specula 2012

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Giornale a.s. 2011/2012

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Page 1: Specula 2012
Page 2: Specula 2012

1992 … 201223 maggio 1992, Strage di Capaci

19 luglio 1992, Strage di via D’Amelio

Per rinnovare l’impegno dei giudici Falcone e Borsellino, per non dimenticare tutte le innocenti vittime di mafia,

per difendere il diritto alla legalità.

RiSpOnDiAmO cOn lA pOESiA AllE BOmBECome il ragno arriva in silenzio

in un angolo tesse la telasempre più grande, sempre più forte,

sempre più colma di prede.

Cosi la mafia nell’ombra si nasconde,tra la gente penetra: la soccombe.Indistricabile è la sua ragnatela,

sempre più colma di prede.

Vittime sono persone comuniche amano la vita

e lottano per un mondo migliore,che il ragno han voluto sfidare,e abbiamo lasciato intrappolare.

Son morte per noi,non per straziare altri cuori.

Cosa aspettiamo?Non gettiamo parole al vento.

Agiamo!Se vogliamo evitare orrori.

Dobbiamo uscire dal passato,per ritrovarci in un futuro rivoluzionato.

Dobbiamo farlo noi. E subito.Perche la storia sa andare avanti da sola,

ma il nostro compito è guardare lontano.

Maggio 2012

Clara Punzi, Antonella Canzio, Antonella Convertino, Rossana D’Errico (2ª BT)

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Page 3: Specula 2012

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Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta! Esce il settimo numero di “Specula”, la rivista della nostra scuola che racconta un anno di esperienze, di riflessioni, di

attese. La redazione ha rivolto l’attenzione a fatti di attualità di cui si è molto discusso come la crisi economica, il lavoro, la qualità della vita, la protesta degli indignados, la scuola e l’educazione, la donna, la censura sul Web, a cui è dedicata anche la copertina del giornale. Inoltre ha “fotografato” al-cuni momenti della vita della nostra comunità scolastica: le assemblee per non dimenticare la Shoah, la partecipazione degli alunni a vari progetti in cui essi si sono distinti per i lavori realizzati e per i risultati conseguiti, gli incontri con gli autori, gli spettacoli e i film visti, la fruizione della biblio-teca d’istituto, i viaggi d’istruzione, etc. Sviluppando le problematiche relative all’occupazione fem-minile, la redazione ha interrogato il territorio scoprendo aspetti nuovi, interessanti, e... talvolta confortanti del lavoro “rosa”.Nella fase conclusiva della stesura del giornale, l’impagi-nazione, quest’anno svolta seguendo i consigli del sig. Ro-berto Schena che qui ringraziamo, abbiamo modificato la prima bozza. L’attentato alla “Morvillo Falcone” di Brindisi ci ha indotti a portare in primo piano questioni, purtroppo, sempre di cocente attualità: mafia, terrorismo, eversione. Le stragi di vent’anni fa in cui persero la vita Falcone e Borsel-lino bruciano ancora come la terribile strage di sabato 19 maggio in cui è morta Melissa, una di noi. Speriamo non accada mai più.Un ringraziamento ai docenti che hanno lavorato con noi.

COMPONENTI DELLA REDAZIONEClara Punzi, Gianpiero Vignola, Daniele Sca-rafile, Angelo Soleti (2ªBT), Giovanni Maran-gi, Elena Sabatelli (3ªBT), Giovanna Falcone (5ªBP), Simona Potenza, Valeria Potenza, An-gelica Mastro, Giulia Semeraro (3ªAL), Veroni-ca Lomartire, Gabriella Cassiano, Palma Palmi-sano (4ªAL), Martino Genchi, (2ªBL) Valentina Vasta, Federica Siliberti, Lucia Vitale, Daniela Belisario (3ªBL).

IDEAZIONE COPERTINAMichela Neglia (5ªBT)

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE

Gianpiero Vignola, Daniele Scarafile, Angelo Soleti (2ªBT)

DOCENTIAngelita De Pascale, Gabriella Ciccarone, Mariangela Gabellone, Marzia Cino, Vittoria Magno.

“NESSUNO TOCCHI LA SCUOLA”

Il 19 maggio 2012 è cominciato come una giornata nor-male per gli studenti di Brindisi. Tutti svegli, tutti pronti ad affrontare nuove lezioni. Ma non è stato così: qualcuno ha voluto sconvolgere la routine in modo terribile. Alle 07.45, un quarto d’ora prima dell’inizio delle lezioni, una bomba è scoppiata proprio affianco all’Istituto per i Ser-vizi sociali, Moda e Turismo “Francesca Laura Morvillo Falcone” di Brindisi. L’esplosione è stata provocata dal contatto di fili elettrici che collegavano tre bombole di gas, le quali erano state posizionate dietro un cassonetto della raccolta differenziata della carta.Un’esplosione provocata per uccidere e l’obiettivo del kil-ler è stato raggiunto: Melissa Bassi, una studentessa di 16 anni, è morta quasi subito, mentre Veronica Capodieci ha riportato gravi ferite su tutto il corpo, così come altre cin-que vittime innocenti, ora ricoverate in gravi condizioni all’ospedale Perrino di Brindisi. Proprio quel giorno sa-rebbe dovuto sfilare il corteo antimafia promosso dall’as-sociazione “Libera” e il fatto che l’attentato sia stato com-piuto a danno di una scuola che porta il nome “Morvillo Falcone” ha fatto subito puntare il dito contro la Sacra Corona Unita. Altri invece hanno pensato che, in quanto gli strumenti utilizzati nell’attentato non coincidono con quelli usati frequentemente dai mafiosi per lanciare mes-saggi o “giustiziare” qualcuno, sia stata una mossa terro-ristica. Ultime, invece, le teorie sull’ attentato individuale di un folle.Che sia stata la mafia, il terrorismo o un pazzo, poco inte-ressa ai giovani: la paura si è diffusa tra gli studenti delle scuole in provincia di Brindisi, tanto che il nostro liceo ha deciso di sospendere, per motivi di sicurezza, l’inaugura-zione del “Giardino della memoria” in onore dei giudici Falcone e Borsellino e di tutte le vittime della mafia, pre-vista per mercoledì 23 maggio. Ma l’indignazione ha portato gli alunni del Polivalente di Cisternino a manifestare lo stesso per esprimere il forte senso di solidarietà nei confronti delle vittime e la rabbia per un gesto assurdo, fuori da ogni logica.Il killer che si cela dietro a un cappotto scuro e dei panta-loni chiari è diventato il simbolo della criminalità radica-ta nel territorio di Brindisi, che si esprime in forme di vio-lenza più o meno evidenti e, cosa più grave, diffonde una sottocultura che considera valori il sopruso e l’illegalità. L’attentato di Brindisi è diventato una triste occasione per denunciare il degrado culturale e umano che sembra colpire la nostra società, contro cui si leva forte il nostro grido di dolore e di sdegno.Questa violenza priva di senso ha portato tutti gli studen-ti italiani a superare la paura e a prendere una posizione definitiva: nessuno deve toccare la scuola. Noi siamo la scuola e noi siamo il futuro. E chi uccide il futuro uccide il mondo intero.

Giulia Semeraro (3ªAL)Specula 2012 – A cura del Liceo “Don Quirico Punzi” Cisternino (BR) – Supplemento al periodico “La Città” n.5 – Aut. Del Trib. Di Trani N.

14/03 del 19/12/2003

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IN PRIMO PIANo

« Noi siamo gli Anonymous.

Noi siamo una legione. Noi non perdoniamo. Noi

non dimentichiamo. Aspettateci! »

Questo è il motto dell’organizzazione di hacker più grande del web. Essa può comprendere uno o più “anonimi”

che operano, principalmente sul web, per di-fendere i diritti fondamentali dell’uomo e della democrazia.Internet nel corso della sua “evoluzione” si è sempre e comunque dimostrato un ottimo conduttore di libertà di pensiero e di parola. Basti pensare al fatto che ogni articolo letto sul web è quasi sempre correlato a una sezio-ne per commentare e dare vita a discussioni anche con lo stesso autore. Ebbene, questa li-bertà è sempre stata considerata una minaccia insostenibile per i cosiddetti “potenti“. Ecco perché, di recente, ci sono stati vari tentativi di limitarla come per esempio quello dell’Agcom (Autorità Garante per le Comunicazioni) la quale intendeva istituire una procedura veloce e puramente amministrativa di rimozione di contenuti online considerati una violazione della legge sul diritto d'autore. È facile immagi-nare come una procedura così rapida sarebbe stata sfruttata per far chiudere siti “scomodi”. Gli “anonimi” si sono opposti a tale proposta, attaccando e oscurando il sito dell’ Agcom, chiamando l’operazione “No Web Censure”. Gli anonimi hanno, poi, mandato un messag-gio rivolto a tutti i politici italiani che merita di essere letto: - Mentre il paese va a rotoli a discapito delle classi più svantaggiate voi con-

