimata mediante l’equazione 2.22.

Per questa analisi si rende necessario tener conto dell’intrinseca variabilità dei diversi

climi meteo-marini, in funzione della velocità del vento, della pressione atmosferica e

del fetch secondo le diverse direzioni di possibile attacco*. Naturalmente bisognerà

comporre i diversi stati di mare secondo le rispettive frequenze di apparizione; ad

esempio, se lungo una certa direzione uno stato di mare di caratteristiche assegnate

(altezza d’onda e periodo) ha una frequenza relativa d’apparizione pari a , potremmo

dire che la potenza media di largo di un determinato punto sarà pari a:

∑ (2.23)

In cui è la potenza di uno stato di mare di caratteristiche assegnate (vedi equazione

2.22) secondo una certa direzione ed è la stima della probabilità che questo evento si

verifichi in altezza, periodo e direzione.

In più se il WEC verrà disposto in acque basse (swallow water o shoreline device),

bisognerà necessariamente conoscere e studiare la variabilità morfologica dei fondali, la

quale influenza direttamente la propagazione del moto ondoso.

Se le onde di largo, infatti, hanno generalmente un’energia maggiore (giacché frangendo

in acque basse perdono parte della propria energia) esistono in prossimità della costa

luoghi specifici molto favorevolmente esposti i quali, per effetto di diffrazione e

rifrazione hanno livelli energetici molto alti. Addirittura in alcuni punti, detti “hot spots”

è possibile osservare che le altezze d'onda inshore, principale parametro nella

definizione dell'energia, sono conservate rispetto alle condizioni di largo, o addirittura

incrementate. Appare in ogni caso essenziale un monitoraggio accurato e

statisticamente rilevante, nonché una mappatura dettagliata della potenze disponibili.

Fino a non molto tempo fa le osservazioni sulle condizioni meteomarine erano

effettuate principalmente tramite la semplice osservazione dei naviganti, con ridotta

possibilità di applicare scale di valutazione omogenee. In conseguenza di ciò, in molte

* In genere il fetch rappresenta una distesa di mare alla quale il vento può cedere energia; in

pratica l’estensione del fetch limita superiormente la quantità di energia che può essere assorbita in una certa zona e per una certa direzione. Può essere utile ricordare che in mari chiusi come ad esempio il Mediterraneo il fetch si computa, per una assegnata direzione, come la distanza tra la costa sopravvento e sottovento

Page 19: Tesi Davvero Finita

19

regioni non sono attualmente disponibili una serie di dati che forniscano una copertura

spaziale, ma soprattutto temporale, adeguata ad un'analisi di tipo scientifico.

Analogamente, per quanto riguarda la caratterizzazione dei fondali marini, la principale

fonte è costituita dalle carte nautiche, ma questa informazione non è da considerarsi

sufficientemente accurata per una analisi di fattibilità.

La Figura 2.62 fornisce una visione di insieme delle potenze teoricamente disponibili,

ricavata a partire dall’uso integrato di rilievi di campo (boe) e di modelli numerici di

trasformazione “vento-onda” (fonte). I livelli energetici sono espressi per unità di fronte

d’onda o di linea di costa (KW/m). La tabella riportata in Appendice I fornisce un elenco

dell’estensione costiera dei diversi paesi del mondo, insieme al rapporto espressa in

m/ tra estensione costiera e superfice.

E’ evidente che le onde oceaniche hanno una potenza molto più elevata dei mari interni

come ad esempio il Mediterraneo. Non a caso le potenze medie attuali sono più alte

lungo le coste occidentali del Regno Unito e lungo quelle dell’America del Nord e del

Sud, in specie sul Pacifico. Tuttavia valori alti si riscontrano anche in Groenlandia,

nell’est della Russia, al largo dell’Australia e della Nuova Zelanda, superando qui spesso

valori di potenza di 70 KW/m, ossia un’energia annuale media di 600 MWh/anno.

Figura 2.6 Distribuzione delle potenze medie annulli del moto ondoso nei vari punti del globo terrestre.

Riscontri sperimentali hanno poi dimostrato che la persistenza stagionale delle potenze

è maggiore nell’emisfero Sud, rispetto a quello Nord.

Page 20: Tesi Davvero Finita

20

2.3 Studi sulla risorsa energetica disponibile in Europa3

L’Europa dispone di 89.000 km di coste bagnate dall’Atlantico, dal Mediterraneo e dal

Mare del Nord. La tabella 2.1, ripresa da quella più completa in appendice, fornisce un

quadro di dettaglio per alcuni dei paesi del vecchio continente.

Pos. Paese Superficie

(km²) Coste (km)

Rapporto Coste/Area

(m/km²)

1 Groenlandia 2.166.086 44.087 20,353

2 Russia 16.995.800 37.653 2,215

3 Norvegia 307.442 25.148 81,798

4 Grecia 130.800 13.676 104,557

5 Regno Unito 241.590 12.429 51,447

6 Italia 294.020 7.600 25,849

7 Danimarca 42.394 7.314 172,254

8 Turchia 770.760 7.200 9,341

9 Croazia 56.414 5.835 103,432

10 Islanda 100.250 4.988 49,756

11 Spagna 499.542 4.964 9,937

12 Estonia 43.211 3.794 87,802

13 Francia 545.630 3.427 6,281

14 Svezia 410.934 3.218 7,831

15 Ucraina 603.700 2.782 4,608

16 Germania 349.223 2.389 6,841

Page 21: Tesi Davvero Finita

21

17 Portogallo 91.951 1.793 19,500

18 Irlanda 68.890 1.448 21,019

19 Finlandia 304.473 1.250 4,105

20 Isole Fær Øer 1.399 1.117 798,427

Tabella 2.1 Estensione costiera dei paesi europei

Negli ultimi anni sia a livello nazionale sia internazionale sono stati eseguiti studi accurati

concernenti la valutazione del potenziale energetico del moto ondoso. Di seguito

passeremo in rassegna alcuni dei progetti più interessanti, per poi fornire un quadro di

sintesi di carattere conclusivo

2.3.1 I censimenti dell’energia ondosa in Europa

WERATLAS

WERATLAS (1994-96) è un progetto finanziato dalla Comunità Europea sotto il

programma JOULE, il cui leader è l’istituto portoghese INETI sigla che sta per Instituto

Nacional de Enghenharia, Tecologia Inovaçao. INETI si è avvalsa della collaborazione dei

seguenti patner: National Technical University of Athens (Grecia), Instituto per lo Studio

della Dinamica delle Grandi Masse (ISGDM), Venezia (Italia), Oceanor ASA (Norvegia),

University Collegeof of Cork (Irlanda), Heriot-Watt University (Scozia), Instituto de

Meteorologia (Portogallo).

Il progetto, ha prodotto statistiche annuali e stagionali riferite ad una serie di stazioni,

prevalentemente di rilievo anemometrico, lungo le coste europee; oltre a ciò è stato

sviluppato un software che permette all’utente di gestire ed utilizzare la mole di

informazioni disponibili.

La zona d’indagine è stata suddivisa in 5 aree che si sovrappongono parzialmente:

Atlantico nordorientale, Mare del Nord, Mare di Norvegia, Mare di Barents e Mar

Mediterraneo (Figure 2.7). Le informazioni sono presentate in 85 data points, di cui 41 in

Atlantico e 44 nel Mediterraneo. Come già accennato in precedenza, la maggior parte

dei dati proviene dalla ricostruzione (hindcasting) delle condizioni metomarine a partire

Page 22: Tesi Davvero Finita

22

dai dati di vento; il modello di trasformazione adoperato è noto con l’acronimo di WAM.

WAM è in uso presso lo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts Reading

(UK). Nei casi in cui i risultati del modello sono stati ritenuti meno affidabili, sono stati

adoperati dati di provenienza satellitare.

Page 23: Tesi Davvero Finita

23

Figura 2.7 Due delle 5 zone studiate da WERATLAS

Page 24: Tesi Davvero Finita

24

MEDATLAS / Wind and Wave Atlas in the Mediterranean Sea

MEDATLAS (1999-2004) è un progetto finanziato dalla Marina Militare di Italia, Francia e

Grecia, con lo scopo di creare un supporto per gli operatori della navigazione, della

gestione della fascia costiera e dell’utilizzo delle risorse energetiche (eolico e moto

ondoso).

I lavori condotti all’interno del progetto MEDATLAS si sono conclusi con la pubblicazione

di un atlante del vento e delle onde nel Mediterraneo.

È stato raccolto e analizzato un set di dati corrispondente a di 10 anni di osservazione in

corrispondenza di 935 punti di misura, distribuiti sull’intera area mediterranea. Sono

stati calcolati importanti parametri statistici per le principali caratteristiche di onde e

vento, e la loro distribuzione geografica è stata suddivisa in 70 mappe su base

stagionale; inoltre sono stati ricavati 2580 istogrammi bivariati, sempre su base

stagionale in corrispondenza di 129 punti distribuiti nell’intero bacino.

L’insieme delle informazioni è stata prodotta a partire da tre fonti di dati: misure

ondametriche in situ, dati da satellite e modelli matematici di trasformazione vento-

onda. I dati misurati da boe e i dati da satellite sono sono stati utilizzati principalmente

nel processo di calibrazione degli strumenti numerici.

EUROWAVES Project

EUROWAVES project (1997-2001) è un progetto finanziato dalla Comunità Europea e

gestito dalle seguenti istituzioni:

- OCEANOR di Trondheim (Norvegia)

- National Technical University of Athens, Grecia

- Istituto Studio Dinamica Grandi Masse ,Venezia, Italia.

Esso nasce come sviluppo di maggior dettaglio del World Wave Atlas (WWA), gestito da

OCEANOR. I risultati della mappatura e delle stime della potenza disponibile sono

mostrati in Figura 2.8. Dalla fonte consultata non risulta chiaro se il progetto ha

utilizzato misure dirette o (molto più probabilmente) modelli di trasformazione vento-

onda.

Page 25: Tesi Davvero Finita

25

Figura 2.8 Si mostra una delle aree oggetto di studio del progetto EUROWAVES

2.3.2 Un quadro di insieme sulle potenzialità dei paesi dell’Unione Europea4

Dall’analisi dei risultati prodotti dai lavori di ricerca descritti nel paragrafo precedente, e

dall’analisi di ulteriori fonti che verranno qui progressivamente citate, si possono

proporre le seguenti considerazioni di carattere generale, esposte poi anche

graficamente attraverso la mappa riassuntiva esposta in Figura 2.9.

Ovviamente la risorsa energetica più cospicua è allocata sulle coste oceaniche, dove

mediamente l’energia annuale sfruttabile si aggira attorno ai 200 MWh/anno. La

potenza ondosa disponibile generalmente cresce da Sud verso Nord, nel range di

latitudine 40-60° N. La costa portoghese situata sull’Atlantico, può essere considerata il

limite meridionale di questo intervallo ottimale. Il Portogallo ha una potenza media

totale tecnicamente disponibile di 5 GW con un flusso medio annuo intorno 30 kW/m(5).

Nel territorio spagnolo, la potenza media del moto ondoso eccede il valore dei 30 kW/m

fino a raggiungere i 50 KW/m nel Nord Ovest della penisola, sulla costa atlantica (vedi

Figura 2.6). Recenti studi hanno rilevato alcuni punti ad enorme potenziale, con valori

disponibili che superano i 200 MWh/m anno sino a raggiungere i 400 MWh/m anno sulla

Page 26: Tesi Davvero Finita

26

Costa della Morte, detta così per i numerosi naufragi dovuti al fondale roccioso

ingannevole.

Nel Nord-ovest della Francia le potenze medie annuali si attestano attorno ai 40

kW/m(6); nella parte Sud, che invece affaccia sul Mediterraneo, si sono riscontrati valori

bassi che superano molto raramente i 5 KW/m. In definitiva si può facilmente costatare

che passando da Nord a Sud la quantità di energia disponibile varia di 350 MWh/anno a

43 MWh/anno, con una variazione complessiva di un ordine di grandezza.

Il Regno Unito è caratterizzato da una potenza media al largo che oscilla tra i 60-70

KW/m; e quindi, considerando l’estensione delle coste, la potenza media totale

disponibile è di circa 120 GW(7). In Irlanda la risorsa energetica totale è stimata di 187.5

TWh annuo, con tempeste invernali che regolarmente superano regolarmente i 150

kW/m(8).

Alte densità specifiche di energia caratterizzano il Mare del Nord, ma le potenzialità di

quest’area sono fortemente limitate dall’estensione ridotta della costa e dal fatto che le

acque diventano rapidamente basse in molte aree costiere, il che rende difficilmente

sfruttabile il potenziale a disposizione.

La Norvegia ha un’eccezionale risorsa d’energia, nell’ordine dei 400 TWh/anno, che

corrisponde in termini di potenza media annuale a 23-50 kW/m.

In Danimarca l’energia totale si attesta intorno ai 30 TWh per anno, la potenza totale è

di 3.4 GW. Ciò corrisponde a disponibilità di 7-24 kW/m, soprattutto dovute alle onde

provenienti da Ovest. Più piccole sono le potenze della costa svedese stimabili intorno ai

5.2 kW/m(9); ciò corrisponde a 45 MWh/m annui, che considerando l’estensione della

costa forniscono quindi i valori di energia complessiva annuale di 5-10 TWh/anno.

Sulle coste mediterranee le potenze decrescono drasticamente. La Francia e la Spagna

sono caratterizzate da potenze più basse dei 5 kW/m, nell’Egeo e nel Mar Ionio si hanno

4-11 KW/m in alcuni “hot spot”10.

Ad una analisi di dettaglio lungo i mari italiani sono dedicati i prossimi capitoli.

Page 27: Tesi Davvero Finita

27

Figura 2.9 Rappresentazione della distribuzione dell’energia del moto ondoso in Europa

2.3 Risorse del moto ondoso in Italia11

Nonostante la rilevante estensione della costa, circa 7456 km, l’Italia ha sin qui ricoperto

un ruolo di secondo piano nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie per la

conversione dell’energia del moto ondoso in elettricità. Ciò è in parte dovuto al basso

regime energetico delle onde del Mar Mediterraneo rispetto a quelle oceaniche.

Tuttavia, ciò non basta a concludere che l’Italia e gli atri stati mediterranei siano esclusi

da questo settore. E’ possibile infatti che esistano località isolate o punti singolari del

territorio in corrispondenza dei quali l’installazione di un convertitore risulti (o possa

risultare) conveniente. Seguendo questa idea Vicinanza e altri (2011) hanno condotto un

accurato censimento delle risorse disponibili nelle acque del nostro paese, seguendo

una metodologia di “downscaling”, che potremmo definire di “regionalizzazione

Page 28: Tesi Davvero Finita

28

inversa” (Figura 2.10). In pratica si tratta di valutare dapprima il potenziale energetico di

largo su scala nazionale; poi, individuate le zone più idonee all’installazione di un WEC, si

valuta il potenziale a scala regionale e di seguito, per una maggiore precisione, a scala

locale.

Figura 2.10 Si mostra l’iter di studio e il “downscaling” per la valutazione e identificazione dei siti più idonei per l’istallazione di un WEC.

2.3.1 Analisi su scala nazionale

Nella prima fase, una prima valutazione sul contenuto energetico dei mari italiani è stata

prodotta dalla Seconda Università di Napoli, nell’ambito progetto PRIST 2007. Le attività

sono state condotte a partire dai dati ondametrici forniti dalla Rete Ondametrica

Nazionale (RON).

La RON è attiva dal luglio 1989. Originariamente era composta da otto boe direzionali di

tipo pitch-roll, dislocate al largo di La Spezia, Alghero, Ortona, Ponza, Monopoli,

Crotone, Catania e Mazara del Vallo12. Ogni boa, ancorata su fondali dell'ordine di 100

metri, segue il movimento della superficie dell'acqua e permette di determinare

l'altezza, la frequenza e la direzione delle onde. Gli strumenti sono dotati di un sistema

di localizzazione che utilizza il satellite ARGOS per il controllo continuo della posizione.

Nel 1999 sono state aggiunte alla rete preesistente le ulteriori boe a traslazione di

Cetraro ed Ancona; inoltre la boa pitch-roll di Catania è stata sostituita con un’ulteriore

Page 29: Tesi Davvero Finita

29

boa a traslazione. La RON rimaneva quindi configurata su dieci stazioni di misura, di cui

sette costituite da una boa direzionale Datawell-Wavec di tipo pitch-roll e tre costituite

da una boa direzionale Datawell-Waverider di tipo a traslazione. Le stazioni erano

completate da un centro di ricezione ed elaborazione a terra dei dati inviati via radio.

Successivamente, ad inizio del 2002, è stata svolta un’attività di potenziamento della

rete, volta alla realizzazione di un sistema affidabile di monitoraggio e diffusione dei dati

in tempo reale. Contestualmente sono state aggiunte altre 4 boe: Capo Linaro

(Civitavecchia, Tirreno Centrale), Capo Gallo (Palermo, Sicilia), Punta della Maestra (alto

Adriatico) e Capo Comino (Sardegna Orientale). Dal punto di vista dei parametri

osservati, non ci sono state variazioni rispetto alle grandezze proposte dal 1989, tranne

per l'aggiunta delle elaborazioni nel dominio del tempo (analisi zero-crossing). I

parametri sintetici analizzati dalle boe sono: Hs (metri; altezza d’onda significativa

spettrale), Tp (secondi; periodo di picco), Tm (secondi; periodo medio) e θm (gradi N;

direzione media di propagazione). Infine, nel 2007 è stato aggiunto l'ondametro di

Cagliari, portando a 15 il totale degli strumenti impiegati (Foto satellitare 2.A).

Foto 2.A Foto satellitare che mostra la collocazione delle 15 boe dell’IWC sul territorio nazionale

Page 30: Tesi Davvero Finita

30

Dal 1989 al 2002, ogni boa raccoglie 30 min di misure ogni 3 ore, ma in presenza di onde

più grandi di 1,5 m le misurazioni sono continue. Dal 2002 le misure delle onde sono

state sempre continue e i parametri caratteristici delle onde si riferiscono a intervalli di

30 min. In ogni caso i dati riferiscono l’altezza d’onda significativa, il periodo medio e di

picco, e la direzione media dell’onda.

In aggiunta alle registrazione ondametriche della RON, la base dei dati è stata allargata

mediante le informazioni del progetto noto con l’acronimo di ECMWF (European Centre

for Medium-Range Weather Forecasts). Quest’ultimo fornisce informazioni sul clima

meteo marino principalmente sulla base di modelli numerici di trasformazione delle

condizioni meteoriche atmosferiche in condizioni meteo-marine.

Un’opportuna attività di omogeneizzazione e filtraggio dei dati ha consentito di trarre

alcune conclusioni sulla disponibilità della risorsa energetica nei mari italiani; queste

ultime sono discusse nel paragrafo che segue.

Il flusso di energia medio di largo su scala nazionale

Secondo le stime di Vicinanza et al. (2011), la potenza teoricamente disponibile si

attesta attorno ai 18.8 GW; questo valore cumula diverse disponibilità, variabili 2.23 GW

del Mar Adriatico ai 3.97 GW della Sardegna.

I risultati migliori sono stati ottenuti ad Alghero, che ha mostrato un comportamento

decisamente diverso rispetto alle altre zone; qui la potenza attinge valori di circa 9.05

kW/m.

