terra - quotidiano - 02/03/2011

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© FUSCO/ANSA Segue a pagina 7 Solare, il governo diviso 9 7 7 2 0 3 6 4 4 3 0 0 7 1 0 3 0 2 Levata di scudi contro il decreto messo a punto dalla maggioranza. Non piace agli ambientalisti, alle associazioni di categoria e nemmeno all’opposizione. I Verdi: «L’esecutivo ritiri il testo». Il Pd: «Furore ideologico di Romani» Scuola deprivata Rinnovabili Proseguono gli incontri tra i tecnici del ministero dello Sviluppo e dell’Ambiente per arrivare a un «testo condiviso» Dossier De Pascale a pagina 2 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Anno VI - n. 51 - mercoledì 2 marzo 2011 - E 1,00 Lazio Comitati e cittadini contro il taglio selvaggio di alberi nella Capitale Alle pagine 8 e 9 Abruzzo Uranio Medio Oriente 4 Filippo Piccone, uomo forte del Pdl in Abruzzo, al centro di un’inchiesta della Dda di Napoli sull’infiltrazione dei clan nella ricostruzione 4 Nel poligono di Quirra trovate altre dieci casse radioattive. E spuntano nuovi documenti con studi sugli effetti nell’ambiente 7 Continuano le rivolte in Libia come in Yemen e Oman. Nell’Egitto post- Mubarak i manifestanti tornano in piazza Tahrir «Abbiamo abbandonato 350 operai bengalesi» Carmignani a pagina 5 Libia Susan Dabbous arcello Caschili è uno dei 121 italiani rimpatriati da Misura- ta il 25 febbraio scorso sulla nave San Giorgio. Sono arrivati nel porto di Catania domenica, dopo un viaggio di due gior- ni con i telefoni isolati. Così hanno appreso solo dal comandante che la città da cui stavano scappando, 190 chilometri Est da Tripoli, era stata bombardata lo stesso giorno dal regime di Gheddafi, provocan- do la morte di 50 persone. In totale sono stati 258 i passeggeri tratti in salvo, oltre agli italiani c’erano ucraini, indiani, messicani, thailande- si, filippini, marocchini, tunisini, algerini e un tanzaniano. «Ma non capisco che fine abbiano fatto i 350 bengalesi impiegati nella ditta per cui lavoro». Caschili, 30 anni, è un ingegnere della Ferretti Internatio- nal, ditta bergamasca di costruzioni. M Segue a pagina 2 Del senno di poi son piene le fosse, sarebbe dunque un esercizio inu- tile dar colpa alle diplomazie oc- cidentali e americane di non aver previsto la vague méditerranéenne che ha colto tutti impreparati. Né è stato molto generoso Bill Emmott che, sulle pagine de La Stampa, ha ricordato come, sin dal 2009, l’Eco- nomist avesse previsto il “risveglio dal sonno” del mondo arabo. Per noi giornalisti gettare lo strale è fa- cile e non c’è Paese al mondo del quale non potreste dire “succede- rà qualcosa”, per poi rivendicarlo qualche anno dopo con la cadu- ta della borsa, una sommossa di piazza. La questione è un’altra. Quando una situazione, per quan- to imperscrutabile e imprevedibi- le, precipita, la diplomazia si mette al lavoro. è nelle crisi che si vede la stoffa, la preparazione e di quanti e quali strumenti è in possesso. La rivolta del Mediterraneo, dall’Egit- to alla Tunisia passando per la Li- bia, ci ha visto solidamente impre- parati, con qualche gaffe notevo- le (come indicare durante la crisi a Tunisi il modello Gheddafi), un esagerato prendere tempo (non disturbiamo il colonnello) e poi, improvvisamente, un’esibizione muscolare che ci vorrebbe fauto- ri della no fly zone, opzione su cui in queste ore si esercitano analisti e generali. Non è il caso di dilun- garsi sui rischi insiti in questa scel- ta, ben presenti in primis all’am- ministrazione Obama e ai vertici dell’Onu, sulla quale conviene in- vitare, questa volta sì, alla pruden- za, se non si ha troppa fretta di in- nescare l’ennesimo conflitto dagli esiti incerti: un altro Afghanistan dietro l’angolo nel quale sperimen- tare nuovi sistemi d’arma metten- do in conto, nel centrare gli aerei del rais, qualche quotidiano bilan- cio di effetti collaterali civili. Il vero punto è come attrezzarsi nell’epo- ca in cui, con eccessiva semplici- tà, abbiamo liquidato schiere di funzionari pubblici con la feluca in nome del fatto che la “politica estera adesso la fanno presidenti e primi ministri”, in una fase in cui la società civile, assai più di mini- stri e cancellieri, tiene banco sulla scena politica. Se premier e capi di stato decidono nei vari G (G8, G20 e via moltiplicando), sono amba- sciatori e consiglieri, segretari e consoli a tessere una tela diventa- ta sempre più intricata. Sull’occidente che faticosamente cerca di rialzarsi dalla crisi econo- mica è caduta una nuova tegola: l’inflazione da materie prime. Le materie prime alimentari ave- vano cominciato a correre l’esta- te scorsa dopo la siccità russa e le altre calamità metereologiche che avevano ridotto l’offerta sul mer- cato. Nel giro di pochi mesi gli au- menti si erano trasmessi ai beni di consumo (dal grano al pane), gio- cando un ruolo non secondario nelle rivolte magrebine che sono iniziate, come vuole la tradizione, con l’assalto ai forni. L’esplosione del malcontento in nord Africa ha raggiunto Paesi produttori di petrolio e gas, Libia in testa, innescando i rialzi sulle materie prime energetiche. Fino- ra i mercati avevano scommesso evidentemente su una evoluzione rapida della vicenda libica e sul ri- torno delle forniture ai livelli pre- sommossa. Ma così, ad oggi, non pare. E allora ecco che si profila il dilemma: Europa e Usa si tengo- no in piedi da tre anni grazie alla spesa pubblica e al denaro facile (i tassi d’interesse sono ormai a ze- ro) da parte delle banche centra- li. Questo castello si reggeva, al- meno formalmente, anche sul fat- to che l’inflazione non c’era. Il ri- apparire dell’inflazione mette a dura prova l’attuale mix di politi- che: i banchieri dovrebbero alzare i tassi, ma questo deraglierebbe la ripresa e andrebbe a pesare sulle casse dei governi stremati e inde- bitatissimi. Che strada prendere? A fare scuola ieri è stata ancora la Fed americana, che per bocca del suo governatore Bernanke ha det- to chiaramente: niente restrizio- ni al credito finchè non aumenta l’occupazione. L’Europa però, pur- troppo, è gestita in maniera diver- sa. L’ortodossia monetarista tede- sca è nel dna della Bce e imporrà presto un rialzo dei tassi, o alme- no genererà l’attesa che questo ac- cada (che sui mercati è la stessa cosa). Sarebbe una scelta sciagu- rata. Ferita dalla concorrenza ci- nese che le sottrae investimenti, fabbriche e posti di lavoro, azzop- pata dalla svalutazione del dolla- ro e dello yuan cinese (che è an- corato al dollaro), avvelenata dalle insolvenze bancarie dalla crisi del 2007-2008, e all’alba di una nuova ondata migratoria, la vecchia Eu- ropa rischierebbe di esplodere se la Bce iniziasse a togliere liquidità al sistema. Emanuele Giordana direttore di Ecoradio Luca Bonaccorsi NUOVE SFIDE PER LA DIPLOMAZIA RIVOLUZIONE E STAGFLAZIONE/2 L’analisi In fondo Il rapporto Ecosistema scuola di Legambiente racconta le condizioni delle aule pubbliche: obsolete, insicure, insostenibili. Metà degli edifici a rischio sismico o senza certificato di agibilità

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Levata di scudi contro il decreto messo a punto dalla maggioranza. Non piace agli ambientalisti, alle associazioni di categoriae nemmeno all’opposizione. I Verdi: «L’esecutivo ritiri il testo». Il Pd: «Furore ideologico di Romani»

Scuola deprivata

Rinnovabili Proseguono gli incontri tra i tecnici del ministero dello Sviluppo e dell’Ambiente per arrivare a un «testo condiviso»

Dossier

De Pascale a pagina 2

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Anno VI - n. 51 - mercoledì 2 marzo 2011 - E 1,00

LazioComitati e cittadini contro il taglio selvaggio di alberi nella Capitale

Alle pagine 8 e 9

Abruzzo Uranio Medio Oriente4Filippo Piccone, uomo forte del Pdl in abruzzo, al centro di un’inchiesta della Dda di napoli sull’infiltrazione dei clan nella ricostruzione

4nel poligono di Quirra trovate altre dieci casse radioattive. E spuntano nuovi documenti con studi sugli effetti nell’ambiente

7Continuano le rivolte in Libia come in Yemen e Oman. nell’Egitto post-Mubarak i manifestanti tornano in piazza Tahrir

«Abbiamo abbandonato 350 operai bengalesi»

Carmignani a pagina 5

LibiaSusan Dabbous

arcello Caschili è uno dei 121 italiani rimpatriati da Misura-ta il 25 febbraio scorso sulla nave San Giorgio. Sono arrivati nel porto di Catania domenica, dopo un viaggio di due gior-

ni con i telefoni isolati. Così hanno appreso solo dal comandante che la città da cui stavano scappando, 190 chilometri Est da Tripoli, era stata bombardata lo stesso giorno dal regime di Gheddafi, provocan-do la morte di 50 persone. In totale sono stati 258 i passeggeri tratti in salvo, oltre agli italiani c’erano ucraini, indiani, messicani, thailande-si, filippini, marocchini, tunisini, algerini e un tanzaniano. «Ma non capisco che fine abbiano fatto i 350 bengalesi impiegati nella ditta per cui lavoro». Caschili, 30 anni, è un ingegnere della Ferretti Internatio-nal, ditta bergamasca di costruzioni.

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Del senno di poi son piene le fosse, sarebbe dunque un esercizio inu-tile dar colpa alle diplomazie oc-cidentali e americane di non aver previsto la vague méditerranéenne che ha colto tutti impreparati. né è stato molto generoso Bill Emmott che, sulle pagine de La Stampa, ha ricordato come, sin dal 2009, l’Eco-nomist avesse previsto il “risveglio dal sonno” del mondo arabo. Per noi giornalisti gettare lo strale è fa-cile e non c’è Paese al mondo del quale non potreste dire “succede-rà qualcosa”, per poi rivendicarlo qualche anno dopo con la cadu-ta della borsa, una sommossa di piazza. La questione è un’altra.Quando una situazione, per quan-to imperscrutabile e imprevedibi-le, precipita, la diplomazia si mette al lavoro. è nelle crisi che si vede la stoffa, la preparazione e di quanti e quali strumenti è in possesso. La rivolta del Mediterraneo, dall’Egit-to alla Tunisia passando per la Li-bia, ci ha visto solidamente impre-parati, con qualche gaffe notevo-le (come indicare durante la crisi a Tunisi il modello Gheddafi), un esagerato prendere tempo (non disturbiamo il colonnello) e poi, improvvisamente, un’esibizione muscolare che ci vorrebbe fauto-ri della no fly zone, opzione su cui in queste ore si esercitano analisti e generali. non è il caso di dilun-garsi sui rischi insiti in questa scel-ta, ben presenti in primis all’am-ministrazione Obama e ai vertici dell’Onu, sulla quale conviene in-vitare, questa volta sì, alla pruden-za, se non si ha troppa fretta di in-nescare l’ennesimo conflitto dagli esiti incerti: un altro afghanistan dietro l’angolo nel quale sperimen-tare nuovi sistemi d’arma metten-do in conto, nel centrare gli aerei del rais, qualche quotidiano bilan-cio di effetti collaterali civili. Il vero punto è come attrezzarsi nell’epo-ca in cui, con eccessiva semplici-tà, abbiamo liquidato schiere di funzionari pubblici con la feluca in nome del fatto che la “politica estera adesso la fanno presidenti e primi ministri”, in una fase in cui la società civile, assai più di mini-stri e cancellieri, tiene banco sulla scena politica. Se premier e capi di stato decidono nei vari G (G8, G20 e via moltiplicando), sono amba-sciatori e consiglieri, segretari e consoli a tessere una tela diventa-ta sempre più intricata.

Sull’occidente che faticosamente cerca di rialzarsi dalla crisi econo-mica è caduta una nuova tegola: l’inflazione da materie prime. Le materie prime alimentari ave-vano cominciato a correre l’esta-te scorsa dopo la siccità russa e le altre calamità metereologiche che avevano ridotto l’offerta sul mer-cato. nel giro di pochi mesi gli au-menti si erano trasmessi ai beni di consumo (dal grano al pane), gio-cando un ruolo non secondario nelle rivolte magrebine che sono iniziate, come vuole la tradizione, con l’assalto ai forni. L’esplosione del malcontento in nord africa ha raggiunto Paesi produttori di petrolio e gas, Libia in testa, innescando i rialzi sulle materie prime energetiche. Fino-ra i mercati avevano scommesso evidentemente su una evoluzione rapida della vicenda libica e sul ri-torno delle forniture ai livelli pre-sommossa. Ma così, ad oggi, non pare. E allora ecco che si profila il dilemma: Europa e Usa si tengo-no in piedi da tre anni grazie alla spesa pubblica e al denaro facile (i tassi d’interesse sono ormai a ze-ro) da parte delle banche centra-li. Questo castello si reggeva, al-meno formalmente, anche sul fat-to che l’inflazione non c’era. Il ri-apparire dell’inflazione mette a dura prova l’attuale mix di politi-che: i banchieri dovrebbero alzare i tassi, ma questo deraglierebbe la ripresa e andrebbe a pesare sulle casse dei governi stremati e inde-bitatissimi. Che strada prendere? a fare scuola ieri è stata ancora la Fed americana, che per bocca del suo governatore Bernanke ha det-to chiaramente: niente restrizio-ni al credito finchè non aumenta l’occupazione. L’Europa però, pur-troppo, è gestita in maniera diver-sa. L’ortodossia monetarista tede-sca è nel dna della Bce e imporrà presto un rialzo dei tassi, o alme-no genererà l’attesa che questo ac-cada (che sui mercati è la stessa cosa). Sarebbe una scelta sciagu-rata. Ferita dalla concorrenza ci-nese che le sottrae investimenti, fabbriche e posti di lavoro, azzop-pata dalla svalutazione del dolla-ro e dello yuan cinese (che è an-corato al dollaro), avvelenata dalle insolvenze bancarie dalla crisi del 2007-2008, e all’alba di una nuova ondata migratoria, la vecchia Eu-ropa rischierebbe di esplodere se la Bce iniziasse a togliere liquidità al sistema.