tinuate a perdere ottime occasioni per tacere, per smetterla di rubare e per piantarla di farvi sempre e soltanto gli affari vostri. - e continua-no - Vogliamo che sia cambiata questa porcata di legge elettorale. Vogliamo che siano aboliti (come il popolo italiano aveva già deciso nel 1993) TUTTI i finanziamenti ai partiti Vo-gliamo un Parlamento pulito. NO condannati. NO pregiudicati. NO puttane, nani, ballerini e mafiosi. Vogliamo che il popolo inizi a contare davvero. Perché tutte le firme che raccogliamo vengono tirate nel cesso? I politici, nostri di-pendenti non dovrebbero impegnarsi affinché la nostra voce sia sentita? A quanto pare NO, anzi non perdete occasione per chiamarci "sfi-gati" , "mammoni" , "bamboccioni”. Famose sono anche le “guerre” virtuali contro i siti dell’ FBI, della NASA, del dipartimento di giustizia e di alcune delle case discografiche più importanti al mondo come l’Universal e la Warner. Queste sono state prese d’assalto dopo la chiusura di uno dei siti più visitati del web: Megaupload. Il sito è sotto sequestro da parte dell’FBI per violazione di copyright e pirateria. Attraverso il noto social network, Twitter, gli anonimi hanno lanciato un messaggio a tutti gli utenti della rete: scaricare qualunque cosa e dare vita a un’attività di pirateria massiccia per rendere consapevoli il Dipartimento di Giu-stizia degli Stati Uniti d’America e i navigatori della potenza della comunità virtuale. Le mo-

dalità degli attacchi si basano su un concetto semplice che prende il nome di Distributed de-nial of service: un massiccio numero di richie-ste fittizie ai server che impediscono o rendono difficile l’accesso al sito internet in questione. Gli anonimi prendono in prestito il simbo-lo della maschera di Guy Fawkes, cospirato-re cattolico inglese, reso famoso dal film “V per Vendetta”, anch’esso un film inneggian-te alla libertà di parola. Se il sin-golo individuo è quasi sempre convinto che le sue idee e le sue azioni siano superflue e inu-tili nella società – sostengono - di contro si è affermato il concetto del 99 %: noi siamo il 99 %, dice un loro slogan, contro quell’1% di imprenditori senza scrupoli e squali di Wall Strett. Gli anonimi sono convinti che l’1 % pos-sa essere “sconfitto” per dare vita ad una so-cietà strutturata in maniera diversa, dove non ci sia più bisogno di nascondere il volto dietro una maschera.

Giavanni Marangi (3ª BT)

NOI SIAMO GLI ANONYMOUS!

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Page 5: Specula 2012

Il wEb. UnA rISorSA AllA PortAtA DI tUttI. Un bEnE

CoMUnE, fontE InEStIMAbIlE DI InforMAzIonE. forSE

troPPA?

IL wEb IN MANO ALL’AGCOM: TROPPA LIbERTà?

Ed è probabilmente per questo che tra il 29 ed il 30 marzo 2012 il Governo italiano ha deciso di strappare agli italia-ni anche un importante diritto con un provvedimento

intitolato “Disposizioni interpretative in materia di competenze dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. Il decreto conferisce pieni poteri decisionali ad un’istituzione chiamata Agcom, ovvero Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che è stata incaricata di censurare siti web accusati di facilitare la pirateria e di controllarne i provider nella quantità e nella misura che preferisce. Tutto senza passare attraverso un regolare processo, ma solo a fronte di una segnalazione da parte dei detentori di copyright. Ciò significa che gli utenti non potranno opporsi alla censura di un sito, ma saranno solo i proprietari a poterlo fare. Tuttavia, il decreto ha subito giustamente parecchie critiche.La scelta troppo azzardata dello Stato italiano in merito all’affido esclusivo di tale potere ad una semplice istituzione è l’ennesi-ma dimostrazione che il nostro Paese tende progressivamen-te verso uno snaturamento democratico. Infatti, in quanto Repubblica parlamentare nella quale il potere è diviso in tre parti (legislativo,esecutivo e giudiziario), l’Italia avrebbe dovuto almeno affidare il diritto di parola ai vertici politici di questi tre poteri, considerando che si tratta di un tema rilevante quale la circolazione dell’informazione e del sapere nello spazio pubbli-co telematico. Inoltre la riforma presenta un altro punto che va a svantaggio dello Stato e delle sue casse interne: la rimozione dei provider implica grosse spese per essere effettuata e i fondi saranno ovviamente versati dai cittadini sotto forma di imposte.Una normativa che si presenta, quindi, come legge anti-svilup-po perché impedisce la comunicazione e la manifestazione via web, importante pilastro per la crescita dell’uomo.

Pietro Pugliese (2ªBT)

LA PRIMAvERA DEGLI ‘INDIGNADOS’

Quello degli indignados è un movimento so-ciale che rappresenta coloro i quali lottano pacificamente per una democrazia più parte-

cipativa. Ne fanno parte cittadini in generale, ma so-prattutto quanti stanno pagando personalmente sulla propria pelle gli effetti della grave crisi economica: di-soccupati, lavoratori licenziati, pensionati, immigrati e ragazzi che si affacciano per la prima volta alla po-litica e si stanno rendendo conto di quanto la macchi-na governativa funzioni male. Essi lottano contro chi ritengono corresponsabile del malessere sociale: ban-chieri, industriali, politici corrotti. Il movimento, nato in Spagna, si è pro-pagato a macchia d’olio in Grecia e dalla Grecia in Italia e dall’Italia in tutto il mondo con lo scopo di promuovere una democrazia che lasci più spazio ai cittadini. Gli indignados, per sostenere le proprie idee, hanno stilato il manifesto “Democrazia Real Ya”(democrazia reale ora). In esso sostengono fortemente che le prio-rità di qualsiasi società avanzata devono essere: ugua-glianza, progresso, solidarietà, libertà di accesso alla cultura, sostenibilità ecologica e sviluppo, benessere e felicità delle persone. Tra i diritti fondamentali che dovrebbero essere protetti quelli a: la casa, l’occupazio-ne, la cultura, la sanità, l’ istruzione, la partecipazione politica, il libero sviluppo personale E, non ultimi, i diritti dei consumatori all’ accesso ai beni necessari per una vita sana e felice. Gli indignados muovono, quindi, critiche nei con-fronti degli governi in carica, perché non ritenuti in grado di affrontare le aspre emergenze sociali. Nel loro manifesto denunciano situazioni reali, di cui tutti ri-sentiamo gli effetti. Denunciano il potere nelle mani di pochi, il denaro pubblico utilizzato per distruggere il pianeta, i governi formati da gente che si arricchisce a scapito della maggioranza abbandonata a se stessa. Gli indignados promuovono, insomma, una rivoluzio-ne etica per risollevare la situazione attuale e far capire che noi cittadini non siamo fantocci da utilizzare a pia-cimento ma uomini veri, che vogliono vivere ed essere trattati come tali, perché “ Noi non siamo marionette nelle mani di politici e banchieri.”.

Marzia Galasso (3ª BT)

Una rivoluzione etica nella crisi

economica

in primo piano

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Page 6: Specula 2012

VITA dis - ACTIVA

LE CONTRADDIZIONI DEL PIL

Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è oggetto di critiche da molti anni. Ora più che mai, in un mondo in cui le distanze vengono annullate e le

nazioni interagiscono incessantemente, i paesi leader in campo economico hanno rintracciato parametri unitari, per stilare una graduatoria tra Stati e regola-re i rapporti economici internazionali. E’ così che si arriva al PIL, attualmente l’unico, seppur insoddisfa-cente, sistema di misura della ricchezza di un Paese, che tiene conto della produttività totale in un anno.Ma da cosa nascono le critiche? Nascono appunto dalla moltitudine di punti tralasciati da questo valore e, non per ultimo, dalla considerazione dell’uomo quale macchina per produrre e soprattutto consu-mare. Consumare, la parola base del nostro sistema capitalista. Consumare, anche se non se ne hanno le possibilità economiche. Insomma, il quadro che andiamo disegnando è pieno di imperfezioni. Se guardiamo all’Italia, il cambia-mento sembra ben lontano, a giudicare dalle sempre meno piacevoli storie che vengono a galla dal passato di chi ci governa. Il cambiamento non si raggiungerà

se si continuerà a tacere e a sottostare alle criminalità organizzate che hanno in mano le più grandi imprese e decidono del futuro del nostro Paese. Forse non ci resta che prendere coscienza del no-stro essere persone e non personaggi, uomini e non numeri. Ogni giorno sentiamo crescere il bisogno di un nuovo mondo, un mondo libero dal Pil e da tutti i condizionamenti che ci ha posto intorno.

Clarissa Chirulli e Antonio Galetta (1ªBT)

Non ci resta che prendere coscienza

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VITA dis - ACTIVA

Lettera aperta al Presidente del Consiglio e ai suoi Ministri

Egregi signori,nell’ultimo periodo, in Italia, stiamo assistendo ad una colossale crisi economica, causata da comportamenti sconsiderati dei prece-denti governi e dalla congiuntura economica internazionale negativa.