Ciò è spiegato dal fatto che Alghero è sottoposta a venti frequenti provenienti da NW;

infatti la zona nord-occidentale della Sardegna è direttamente soggetta alle tempeste

del Golfo del Leone, una delle regioni più perturbate del Mediterraneo. La concomitante

azione di afflusso d’aria fredda dal quadrante nord/nord-ovest dell’Atlantico e le alte

temperature della superficie del mare, conducono allo sviluppo di un largo sistema

convettivo intenso e esteso nel tempo. Così i sistemi di tipo MSC (Mesoscale Convective

System) convergono nell’area di largo di Alghero.

Un MSC (Foto satellitare 2.B) è un complesso di temporali che sono di scala più grande

di una normale tempesta, ma più piccola di quella dei cicloni extratropicali; essa

normalmente persiste per molte ore. Un MSC è capace di causare onde alte che vanno

poi a frangere nell’area Ovest della Sardegna.

Page 31: Tesi Davvero Finita

31

Foto satellitare 2.B Un tipico esempio di MSC

Valori elevati si riscontrano anche nella parte occidentale della Sicilia, in particolare

nella sua porzione più meridionale, per effetto dei venti di libeccio. La Sicilia è in realta

disposta in maniera strategica nel Mediterraneo, nel mezzo del canale formato dalle

coste della Sardegna e della Tunisia. La potenza media di Mazara del Vallo è attorno ai

4.75 KW/m, circa la metà di Alghero; però è importante notare che questa boa si trova

in un sito naturalmente protetto, in modo che i suoi settori di traversia principale e

secondario risultano notevolmente ridotti. In definitiva maggiori condizioni energetiche

sono attese per la costa siciliana occidentale.

Sulle coste adriatiche, i valori di potenza sono, come prevedibile, livellati verso il basso;

ciò per i valori più contenuti di fetch sia per l'andamento morfologico delle coste, che sia

sul versante italiano che balcanico, riducono lo spettro di direzione di provenienza

dell'onda al solo secondo quadrante.

Nella Foto satellitare 2.A, già proposta in precedenza, viene rimostrata di seguito

insieme alla tabella 2.2, quest’ultima riporta per ciascuna boa del servizio RON i valori

mensili medi della potenza disponibile; nell’ultima colonna sono riportate le potenze

medie annue.

Page 32: Tesi Davvero Finita

32

Foto satellitare 2.A Collocazione delle 15 boe dell’IWC sul territorio nazionale

Page 33: Tesi Davvero Finita

33

Tabella 2.2 Valutazione delle potenze medie mensili e annuali delle 15 boe dell’IWC

Boa Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic Ann.

1 12.3 13.4 10.2 10.8 5.85 4.13 4.32 3.68 6.16 7.47 14.83

15.39

9.05

2 2.27 1.24 2.23 1.23 0.69 0.46 0.74 0.66 1.56 1.94 4.49 3.80 1.82

3 1.85 0.91 1.02 1.98 na na 0.57 0.39 0.65 1.40 3.50 2.92 1.52

4 1.91 2.28 2.65 3.30 1..31

0.62 0.55 1.00 1.55 1.12 5.50 7.31 2.43

5 6.11 6.51 5.45 2.86 2.11 1.37 1.42 2.17 2.73 1.15 4.83 9.94 3.89

6 3.71 5.08 3.39 3.41 2.44 0.85 0.90 2.39 0.95 2.69 2.05 6.68 2.88

7 3.11 2.94 3.13 1.96 1.22 0.50 0.44 0.36 0.99 1.67 2.83 3.71 1.90

8 4.31 4.67 4.50 3.32 1.97 1.09 1.01 1.02 1.63 1.64 4.00 5.07 2.85

9 5.00 4.31 3.83 2.93 1.25 0.49 0.50 0.50 1.36 2.69 4.79 6.67 2.86

10 3.96 4.90 3.80 3.86 2.03 1.95 1.92 1.91 3.05 4.00 5.32 4.89 3.46

11 7.16 7.33 5.60 6.68 2.86 1.82 1.44 1.52 2.63 3.46 7.03 9.44 4.75

12 3.56 3.35 3.15 1.73 1.03 0.74 1.04 0.93 1.12 1.81 2.46 3.70 2.05

13 3.30 2.88 2.68 1.58 0.81 0.67 0.69 0.63 1.03 1.37 2.84 4.29 1.90

14 4.77 4.93 3.80 4.18 2.09 1.42 1.81 1.79 3.00 3.01 6.62 6.93 3.70

15 1.67 4.29 2.73 1.23 1.31 1.15 0.56 0.89 1.65 1.38 1.73 na 1.69

Page 34: Tesi Davvero Finita

34

Figura 2.11 Si mostra la distribuzione delle potenze e l’energia annuale del moto ondoso sulle coste italiane

2.3.2 Studio a scala regionale intorno alla Sardegna

Sulla base delle informazioni appena discusse si può concludere che la Sardegna è

sicuramente la regione d’Italia che più si adatta all’istallazione di un WEC. Questo non

solo perché la risorsa energetica è più abbondante delle altra zone italiane, ma anche

per l’altissimo costo dell’ energia elettrica ordinariamente prodotta (0.34 E/KW) che ne

penalizza l’economia. Tale costo, infatti, è il doppio rispetto alle altre regioni d’Italia, e il

triplo rispetto quello medio degli altri paesi della Comunità Europea.

In questo paragrafo si è quindi analizzato prima la distribuzione della risorsa in scala

regionale (offshore) e poi in scala locale per sua propagazione verso costa (nearshore).

Infine sono state tratte le conclusioni sul sito più idoneo per l’istallazione di un WEC.

Offshore

Le registrazioni della boa di Alghero, sono stati completate con i dati del ECMWF. Questi

ultimi sono stati adoperati in tre punti, ritenuti rappresentativi del clima meteo-marino

della Sardegna occidentale. Essi sono indicati nella Foto satellitare 2.C con i simboli

Page 35: Tesi Davvero Finita

35

P1,P2 e P3. Le nuove posizioni sono poste sullo stesso meridiano (longitudine di 7,5°) e

hanno latitudine rispettivamente di 39,5°, 40° e 41,5°(Foto 2.B).

Foto 2.C Distribuzione spaziale delle quattro boe di riferimento.

Mesi P1 P2 P3 Boa Alghero

Gen 15.02 12.46 12.04 12.39

Febb 16.19 13.34 13.17 13.43

Marz 12.37 9.96 10.16 10.20

Apr 11.16 9.13 9.21 10.78

Magg 6.49 5.71 6.33 5.85

Giu 4.95 4.78 5.74 4.13

Lug 4.95 5.42 6.77 4.43

Ago 5.03 5.46 6.48 3.68

Sett 6.27 6.25 7.29 6.16

Ott 8.31 7.29 8.08 7.47

Nov 14.36 12.20 12.21 14.83

Dic 18.31 14.95 15.00 15.39

Media 10.29 8.91 9.37 9.05

Tabella 2.3 Potenze mensili ed annuali delle quattro boe

Nella Tabella 2.3 è sono riportate le medie mensili ed annuali e mensili delle potenze

disponibili nei 4 differenti siti. La potenza annuale varia tra 8.91-10.29 kW/m. La

maggior parte di questa energia proviene da onde relative a quadranti nord-occidentali.

Page 36: Tesi Davvero Finita

36

Più del 65% dell’energia annuale è comunque prevista tra novembre ad aprile.

2.3.3 Analisi su scala locale: propagazione del clima di largo sul sito d’interesse

Con questo paragrafo si è inteso completare a livello locale lo studio sulla quantità di

potenza disponibile in prossimità delle coste di Alghero. Con questo proposito il clima

meteo-marino è stato trasferito sotto costa in corrispondenza dei possibili siti di

installazione di un WEC.

La propagazione dell’energia ondosa può essere accuratamente prevista usando modelli

numerici per simulare le trasformazioni che avvengono su fondali limitati. Gli effetti di

shoaling, rifrazione geometrica, diffrazione e riflessione comportano infatti una notevole

variazione delle altezze d’onda. Queste ultime sono state stimate adoperando il

modello commerciale MIKE 21 NSW, un modellatore della propagazione costiera delle

onde e della energia connessa. Il modello oltre a tenere in considerazione gli effetti già

menzionati, mette in conto anche le interazione tra onde e correnti.

Approccio e risultati E’ evidente che in questa fase è necessario considerare di variabili economiche.

Trascurati i fattori connessi alla tipologia di WEC, e quindi ai costi di funzionamento e

manutenzione, si può ragionevolmente ipotizzare che i costi di istallazione siano

funzione della vicinanza del sistema di distribuzione e di trasmissione di energia. Perciò,

accanto alla stima della potenza disponibile nearshore è necessario conoscere la

distanza dei diversi siti dagli aggregati urbani.

In particolare, l’area costiera oggetto di studio è costituita da piccoli villaggi(<10000

abitanti), con un’economia basata sulla pesca ed il turismo.

Sono state in definitiva considerate le 7 località mostrate in Figura 2.12.

Page 37: Tesi Davvero Finita

37

Figura 2.12 Distribuzione spaziale dei 7 punti rappresentativi

In località S1 (Torre del Porticciolo) sono stati riscontrati valori elevati di potenza media

annuale delle onde: 9.95 KW/m, addirittura più alta del punto di largo P3 (9.37 KW/m).

Le onde quindi hanno un incremento di energia andando verso costa, in questo modo la

località può essere a giusta ragione definita come “hot spot”. Ciò è comunque possibile

perché la baia di Torre del Porticciolo ha una favorevole disposizione delle isobate (ossia

in accordo con la direzione delle onde dominanti: 305°), che massimizza il flusso di

energia favorendo le onde alte. In altri punti, invece la configurazione riparata o le

interazioni con il fondale fanno perdere molta energia.

Per esempio il punto S2, di fronte al porto di Alghero, ha proprio il problema di essere

riparato da Capo Caccia, che costituisce un ostacolo alla propagazione delle onde nella

direzione dominante, così che ruotano di 60° approdando verso costa(245°). Il flusso di

energia computato dalla boa al largo di Alghero (dati proventi dalla boa RON) è di 9.05

kW/m ad una profondità di 100m, il che si traduce in una potenza di 3.83 kW/m ad una

profondità di 20m, un valore quindi troppo basso.

Appena ci si allontana dal cono d’ombra di Capo Caccia questi valori crescono

rapidamente. Ciò è visibile chiaramente nel punto S3 (località Scala Piccada), di poco

Page 38: Tesi Davvero Finita

38

oltre la tangente a Capo Caccia lungo la direzione delle onde dominati (305°). La potenza

arriva a valori di 7 kW/m.

Andando verso sud di può notare una piccola rotazione del fronte d’onda . Nel punto S4,

località Santù Miali, la densità di potenza delle onde è di 8.27 kW/m.

Il punto S5 è localizzato nella Baia di Bosa Marina. Questo punto è stato selezionato

perché Bosa Marina è la seconda città più grande nella zona dopo Alghero. Qui però la

densità di potenza è abbastanza bassa, circa 5.45 kW/m. Le onde dominanti hanno una

direzione di 290°, anche se il settore 260-280° contribuisce in maniera non trascurabile

all’energia totale.

Nel punto S6, a Porto Albe, sono stati riscontrati i livelli energetici più alti della zona.

Altissimi valori di potenza (>100 kW/m) caratterizzano il 10% del clima annuale. La

maggior parte del flusso di energia si trova ad un settore di 280-300° e più piccole

energie attorno ai 300-320°. Nonostante la rotazione del fronte d’onda sono stati

riscontrati i più grandi valori della zona: 10.91 kW/m in media. Anche questo località è

quindi un “hot spot”.

Nel punto S7 a Torre su Pittu, la configurazione morfologica della baia e l’orientamento

della costa, perpendicolare alla direzione predominante dell’onda, fa in modo che ci

siano processi associati di riflessione e diffrazione. Come risultato si è riscontrato 8.81

kW/m. Nella Tabella 2.4 sono riassunti i valori di potenza media annuale e di energia

annuale dei 7 siti.

Sito Località Potenza media kW/m Energia annua MWh/m

S1 Torre del Porticciolo 9.95 87

S2 Alghero 3.83 34

S3 Scala Piccada 7.05 62

S4 Santà Miali 8.27 72

S5 Bosa Marina 5.45 48

S6 Porto Albe 10.91 96

S7 Torre su Pittu 8.81 77

Tabella 2.4 Valutazione di potenza ed energia annuale dei 7 siti d’interesse

Page 39: Tesi Davvero Finita

39

2.4 Aspetti legati all’ecosistema marino ed all’uso delle risorse del mare

Nei paragrafi precedenti si è discusso sulla localizzazione ottimale di un impianto WEC

esclusivamente sulla base della quantità e sulla qualità della risorsa disponibile. Tuttavia

ulteriori considerazioni appaiono necessarie. Un ulteriore aspetto di notevole

importanza nell'identificazione dei siti riguarda l'integrazione dei generatori nella

programmazione degli spazi marittimi. Navigazione ed attività portuali, pesca ed

acquacoltura, turismo, industrie ed altri usi, senza tralasciare i valori intrinseci

dell'ecosistema (praterie di posidonia, fauna ittica), possono generare conflitti d'uso con

i convertitori di energia da onde e correnti. In questo contesto, soprattutto in aree

altamente antropizzate come le fasce costiere, la loro integrazione può essere facilitata

introducendo strumenti di gestione come un sistema informativo multi-layer che ha

come obiettivo la caratterizzazione dei differenti valori (biodiversità marina, protezione

ambientale, protezione del retaggio storico, salute pubblica) e dei differenti usi delle

risorse marine, che permetta di interpretare ed integrare le diverse attività antropiche

sfruttandone le possibili sinergie13.

Page 40: Tesi Davvero Finita

40

3 LE TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE DELL’ENERGIA

ONDOSA IN ELETTRICITA’*

3.1 Generalità

3.1.1 Cenni Storici

Le onde dell’oceano rappresentano la sorgente più generosa di energia offerta dal mare,

com’è anche evidente dal loro potenziale distruttivo, spesso altamente spettacolare.

Come già detto nel Capitolo 1, le onde sono generate dal vento e dunque costituiscono

una forma indiretta di energia solare.

La possibilità di rendere fruibile l’energia delle onde ha sollecitato l’immaginazione di

numerosi inventori nel corso della storia moderna, tanto che il primo brevetto è stato

ufficialmente registrato in Francia più di due secoli or sono, nel 1799, da un padre e un

figlio di nome Girard.

Guardando alla storia più recente, vi è da sottolineare che dal 1980 ai giorni nostri sono

stati registrati circa 1000 brevetti, con un tasso di crescita sempre marcatamente in

aumento.

Il Comandante Yoshio Masuda (Foto 3.A) può essere considerato il padre delle moderne

tecnologie per la conversione dell’energia ondosa in elettricità e i suoi studi, condotti in

Giappone, risalgono agli ormai lontani anni 40.

Foto 3.A Il Comandante Yoshio Masuda

** Il presente capitolo ripropone in maniera quasi integrale i risultati della recente ricerca di A.F.

Falcao

Page 41: Tesi Davvero Finita

41

Masuda sviluppò una boa di navigazione alimentata dall’energia ondosa mediante una

turbina ad aria, secondo uno schema del tutto analogo al più moderno floating

Oscillating Water Column (fOWC), di cui si dirà meglio in seguito. Queste boe furono

commercializzate in Giappone a partire dal 1965 e pochi anni dopo raggiunsero il

mercato USA.

Successivamente, nel 1976, Masuda promosse la costruzione, sempre in Giappone, di un

sistema di conversione su scala nettamente più grande: una estesa piattaforma,

chiamata Kaimei (Foto 3.B), delle dimensioni di 80m x 12m. Essa era in grado di ospitare

numerosi convertitori dotati di differenti tipi di turbine ad aria14.Sfortunatamente il

programma sperimentale del comandante Masuda non riscosse il successo sperato,

probabilmente anche a causa dello scarso grado di consapevolezza riguardo le proprietà

scientifiche e le caratteristiche tecnologiche della wave energy, che si trovava allora

nello stadio infantile del suo sviluppo.

Foto 3.B La piattaforma Kaimei

La crisi petrolifera del 1973 cambiò in maniera radicale le prospettive delle energie

rinnovabili nei paesi occidentali e ravvivò l’interesse su grande scala della produzione e

energetica a partire dalle onde oceaniche. In particolare, il lavoro di ricerca del Professor

Shalter dell’Università di Edimburgo, pubblicato nel 1974 dalla prestigiosa rivista Nature,

divenne rapidamente un punto di riferimento per la comunità scientifica internazionale.

Contemporaneamente il governo britannico partì nel 1965 con un importante progetto

sulla conversione dell’energia ondosa, immediatamente seguito dal governo norvegese.

Sul piano accademico invece, dopo le prime conferenze tenutesi in Inghilterra alla fine

degli anni ’70, e precisamente a Canterbury nel ‘76 e a Heathrow nel ’78, la comunità

scientifica si radunò per due importantissimi simposi tenutesi agli inizi degli anni ‘80

Page 42: Tesi Davvero Finita

42

rispettivamente in Germania (il First Symposium on wave utilization) ed in Norvegia (il

Second Symposium on wave utilization).

Curiosamente questi due eventi coincisero con una marcata flessione degli investimenti

del governo britannico.

Foto 3.C Bergen, Norveggia

In Norvegia invece le attività di finanziamento continuarono sino a giungere alla

costruzione, nel 1985, di due prototipi disposti al di sopra del livello medio del mare

(shoreline devices) della potenza rispettivamente di 350 kW e 500 kW; le strutture

furono realizzate in prossimità della città di Bergen (Foto 3.C).

Negli anni successivi, fino ai primi anni ’90, le attività in Europa rimasero per lo più a

livello accademico, se si fa eccezione del piccolo prototipo, della potenza di 75 kW,

costruito nell’isola di Islay15, in Scozia (Foto 3.D) e commissionato dal governo britannico

nel 1991.

Foto 3.D Shoreline device nell’isola di Islay, Scozia

Page 43: Tesi Davvero Finita

43

Contemporaneamente in Asia venivano costruiti due prototipi, rispettivamente in

Giappone ed in India. Il primo impianto della potenza di 60 kW, fu integrato nella diga

foranea del porto di Sakata16, mentre il secondo impianto fu ancorato al fondale della

città di Trivandrum (India) e fu progettato per una potenza di 350 kW.

Lo sviluppo europeo della Wave Energy ha beneficiato poi nel 1991 della decisione da

parte della Commissione Europea di includere l’energia ondosa nel suo programma di

ricerca e sviluppo sulle fonti rinnovabili. I primi progetti sono partiti nel 1992 e da allora

ne sono stati finanziati circa trenta, sui quali hanno lavorato diversi gruppi di ricerca

attivi in Europa. Alcuni di questi progetti hanno assunto la forma di attività coordinate,

come nel caso del Coordination action in ocean energy il quale ha riunito dal 2004 al

2007 circa 40 partner. Inoltre la stessa Commissione ha sponsorizzato, e talvolta

direttamente finanziato, una serie di importanti convegni sulla energia ondosa e di

marea (EWTEC, European Wave and Tidal Energy Conference), i più recenti dei quali

sono stati tenuti ad Uppsala, in Svezia, nel 2009 e a Southampton (UK) nel 2011. Ancora

tra le attività di coordinamento tecnico-politico è da annoverare l’Implementing

Agreement on Ocean Energy System, patrocinato nel 2001 dall’Agenzia Internazionale

per Energia (International Energy Agency); quest’accordo, indicato con l’acronimo IEA-

OES, vede oggi coinvolti 17 paesi, la cui missione è quella di facilitare e coordinare la

ricerca sull’energia del moto ondoso attraverso la cooperazione internazionale e lo

scambio di informazioni. Il report IEA-OES 2008 contiene un censimento piuttosto

dettagliato delle attività sulla Wave Energy condotte in tutto il mondo alla data della

pubblicazione.