Emanuele Giordanadirettore di Ecoradio

Luca Bonaccorsi

NuoVe SFIde PeR LA dIPLomAzIA

RIVoLuzIoNee STAGFLAzIoNe/2

L’analisiIn fondo

Il rapporto Ecosistema scuola di Legambiente racconta le condizioni delle aule pubbliche: obsolete, insicure, insostenibili. Metà degli edifici a rischio sismico o senza certificato di agibilità

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mercoledì 2 marzo 20112

e levate di scudi del mondo ambientalista e delle im-prese delle green economy, contro il decreto sulle rin-

novabili del governo, continua senza sosta. Si spera nelle riunio-ni in corso tra i tecnici del mini-stero dello Sviluppo economico e quelli dell’Ambiente che mirano a realizzare un «testo condiviso» da entrambi i dicasteri. Una dele-gazione del Gruppo imprese foto-voltaiche italiane (Gifi) ha incon-trato i rappresentanti dello Svi-luppo economico chiedendo di eliminare la sospensione degli in-centivi previsti dal Conto energia al raggiungimento degli 8.000 Mw. Dal canto suo, il ministro dell’Am-biente Stefania Prestigiacomo ha assicurato ieri agli operatori che il go-verno manterrà l’im-pegno «preso con l’Unione europea del 17 per cento di pro-duzione da fonti rin-novabili», aggiun-gendo che «non c’è un tetto degli 8.000 Mw». Peccato che la bozza del decreto in circolazione sui tavo-li dell’esecutivo, che porta la data del 24 febbraio, dice chiaramen-te che «nel caso di raggiungimen-to anticipato dell’obiettivo speci-fico per il solare fotovoltaico, fis-sato a 8.000 Mw per il 2020, è so-spesa l’assegnazione di incentivi per ulteriori produzioni da sola-re fotovoltaico». Si tratta del pun-to più controverso del testo. «Per coprire il 17 per cento del fabbiso-gno italiano di energia attraverso le fonti rinnovabili - spiega Giu-seppe Sofia, amministratore dele-gato di Conergy Italy - l’Italia do-vrà produrre ben 72mila Mw». Il nostro Paese oggi è a quota 3.115 Mw di fotovoltaico, con 154mila impianti, secondo i dati diffusi dal Gestore servizi energetici (Gse). Motivo per cui il tetto di 8.000 Mw al 2020 appare incomprensibile e potrebbe essere raggiunto nel gi-ro di qualche anno. La Germa-nia nel solo 2010 ha infatti instal-lato 6.500 Mw, arrivando a quo-ta 16mila Mw totali con l’obiet-tivo di raggiungerne ben 52mila nel 2020. La speranza è che quel tetto risalga quindi a diversi an-ni fa e sia stato calcolato prima dell’attuale boom: mille nuovi im-pianti che secondo il Gse entra-no in esercizio ogni giorno. «Met-tere un freno alle rinnovabili si-gnifica prendersi la responsabili-tà dell’uccisione di un potenziale di sviluppo molto importante per il Paese che ci porterà inevitabil-

mente a non rispettare l’impegno preso con l’Ue e sarebbe un impli-cito tentativo di tenere l’Italia le-gata a doppio filo alla dipenden-za energetica da altre nazioni», denuncia l’Associazione naziona-le tutela energie rinnovabili (An-ter). «Chiediamo al governo di ri-tirare questo decreto», attacca senza mezzi termini il presiden-

te dei Verdi Angelo Bonelli. Sul-la stessa linea anche il Partito De-mocratico: «Ora che finalmente l’Italia si è messa in moto, il furo-re ideologico del ministro Roma-ni, ci auguriamo contrastato dal-la Prestigiacomo, rischia di affos-sare un settore che è in espansio-ne e già oggi vale come occupa-ti 5 volte la Fiat», spiega Ermete

>>Primo piano>>

Decreto rinnovabiliIl governo rivede il testoAlessandro De Pascale

L

Energia Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo: «Non è vero che contiene un tetto per il fotovoltaico». Ma il limite degli 8mila Mw al 2020 c’è. I Verdi: «L’esecutivo ritiri il provvedimento»

Realacci, responsabile green eco-nomy del Pd. «Il ministro Roma-ni mente sapendo di mentire se afferma che gli incentivi alle rin-novabili sono costati agli italia-ni 20 miliardi di euro tra il 2009 e il 2010. La grandissima parte di queste risorse ha infatti finanzia-to i combustibili fossili e la chiu-sura del vecchio nucleare».

a bozza del nuovo prov-vedimento sulle rinno-vabili fissa nuovi limiti per gli impianti fotovol-

taici sui terreni agricoli. «Dalla data di entrata in vigore del pre-sente decreto - si legge nel testo - per gli impianti solari fotovol-taici con moduli collocati a terra in aree agricole, l’accesso agli in-centivi statali è consentito a con-dizione che il rapporto tra la po-tenza nominale dell’impianto e la superficie del terreno agrico-lo nella disponibilità del propo-nente non sia superiore a 100 Kw per ogni ettaro di terreno, o a 200 Kw per ogni ettaro di terre-no per gli impianti solari fotovol-taici con fattore di concentrazio-ne superiore a 400 (soli)». Su que-sta tipologia di impianti da tem-po c’è una forte opposizione, no-nostante le nuove soluzioni pro-gettuali permettano di installare i

L pannelli fotovoltaici e continuare a coltivare quasi la metà del ter-reno agricolo. «L’uso razionale del suolo nel fotovoltaico in agri-coltura è un tema fondamenta-le ed è comprensibile la reazione istintiva della popolazione locale e delle amministrazioni, perché non hanno una visione comple-ta della situazione», spiega Tom-maso Bonaldi dell’azienda tede-sca Soitec che si occupa di foto-voltaico a concentrazione. Que-sta società ha progettato un se-rie di piccoli impianti su terreni agricoli in Puglia, con potenza da 1 a 5 Mw, che utilizzano pannel-li fotovoltaici a concentrazione. «Una tecnica che serve a ridurre i costi, aumentando l’efficienza, senza dover sospendere la colti-vazione», continua Bonaldi. Il se-greto sono le «strisce agricole». In pratica il terreno viene diviso in diversi gruppi di tre fasce: la pri-

ma è quella agricola destinata al-la coltivazione, sulla seconda c’è un sentiero di servizio, sulla ter-za i pannelli fotovoltaici a con-centrazione. «Così facendo il ter-reno coltivabile si riduce soltan-to del 48 per cento e ai pannelli viene garantita la stessa ombreg-giatura di un impianto tradizio-nale», assicura Bonaldi. L’idea ha del rivoluzionario in questo set-tore e secondo la Soitec consen-tirebbe di «creare una nuova eco-nomia, legittimare questo tipo di strutture e garantire una nuova fonte di guadagno per gli agricol-tori». Nell’area del Mediterraneo, continua Bonaldi, «l’agricoltura è soggetta ad una forte concor-renza, i terreni vengono costan-temente abbandonati, anche per problemi di fertilità, e ci sono ri-schi elevati di desertificazione». Proprio per questo la Soitec chie-de di puntare sulla «pianificazio-

ne del territorio e non sulle limi-tazioni. Il primo compito è indi-viduare le aree adibite ai diver-si usi, considerando che il foto-voltaico è realtà, è il futuro, è un obiettivo europeo. Non basta dire che non puoi produrre più di un determinata potenza per ettaro - come stabilisce questo decreto - ma bisogna mettere a disposizio-ne le aree, altrimenti si creerà so-lo frammentazione. La concen-trazione si fa solo a terra, quin-di vietare pannelli sul suolo è in-coerente con quanto fatto fino-ra. Perché l’Italia, che per questa tecnologia ha le maggiori oppor-tunità d’Europa, è stato il primo Paese a inserire il fotovoltaico a concentrazione nell’ultimo Con-to energia e ora vuole limitarlo». Facendo proliferare solo piccolis-simi o grandissimi impianti. Pro-prio quello che il governo ha det-to di voler evitare. a.d.p.

«Una scelta incoerente con quanto fatto finora»

L’alternativa La maggioranza vuole limitare gli impianti su aree agricole. «Ma con la nostra tecnologia si continua a coltivare. Bisogna pianificare non vietare», spiega Bonaldi della Soitec

«Per raggiungere gli obiettivi Ue, l’Italia dovrà produrre ben 72mila Mw», spiega Sofia, ad di Conergy Il reeding di un impianto Soitec con le fasce dei pannelli, i sentieri e quelle agricole

© S

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Caschili, perché sono rimasti a terra solo i bengalesi?Forse non c’era spazio per loro, o per mancanza di un accordo bilaterale tra il governo italiano e quello bengalese, fatto sta che la nostra ditta, che pure ha insi-stito per imbarcarli, ha evacua-to tutti i dipendenti tranne lo-ro. Si tratta di 350 cittadini del Bangladesh, che lavoravano co-me operai nei nostri cantieri.Cosa rischiano?Ho chiamato la sede mi hanno detto che nel campo sono al si-curo, ma non so se hanno vive-ri, sono isolati a 8 chilometri da Misurata. La situazione non è tranquilla, prima di partire sen-tivamo bombe e spari.E il suo collega tanzaniano?Per farlo partire abbiamo dovu-to insistere con le autorità ita-liane, far capire che dopo l’im-piego dei mercenari africani ri-schiava il linciaggio.Gli italiani come sono visti?Piuttosto bene, sia prima che dopo le manifestazioni antire-gime. Quando per la prima vol-ta, il 22 febbraio, il nostro gover-no ha tentato di rimpatriarci con un volo militare, sono sta-ti i libici passati dalla parte dei

Abbandonati 350 operai bengalesiDabbous dalla prima

Libia

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mercoledì 2 marzo 2011 3

gli organizzatori del Primo Marzo, quando sarebbe necessaria «una legge organica e adeguata per la tutela dei rifugiati e dei richieden-ti asilo». Le piazze di ieri, piene di italiani e non, hanno chiarito di essere “straniere” soltanto al raz-zismo e alla xenofobia. A Roma, uno striscione è stato esposto da-vanti alla Breccia di Porta Pia con la scritta «150 anni di Unità: razzi-smo, sfruttamento, precarietà». A Palermo, la manifestazione ha sa-lutato il giovane Noureddine, am-bulante di origini marocchine che si è dato fuoco perché gli era im-pedito di lavorare. In quella Sici-lia, la terra dove stanno inevita-bilmente concentrandosi i flussi dei migranti nordafricani, il siste-ma di accoglienza in questi giorni sembra ancora più fragile. E il pro-

getto del “Villaggio della solidarietà” di Mineo, che dovreb-be ospitare almeno duemila richiedenti asilo, piace poco sia agli operatori uma-nitari sia agli ammi-nistratori locali. No-nostante per la sua

approvazione siano scesi in cam-po il presidente del Consiglio Ber-lusconi e il ministro dell’Interno Maroni - quest’ultimo in visita al-la struttura per la seconda volta lunedì scorso - ieri la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, è tornata a esprimere contrarietà a un «si-stema di accoglienza, come quello che si sta attuando nel “Villaggio della solidarietà” a Mineo, che va rivisto». Nel corso dell’audizione in Commissione diritti umani del Senato, Boldrini ha spiegato che il progetto «rimette in discussio-ne l’intero sistema di asilo in Italia che, in un momento di emergen-za, non so se sia saggio intaccare dal momento che, pur con tutti i suoi limiti, ha finora dimostrato di funzionare». Eccentrico rispet-to alla rete di assistenza che gesti-sce le domande di asilo, il progetto di Mineo non assicura che, come prevede la legge, vi venga istitui-ta un’apposita commissione ter-ritoriale. «Diventa sempre più al-to il rischio che il governo depor-ti da un centro all’altro, per tutta l’Italia, coloro che sono già in re-gime di accoglienza e che questo spezzi i legami di integrazione ed abbatta le possibilità di presenta-re ricorsi contro i dinieghi degli status», ha commentato la sezio-ne siciliana dell’Associazione giu-risti per l’immigrazione (Asgi), nel timore che una cattiva gestione di questa fase esponga a ulteriori ri-volte e violenze.

ccogliete i profughi della rivoluzione». Il richiamo all’Italia ieri si è eretto pro-

prio dalle piazze delle nostre mag-giori città. Il Primo marzo, secon-da edizione della giornata di scio-pero degli stranieri che vivono e

lavorano nel nostro Paese, ha co-sì voluto costruire un solido pon-te con i dirimpettai del Nord Afri-ca. Chi si è trasferito qui da tem-po ieri ha sfilato in corteo, abban-donando per un giorno le fabbri-che del Nord e le campagne del Sud. Con lo sguardo rimasto pun-tato sul Mediterraneo e sui moti di ribellione, la mano tesa in aiu-

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Dina Galano

>>Primo piano>>

“Stranieri al razzismo”Dall’Italia al Nord Africa

Diritti Oltre 300mila lavoratori immigrati ieri hanno scioperato occupando le piazze dello Stivale.Chiedendo la chiusura dei Cie, l’accesso alla cittadinanza e una «legge organica per i richiedenti asilo»

to a quanti sono riusciti ad arri-vare ma si sono scontrati con le falle di un sistema di accoglien-za che per molti ha significato im-provvise detenzioni e trasferimen-ti coatti da una struttura all’altra. «Si evoca un inesistente “stato di emergenza” solo per evitare acco-gliere le persone che stanno arri-vando sulle nostre coste», dicono

successo nuovamen-te. La Basilica del San-to, luogo simbolo di Pa-dova, è ritornata ad esse-

re al centro delle proteste. Dopo gli studenti, che a dicembre si erano arrampicati sulle impal-cature esterne contro la Gelmi-ni, è la volta delle contestazioni dei migranti contro la “sanato-ria truffa”. Da quattro notti una trentina di senegalesi, nigeriani e maroc-chini si erano accampati in pre-sidio permanente sotto la Pre-fettura in Piazza Antenore per chiedere una soluzione alla loro situazione: «In qualità di truffa-ti, chiediamo, alla Procura della Repubblica di questa città e alla Questura di Padova, la garanzia di non essere espulsi».Nel primo pomeriggio di lunedì,

Marco Maschietto

èdopo l’ennesima porta in fac-cia di Palazzo Santo Stefano, è scattata la decisione di occupa-re simbolicamente la facciata esterna della Basilica. In linea con quello che già era accaduto nella gru di Brescia e nella torre di Milano, a Padova i migranti, dalla sommità del Santo, hanno srotolato un enorme striscione con scritto “No alle espulsioni” al grido: «Permesso di soggior-no subito».L’Associazione Razzismo Stop aveva già denunciato che «a settembre del 2009, in occasio-ne della procedura di emersio-ne dei rapporti di lavoro dome-stico sommersi , si sono consu-mate truffe e raggiri di dimen-sioni eccezionali in questa città e in questa regione ai danni di cittadini extracomunitari irre-golarmente presenti in Italia». Nel padovano sarebbero cir-

ca 500 i migranti avvicinati da aziende che in cambio di dena-ro, dai 2000 ai 3000 euro, pro-mettevano di fornire dei con-tratti di lavoro per ottenere il permesso di soggiorno. Socie-tà che, non appena riceveva-no i contanti, svanivano lette-ralmente nel nulla. Una vera e propria truffa confermata an-che dagli accertamenti della magistratura. Proprio per que-sto i migranti, clandestini per lo Stato, stanno chiedendo un per-messo di soggiorno di protezio-ne sociale.Alla truffa, in un secondo mo-mento, si è aggiunta l’ingiusti-zia. C’è chi, dopo aver avuto accesso alla procedura, si è vi-sto vanificare davanti agli occhi la possibilità di ottenere il per-messo di soggiorno. Una circo-lare interpretativa del Capo del-la Polizia Manganelli ha dato il

via ad una lunga ed impressio-nante serie di rigetti agli stra-nieri precedentemente condan-nati per la violazione dell’ordine di allontanamento del Questo-re. Un paradosso: non puoi re-golarizzarti in virtù della tua ir-regolarità.Dal presidio che si è creato sot-to la Basilica per tutelare l’ini-ziativa dei migranti, Nicola Gri-gion del Progetto Melting Pot Europa, spiega: “hanno deciso di occupare la facciata del San-to perché questa città silenzio-sa parli della loro vicenda e co-nosca quello che sta avvenendo. Ribadiamo ancora una volta al-la Prefettura la necessità di con-cedere un permesso di soggior-no ai truffati.”Una vicenda che ha assunto i colori grigi del ricatto. Un ricat-to che i migranti pagano quoti-dianamente sulla loro pelle.

Contro la sanatoria Nella Basilica del Santo

Padova Da quattro notti, circa trenta immigrati sono accampati in presidio permanente sotto la Prefettura. Chiedono una soluzione alla situazione «e la garanzia di non essere espulsi»

Per l’Alto commissariato Onu «i toni vanno abbassati» perché «il nostro Paese non è il più esposto dell’Ue» ai flussi

«A

Napoli, manifestazione anti razzismo del 1 Marzo

ribelli a scortarci fino all’aero-porto. Poi però, non siamo più partiti. Si era diffusa la voce che stava atterrando un aereo mili-tare, un C130, i cittadini teme-vano che fosse carico di mer-cenari pronti a sparagli. I libici che ci scortavano hanno pro-vato a spiegare che serviva per noi, per gli italiani da evacua-re, ma il timore era forte. La di-scussione è poi degenerata in una sparatoria. L’aereo non è più atterrato.Ritiene che il governo ab-bia reagito prontamente all’emergenza?C’è stata una totale mancanza di previsione di un evento ine-vitabile dopo i fatti di Tunisi e del Cairo. Lavoravo con giovani libici, tunisini ed egiziani, c’era un gran fermento, voglia di li-bertà. Per il 17 febbraio era sta-ta indetta un manifestazione anti Gheddafi. Ma i colleghi ita-liani più anziani e gli stessi libici over 40 dicevano: «Non vi pre-occupate il Colonnello sisteme-rà tutto con i suoi metodi, sono 40 anni che fa così». Sì ma pri-ma non c’era facebook.Ha avuto paura?Dopo il discorso di Gheddafi contro gli italiani pensavamo alle ritorsioni. E invece quello è stato il più grande errore strate-gico del dittatore, dopo aver or-dinato di uccidere la sua gente, ha perso la fiducia del popolo. A quel punto parte dell’esercito è passato dalla parte dei ribelli. Da un momento a l’altro è cam-biata la Libia.