Con le dimissioni del precedente Presidente del Consiglio Berlusconi , le “redini” del nostro paese sono passate nelle vostre mani. A voi spetta, dunque, il duro compito di portare l’Italia fuori da questo brutto periodo che sta provocando la drastica riduzione della produzione e dell’occupazione e, quindi, un arresto quasi totale dello sviluppo economico nel nostro Paese. Tutto ciò genera un ulteriore aumento del debito pubblico il quale ha ormai raggiunto livelli altissimi, dal momento che le entrate sono inferiori alle uscite dello Stato. Credo sia per tale motivo che voi abbiate varato un’importante manovra economica con l’obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013.A nostro parere, però, questa manovra è stata concepita con troppa fretta e senza pensare ai suoi risvolti negativi che iniziano a farsi sentire

soprattutto nella fascia più povera della popolazione italiana. Infatti, l’aumento smisurato del co-sto dei carburanti e delle tasse graveranno soprattutto sulle tasche degli italiani onesti e per tanti cittadini le ulteriori spese diventeranno insostenibili anche a causa di una riduzione generale dei guadagni nella maggior parte degli ambiti lavorativi. Ma delle soluzioni alternative e meno onerose per risollevare l’economia del Paese potrebbero essere adottate, come: l’eliminazione degli sprechi di denaro pubblico; l’aumento della produzione industriale ad alta tecnologia; la riduzione dei costi della politica; la “lotta” all’evasione fiscale la quale, oltre ad essere importantissima per l’aumento delle entrate, è anche un modo per ripor-tare eguaglianza fra i cittadini, poiché è ingiusto che i cosiddetti “furbi” usufruiscano degli stessi servizi dei cittadini onesti non contribuendo, però, al pagamento delle tasse.Se voi prendeste in considerazione anche solo in parte le nostre proposte, siamo convinti che si potrebbe trovare la strada maestra per uscire dalla crisi e risollevare, così, le sorti dell’Italia materialmente ma, soprattutto, moralmente.Un augurio di buon lavoro,

Gianpiero Vignola e Angelo Soleti (2ªBT)

La sera del giovedì 8 febbraio 2012 si è tenuta presso l’Auditorium comunale di Locorotondo la conferenza con l’economista francese Serge Latouche (immagine in

basso a destra) teorico della decrescita. Io ci sono capitato per caso, incuriosito dall’idea di un futuro che abbandona il progredire illimi-tato della tecnologia per rispettare e rivaluta-re il nostro pianeta ed i suoi equilibri.La decrescita è uno slogan con il quale non si intende un impossibile ritorno al passato, ma far crescere la gioia di vivere, migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua, dei cibi di cui ci nutriamo e la qualità della vita stessa. La società in cui viviamo pensa, ad una crescita all’infinito con una produzione esagerata ed inu-tile di prodotti, per poi distruggere tutto quello che è “trop-po”. Il professor Serge Latouche faceva l’esempio di miliardi di cellulari diventati rifiuti in Nigeria e Ghana che contengono metalli pesanti che vanno ad inquinare le falde freatiche.La sua è un idea di società con una “prosperità senza crescita” e a questo proposito parlava di abbondanza frugale, che vuol dire rinunciare a tanti bisogni inutili e sentirci ricchi di quello che ci è necessario .Per realizzare questa idea di società basata sulla decrescita, Latouche proponeva delle forme di autosufficienza alimenta-

re, economica ed energetica; la prima forma di questo tipo di autonomia è l’agricoltura familiare,che rispetta la terra senza fare uso di pesticidi.Da questo piccolo modello familiare si può passare ad altre forme di localismo come l’organizzazione economica di un quartiere in una città dove solo i suoi abitanti sanno quali sono i loro veri bisogni e possono così diventare responsabili del loro stesso benessere.

Per la realizzazione della decrescita Latouche considerava fondamentale la ripresa di attivi-tà che vanno perdendosi quali l’artigianato, la manutenzione e la riparazione. Ha ripreso un motto degli anni 70 che a me è piaciuto mol-to: “lavorare, meno per lavorare tutti”.Ci sono già dei paesi del centro America come la Bolivia, l’Equador e

il Chapas che considerano l’odierno tipo di sviluppo un concetto occidentale non adatto alla loro cultura.L’attuale tipo di sviluppo che è basato sulla disuguaglianza non va bene per i paesi del sud del mondo, ma in realtà neanche per i paesi industrializzati che stanno pagando con l’inquinamento, la distruzione della terra e la scarsa qualità della vita. Martino Genchi (2ªBL)

UNA SCOMMESSA INTERESSANTE

La qualità della vita

vita dis activa

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EDUSCUOLA

Il mondo alla scoperta di una nuova frontiera dell’istruzione

SCUOLE vIA wEb: SARA’ IL FUTURO?

l’InnoVAzIonE ChE PortA All’IGnorAnzA

Uno dei fenomeni sempre più diffusi in tutto il mondo è quello delle scuole via web che, a partire dal 2000, si sono sviluppate come una vera e propria istituzione educativa. Per esempio,

solo in America esistono oltre 250 mila ciber-scolari, un esercito di studenti che raggiungono la maturità senza mai aver sentito “il suono di una campanella” e aver mai avuto un rapporto con un compagno o un professore. In queste scuole si possono seguire le lezioni dalla propria abitazione, purché si disponga di un pc e di una connessione internet. Uno studente può, infatti, decidere quando e da dove seguirle, adattando i pro-pri tempi di studio alla sua vita quotidiana.Ma è proprio questa libertà degli studenti a rendere le strutture educative poco effi-cienti. In realtà, il 60% dei ciber-studenti è indietro in matematica rispetto al normale andamento degli studenti di scuole classiche e il 50% trova difficoltà nella lettura. Inol-tre, quasi la metà non si diploma in tempo, mentre molti altri abbandonano dopo pochi mesi di lezione.Nonostante tutto, il fenomeno è in aumento e si diffondono sempre più programmi in-novativi come una nuova applicazione che permette di seguire i corsi sull’iPhone. Per cavalcare l’onda gli ex banchieri Ronald Packard e Michael Milken hanno fondato nel 2000 la più grande ditta privata di corsi on-line: la K12. Packard, al riguardo, ha dichiarato: “Il no-stro obiettivo è rendere questo tipo di scuola pubblica alla portata di ogni bimbo in America”. Le scuole americane on-line, essendo pubbliche, dipendono dai fi-nanziamenti statali; infatti per ogni studente la struttura può ricevere

fino a 10 mila dollari. Il tutto ruota intorno a un business da 522 milioni di dollari l’anno, in continuo aumento, con uno stipendio dai cinque milioni di dollari per i fondatori. Sul fenomeno in espansio-ne, però, ironizza così il New York Times: “I bambini valgono soldi. Siamo di fronte ad un vero business che ruba ai contribuenti i finan-ziamenti destinati all’istruzione pubblica, sovraccarica gli insegnanti di lavoro e abbassa la qualità degli standard educativi”. E’ altrettanto disagiata la condizione dei professori i quali arrivano ad avere nelle

“ciber-lezioni” oltre 200 studenti, molti dei quali tendono a distrarsi. Similmente com-plicato è controllare tali studenti affinché non si verifichino degli imbrogli.Per molte ragioni in Italia la diffusione del-la tele-didattica è notevolmente più lenta e difficoltosa che in America. Ciononostan-te sono nati i primi corsi di laurea on-line (Politecnico di Milano, Università di Firen-ze,…) e svariati decreti del Ministro per l’Innovazione Tecnologica hanno lavorato perché la diffusione nella Pubblica Ammi-nistrazione dell’e-learning venga pianificata e avviata nei prossimi anni.

Ma a nostro parere, nonostante il continuo sviluppo delle nuove tec-nologie e delle loro applicazioni nei più svariati campi dell’istruzione, per ora la scuola rimane leader della trasmissione del sapere che deve essere fondata su specifiche prerogative culturali - umane e dialogi-che - che il web non è ancora in grado di offrire.

Flavio Loparco, Claudio Ippolito, Donato Chirulli, Filippo Cisternino (3ªBT)

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La scuoLa steineriana “La Fonte” di Manduria

La scuola “La Fonte” è stata fondata nel 1993 a Sava e da 10 anni si trova nell’ attuale sede di Manduria. Una delle caratteristiche fondamentali della pedagogia di Steiner è che

a scuola non si usano per niente i libri di testo come facciamo noi nelle scuole pubbliche.Qui le classi partono dal nido fino ad arrivare alla 8^ classe che sarebbe la nostra terza media. La scuola viene gestita dall’ associa-zione “Giardino degli Ulivi”, la quale si occupa di organizzare le uscite e le attività didattiche. I docenti sono circa 12 tra insegnanti di classe e di materia, oltre agli assistenti. Gli orari scolastici sono dalle 8 e 30 alle 13 e 30 tutti i giorni mentre per i ragazzi più grandi il martedi ed il giovedi le giornate terminano alle 16 e 30; il sabato escono tutti alle 12 e 30. Le lezioni si svolgono con ritmi e canzoni , accendendo ogni matti-na la candela e accompagnando ogni bimbo nella propria giornata. Qui le nostre attuali materie si apprendono in modo molto diverso, ecco come: le epoche vengono studiate per un mese e viene trattata sempre la stessa materia per facilitarne l’ insegnamento e renderlo piacevole ad ogni bambino. La scuola viene frequentata da grandi e piccini di tutte le nazioni possibili. Il rapporto tra gli alunni e gli insegnanti possiamo dire che è abbastanza pacifico. La scuola attua anche un programma di educazione alimentare proponendo ai ragazzi un’ alimentazione molto sana a base di pane e frutta di stagione. Alcune attività vengono svolte all’aperto e sono scelte dai docenti per i ragazzi, in base alla loro età ed alle loro difficoltà psicomotorie. Ho frequentato questa scuola e il rapporto con i miei insegnanti, come anche loro mi hanno detto, è stato un rapporto ricco e pieno di emozioni molto forti.