Negli ultimi anni, poi, l’interesse intorno all’energia ondosa sta crescendo anche in Nord

America (USA e Canada), coinvolgendo le amministrazioni regionali e nazionali, così

come gli istituti di ricerca e le aziende private17. Il rinnovato appeal della Wave Energy,

usufruisce senz’altro delle politiche di dismissione dell’energia nucleare da parte della

comunità internazionale, sull’onda dei recenti fatti di Fukushima e del loro impatto

sull’opinione pubblica.

Page 44: Tesi Davvero Finita

44

3.1.2 I temi di Ricerca

Volendo schematicamente riassumere le problematiche tuttora oggetto di ricerca nel

campo della wave energy, potremmo distinguere i seguenti campi:

1. Idrodinamica. Riguarda le proprietà teorico-applicative dell’interazione tra moto ondoso

e convertitori di energia, che talvolta verranno indicati con l’acronimo di WEC, Wave

Energy Converters. In pratica questi ultimi rappresentano un ostacolo alla propagazione

dei flutti oltre che, ovviamente, dei “filtri di energia”. Avremo pertanto effetti diffrattivi,

di riflessione e di dispersione (scattering) accanto alle ovvie, ma non semplici, dinamiche

che regolano lo scambio di energia. Queste tematiche sono state approfondite in una

serie di articoli pubblicati nella seconda metà degli anni ‘70 e dedicati soprattutto

all’analisi degli aspetti teorici.

2. Ciclo di conversione. Un secondo aspetto di rilievo è quello del cosiddetto “Power Take

Off mechanism” (PTO). In pratica il ciclo di conversione che trasmette la potenza dal

moto ondoso alla rete (wave to wire chain) può essere schematizzato secondo quanto

riportato nella Figura 3.1. L’energia trasportata dal moto ondoso viene dapprima ceduta,

di norma, ad un fluido ausiliario, che può essere aria acqua od olio.

Figura 3.1 Ciclo di conversione del moto ondoso in elettricità

La trasmissione in rete avviene mediante un insieme di dispositivi indicato come Power

Take Off mechanism che comprende turbine, generatori elettrici o altro. Nello studio di

queste problematiche (cioè dell’efficienza del PTO), il punto di criticità è rappresentato

dalla variabilità temporale della risorsa, ovvero del flusso di energia offerto dal moto

ondoso alle diverse scale temporali. E’ possibile, infatti, distinguere una variabilità da

FLUIDO AUSILIARO

ONDA PTO RETE

Page 45: Tesi Davvero Finita

45

onda a onda nello stesso stato di mare, nella scala temporale di una decina di secondi,

una variabilità da stato di mare a stato di mare, nella scala temporale delle ore o dei

giorni, ed infine una variabilità stagionale dell’intensità ondosa.

3. Impatto ambientale. Un altro aspetto da non trascurare è quello dell’impatto

ambientale delle opere, che possono paradossalmente innescare fenomeni di

degradazione degli ecosistemi sui quali insistono. Si pensi ad esempio ai possibili impatti

sui sistemi litoranei, che necessitano di un certo apporto energetico per consentire un

adeguato ricambio idrico (specie nei nostri mari che sono a bassa escursione di marea) e

la qualità dei sedimenti. In questo ambito rientrano anche possibili meccanismi di

retroazione economica associati ad esempio alla riduzione della fauna ittica nelle zone di

impianto dei WEC, con ovvie ripercussioni sulle attività di pesca e sul suo indotto.

4. Risposta strutturale. Infine vi è da considerare il problema della resistenza strutturale

dei dispositivi (globale e locale) rispetto agli attacchi ondosi estremi. Di questo aspetto si

occuperà il presente lavoro di tesi sebbene ad una singola tecnologia di WEC.

Page 46: Tesi Davvero Finita

46

3.2 Caratteristica della risorsa energetica

Il principale svantaggio dell’energia ondosa, così come per il vento che la genera, è la già

accennata variabilità, in gran parte aleatoria, che si sviluppa alle diverse scale temporali:

da onda ad onda, da stato di mare a stato di mare, da stagione a stagione (quest’ultima

molto meno aleatoria).

La conoscenza di quanta energia abbiamo a disposizione in un certo sito è un ovvio

prerequisito per un piano razionale di conversione dell’energia e per il progetto stesso

dei dispositivi. Le proprietà del clima ondoso in diversi siti del globo sono state già

studiate e analizzate statisticamente per altri scopi, come quelli che riguardano la

navigazione, la progettazione di strutture costiere o per opera d’ingegneria marittima

offshore. Ma in ogni caso le informazioni necessarie a questi scopi non coincidono, o

possono non coincidere sempre con quelle necessarie per un piano strategico di

assorbimento e utilizzazione dell’energia ondosa. Si sono resi necessari, quindi, degli

studi ad hoc che, per quanto riguarda l’Europa, videro la luce dapprima nel Regno Unito

a causa del suo impegno pioneristico nel campo della Wave Energy.

Quando la Commissione Europea nel 1991 decise di partire con un primo piano biennale

di studio e ricerca (1992-1993) chiamato Prelimary Actions in Wave Energy R&D, fu

sviluppato un primo progetto dedicato alle basi della teoria delle onde di mare, con

particolare riferimento ai suoi aspetti più peculiari in vista di una sua utilizzazione come

risorsa energetica rinnovabile. In questo ambito furono elaborate delle raccomandazioni

per un’appropriata caratterizzazione del clima ondoso ed una loro naturale conseguenza

fu il WERATLAS (European Wave Energy Atlas)18. Quest’ultimo ha impiegato risultati di

modelli numerici di altissima qualità per la simulazione della generazione del moto

ondoso a partire dal vento (wind-wave modelling); i risultati della modellazione sono

stati poi validati da misure dirette del clima ondoso in campo. WERATLAS contiene

dettagliate elaborazioni statistiche del clima ondoso, espressamente finalizzate

all’impiego della risorsa ai fini energetici, per 85 siti a largo delle coste atlantiche e

mediterranee dell’Europa; esso rappresenta ad oggi uno strumento imprescindibile per

la progettazione dei WEC nel vecchio continente. I dati riguardano siti in mare aperto,

con distanze dalla linea di costa di alcune centinaia di Km. Tuttavia, quando le onde si

propagano in acque più basse subiscono significative alterazioni causate dall’interazione

con il fondale e con eventuali ostacoli emergenti o sommersi (rifrazione, diffrazione,

dissipazione per attrito con il fondo, etc.); così per alcuni specifici siti nei quelli era

Page 47: Tesi Davvero Finita

47

previsto l’impianto di specifici convertitori pilota sono stati condotti studi in acque più

basse, diciamo con fondali inferiori a 50 m, studi che hanno pertanto marcati caratteri di

sporadicità. Un’eccezione in tal senso è ONDATLAS19, un atlante dettagliato dell’energia

disponibile in acque basse lungo le coste del Portogallo, la cui porzione occidentale,

lunga 500 km, è relativamente regolare.

Il livello energetico teoricamente estraibile dal moto ondoso in una certa località è

espresso come potenza per unità di lunghezza, (per unità di cresta d’onda o per unità di

linea di costa). Valori tipici per un buon sito, sono tra i 20 e i 70 KW/m mediamente

nell’anno climatico. Questi valori sono riscontrabili principalmente alle medie e alte

latitudini, con variazioni stagionali che sono generalmente molto maggiori nell’emisfero

nord rispetto all’emisfero sud. Quest’ultima caratteristica rende le coste del Sud

America, dell’Africa e dell’Oceania particolarmente attraenti (Figura 3.2).

Figura 3.2 Atlante dei siti con maggior potenza ricavabile dal moto ondoso

Page 48: Tesi Davvero Finita

48

3.3 Idrodinamica di base

Gli studi riguardanti l’idrodinamica dei WEC di tipo galleggiante hanno potuto

beneficiare delle conoscenze precedentemente acquisite nel campo, assai similare, della

dinamica delle imbarcazioni soggette al moto ondoso. Questo campo di ricerca si è

sviluppato alcune decadi prima della metà degli anni 70, anni nei quali, come si è detto,

si è avuto un primo impulso riguardo le conoscenze teoriche dell’interazione tra moto

ondoso e convertitori.

Naturalmente la presenza dei meccanismi di PTO, e la necessità di massimizzare

l’estrazione dell’energia introducevano delle variabili supplementari rispetto al contesto

di riferimento dell’ingegneria navale. Nei primi approcci fu studiato il caso di un corpo

galleggiante che oscillava in una sola direzione(sistema ad un grado di libertà) forzato da

un treno di onde regolari di tipo sinusoidale e di piccola ampiezza, in presenza di un PTO

a risposta lineare. Ciò consentì di semplificare di molto le equazioni di base rendendole

lineari, permettendo nel contempo l’impiego della analisi di Fourier, che caratterizza il

sistema nel dominio delle frequenze.

Le forze idrodinamiche sulla superficie bagnata del corpo galleggiante sono state

decomposte: in forze d’eccitazione, dovute alle onde incidenti, forze di oscillazione

(radiation force), dovute al moto del corpo e forze di tipo idrostatico, dovute alla

posizione istantanea del corpo galleggiante rispetto alla superficie libera. Di

conseguenza sono stati introdotti alcuni coefficienti idrodinamici, comunque dipendenti

dalla frequenza, che dovevano essere determinati per via teorica o calcolati

numericamente mediante perlopiù modelli del tipo beam (boundary element method).

Queste tecniche erano già note, come abbiamo già detto, nel campo della idrodinamica

propria dell’ingegneria navale. Possiamo commentarne un semplice metodo

immaginando un corpo galleggiante di massa m che oscilla secondo un unico grado di

libertà. Se la posizione del corpo è definita da una singola ascissa verticale x, essendo

l’origine delle ascisse x=0 corrispondente all’acqua in quiete. L’equazione del moto è:

(3.1)

Nell’equazione presente è la componente verticale della forza d’eccitazione,

dovuta al moto ondoso, ed agente sul corpo assunto fisso. La condizione si avrà

in corrispondenza della quiete. è la forza verticale dovuta al meccanismo PTO e

Page 49: Tesi Davvero Finita

49

A(ω) è il primo coefficiente idrodinamico di massa aggiunta. Quest’ultimo, ovviamente

dipendente dalla frequenza tiene conto dell’inerzia addizionale dovuta all’acqua che

circonda il corpo. B(ω) è un secondo coefficiente idrodinamico che tiene conto del fatto

che il corpo perde (dissipa) energia, generando mediante la propria oscillazione, sistemi

di onde che si propagheranno lontano da esso. S è la sezione trasversale dell’elemento

galleggiante, rispetto all’acqua in quiete; e poiché x rappresenta la posizione verticale

del baricentro del galleggiante, la forza idrostatica pgSx assume il significato di una forza

di richiamo esercitato dal mare sul corpo. Si assume poi che la forza di PTO comprenda

un dissipatore lineare, di costante C ed una molla lineare di rigidezza K, cosicché:

(3.2)

Rielaborando così l’equazione (3.1) si ha:

[ ] [ ] (3.3)

Immaginiamo adesso che la forzante sia rappresentata da un’onda lineare di piccola

altezza di ampiezza e di frequenza ω; si può scrivere:

(3.4)

Come è evidente si avrà:

[ ] (3.5)

E poiché per definizione si ha

(3.6)

E poiché si ha in definitiva:

(3.7)

Page 50: Tesi Davvero Finita

50

Analogamente supponiamo adesso che si possa porre:

{ } (3.8)

{ } (3.9)

In cui X(ω) E Fd(ω) sono due ampiezze complesse. La soluzione della 3.3 è:

(3.10)

Ora, nelle ipotesi di linearità che abbiamo precedentemente introdotto possiamo

senz’altro assumere che la forza d’eccitazione sia proporzionale all’ampiezza dell’onda

incidente; per cui si può porre

| | √ { } (3.11)

In cui è un terzo coefficiente idrodinamico, frequenza dipendente, generato dalle

forze di diffrazione indotte dal moto ondoso sul corpo.

Come è evidente il valor medio nel periodo della potenza assorbita è pari alla media

integrale del prodotto tra la forza d’eccitazione e la velocità del corpo :

(3.12)

Nelle ipotesi appena introdotte si ottiene facilmente che:

| |

(3.13)

Che, tenendo conto dell’equazione (3.10) diviene:

| |

|

|

(3.14)

Con U=iωX.

Page 51: Tesi Davvero Finita

51

Una volta assegnate il corpo e assegnate le caratteristiche di un’onda incidente regolare,

B e Fd rimangono fissate; né consegue pertanto che , dipende unicamente da X, e

dunque, guardando l’equazione 3.10 è evidente che il valor medio della potenza

assorbita sarà dipendente dai coefficienti B e C, ovvero dalle proprietà del PTO.

Naturalmente si assumono note la massa del corpo e l’inerzia addizionale del corpo. In

ogni caso quello che importante sottolineare è che seguendo quest’approccio il sistema

WEC è perfettamente lineare. Ora dall’equazione 3.14, si deriva immediatamente la

potenza assorbita mediamente in un periodo, attinge il suo massimo valore quando U è

uguale a Fd/2B. Ovvero, quando:

(3.15)

In questa maniera il secondo degli addendi dell’equazione , cosicché è uguale solo a

| |

(3.16)

L’equazione 1.10 mostra che la condizione di massimo può essere attinta solo se:

(3.17)

e C(ω)=B(ω) (3.18)

La 3.16 rappresenta la frequenza di risonanza di un sistema massa-molla privo di

smorzamento in cui la massa sia pari a (m+A), e la rigidezza della molla sia pari a (pgS+K),

l’equazione 3.18 indica che il coefficiente di smorzamento ideale del PTO dovrebbe

essere uguale al coefficiente di “radiazione” o di “diffrazione” B(ω). E’ adesso opportuno

considerare il concetto di larghezza di assorbimento, L(ω); esso è dato dal rapporto tra

potenza assorbita dal WEC ed il flusso d’energia per unità di larghezza dell’onda

incidente. Si ricorda che, almeno nell’ambito della teoria lineare del moto ondoso,

quest’ultimo è pari a:

| | (3.19)

Page 52: Tesi Davvero Finita

52

In cui Cg rappresenta la celerità di gruppo ovvero la velocità con cui si propaga l’energia

ondosa. È evidente ora che il valor massimo della lunghezza di assorbimento è pari a:

(3.20)

Si può dimostrare, che per un corpo dotato di asse di simmetria verticale, e geometria

qualsiasi,

se il corpo oscilla verticalmente in maniera sussultoria (heave

oscillation il caso che stiamo appena esaminando), mentre nel caso in cui l’oscillazione

ha luogo in un piano verticale intorno ad un asse orizzontale (WEC in pratica “barcolla”,

sway oscillation), si ha

.

Ne consegue che a parità di caratteristiche ondose incidenti la potenza massima che può

assorbire uno sway WEC è doppia rispetto heave WEC.

Questo è un importante risultato teorico ricavato tra il 1975-1976, da diversi autori in

maniera indipendente (Budal20 e Falnes21, Evans, Newman22 e Mei23).

Curve rappresentative delle prestazioni di un corpo oscillante in maniera sussultoria la

cui parte sommersa è di forma semisferica, possono essere facilmente ottenute a partire

dai coefficienti idrodinamici ricavati in maniera teorica da Hulme24 nel caso di acque

profonde, H/λ>0.5. Esse sono mostrate nelle figure 2 e 3; qui sulle ascisse è riportato il

periodo adimensionale T*:

(

)

(

)

(3.21)

In cui a è il raggio della sfera, mentre in ordinate vi è il rapporto ⁄ nel grafico in

alto della figura 3.3, mentre nel grafico in basso | | | |⁄ , le curve sono parametrate in

funzione del coefficiente di smorzamento del PTO:

*

(3.22)

per queste curve si è supposto che la rigidezza della molla del PTO sia nulla K = 0. La

condizione di risonanza per la potenza massima si traduce in , mentre la

condizione di eguaglianza tra coefficiente di dissipazione del PTO e coefficiente di

Page 53: Tesi Davvero Finita

53

radiazione B, restituisce la condizione C*=0.510. Ora, se consideriamo un periodo

dell’onda T = 10s, come naturalmente accade nel nord dell’Atlantico, si ha in virtù della

3.21 :

Questo valore del raggio, fu giudicato tropo grande per rispondere a esigenze di

economicità e praticità, inoltre, la prima delle curve in Figura 3.3, mostra che un

assorbitore dotato di un coefficiente di assorbimento del PTO ottimale, lavora bene in

un range di frequenza piuttosto ristretto, mentre un eventuale overdamping (sovra

smorzamento), se da un lato determina una rapida riduzione della potenza massima

estraibile, dall’altro produce un sensibile allargamento della risposta in frequenza; il che

può essere interessante nelle pratiche applicazioni alle onde di mare, anche se nelle

condizioni di acque alte in cui ci stiamo riferendo la banda di frequenze degli stati di

mare reali è piuttosto stretta, e le onde sono prossime ad avere un unico periodo.

Figura 3.3 Curve che rappresentano la condizione di risonanza

Page 54: Tesi Davvero Finita

54

Come si è detto un raggio ottimale di circa 30 m fu considerato bene presto poco pratico

ed anti-economico, ma fu altrettanto chiaro alla metà degli anni 70 che piccole boe o

“point adsorbers”, del diametro di 10-15m, avrebbero prestazioni assai deludenti nelle

condizioni climatiche tipiche dell’Oceano.

I risultati appena accennati riguardo ad un oscillazioni con un solo grado di libertà

furono estesi al caso di più gradi di libertà e convertitori con più elementi oscillanti

(multi body converters). I contributi di maggior rilievo nella seconda metà degli anni 70,

furono quelli di Evans in Inghilterra, Falnes e Budal in Norvegia, e Newmann e Mei negli

Stati Uniti.

E’ interessante notare tuttavia che per quanto riguarda i cosiddetti convertitori a

colonna oscillante (OWC), le basi teoriche della loro modellazione furono sviluppate nei

primi anni ’80, cioè con qualche anno di ritardo rispetto al caso dei semplici corpi

oscillanti; ciò nonostante questa tecnologia sia stata tra le prime ad essere sviluppata a

livello prototipale. La ragione di questo ritardo nella ricerca risiede nel fatto che il

meccanismo di funzionamento non poteva beneficiare del bagaglio di conoscenze

risalenti allo sviluppo dell’ingegneria navale.