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mercoledì 2 marzo 20114 >>Primo piano>>

Inchiesta

Uranio

chiesta sui rapporti tra il senato-re e la camorra.Ciò però non implica necessaria-mente che non ci sia alcuna inda-gine. Riferimenti a Piccone emer-gerebbero infatti da alcune inter-cettazioni telefoniche, nell’ambi-to un’inchiesta che la Dda napo-letana tiene aperta da mesi su al-cune società legate alla camorra, che subito dopo il terremoto han-no provato a sbarcare in Abruzzo. I fascicoli dell’inchiesta non sa-rebbero stati però ancora trasferi-ti ai colleghi aquilani. Fuori dall’Abruzzo, non gode di molta notorietà Filippo Piccone. Eppure il coordinatore del Pdl è uno degli uomini chiave del po-tere abruzzese. Per anni sindaco di Celano, in provincia dell’Aqui-la, e ras incontrastato della Marsi-ca, nel 2008 non raggiunse la can-didatura alla presidenza della Re-gione solo per un soffio. Dopo un lungo ballottaggio interno Ber-lusconi gli preferì il più telegeni-co Gianni Chiodi, eletto poi Go-vernatore. Come compensazio-ne venne affidata a Piccone, elet-to senatore prima nel 2006 e poi nel 2008, la guida del partito re-gionale. Lo scorso anno è stato coinvolkto nell’inchiesta Re Mi-da, senza essere però indagato. Il padre è socio in affari di Dante Di Marco. A una società di quest’ul-timo è stato sospeso il certifica-to antimafia perché sospettata di aver riciclato i soldi del tesoro di Vito Ciancimino.

a politica potrebbe aver aiutato i clan della camor-ra a infiltrarsi in Abruz-zo negli appalti della rico-

struzione post terremoto. C’è una traccia precisa che i magistrati stanno seguendo da diversi mesi. Nelle indagini sarebbe finito an-che Filippo Piccone, coordinato-re regionale del Pdl, senatore della Repubblica e tra gli uo-mini politici più poten-ti dell’Abruzzo. Il suo nome spunta nelle car-te di un’inchiesta del-la Procura distrettuale antimafia di Napoli. Il coinvolgimento di Piccone è confermato da fonti molto attendi-bili della Dda napoletana. N o n è però ancora p o s- sibile chiarire a che titolo il sena-

tore del Pdl sia pre-

sente n e l -

Sisma, il ras del Pdlnel mirino dell’antimafiaGiorgio Mottola

L

Inchiesta Filippo Piccone, senatore e coordinatore regionale del Pdl in Abruzzo, al centrodi un’indagine della Dda di Napoli sull’infiltrazione dei clan della camorra nella ricostruzione

le indagini e con quali responsa-bilità. Il contesto sarebbe tutta-via quello degli appalti pubblici e privati per il dopo sisma e il ten-tativo dei clan casertani e napole-tani di partecipare alla spartizio-ne. A carico di Piccone non ci sa-rebbe invece ancora alcun proce-

dimento aperto presso la Procu-ra dell’Aquila. Lunedì sera il sito internet di Repubblica aveva fat-to riferimento a un’inchiesta del-la magistratura abruzzese sui pre-sunti legami tra il coordinatore del Pdl e una ditta casertana, le-gata al clan dei casalesi. Ieri c’è

stata prima la smentita dell’avvo-cato di Piccone: «Non è arrivato alcun avviso di garanzia, la noti-zia apparsa sui giornali è falsa». E poi anche quella del Procuratore dell’Aquila, Alfredo Rossini che a Terra ha negato che presso la sua Procura sia stata aperta un’in-

a scatola nera del mistero di Quirra è ancora nel bun-ker dell’Università di Ca-gliari. Non è dato sapere

se gli scienziati abbiano già ana-lizzato le cinque casse radioatti-ve trovate nei magazzini del poli-gono militare sardo. Nessuno, al-meno formalmente, ha dimostra-to la correlazione tra l’alto tasso di tumori nella zona e le sperimen-tazioni balistiche nella base. Con l’ultimo sequestro, le scatole che presentano tracce di radioattività

Gianluca Martelliano*

L

A Quirra spuntano altre dieci casse radioattive

Uranio Mentre ancora non si hanno notizie delle analisi dei cinque contenitori ritrovatinel poligono militare sardo, emergono nuovi documenti. Sono dossier con le ricerche ambientali

È l’uomo forte di Berlusconi in Regione. È stato già coinvolto nell’inchiesta Re Mida

da 5 sono diventate 15. E ora spun-tano anche i documenti. Gli uomi-ni della Procura di Lanusei sono arrivati a Pisa, al Centro Interfor-ze Studi Applicazioni Militari, per sequestrare i dossier con le ricer-che ambientali effettuate nel poli-gono del Salto di Quirra. Carte che, unite ai ritrovamenti di materiale bellico, potrebbero incastrare il killer che uccide con tumori e leu-cemie gli abitanti dell’area intor-no alla base. «Non so se faranno uscire subito i risultati delle anali-si. Prima le dovrà vedere il Procu-ratore della Repubblica di Lanu-

sei, Domenico Fiordalisi. Poi sarà lui a decidere se divulgarle o me-no”, spiega Maria Antonietta Gatti, consulente scientifico degli inqui-renti. Il problema è capire se dav-vero in quelle casse con alti livel-li di radioattività c’è l’uranio impo-verito o, quantomeno, la risposta al mistero di Quirra. Gli strumen-ti indicano la presenza di U238. Si tratta di un isotopo dell’uranio. Ma la questione non è così sempli-ce. Tutto dipende da quanto è pu-ro. Se la percentuale arriva quasi al 100 per cento, ci troviamo di fron-te a uranio impoverito, quello usa-

to nei teatri di guerra. A qualcuno però sembra strano che l’arma del delitto sia così a portata di mano. “Io non credo che i militari siano così ingenui da tenere in un ma-gazzino incustodito scatole piene di munizionamento”, ironizza Ma-riella Cao, del comitato Gettiamo Le Basi. E allora, se non sono pro-iettili all’uranio impoverito, di che si tratta? “In alcuni missili - chia-risce Cao - c’è una determinata componente di materiale radioat-tivo e ci sono procedure segretissi-me per lo smaltimento. Penso che queste scatole possano contenere

frammenti di quei missili che han-no al loro interno elementi alta-mente radioattivi.” Veleni che do-vevano essere smaltiti con un par-ticolare sistema e che, invece, so-no stati conservati in un deposi-to. In realtà, stando alle regole del-le basi statunitensi, il tempo mas-simo di stoccaggio per quel gene-re di residui bellici è di pochi mesi. Facevano eccezione solo piccole isole. Nella lista c’era anche la ba-se Usa della Maddalena, nel nord della Sardegna, dove i pezzi di mis-sili potevano essere conservati per due anni. Non a caso, il tasso di lin-fomi non Hodgkin della zona è su-periore del 158 per cento rispetto al resto dell’isola. Dal 2008 la ban-diera a stelle e strisce non sventola più sull’arcipelago. La base dell’Us Navy è stata chiusa. A Quirra, in-vece, il grand hotel per eserciti e aziende di tutto il mondo è rima-sto. E conserva i souvenir di tutti gli ospiti.*Ecoradio

Due morti, smottamenti, frane e tanta paura. E i soliti problemi legati alla man-canza di prevenzione. Quasi tutta l’Italia sta facendo i conti con l’ondata di maltem-po, particolamente violenta in Calabria e Sicilia. Del dissesto idrogeologico ci si ri-corda solo quando piove e il terreno frana

sotto i nostri piedi. Da questo punto di vi-sta, la Calabria è una regione al collasso, con il 100 per cento dei comuni a rischio idrogeologico. In Italia 6 milioni di persone abitano un territorio ad alto rischio idro-geologico e 3 milioni vivono in zone ad al-to rischio sismico.

Altri due morti per il dissesto idrogeologico

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mercoledì 2 marzo 2011 5>>Primo piano>>

Dossier

Mobilità

li, premiata dalle certificazioni di agibilità, staticità e igiene, ma anche da un buon risultato nel-la raccolta differenziata. Sul ver-sante energie rinnovabili, emer-gono le virtuose Imperia, Prato, Ragusa e Vicenza. Proprio il te-ma ambientale si salda a quello della sicurezza. In larga parte, le scuole italiane non monitorano il rischio ambientale: malgrado la legge 257 del 1992, che richie-

de alle Regioni il censi-mento degli edifici in cui sia presente amian-to, il 18 per cento dei comuni non fa regola-re monitoraggio. Grave la percentuale relativa al radon, misurato ap-pena dal 30 per cento delle amministrazioni.

Sottovalutati anche i rischi deri-vanti dalla vicinanza ad elettro-dotti, monitorati appena nell’11 per cento dei casi. Inoltre, quasi il 17 per cento degli edifici sco-lastici si trova a meno di 5 chi-lometri da industrie e il 10,5 per cento a meno di un km da fonti di inquinamento acustico. Anco-ra, la prossimità ad antenne per cellulari è nel 15 per cento dei ca-si, ad antenne televisive emitten-ti radio televisive nel 4. In mate-ria di ambiente, la raccolta diffe-renziata è ferma all’80 per cen-to; lenta la crescita del biologico nelle mense dove, anche se all’87 per cento vengono serviti pro-dotti biologici, solo l’8,66 offre ci-bi interamente bio, mentre il re-sto delle mense dichiara di uti-lizzarne una percentuale intor-no al 54 per cento; in trend po-sitivo il risparmio energetico, co-sì come l’impiego di fonti rinno-vabili, che hanno superato la so-glia dell’8 per cento. In generale, dal dossier, emerge la difficoltà degli Enti locali di tenere in piedi un patrimonio edilizio ormai ob-soleto, costruito nel 65 per cen-to dei casi prima del 1974, anno dell’entrata in vigore dei prov-vedimenti per l’edilizia antisi-smica, e condizionato da diffe-renze evidenti nell’investimen-to: il divario tra Nord (53.472 eu-ro) e Sud (22.482) testimonia un approccio politico-amministra-tivo agli antipodi nella gestione complessiva dell’edilizia scola-stica. E, va da se, nel considerare la scuola come centro vitale del-la nostra società. Legambiente, perché il quadro dell’emergenza sia il più preciso possibile, riba-disce la necessità della pubblica-zione dell’Anagrafe scolastica, at-tesa da quindici anni e più volte annunciata, senza alcun seguito, dal nostro Governo.

e infelici uscite del no-stro premier in merito al-la scuola pubblica hanno sollevato un inevitabile

vespaio di polemiche, dichiara-zioni e controffensive. Alla bre-ve vita delle parole, si suole ri-spondere con la solidità dei fat-ti. Giunge così come un risveglio sulla nuda realtà il rapporto an-nuale che Legambiente dedica allo salute dell’edilizia scolasti-ca italiana. Per la sua undicesi-ma edizione, il dossier “Ecosiste-ma scuola” non lesina particolari poco rassicuranti sulle condizio-ni delle strutture in cui passano il loro tempo 8 milioni di ragazzi. L’indagine si è concentrata sulle scuole d’infanzia primarie e se-condarie di primo grado di 93 ca-poluoghi di provincia, rendendo conto di un patrimonio edilizio scolastico largamente in stato di emergenza, con più di un terzo degli stabili (il 36 per cento) che ancora necessita di urgenti in-terventi di manutenzione. I nu-meri messi in maggiore eviden-za nella ricerca dicono già tutto: su 42.000 edifici, la metà è situa-ta in aree a rischio sismico, men-tre solo il 58 per cento possiede il certificato di agibilità. In parti-colare, le rilevazioni dicono che il 9 per cento delle scuole è situato su un terreno a rischio idrogeo-logico, meno della metà possiede il certificato di collaudo statico e

Una scuola pubblica insicura e insostenibile

Diego Carmignani

L

Dossier Legambiente presenta il rapporto annuale sull’edilizia scolastica italiana. Più di un terzo degli edifici ha urgente bisogno di manutenzione. Oltre la metà è in area a rischio sismico

solo il 10,14 per cento è costrui-to secondo criteri antisismici. A fronte di ciò, si registra che qua-si nella totalità degli edifici ven-gono fatte prove di evacuazione, che in più del 90 per cento delle scuole si trovano porte antipani-co. Certificazione di prevenzio-

ne incendi presente nel 35,4 per cento e scale di sicurezza in poco più della metà. Poche novità ri-spetto alle scorse edizioni anche nella classifica della qualità che vede il Centro Nord saldo in te-sta. A svettare è il comune di Pra-to, seguito, tra i primissimi posti,

da Trento, Parma, Siena, Biella e Alessandria, mentre le regioni che continuano ad essere ai ver-tici sono Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna. Scendendo a Sud bisogna scorrere fino al 24° posto per trovare la città più vir-tuosa, che risulta essere Napo-

ette italiani su dieci oggi stanno pensando di passa-re dall’automobile tradizio-nale a quella elettrica. Un

passaggio epocale per un pae-se che presenta il parco auto più numeroso d’Europa (59 vettu-re ogni 100 abitanti), fotografato nell’ultima ricerca condotta da Deloitte. Lo studio, presentato ieri in anteprima europea a Mila-no, dice che i potenziali first mo-vers (i pionieri) sono soprattutto i giovani di città, attenti all’am-biente e sono attratti dalle au-to elettriche perché convenienti, sicure, alla moda e con un buon rapporto prezzo/prestazioni. Per la maggior parte degli intervista-ti i veicoli elettrici sono miglio-ri rispetto ai tradizionali veicoli a combustione, in termini di im-patto ambientale e costi, grazie anche alla disponibilità di incen-

Guliano Rosciarelli

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Sette italiani su dieci vogliono l’auto elettrica

Mobilità Una ricerca di Deloitte rivela la predisposizione dei cittadini a cambiare i mezzi tradizionali. I problemi restano legati all’autonomia (bassa) e al prezzo d’acquisto (alto) dei veicoli

Insufficiente il monitoraggio del rischio ambientale determinato da amianto, radon ed elettrodotti

La grande maggioranza del campione (74%) ha però aspettative di autonomia (480 km) che attualmente il mercato non è in grado di offrire

tivi governativi. Mentre i veicoli a combustione continuano a esse-re considerati superiori in termi-ni di autonomia, comodità del ri-fornimento rispetto alla ricarica e di prezzo. Secondo oltre l’80% degli intervistati, infatti, la co-modità di ricarica, l’autonomia e il costo di ricarica sono estrema-mente importanti per considera-re l’acquisto o il noleggio di una vettura elettrica. Il potenziale cliente - si legge ancora - ha compreso che la ri-carica della batteria è una at-tività che richiede molto tem-po ed è disponibile a cambiare le proprie abitudini, accettando l’idea di dover aspettare qual-che ora rispetto ai 10 minuti per gli attuali carburanti, ma non transige sulle necessità di au-tonomia. La grande maggioran-za del campione (74%) ha infat-ti aspettative di autonomia (480 km) che attualmente il mercato

non è in grado di offrire; e que-sto nonostante che solo l’1% de-gli automobilisti percorra gior-nalmente più di 320 km. Riguar-do ai costi d’acquisto, l’indagi-ne mostra che il 57% del cam-pione non è disposto a paga-re di più per una vettura elettri-ca. La vita utile della batteria e i costi connessi al cambio della stessa come alternativa alla ri-carica- continua la ricerca – re-stano fattori determinanti nel-lo sviluppo del settore. I produt-tori di energia sembrano essere consapevoli del futuro sviluppo del settore. In questa ottica va inquadrato l’accordo siglato ie-ri tra Acea e Enel per lo svilup-po congiunto dell’infrastruttura di ricarica per la mobilità elet-trica. Un accordo che prevede il lancio di test e progetti pilota congiunti di mobilità elettrica a Roma e in altre città e regioni italiane. L’intesa prevede, inol-

tre, lo sviluppo nel medio termi-ne dell’infrastruttura di ricari-ca per i veicoli elettrici a Roma, nonché accordi con costruttori di veicoli elettrici finalizzati alla sperimentazione e alla diffusio-ne dei veicoli nei territori. «Co-me Acea -ha dichiarato l’ammi-nistrato delegato Marco Stade-rini- intendiamo sviluppare so-luzioni di mobilità per integra-re le fonti di produzione rinno-vabile, a partire dall’impianto fotovoltaico realizzato a Com-mercity che, con i suoi 5Mw, è il più grande in Italia in ambito urbano».

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mercoledì 2 marzo 20116

Natura

Salute

l riscaldamento globale e l’aumento di anidride car-bonica nell’atmosfera po-trebbero alterare l’evoluzio-

ne di alcune piante. Lo afferma uno studio dell’Università del Michigan, che ha preso in con-siderazione alcune specie flore-ali e il modo in cui queste si di-

fendono dagli insetti. In parti-colare la ricerca si è concentra-ta sugli effetti del biossido di car-bonio su una pianta diffusa prin-cipalmente nelle regioni tropica-li africane e americane ma pre-sente anche nelle zone dal clima temperato, l’euforbia comune (Asclepias syriaca). Conosciuta sin dall’antichità per le proprie-tà benefiche del suo succo latti-

ginoso, essa pro-duce dei compo-sti chimici ama-ri e molto tossi-ci per allontana-re gli insetti che si avvicinano a lei per nutrirsi. Gli scienziati hanno però sco-perto che, quando l’euforbia co-mune incamera un eccesso di biossido nell’aria, reagisce in ma-

L’inquinamento dell’ariapuò modificare le piante

Alessio Nannini

I

Natura Alcune specie floreali incamerano troppa anidride carbonica e reagiscono aumentando la produzione di composti nocivi ai predatori

niera diversa rispetto ad altre fa-miglie di piante, che rispondo-no ai gas tossici aumentando la produzione di cardenolidi, ossia di composti che risultano noci-vi agli insetti e li mantengono al-la larga. «L’euforbia risulta avere foglie più dure, e di conseguenza i bruchi che se ne cibano cresco-no più velocemente» spiegano i due ricercatori Rachel Vannet-te e Mark Hunter. Il cambiamen-to della pianta potrebbe dun-que anche favorire una modifi-ca degli insetti che se ne cibano. Ma su questo punto gli scienzia-ti non si pronunciano, limitan-dosi a non escludere tale possi-bilità. Non è la prima volta che l’euforbia finisce per occupare le pagine delle riviste scientifi-che. Poche settimane fa uno stu-

dio apparso sul Bri-tish Journal of Der-matology, indica-va nell’euforbia mi-nore (Euphorbia pe-plus) un buon rime-dio per il trattamen-to dei carcinomi cu-tanei, i tumori del-la pelle, a eccezione

però della forma più grave cioè il melanoma. Una scoperta, ave-va sottolineato Kimberley Car-ter della British Association of Dermatologists, ancora in fase di sperimentazione.

omini sull’orlo di una cri-si di nervi. A prevedere un futuro nero per la me-tà “forte” del genere uma-

no sono gli scienziati statunitensi della Emory University di Atlan-ta, secondo i quali la percentuale di depressi tra i maschi (3 su 10) è destinata inesorabilmente ad au-mentare nel corso del XXI secolo, fino a eguagliare quella femmini-le (60 per cento, fonte Organiz-zazione mondiale della sanità). Tutta colpa della lunga crisi eco-nomica che attanagliando i Pae-si sviluppati ha messo profonda-mente in crisi un caposaldo delle società occidentali: il ruolo di ca-pofamiglia, storicamente delega-to all’uomo. «Rispetto alle don-ne - spiega in un editoriale pub-blicato sul British Journal of Psy-chiatry, Boadie Dunlop, respon-sabile della ricerca - molti uomi-ni attribuiscono grande impor-tanza al loro ruolo di protettori delle famiglie e fornitori di beni.