Angel Mc Neer (1ªAL)

DAl PAPà AqUIlA AllA MAMMA tIGrE

A Milano è arrivato il papà aquila. Così si definisce un uomo di 44 anni che a Capodanno, nelle prime ore del mattino, con temperatura di -13°, ha pensato di far fare

una passeggiata al figlio di 4 anni per le strade di New York, con indosso un semplice paio di slip. Inoltre, lo ha filmato mentre gli correva incontro piangente, supplicandolo di essere preso in braccio. L’uomo ha, poi, dichiarato: “Mi ritengo un “eagle dad” perchè quando un’aquila anziana vuole istruire i suoi cuccioli li porta sull’alto di una scogliera, li batte e li obbliga a lanciarsi perchè apprendano a volare. Quindi credo di aiutare mio figlio in questo modo, obbligandolo a sfidare i suoi limiti e ad andare oltre le sue aspettative”. Si è fatta notare per le sue stranezze an-che una donna, definita la mamma più cattiva del momento, avendo cresciuto due figlie a colpi di punizioni. La sua giusti-ficazione? “Volevo rafforzare la loro autostima”. Una blogger americana ha confessato di aver fatto viaggiare il figlio di 9 anni da solo nel metrò di New York. Come giustificazione? “Rafforzare la sua autostima”.Di contro, però, si levano voci criti-che su come interpretare il mestiere di genitori. Per l’edito-rialista del Corriere della Sera, Maria Laura Rodotà, è “meglio una mamma sgangheratamente affettuosa, simpaticamente o

pateticamente impulsiva, creativamente pasticciona che una madre tigre”. La scrittrice del libro “Quello che le mamme non dicono”, Chiara Cecilia Santamaria, ribatte affermando:”Tutti siamo disorientati come madri e come padri, perchè si è perso

il legame con la famiglia di origine. Oggi si diventa genitori senza pun-ti di riferimento. Poi penso” - con-tinua la scrittrice - “che ci sia una moda: siccome siamo alla ricerca del metodo educativo perfetto ce ne proponiamo ogni giorno uno

nuovo. Ma purtroppo non esiste”. Allora? L’importante è essere sempre presenti come genitori, nonostante i molti impegni: l’armonia prima di tutto.

Deborah Erculeo (2ªBT)

ALLA RICERCA DEL METODO EDUCATIvO

PERFETTO

eduscuola

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Page 10: Specula 2012

CULTURA e

sOCIeTA'

LA PREvENZIONE PUò SALvARE MOLTE vITE

LE STRAGI DEL SAbATO SERAA partire dagli anni ’90, le “stragi del sabato sera”

causate da incidenti stradali hanno coinvolto spesso anche molti guidatori innocenti. I dati dell’

ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) parlano chiaro: nella fascia oraria che va da mezzanotte fino alle sette di mattina del sabato e della domenica gli incidenti generano 723 vittime sulla strada, rappresentando il 12% dei decessi legati a incidenti stradali. Il dato più significativo vede una prevalenza di vittime al di sotto dei 30 anni di età. Si tratta, perlopiù, di giovani i quali inseguono soddisfazio-ni e sensazioni forti, condite da massicce dosi di alcol e droghe, alla ricerca dello “sballo totale” che rende le serate assai più eccitanti dal loro punto di vista. Per prevenire il propagarsi del fenomeno, la Polizia di Stato e la fondazione ANIA per la sicurezza stradale hanno promosso dal 2005 una campagna contro le stragi del sabato sera “Guido con prudenza - Zero alcool, tutta vita” allo scopo di individuare un guidatore designato del dopo discoteca con un “Braccialetto Blu”. L’iniziativa con-siste nel far promettere a un giovane in procinto di recarsi in discoteca di non bere e di accompagnare a casa gli ami-ci. Se il ragazzo in questione, alla fine, risulterà negativo ai controlli, verrà premiato. Durante il solo 2010, nei fine settimana sono stati controllati oltre diecimila conducenti, ritirate oltre ventiduemila patenti, sottratti più di venti-duemila punti, ma il dato più confortante sta nel fatto che

le pattuglie hanno regalato più di 1500 punti in biglietti omaggio per la discoteca a quei giovani coinvolti nella campagna di prevenzione. Questo, quindi, il messaggio:

LA VITA NON È UN FILM E D’INCIDENTE STRADALE SI PUò MORIRE DAVVERO,

MA BASTA UN GESTO RESPONSABILE PER SALVARE

MOLTE VITE.

Manuel Rendini, Vittorio Semeraro e Alessandro Blonda (2ªBT)

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Page 11: Specula 2012

PARLIAMO DEL ‘68Riguardo al ‘68 c’è molto da dire e da chiarire. Nella maggior

parte delle menti degli adolescenti questa data non evoca alcuna emozione. Occorre, dunque, ricercare la dovuta do-

cumentazione sui fatti che hanno cambiato la società e la mentalità contemporanea. Essa aprirà sicuramente dibattiti appassionati, ma ognuno potrà trovare le proprie motivazioni e spiegazioni. Parlando-ne oggettivamente comprendiamo che il ‘68 è stato “un anno partico-lare, nel quale grandi movimenti di massa socialmente disomogenei (operai, studenti e gruppi etnici minoritari) e formati per aggregazio-ne spesso spontanea, attraversarono quasi tutti i paesi del mondo con la loro carica contestativa e sembrarono far vacillare governi e sistemi politici in nome di una trasformazione radicale della società”(cfr. Wikipedia). Tra i vari movimenti che caratterizzarono gli anni Sessanta, i princi-pali, in Italia, furono: il movimento femminista e il movimento degli studenti. Il primo prese vita nel corso del Novecento per rivendicare il suffragio universale. Una volta ottenuto il diritto al voto (le donne votarono per la prima volta nel 1946, in occasione del Referendum pro repubblica o monarchia) le lotte andarono avanti per decenni. Negli anni Sessanta iniziò la campagna per il diritto all’aborto in strutture sanitarie non clandestine, che condurrà al referendum nel 1981. Negli anni Settanta, anche grazie al movimento femminista, passa in Italia la legge sul divorzio (confermata dal referendum del 1974) e viene approvata la legge sul diritto di famiglia (1975). Suc-cessivamente, verrà varato l’emendamento che dichiara lo stupro un reato e nascerà la commissione nazionale per le pari opportunità. Nel clima di ribellione internazionale anche gli studenti universitari italiani presero coraggio e iniziarono la loro protesta. Essi esprime-vano il loro disappunto contro un sistema che premiava i più ricchi.

Occuparono per prima l’Università di Trento, per poi estendere la protesta in molte altre sedi. Il tutto accompagnato da cortei e mani-festazioni, spesso e volentieri repressi con la violenza dalla polizia. Il governo democristiano, in questo clima, non smorzò per nulla i toni della protesta che piuttosto alimentò indirettamente. Indirettamente perché, di fatto, tentò di mettere a tacere il movimento dei contestato-ri, ignorandolo. Ma inutilmente.Il ‘68 ha rappresentato un momento di ridefinizione della società, soprattutto di quella occidentale, ma in una certa prospettiva anche di quella mondiale. Non a caso è stato un movimento planetario, di reazione a certi canoni, che sembravano immutabili. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il mondo aveva ricominciato a muoversi, a rifunzio-nare, tuttavia secondo canoni fondamentalmente legati alla produ-zione, all’arricchimento e, per così dire, allo sviluppo di convenzioni prestabilite. Tra tali convenzioni annoveriamo una quantità di cose sgradite a coloro che alimenteranno la protesta : l’esportazione della guerra fuori dall’Occidente, gli autoritarismi, le verità preconfezionate fornite dalle vecchie alle giovani generazioni. Oggi noi non viviamo più in un società di quel tipo. Nel bene e nel male ci troviamo in un mondo in cui le generazioni cercano di comunicare tra loro e non esiste più una generazione che può offrire un pacchetto di verità da consegnare, bello, pulito e preconfezionato alle generazioni seguenti. In questo senso crediamo che l’eredità del ‘68 sia considerevole e ancora viva. Certo, è, per così dire, stemperata nella società. Questo spiega, allora, come mai noi che ci viviamo dentro non ce ne rendiamo ben conto fino in fondo.