Un’ulteriore osservazione è che in aggiunta all’ipotesi di linearità del moto ondoso

incidente anche la linearità del sistema PTO, rappresenta un punto chiave della

trattazione appena discussa. Tuttavia in pratica nella maggior parte dei convertitori è

presente un meccanismo fortemente non lineare, tare da rendere inefficace la

descrizione nel dominio delle frequenze cui figura 3.3 rappresentano degli esempi; è

necessario in questo caso sviluppare dei modelli nel dominio del tempo, che

restituiscono cioè la funzione di posizione dell’oscillatore x(t) una volta nota la funzione

di elevazione d’onda η(t). Nel caso che il semplice galleggiante in moto sussultorio ad un

solo grado di libertà Jefferis25, dedusse la seguente relazione.

( ) ∫

(3.24)

Con:

(3.25)

Page 55: Tesi Davvero Finita

55

Come è evidente la 3.24 non contiene nessun riferimento alla frequenza ω, ed ha come

unica incognita la funzione di spostamento x(t). Il coefficiente di massa aggiunta A è

calcolato in corrispondenza della frequenza infinita, mentre la forza di radiazione è

espressa tramite un integrale, detto integrale di convoluzione tra l’accelerazione e la

funzione 3.25 che somma in pratica tutti i contributi alle varie frequenze ω.

Come abbiamo già in parte detto questa equazione restituisce la serie temporale x(t) ed

è pertanto la più adatta per lo studio dei sistemi di controllo attivo dei convertitori

soggetti a moto ondoso irregolare. Tuttavia questo approccio richiede un tempo di

computazione nettamente superiore rispetto al semplice caso lineare rappresentabile

mediante il domino delle frequenze. Un possibile compresso in tal senso può essere

rappresentato dagli approcci di tipo stocastico che restituiscono funzione di densità di

probabilità (dello spostamento, della potenza media) in luogo delle serie temporali.

In ogni caso, se si richiede che la wave energy fornisca un contributo significativo alle

grandi reti elettriche è necessario adoperare un grande insieme di convertitori disposti

in batteria (arrays). L’iterazione idrodinamica tra i vari dispositivi di conversione fu

studiato per la prima volta in via teorica da Budal26, Falnes e Budal27 ed Evans28. Questi

studi riguardavano essenzialmente elementi galleggianti; una successiva esenzione a

sistemi di OWC fu proposta dallo stesso Evans. Tuttavia quando il numero degli elementi

diventa grande (o almeno non piccolo), le iterazioni idrodinamiche diventano

estremamente complesse e bisogna impiegare metodi approssimati (multiple-scattering

method, plane-wave method e point-absorber approximation). Questo approccio fu

seguito in un progetto della commissione europea nella metà degli anni ’90.

Ulteriori approfondimenti sugli aspetti idrodinamici della wave energy possono essere

trovati nel libro di Falnes29, ormai considerato uno standard dalla comunità scientifica.

3.3.1. Modellazione fisica

Nel progetto dei convertitori del moto ondoso in elettricità, il processo di assorbimento

può essere studiato per via teorica o anche numerica o attraverso la modellazione fisica,

riproducendo il dispositivo in scala ridotta in bacino d’onda o in un canale. Le tecniche di

analisi non sono poi così diverse da quelle proprie da quella adoperata nell’ingegneria

marittima costiera e navale. In generale la modellazione numerica può essere utilizzata

nei primi stadi della progettazione e il suo principale limite è quello di non tenere conto

Page 56: Tesi Davvero Finita

56

degli effetti dissipativi della viscosità dell’acqua e della turbolenza, nonché della

difficoltà con la quale vengono simulati gli effetti delle onde di ampiezze non piccole

(onde non lineari). Per questo motivo modelli fisici in scala ridotta con riduzioni variabili

da 1:10 a 1:80, vengono adoperati una volta che sia stata ben definita la geometria

complessiva del dispositivo. Tra i primi studi in tal senso, degno di nota è quello di

Stephen Salter, che nel 1974 studiò per via sperimentale il convertitore “duke”, in un

canale piuttosto stretto dell’Università di Edimburgo. Le attrezzature a disposizione di

Salter migliorano poi tantissimo in una seconda fase del suo studio nel 1977 quando fu

costruito il wide tank, un bacino ad onde delle dimensioni di 10m x 27.5m x 1.2 m,

dotato di un ondogeno dotato di 89 battitori indipendenti dotati di motore elettrico. Il

wide tank rese l’università di Edimburgo il centro leader nello lo studio sperimentale dei

WECs; più tardi quando lo sviluppo dei convertitori progredì con la costruzione dei primi

prototipi la necessità di adoperare piccole riduzioni (grandi scale), richiese la costruzione

di grandi impianti di laboratorio. A tal proposito degni di nota sono i bacini della città di

Trondheim (Norvegia), Wageningen (Olanda) e Nantes (Francia).

Page 57: Tesi Davvero Finita

57

3.4 Controllo

L’utilizzazione dell’energia ondosa coinvolge una successione di processi di conversione,

ciascuno dei quali caratterizzato da una propria efficienza e da particolari vincoli. Questa

catena di processi necessita di un’attività di controllo. In tal senso particolarmente

rilevanti sono i processi idrodinamici cui si è fatto riferimento nei paragrafi precedenti.

Come si è detto già i primi studi teorici sui convertitori oscillanti, ma anche sugli OWC,

rivelarono che l’impianto per essere un assorbitore efficiente deve lavorare in una

condizione di quasi risonanza: la sua frequenza naturale di oscillazione deve essere

prossima a quelle delle onde incidenti (equazione 3.17). L’aver trascurato questa

semplice regola spiega i fallimenti di molti inventori, i quali supposero che il sistema

fosse di tipo quasi statico, cioè che seguisse le oscillazioni del moto ondoso senza nessun

effetto dinamico. Ora nella pratica l’esigenza di attingere le condizioni di risonanza si

scontrano con alcune serie di difficoltà, tra le quali:

1 Nella maggior parte dei casi, con l’eccezione dell’OWC le dimensioni dell’impianto

sono talmente elevate (si faccia riferimento alla semisfere di diametro maggiore di

10-15m di cui si è detto in precedenza) che la frequenza propria di risonanza

diviene molto grande rispetto alla frequenza di picco del moto ondoso incidente.

2 Il moto ondoso reale contiene in realtà più di una frequenza.

Come mostrato nella sezione numero 3.3 del presente paragrafo, per un corpo

oscillante con un solo grado di libertà, la condizione di risonanza ha luogo quando la

velocità del corpo è in fase con la forza di eccitazione.

Agire sul PTO in maniera da ottenere questa coincidenza di fase si chiama phase control.

A questo proposito sono state applicate diverse strategie, anche per impianti soggetti al

moto ondoso reale Falnes30. Abbiamo visto nel paragrafo precedente che la frequenza

di risonanza di un assorbitore puntuale (equazione 3.17) con K=0 (il PTO è un puro

dissipatore lineare) dà luogo in generale a frequenze di risonanza molto più grandi di

quelle delle onde in mare aperto. Una possibile soluzione di questo problema potrebbe

essere quella di fare in modo che la rigidezza della molla attinga valori negativi. Questo

tipo di strategia si chiama reacting phase control. Nella Figura 3.3, si vede come i grafici

Page 58: Tesi Davvero Finita

58

validi per k=0 vengono modificati dalla presenza di una rigidezza negativa k=-pgs/2. La

condizione di risonanza passa da T*=6.11 a T*=9.2 , cioè vale a dire che la frequenza di

risonanza si riduce di circa il 33%. Inoltre dal confronto della Figura 3.4 e la Figura 3.3, si

vede che l’ampiezza dell’oscillazione del corpo viene circa triplicata. A parte la non

praticità di avere una rigidezza negativa, il reactive phase control introduce un ulteriore

problema: cioè che la forza di PTO non è più in fase con la velocità del corpo e dunque la

direzione del flusso d’energia cambia di segno.

Figura 3.4 Curve di risonanza con un controllo di fase di tipo “reactive”

Un metodo di controllo alternativo che evita questa inversione del flusso d’energia è

stato proposto da Budal e Falnes31, e consiste nell’agganciare l’apparecchiatura

(latching) intorno a posizioni fisse durante intervalli di tempo del moto ondoso. Sebbene

questa tecnica di bloccaggio possa essere riguardata come controllo di fase semi

ottimale, si può dimostrare teoricamente che esso è così efficiente come il reactive

phase control, almeno con un convertitore con singolo elemento oscillante. Comunque

determinare quali siano questi intervalli di blocco risulta estremamente complicato.

Così recentemente è stata proposta una tecnica alternativa al latching chiamato

anclatching; esso evita l’inversione del flusso d’energia e consiste nello spegnere e

Page 59: Tesi Davvero Finita

59

riaccendere alternativamente il sistema di PTO dell’assorbitore. In ogni caso un processo

di phase control semi-ottimale per onde irregolari rimane, insieme con la sua

implementazione pratica, un problema tuttora aperto.

Page 60: Tesi Davvero Finita

60

3.5 Le diverse tecnologie

Diversamente da quanto accade per l’eolico, c’è una grande varietà di tecnologie,

associabile alla Wave Energy, le quali sono il risultato delle diverse maniere delle quali

l’energia può essere assorbita dalle onde, e anche in funzione della profondità alla quale

i dispositivi sono disposti (distingueremo in questo caso shoreline device, con strutture

imbasate o disposte sulla spiaggia emersa, nearshore device con convertitori disposti in

acque basse e gli offshore device, in cui i convertitori sono allocati in mare aperto). Gli

shoreline device hanno senz’altro il vantaggio di una più semplice istallazione e

manutenzione e non richiedono sistemi di ancoraggio in acque profonde né lunghi cavi

elettrici sommersi. Il fatto che le altezze d’onda sono naturalmente ridotte in profondità

della lunghezza di riva o comunque su fondali bassissimi, può essere parzialmente

compensato da un’idonea localizzazione del dispositivo, tale da sfruttare gli effetti di

concentrazione dei flutti dovuti ai fenomeni di riflessione e/o diffrazione.

Parallelamente sono stati proposti diversi metodi per classificare i sistemi di

conversione, secondo la profondità di posa (di cui si è già detto), secondo il principio di

funzionamento ed infine secondo le dimensioni dei dispositivi (in questo caso

distingueremo piccoli assorbitori “point adsorber”, da grandi assorbitori “large

adsorber”).

Figura 3.5 Tabella riassuntiva delle varie tecnologia

Page 61: Tesi Davvero Finita

61

Lo schema mostrato in Figura 3.5 suggerisce una classificazione essenzialmente basata

sul principio di funzionamento dei dispositivi; essa non intende essere esaustiva, ma

comprende tutte quelle tipologie che hanno raggiunto una fase prototipale di sviluppo,

o almeno sono state oggetto di sforzi di ricerca e sviluppo molto intensi.

Un tipico esempio di dispositivo di prima generazione è quello a colonna oscillante

Oscillating water culomn (OWC) in cui si dirà nel paragrafo immediatamente a seguire;

un altro esempio di rilievo è il Tapchan (TAPered CHANnel wave power device), un

dispositivo prototipale a tracimazione che fu costruito lungo le coste norvegesi nel 1985

e che da allora ha operato per diversi anni.

Recentemente sono stati identificati circa 100 progetti diversi e ad vari stati di sviluppo;

il numero in effetti non sembra affatto ridursi nel corso del tempo in quanto nuove

tecnologie sostituiscono quelle considerate inefficienti, spesso con un effetto netto

positivo.

3.5.1 I dispositivi a colonna oscillanti oscillating water culomn (OWC)

OWC a struttura fissa

Sono stati proposti un gran numero di sistemi a colonna oscillante e a struttura fissa. La

maggior parte dei dispositivi sono stati disposti sulla spiaggia emersa (shoreline device) o

nelle zone litoranee (nearshore device); essi rappresentano i cosiddetti dispositivi di

conversione di prima generazione. Solo pochi prototipi sono stati costruiti per lavorare

in mare aperto (offshore device).

In generale L’OWC a struttura fissa poggiano sul fondo del male o sono fissati su una

parete rocciosa.

I dispositivi a colonna oscillante comprendono una struttura parzialmente sommersa in

calcestruzzo o in acciaio, aperta al disotto della superficie dell’acqua ed all’interno della

quale vi è dell’aria intrappolata al di sopra della superficie idrica. Il moto oscillante della

superficie dell’acqua all’interno del dispositivo, generata dal moto ondoso fa in modo

che l’aria passi all’interno di una turbina che muovo un generatore. Per questi dispositivi

è eccellente la turbina Wells a flusso assiale, inventata nella metà degli anni ’70, che ha il

Page 62: Tesi Davvero Finita

62

vantaggio di non richiedere nessuna valvola di rettificazione. Prototipi di OWC sono stati

costruiti in Norvegia a Toftestallen32, in Giappone a Sakata, in India Vizhinjam33, vicino

Trivandrum nel ‘85, in Portogallo in Pico Azzorrenel 1999 e nel Regno unito nell’isola

scozzese di Islay (Foto3.B) nel 2000 (Dispositivo noto con l’acronimo di Limpet “Land

Instoad Marine Powered Energy Transfomer”). Può essere interessante commentare con

maggiore dettaglio le esperienze del progetto di Pico Azzorre34 (Foto 3.D) e di Islay. Il

progetto originale del primo impianto fu cofinanziato nel 1992 dalla Comunità europea,

dal governo portoghese, e dalle aziende di gestione dell’elettricità portoghese EDP e

delle Azzorre EDA. La sua costruzione è terminata nel 1999 con il contributo di

numerose compagnie portoghesi, sotto l’azione di coordinamento dell’Istituto Superiore

Tecnico (IST). In realtà il processo di posa in opera subì numerose interruzioni nel corso

degli anni a causa di un’inondazione e di problemi agli apparati meccanici. L’istallazione

ha sin qui operato solo saltuariamente. Dapprima è stato creato un consorzio di imprese

e istituzioni pubbliche (WavEC) portoghesi aventi il compito di manutenere e testare

l’impianto. Già nel periodo settembre-novembre 2005 e giugno-ottobre 2006 l’impianto

è stato sottoposto a prime verifiche di funzionalità che hanno rivelato l’esistenza di

problemi alla struttura di turbo-generazione.

Foto 3.D Impianto di Pico Azzorre

Page 63: Tesi Davvero Finita

63

Durante il 2007 ha operato solo occasionalmente a causa di tagli dei finanziamenti, ma il

consorzio ha lavorato alla risoluzione dei problemi di vibrazione e di manutenzione delle

apparecchiature obsolete.

Nel 2008 è stato firmato un accordo con EDP per lo sfruttamento del PICO plant in

continuo per un periodo minimo di 3 anni, ma a causa del danneggiamento progressivo

della struttura in calcestruzzo e dei costi intrinseci di produzione, il progetto fu sospeso

già alla fine del 2008. La capacità di tale dispositivo è di circa 400 kW. In ogni caso

WavEC ha garantito la manutenzione dell’impianto e ha pianificato la bonifica del

calcestruzzo e il miglioramento dell’equipaggiatura di produzione in modo da garantire

una piena e autonoma produzione nell’estate del 2009. L’impianto è attualmente in

funzione. Lo scheda di funzionamento è mostrato nella Figura 3.6.

Figura 3.6 Schema di funzionamento del Pico Plant

Una solida struttura in calcestruzzo armato definisce una camera pneumatica (n°3)

situata al di sopra del livello idrico, che comunica con le onde attraverso una apertura

sommersa e con la atmosfera attraverso una turbina ad aria e un condotta plastica. Le

onde incidenti determinano un’oscillazione verticale dell’acqua all’interno della camera

Page 64: Tesi Davvero Finita

64

che a sua volta causa un flusso d’aria alternativamente dall’atmosfera e verso

l’atmosfera. Questo flusso aziona delle turbine di tipo Wells(7) poste in asse con un

generatore(8). L’elettricità così generata viene immessa nella rete locale dell’EDA. Per

evitare fenomeni di sovrappressione e fenomeni di stallo una valvola di sicurezza è

situata nel punto 4 della Figura 3.8 e può prevedere una rapida apertura tra lo 0 e il 100

a seconda dell’intensità dello stato di mare. In questo progetto così come nella quasi

totalità dei WEC è molto importante avvicinarsi alle condizioni di risonanza; in ogni caso

limitazioni di tipo ambientale e limitazioni di funzionamento delle turbine hanno limitato

il normale funzionamento dell’impianto in passato richiedendo una massima attenzione

di una squadra di esperti in grado di migliorare le performance. Si noti che durante

l’esperimento svolto tra il settembre e il novembre del 2005 è stato prodotto un MWh,

valore che è stato possibile ottenere in sole 48 ore nel maggio del 200935.

Un altro “shoreline device” attualmente attivo presso l’isola scozzese di Islay conosciuto

con l’acronimo di Limpet (Land Instoad Marine Powered Energy Transfomer). Fu

costruito nel 2000 dalla compagnia scozzese Wavegen ora Voith Simemens con il

contributo della Queen University di Belfast e l’istituto superiore tecnico di Lisbona.

Come nel caso del Pico plant, anche il Limpet adopera le turbine Wells che hanno il

vantaggio di ruotare nella stessa direzione indipendentemente della direzione delle

onde. Dopo la costruzione e l’analisi del funzionamento di un piccolo modello in piccola

scala dal funzionamento di 75 kW, il prototipo fu costruito per una potenza istallata da

500kW, due turbine Wells controrotanti furono installate da 250 kW ciascuna. In teoria

tenendo conto che il rendimento di LIMPET fu stimato attorno al 40% si può effettuare

questo calcolo:

kWh

Che si riferisca a KWh teorici prodotti per ciascun anno di attività e dunque:

kWh

Che sarebbe l’energia realmente prodotti in un anno.

Conoscendo ora il consumo annuale di energia di ogni abitazione civile, che è pari a 4377

kW, si ricava che LIMPET può teoricamente servire 295 abitazioni civili, ed ipotizzando

che ogni abitazione civile ospiti 4 persone, se ne deduce che l’impianto potrebbe

Page 65: Tesi Davvero Finita

65

teoricamente servire oltre un terzo della popolazione di Islay. Secondo alcune fonti

risalenti all’anno 2008, la capacità del LIMPET è stata ridotta a 250 kW e la sua reale

capacità di produzione non è ben nota.

Figura 3.7 Schema impianto Limpet

Un terzo esempio di elemento OWC ancorato a struttura fissa è l’OSPRAY36 (Foto 3.E e

Figura 3.8) , che come il LIMPET è stato costruito in prossimità delle coste scozzese dalla

società WavGEN, a differenza di Pico, e di LIMPET, OSPRAY ha la struttura in acciaio ed è

imbasato su profondità inferiore a 20m, in questo modo si può sfruttare una maggiore

altezza delle onde e la potenza installata del dispositivo, sempre dotato di turbine Wells

è di 2 MW. Sfortunatamente OSPRAY fu distrutta nel 1995 subito dopo essere stata

posta in opera a causa di una violenta mareggiata. Tornando ad un discussione più

generale, la sezione trasversale delle camere pneumatiche delle strutture appena

descritta è generalmente grande nell’intervallo 80-250 metri quadri (cui corrispondo

potenze istallata tra 60 e 500 kW).