Federico Tulli

U Depressione maschile Flagello del XXI secolo

Salute Gli scienziati della Emory University di Atlanta avvertono: entro cento anni, a causa della crisi economica la “malinconia” colpirà in misura identica uomini e donne. I risultati dello studio

Le foglie dell’euforbia comune diventano più dure per respingere gli insetti che se ne cibano

>>Scienza>>

Proprio il fallimento nello svol-gere questo compito è associa-to all’aumento di depressione e di conflitti coniugali». La ricer-ca mostra che dal 2007 circa il 75 per cento dei posti di lavoro persi negli Stati Uniti erano as-segnati a uomini. Parallelamen-te le donne si sono fatte strada nel mondo del lavoro, tanto che ormai il 22 per cento delle mogli guadagna più dei rispettivi mari-ti (dato del 2007), contro lo spa-ruto 4 per cento del 1970». Insomma, «gli uomini in un’eco-nomia in trasformazione dovran-no affrontare gli stessi rischi de-pressione che le donne hanno af-

frontato» nel passato, «intrappo-lati in ruoli familiari da cui non possono sfuggire a causa della difficoltà di trovare lavoro». Una sorta di deprimente contrappas-so. «I mutamenti socio-economi-ci in corso in Occidente potreb-bero portare a un aumento della prevalenza di depressione mag-giore negli uomini, con un ca-lo fra le donne», conclude Dun-lop. «I medici devono dunque es-sere consapevoli di questi» ele-menti in gioco, «per essere pron-ti a esplorare con i loro pazienti il significato di questi cambiamen-ti e intervenire in modo mirato». Secondo quanto emerso dal XV

congresso della Società italiana di psicopatologia (Sopsi) che si è tenuto a fine febbraio, oggi la de-pressione nel mondo è più diffu-sa tra le donne, ma è tra i pazien-ti maschi che si hanno più suici-di. La “malinconia” può colpire già durante l’adolescenza, tanto che ne soffre un giovane su quat-tro. Tale percentuale fa prevede-re che entro il 2020 la depressio-ne sarà causa di disabilità in mi-sura inferiore solo alle cardiopa-tie. Come ha ricordato il profes-sor Mario Maj, presidente del-la Sopsi e della Società mondiale di psichiatria, il cardine per scon-giurare questa evenienza risiede

nella capacità di fare una diagno-si corretta: «La differenziazione tra depressione e tristezza inten-sa, comprensibile come risposta “normale” a un evento di vita av-verso, ha implicazioni importan-ti dal punto di vista clinico, scien-tifico ed etico, parallelamente all’aumento dei tassi di prevalen-za della depressione, dei costi so-ciali di essa, del numero di perso-ne in trattamento, dal numero di prescrizioni di antidepressivi. Va osservato attentamente il quadro clinico per non incorrere in erro-ri che potrebbero medicalizza-re inopportunamente ordinarie esperienze di tristezza».

Una pianta di euforbia (Asclepias syriaca), simile a quella usata dagli autori dello studio

Forse aveva ragione Fred Hoyle: la vita arrivò sulla Terra grazie a un asteroi-de, il cui impatto introdus-se nel nostro pianeta gli elementi fondamentali al-la nascita degli organismi. Una specialista di meteo-riti, l’italiana Sandra Piz-zarello che da quattro de-cenni lavora per l’Universi-tà dell’Arizona, ha scoper-to insieme a quattro colle-ghi un indizio intrigante a sostegno dell’ipotesi Hoy-le, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Pnas. Studiando una roccia mar-ziana (condrite carbonio-sa) ha notato che que-sta emetteva ammoniaca. Analizzandone gli atomi di azoto, uno dei sei elemen-to chiave per la vita, ha in-dividuato isotopi non pre-senti sulla Terra. Ed esclu-dendo il possibile inquina-mento, ha concluso che in origine l’ammoniaca pote-va essere stata responsabi-le del processo di formazio-ne delle prime biomoleco-le terrestri. Vale a dire che questo tipo di molecole ar-rivate dallo spazio potreb-bero essere state i precur-sori dai cui si è sviluppata la vita. Un passo interes-sante per la scienza, peral-tro finanziato dalla Nasa, ma soprattutto un succes-so personale per la ricerca-trice italiana. Che a 78 an-ni continua a frequentare il laboratorio.

La vita dallo spazio

Biologia

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mercoledì 2 marzo 2011 7

Medio Oriente

ossiamo farcela da soli, no all’interven-to straniero»; è la scritta che campeg-

gia in Libia sugli striscioni delle città in mano agli oppositori del regime di Muammar Gheddafi, in quella che sembra sempre di più una lotta contro il tempo fra libici e libici – pro e contro sta-tus quo – prima che le navi Usa si avvicinino troppo alla costa tripolitana, o che la Nato deci-da di interferire sul destino dei pozzi petroliferi al momento in mano, quasi tutti, all’opposizio-ne. Possono farcela, in effetti; e nonostante le lodi del Segreta-rio di Stato Hillary Clinton al-la privavera “pacifica” del mon-do arabo, chi combatte contro Gheddafi ha mostrato di avere abbastanza munizioni per pro-teggere le città finora conqui-state, come Zawiyah e Benga-si, e prepararsi all’attacco finale contro Tripoli.

A Zawiyah gli attacchi delle forze pro-Gheddafi, provenien-ti da 6 direzioni diverse, sono stati respinti a colpi di lancia-razzi, e il vecchio braccio destro di Gheddafi, Abdel Fattah You-nes, ora intento a capeggiare il governo rivoluzionario provvi-sorio con sede a Benghazi, ha nuovamente rifiutato ieri ogni aiuto militare esterno. Ma nel-

Dalla Libia all’Oman le rivolte non si placano

Annalena Di Giovanni

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Medio Oriente Gheddafi ostenta sicurezza mentre cresce la tentazione dell’intervento militare. Nessuna pace ancora in Egitto

la capitale, anche il leader del Libretto Verde dice di poterce-la fare. In una intervista riserva-ta alla vip delle notizie in lingua inglese, Christiane Amanpour, lunedì Gheddafi si è mostrato rilassato e gioviale, in mezzo a una Tripoli che secondo la stes-sa Amanpour sembra tranquil-la e intenta a incassare i nuovi sussidi erogati dal leader. E che, il figlio cadetto Seif Al Islam Gheddafi ci ha tenuto a ricorda-re ieri, rappresenta la metà del-la popolazione libica. Insomma dirimere la matassa libica, sem-pre più confusa fra notizie con-trastanti, si fa ogni giorno più difficile.

Intanto in Yemen, il presiden-te Saleh (al potere dal 1978) ie-ri ha parlato all’università di Sanaa incolpando Stati Uniti e servizi segreti israeliani del-le proteste che da settimane, e con almeno 24 morti, agitano il paese. Saleh, che ha promes-so di non ricandidarsi alle pros-sime elezioni, ha offerto ieri la formazione di un nuovo gover-no di unità nazionale. Una pro-posta respinta sia dall’Opposi-zione ufficiale che dai manife-stanti, che non si fidano e te-mono l’ennesima tornata elet-torale sotto ferreo controllo del regime. E così il grido «troppo poco e troppo tardi», già sen-tito in questi mesi sia in Tuni-sia che in Egitto, è risuonato

ieri anche per le strade di Sa-naa, dove alle decine di miglia-ia di manifestanti che sponta-neamente si sono diretti verso l’università si è unita, per la pri-ma volta, anche l’opposizione ufficiale. Anche questa un’ana-logia con le vicende tunisine ed egiziane, dove le proteste sono rimaste autoconvocate sul mo-mento e lontane da ogni for-mazione politica, lasciando fi-no all’ultimo i leaders tradizio-nali fuori dlla piazza.

Per quanto riguarda l’Egitto, Tahrir continua a popolarsi di giorno in giorno, di nuovo, man mano che l’attrito fra esercito e piazza aumenta. Non ci sono state ulteriori cariche notturne contro le ormai migliaia di ma-nifestanti che sono tornate ad accamparsi nella rotonda, ma il processo contro Amr Abdul-lah al Bihari, arrestato durante un sit in dall’esercito, sta facen-do scandalo. Il fatto che il con-siglio superiore delle Forze Ar-mate, ansioso di passare un po-tere sempre più difficile da ge-stire, abbia deciso di convocare le prossime elezioni per giugno non fa che acuire il malconten-to: i manifestanti vogliono piut-tosto le dimissioni immedia-te del governo provvisorio, ca-peggiato da un primo ministro scelto da Mubarak, e le elezioni a settembre, in modo da avere tutto il tempo per formare nuo-

vi partiti ed evitare che alle ur-ne vincano le formazioni stori-che, come i fratelli Musulma-ni e l’opposizione ufficializzata dal passato regime. In questo il Cairo sembra guardare a Tuni-si, dove da giorni i membri del governo provvisorio sospetti di legami col passato regime si stanno dimettendo uno ad uno, esattamente come un domino.

Anche in Oman la situazione sembra scaldarsi, e le proteste del porto petrolifero di Sohar, che fino ad ora contano 6 mor-ti, ieri hanno raggiunto la capi-tale Muscat. Fino ad oggi il sul-tanato si era retto su un meto-do di governo piuttosto insoli-to, in cui tutto il potere esecu-tivo era di fatto in mano al re-gnante Qaboos, peraltro sca-polo e diffidente verso qualsia-si membro della famiglia. Ogni problema gli veniva riferito di-rettamente, ed era lui stesso a recarsi continuamente di vil-laggio in villaggio per consul-tarsi coi suoi sudditi sui proble-mi da risolvere. Ma tutto que-sto non sembra aver risparmia-to l’Oman dall’incalzante po-vertà. Né, tantomeno, da quel-la voglia di decidere per se stes-si che ormai sembra contagiare quasi tutti i cittadini arabi.

Le proteste in Oman si sono estese dal porto di Sohar alla capitale Muscat. Finora si contano sei morti

>>Esteri>>

La diplomazia ha assai me-no bisogno di cene ufficia-li e cerimoniali ma assai più necessità di orecchie e oc-chi attenti. In una crisi co-me quella libica sarebbero i rapporti con gli ex ministri di Gheddafi, quelli antichi col rais, quelli nuovi con gli emergenti capi popolo a sal-vare il salvabile. Altro che fly zone. Per un Paese la cui Co-stituzione impone il ripudio della guerra “come mezzo di risoluzione delle controver-sie internazionali”, la diplo-mazia è un’arte sacra, un’op-zione irrinunciabile, la spina dorsale stessa del Dna del nostro Paese. Quanto siamo attrezzati oggi (noi, i fran-cesi, i tedeschi, gli america-ni) a comprendere il mondo in cui viviamo? Quanti con-tatti abbiamo, in una parola, con la società reale dei Pae-si in cui operiamo? Quanto conosciamo le sue associa-zioni, i suoi centri cultura-li, le sue espressioni nasco-ste di dissenso, i circoli dove nascono, maturano, si fanno strada i nuovi leader? Una salda diplomazia coltiva em-pirei e bassifondi, il “Circolo della caccia” e le associazio-ni di quartiere, i salotti dei notabili e i luoghi di ritrovo al parco pubblico dove si dif-fonde il pensiero antagoni-sta che non trapela sui gior-nali di regime, nelle discus-sioni dei politici ammaestra-ti, nei finti reportage delle tv di Stato. Questa conoscen-za, che si fa metodo e stra-tegia, ha naturalmente biso-gno di un ripensamento dei vecchi strumenti diploma-tici che il mondo moderno ha messo in crisi: un ripen-samento che guidi i giovani studenti della scienza diplo-matica nei meandri di face-book tanto quanto nell’abile capacità di stendere un va-lido “trattato di amicizia”. La Libia è un buon banco di prova. Non per mostra-re muscoli tardivi, velleita-rie opzioni sull’uso della for-za, lo stantio ricorso all’in-gerenza umanitaria che tra-sforma le missioni di pace in guerre senza fine. Su questo banco di prova si può misu-rare la statura di un Paese, la sua capacità di mediare. Un esercizio che ben fatto ci salverebbe dall’ennesimo pericoloso slancio milita-re e da una retorica che ri-schia di far male a noi quan-to al povero popolo libico. Che vorremmo salvare dal-le mani insanguinate del co-lonnello a costo di cacciarlo in una nuova guerra.

Nuove sfidediplomatiche

L’analisi

Giordana dalla prima

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Miliziani pro-Gheddafi a Qasr Banashir, a sudest di Tripoli

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Una giunta nemica degli alberiRoma Viale Giulio Agricola e via Albalonga: gli ultimi casi di abbattimenti selvaggi per fare posto a parcheggi sotterranei

egli ultimi mesi, nel-la nostra regione ed in particolare a Roma, si sta verificando un ve-

ro e proprio assalto al patrimo-nio boschivo urbano. Centina-ia e centinaia di alberi sono sta-ti abbattuti lungo strade, parchi, aree verdi, tra le ripetute prote-ste di cittadini ed ambientalisti, che non comprendono le ragioni per cui si decide di radere al suo-lo in maniera capillare piante di decine di anni, in perfetta salute ed ancora in grado di assolvere ai loro importanti compiti. siano essi singoli alberi dalla particola-re rilevanza paesaggistica o in-teri viali alberati, il fenomeno ri-guarda tutto il territorio e sta ra-dicalmente modificando l’aspet-to della Capitale. Eppure gli al-beri producono ossigeno, filtra-no l’inquinamento, fungono da barriere anti-rumore, migliorano

Alessandro Polinori

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he senso ha festeggiare la giornata dell’albero il 21 novembre se poi i prota-gonisti vengono tagliati in

continuazione? E che senso ha segare gli alberi sani mentre non vengono controllati quelli mala-ti? A Roma quando tira un ven-to più forte della norma cadono delle piante, di solito in condizio-ni di scarsa salute. In questi ultimi anni l’amministrazione capitoli-na ha deciso che si può fare a me-no dei viali alberati, mentre risul-tano indispensabili progetti co-stosi come i parcheggi sotterra-nei, che mettono in primo piano il cemento e i profitti, senza tener conto delle esigenze delle comu-nità locali e del territorio. Infatti, tendono a diminuire i parcheggi gratuiti nei quartieri, mentre ar-rivano box interrati che in pochi possono permettersi. Tutto que-sto senza avvisare i cittadini, an-zi, a volte ingannandoli. Come a viale Giulio Agricola, nel quartie-re Tuscolano, dove sono stati ab-battuti decine di platani, mentre dei cartelli avvisavano che ci sa-rebbe stata una normale potatura delle piante. «La rabbia cresce ne-gli animi di noi cittadini. Una rab-bia che viene alimentata, con po-ca lungimiranza, da chi dovreb-be trovare soluzioni che tengano in largo conto quanto a gran vo-ce la gente chiede», afferma Fran-ca Previti su Facebook, dove è na-to il gruppo “salviamo viale Giu-

Emanuele Rigitano

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Una politica dissennataAnalisi Ecco gli effetti dell’assalto al patrimonio boschivo. Bonelli: chiarezza sull’utilizzo del legname

il microclima locale e rappresen-tano un habitat per molte specie di animali, il più delle volte mol-to utili anche all’uomo. Quando non abbattuti, gli stessi sono og-getto di potature selvagge, che li riducono a scheletri, mentre al-trettanto grave è la non preven-zione e cura delle fitopatologie che stanno decimando platani (cancro colorato) e palme (pun-teruolo rosso). Tutto ciò in Italia, ed in particolare a Roma, mentre all’estero, come fa notare la Lipu attraverso un dettagliato dossier, in città come Londra, Friburgo, Berna ed in generale nella mit-tel-Europa, la gestione è molto più oculata e, fatte salve natural-mente situazioni di pericolo per l’incolumità delle persone o di malattia delle piante, non si pro-cede ad abbattimenti o potature selvagge.Il dossier Lipu rende eviden-ti i benefici ambientali, ecologi-ci, economici e sociali degli al-

beri. Per quanto riguarda i posi-tivi effetti sull’ambiente, si calco-la che una pianta con un diame-tro di 25-30 centimetri assorba ogni anno circa 30 chilogrammi di anidride carbonica (CO2), rila-sciando una quantità di ossigeno equivalente a quella necessaria per la vita di dieci persone. Inol-tre, la presenza di venti alberi è in grado di annullare le emissio-ni annue di CO2 di un’automobi-le, mentre le fasce di vegetazione lungo le strade possono ridurre i rumori del 70-80 per cento.sui ripetuti abbattimenti nella regione ed in particolare a Ro-ma e sul litorale romano, è più volte intervenuto il capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio An-gelo Bonelli, con segnalazioni al-le autorità competenti ed inter-venti per tutelare le alberature. «Da quando Alemanno governa la città – ha spiegato il leader del sole che ride - ogni anno a Roma sono migliaia gli alberi abbattu-

ti e le potature avvenute spes-so anche in maniera irregolare e fuori stagione. Ci troviamo in tal modo di fronte a migliaia di tonnellate di legname e di cep-pi che vengono utilizzati a sco-pi di lucro e per le biomasse. Co-me Verdi siamo al fianco di cit-tadini ed associazioni per tutela-re quest’importante patrimonio verde, vogliamo inoltre capire se le alberature siano utilizzate per altri scopi e a fini economici, dal momento che spesso non vengo-no fornite motivazioni certifica-te rispetto agli abbattimenti ef-fettuati».