Giovanni Marangi, Klaudio Laci, Flavio Lo parco e Stefano Semeraro (3ªBT)

CONDIvIDIAMO I SAPERI

PER LA “TERZA CULTURA” IN NOME DELL’OLISMO

Viviamo in un’epoca fortemente caratterizzata da continue sco-perte che nel corso del tempo ci hanno portato ad aggiorna-menti costanti. Oramai chi non è al passo con le innovazioni

è definito antiquato. Non ci si può permettere, insomma, di rimanere indietro rispetto al “mondo” perché altrimenti si viene travolti da on-date di nuove idee. La recente crisi finanziaria esplosa nel 2008 ha, però, sollecitato molti spunti di riflessione su argomenti che da più di un decennio stan-no interessando gli scienziati più creativi del pianeta. Essi si sono chiesti come organizzare al meglio le conoscenze di ciascuna discipli-na e creare un collegamento tra i vari studi, capace di perfezionare i nostri processi co-gnitivi. Detto questo, ci si pone una domanda per il futuro: “Possiamo continuare a vivere in un sistema incentrato su intelligenze individuali o è arrivato il mo-mento di sfruttare le competenze di tutti per incentivare il progresso?”Secondo un’associazione, denominata Edge Foundation, le collabora-zioni interdisciplinari sarebbero ottimali per diffondere conoscenze e saperi tra un pubblico molto più vasto. La Edge Foundation, così, si è fatta promotrice della “Terza cultura” ovvero la cultura del ragiona-mento e del dialogo tra tutti gli ambiti del pensiero e della conoscenza, non considerando solo pareri di scienziati e umanisti ma anche di musicisti o intellettuali in genere. La neo-disciplina riprende i con-cetti dell’olismo (“la totalità”) secondo cui la sommatoria funzionale

delle parti è sempre maggiore/ differente della somma delle prestazio-ni delle parti prese singolarmente.Solamente le grandi menti hanno il dovere morale di collabora-re? La risposta è no. Anche i giovani possono rendersi utili nella società; tuttavia, il sapere dalla nostra generazione è visto più come un qualcosa per far colpo sugli altri, piuttosto che finalizzato al bene comune. Ultimamente, infatti, tra noi “fanciulli si è creata una sorta di “gelosia” delle conoscenze: c’è gente che, ad esempio, scopre come costruire un’ automobile che vada a cocomeri, ma è troppo orgogliosa di sé stessa per condividere il progetto con un meccanico o un frutti-vendolo per provare almeno a concretizzarlo. Ecco perché non avrebbe

senso un ermetismo culturale!Troppo spesso si pretendono solamente nuo-ve idee e nuovi orizzonti dalla cultura e non, invece, l’ancoraggio al passato, anche se pro-prio il passato ci ha permesso di vivere in modo dignitoso nel presente e ci consentirà di continuare a farlo, si spera, sempre meglio nel futuro. Per tutti, oggi, è molto semplice attivare un continuo confronto, grazie ai mezzi di comu-nicazione. In primo piano poniamo sicura-

mente il web, un servizio nuovo e adatto al dibattito tra pareri diffe-renti. Possiamo, allora, affermare che sarebbe ottimale non rimanere fermi su ciò che si è o, ancor più, che bisognerebbe collegare la propria specializzazione alle altre. Perché aggregare vari saperi in modo razio-nale porta ad ottenere risultati preziosi, grazie al lavoro collettivo, il quale interconnette funzionalmente pareri vari.

Giovanni Caramia, Elena Sabatelli e Giovanni Marangi (3ªBT)

PERCHé NON AvREbbE SENSO UN ERMETISMO

CULTURALE

cultura e societa'

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MUSICOTERAPIA

SPORTTERAPIA

MA CHE MUSICA, DOTTORE!Come funziona e a che cosa serve

la musicoterapia

La musica esprime la nostra interiorità, i nostri stati d’animo: desiderio di libertà, tristezza, felicità, noia… Può servire come stimolo ad agire, può suscitare un ampio ventaglio di reazioni.

Pertanto ascoltare o fare musica sono attività che non devono essere qualcosa che lascia il tempo che trova, poiché possono avere una grande utilità nella società contemporanea. Gli usi che se ne possono fare sono molteplici. Già per Aristotele la musica poteva considerarsi l’equivalente di un farmaco. Pertanto un aspetto apparentemente nuovo che oggi assume la musica, quel-lo della musicoterapia, in realtà affonda le sue radici nel passato.Suono il violino da diversi anni e recentemente ho avuto la possibilità di assistere ad alcune sedute di musicotera-pia, imparando anche a collaborare con gli esperti e ad intervenire col mio strumento.Sono rimasta entusiasta delle esperienze che ho vissuto e perciò mi sento di consigliarla ad altri ragazzi ai quali vorrei spiegare innanzi tutto di che cosa si tratta.La musicoterapia si propone di aiutare le persone che hanno difficoltà in campo emotivo, relazionale e cogni-tivo. E’ una tecnica basata sulla costruzione e sulla evolu-zione controllata di relazioni terapeutiche attraverso ma-teriale sonoro-musicale; è rivolta a tutti, bambini, adulti e anziani con problemi presenti dalla nascita o subentrati nel corso della vita. E’ una disciplina particolarmente adatta in tutte le situa-zioni dove il linguaggio verbale è assente o risulta difficoltoso (ad es. autismo, disturbi del comportamento, stati d’ansia e processi di somatizzazione della stessa, stato di coma, Alzheimer, riabilitazione post-traumatica). La terapia può essere sia individuale che di gruppo; in quest’ultimo caso il terapista segue fino a un massimo di 10 persone.L’elemento principale è la relazione tra operatore e paziente. Gli obbiettivi tera-peutici vengono raggiunti se da parte sia dell’operatore che, maggiormente, del paziente sussiste la disponibilità a farsi conoscere e a mettersi in gioco. L’ogget-to di intervento musicoterapico non è finalizzato a curare la malattia in sé, ma ciò che ne deriva in termini di perdita di funzioni fisiche, psichiche o sociali.La strategia principe della riabilitazione sta nell’esaminare e valutare l’identità sonora dell’individuo, inoltre occorre un atteggiamento partecipativo con il

riabilitatore. Lo sforzo del musico terapista, che lavora in una équipe multidi-sciplinare, è di cercare, se c’è, o di favorire lo sviluppo di un’armonia interna della persona dando luogo ad una forma di relazione nel caso in cui la comuni-cazione dell’altro è interrotta.Per un buon risultato della terapia è importante l’ambiente in cui essa si svolge, che deve presentare sufficiente spazio libero, utile per la attività di movimento. Il pianoforte a mezza coda è accostato quindi al muro, mentre gli altri stru-menti musicali vengono allineati sul pavimento e su scaffali, visibili e bene ordinati. Chiaramente l’acustica della stanza è buona, senza un eccessivo as-sorbimento del suono e senza rimbombi. Alle pareti ci sono grandi cartelloni illustrati con testi utili al contesto terapeutico. Gli strumenti musicali ed i ma-teriali necessari sono colorati perché la realtà nella quale viviamo è colorata.Gli incontri di musicoterapia hanno la durata di un’ora. Dopo il momento dell’accoglienza, l’attività ha un percorso che porta gradatamente verso un cre-

scendo di attenzione, mentre l’intensità emotiva o le attività vivaci che consentono di sfogare le emozioni vissute dimi-nuiscono prima di giungere alla conclusione dell’incontro. Un momento importante in musicoterapia è quello dell’im-provvisazione clinica che avviene attraverso l’utilizzo della cassa armonica di uno strumento, tentando di riprodurre i molteplici stati d’animo che prova il paziente nel corso della seduta mentre si ripercorrono momenti diversi. Ogni strumento musicale presenta dei pregi e dei limiti in musicoterapia; è importante precisarlo, in quanto alcuni strumenti hanno più vantaggi rispetto ad altri. Gli stru-menti più indicati per la musicoterapia sono quelli acustici. Si parla di strumenti musicali acustici (pianoforte, organo, archi) per quegli strumenti che producono onde vibratorie attraverso l’amplificazione delle casse di risonanza. La cassa

di risonanza degli strumenti musicali acustici non è che la riproduzione del corpo umano (corpo vibrante). Soltanto gli strumenti musicali acustici pos-sono far convibrare, attraverso la risonanza corporea, essendo produttori di onde sonore e risuonatori. Nel percorso della seduta il musico terapista improvvisando trova in ogni mo-mento sonorità, accordi, ritmi e melodie con i quali dà senso ad un gesto, ad un movimento, ad un modo di camminare, di correre oppure con i quali “parla”, guida, asseconda, provoca, accompagna, approva, reagisce, realizzando con chi gli sta intorno un dialogo sonoro ampio e vario, che precede e va oltre la parola.Per chi suona, come me, vedere che c’è qualcuno che può star meglio grazie alla propria musica è davvero una bella soddisfazione. Dunque… musica, dottore!