Foto 3.E Foto impianto OSPRAY

Page 66: Tesi Davvero Finita

66

Figura 3.8 Schema impianto OSPRAY

Shoreline device del tipo OWC di dimensioni più piccole sono state realizzate ancora

nell’isola di Islay e più recentemente in Cina. Già dagli inizi degli anni ‘80 è stato provato

sia dal punto di vista teorico che sperimentale che il processo di assorbimento poteva

essere migliorato estendendo la struttura della camera attraverso dei muri(sia naturali

che artificiali) che si protendono nella direzione delle onde formando un porto una baia

o un collettore in questa maniera il moto ondoso viene concentrato nella camera

dell’OWC. Il progetto e la costruzione della struttura sono le criticità più evidenti della

tecnologia OWC, a parte la criticità delle turbine ad aria. Gli aspetti strutturali sono

quelli più influenti sul costo dell’energia del mare, tanto che oggi nelle problematiche

dell’ingegneria civile dominano il costo di questi WEC. In questo senso potrebbe essere

utile includere gli impianti in strutture portuali; ciò produce il vantaggio che i cisti di

produzione vengono spalmati su quelli complessivi della diga foranea, oltre al fatto che il

generatore diviene più facilmente accessibile per le operazioni di manutenzione.

Questo approccio fu adoperato per la prima volta in Giappone per il porto di Sakata37

(Figura 3.9) nel 1990; qui uno dei cassoni che componeva l’opera di difesa del bacino

Page 67: Tesi Davvero Finita

67

portuale è stato progettato con una particolare forma tale da ospitare l’OWC e

l’equipaggiamento elettrico corrispondente.

Figura 3.9 Schema impianto Shoreline devices OWC

L’opzione dell’OWC breakwater è stata adottata anche per l’impianto da 0.75 MW

previsto in corrispondenza della testata del frangiflutti in corrispondenza della foce del

fiume Douro (Figura 3.10) al nord del Portogallo e recentemente costruito nel porto di

Mutriku38 in Spagna (Foto 3.F) in cui sono 16 camere oscillante con il 16 turbine. Una

geometria differente per un OWC da includere in un frangiflutti è stato proposto da

Boccotti con un OWC che è lungo la cresta dell’onda ma è dotato di una lunga apertura,

in questo caso il dispositivo ha la forma di “J” con l’apertura verso l’esterno che guarda

verso l’alto.

Foto 3.F Porto di Mutriku, Spagna Figura 3.10 Porto di Duro, Portogallo

Page 68: Tesi Davvero Finita

68

OWC a con struttura flottante

In precedenza abbiamo già detto che i primi convertitori OWC realmente impiegati,

rispettivamente le boe di navigazione dotate di generatore e la grande zattera chiamata

Kaimei (Figura 3.11) furono del tipo galleggiante; essi, furono sviluppati in Giappone

negli anni ’60 e ’70, sotto la leadership di Yoshio Masuda.

Figura 3.11 Zattera Kaimei, Giappone

Mauda si accorse presto che la conversione da energia ondosa ad energia pneumatica

era piuttosto insoddisfacente ed ideò un dispositivo con una differente geometria

chiamato Backward Bent Duct Buoy (BDBD) (Figura 3.12). In questa versione il condotto

di captazione dell’acqua è aperto alle spalle del serbatoio; questa soluzione fu

considerata più vantaggiosa rispetto a quella classica, nella quale l’apertura del

serbatoio precede la colonna oscillante d’acqua. In questa maniera, infatti, la lunghezza

della colonna d’acqua poteva divenire sufficientemente grande per attingere le

condizioni di risonanza, mantenendo al tempo stesso il pescaggio della struttura

flottante entro limiti accettabili.

Page 69: Tesi Davvero Finita

69

Figura 3.12 Backward Bent Duct Buoy

Il BBDB è stato studiato approfonditamente in molti paesi, quali Giappone, la Cina, la

Corea e la Danimarca, Irlanda ed è stato adoperato per rendere operative circa mille boe

di navigazione in Giappone e in Cina39. Negli ultimi anni sono state intraprese

approfondite indagini in Irlanda, al fine di sviluppare un BBDB di grandi dimensioni da

utilizzare in mare aperto; ed un modello in scala appena ridotta (1:4) è stato testato a

partire dalla fine del 2006 nelle acque della baia di Galway. Il modello ha una lunghezza

complessiva di 12 m ed è dotato di una turbina Wells ad asse orizzontale.

Il Mighty Whale (la grande balena Figura 3.13) è un dispositivo OWC flottante con

apertura frontale sviluppato dal Japan Marine Science and Technology Center.

Figura 3.13 Mighty Whale

Dopo un approfondito studio teorico e sperimentale un prototipo fu progettato e

costruito a partire dal 1998 presso Gokasho Bay nella prefettura di Mie(Giappone) e, a

Page 70: Tesi Davvero Finita

70

partire dal nuovo millennio, il dispositivo è stato testato per molti anni. Esso è in pratica

una grande struttura galleggiante lunga 50m, larga 30m con un pescaggio di 12m e un

dislocamento di 4400 tonnellate; esso dispone di tre camere d’aria scavate nella parte

anteriore del WEC, da parte a parte. Ciascuna camera d’aria è poi connessa ad una

turbina Wells ad aria che muove un generatore elettrico, per una potenza nominale

complessiva di 110 kW40.

Figura 3.14 Mighty Whale

Lo Spar Buoy è probabilmente la forma più semplice di OWC a struttura galleggiante,

esso consiste in un dispositivo a simmetria assiale che è così indifferente alla direzione

ondosa; si tratta di un tubo verticale sommerso e relativamente lungo fissato ad un

galleggiante che si muove essenzialmente in direzione verticale. La lunghezza del tubo

determina la frequenza di risonanza della colonna d’acqua interna. Il flusso d’aria

spostato dal moto relativo dell’OWC rispetto al galleggiante muove una turbina ad aria.

Mote boe di navigazione sono state costruite su questo concetto, la qual è stata presa

seriamente in considerazione per la produzione di energia elettrica su vasta scala.

Page 71: Tesi Davvero Finita

71

Figura 3.14 Spar Buoy

La Sloped Buoy ha qualche similitudine con la Spar Buoy e consiste praticamente in una

boa con 3 tubi inclinate sommerse in maniera tale che l’insieme delle tubazioni, oscilla

con un angolo intermedio con la verticale e la direzione dell’onda.

Un rapporto preparato dal Dipartimento britannico dell’industria e del commercio

(DTI)ha recentemente confrontato le prestazioni di BDBD, Spar Buoy e Sloped Buoy per

la generazione di elettricità nell’Oceano Atlantico41.

I dispositivi appena descrittivi hanno ormeggi di tipo slack-mooring; questa tipologia di

ancoraggio consente grandi oscillazioni, il che facilita l’assorbimento di energia ondosa a

patto che il dispositivo sia adeguatamente progettato.

Al contrario il dispositivo galleggiate chiamato Orecon, attualmente in studio nel Regno

Unito, è dotato di un tension-mooring che ne riduce le oscillazioni (Figure). Si tratta di un

convertitore multi-risonante comprendente diversi OWC di differente lunghezza, in cui

ciascuna camera è connessa ad una turbina ad aria.

Page 72: Tesi Davvero Finita

72

3.5.2 Sistemi a corpo oscillante

Dispositivi offshore spesso classificati come WEC di terza generazione, consistono

generalmente in corpi oscillanti che possono essere o galleggianti o raramente

completamente sommersi; questi dispositivi sfruttano i regimi climatici più potenti che

possono riscontrarsi in acque profonde con fondali generalmente maggiori di 40m. I

convertitori offshore sono generalmente più complessi di quella di prima generazione e

questa complessità, accompagnata tra l’altro da numerosi tecnici addizionali, quali

l’ancoraggio, l’accesso per la manutenzione e la necessità di lunghi cavi sommersi ha

rallentato il loro sviluppo, tanto che solo recentemente alcuni di questi sistemi hanno

raggiunto la stadio di sviluppo prototipale.

Foto 3.G Modello G-1T, testato nella baia di Tokyo

Single-body haeving buoys

La maniera più semplice di ottenere l’elettricità mediante un dispositivo a corpo

oscillante è quella di una semplice boa in modo verticale (heaving buoy), che insiste su

un telaio fisso che può essere il fondo stesso del mare o una struttura fissata al fondo.

Page 73: Tesi Davvero Finita

73

Nella maggioranza dei casi questi sistemi sono concepiti come point adsorbers, cioè

elementi con una dimensione orizzontale molto più piccola della dimensione dell’onda.

Un primo tentativo di mettere in opera questo dispositivo è quello del G-1T, consistente

in una boa a forma di cuneo a sezione rettangolare (1,8m x 1,2 m in corrispondenza del

livello medio mare), il cui movimento verticale è accompagnato da una struttura in

acciaio fissata ad un frangiflutti. Il PTO è un circuito piuttosto complesso che includeva

un accumulatore di gas. Il sistema fu testato nella baia di Tokyo nel 198042 (Foto 3.G).

Un ulteriore esempio è quello della boa norvegese consistente in un galleggiante sferico

in grado di produrre oscillazioni relative rispetto ad un puntone in acciaio

opportunamente ancorato al fondo del mare. La boa poteva essere controllata in fase

attraverso opportuni blocchi e conteneva una turbina ad aria. Un modello del diametro

di 1 m nel quale la turbina ad aria veniva semplicemente simulata mediata orifizio è

stata installata, completa di elementi di bloccaggio, nel fiordo di Trondheim nel 1983.

Un tipo di progetto alternativo è quello di una boa connessa ad una struttura fissa

mediante un cavo che è assicurato ad una molla o a qualcosa di simile. Il moto relativo

tra il galleggiante attivato dall’onda sulla superficie del mare e la struttura sul fondo

attiva una sistema PTO, ad esempio nel caso del convertitore testato in Danimarca, il

PTO, ospitato nella struttura fissa, consisteva in una pompa idraulica che forniva acqua

ad alta pressione ad una turbina idraulica.

Le attività ad Uppsala

L’Uppsala Univerity (Svezia) ha sviluppato e testato un dispositivo WEC sulle coste

occidentali del paese scandinavo durante la primavera 2006. Una semplice boa (Figura

3.15) segue il movimento delle onde in direzione verticale, il suo moto è trasferito

attraverso una fune o un cavo alla parte mobile del generatore, che in questo caso è un

pistone. Inoltre il pistone è collegato ad una molla che accumula energia nella fase di

cresta dell’onda e la restituisce al generatore, sotto forma di forza di richiamo, nella fase

di cavo. Il principio di base è mostrato in figura. Un idoneo fine corsa, posto al di sopra

del generatore, limita lo stroke. L’idea di base dietro questo approccio è la semplicità:

non ci sono né smorzatori né rettificatori, ma questo si riflette direttamente sulle

prestazioni richieste al generatore, il quale ha, per questo tipo di convertitore, un

influenza abbastanza grande sul costo complessivo dell’impianto.

Page 74: Tesi Davvero Finita

74

Il generatore possiede dei magneti permanenti del tipo Neodimio-ferro-boro (nd-fe-bo)

e la bobina di armatura è costituita da cavi ordinari di sezione circolare. Al contrario di

altri casi nei quali il progetto del generatore è condizionato in larga misura dalla

produzione di calore, la dispersione termica sembra in questo caso un problema

secondario perché la potenza generata per unita di volume è molto piccola, ed in più

esso è circondato da acqua ad una temperatura attorno ai 4-8°C. L’obiettivo del

progetto e degli studi dell’Università di Uppsala era di costruire un piccolo generatore di

grande efficienza.

Figura 3.15 WEC galleggiante

Nel prototipo studiato il generatore è stato posto in una struttura d’acciaio

impermeabile fissata a sua volta ad una fondazione di calcestruzzo. La boa innescante

era cilindrica con diametro di 3 m ed altezza di 0.8 m. Il dispositivo è stato messo in

opera ad una profondità di 25 m. La potenza installata è di circa 10 kW.

Le attività all’Oregon State univeristy

Nel 2007, un primo dispositivo è stato testato nell’oceano al largo di Newport e

precisamente nel mese di ottobre (Figura 3.16). il test è stato condotto

approssimativamente a 40m ed una distanza di 2.5 km dalla costa. Il point adsorber era

alto circa 3.3m e aveva una larghezza 1.2m. Una visione parziale del dispositivo è

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75

mostrato in Figura 3.16 . Il principio di funzionamento è che il cilindro centrale chiamato

spar (di piccola sezione e grande massa) ospita una bobin wound three phase armatur.

Lo spar è ancorato in tensione al fondo del mare, in maniera da non avere significativi

spostamenti di heaveing cioè in su e in giù. Il cilindro esterno di chiama float e ha nella

sua faccia interna che volge verso lo spar circa 960 magneti. Le onde muovono il Float e i

magneti su e in giù rispetto allo spar così che, a norma della legge di faraday, viene

indotta una tensione elettrica direttamente nelle armature. Questo è un esempio di

direct drive, poiché vi è un accoppiamento diretto tra la forzante idrodinamica e la

generazione elettrica senza utilizzare un fluido ausiliario. Questo primo esperimento si

concentrava sulle performance idrodinamiche e sulla efficacia della superficie di

slittamento tra spar e float. Lo spar è progettato per fornire un ideona spinta di

galleggiamento al fine di resistere alla forza trasmessa dal generatore che è diretta verso

il basso. Le prime osservazioni mostrarono che il dispositivo era facilmente trainabile e

di agevole posa in opera, ma è stato evidente che era necessario apportare dei

miglioramenti alla superficie traslante.

Figura 3.16 Schema impianto di tipo Spar

Così nel 2008 il progetto fu migliorato e ribattezzato L10, sigla che sta per Linear Teen

KW. Questo lavoro è stato condotto in collaborazione tra la OSU, la Columbia Power

Page 76: Tesi Davvero Finita

76

Technologies (CPT) e la marina statunitense. Il generatore adoperato era identico a

quello del modello del 2007, ma lo spar e il float furono completamente ridisegnati. Il

float ha ora un profilo a disco o a piatto, mentre lo Spar fu esteso con una camera

pressurizzata che funge da zavorra, al fine di avere più controllo sulla cresta della boa.

Anche la superficie di slittamento tra spar e float è stata migliorata. I primi esperimenti

furono condotti nel settembre 2008 per 5 giorni di fila sempre al largo di Newport. La

figura 3.16 mostra il sistema durante la produzione di potenza elettrica. Un opportuno

relè presente all’interno della boa può convogliare la potenza del generatore a dei cavi

oppure alla grande lampada alogena posta sullo spar. La luce funziona come una forza

fornendo una indicazione facilmente interpretabile delle performance del generatore.

Questo test fu estremamente incoraggiante e tutti gli aspetti tecnici (posa in opera,

ancoraggio, idrodinamica, performance del generatore) si sono mostrati all’altezza delle

aspettative o addirittura al di là di queste ultime.

Sistemi di boe a due componenti (two body haeving system)

L’idea di un singolo elemento galleggiante ancorato al fondo marino può incontrare

alcune difficoltà dovute proprio alla distanza tra pelo libero e fondo, o indotte dalle

oscillazioni di marea.

Come alternativa possono essere impiegati i multi-body-system, in cui l’energia viene

convertita dal modo relativo di due corpi che oscillano in maniera differente.

L’idrodinamica di questo tipo di sistema è stata studiata e analizzata sul piano teorico da

Falnes 84. In pratica, la potenza media teoricamente estratta da un moto ondoso

regolare di frequenza ω, diviene in questo caso (si veda equazione 3.13):

| |

(3.26)

Dove sono le ampiezze complesse degli spostamenti dei due galleggianti in moto

relativo.

Bisogna immediatamente sottolineare, tuttavia, che i sistemi a multi-elemento

introducono speciali problemi di controllo che andranno accuratamente verificati.

Un primo esempio pioneristico è rappresentato dal Bipartite Point Absorber, che

comprende due galleggianti, uno esterno ed uno interno. Il primo ha una frequenza di

Page 77: Tesi Davvero Finita

77

risonanza molto bassa e agisce come sistema di riferimento per l’elemento interno, che

funziona come un semplice assorbitore risonante. Questo dispositivo sfrutta anche il

principio che la massa del corpo interno può essere incrementata semplicemente

collegando rigidamente il galleggiante interno ad un elemento fisso posto

sufficientemente al di sotto del primo. In questo modo, le forze di diffrazione e

smorzamento non vengono significativamente influenzate. Come vedremo più avanti

questo approccio è stato adoperato anche nello sviluppo del convertitore Wavebob.

Uno dei più interessanti elementi a doppio galleggiante è la cosiddetta boa IPS,

inventata da Sven A. Noren43 (vedi Figura 3.17) e sviluppata in un primo momento dalla

compagnia svedese Inter Project Service. L’idea consiste in una boa rigidamente

connessa ad un tubo sommerso, chiamato tubo di accelerazione; quest’ultimo è aperto

ad entrambi gli estremi. L’insieme del float e del tubo di accelerazione, avendo massa

trascurabile, segue semplicemente il movimento della superficie idrica. D’altro canto,

l’inerzia della massa d’acqua contenuta nel tubo di accelerazione sarà significativa e

pertanto la colonna idrica oscillerà in maniera diversa, producendo un moto relativo

rispetto al primo sistema. Questo moto relativo viene trasferito al meccanismo di PTO

mediante un pistone, che potremmo ancora considerare di massa nulla. Pertanto il

pistone segue semplicemente la massa idrica. Questo pumping motion viene

meccanicamente o idraulicamente trasformato in un moto rotatorio che innesca il

generatore, solidale alla boa galleggiante.

Figura 3.17 Boa IPS

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78

La sonda IPS ha una geometria a simmetria assiale con la boa cilindrica e il tubo di

accelerazione di forma anulare e sezione costante. Lo stesso inventore introdusse

successivamente un sistema in grado di limitare la corsa del pistone (Figura 3.18)

Figura 3.18 Boa IPS, particolare del fine corsa

Il tubo di accelerazione si allarga bruscamente dopo il fine corsa; l’aumento di sezione

permetterà all’acqua di scivolare attorno al pistone limitando la spinta ad esso trasferita.

Il diametro della boa galleggiante varia tra i 3-4m ai 10-12m, con valori tipici di 6-8m. Il

tubo di accelerazione è lungo generalmente 20 m ed il sistema viene ancorato

adoperando uno slack mooring ad una profondità generalmente compresa tra i 50 e i

100 m. In effetti è necessario un fondale di almeno 30 m per garantire un buon

funzionamento del dispositivo. In generale la dimensione della boa dipende dalla

posizione oceanografica, dalla profondità di posa, dal clima ondoso e dalle sue variazioni

stagionali, dall’energia disponibile e dal valore desiderato della potenza di output. Un

IPS di medie dimensioni può fornire una potenza media di output intorno ai 120 kW (il

rendimento complessivo è del 30-35%), raggiungendo una produzione annuale di circa 1

GWh.

Questo tipo di convertitore può essere utilizzato come una “power station”

indipendente, ma più di sovente è aggregato in clusters di 10 unita (comunque 5 o più);

le singole unità possono lavorare in maniera indipendente o servire un’unica unità di

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79

generazione. La potenza elettrica generata sarà trasferita con cavi sommersi ad una

stazione sulla terraferma. Quanto al sistema di generazione interno, tradizionalmente si

è fatto uso di sistemi oleodinamici, che includono alcuni elementi standard, quali

cilindri, valvole di fermo, generatori, pistoni etc.