Un dossier Lipu chiarisce i benefici degli alberi: ad esempio una pianta di 25 cm di diametro rilascia una quantità di ossigeno necessaria per la vita di dieci persone

sono ormai anni che i Verdi di Canterno e l’Associazione am-bientalista Amici del Lago di Canterno lanciano il loro grido di allarme per il disastro ambien-tale ed economico che ogni an-no avviene nel serbatoio di Can-terno, a causa dell’indifferen-za di chi è preposto al control-lo di questo territorio. In questi giorni la società Enel ha inizia-to lo sfruttamento del serbatoio di Canterno, ed è stato sufficien-te abbassare il livello dell’acqua di 60 cm per ridurre la lunghez-za del serbatoio di 200 metri. Ciò ha impedito che l’acqua raggiun-gesse la zona umida della riserva dove si sarebbe creato l’habitat naturale per la nidificazione e la riproduzione degli uccelli acqua-tici, quali aironi, gazzette, svassi maggiori, folache, germani reali, porciglioni, marzarole, beccacci-ni ed altri. La stessa cosa vale per gli anfibi e per quelle biodiversi-tà che le acque contengono. noi

Enzo Pirazzi

Lago di Canterno, scatta l’allarme

Frosinone

Terra Lazio A cura di Sergio Ferraris

lio Agricola e altre strade a Cine-città (Roma)”. Di recente è esplo-so anche il caso di via Albalonga, dove i cittadini hanno agito con decisione, con una richiesta di in-contro al sindaco senza però ot-tenere risposta, una manifesta-zione a piazza Re di Roma e una davanti al Campidoglio lo scorso 24 febbraio. La mattina che han-no cominciato a tagliare gli albe-ri, decine di persone sono scese in strada per protestare e blocca-

re i lavori. Alla fine sono arrivate le forze dell’ordine che hanno ese-guito degli arresti. Per metà stra-da le robinie sono state abbattu-te senza preavviso, indipendente-mente dalla salute o dalla longe-vità. «A noi avevano parlato di un espianto degli alberi e un succes-sivo reimpianto» afferma sergio Tomassi, presidente del Comita-to di via Albalonga ( http://nopar-cheggiviaalbalonga.wordpress.com), a cui «risultava che questo

lavoro spettasse al servizio Giar-dini e non alla ditta, mentre dal Municipio ci hanno mostrato un documento che autorizzava il ta-glio dei soli alberi a fine ciclo ve-getativo». Una signora ha tenuto a precisare che «qui hanno abbat-tuto degli alberi che non erano da abbattere, erano abbastanza gio-vani». Per gli aspetti cantieristici Tomassi puntualizza che «tutti gli aspetti relativi al sopralluogo, alla staticità degli edifici e alla situa-

zione geologica sottostante sono delegati alle ditte concessionarie, ma dovrebbero essere degli enti indipendenti ad eseguire le verifi-che, che tutt’ora sono carenti e da approfondire». Il timore dei citta-dini, oltre all’assenza delle piante, riguarda la tenuta degli edifici al-le vibrazioni dei cantieri e, nel ca-so specifico di via Albalonga, al-la presenza di una falda acquife-ra sotterranea che potrebbe crea-re dei danni ai palazzi.

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Terra Lazio

Trasporto pubblico, Roma bocciataMobilità L’odissea di chi si muove in città o deve raggiungere la Capitale. Tra le cause infrastrutture insufficienti e materiali vecchi

gypsy punks di Eugene Hutz tornano finalmente a Ro-ma. Venerdì sera, sul pal-co dell’atlantico Live sali-

rà l’energia gitana dei Gogol Bor-dello, la band che ha saputo con-vincere il mondo intero con il suo suono patchankero sospeso tra punk, ska, balkan beat, musica tradizionale ucraina. Diretti di-scendenti di Clash e Mano negra, i Gogol Bordello giungono nella Capitale per l’unica data italiana del loro tour europeo e presente-ranno il loro quinto ed ultimo la-

Massimo Andreozzi

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e grandi metropoli europee possiedono tutte una buo-na rete di trasporto pubbli-co: dai treni “intracittadi-

ni” ai mezzi su gomma, dai filo-bus agli autobus elettrici, con un servizio impeccabile, soprattut-to con riferimento agli orari. Mai visto, né a Parigi né a Barcellona, un autobus che ritardi più di tre minuti, mentre a Roma, invece, il

Marco Piccinelli

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Arriva il circo gypsy punkMusica Tornano a Roma i Gogol Bordello dell’ucraino Hutz. Tra punk, patchanka e ritmi sudamericani

voro, “Trans-continental Hust-le”, nel quale la spiccata sensibili-tà alla commistione fra generi del gruppo si apre anche ad influen-ze latine e soprattutto brasiliane: il frontman Eugene Hutz ha in-fatti da poco trasferito la sua re-sidenza da new York a Rio de Ja-neiro. «Una baraonda sovrana-zionale di generi dove la patchan-ka incontra samba e bossa nova, dove la melanconia tzigana so-spira a braccetto con la saudade e il Carnevale di Rio si trasferisce nei campi sconfinati dell’Ucrai-na»: così la rivista Beat Magazi-ne descrive il disco. “Trans-con-tinental Hustle” è stato prodot-to dal re mida del rock alterna-tivo Rick Rubin (ha lavorato con Red Hot Chili Peppers, Beastie Boys e system of a Down, per ci-tarne alcuni) che ha segnato il lo-ro passaggio da un’etichetta indi-pendente (la side One Dummy, osannata nell’ambiente punk) ad una major. Durante il live la for-

mazione propone da sempre uno spettacolo bizzarro ed istrioni-co, mescolando la potenza del rock a suggestioni musicali etni-che e cabaret di matrice brechtia-na. non è quindi un caso che ogni live venga definito dalla band co-me “party”. sul sito www.gogol-bordello.com viene descritta dal baffuto leader la mission della band: «Crediamo che le culture del mondo contengano materia-le sufficiente per dare vita ad in-finite possibilità artistiche, nuove combinazioni di apertura menta-le, gioia allo stato grezzo ed ener-gia per la sopravvivenza». E Hutz conclude così lo “statuto”: «abbia-mo scelto di lavorare con le tradi-zioni dei gitani, dei punk e del ca-baret. È tutto ciò che conosciamo e sentiamo. Esistono molte nuo-ve forme d’arte che fanno suo-nare la tanto amata dichiarazio-ne post-modernista ‘tutto è stato fatto’ come un errore». sul palco saliranno ben nove elementi che

appartenendo ad etnie diverse rappresentano al meglio il teno-re world del concerto: se Eugene Hutz (voce, chitarra acustica) vie-ne da Kiev, al violino e alla fisar-monica ci sono, rispettivamente, sergey Ryabtsev e Yuri Lemeshev dalla Russia, alla chitarra elettri-ca Oren Kaplan dall’Israele, al basso Tomas Tommy T Gobena dall’Etiopia, alle percussioni Pe-dro Erazo dall’Equador, Elizabeth Chi-Wei sun da Hong Kong e Pa-mela Jintana Racine dalla Tailan-dia e alla batteria Oliver Francis Charles dagli Usa. Molti di loro sono giramondo. Lo stesso leader Eugene prima di arrivare negli stati Uniti nel 1991 ha vissuto in Polonia, austria, Ungheria e per-sino a Roma, città nella quale ha vissuto come busker riscontran-do non di rado la diffidenza delle forze dell’ordine. ad aprire e chiu-dere la serata ci saranno le sele-zioni world del percussionista ed MC della band, Dj Pedro.

deve andare da Roma Tiburtina a Carsoli, per esempio, si deve par-tire dalla Capitale alle 6 di matti-na per arrivare a Carsoli quattro ore dopo, contro i 40 minuti d’au-to. La ferrovia è la Roma-Pescara, una delle più vecchie: un binario solo, troppe fermate e treni che devono aspettare le coincidenze. Per quanto riguarda il trasporto su gomma dell’Urbe, le linee che attraversano la città sono presen-ti anche in molte zone periferi-

che. I pendolari che utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavo-ro si trovano a dover affrontare, in modo imprevisto, ogni giorno problemi diversi. Quello più co-mune è quello dei ritardi: dovuti ai “salti” delle corse, che provoca-no sovraffollamenti poco rispet-tosi della dignità dei passeggeri, e alla scarsezza di vetture presenti su una data linea. Il percorso che si fa la mattina, oltretutto, in molti casi non può essere ripetuto al ri-

torno perché svolgendosi in un’al-tra fascia oraria, gli stessi bus han-no corse molto meno frequenti. Carenze che possono essere su-perate, con l’investimento in nuo-ve vetture, l’aumento di persona-le di guida e l’aumento di persona-le di controllo. Inoltre, le linee dei trasporti su gomma sono diffe-renziate in molti sottogruppi: uno fra questi è quello delle linee peri-feriche. Per fare un esempio, la li-nea 544, periferica, collega l’ospe-dale sandro Pertini con viale del-la Primavera, nel quartiere Cento-celle. Un’area vastissima da copri-re e, infatti, le corse della linea sal-tano spesso negli orari di punta e così il traffico impazzisce. sem-pre nel quartiere di Centocelle, la linea 558 è un altro caso di “tra-sporto pubblico mancato”: poche vetture, grandi ritardi e aree sem-pre più vaste da coprire. Il 558 co-pre un quarto della periferia sud-est della capitale. a proposito di vetture stracolme e disservizi, la linea 409, per andare alla stazione Tiburtina, ne è un esempio: stra-colmo a qualsiasi orario. Persone incollate l’una contro l’altra, aria viziata e, dato il numero eccessi-vo di viaggiatori, porte che fan-no fatica a chiudersi. Tutto que-sto “condito” da una scarsezza igienica dei mezzi pubblici roma-ni, mai stati puliti. Tutto ciò fa sì che le persone si rifiutano di en-trare nei mezzi pubblici, preferen-do le autovetture private, con un aumento dell’inquinamento e del traffico.

Discendente di Clash e Mano Negra, la band

arriva in città per l’unica data italiana del tour europeo. Presenterà

l’ultimo lavoro “Trans-continental Hustle”

Verdi chiediamo quando tempo occorre per capire che gli accor-di per lo sfruttamento del serba-toio di Canterno devono essere rivisti perchè sono cambiate le condizioni del serbatoio stesso; infatti, svuotando annualmente il serbatoio di Canterno, si è da-to modo alle sostanze limose e ai fanghi che provenivano dal Fosso del Diluvio di raggiungere il cen-tro del lago innalzando il fondo dello stesso di circa 5 metri, ri-ducendo di fatto la capacità di stoccaggio dello stesso, tenen-do presente che originalmente la profondità del serbatoio era di 12 metri, quindi oggi si possono utilizzare solo 7 metri. Ci chie-diamo se il valore che si ricava dallo sfruttamento del serbatoio è superiore al valore della Riser-va naturale del Lago di Canter-no con i suoi 6 km di lunghezza e 500 metri di larghezza, con tut-te le specie di uccelli che in essa vivono, con tutte le bellezze am-bientali, storiche e culturali che la circondano, con il suo ecoal-bergo, la casa del la lago, con la sua pista ciclo-pedonale e con tutte le potenzialità che questi luoghi possono offrire.*co-portavoce dei Verdi per la Co-stituente Ecologista di Frosinone

ritardo dei mezzi pubblici è pura routine. La Capitale non possie-de la “rete capillare” di metropo-litane che è presente in altre cit-tà europee ma, a fronte delle due linee a e B che non coprono tut-to il tessuto urbano cittadino, ha vari treni metropolitani che col-legano Roma con i paesi e le zo-ne limitrofe e una grande quanti-tà di linee di autobus. I treni sono lenti e antiquati, costretti a transi-tare su linee a binario unico. se si

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Una tassa ci salverà dallo smogIntervista Per Alberto Majocchi, professore di economia, è fondamentale creare un legame tra l’imposta e il bene che si riceve

a quando nel 2006 è sta-ta chiusa dalla Asl per carenza delle condizioni igieniche, la piscina Cai-

mi di via Botta, a pochi passi dal centro di Milano, è stata lasciata in uno stato di completo abban-dono. Punto di riferimento per generazioni di cittadini fin da-gli anni ’30, lo storico spazio di via Pier Lombardo è tristemen-te diventato uno dei simboli del degrado del patrimonio pubbli-co milanese. Nelle prossime set-timane qualcosa, però, potrebbe cambiare. L’assessore allo sport Alan Rizzi ha infatti annuncia-to che a giorni sarà assegnata al-la Fondazione Pier Lombardo la concessione per la riqualificazio-ne dell’area. «È un progetto am-bizioso, che non riguarda solo le vasche, ma tutta l’area», ha spie-gato Piero Borghini, il presiden-te della Fondazione con sede al

Anna Pellizzone

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lberto Majocchi è Profes-sore Ordinario di Scien-za delle Finanze nel-la Facoltà di Economia

dell’Università di Pavia e Presi-dente del Forum per lo Sviluppo Sostenibile della stessa città. Dal 1991 al 1993 ha lavorato presso la Commissione Europea a Bru-xelles come esperto di tassazio-ne ambientale, collaborando al-la preparazione della proposta sull’introduzione di una carbon tax (tassa energia/carbonio) da sviluppare a livello europeo. Ter-ra lo ha incontrato per capire se e come, l’introduzione di un si-stema di eco tassazione, possa diventare un valido strumento per combattere l’inquinamento ambientale anche nei centri me-tropolitani.

La carbon tax è la forma di eco tassazione più nota. In che contesto nasce e quali sono le sue finalità?La carbon tax nasce da un’idea della Commissione europea che all’inizio degli anni ’90, prenden-do coscienza della portata epo-cale che avrebbe avuto il proble-ma dei mutamenti climatici, de-cide di stabilizzare entro l’anno 2000 le emissioni di Co2 a livello di quelle del 1990. La questione è semplice: noi utilizziamo l’ener-gia ma non paghiamo per i costi generati dal suo utilizzo, si deci-de quindi tassare le singole fon-

Erica Sirgiovanni

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Una speranza per la piscinaProgetti Dalla prossima settimana partirà la riqualificazione per lo storico impianto di via Botta

Franco Parenti, il teatro antistan-te allo spazio della piscina comu-nale. Quella di via Botta, infatti, è molto di più di una piscina. Ol-tre alle vasche destinate alla bal-neazione, ad essere rimasti inu-tilizzati per oltre cinque anni so-no anche gli altri spazi che fanno parte del complesso della Caimi: la palestra, gli spogliatoi e il cine-ma. Tutte strutture di proprietà del Comune di cui i milanesi so-no stati privati dal 2006 ad oggi. «Fosse stato per me - ha dichia-rato a Terra Alan Rizzi, assesso-re allo sport del Comune di Mila-no - avrei firmato la concessione il primo giorno che sono diven-tato assessore, ma tecnicamen-te ci sono state delle problema-tiche molto difficili da sormonta-re. Adesso però abbiamo trovato un accordo». Dopo mezza deca-de di abbandono, però, un grup-po di cittadini ha deciso di riap-propriarsi dello spazio di via Bot-ta e dall’inizio di febbraio la pisci-

na Caimi ha così trovato dei nuo-vi inquilini. Sono i ragazzi del-la Bottiglieria, sgomberati ripe-tutamente negli ultimi mesi, pri-ma dalla casa occupata di via Sa-vona e poi da una ex cartiera ab-bandonata in zona Paolo Sarpi. Tra i simpatizzanti della Botti-gliera, c’è già chi guarda con so-spetto all’annuncio. Dopo cinque anni di attesa, si chiedono alcuni, è possibile che il Comune porti a termine l’assegnazione della con-cessione per la riqualificazione proprio adesso che la piscina e gli edifici ad essa contigui sono sta-ti occupati? L’assessore Rizzi, pe-rò, garantisce: «Il caso ha voluto che ad essere occupata sia stata una struttura a cui noi ci stava-mo già dedicando. Per la riquali-ficazione è previsto un primo in-vestimento da parte della Fonda-zione Pier Lombardo di 3 milio-ni di euro, in cambio di una con-cessione di estensione ventenna-le». E a chi teme che la concessio-

ne per la gestione dello spazio a un ente esterno al Comune possa essere sinonimo di aumento dei prezzi di accesso alla piscina e di cambio di destinazione d’uso del-la stessa risponde: «L’assegnazio-ne della concessione sarà accom-pagnata da una convenzione in cui si stabiliscono obblighi per le parti coinvolte. Due sono i vinco-li fondamentali che io voglio por-re: il primo è il mantenimento di prezzi popolari e il secondo è la conservazione della destinazione della struttura a spazio per la bal-neazione». Intanto i cittadini mi-lanesi restano in attesa.

ti di energia sulla base del conte-nuto di carbonio che producono. Insomma la carbon tax ha pre-valentemente la funzione di pro-muovere il fuel-switching ver-so fonti di energia meno inqui-nanti. Il progetto, inizialmente approvato, putroppo non andrà mai in porto perché Gran Bre-tagna, Portogallo, Irlanda, Gre-cia e Spagna si opposero temen-do un’ingerenza troppo marcata all’interno dei propri confini.