Graziana Galiulo(5ªBP)

LO SPORT A SCUOLA: TERAPIA CONTRO LA SEDENTARIETà

Sentiamo sempre più parlare di vita sedentaria e di malattie corre-late ad essa, tra cui in prima linea l´obesità. Dobbiamo infatti am-mettere che la televisione, i social network e i videogiochi stanno

sempre più prendendo il posto degli incontri con gli amici, delle pas-seggiate e dei giochi in strada. La nostra scuola si è mostrata sensibile a questo problema organizzando nel mese di marzo un incontro con un esperto sul tema “Sport e Nutrizione”. Ma dalla teoria … alla pratica, il passo anche quest’anno è stato breve, perché non basta informare , bisogna sbloccare nei ragazzi quell’istinto tutto naturale a muover-si, spesso sacrificato per necessità (mancanza di spazi, di opportunità anche economiche, di tempo) o per pigrizia. Pertanto la scuola si è at-tivata per dare a tutti la possibilità di praticare sport non solo nelle ore curricolari, ma anche pomeridiane con i proff. Giacovelli e Crescenza. Il progetto ha riproposto le attività più richieste dagli alunni: pallavolo, calcio, atletica, badminton e in via sperimentale quest’anno anche il ten-nis. I corsi programmati all’inizio dell’anno scolastico, sono stati avviati a metà ottobre per poi terminare con la Giornata dello Sport, a maggio, in cui si terranno tornei di pallavolo e di calcetto interclasse. Quello che pochi sanno è che le attività sportive pomeridiane non sono solo fina-lizzate a convergere nella Giornata dello Sport, ma sono anche prepara-torie ai tornei con le altre scuole della provincia di Brindisi. I risultati

ottenuti sono più che positivi, infatti, la squadra maschile di pallavolo si è classificata al 1° posto, mentre quella femminile al 2°. Anche nella corsa campestre maschile si è raggiunto il 2° posto. Alcuni alunni hanno partecipato al torneo di badminton, senza però classificarsi. Lo sport costituisce nella nostra scuola un notevo-le punto di forza, anche se poco riconosciuto. Il nostro liceo dispone di tutti i mez-zi necessari per accrescere il suo prestigio sportivo: il campetto di calcio e la pista di atletica sono stati da poco rinnovati e anche la palestra offre una struttura e degli attrezzi più che adeguati. Molti sono infatti gli alunni attratti dal progetto, ma non sempre, soprattutto a causa dei problemi di trasporto, che interessano per lo più gli alunni prove-nienti da Locorotondo e Fasano, essi riescono a partecipare alle attività sportive pomeridiane.

Veronica Lomartire (4ªAL)

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I NUOvI ORIZZONTI DI UN SISTEMA IN CRISI 10 mestieri per il futuro

Oggigiorno il lavoro è diventato una delle note più dolenti della nostra società. Fino a poco tempo fa si parlava di lavori red-ditizi e di lavori infruttuosi; e ci si lamentava perché non si guadagnava mai quanto si desiderava. Ora si parla di avere un lavoro soddisfacente o umiliante che sia o di non avercelo proprio; e ci si dispera perché i borsellini sono vuoti, disgrazia per

la quale non sappiamo far altro che incolpare la malvagità di uomini che pare abbiano il potere di scombussolare la nostra vita. Ma perdersi in chiacchiere o lagnarsi non serve a nulla. E’ peggio che parlare al vento. Noi cittadini italiani-europei-mondiali sentiamo il bisogno di reagire a questa situazione. Non possiamo permettere che questi altri uomini (i quali in realtà non hanno nulla in più di noi) alienino i nostri sogni e progetti per il futuro. Pertanto non ci resta che mettere in moto le nostre cellule grigie, a cui invece piace tanto lasciarsi trasportare dalla corrente. Dobbiamo accettare che i tempi sono cambiati, noi stessi siamo cambiati e con noi le nostre esigenze. Quando sembra che al mondo non ci sia più un posto di lavoro disposto ad accoglierci, perché non proviamo a crearcene uno nuovo, magari diverso da tutti gli altri e che soddisfi i rinnovati bisogni di noi uomini moderni? Ancora una volta, però, c’è qualcuno pronto a far funzionare il suo cervello al posto nostro. Si tratta, in questo caso, di un gruppo di ricercatori del “Fast Future” i quali, su richiesta del governo inglese e grazie alla collaborazione di alcuni esperti, hanno idealizzato come potrà diventare il mondo nei prossimi decenni e soprattutto quali potranno essere i lavori più indispensabili. Insomma, a chiunque abbia voglia di sfuggire ai canoni dell’attuale sistema del lavoro ormai paralizzato, non resta che dare un occhiata ai nuovi 10 mestieri del futuro, individuare quello che più lo soddisfi e rimboccarsi le maniche per mettere su la sua nuova attività. Clara Punzi (2ªBT)

cultura e societa'

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DOssIeR DONNA

NoCI. Angela D’onghia, presidente e AD di Nocese Manifatture, che dirige da

quando aveva 26 anni, ci accoglie nel suo studio, di un’eleganza so-bria. E’ minuta, potrebbe sembrare persino fragile al primo sguardo, ma durante l’intervista abbiamo scoperto tutta l’energia vulcanica che è dentro una donna determinata e soprattutto degna di un importan-te riconoscimento del Capo dello Stato. E’ vestita in modo essenziale e pratico, con un tailleur blu, sul quale però spicca un foulard rosso, che richiama il colore dei capelli e che in qualche modo anticipa il suo forte temperamento. l’azienda da lei diretta, che produce abbigliamento maschile col marchio Harry & sons, dà lavoro a 50 dipendenti diretti, più 250 nell’indotto, e si avvale di decine di negozi monomarca in Italia e in Europa. nel 2008, dopo 20 anni alla guida dell’impresa di famiglia, ha ricevuto dal presidente napolitano l’onorificenza di Cavaliere del lavoro.

Quali sono i motivi specifici per i quali ha ricevuto l’o-norificenza di Cavaliere del lavoro e che cosa ha signi-

ficato per lei questo importante riconoscimento?

A dire il vero io non pensavo neanche che le donne potessero diventare Cavalieri del lavoro, e per di più prima dei 70 anni! Sono rimasta stupita quando ho saputo che nei 102 anni di ca-valierato del lavoro io fossi la prima Cavaliera donna della Pu-glia, poiché sicuramente altre donne prima di me l’avrebbero meritato. Purtroppo al momento della premiazione non vengono

elencate le motivazioni, ma penso di averlo ricevuto per essermi di-stinta nei rapporti con le persone e che il mio nome sia stato fatto dall’allora ministro degli esteri, dopo aver passato una selezione di 250 nomi di tutta Italia.

Devo precisare che se questa im-presa sta avendo tanto successo è anche grazie all’ottimo lavoro di squadra; è come nel calcio: uno sta in porta, l’altro fa goal, ma è la

squadra che vince. E poi il successo non è importante, conta di più la soddisfazione di fare bene le cose.

Come mai ha rilevato l’azienda di famiglia così giova-ne? Era ciò che sognava di fare da grande?

Sono rimasta a capo di questa azienda all’età di 26 anni, quan-do purtroppo mio padre è venuto a mancare. Non avendo fratelli maschi ed essendo la primogenita, spettava a me prenderne il posto. Non era il genere di lavoro che mi piaceva, mi interessava il campo della moda, ma avrei preferito lavorare in un negozio di abbigliamento. La passione è nata pian piano, nell’affrontare le problematiche dell’azienda me ne sono innamorata.

Le piacerebbe che i suoi figli seguissero le orme ma-terne?

(Ride). Be’, io ho due figlie, quando sono lucida dico loro che dovrebbero trovarsi un lavoro che permetta di godersi di più

PErChE’ lE DonnE Sono SEMPrE Il MEGlIo!In tempo di crisi, è possibile

essere mogli, madri ed imprenditrici di successo al Sud?

lo abbiamo chiesto ad Angela D’onghia, insignita

dell’importante riconoscimento di Cavaliere del lavoro

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la famiglia; poi quando sono meno lucida dico che dovrebbero portare avanti l’azienda, mentre quando sono lucidissima dico che sarebbe meglio se non facessero nulla. Però tutto sommato penso che nel mondo del lavoro le donne abbiano più possibilità di crescita.

Qual è la storia del nome del marchio Harry & sons?

Il nome viene dal film di Paul Newman del 1984 del quale io non conoscevo l’esistenza. Quando l’abbiamo scelto andavano molto i nomi inglesi e una società di comunicazioni della quale ci servivamo ci selezionò 50 nomi tra i quali questo ci diceva qualcosa più degli altri.

Secondo lei un’azienda come la sua avrebbe maggiore successo se si trovasse nel nord del Paese?

Sicuramente sarebbe facilitata e infatti, all’inizio, abbiamo avu-to una sede di rappresentanza a Treviso per una questione di localizzazione più favorevole. Poi, quando abbiamo raggiunto un certo numero di punti vendita, per noi è stato un onore affer-mare che eravamo di Bari. Comunque, per facilitare gli incontri esteri, abbiamo uno show room a Milano.