Nelle acque della Scozia orientale dell’Irlanda, dove il contenuto potenziale delle onde è

dell’ordine dei 50-70 KW per metro di fronte d’onda, una IPS di 10 m di diametro

raggiungerà una potenza sui 150-250 kW e produrrà più di un 1,4 GWh/anno. A questo

proposito, può essere interessante riproporre i calcoli per il fabbisogno di un unità

abitativa, già svolti per il LIMPET. Si ha:

(3.27)

Se ogni abitazione ha 4 persone può servire in un anno 1280 persone a boa. Un sistema

farm a 10 boe soddisfa quindi il fabbisogno di circa 12800 abitanti.

Un’evoluzione dell’IPS buoy, è la cosidettta Sloped IPS buoy, studiata da Stephen Salter44

ed attualmente in fase di sviluppo presso l’Università di Edimburgo. Progettando la boa

per un movimento inclinato ad un angolo di 35°-45° gradi, a metà tra il movimento

haeve ed il movimento surge (Figura 3.19), si ottiene una riduzione della frequenza

naturale di oscillazione del sistema ed un allargamento delle possibilità di assorbimento

(banda di assorbimento) del dispositivo, relativamente alla sua dimensione. Nella Figura

3.20 si può vedere il confronto tra una IPS buoy (angolo di 90°) e una Sloped IPS buoy

(angolo 35° e 60°).

Figura 3.19 Movimenti surge, sway, heave

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80

Figura 3.20 Confronto IPS buoy e scope IPS buoy

Si tratta in pratica, di due o più tubi di accelerazione aperti a ciascuna estremità e tenuti

appena sotto il livello dell’acqua da un galleggiante che viene indicato come “buoy

head” (Figure 3.21, 3.22, 3.23). Sotto l’azione delle onde, la struttura è libera di

muoversi lungo la direzione della propria inclinazione, mentre un pistone di grande

diametro scivola nella parte centrale dei tubi d’accelerazione per effetto dell’inerzia

dell’acqua contenuta negli elementi. In questo modo si attiva un moto relativo tra

pistone e galleggiante. I pistoni sono direttamente accoppiati a martinetti idraulici ad

olio ad alta pressione che muovono un sistema di generazione elettrica. Come fine corsa

del pistone viene ancora adoperato il sistema svedese di “belling out” suggerito da

Noren e già descritto in precedenza.

Figura 3.21 Buoy head

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81

Figura 3.22 Buoy head

Figura 3.23 Schema impianto Buoy head

Le Foto 3.H e 3.I mostrano alcune fasi di sperimentazione dello sloped IPS nell’Università

di Edimburgo.

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Foto 3.H Sloped IPS

Figura 3.I Sloped IPS

Questo tipo di dispositivo è stato testato utilizzando dei prototipi in scala reale e

recentemente un impianto dimostrativo della potenza di 1 MW è in corso di sviluppo a

Maka Bay nello stato di Washinton. L’impianto di Maka Bay comprenderà un sistema

farm potenza di 250 kW ciascuno disposti a 5.9 km dalla costa in acque profondo di 4.6

m.

Alla stessa famiglia dei point adsorbers, elementi di piccola dimensione rispetto alla

lunghezza delle onde, appartiene l’AquaBuOY realizzata dalla azienda canadese Finavera

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Renewables (una volta AcquaEnergy Group)45. Il sistema si compone di 4 elementi,

efficacemente mostrati in Figura 3.24 .

Figura 3.24 Aquabuoy

Come per l’IPS, vi è la presenza di un elemento galleggiante del diametro tipico di 6m,

collegato rigidamente ad un tubo di accelerazione per consentire l’entrata e l’uscita

dell’acqua marina. Al centro del tubo di accelerazione è disposto un disco galleggiante

che agisce come un pistone. In condizioni di riposo il disco è mantenuto in equilibrio di

due Swedish hose pumps, che in pratica sono dei tubi di gomma, rinforzati con elementi

di acciaio, che hanno la proprietà di ridurre il proprio volume interno quando sono tirati.

Il solito moto relativo tra pistone e sistema galleggiante determina l’elongazione delle

pompe alternativamente nella parte superiore e inferiore. Questa elongazione espelle

l’acqua contenuta nelle hose pumps, la quale finisce per alimentare una turbina Pelton a

sua volta connessa ad un generatore (Figura 3.25).

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Figura 3.25 Schema impianto Swedish hose pumps

La potenza massima di output del generatore è di 250 KW e la profondità di

imbasamento richiesto è di circa 50m, visto che il pescaggio della struttura è tipicamente

di 30m. Un aspetto molto importante dell’AcquaBuOy risiede nei sistemi di ancoraggio,

le cui caratteristiche non verranno qui discusse. Così come nel caso dell’IPS, gli acqua

buoy possono combinarsi in clusters o wave parks, come mostrato in Figura 3.26. Nel

grafico i convertitori sono raggruppati in spokes di 10 elementi su una distanza

complessiva di 200m; in questo caso l’acqua pressurizzata viene inviata ad unica unità

generativa (turbina più generatore) e quindi ad una stazione della terraferma mediante

cavi sottomarini. In genere è richiesta una batimetria piuttosto ripida per ridurre i costi

di trasmissione, con una massima distanza dalla linea di riva di 4 Km.

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Figura 3.26 Schema di un Aquabuoy raggruppati in spokes

Si può aggiungere che per ridurre l’impatto ambientale gli AcquaBuOY adoperano

recentemente dei closed loop, nei quali viene ricircolata dell’acqua dolce anziché salata;

questo evita l’intrappolamento di piccoli pesci o altri esseri viventi marini e riduce le

incrostazioni biologiche all’interno del sistema. Nei primi progetti, l’elemento flottante

aveva una copertura piana che più tardi è stata cambiata in conica per evitare che venga

usata come piattaforma di riposo per uccelli, foche o altri animali marini.

In un sito con una potenza disponibile media di 28 KW per metro di fronte d’onda si

stima che un singolo elemento possa restituire una potenza media di 46 KW; ciò

corrisponde a 0.4 GWh annui, in grado di soddisfare 92 abitazioni civili.

Finavera Renables ha ottenuto l’autorizzazione di istallare un impianto pilota nella baia

di Makah, Washington. Le coste dello Stato di Washington sono infatti note per i mari

burrascosi, con altezze d’onda di 27.4 m misurate al di qua e al di là della scarpata

continentale. Il progetto comprende 4 elementi disposti su un un’area di 18 m x 73 m

orientata parallelamente alla giacitura prevalente dei fronti d’onda. Gli elementi sono

disposti a 4,8 Km dalla costa su una profondità di 46 m; ciascun elemento ha un

diametro di 5 m e una lunghezza di 8 una della ragioni per il quale il sito di Makah è

stato scelto è perché esso piuttosto vicino ad una linea di trasmissione elettrica

esistente. Nel disco allegato al presente lavoro di tesi viene fornito un video

dimostrativo a cura della Finovera Renable.

Il Wavebob device è il risultato di un lavoro di ricerca in continuo sviluppo presso le

università irlandesi. Il dispositivo è stato inventato da William Dick46. Un prototipo di

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Wavebob è stato installato su un area di studio dell’Irish Marine Institute, e

precisamente nella baia di Galway (marzo del 2006). Si stima che in scala reale ogni

dispositivo sarà capace di produrre abbastanza per oltre 700 abitazioni. Il Wavebob

comprende 4 elementi chiave (Figura 3.27): una massa sommersa (tank) connessa per

mezzo di un collo sottile (neck) a una struttura flottante interna (float), un galleggiante

esterno di forma toroidale (torus) e un power take off con supporto autonomo.

Wavebob genera energia dal moto differenziale verticale (heaving buoys) del torus e del

float.

Figura 3.27 Schema del Wavebob

Il meccanismo di PTO è costituito da un sistema oleodinamico ad alta pressione.

Apparentemente la connessione tra il float e il tank può essere regolata in maniera da

variare l’inerzia del sistema (e quindi la frequenza di risonanza, tuning) senza alterare le

forze d’eccitazione e di diffrazione.

Come mostrato in Figura 3.28 i Wavebob sono pensati per essere dislocati in griglie

dette wave farms (si noti che la linea di trasmissione nella figura è lunga circa 20 km).

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Figura 3.28 Schema di un Wavebob in farms

Nel supporto digitale del lavoro di tesi viene fornito un video dimostrativo.

La compagnia americana Ocean Power Technologies47 ha sviluppato un altro sistema a

due elementi galleggianti a simmetria assiale chiamato Power Buoy (Figura 3.29), un

galleggiante a forma di disco si muove rispetto ad un corpo cilindrico sommerso che

termina con una grande piastra orizzontale la cui funzione è quella di incrementare

l’inerzia attraverso la massa aggiunta della massa che lo circonda. Il moto relativo di tipo

heaving che si ha tra i due elementi è convertita in energia elettrica tramite un PTO in

cui due pistoni idraulici muovono un generatore.

Page 88: Tesi Davvero Finita

88

Figura 3.29 Schema di un Power Buoy

Un prototipo non connessione alla rete di distribuzione della potenza di 40 kw è stato

disposto lungo le coste di Santogna nel settembre 2008 (Foto 3.L). L’osservazione del

prototipo era funzionale all’impianto di una farm di 9 elementi dalla potenza nominale

di 150 kw ciascuno lungo le coste scozzesi nel 2009. Un video dimostrativo sul

funzionamento di questo dispositivo è fornito nel supporto digitale di questo lavoro di

tesi.

Foto 3.L Prototipo di Power Buoy, Santogna

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Sistemi heaving completamente sommersi

L’Archimedes Wave Swing (AWS è stato fondamentalmente sviluppato in Olanda e

comprende una parte superiore oscillante (il Floater) e una parte inferiore fissata al

fondo (il basamento)48 (Vedi Figura 3.30).

L’AWS comprende un gran cilindro riempito di aria e ancorato al fondo, a sua volta

incluso in un secondo cilindro mobile (floater). In presenza della cresta d’onda, la

pressione dell’acqua sulla cresta del floater cresce e l’aria all’interno della parte fissa

viene compressa; l’inverso avviene in presenza del cavo, con l’aria nel basamento che si

espande e il floater che si sposta verso l’alto. In pratica l’aria contenuta nel cilindro fisso

(basamento o silos) funziona come una molla. Il moto relativo tra basamento o floater

viene convertito in maniera diretta (direct drive) utilizzando un generatore elettrico

lineare a magnete permanente.

Figura 3.30 Schema AWS

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90

Foto 3.N AWS, particolare basamento

Il sistema completo è stato testato in scala di prototipo al largo delle coste del

Portogallo. Dopo i primi tentativi di ancoraggio falliti nel 2001 e nel 200249, il dispositivo

è stato posto in opera nella seconda meta del 2004 e il 2 ottobre dello stesso anno inviò

per la prima volta potenza elettrica verso la terraferma divenendo il più grande WEC del

mondo con una potenza massima istantanea di 2 MW nominale (1 MW medio) (Foto

3.N).

Si noti che il moto del floater non è limitato dall’altezza d’onda ma dagli effettivi

differenziali di pressione tra aria e acqua, cosicché l’AWS può sviluppare spostamenti più

grandi dell’altezza d’onda (per onde lunghe l’amplificazione può essere fino a tre volte

l’ampiezza incidente, per onde corte il game è anche maggiore). Inoltre la risonanza del

sistema dipende dalla rigidezza di una molla attiva (l’aria intrappolata nel basamento),

piuttosto che da una molla idrodinamica passiva come nel caso dei semplici corpi

galleggianti visti nei paragrafi precedenti (la molla passiva è rappresentata dalla massa

degli elementi).

Gli AWS possono lavorare aggregati in farms (vedi Figura 3.31) .

Dalla sua base operativa nelle isole scozzesi, la società AWS Energy sta attualmente

sviluppando un unità dimostrativa della potenza nominale 250 KW. L’unita avrà un

diametro di 8m e sarà ancorato ad una profondità di 50 m attraverso un cavo in

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tensione. La sommità del convertitore è prevista a circa 9 m al di sotto del livello medio

di bassa marea

Figura 3.31 AWS in farm

I dispositivi sommersi, non solo come gli AWS, sono meno vulnerabili alle tempeste e

non rovinano la vista dei paesaggi ma, essendo solo pochi metri sotto la superficie,

possono interferire con la navigazione.

IL portogallo fu scelto nel 1995 come sito ideale per una prova a scala di prototipo,

essendo la parte settentrionale per questo paese idonea non solo dal punto di vita della

risorsa energetica disponibile, ma anche a causa della vicinanza della linea di consta e

con la rete elettrica nazionale. Un altro aspetto ritenuto essenziale fu la vicinanza con

una serie di porti. Negli anni successivi, fu messo a punto un prototipo dalla potenza

massima di 2 MW mediante la collaborazione di diverse istituzioni di ricerca come

l’Istituto superiore tecnico e WL Delft Hydraulics, Teamwork Techonologies. Nella sua

configurazione finale, l’impianto pilota aveva un floater del diametro di 9.5 m e

un’altezza di 21 m. La figura mostra il convertitore in fase di varo presso il Porto di

Leixoes. Lo stroke di progetto (ampiezza del movimento del Floater) è pari a 7m con una

velocità nominale di 2.3 m/s. La parte mobile del dispositivo ha una massa di 400

tonnellate, mentre la massa complessiva del WEC era di 7000 tonnellate. Il volume

d’aria del dispositivo in posizione di riposo è di circa 3000 metri cubi. Quest’ultimo può

essere cambiato pompando acqua all’interno o all’esterno. Questa attività di pompaggio

(fino ad un volume massimo di 1500 metri cubi d’acqua) consente un tuning del sistema

(regolazione della risonanza) spostando la frequenza di oscillazione naturale tra 7 e 13 s.

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Piching device

I corpi oscillanti che abbiamo appena descritto appartengono alla categoria degli

heaving system, vale a dire alla classe dei convertitori con movimento di traslazione

verticale (Figura 3.32).

Figura 3.32 Movimenti: heave,surge, pitch

Per altro, in alcuni casi i sistemi di ancoraggio consentono altri movimenti come il surge

e il pich (si veda ancora Figura 3.32).

D’altro canto vi sono corpi oscillanti in cui la conversione energetica è associata proprio

ad una rotazione relativa, tipicamente un pitch. Questo è il caso del Duke, ideato da

Stephen Salter dell’Università di Edimburgo. Questo WEC è probabilmente il dispositivo

offshore più famoso tra quelli proposti negli anni 70 e nei primi anni 80.

In realtà esistono molte versioni del Duck. Si può affermare che questo dispositivo ricade

nella categoria di convertitori chiamati Terminetors; questi ultimi sono disposti in linea

parallelamente al fronte d’onda e, come si suole dire in molti riferimenti della

letteratura specializzata, essi distruggono le onde che affrontano, lasciando mare calmo

dietro di sé. Il singolo dispositivo ha la forma della testa d’anatra, ed con un interazione

con il moto ondoso si determina un’oscillazione in grado di catturare, in via teorica il

90% dell’energia moto ondoso incidente. In pratica il movimento fa muovere dei pistoni

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mediante un meccanismo a pendolo; i pistoni pressurizzano dell’olio che aziona un

motore idraulico generando elettricità. Il supporto digitale al lavoro di tesi include alcuni

video sul funzionamento di questi dispositivi, tra cui alcune riprese del novembre del ‘75

dello stesso Salter.

Figura 3.33 Schema del Solo Duke

Lo stesso ricercatore sviluppo più tardi il cosi detto Solo Duke, nel quale le oscillazioni

del dispositivo si sviluppano rispetto un giroscopio (Figura 3.33). Paradossalmente il

Duck è tra i più studiati dispositivi di conversione pur non avendo mai raggiunto le

dimensioni prototipali. Nella grande varietà di dispositivi proposti tra gli anni ‘70 e ‘80

che come il Duck non hanno mai raggiunto lo stadio prototipale, merita di essere

mansionato il cosiddetto Raft inventato da Sir. Cristopher Cockerell, il quale inventò il

famoso hovercraft. Si tratta in pratica di una serie di zattera collegati per mezzo di

cerniere e disposti parallelamente al fronte d’onda. Il sistema PTO, probabilmente di

tipo idraulico era posizionato all’interno delle cerniere.

Il Cockerell Raft, potrebbe essere riguardato come un predecessore del Pelemis o anche

del McCabe Wave Pump.

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Il Pelamis (Foto 3.M e 3.N), sviluppato nel Regno Unito è una struttura articolata (snake-

like), ancorata con un cavo non in tensione (slack moored); il WEC è composto di 4

sezioni cilindriche collegate mediante cerniere e si dispone lungo la direzione di

propagazione del moto ondoso.

Foto 3.M Pelamis

Le oscillazioni delle cerniere, che possono avvenire lungo due assi rispettivamente

orizzontale e verticale (Figura3.34) determinano l’attivarsi di martinetti idraulici che

pompano olio ad alta pressione. Il fluido a sua volta aziona 3 generatori elettrici; degli

accumulatori di gas permettono una qualche capacità di regolazione del flusso di

energia50.

Page 95: Tesi Davvero Finita

95

Foto 3.N Pelamis

Figura 3.34 Schema del moto del Pelamis

Così come gli altri dispositivi che hanno raggiunto lo stadio prototipale, il Pelamis è stato

oggetto di un dettagliato programma di sviluppo durato diversi anni. Esso ha compreso

Page 96: Tesi Davvero Finita

96

fasi di modellazione teorica e numerica oltre a sperimentazione di tipo fisico a diverse

scale. Un primo prototipo fu varato nel 2004 in Scozia; esso era lungo 120 m con un

diametro di 3.3 m, ed una potenza istallata di 750 KW. Più di recente, nel 2008, un

insieme di 3 Pelamis sono stati impiantati lungo le coste settentrionali del Portogallo, in

località Aguacadura, vicino Porto. Ciascun dispositivo ha una lunghezza di 142 m ed il

diametro degli elementi è di 3.5 m, per un peso complessivo di 700 tonnellate. Ciascun

WEC ha una potenza istallata di 750 KW, con un rendimento atteso compreso tra 0.25 e

0.4. L’elettricità generata dai tre Pelamis è portata, attraverso cavi sottomarini, ad una

stazione di terraferma ad Aguacadura per poi poter essere immessa alla rete nazionale

portoghese.

Sulla base delle analisi precedenti, possiamo sviluppare il seguente calcolo di massima.

La potenza complessivamente istallata nella farm, è pari a:

Immaginando un rendimento medio di 0.325 si ha una potenza media attesa di 0.731

MW. Ciò significa che l’impianto formerà alla rete circa:

6406 MWh/anno, ovvero 6,406 GWh/anno.

Questo quantitativo d’energia è in grado di soddisfare la domanda di:

abitazioni.

Supponendo che ogni abitazione sia costituita da 4 persone, soddisferà il fabbisogno di

circa 5860 persone.

Allegati alla tesi ci sono diversi filmati illustrativi del funzionamento di questo

dispositivo.

Il McCabe Wave Pump (Figura 3.35) ha delle similitudini concettuali con il Cockerell Raft

e con il Pelamis. Si tratta di 3 puntoni rettangolari in acciaio incernierati l’un l’altro, con il

moto di heaving del pontone centrale smorzato da una piastra sommersa. Lo

smorzamento dell’oscillazione del pontone centrale determina un moto rotazionale

relativo tra i pontoni che viene convertito mediante un insieme di martinetti idraulici ed

un PTO anche esso di natura idraulica51. Nel 1996 un prototipo lungo 40m è stato

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disposto al largo di Kilbaha nella contea di Clare in Irlanda. (Si veda supporto allegato per

il video dimostrativo).