A Milano Eco pass è stato uno dei provvedimenti più discus-si degli ultimi anni. Una for-

ma di road pricing che secon-do molti non ha finalità eco-logiche ma economiche e che non è ancora riuscito ad argi-nare il problema degli altissi-mi livelli di Pm10 che si regi-strano ogni anno in città. Non è stato fatto abbastanza? Co-me, secondo lei, potrebbe svi-lupparsi in futuro? L’eco pass milanese, così come è strutturato rimane un inter-vento troppo limitato per esse-re efficace, sia dal punto di vista dell’altezza della contribuzione, sia e soprattutto dal punto di vi-sta della dimensione territoria-

le della sua applicazione. Il road-pricing dovrebbe essere applica-to su scala generalizzata ed es-sere accompagnato dalla defini-zione di un piano per l’elimina-zione della vettura privata nel-la mobilità urbana e per l’intro-duzione progressiva di modalità di soft-mobility non inquinan-te. Un piano di investimenti per raggiungere questo obiettivo fi-nale è costoso e richiede un pe-riodo di tempo dell’ordine del-la decina d’anni. Si tratta quindi di consentire l’ingresso a paga-mento nelle aree urbane di vet-ture private nel periodo di avvio

del piano in modo tale da otte-nere i mezzi finanziari necessa-ri per gli investimenti. La generalizzazione a tutte le aree urbane al di sopra di certe dimensioni e, comunque, all’in-tero comprensorio metropolita-no di Milano dovrebbe evitare lo spostamento dei fenomeni di inquinamento e di congestione dall’area urbana alla periferia. È fondamentale che parte del get-tito sia poi utilizzato a fini redi-stributivi a favore delle classi di reddito maggiormente disagia-te. Alla realizzazione del piano potrebbero contribuire anche i destinatari del traffico pendola-re (imprese, uffici pubblici, uni-versità, ospedali etc.) attraver-so la concessione di buoni per il trasporto.

Come spiegare ai cittadini che la salvaguardia dell’ambien-te potrebbe passare anche dal pagamento di un’eco tassa?Padoa Schioppa tempo fa, quan-do era Ministro dell’Economia, aveva pronunciato una frase as-solutamente veritiera che era co-stata al suo partito un milione di voti. «Le tasse sono belle» ed è proprio così. Il problema è che tra la gente non c’è una percezio-ne diretta dei benefici che deri-vano dal pagamento delle impo-ste. Fondamentale per la carbon tax, come per le eco tassazioni in generale, è creare una connessio-ne tra il pagamento dell’imposta e il bene che si riceve.

Sono in molti a vedere con sospetto al nuovo progetto, che cade quasi nelle stesse ore in cui lo spazio era stato occupato dai ragazzi della Bottiglieria

Terra Milano A cura di Emanuele BompanInfo: [email protected]

Lo avevano annunciato nei giorni scorsi. L’appun-tamento era ieri matti-na davanti al Pirellone per un sit-in di protesta. È l’ul-timo capitolo della “bat-taglia” dei Radicali con-tro le presunte firme fal-se del listino “Per la Lom-bardia” di Roberto Formi-goni e sull’illegittimità del suo quarto mandato con-secutivo. Quello che in-vece non era stato previ-sto, era l’incursione nell’au-la del Consiglio regionale di due esponenti del par-tito. In prima linea Mar-co Cappato che ha chiesto a gran voce l’istituzione di una commissione d’inchie-sta per far luce sulle firme raccolte per presentare il listino del presidente For-migoni alle ultime elezioni regionali.

Blitz contro le firme false

Radicali

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Napoli è stanca di BerlusconiL’iniziativa Parole sgradevoli sul Sud prima di Milan Napoli. Promesse disattese, fondi solo al Nord. E in città nasce un comitato

laghi dei campi Flegrei con-tinuano ad essere minaccia-ti dalla mano dell’uomo. no-nostante i numerosi vincoli,

nel caso del Lago d’averno addi-rittura di natura europea, dovu-ti alla ricca biodiversità che gli specchi d’acqua ospitano, l’inte-resse della politica rimane trop-po basso. La premessa è che tut-ti i laghi si trovano all’interno di Zone B del Parco regionale dei campi Flegrei, e come tale po-trebbero ricadere nell’ambito del nuovo Piano casa. sono an-ni che gli enti locali non promuo-vono seri piani di sviluppo e tu-tela ambientale per questi siti, i vari fondi sono stati spesi sen-za aver prodotto risultati con-creti sull’economia e la coscien-za ecologista dei cittadini flegrei. i laghi ricadenti nel comune di Bacoli, cioè il Lago Fusaro e il La-go Miseno, sembravano sull’orlo

Stefano Erbaggio

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l premier silvio Berlusco-ni, nelle ultime settimane, utilizza qualsiasi occasione per attaccare i propri avver-

sari politici, intrecciando anche ambiti che in teoria, poco o nul-la hanno a che fare con la politi-ca, come nel caso del calcio. oc-casione per nuovi attacchi agli avversari è stata, senza ombra di dubbio, la partita Milan na-poli big match dell’ultima gior-nata di campionato, grazie alla quale, da vero campione, è stato capace di compiere due uscite davvero infelici e politicamente poco oppurtune.alla vigilia della entusiasmante sfida tra le indiscusse protago-niste, insieme all’inter, di que-sto campionato, il nostro pre-mier ha concluso il suo inter-vento ad un incontro pubblico all’Unione del commercio di na-poli con le seguenti parole: «ci vediamo il Milan per battere il sud», sottolineando, come se ce ne fosse ancora bisogno il diva-rio esistente tra un nord italia, industrializzato ricco e progre-dito ed un Mezzogiorno tecno-logicamente arretrato, povero e decadente. alla prima infelice uscita, non poteva non aggiun-gersi la seconda uscita del no-stro premier in virtù della qua-le la squadra di cui è presidente, il Milan, sarebbe stato sempre penalizzato da arbitri anche es-si comunisti che avrebbero tol-

Giuseppe Parente

I

Campi flegrei, laghi in agoniaIl caso Nessun progetto di tutela per un’area ricca di biodiversità ma assediata da inquinamento e illegalità

di un nuovo periodo di buona ge-stione, grazie all’istituzione della commissione Temporanea Mari e Laghi, presieduta dal giovanis-simo consigliere comunale Jo-si Gerardo della ragione. Le spe-ranze sono sfumate con la stes-sa velocità con cui sono sorte: la commissione, composta da tre membri su cinque appartenen-ti alla maggioranza, e il resto ap-partenente all’opposizione, non si è mai riunita a causa del con-tinuo disertare gli appuntamen-ti da parte dei consiglieri di mag-gioranza. a oggi la commissione non ha prodotto risultati, per ov-vi motivi, ed è stata sciolta. Pro-seguono comunque le denun-ce riguardanti schiuma, chiaz-ze oleose e catrame nelle acque del Lago Miseno, nel pieno cen-tro di Bacoli, senza che nessu-no scenda in campo per risolve-re il problema. a Pozzuoli le co-se non sono diverse. il Lago Lu-crino si sta affossando, e tra me-

no di vent’anni rischia di scom-parire. La foce non viene pulita e il livello della sabbia aumenta. Lo specchio d’acqua, che prima dell’eruzione del Monte nuovo era dieci volte più esteso, si avvia verso l’estinzione. i vari progetti voluti dagli enti competenti so-no sfumati, si trova difficoltà an-che nella costruzione di un lun-golago, per via degli abusi edilizi. a poche centinaia di metri si sta-glia il Lago d’averno, l’ultimo la-go di origine vulcanica dei cam-pi Flegrei. È recente il sequestro da parte dei carabinieri di Poz-zuoli di un ristorante, “La ta-na dei sapori”, per motivi legati all’abusivismo. non è l’unico caso che interessa le sponde del lago, sul cui lato sinistro sorgono nu-merosi ristoranti e agriturismi, alcuni dei quali sotto sequestro e costruiti su territorio demania-le. il lato destro ha conservato il tradizionale paesaggio agrico-lo che contribuì a rendere il lago

un’ambita meta del Grand Tour. durante questo piovoso inverno, il livello delle acque del lago si è notevolmente alzato, arrivando sull’orlo del basolato. alcuni abi-tanti sono preoccupati per que-sto fenomeno, lamentandosi con le istituzioni per la carenza di si-curezza e di servizi della zona. Qualcuno indica il canale inta-sato dall’immondizia che collega il lago con il mare come possibi-le causa di un’esondazione, per il momento esclusa dagli esperti: i cittadini hanno proposto la puli-zia a spese proprie, ma la regio-ne ha negato l’autorizzazione.

to due scudetti, per cui duran-te la sua gestione il club rosso-nero avrebbe potuto vincere an-cora di più. ad onor del vero, il premier Berlusconi, invece di parlare come il più ultra tra gli ultras del Milan, dovrebbe ricordar-si anche del grande consenso conquistato dal Popolo delle li-bertà nel sud del paese e anche a napoli, rispettando anche le promesse fatte durante l’ulti-ma campagna elettorale e ripe-tute durante le sue continue in-cursioni in città, l’ultima datata 30 dicembre 2010, in virtù della

quale, disse, «entro capodan-no non ci sarà più immondi-zia nelle strade» di napoli e del suo hinterland. invece, al pri-mo di marzo, napoli è ancora sommersa di rifiuti, che inva-dono sia i quartieri della peri-feria, che del centro della città, come la storica e centralissima Piazza sannazzaro, nel quartie-re bene di Mergellina. Per non parlare, poi, delle in-genti risorse sottratte da questo governo al sud del paese, trasfe-rite in tutto e per tutto al nord del paese nel nome di una fan-tomatica questione settentrio-

nale sostenuta dalla Lega nord. stanchi delle promesse non mantenute da questo governo, stufi degli attacchi continui al mezzogiorno di italia perpetra-ti dal premier Berlusconi e dal-la Lega, c’è una napoli che dice no e che si è organizzata sotto forma di comitato dall’appella-tivo “silvio non ci manchi più” al quale hanno aderito, tra gli altri, enrico durazzo di napoli-mania, il noto speaker radiofo-nico di radio Marte, Gianni si-mioli, il coordinatore regionale dei Verdi della campania, Fran-cesco Borrelli.

Proseguono le denunce riguardanti schiuma, chiazze oleose e catrame nelle acque del Lago Miseno, nel pieno centro di Bacoli. Ma nessuno interviene

«Entro Capodanno non ci sarà più immondizia nelle strade», disse un anno fa il Cavaliere. Invece, al primo di marzo, la città è ancora coi rifiuti per strada

Terra NapoliA cura di Francesco Emilio BorrelliInfo: [email protected]

de Magistris non è cosen-tino e la sua candidatura va discussa con lealtà dall’in-tera coalizione senza pre-concetti. Per questo chie-diamo al Pd di riconvoca-re il tavolo di centro sini-stra per valutare tutti i no-mi che attualmente sono disponibili e scegliere quel-lo più unitario e più forte. È assurdo continuare con questo stillicidio senza un serio confronto politico. al tavolo bisognerà parteci-pare senza imposizioni ma anche senza veti incrociati solo in questo modo potre-mo restare uniti e scegliere tra de Magistris, Morcone o qualsiasi altro candidato. È meglio il confronto inter-no anche duro che la pole-mica pubblica continua. È inconcepibile che si conti-nui ad aspettare all’infini-to. ci si riunisca anche ad oltranza finchè non esce il candidato senza esclude-re nessuno e sapendo che nessun nome non procu-rerà mal di pancia e dispia-ceri. Ma bisogna pensare al futuro di napoli, non ai propri interessi.

Francesco Emilio Borrelli, commissario regionale

dei VerdiCarlo Ceparano, presidente provinciale dei Verdi, anche

a nome di associazionie liste civiche napoletane

De Magistris? Discutiamone

Sindaco

Una conferenza stampa di Bertolaso e Berlusconi a napoli

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mercoledì 2 marzo 201112

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Differenziata, così vince la cittàRifiuti A Napoli si estende la raccolta porta a porta, presto anche a Scampia. L’impegno dell’associazione Giovani Rosso Democratico

napoli le iniziative a fa-vore della raccolta diffe-renziata si fanno spazio e trovano larghi consen-

si tra i cittadini. Al centro dell’at-tenzione questa volta ritrovia-mo le zone della Terza Munici-palità che, grazie anche al con-tributo dell’Associazione Giova-ni Rosso Democratico, sarà ripu-lita degli ultimi grandi “bidoni” per la spazzatura, che verranno sostituiti dai cosiddetti conteni-tori colorati. Il progetto che sta per giungere al suo compimento vuole essere un seguito al lavoro iniziato nel 2008 quando la rac-colta porta a porta è subentra-ta per la zona dei Colli Aminei e Via E. nicolardi, un ottimo espe-rimento che, una volta collau-dato, per il prossimo mese verrà esteso anche per Capodimonte – Rione Lieti e scampia.A dare la felice notizia, uno dei rappresentanti dell’Associazio-ne e del Gruppo Giovani, Gen-naro Acampora, che ha affer-mato :«Andiamo avanti per un territorio ed un quartiere mi-gliore grazie ai cittadini che hanno sostenuto la Petizione Popolare con la raccolta di ol-tre 1000 firme». A seguito di lunghe battaglie, iniziative e dibattiti, finalmente si è giunti a delle risposte reali e concrete: l’amministratore de-legato dell’Asia, Daniele Fortini, ha annunciato che entro marzo

Tania Cioce

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no degli effetti più dibat-tuti dei recenti sconvol-gimenti politici in nord Africa è il previsto arrivo,

nelle prossime settimane, di mi-gliaia di profughi sulle nostre co-ste. sugli oneri dell’accoglienza, si è registrata una forte polemi-ca tra il ministro dell’Interno, Ro-berto Maroni, e i partners comu-nitari. Intanto però migliaia di persone, volontari laici o religio-si, si stanno mobilitando per da-re il loro contributo per accoglie-re i profughi. Tra questi Benedet-ta Ferone, responsabile napoleta-na del servizio “Amici della stra-da” della comunità di sant’Egi-dio, che abbiamo incontrato.Le stime sugli arrivi previsti in Europa differiscono di molto a secondo della fonte. Qual è se-condo lei la stima più corretta?Effettuare una previsione credi-

Alessandro Attilio Poma

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Migranti, quel triste destinoIntervista Benedetta Ferone, responsabile locale del servizio “Amici della Strada” della comunità di Sant’Egidio: «Italia impreparata»

bile è un’impresa ardua. nelle ul-time settimane si sono registra-ti 6000 nuovi arrivi nei Cie pro-venienti dalla Tunisia, ma non è azzardato sostenere che gli ar-rivi effettivi siano stati molti di più. Inoltre vi è da considerare che, a fronte della già avvenuta saturazione delle strutture di ac-coglienza, il flusso in entrata si mantiene costante.Pensa che l’Italia sia pronta a fronteggiare quest’emergenza?non lo è sia per ragioni stretta-mente logistiche, sia per l’impo-stazione generale delle politiche di accoglienza. sul fronte logisti-co bisogna considerare che i Cie hanno una capienza relativa, an-che perché non sono considera-bili come delle strutture di acco-glienza, bensì come dei centri di detenzione in attesa della suc-cessiva espulsione. Espulsione che si concretizza, nella maggio-ranza dei casi, con la mera con-

segna del foglio di via e l’entra-ta in clandestinità dell’immigra-to. In un’ottica più generale biso-gna invece considerare che, ne-gli ultimi anni, l’Italia ha conce-pito le proprie politiche sociali investendo più risorse per il con-tenimento dei flussi di immigra-zione, piuttosto che impostando un’accoglienza pianificata. Que-sta scelta, oltre che immorale, si rivela oggi miope ed inefficace.Sarà riconosciuto a questi mi-granti lo status di rifugiato politico?In occasione dei conflitti nella ex Jugoslavia si ebbe un riconosci-mento generalizzato dello sta-tus di rifugiato ai migranti pro-venienti dall’area. Ma si tratta di un precedente isolato che, da solo, non lascia ben sperare per la sorte di queste persone.E in che misura la Campania risentirà di questi arrivi? La Campania non ospita né Cie

né Centri per rifugiati. Le strut-ture di accoglienza sono poche e quelle che ci sono non posso-no accogliere stranieri se questi sono sprovvisti di permesso di soggiorno. In verità in alcune di queste strutture talvolta si cer-ca di chiudere un occhio pur di non lasciare per strada una per-sona che chiede aiuto, ma le leg-gi sull’immigrazione sono mol-to severe e chi, pur spinto da un profondo spirito umanitario, le viola rischia di pagarne delle conseguenze molto serie. Quan-do invece non è possibile trova-re un posto in una regolare strut-tura d’accoglienza, allo straniero non resta altro che scegliere tra un riparo di fortuna per la stra-da oppure in qualche edificio ab-bandonato, come succede nelle estreme periferie di napoli, ov-vero di affidarsi ad affittuari sen-za scrupoli che fittano al metro quadro.