Quali sono le zone d’Italia e d’Europa nelle quali la sua azienda vende di più? La crisi economica che sta

mettendo a dura prova il nostro Paese incide sulle vendite? Se sì, quali sono le strategie che adottate?

Di certo vendiamo soprattutto in Italia, dove c’è una buona omogeneità al nord come al sud, cioè vendiamo allo stesso modo sia in Sicilia che in Veneto. In questo momento stiamo cercando di conquistare i mercati dell’Est, inteso sia come est europeo, ad esempio Russia, sia come Cina. Le esportazioni sono un modo per affrontare la crisi. Ma per “aggredire” questi nuovi mer-cati bisogna guardare il mondo senza preconcetti, cercando di cogliere, con molta umiltà, cosa la gente cerca, cosa vuole in-dossare, come si sente in un determinato periodo, e mettendo da parte il gusto personale, che per i mercati esteri conta poco. Quindi stiamo investendo tanto su queste fette di mercato per-ché pensiamo che nei prossimi anni una delle conseguenze della crisi da affrontare sarà il calo dei consumi nei Paesi coinvolti.

Le è mai capitato di essere oggetto di discriminazioni in quanto imprenditrice donna e per di più del sud?

Diciamo che in linea di massima una donna deve dimostrare di più di un uomo, soprattutto all’inizio, per farsi conoscere; ma va bene così perché questo ci tiene più attive. Comunque no, non mi è capitato di subire particolari discriminazioni in quanto donna, ma in quanto responsabile di un’azienda del sud sì, perché -si sa- le aziende del meridione oltre ad essere poche si fanno anche sentire poco e quindi non è facile avere subito “successo”.

Con quali criteri avviene la selezione del personale al momento dell’assunzione? Proponete collaborazioni

con scuole della zona per corsi di formazione o stage?

Sì, in alcuni periodi abbiamo delle collaborazioni con le scuole della zona.

Per quanto riguarda le assunzioni, a parità di competenze e di voglia di fare, io preferisco assumere una donna, perché sicu-ramente è più gratificante, in quanto la donna è più concreta dell’uomo e nei lavori manuali è più veloce. Recentemente ab-biamo fatto delle statistiche sul personale dell’azienda ed ab-

biamo riscontrato che non si sono assentate di più le operaie donne, magari anche madri di famiglia, ma dei ragazzi, i quali utilizzavano motivazioni “scolastiche” per sfuggire al lavoro.

Che cosa consiglierebbe ad una giovane imprenditrice che volesse creare un’attività come la sua?

Le consiglierei sicuramente di lavorare. Tanto. Senza rispar-miarsi.

Qual è il suo motto?

Essere sempre insoddisfatti di quello che si è fatto il giorno pri-ma.

Qual è il suo sogno nel cassetto?

I sogni cambiano a seconda dell’età e dei momenti della vita che si stanno attraversando. Sino a qualche anno fa il mio sogno nel cassetto era quello di scrivere un libro sulla storia della ca-micia, e l’ho realizzato. Ora vorrei passare un po’ più di tempo con la mia famiglia e con gli amici (nel fine settimana mi piace cucinare per loro e dedicarmi alla casa di campagna). E poi vorrei che ci fosse serenità sia nella mia vita sia nel futuro della mia azienda.

Alla fine dell’intervista, la sig.ra D’onghia ci ha regalato una copia del suo prezioso libro sulla storia della camicia. E le parole che ci ha scritto come dedica ci sembrano una buona sintesi di tutto l’incontro: perché le donne sono sempre il meglio!

Intervistatrici: Antonella Tauro, vita Gasparro (5ªbP)

dossier donna

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LAvORO ROSA: PARITà DI GENERE ANCORA LONTANA

La crisi economica dilaga, la disoccupazione non accenna a diminuire e a risentirne sono perlopiù i giovani e le donne. L’occupazione

femminile in Italia è salita in percentuale solo di pochi centesimi, raggiungendo il 46%, contro il 68% dell’impiego maschile, segno che il divario occupazionale di genere è rimasto intatto.Da alcuni dati Istat risulta, inoltre, che più è alto il livello d’istruzione, più è basso il divario occupa-zionale di genere: in Italia tra i lavoratori e le lavo-ratrici in possesso della sola licenza elementare vi è un divario occupazionale del 37%, che scende all’ 11% se ad essere confrontati sono uomini e donne laureati .Nel Mezzogiorno la situazione rimane più criti-ca: le donne che lavorano sono circa il 31%, ossia la metà di quelle occupate nel Nord del Paese. Tra le province meridionali, ad aggiudicarsi la più bassa percentuale di occupazione femminile è proprio una provincia pugliese: Foggia (20%), superata per pochi centesimi da Lecce e Taranto; guadagna 2 punti percentuali la provincia di Brindisi, ma a fare capolino è il capoluogo barese, che con il suo 30% di lavoro “rosa” supera la media regionale pari al 29%. Una percentuale così bassa d’impiego femminile potrebbe essere legata fondamentalmente a due fattori : le donne spesso rinunciano alla loro occupazione per occuparsi dei figli, non a caso al Sud, dove le famiglie sono più numerose, le donne lavorano meno; un secondo fattore potrebbe essere il lavoro sommerso, diffuso in particolar modo nel meridione. Per approfondire la questione, ci è sembrato necessario fare delle ricerche specifiche a livello locale con un sondaggio sull’occupazio-ne femminile rapportata all’istruzione, effettuato durante il mese di marzo tra le madri degli alunni della nostra scuola (vedi pag. 30). Tenendo conto che i ragazzi che frequentano l’istituto proven-gono dalle province di Brindisi, Bari e Taranto, abbiamo potuto confrontare i dati nazionali con quelli locali e trovare analogie e discrasie. La nostra scuola, secondo il sondaggio, è un po’ come un’isola felice nel mare della disoccupazione pugliese: se il lavoro rosa in Puglia raggiunge solo 20%, a risultare occupate sono l’84%

delle nostre mamme, di cui il 31% saltuariamente e il 54% rego-larmente.Secondo un rapporto Istat molte donne italiane, seppure di-soccupate, non cercano affatto lavoro; questo dato ha trovato riscontro nei risultati del nostro sondaggio, da cui si evince che il 16% delle nostre mamme è senza lavoro, ma di queste solo il 4% lo cerca, il restante 12% no.Mettendo a confronto la situazione occupazionale con il livello d’istruzione, abbiamo potuto constatare che tra le donne oc-cupate ben l’85% ha il diploma di scuola di superiore, il 10% è laureato e il 5% ha la licenza elementare; questo vuol dire che è stato possibile, almeno finora, trovare un lavoro avendo una preparazione culturale media. Se si rapporta la disoccupazio-ne con l’istruzione, si osserva facilmente che del 16% totale di disoccupate, nessuna è laureata. Questo, almeno teoricamente, dovrebbe significare che tra le disoccupate non ci sono laureate, e che quindi una preparazione alta dovrebbe garantire un lavo-ro. Purtroppo sappiamo che non funziona esattamente così, e a dimostrarlo bastano le migliaia di giovani laureati, che se ne

stanno a casa o in giro a fare colloqui di lavoro per il quale non verranno chiamati. La disoccupazione femminile è un problema che passa spesso in secondo piano, ma in realtà è un fattore importante dell’economia italiana e la questione dovrebbe essere affrontata con il giusto impegno. Infatti, se s’incrementasse l’occupazio-ne delle donne di ulteriori 15 punti percentua-li, il PIL italiano salirebbe del 7%. Ma sapendo che il traguardo è lontano, si potrebbe almeno cominciare ad attuare politiche per il reintegro delle donne a lavoro dopo la maternità, per l’abo-lizione di quei contratti che obbligano le donne a licenziarsi in caso di gravidanza, e stabilire delle quote rosa a partire dalle giunte comunali fino ai partiti politici, perché è anche la “sottorappresen-tanza” a rendere la strada per la parità sociale di genere una salita sempre più ripida. Palma Palmisano (4ªAL)

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L’IDEALE E’ DONNAIntervista alla scrittrice pugliese Maria Marcone,

da sempre in prima linea per la difesa degli ideali e per la lotta contro le ingiustizie

Maria Marcone è una scrittrice pluripremiata, basti pensare ai tre premi della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1969, del 1973 e del 2005, e alla medaglia per i benemeriti della Scuola,

della Cultura e dell’Arte ricevuta nel 2005 dal Presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi. tra i suoi tanti estimatori, abbiamo scoperto un nome illustre come quello di Mario luzi. E’ una delle numerose donne pugliesi impegnate di cui andar fieri.

l’autrice, oggi ottantenne, e suo marito Antonio ricci ci accolgono nella loro casa, nel centro del quartiere murattiano a Bari. Le stanze sono cariche di oggetti e di vita. ogni cosa, pur nella sua semplicità, sembra avere una lunga storia, una profonda dignità. notiamo che con gli anni la scrittrice sembra aver riacquistato il sorriso limpido e disarmante tipico dell’infanzia; questo sorriso, che è il dettaglio che più ci è rimasto impresso del suo aspetto, accompagna tutte le osservazioni e le risposte della scrittrice. la ringraziamo per averci concesso questa breve intervista, nonostante i problemi di salute che da qualche tempo la affliggono, poi le proponiamo le nostre domande.