Figura 3.35 Schema del McCabe Wave Pump

Un dispositivo largamente studiato tra i point adsorber è il Frog, di cui diverse versioni

sono state sviluppate alla Lancaster University del Regno Unito. La PS Frog MK5

comprende una grande pala galleggiante con una cerniera zavorrata al di sotto di essa52

(Figura 3.36). Quando le onde agiscono sul galleggiante, la zavorra funziona da molla

resistente e l’energia elettrica viene convertita mediante lo slittamento di una massa

mediante opportune guide al di sopra del livello medio mare.

Figura 3.36 Frog

Page 98: Tesi Davvero Finita

98

Il Searev sviluppato alle Ecole Centrale de Nantes, Francia è un dispositivo flottante che

racchiude una grande e pesante ruota ad asse di rotazione orizzontale che funziona

come un riferimento inerziale interno53 (Figura 3.37). Quando le forze di eccitazione

ondosa spostano il baricentro della ruota, essa funziona come un pendolo ed il

movimento rotazionale di questa ruota pendolare rispetto all’elemento galleggiante

attiva un PTO di tipo idraulico che a sua volte muove un generatore elettrico. Tra i

vantaggi di questo dispositivo vi è il fatto che (come nel caso del Frog) tutte le parti

mobili (meccaniche, idrauliche ed elettriche) sono riparate dal moto ondoso all’interno

di una camera chiusa. Ed inoltre la ruota che lavora come pendolo non ha bisogno di

organi limitatori della corsa.

Figura 3.37 Movimenti pendolari del Searev

La società spagnola Oceantec sta sviluppando un altro dispositivo offshore galleggiante

che estrae l’energia essenzialmente da un alto movimento di pitch. Questo dispositivo

ha la forma di un cilindro orizzontale allungato con sezioni terminali ellissoidali, il cui

asse maggiore è orientato secondo la direzione di propagazione del moto ondoso. Il

processo di conversione energetica è basato sul moto inerziale relativo che le onde

generano in un sistema giroscopico54. Un modello in scala 1:4 della lunghezza di 11,25m

è stato disposto al largo delle coste di Guipùzcoa nel nord della Spagna nel Settembre

2008. Il WEC è stato testato per diversi mesi.

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Sistemi incernierati al fondo

Dispositivi a singolo corpo oscillante che operano secondo movimenti di pitch sono stati

sviluppati sull’idea del pendolo inverso incernierato al fondo marino. Il Mace, inventato

da Stephen Salter, consiste in un galleggiante a simmetria verticale che può oscillare

intorno ad una cerniera disposta sul fondo55 (Figura 3.38).

Figura 3.38 Movimenti rotazionali del Mace

A funzionare da molla per la conversione dell’energia ondosa è un insieme di cavi

avvolti a più strati intorno ad una carrucola che fa muovere il dispositivo avanti e

indietro nella direzione prevalente del moto ondoso. Sulla base di questo concetto due

ulteriori dispositivi sono in via di sviluppo. Questi WEC condividono lo stesso concetto di

base: un corpo galleggiante incernierato al fondo viene attivato dal moto ondoso

secondo un movimento di pitch. Queste oscillazioni attivano dei martinetti idraulici

situati sul fondo marino, i quali pompano fluidi ad alta pressione verso la terraferma per

mezzo di tubazioni sottomarine. Il moto del fluido viene convertito in energia elettrica

per mezzo di circuiti elettrici tradizionali. Entrambi i dispositivi sono stati ideati per

acque relativamente basse tra i 10 e i 15 m. Nel tipo OYSTER (il più grande dei due,

attualmente in fase di sviluppo nel Regno Unito) vi è un elemento incernierato al fondo

che si estende al di sopra del livello medio mare (Figura 3.39 e 3.40).

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Figura 3.39 WaveRoller Plant

La pala ruotante occupa l’intero fondale ed il fluido pompato verso riva è l’acqua stessa

del mare, la quale azione poi una turbina Pelton situata sulla terraferma. Allegato al

lavoro di tesi vi è un video che spiega efficacemente il funzionamento di questo

dispositivo.

Figura 3.40 WaveRoller Plant, visione tridimensionale

D’altro canto il WaveRoller di fabbricazione finlandese è totalmente sommerso ed usa

olio come fluido intermedio56. In pratica si tratta di una piastra ancorata al fondo del

mare; il moto delle onde determina l’oscillazione della piastra intorno alla sua cerniera e

l’energia cinetica prodotta muove una pompa a pistone, questa energia può essere

convertita in elettricità per mezzo di un sistema chiuso in combinazione con un sistema

idraulico-motore generatore. WaveRoller è un elemento modulare, il che significa che la

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capacità complessiva di un impianto si determina da un numero più o meno alto di

connessioni a formare un WaveRoller plant. Ogni modulo comprende 3-5 elementi che

alimentano un generatore comune. Allegato al lavoro di tesi vi è un video sul

funzionamento di questo sistema. Diversi elementi ruotanti possono alimentare un

singolo generatore onshore, un prototipo WaveRoller alto 3.5 m e largo 4.5 è stato

disposto e testato vicino alla costa Portoghese in località Peniche. D’altro canto un

grande prototipo di OYSTER è stato costruito in Scozia e la sua prova era previsto nel

2009.

Sistemi multi componenti

In alcuni casi il convertitore consiste in un grande insieme di “points adsorbers”

galleggianti, che oscillano rispetto ad un unico sistema di riferimento, condividendo un

unico PTO. Questo è il caso di FO3, un progetto prevalentemente norvegese, il quale è

un sistema nearshore o offshore che è formato da un insieme di 21 boe a simmetria

assiale, dette eggs, cioè uova57. Le eggs oscillano secondo un movimento heave rispetto

ad un'unica struttura galleggiante a pianta quadrata che ha una frequenza di risonanza

molto bassa e ospita un unico PTO.

Il Wave Star, sviluppato in Danimarca comprende 2 insiemi di corpi galleggianti poco

distanziati gli uni dagli altri e disposti su due file ai lati di una struttura in acciaio che è

fissa sul fondo. L’elemento fisso è disposto lungo la direzione di propagazione

dominante del moto ondoso e ospita un PTO di tipo idraulico che consiste in tubazione

idrauliche per olio ad alta pressione e in motori elettrici per la generazione di energia. Le

onde mettono in moto le boe rispetto l’elemento fisso facendo in modo di pompare

l’olio nel circuito idraulico. Un modello in scala 1 :10 lungo 24 m, comprendente 10 boe

per lato per una potenza di 5.5 KW è stato varato nel 2006 a Nissum Bredning

(Danimarca); il dispositivo è stato testato per un paio di anni.

Il cosiddetto Brazilian hyperbaric device è basato su un concetto analogo, ma la

differenza principale risiede nel fatto che la struttura fissa è un cassone in calcestruzzo

armato (vertical brakwater) e le boe pompano acqua di alimentazione per una turbina

Pelton. Gli studi sperimentali su questo dispositivo sono stati affrontati in laboratorio ad

una scala 1:10.

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102

3.5.3 Dispositivi a tracimazione

Una maniera differente per convertire l’energia ondosa è quella di catturare l’acqua che

si trova in prossimità della cresta per indirizzarla, mediante tracimazione, in serbatoio

nel quale essa è accumulata fino ad un livello più alto rispetto al livello medio del mare

intorno al WEC. L’energia potenziale dell’acqua accumulata viene convertita in energia

elettrica attraverso turbine più o meno convenzionali per le attività idroelettirche.

La dinamica dei dispositivi a tracimazione è fortemente non lineare e non può essere

affrontata con la teroria delle onde di piccola altezza, diversamente per quanto accade

per i corpi oscillanti.

Il TAPCHAN (Tapered Channel Wave Power Device) è stato sviluppato in Norvegia negli

anni ’80, ed un prototipo della potenza nominale di 350 KW è stato costruito a

Toftestallen, Norvegia, nel 1985;esso ha fornito elettricità alla rete norvegese sino ai

primi anni ’90, quando lavori di modifica del dispositivo hanno provocato il crollo del

canale di adduzione58. Uno schema del TAPCHAN è mostrato nelle Figura 3.41 e 3.42 .

Figura 3.41 Schema del Tapchan

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103

Figura 3.42 Schema del Tapchan

Il collettore horn-shaped (letteralmente “a forma di tromba”) è progettato per

raccogliere l’energia ondosa da onde di diverso periodo e direzione. Esso conduce in un

canale a sezione progressivamente ristretta, detto appunto il tapered channel. Le onde

provenienti dal collettore entrano nella sezione più grande del canale e si propagano

nelle sezioni più strette, incrementando la propria altezza. In effetti dall’idraulica

marittima sappiamo che la quantità di energia meccanica contenuta in un

parallelepipedo di sezione orizzontale unitaria e che si estende dalla superficie al fondo

è pari a:

(3.28)

per cui è evidente che una riduzione della sezione orizzontale di questo parallelepipedo

comporterà un incremento d’altezza d’onda, che è proprio quella sfruttata nel sistema

che stiamo discutendo. Per effetto dell’incremento di altezza, l’acqua sfiora dalle pareti

del canale nel serbatoio in modo tale che gran parte dell’energia ondosa si trasformi in

energia potenziale dell’acqua. L’energia elettrica è poi generata a mezzo di una turbina a

basso carico, progettata per funzionare con acqua di mare.

Nel prototipo di Toftestallen (Figura 3.43) il collettore è stato ricavato in una parete

rocciosa ed era largo circa 60 m nella sezione più esterna.

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104

Figura 3.43 Prototipo Tapchan, Toftestallen

L’altezza delle pareti del tapared channel era circa +3 m sul livello medio mare, pari al

livello della superficie idrica nel serbatoio. La funzione di quest’ultimo era quella di

fornire una portata approssimativamente costante alle turbine e deve essere

abbastanza grande da limitare le fluttuazioni di livello indotte dalla variabilità del moto

ondoso. Nel prototipo norvegese la superficie della vasca era di 8500 e la

conversione era affidata ad una normale turbina Kaplan di tipo assiale, la cui principale

particolarità era quella di resistere alla corrosione.

Alla categoria dei convertitori a tracimazione appartiene anche il Wave Dragon, un

dispositivo galleggiante (slack moored) off-shore di produzione danese. Il dispositivo può

essere disposto in una singola unità o in gruppi, in grado di fornire una potenza effettiva

comparabile con quella degli impianti a combustibile fossile tradizionalmente adoperati.

L’idea di base del Wave Dragon è quella di riportare in un dispositivo galleggiante i ben

noti principi della conversione idroelettrica e si può affermare che esso rappresenti una

sorta di Tapchan artificiale. Il suo funzionamento è abbastanza semplice (Figura 3.44); le

onde sono lasciate sfiorare in un serbatoio al di sopra del livello medio mare, a partire

dal quale l’acqua refluisce in un insieme di turbine a bassa prevalenza59.

collettore

tapered channel

bacino

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105

Figura 3.44 Schema del Wave Dragon

Per migliorare le prestazioni in termini di tracimazione, l’impianto comprende due

reflectors che hanno il compito di concentrare l’energia ondosa verso una rampa a

doppia curvatura che indirizza l’acqua nel serbatoio (Figura 3.45). Allegato al lavoro di

tesi vi è un video che mostra il funzionamento di questo WEC.

Figura 3.45 Pianta e visione 3D di un Wave Dragon

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106

Un prototipo di 57 m di larghezza e 780 tonnellate di peso (inclusa la zavorra di

ancoraggio) è stato varato a Nissum Breding (Danimarca) e connesso alla rete nel

maggio del 2003. Esso rappresenta un modello in scala 1/4.5 rispetto alla capacità

produttive del nord Europa ed è equipaggiato con 7 turbine ciascuna delle quali ha una

potenza nominale di 20 kW. Il serbatoio ha una capacità di 55 metri cubi (Foto 3.O).

Foto 3.O Prototipo Wave Dragon, Danimarca

Si pensa che in scala reale una singola unità possa raggiungere i 157 metri di larghezza e

i 4 MW di potenza nominale, mediante 16 turbine da 250 KW.

Un ulteriore dispositivo a tracimazione è il cosiddetto Seawave Slot-cone Generetor

(SSG, Figura 3.46).

Figura 3.46 Schema dell’SSG

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107

Si tratta di una parete inclinata in calcestruzzo armato con un numero di serbatoi,

tipicamente 3, in grado di incamerare il flusso di massa del moto ondoso che risale sul

paramento60.

Poiché i serbatoi di trovano a livello superiore rispetto al livello medio mare, l’acqua nel

suo flusso di ritorno attraversa una turbina generando elettricità. Il dispositivo è stato

brevettato dalla società norvegese Wave Energy AS nel 2003 e numerosi studi pubblicati

in letteratura suggeriscono che la presenza di diversi serbatoi conduce ad un’efficienza

globalmente superiore rispetto agli impianti con un’unica capacità. Per questo motivo

Wave Energy sta attualmente sviluppando l’idea della Multi Stage Turbine (Figura 3.47).

Figura 3.47 Turbina Multi-stage

Uno dei possibili vantaggi di questo dispositivo è quello di poter essere facilmente

integrato in infrastrutture portuali in maniera di poter essere fonte di compensazione

ambientale. In alternativa, questo WEC può essere adoperato in corrispondenza di

scarpate marine o comunque in presenza di fondali molto ripidi, in maniera tale che la

topografia stessa del fondo esalti il fenomeno di Run-up (Figura 3.48).

Page 108: Tesi Davvero Finita

108

Figura 3.48 Batimetria riprodotta per un modellino scala

Nella prima metà degli anni 2000,Wave Energy AS è stata in grado di raccogliere 4

milioni di euro di finanziamento da investitori privati* più un milione di contributo

pubblico da parte dell’Unione Europea al fine di costruire un prototipo di questo

dispositivo e precisamente di uno shoreline device. La collocazione scelta per l’impianto

pilota è la parte occidentale dell’isola di Kvitsøy, nel fiordo di Bokna (Figura 3.49). L’isola

con i suoi 520 abitanti è una delle 10000 isole europee in cui l’energia dell’onda può

essere sviluppata con costi tali da essere una valida alternativa ai generatori diesel

esistenti. Secondo stime preliminari condotte dalla WAVEnergy AS, uno shoreline device

con una lunghezza di 500m sarebbe in grado di produrre 10-20 GWh all’anno ad un

costo di 0.12 Euro per kWh; tale prezzo risulta già assolutamente competitivo rispetto a

quelli attuali sull’isola.

* In realtà vi è stato un unico contributo. Si tratta del padre di Monika Bakke, inventore di una

pericolosissima trivella dotata di elemento di suzione per l’estrazione di petrolio da giacimenti offshore. Si noti che Monika Bakke è l’amministratore delegato di Wave Energy AS, e dunque il finanziamento può considerarsi ai limiti dell’elusione fiscale

Page 109: Tesi Davvero Finita

109

Figura 3.49 Stavanger, Norvegia

Foto 3.P Ipotetica sistemazione di un SSG a Svåheia, Norvegia

Page 110: Tesi Davvero Finita

110

Sfortunatamente il prototipo non è stato realizzato a causa del ritrovamento di alcuni

monconi di legname tarlato sul fondo marino, che il governo norvegese asserì

appartenere ad un’antica imbarcazione vichinga. Tuttavia è stata immediatamente

avviata la ricerca di nuovi siti per l’istallazione come quello di Svåheia (Norvegia, Foto

3.P e Figura 3.50, al cui testing preliminare ha partecipato anche la facoltà di ingegneria

dell’Università di Napoli Federico II), Port of Hanstholm (Danimarca) e Port of Garibaldi

(Oregon State, USA). Sfortunatamente nessuno di questi progetti è stato ad oggi

finanziato, tanto che Wave Energy AS versa tutt’ora nella più cupa indigenza, prossima al

fallimento.

Figura 3.50 Stavanger, Norvegia

Figura 3.51 Schema SSG

Page 111: Tesi Davvero Finita

111

Allegato al lavoro di tesi si riportano 2 video esplicativi del suddetto WEC.

Page 112: Tesi Davvero Finita

112

4 Sommario e considerazioni conclusive

Il lavoro di tesi, di tipo essenzialmente bibliografico, ha fornito uno stato dell’arte sulle

tecnologie di conversione dell’energia ondosa in elettricità. Come si è detto nel corso del

Capitolo 3, i meccanismi di conversione sono sostanzialmente 3:

- L’Oscillating Water Culumn (OWC) che sfrutta la compressione e la

decompressione di una massa d’aria compresa tra il convertitore e la superficie

del mare;

- I corpi oscillanti consistenti in boe, eventualmente aggregate in farm, connesse

ad un sistema di riferimento fisso o di diversa massa contenete il generatore

- I dispositivi a tracimazione che catturano la massa idrica compresa tra la cresta e

il cavo dell’onda adoperando un meccanismo di conversione simile

all’idroelettrico tradizionale.

Ciascuno dei WEC (Wave Energy Converters) può essere poi disposto in differenti punti

dell’ambiente marino: al largo, dove si dispone della massima risorsa (ma con

significative difficoltà di trasporto e manutenzione), in acque intermedie o in prossimità

della costa, dove ad una più agevole gestione della risorsa corrisponde una minore

disponibilità, causata dalle dissipazioni per frangimento.

L’analisi generale ha soprattutto evidenziato la disponibilità allo stato attuale di

numerosissime tecnologie di conversione. Questo fattore appare una peculiarità della

Wave Energy che non si riscontra ad esempio nel campo dell’eolico. Questo aspetto, se

da un lato è il risultato di un intenso lavoro di ricerca, dall’altro lascia la concreta

speranza di una possibile ottimizzazione delle metodologie di estrazione, con l’obiettivo

di rendere competitivo sul mercato il prezzo dell’energia prodotta.

Il grande spettro di soluzioni garantisce infine una certa flessibilità nell’applicazione ai

diversi sistemi territoriali. A questo proposito di particolare interesse appare

l’integrazione dei sistemi di conversione nelle opere di difesa portuale, nell’ottica di una

strategia di compensazione dell’impatto ambientale dell’opera.

Nel Capitolo 2 del lavoro si è poi affrontato il problema della disponibilità della risorsa

energetica soprattutto nel contesto europeo e italiano.

Page 113: Tesi Davvero Finita

113

E’ stato riscontrato che la fascia costiera atlantica dell’Europa possiede delle potenzialità

ragguardevoli, con punte di 70 KW per metro di costa in Gran Bretagna, Irlanda e

Norvegia.

L’Italia, come tutti i paesi mediterranei, possiede in generale un basso potenziale

produttivo, nell’ordine dei 2-5 KW per metro di costa, sebbene il perimetro della

penisola bagnato dal mare ammonti a circa 7500 km. Tuttavia, esiste nella zona

occidentale della Sardegna, in località Alghero, una condizione metereologica

particolarmente favorevole in cui l’energia prodotta può giungere fino a 10 KW/m.

Un’applicazione in scala reale in questo sito potrebbe risultare particolarmente

interessante, visto che in Sardegna il costo dell’energia elettrica è assolutamente alto,

pari circa a tre volte quello della media europea.

In considerazione della flessibilità delle tecnologie e delle peculiarità dei diversi territori

si ritiene che la Wave Energy, sebbene non risolutiva, sia un’opzione da non trascurare

mai nella strategia energetica dei paesi che affacciano sul mare.