Il Levante A cura della redazione de Il Levante, direttore Margherita Ranaldo

«Sull’immigrazione le leggi sono severe.

Chi, pur spintoda spirito umanitario,

le viola rischia di pagare conseguenze serie»

si darà il via al progetto propo-sto e sollecitato numerose volte al cospetto dei vertici dell’Azien-da servizi Igiene Ambientale e della Giunta comunale, preve-dendo 100mila abitanti in più a napoli serviti dal porta a porta che profitterà il 50% di “accolta differenziata e l’intercettazione di circa 25mila tonnellate di ri-fiuti che non andranno in disca-rica. La forte domanda da par-te dei cittadini stessi, di una so-

luzione al problema rifiuti che sia concreta piuttosto che fat-ta di progetti e soluzioni solo su carta, ha stimolato l’associazio-ne ad un’attività reale, mettendo in pratica una raccolta di firme che ha visto il contributo di tan-tissimi cittadini non solo di Ca-podimonte e scampia.E l’esito positivo della “battaglia” ha fatto sì che oggi alle 18 presso la sede dei Rosso Democratico in via Bosco di Capodimonte si

terrà un’assemblea a partecipa-zione libera, in cui tutti i cittadi-ni della zona e non solo, potran-no partecipare ed intervenire nella conferenza in cui saranno presenti proprio il direttore de-legato dell’Asia Daniele Fortini e l’assessore all’Igiene del Comu-ne di napoli, Paolo Giacomelli. si tratterà di un lavoro congiun-to tra l’Associazione, che vigile-rà per far in modo che la raccol-ta venga eseguita in modo effi-

ciente, e l’Asia, che per il 2011 è intenzionata ad instaurare un nuovo rapporto con il cittadi-no attraverso l’uso di strumenti d’informazione che gli permet-tano di svolgere una giusta rac-colta differenziata.Questo progetto è insomma la dimostrazione che la “Colla-borazione” è la parola d’ordine che conduce ad un fine comu-ne: ottenere, finalmente, una città pulita.

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Le gesta diOreste Ferrara

Come aiutarea Napoli

Celebrazionipagane

Oggi sul sito

Solidarietà

Ricorrenza

Il Levante

Urto!, un’esplosione di arteCreatività Nasce un vivace collettivo di artisti. Performances web e nuovi linguaggi per il Pan di Napoli

apoli è una città nota per la propria indole passio-nale, per il proprio fer-mento “sotterraneo”.

Non è un caso se movimenti mu-sicali ed artistici underground in questa città non siano mai man-cati. Ad esser convinti che ci sia bisogno di una scossa sono in tanti, in tantissimi. In particolar un collettivo di circa 200 artisti

Eliana De Leo

Ntivo di vivo e di vicino alla gente, reale, materiale». «Era ormai da anni che l’arte a Napoli era affetta da provincia-lismo», spiega Picardi, «ognuno bada ai fatti propri ed al proprio piccolo, questo è il momento giu-sto per unirsi ed è quello che, di fatto, sta accadendo giorno per giorno con Urto!». Di fatto pro-babilmente era dal 1986 con Vi-rus di Salvatore Ravo, che la città non aveva un collettivo di artisti

unito ed attivo sul territorio. Pro-babilmente avremmo potuto co-glierne i primi segnali negli anni scorsi ed in idee come Televisio-ne arma di distrAZIONE di massa che nel 2004 ha avuto un seguito di pubblico non indifferente. Og-gi, nel 2011, la resistenza artistica di Urto! si fonda e s’insinua, infat-ti, attraverso il web, complice an-che un linguaggio impattante. Lo stesso Deva non è nuovo a que-sto genere di performances lega-te al web ed ai mezzi pubblicita-ri. Su www.urto.napoli.it chiun-que può inviare il proprio slogan dedicato a Napoli. Un program-ma di comunicazione virale che punta a raggiungere almeno 100 slogan, che andranno allegati al-la proposta di piano di gestione biennale del Palazzo delle Arti, meglio noto come PAN, che gli artisti presenteranno ai prossimi candidati a sindaco. L’idea, come spiegano gli artisti di Urto!, tra cui compaiono anche Ciop&Kaf, Sal-vatore Ravo (sì, il Ravo di Virus), Angela Barretta e tantissimi altri (194, per la precisione), è quella di sfruttare gli ampi spazi del PAN, 6.000 mq distribuiti su tre piani, non solo per esposizioni tempo-ranee ma anche per attività labo-ratoriali che coinvolgano la cit-tadinanza, per riservare un luo-go d’incontro ad artisti ed appas-sionati. Un posto che sia vivo, di-namico, espressione dell’arteteca napoletana. Riprendere, insom-ma, il PAN da dov’è stato lascia-to: ai buoni propositi.

na satira spietata sul-la sottocultura napoleta-na. è questo e non solo, il sito Munnezza d’a gen-

te, che raccoglie articoli su Napo-li e provincia e li riscrive in chia-ve polemica ma ironica. Tra gli ul-timi articoli, quello che parla di un gruppo di nordamericani aggredi-ti subito dopo essere usciti da una pizzeria del centro, dal titolo em-blematico: “Napule: androidi su-burbani circondano e inchiom-mano di mazzate turisti america-ni”. Lo scopo è quello di infrange-

Peppe Cozzolino

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Un blog contro la “munnezza”Idee Articoli riscritti in chiave satirica. Ecco come un sito sbeffeggia la tipica subcultura partenopea

re certe “sacralità” della sottocul-tura napoletana, che celebra eroi cantanti neomelodici, camorristi, e non solo. Come Mariano Cavalli-no, “celebrato” come eroe per aver saltato il fossato del San Paolo per rubare un pallone durante Napo-li-Sampdoria e che poi organizzò, tramite il Mattino, un incontro con Cavani per restituirlo. I ragazzi di MDG sono tra i pochi ad aver sot-tolineato che «questo dice di esse-re invalido e salta nel fossato dello stadio San paolo?? Azz, e chi è, su-perman?». Non si salvano neppu-re le polemiche con i media nazio-nali, come nel caso di una 11enne violentata a Casoria, di cui non si è quasi parlato, forse perché, a lo-ro avviso, violentata da minoren-ne italiani e non da rumeni. Ne ab-biamo incontrato gli autori.Com’è nata l’idea?Non c’è niente di meglio di un pic-colo blog per spiattellare gli orrori del sottobosco napoletano. L’idea

si è presentata da sola: qualche fil-mato su Youtube, un po’ di tamtam su Facebook, codici video messi in condivisione e il gioco è fatto.Qual è il vostro obiettivo?Non abbiamo nessuno scopo spe-cifico. Se però qualcuno leggendo le nostre pagine dovesse rinsavire ne saremmo orgogliosi.In quanti siete a lavorare a que-sto progetto? E di cosa vi occu-pate nella vita “reale”?Siamo un gruppo alquanto etero-geneo e lavoriamo nel web; quindi siamo sempre connessi e questa è una fortuna.Avete mai avuto problemi?Riceviamo insulti, improperi e mi-nacce più o meno serie a interval-li irregolari. Due volte, presi un po’ dalla paranoia, abbiamo chiuso il sito ma le mirabolanti avventure che giungono da Napule ci hanno poi imposto di continuare. Voi fate un uso anche abba-stanza forte della lingua napo-

letana. Pensate che questo sia un limite per i vostri lettori, vi-sto che chi non la capisce non può leggervi, oppure pensate che sia una risorsa?Utilizziamo il dialetto come acces-sorio, solo per rafforzare un con-cetto già chiaro e quindi espres-so precedentemente in italiano. Il dialetto è una risorsa se utilizzato in dosi ragionevoli. Attenzione pe-rò a non idolatrarlo, svilirlo, svuo-tarlo della sua ricchezza. Identifi-carci troppo in esso come fanno i sub napoletani e soprattutto le ra-dio nazionalpopolari sarebbe un errore imperdonabile.Avete mai pensato di conver-tirvi in una regolare testata, magari come il Vernacoliere di Livorno? No, non abbiamo mai avuto la presunzione di pensare di con-fluire in una regolare testata. Sia-mo troppo ignoranti per aspira-re a tanto.

Gli autori: «Usiamo il dialetto come accessorio, solo per rafforzareun concetto già chiaroe quindi espressogià prima in italiano»

La presentazione del li-bro “L’Anarchico Elegan-te”: nell’opera di Alessan-dro Senatore, avvocato e presidente dell’Istituto di Cooperazione Italia Cuba, vengono ripercorse le af-fascinanti gesta di Oreste Ferrara che, nato nel 1876 da una famiglia garibaldi-na, si imbarcò, poco più che ventenne, verso Cuba dove partecipò all’insurre-zione antispagnola. A Cu-ba, poi, diventò il braccio destro del feroce dittatore Gerardo Machado.

www.levanteonline.net/cultura/libri

In distribuzione la quin-ta edizione di quella che è stata ribattezzata la “Gui-da Michelin per i senza fis-sa dimora”, un’insostitui-bile vademecum per tut-ti coloro che devono fare i conti con la propria condi-zione d’indigenza ma an-che per chi, invece, vuole rendersi utile in un’opera di accoglienza e di soste-gno. Sono presenti anche gli indirizzi delle strutture funzionanti nella provin-cia del capoluogo e di tut-ta la Campania.www.levanteonline.net/pri-mopiano/approfondimenti

Il 27 febbraio del 380 d. C. l’imperatore Teodosio pro-mulgò l’editto di Tessaloni-ca che sanciva il Cristiane-simo come religione di Sta-to. Undici anni dopo arri-varono i “decreti attuativi”: il più noto fu quello del 24 febbraio 391 che sanciva il divieto di ingresso nei tem-pli pagani, proibiva l’atto di avvicinarsi ai loro santuari e l’adorazione di manufatti. 1620 anni dopo si sono te-nute, a Roma e Milano, le celebrazioni per ricordare quei giorni drammatici per i pagani.

www.levanteonline.net/pri-mopiano/approfondimenti

e creativi, tutti di matrice napo-letana, che ormai da diversi me-si ha risposto all’appello di Seba-stiano Deva e Walter Picardi ide-atori e promotori di Urto! sin da dicembre. «L’idea è partita da un sentimento forte e contrastan-te verso la città e un desiderio di costruzione, come un’esplo-sione», spiega Deva. «Vorrem-mo che l’arte a Napoli si riappro-priasse dei propri spazi e che di-ventasse un qualcosa di costrut-

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mo film, E allora mambo! Quei trentenni di allora sono i protagonisti quarantenni di oggi. Differenti da quelli rappresentati da Muccino in Baciami ancora, che anco-ra si occupano dei problemi da trenten-ni. Questi hanno una posizione all’inter-no della società, però allo stesso tempo sono vittime di qualcosa di più grande di loro. Sono cattivi, egoisti ma ancora “pic-coli”, non sono riusciti a diventare gran-di. Entrambi i personaggi di questo film sono vittime di un settantenne, il padre di Luca, che rappresenta la generazione che ci domina ancora in Italia.Ha fiducia nella nuova generazione?Un segnale di risveglio dal torpore ogni tan-to si coglie. L’argomento adolescenti m’in-teressa e in futuro penso di tornare a trat-tarlo nei miei film, però non posso dire di sentirmi ottimista, anzi sono pieno di pau-re. Viviamo in un Paese che accetta qual-siasi cosa, incapace di reagire e completa-mente intorpidito dalla propaganda. è dif-ficile essere ottimisti poi magari le nuove generazioni riusciranno ad essere più lu-cide e ci salveranno. O magari ci salverà il web, nello stesso modo in cui ha cambiato velocemente le cose in Maghreb.Cosa ne pensa del cinema italiano at-tuale. Come può diventare più inter-nazionale?Il nostro cinema è sottovalutato. Abbia-mo una generazione di quarantenni mol-to bravi. Da Paolo Sorrentino a Gianni Zanasi. Ci sono segnali di vitalità e ades-so la nostra cinematografia sta anche conquistando un rapporto con il pub-blico. Lo trovo un dato positivo, anche se magari certe pellicole puntano perlo-più al disimpegno, ma partendo da que-sti prodotti ci potrà essere spazio anche per delle variazioni. E la televisione quanto è cambiata da quando la faceva lei?Sicuramente ora è molto più interessan-te il cinema della tv. Siamo nella fase del-la proposta di prodotti totalmente stan-dardizzati. è molto difficile in questo mo-mento fare qualcosa di diverso. Oltretut-to ci troviamo in un regime di quasi to-tale monopolio e questo complica la si-tuazione. Quando la facevo c’erano i sog-getti scritti da Virzì e la possibilità di fa-re qualcosa che sentivo fuori dallo stan-dard, adesso non c’è questa situazione, quindi penso che per ora continuerò a fa-re cinema.

>>Cinema>>

La vitanon è facile

Abbandonarsi alla debolezza

entre eravamo in Afri-ca a girare tutto era nel-la norma: dagli incon-tri notturni con gli ippo-

potami ai babbuini che ti rubano la co-lazione la mattina». Scherza Lucio Pel-legrini, il regista de La vita facile, la nuo-va commedia sentimentale con Pierfran-cesco Favino, Stefano Accorsi e Vittoria Puccini, da questo fine settimana nel-le sale. Tra sentimento e avventura in un clima dolceamaro l’autore di trasmissio-ni di successo negli anni ’90, come Target e Ciro al cinema continua a tratteggiare il ritratto di una società puerile, egoista e perdente, in un modo ironico ma che la-scia il tempo di riflettere.Com’è nato il progetto per il film?è iniziato come una collaborazione con Domenico Procacci. Mi sembrava interes-sante raccontare una storia d’amicizia con questi temi e questa ambientazione, per-ché mi dava modo di lavorare con la com-media, un genere che amo, continuando a seguire il pensiero dei miei precedenti la-vori, che riflettono sulla nostra società. Nei suoi film precedenti lei sembra accusare la generazione degli attua-li quarantenni di non aver fatto molto per cambiare la società. è così?In parte è vero, anche se non voglio ac-cusare di ogni cosa la mia generazione. Diciamo che siamo stati troppo “educa-ti”, non abbiamo “ucciso” i nostri genitori nei momenti cruciali e quindi ci siamo ri-trovati a quarant’anni ancora in balia dei settantenni. Di un Paese ancora in mano a loro, che nessuno ha cercato di scalza-

Alessia Mazzenga

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Tempi moderniLa commedia di Lucio Pellegrini con Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi e Vittoria Puccini racconta tra amore, amicizia e tradimento il carattere egoistae meschino della società

re quando forse sarebbe stato necessario farlo. Questo è quello che penso. Dall’al-tra parte c’è anche da dire che sarebbe stato molto difficile, visto l’atteggiamen-to di questi nostri “vecchi”. Ci siamo do-vuti confrontare con una generazione di padri che non vogliono cedere il passo. E questo è vero in tutti i campi, a comincia-re dalla politica. A volte in un film se ci sono personaggi maschili totalmente negativi la donna

introduce un elemento di positività, in questo caso non è così. Come mai i suoi protagonisti sono tutti e tre ambigui?Sono d’accordo riguardo l’immagine fem-minile. A me interessava raccontare dei personaggi con la loro fragilità e simpa-tia, ma che comunque fossero domina-ti da un profondo egoismo, tipico della mia generazione, ma non solo. M’inte-ressava anche continuare a raccontare i protagonisti di quello che fu il mio pri-

raga 1968. Tomas è un brillante neurochirurgo e un seduttore im-penitente, durante una trasferta di lavoro in una località termale

incontra Tereza, dolce e modesta came-riera di paese con la vocazione per la fo-tografia, e se ne innamora. I due si spo-sano, ma Tomas continua ad avere altre relazioni, fra cui la più significativa con la pittrice Sabina, spirito libero e indi-pendente come lui. Poi la storia irrom-pe: il 20 agosto i tanks sovietici invado-

P

questa libertà: non sono forte abbastan-za. è per questo che torno nel paese dei deboli...». Nelle parole di addio scritte da Tereza quando lascia la Svizzera per ri-tornare nella Praga occupata, c’è tutta la consapevolezza e la tragedia di una de-pressione profonda, quasi un’ «ebbrez-za della debolezza: ci si rende conto del-la propria debolezza e invece di resister-le, ci si vuole abbandonare ad essa». L’in-tensità del volto di Juliette Binoche, ren-de a pieno la sensibilità e la vulnerabi-lità del personaggio di Tereza, il deside-rio che la illumina, ma anche il peso di una incapacità di ribellione alla pesan-tezza, sentita come ineludibile, che ne fa l’emblema di una generazione schiaccia-ta dalla negazione delle esigenze umane più profonde, esercitata dal cosiddetto socialismo reale.