Page 114: Tesi Davvero Finita

114

APPENDICE I Lista di stati per estensione costiera

Questa è una lista di stati per lunghezza di coste, in chilometri, basata sui dati del 2008 del CIA World Factbook. Uno sviluppo costiero pari a zero è quello dei paesi senza sbocchi sul mare.

Pos. Paese Superficie

[1]

(km²)

Coste[2]

(km)

Rapporto

Coste/Area

(m/km²)

1 Canada 9.093.507 202.080 22,222

2 Indonesia 1.826.440 54.716 29,958

3 Groenlandia 2.166.086 44.087 20,353

4 Russia 16.995.800 37.653 2,215

5 Filippine 298.170 36.289 121,706

6 Giappone 374.744 29.751 79,390

7 Australia 7.617.930 25.760 3,381

8 Norvegia

307.442 25.148[3]

81,798

9 Stati Uniti d'America 9.161.923 19.924 2,175

10 Nuova Zelanda 268.021 15.134 56,466

11 Cina 9.326.410 14.500 1,555

12 Grecia 130.800 13.676 104,557

13 Regno Unito 241.590 12.429 51,447

14 Messico 1.923.040 9.330 4,852

15 Italia 294.020 7.600 25,849

16 Brasile

8.456.510 7.491 0,886

17 Danimarca

42.394 7.314 172,254

18 Turchia 770.760 7.200 9,341

19 India 2.973.190 7.000 2,354

Page 115: Tesi Davvero Finita

115

20 Cile 748.800 6.435 8,594

21 Micronesia 702 6.112 8.706,553

22 Croazia 56.414 5.835[4]

103,432

23 Isole Salomone 27.540 5.313 192,919

24 Papua Nuova Guinea

452.860 5.152 11,377

25 Argentina 2.736.690 4.989 1,823

26 Islanda

100.250 4.988 49,756

27 Spagna 499.542 4.964 9,937

28 Madagascar 581.540 4.828 8,302

29 Malesia 328.550 4.675 14,229

30 Estonia 43.211 3.794 87,802

31 Cuba 110.860 3.735 33,691

32 Svalbard e Jan Mayen

61.020 3.587 58,784

33 Bahamas 10.070 3.542 351,738

34 Vietnam 325.360 3.444

[5] 10,585

35 Francia 545.630 3.427

[6] 6,281

36 Thailandia 511.770 3.219 6,290

37 Svezia 410.934 3.218 7,831

38 Colombia 1.038.700 3.208 3,088

39 Somalia 627.337 3.025 4,822

40 Venezuela 882.050 2.800 3,174

41 Sudafrica 1.219.912 2.798 2,294

42 Ucraina 603.700 2.782 4,608

43 Arabia Saudita 2.149.690 2.640 1,228

44 Vanuatu 12.200 2.528 207,213

Page 116: Tesi Davvero Finita

116

45 Polinesia francese 3.660 2.525 689,891

46 Corea del Nord 120.410 2.495 20,721

47 Panamá 75.990 2.490 32,767

48 Mozambico 784.090 2.470 3,150

49 Egitto 995.450 2.450 2,461

50 Iran 1.636.000 2.440[7]

1,491

51 Perù 1.280.000 2.414 1,886

52 Corea del Sud 98.190 2.413 24,575

53 Germania 349.223 2.389 6,841

54 Nuova Caledonia 18.575 2.254 121,346

55 Ecuador 276.840 2.237 8,080

56 Eritrea 121.320 2.234[4]

18,414

57 Oman 212.460 2.092 9,847

58 Birmania 657.740 1.930 2,934

59 Yemen 527.970 1.906 3,610

60 Marocco 446.300 1.835 4,112

61 Portogallo 91.951 1.793 19,500

62 Haiti 27.560 1.771 64,260

63 Libia 1.759.540 1.770 1,006

64 Angola 1.246.700 1.600 1,283

65 Namibia 825.418 1.572 1,904

66 Taiwan 32.260 1.566 48,543

67 Palau 458 1.519 3.316,594

68 Isole Marianne

Settentrionali

477 1.482 3.106,918

69 Irlanda 68.890 1.448 21,019

Page 117: Tesi Davvero Finita

117

70 Tanzania 886.037 1.424 1,607

71 Sri Lanka 64.740 1.340 20,698

72 Emirati Arabi Uniti 83.600 1.318 15,766

73 Costa Rica 50.660 1.290 25,464

74 Repubblica Dominicana 48.380 1.288 26,623

75 Isole Falkland 12.173 1.288 105,808

76 Finlandia 304.473 1.250 4,105

77 Tunisia 155.360 1.148 7,389

78 Kiribati 811 1.143 1.409,371

79 Figi 18.270 1.129 61,795

80 Isole Fær Øer

1.399 1.117 798,427

81 Sahara Occidentale 266.000 1.110 4,173

82 Pakistan 778.720 1.046 1,343

83 Giamaica 10.831 1.022 94,359

84 Algeria 2.381.740 998 0,419

85 Capo Verde 4.033 965 239,276

86 Nicaragua 120.254 910 7,567

87 Gabon

257.667 885 3,435

88 Nigeria 910.768 853 0,937

89 Sudan 2.505.810 853 0,340

90 Honduras 111.890 820 7,329

91 Mauritania 1.030.400 754 0,732

92 Hong Kong 1.042 733 703,455

93 Timor Est 15.007 706 47,045

94 Uruguay 173.620 660 3,801

95 Cipro 9.240 648 70,130

Page 118: Tesi Davvero Finita

118

96 Maldive 300 644 2.146,667

97 Bangladesh 133.910 580 4,331

98 Liberia 96.320 579 6,011

99 Qatar 11.437 563 49,226

100 Ghana 230.940 539 2,334

101 Kenya 569.250 536 0,942

102 Lettonia 63.589 531 8,351

103 Senegal 192.000 531 2,766

104 Costa d'Avorio 318.000 515 1,619

105 Porto Rico 8.870 501 56,483

106 Kuwait 17.820 499 28,002

107 Polonia 304.459 491 1,613

108 Seychelles 455 491 1.079,121

109 Guyana 196.850 459 2,332

110 Paesi Bassi 33.883 451 13,311

111 Cambogia 176.520 443 2,510

112 Tonga 718 419 583,565

113 Samoa 2.934 403 137,355

114 Camerun 469.440 402 0,856

115 Sierra Leone 71.620 402 5,613

116 Guatemala 108.430 400 3,689

117 Turks e Caicos 430 389 904,651

118 Belize 22.806 386 16,925

119 Suriname 161.470 386 2,391

120 Guyana Francese 90.000 378 4,200

121 Isole Marshall 181 370 2.044,199

Page 119: Tesi Davvero Finita

119

122 Antille Olandesi 960 364 379,167

123 Trinidad e Tobago 5.128 362 70,593

124 Albania 27.398 362 13,213

125 Bulgaria 110.550 354 3,202

126 Guinea-Bissau 28.000 350 12,500

127 Martinica 1.102 350 317,604

128 Comore[8]

2.170 340 156,682

129 Guinea 245.857 320 1,302

130 Gibuti 22.980 314 13,664

131 Georgia 69.700 310 4,448

132 El Salvador 20.720 307 14,817

133 Guadalupa 1.628 306 187,961

134 Guinea Equatoriale 28.051 296 10,552

135 Israele

22,072 273 12,369

136 Libano 10.230 225 21,994

137 Romania 230.340 225 0,977

138 São Tomé e Príncipe 1.001 209 208,791

139 Riunione 2.510 207 82,470

140 Montenegro 13.812 199 14,408

141 Malta 316 197

[9] 623,418

142 Siria 184.050 196 1,065

143 Singapore 683 196 286,969

144 Isole Vergini americane 346 188 543,353

145 Mayotte 374 185 494,652

146 Mauritius 2.030 177 87,192

Page 120: Tesi Davvero Finita

120

147 Repubblica del Congo 341.500 169 0,495

148 Bahrain 665 161 242,105

149 Brunei 5.270 161 30,550

150 Isola di Man 572 160 279,720

Note

1. ^ CIA World Factbook: Area 2. ^ CIA World Factbook: Coastline 3. ^ Include i fiordi principali. esclude le isole costiere. 4. ^

a b Incluse le coste delle isole minori.

5. ^ Escluse le isole minori. 6. ^ Solo Francia continentale 7. ^ L'Iran ha altri 740 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 8. ^ Inclusa Mayotte, amministrata dalla Francia. 9. ^ Esclusa l'isola di Gozo, che ha un'estensione di coste di 56 km. 10. ^ Esclude Tristan da Cunha e Isola Ascenzione 11. ^ Il Kazakhstan ha anche coste sui mari di Aral e Caspio, entrambi bloccati, per un totale di 2.964

km. 12. ^ Il Turkmenistan ha 1768 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 13. ^ L'Azerbaijan ha 713 km di costa lungo il Mar Caspio, che non ha sbocchi. 14. ^ L'Uzbekistan ha 420 km di costa lungo il Mare di Aral, che non ha sbocchi.

Page 121: Tesi Davvero Finita

121

APPENDICE II Il fabbisogno di energia elettrica

Il fabbisogno mondiale di energia elettrica si attesta attorno ai 17,109 TWh annui. Nella

Tabella A successiva sono disposti in maniera decrescente i consumi delle varie nazioni.

Pos

Paese Consumo

elettrico

(GWh/anno)

Anno Fonte Popolazio. Anno Potenza media

pro capite

(W/abitante)

— Mondo 17,109,665 2007 EIA 6,464,750,000 2005 297

1 Cina 4,190,000 2010 Bloom 1,315,844,000 2009 364

2 Usa 3,741,485 2009 EIA 310,880,317 2011 1,46

— Unione

Europea

2,950,297 2007 EIA 459,387,000 2005 700

3 Giappone 963,852 2008 EIA 128,085,000 2005 868

4 Russia 857,617 2008 EIA 141,927,297 2010 785

5 India 600,649 2008 EIA 1,103,371,000 2005 50.5

6 Brasile 600,029 2009 EIA 186,405,000 2005 226

7 Canada 549,476 2008 EIA 32,268,000 2005 1,91

8 Germania 544,467 2008 EIA 82,329,758 2009 822.22

9 Francia 460,944 2008 EIA 60,496,000 2005 851

10 Corea del Sud 386,169 2007 EIA 47,817,000 2005 879

11 Regno Unito 344,669 2008 EIA 59,668,000 2005 667

12 Italia 307,100 2005 CIA 58,093,000 2005 603

13 Spagna 243,000 2005 CIA 43,064,000 2005 644

14 Sud Africa 241,400 2007 CIA 47,432,000 2005 581

15 Taiwan 221,000 2006 CIA 22,894,384 2005 1,101

16 Australia 219,800 2005 CIA 20,155,000 2005 1,244

17 Messico 183,300 2005 CIA 107,029,000 2005 195

18 Ucraina 181,900 2006 CIA 46,481,000 2005 446

19 Sud Africa 146,900 2005 CIA 24,573,000 2005 682

20 Iran 136,200 2005 CIA 69,515,000 2005 224

21 Svezia 134,100 2005 CIA 9,041,000 2005 1,692

Page 122: Tesi Davvero Finita

122

22 Turchia 129,000 2005 CIA 73,193,000 2005 201

23 Polania 120,400 2005 CIA 38,530,000 2005 356

24 Tailandia 117,700 2005 CIA 64,233,000 2005 209

25 Norvegia 113,900 2005 CIA 4,620,000 2005 2,812

26 Olanda 108,200 2005 CIA 16,299,000 2005 757

27 Indonesia 108,000 2006 CIA

Est.

222,781,000 2005 55.3

28 Argentina 88,980 2005 CIA 38,747,000 2005 262

29 Finlandia 88,270 2007 CIA

Est.

5,249,000 2005 1,918

30 Egitto 84,490 2005 CIA 74,033,000 2005 130

31 Belgio 82,990 2005 CIA 10,419,000 2005 909

32 Malesia 78,720 2005 CIA 25,347,000 2005 354

33 Kazakhstan 76,430 2007 CIA 14,825,000 2005 588

34 Venezuela 73,360 2005 CIA 26,749,000 2005 313

35 Pakistan 67,060 2005 CIA 157,935,000 2005 48.4

36 Austria 60,250 2005 CIA

Est.

8,189,000 2005 839

37 Repubblica

Ceca

59,720 2005 CIA 10,220,000 2005 667

38 Romania 58,490 2007 CIA 21,711,000 2005 307

39 Svizzera 58,260 2005 CIA 7,252,000 2005 916

40 Grecia 54,310 2005 CIA 11,120,000 2005 557

41 Arabia

Saudita

52,620 2005 CIA 4,496,000 2005 1,335

42 Vietnam 51,350 2007 CIA 84,238,000 2005 69.5

43 Portogallo 48,550 2006 CIA 10,495,000 2005 528

44 Cina 48,310 2005 CIA 16,295,000 2005 338

45 Uzbekistan 47,000 2006 CIA

Est.

26,593,000 2005 202

46 Filippine 46,860 2005 CIA 83,054,000 2005 64.4

47 Israele 43,280 2005 CIA 6,725,000 2005 734

— Hong Kong 40,300 2006 CIA 7,041,000 2005 653

48 Colombia 38,910 2005 CIA 45,600,000 2005 97.3

49 Nuova

Zelanda

38,271 2009 MED 4,347,000 2009[7

]

1,004

Page 123: Tesi Davvero Finita

123

50 Bulgaria 37,400 2006 CIA 7,726,000 2005 552

51 Kuwait 36,280 2005 CIA 2,687,000 2005 1,54

52 Ungheria 35,980 2005 CIA 10,098,000 2005 406

53 Singapore 35,920 2006 CIA 4,326,000 2005 947

54 Iraq 35,840 2007 CIA

Est.

28,807,000 2005 142

55 Danimarca 34,020 2005 CIA 5,431,000 2005 715

56 Siria 34,000 2007 CIA

Est.

19,043,000 2005 204

57 Serbia 33,050 2004 CIA 9,778,991 2004 386

58 Bulgaria 29,490 2005 CIA 9,755,000 2005 345

59 Algeria 27,520 2005 CIA

Est.

32,854,000 2005 95.6

60 Azerbaijan 27,500 2007 CIA

Est.

8,411,000 2005 373

61 Slovacchia 24,930 2005 CIA 5,401,000 2005 527

62 Irlanda 24,090 2005 CIA 4,148,000 2005 663

— Porto

Rico (US)

23,210 2005 CIA 4,000,000 2005 669

63 Peru 22,590 2005 CIA 27,968,000 2005 92.1

64 Marocco 20,670 2005 CIA 31,478,000 2005 74.9

65 Bangladesh 19,490 2005 CIA 141,822,000 2005 15.7

66 Korea del

Nord

18,570 2005 CIA 22,488,000 2005 94.2

67 Libia 18,180 2005 CIA 5,853,000 2005 354

68 Tajikistan 17,900 2007 CIA 6,507,000 2005 314

69 Nigeria 16,880 2005 CIA 131,530,000 2005 14.6

70 Croazia 14,970 2005 CIA 4,551,000 2005 375

71 Cuba 13,870 2006 CIA 11,269,000 2005 140

72 Slovenia 13,710 2006 CIA 1,967,000 2005 795

73 Qatar 12,520 2005 CIA 813 2005 1,757

74 Zimbabwe 12,270 2005 CIA 13,010,000 2005 108

75 Tunisia 11,170 2005 CIA 10,102,000 2005 126

76 Lebanon 10,580 2005 CIA 3,577,000 2005 337

77 Lituania 9,296 2005 CIA 3,431,000 2005 309

78 Mozambico 9,127 2005 CIA 19,792,000 2005 52.6

Page 124: Tesi Davvero Finita

124

79 Ecuador 8,855 2005 CIA 13,228,000 2005 76.4

80 Repubblica

Domenicana

8,791 2005 CIA 8,895,000 2005 113

81 Oman 8,661 2005 CIA 2,567,000 2005 385

82 Zambia 8,655 2005 CIA 11,668,000 2005 84.6

83 Repubblica

della

Macedonia

8,651 2007 CIA 2,034,000 2005 485

84 Bosnia 8,574 2005 CIA 3,907,000 2005 250

85 Giordania 8,490 2005 CIA 5,703,000 2005 170

86 Kyrgyzstan 8,206 2005 CIA 5,264,000 2005 178

87 Islanda 8,152 2005 CIA 295 2005 3,152

88 Georgia 8,146 2007 CIA 4,474,000 2005 208

89 Costa Rica 7,776 2005 CIA 4,327,000 2005 205

90 Bahrain 7,614 2005 CIA 727 2005 1,195

91 Turkmenista

n

7,602 2005 CIA

Est.

4,833,000 2005 179

92 Trinidad and

Tobago

7,083 2007 CIA 1,305,000 2005 619

93 Sri Lanka 7,072 2005 CIA 20,743,000 2005 38.9

94 Uruguay 7,030 2007 CIA 3,463,000 2005 232

95 Ghana 6,906 2007 CIA

Est.

22,113,000 2005 35.6

96 Estonia 6,888 2005 CIA 1,330,000 2005 591

97 Guatemala 6,361 2005 CIA 12,599,000 2005 57.6

98 Lussemburgo 6,315 2005 CIA

Est.

465 2005 1,549

99 Jamaica 6,131, 2005 CIA 2,651,000 2005 264

Come era prevedibile, da soli Usa e Cina consumano quasi quanto il resto del mondo. La

cosa più preoccupante è l’incremento di energia elettrica nel continente Asiatico, non

solo in Cina, ma anche da parte dell’India. Per esempio la Cina ha un tasso di crescita

Page 125: Tesi Davvero Finita

125

della domanda d’elettricità quasi il 10% all’anno* . L’incremento dal 2008 al 2009 è stato

dell’8,12%.

Tutta l’Unione Europea ha un fabbisogno elettrico attorno ai 3 000 TWh. Anche qui la

domanda di energia elettrica nell’EU è in crescita in tutti i settori dell’economia anche se

con una continua differenziazione nei diversi comparti.

Nel periodo 1999-2004, nell’UE a 25 pesi membri, il maggior incremento di energia

elettrica è stato registrato nel terziario +15.6%, seguito dal residenziale +10.9% e dal

settore industriale +9.5%.

Per quest’ultimo settore va anche notato che il trend d’incremento id energia elettrica è

anche superiore a quello di energia generale.

Considerando il numero ristretto di Paesi dell’Europa a 15, il consumo medio del settore

residenziale (totale consumi elettici diviso il numero di famiglie ) è pari a 4.343

kWh/anno. Il principale impiego di questa energia è rappresentato dal riscaldamento,

che assorbe complessivamente il 21,3% della domanda elettrica, nonostante resti

localizzato soprattutto nei Paesi del nord Europa, e in particolare in Francia, Svezia,

Germania e Regno Unito. Segue la quota di energia elettrica utilizzata da frigoriferi e

freezer (14,5%) e per l’illuminazione (10,8%).

Per quanto concerne l’Italia, 12° paese in questa speciale classifica, il consumo di energia

elettrica nel 2008 è stato di circa 319 TWh, di cui 151.4 sono industriale, 93.6 sono di

tipo terziario, 68.4 è domestico, 5.7 di tipo agricolo.

* Dati resi noti dall’agenzia energetica cinese

Page 126: Tesi Davvero Finita

126

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