L’insostenibile leggerezza dell’essere(USA 1988) Drammatico, 173’, regia Philip Kaufman, con Daniel Day-Lewis, Juliette Binoche, Lena OlinSky Cinema Passion: mer.2 h.22.55

no la Cecoslovacchia, Praga viene occu-pata, il sogno di un socialismo dal volto umano spento definitivamente.Tomas, Tereza e Sabina, fuggono in Sviz-zera, ma Tereza non resiste allo sradi-camento, non riuscendo a vivere in un mondo che non le appartiene, e torna nel suo Paese occupato, seguita a bre-ve distanza da Tomas, che non la vuole perdere, anche a costo di rinunciare al proprio lavoro, alla libertà.Tratto dall’omonimo romanzo di Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’es-sere è un confronto struggente, la dialet-tica appassionata e dolorosa fra un uo-mo e una donna uniti da un legame pro-fondo, in cui l’uno rappresenta qualcosa di essenziale per l’altro: nel libro di Kun-dera, Tomas vede Tereza come una bam-bina abbandonata in una cesta sul fiu-me giunta sino a lui, e per la prima volta sente di non potersi sottrarre, assumen-dosi il peso di scelte da cui non torne-rà più indietro. «La vita è molto pesan-te per me, ed è così leggera per te. Io non riesco a sopportare questa leggerezza,

SchermaglieTratto dal romanzo di Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere narra la dialettica appassionata e dolorosafra un uomo e una donnauniti da un legame profondo

Francesca Pirani

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>>Mediamix>>

una battaglia fino all’ultima tavoletta

uno scontro a distan-za tra due mondi quello che si combatte sui cam-pi di Hannover in Ger-

mania e a San Francisco in Ca-lifornia. Due ecosistemi che si guardano in cagnesco da qual-che anno ma che, inesorabil-mente, stanno cambiando il no-stro modo di comunicare. al di là dell’Oceano c’è la apple che si appresta a presentare la secon-da versione dell’iPad. In Germa-nia, invece, fino a sabato c’è il Cebit, l’annuale fiera dell’elet-tronica, quest’anno domino as-soluto del principale competi-tor della mela, il sistema ope-rativo android che ormai si ap-presta a conquistare il mercato seguito da Windows. all’annua-le fiera, inoltre, arriva anche il “cloud computing” che cambie-rà ulteriormente il nostro mo-do di approcciare all’informati-ca senza la necessità di suppor-ti: tutto ciò che ci occorre sarà in rete, accessibile in ogni ango-lo del Pianeta. In questi giorni, quindi, si gioca una battaglia cruciale, soprat-tutto per l’azienda di Steve Jobs. Il key note di oggi a San Fran-cisco, infatti, sarà senza la pre-

Pierpaolo De Lauro

è

Hi-tech Tra San Francisco e Hannover si gioca il futuro dei big dell’informatica. Al di là dell’Oceano la Apple presenta il suo iPad 2. All’annuale fiera del Cebit in Germania tutti gli altri affilano le armi

L’azienda di Cupertino è in difficoltà per l’assenza di Jobs e il possibile abbandono di Ive, designer dell’iPode dell’iPhone

senza del leader storico, a meno di sorprese dell’ultimo minuto, come vogliono i rumors raccolti da alcune testate a Stelle e Stri-sce. L’iPad è stato una creatura di Jobs, l’ha coccolato, l’ha spin-to, ne ha costruito attorno una carica immaginaria che ha con-quistato milioni di appassiona-ti, non vederlo sullo storico pal-co dello Yerba center e con le voci che girano sullo stadio del-la sua malattia, rendono tutto più complicato, gettando nuvo-le cariche di tempesta sul futu-ro di apple. a tutto questo si ag-giungono le voci di una possi-bile fuoriusci-ta dalle stanze di Cupertino del designer J o h n a t h a n Ive. un nome che a molti non dice nul-la ma che per l’azienda rap-presenta un fulmine a ciel sereno, consi-derando che dalla mente di Ive sono usci-ti oggetti come l’iPod, l’iPhone e l’iPad: in pratica l’immagi-

ne della apple. notizie, queste, che fanno tremare gli azionisti che temono in possibili conse-guenze. Finora l’iPad ha vendu-to 14,8 milioni di esemplari e rappresenta, con un fatturato di 4,6 miliardi di dollari, il 17 per cento degli introiti della socie-tà. una gallina dalle uova d’oro e la seconda versione potreb-be dare l’affondo definito, sem-pre se tutto prosegue per il ver-so giusto. Intanto nella fredda Hannover si iniziano a presen-tare le nuove custodie per l’iPad con annesso spazio per le due telecamere e possibili slot per

schede e usb, al-meno in base al-le indiscrezione raccolte in tutto il mondo, dal si-to cinese fino ai blog russi. mentre la ap-ple fa i con-ti col suo pre-sente, alla fie-ra internazio-nale del Cebit i tablet scalda-no i motori e, così come già accaduto due

mesi fa al Ces di Las Vegas, dominano nel-

la maggior parte delle presenta-zioni. Tutte le case si appresta-no a lanciare il proprio modello dalla asus alla Fujitsu fino alle più piccole e sconosciute come la TazTag. Quasi tutti puntano su android, il sistema operativo open source sponsorizzato da Google: leggero, funzionale e in grado di sincronizzarsi con tut-to l’ecosistema targato Big G. E se un tempo la battaglia era con microsoft oggi la mela di Cuper-tino si trova a dover fare i con-ti con Samsung, motorola e Rim. Tutte e tre sono pronte a invade-re il mercato con i nuovi tablet e cercare di recuperare, in tut-ti i modi, i mesi di vantaggio ac-cumulati dall’azienda di Cuper-tino. E nel piccolo arriva anche un prodotto italiano l’OliPad fir-mato Olivetti. un display da 10.1 pollici, wi-fi, memoria da 16GB estendibile a 32GB, connettività 3G, sistema operativo android. Certo non un macchina per do-minare il mercato ma almeno la ricomparsa di un marchio stori-co che in passato ha guidato l’in-novazione dell’informatica.

Inserire il nostro vecchio cellulare in un atm simi-le a quelli bancari e rice-vere del denaro in cambio del riciclo. non è un sogno o la scena di un film di fan-tascienza ma la proposta, concreta, presentata da una piccola start-up cali-forniana, Ecoatm. a prima vista, sembra l’idea vincen-te per incentivare il rici-clo di materiali tecnologi-ci inutilizzati. Basta recar-si a uno sportello virtuale, inserire il nostro vecchio oggetto (un cellulare, un lettore dvd oppure un vec-chio mp3) e il gioco è fatto. un programma avvierà la scansione dell’oggetto, ve-rificherà il modello, even-tuali parti mancanti o non funzionanti e stabilirà un prezzo. a noi resta l’ultima scelta: prendere i soldi, ac-cettare un buono da utiliz-zare in un negozio conven-zionato oppure donare il tutto ad associazioni uma-nitarie. Pochi click per da-re una mano all’ambiante e donare nuova vita al no-stro vecchio cellulare.

Il bancomat del riciclo

Usa

Sembrano delle normali sneakers, quelle che si ve-dono ai piedi di milioni di persone ogni giorno. un design giovane e accatti-vante ma al loro interno nascondo un segreto: flo-reale. E l’innovativo pro-getto lanciato da una pic-cola azienda olandese, la Oat shoes, che ha presen-tato le prime scarpe inte-ramente ecologiche. Re-alizzate in mais, cotone e canapa, senza l’utiliz-zo di trattamenti chimici aggressivi, perfettamente biodegradabili col tempo. Fin qui niente di nuovo ma se le riponiamo sotto il terreno e le annaffiamo dopo alcuni mesi spunte-ranno dei fiori. Il segreto è nella linguetta al cui in-terno l’azienda ha posto dei semi che daranno alla nostra sneakers una nuo-va vita.

Ecoabiti

Tanti fiori sotto i piedi

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Page 16: TERRA - quotidiano - 02/03/2011

mercoledì 2 marzo [email protected]@terranews.it

è scontro Arcigay-Chiesan esposto all’Ordine de-gli Psicologi per avvia-re un’ispezione in tutti i consultori familiari del

paese. L’Arcigay nazionale di-chiara guerra a monsignor Pao-lo Rigon, vicario giudiziale della Diocesi di Genova, che nei gior-ni scorsi, a margine dell’apertu-ra dell’anno giudiziario del tri-bunale ecclesiastico regionale ligure, aveva definito l’omoses-sualità «un problema da estir-pare ai primi sintomi attraverso sedute di psicoterapia». Parole che hanno suscitato le reazioni immediate del mondo Lgbt (Le-sbiche, Gay, Bisessuali e Tran-sgender). «Le affermazioni di Rigon – tuo-na Paolo Patanè, presidente na-zionale di Arcigay – sono gra-vissime per due motivi. Non so-lo Rigon ha espresso un giudizio di valore sull’omosessualità che

Giuliana Covella

U

Diritti Paolo Rigon, vicario della Diocesi di Genova: «Omosessualità problema da estirpare ai primi sintomi». Durissima la reazione del mondo Lgbt. Paolo Patanè: «Siamo pronti a scendere in piazza»

«Finalmente!» avranno esclamato le organizzazio-ni di volontariato quando qualche giorno fa è stata di-ramata dal ministero delle Politiche Sociali la notizia dell’insediamento dell’Os-servatorio Nazionale per il Volontariato. Interessanti le dichiarazioni del ministe-ro che sottolineano come l’Osservatorio non sia mera facciata ma rappresenti un luogo di vera concertazio-ne con il Governo «per pro-muovere nella società civi-le condizioni favorevoli alla diffusione della cultura del volontariato come risorsa per la costruzione del bene comune». Insomma, dimen-tichi del 5xmille, ci sarebbe da lodare il inistro Sacconi. Eppure non ci si può esime-re dal rilevare una dimenti-canza. Le sigle che siedono al Tavolo sono tutte, meno due: la Fish e la Fand, le re-ti italiane che difendono da anni i disabili, spesso inimi-candosi i poteri forti. Al loro posto unico presente sul te-ma l’associazione Fiaba. Ed allora dubbiosi della nostra cultura “sociale” ci siamo af-fidati a google. Inserendo “fish fand” seguono 40 pa-gine dedicate alle due realtà di cui sopra. Inserendo “Fia-ba”: è “una narrazione origi-naria della tradizione popo-lare, caratterizzata da com-ponimenti su avvenimenti e personaggi fantastici”…

Luca Mattiucci, direttore resp. Comunicare il Sociale

Un Tavolosu misura

Volontariato

No profit nel caosddio tariffe postali age-volate. Con l’approvazio-ne del Milleproroghe, in-fatti, il mondo del no pro-

fit è costretto a fare i conti con un decreto inapplicabile che conge-la quei famosi 30 milioni destinati all’editoria sociale. Per le associa-zioni che hanno investito denaro e risorse umane nella comunica-zione esterna, cadono così le ul-time speranze di ottenere un’age-volazione per la spedizione di ri-viste e bollettini. Inizialmente il Milleproroghe sembrava avesse messo al sicuro le risorse blocca-te nel 2010. E infatti, hanno can-tato vittoria in molti. Ma in veri-tà quello contenuto nel Millepro-roghe è un decreto inapplicabile,

Gianluca Testa

A

Milleproroghe Nel decreto è giallo sull’ultimo termine di applicazione delle tariffe postali agevolate. E Poste italiane è impreparata a gestire migliaia di richieste

che di fatto riporta la validità del-lo stanziamento sino al 31 dicem-bre 2010 (così è scritto all’articolo 8 del decreto). Secondo il Forum del terzo settore, a evitare la beffa «è intervenuta la definitiva appro-vazione del DL 225/2010 che, con una formulazione normativa al-quanto complessa, proroga la va-lidità dei suoi termini al 31 mar-zo 2011». Purtroppo di questa da-ta non c’è traccia. Nessun appiglio concreto. E in questa situazio-ne caotica c’è pure da fare i con-ti con Poste italiane, i cui uffici so-no impreparati e inadeguati a ri-spondere alle richieste delle mol-te associazioni che, di fronte al-la comunicazione di una scaden-za così vicina, sembrano decise a spedire in fretta pur di non perde-re l’agevolazione. In questo con-

testo, chi si muove con consape-volezza è l’Unione stampa perio-dica italiana. L’Uspi aveva già pro-vato a far inserire nel Milleproro-ghe due emendamenti che avreb-bero dovuto spostare l’imputa-zione all’anno in corso. Gli emen-damenti proposti sono però stati bocciati. A questo punto l’editoria non profit ha ben poche possibili-tà di ottenere nuove agevolazioni. L’Uspi comunque non molla e ci riprova proponendo al Governo di spostare l’imputazione al 2011. Se così non fosse, che fine faran-no quei 30 milioni? Una norma del 2008 prevede che le somme in mano alla Presidenza del Con-siglio siano destinate prioritaria-mente ai contributi diretti, poi al-le altre agevolazioni. E le speranze si fanno sempre più deboli.

Cento artisti da tutto il mondo per una mostra di illustrazione ispirata alla natu-ra e all’ambiente: “è Terra!”, il nome della kermesse realizzata dall’associazione cul-turale Kolibrì che, giunto alla settima edi-zione del progetto “Girogirotondo, cambia il mondo 2011” sul tema Terra Madre Ter-ra, dedica l’evento alla memoria di Angelo Vassallo, il «sindaco pescatore», paladino dell’ecosostenibilità ucciso dalla crimina-lità. La mostra si inaugura venerdì 4 mar-zo alle ore 18.00 e sarà aperta al pubbli-co (gratuitamente) fino al 27 marzo 2011, nelle suggestive sale espositive dell’ex Asi-lo Filangieri di Napoli. L’evento espositivo

propone una straordinaria galleria di im-magini ispirate alla Terra, che ne colgono aspetti poetici ed evocativi, materiali e spi-rituali, rivolgendosi a un pubblico di ogni età per sensibilizzarlo al compito di custo-dirla e di preservarne la ricchezza. In espo-sizione, 200 opere di illustratori prove-nienti da 21 Paesi di diversi continenti, dal Medio Oriente al Sudamerica. L’iniziativa è realizzata in collaborazione tra gli altri con la Biblioteca Ragazzi della Fondazio-ne Banco di Napoli per l’Assistenza all’In-fanzia ed in partenariato con la Fondazio-ne Angelo Vassallo.

Carla Buccino

finisce con il legittimare forme di odio e intolleranza utilizzan-do un frasario degno dei regimi totalitari, ma ha gettato una lu-ce negativa sui consultori fami-liari nei quali, a suo dire, si adot-terebbe la pratica allucinante di

estirpare l’omosessualità come fosse una malattia. È per que-sto che invieremo un esposto all’Ordine nazionale degli Psi-cologi – fa sapere Patanè – af-finché si faccia chiarezza su questi presunti consultori-la-

ger, dove l’identità della per-sona viene violentata solo per-ché non è allineata alle posizio-ni della Chiesa». Nel corso del suo intervento il prelato aveva parlato di neces-sità di ricorrere ad una psicote-rapia per «risolvere il problema sin dalla prima adolescenza». «Il nostro consultorio familia-re – aveva aggiunto Rigon – af-fronta parecchie volte questo tema e ci riesce anche. Quan-do purtroppo l’omosessualità è incancrenita è difficile estir-parla». Anche in questo caso, è durissima la replica dell’Arci-gay: «Assurdo che questi cen-tri beneficino di soldi pubblici – insiste il presidente dell’asso-ciazione – A quale fine, poi? Per fomentare l’omofobia? È inac-cettabile che concetti di stam-po nazista passino sotto silen-zio. Non esiteremo perciò - an-nuncia Patanè - a scendere in piazza, se necessario»

Cento artisti insieme per difendere la Terra

Per celebrare l’Anno Europeo del Volontariato, l’Università del Sacro Cuore di Brescia con il CSV di Brescia, la Regione Lom-bardia, l’Osservatorio per il Volontariato Ministeriale promuo-vono la diffusione del volontariato in tutto il territorio con ini-ziative rivolte alla cittadinanza. Un ricco programma di incon-tri dal 31 marzo al 5 maggio. “I giovedì del volontariato” il no-me della kermesse. Info: www.bresciavolontariato.it

Brescia

Si terrà domani giovedì 3 marzo alle ore 18.00 presso la sede ISF Piazza Cavour 38 a Napoli, l’incontro delle associazioni che appoggiano il referendum “2 Sì per l’acqua bene comune”. In tutta Italia, i comitati cittadini si stanno battendo da anni per la difesa dell’acqua come bene comune e per la sua gestione pubblica. Info: www.acquabenecomune.org e www.referendu-macqua.it

Napoli

Si tiene oggi alle ore 11.45, a Roma presso la sede nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (Via Parigi 11) la conferenza stampa del progetto sulla Creatività Urbana per Napoli. Modererà il Pre-sidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Enzo Iacopino. In-tervengono Luca Borriello (Inward), Mario Porcellini (La Sapien-za). Conclusioni del ministro Giorgia Meloni. www.inward.it

Roma