A chi ha dedicato i numerosi premi da lei ricevuti?

Ho dedicato i miei premi agli studenti di tutta Italia e dei Paesi esteri che hanno scelto la mia narrativa. Mentre soltanto uno dei miei trenta romanzi pubblicati, “L’ultimo amore”, del 1998, ho voluto dedicarlo a mio marito Antonio e a mio nipote Sergio, perché sono stati gli ispiratori del libro.

I suoi libri sono stati tradotti in diversi Paesi del mondo, anche molto lontani

dal nostro, come la Cina, il Cile e il brasile. Quali sono, a suo giudizio, le ragioni di tanto successo? Ad esempio, come può un suo celebre personaggio, Nicolino, ragazzo di bari vecchia, affascinare un lettore con gli occhi a mandorla?

Il successo dei miei libri anche all’estero dipende dal fatto che la mia narrativa si è ispirata alla semplicità dei miei maestri greci, che hanno avuto la chiarezza per esprimere le cose più difficili. Così, il mio libro “Nicolino” ha entusiasmato i miei lettori cinesi, tanto che -qualche anno fa- vennero in città con le loro televisioni per immortalare alcuni scorci del centro storico di Bari. Fu un momento meraviglioso ed entusiasmante per me.

In seguito all’assassinio di suo fratello Franco per mano mafiosa nel 1995, ha fondato il movimento Nessuno tocchi Abele! vuole

spiegarci quali sono le finalità di tale movimento?

“Nessuno tocchi Abele!” è un movimento la cui finalità principale è garantire, o almeno cercare di garantire, maggior giustizia in questo mondo. Si muove seguendo circa venti direttrici, tra le quali la messa al bando internazionale del commercio delle armi e dell’industria bellica, ma anche delle immunità parlamentari, e l’elaborazione di un nuovo concetto di Umanesimo, cioè di una cultura basata non sul denaro, ma sulle qualità intrinseche dell’uomo, di tutte le donne e degli uomini del pianeta; promuove la cultura e la ricerca scientifica per migliorare la qualità della vita, le discussioni sui problemi delle comunità locali e nazionali. Caino è questo sistema basato sul potere del più forte, del più ricco, sul profitto ad ogni costo, sulla corruzione generalizzata. E’ questo sistema che genera le mafie, nemico principale del movimento. Inoltre io, come i sostenitori della più celebre organizzazione “Nessuno tocchi Caino”, sono contro la pena di morte, ma penso anche che gli “Abele” hanno diritto a non essere ammazzati come cani, che devono avere spazi e visibilità non meno dei crimini di Caino, perché la risorsa vincente, la promessa di futuro sono gli “Abele”.

Per più di trent’anni ha narrato storie al femminile e nel 2003 da un suo celebre romanzo, “La casa delle donne”, il regista Mimmo

Mongelli ha tratto il film omonimo. A suo avviso, che cosa è cambiato nell’universo femminile in questi ultimi decenni e che cosa dovrebbe ancora cambiare?

Dei cambiamenti ci sono stati, ma ancora oggi, per le donne, non esiste la giustizia, parlo della giustizia “vera” che meriterebbero. Personalmente ritengo che si debbano rafforzare i rapporti tra uomini e donne, cosa che costituirebbe un bene per l’umanità, e che i due sessi debbano avere ruoli complementari.

Alcuni suoi romanzi sono stati trasformati in sceneggiati televisivi. Che cosa pensa della televisione di oggi?

Penso che la televisione di oggi sia soltanto spazzatura. La prima rete Rai ha comprato nel 1988 il mio libro “Nicolino” per farne uno sceneggiato, che poi è stato effettivamente realizzato con la regia di Gianni Bongioanni. Ma lo sceneggiato, in tre puntate, non è mai stato trasmesso dalla Rai “perché il libro era pieno di ideali” che non contano più sulla Terra.

I suoi libri sono letti in tutto il mondo, ma quali sono i testi o gli autori italiani e

stranieri che lei ama particolarmente leggere?

Be’, i libri che ho amato e continuo ad amare sono davvero tanti; posso citarne solo alcuni. Tra quelli italiani sono molto affezionata a “L’isola di Arturo” e “La storia” di Elsa Morante, a “Il barone rampante” di Calvino, a “Le ceneri di Gramsci” di Pasolini, a “I fuochi del Basento” di Raffaele Nigro, ma anche a libri per ragazzi come “Venticinquemila leghe sotto i mari” di Verne e “Pinocchio”. Tra quelli stranieri è d’obbligo citare “La metamorfosi” di Kafka e “Sulla strada” di Kerouac. E poi rileggo sempre con piacere l’ “Orestea” di Eschilo e l’ “Edipo re” di Sofocle, classici intramontabili.

Oltre che scrittrice, pittrice e scultrice, lei è stata anche insegnante di liceo per

trent’anni. Ritiene che la scuola italiana di oggi sia migliore rispetto a quella dei suoi primi anni di insegnamento?

Oggi la scuola è peggiore rispetto ad allora poiché i giovani non hanno più ideali politici e religiosi. Mi trovo perfettamente d’accordo con quel che affermava Ugo Foscolo, cioè che per il bene dell’umanità non si può vivere senza ideali.

Secondo lei, come mai oggi ci sono tanti anziani che, “pur avendo gambe malate, corrono”, cioè hanno tanti interessi e si impegnano

nel sociale, mentre molti giovani nel pieno delle energie stanno fermi ovvero non trovano soddisfazione in nulla e si deprimono?

Ribadisco ancora che è uno strazio vedere i giovani senza ideali. D’altra parte non hanno prospettive di lavoro né di cambiamento, anche perché i politici alle volte sono corrotti e queste prospettive non sanno crearle.

Lei ha scritto decine di libri su argomenti diversi, come la condizione femminile, la lotta alla mafia, i problemi dell’infanzia,

“dialogando”, nel corso degli anni, con i suoi potenziali lettori. Pensa che ci sia qualcosa che non ha ancora comunicato con sufficiente forza e chiarezza? Quale importante messaggio si sente di lasciare in eredità alle nuove generazioni?

I miei messaggi per le nuove generazioni sono contenuti da sempre nei miei libri e non mi stancherò mai di riproporli con forza e semplicità, come ho costantemente fatto, poiché sono fermamente convinta del valore inestimabile degli ideali.

Intervistatrici: Sgobba Marianoemi (3ªBP) e Tauro Antonella (5ªBP)

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MeMORIe

“Dobbiamo fidarci della memoria”A scuola due giornate di riflessione sulla Shoah

A febbraio i rappresentanti del nostro istituto hanno organizzato due giornate di assemblea per ricorda-re l’Olocausto. Relatore d’eccezione il nostro Dirigente scolastico prof. Gennaro Boggia, che ha aperto l’incontro dicendo che un tema come quello dellla Shoah merita “ un approfondimento veritiero”.

Cosa succederà quando gli ultimi testimoni di quell’orrore non ci saranno più ? “ Dobbiamo fidarci della memoria”, gli archivi ci daranno una mano. Quindi ha citato alcuni libri che lui stesso ha definito “manuali bussola”, per orientarsi nei fatti e cercare la verità : “Non dimenticare l’Olocausto” e “Auschwitz 1940-1945. L’orrore quotidiano in un campo di sterminio” di Frediano Sessi e “La memoria sepolta nei duecento luo-ghi di deportazione fascisti” di Fabio Galluccio, che ha censito, cosa sorprendente e sconcertante, circa 135 luoghi di segregazione fascisti, veri campi di concentramento allestiti sull’intero territorio italiano in seguito all’applicazione delle leggi razziali del 1938.Non si può rimuovere questo terribile recente passato. Dilaga, soprattutto in Germania, un atteggiamento che può essere ben descritto con il nome di negazionismo, cioè negare che il grave omicidio di massa, l’Olo-causto, sia realmente accaduto. Da un sondaggio è emerso che un Tedesco su 5 di età inferiore a 31 anni non ricorda, o fa finta di non ricordare cos’è stata la Shoah. Molti credono che in Germania non venga racconta-to alle nuove generazioni quello che è veramente accaduto. Forse perchè provano vergogna, o forse solo per

dimenticare.Quello che è successo durante la Seconda guerra mondiale venne, fin da subito, definito Olocausto che in greco vuol dire “sacrificio”. Gli ebrei invece si riferiscono al genocidio con il termine Shoah, che in lingua ebraica significa catastrofe, disastro, distruzione to-tale. E in effetti l’accaduto non ha niente di “sacrificio”, ma è stato commesso un vero omicidio, uno sterminio sistematico di tutti gli ebrei, un’assurda e abominevole pulizia etnica. Per Hannah Arendt il male è quasi banale, e uomini spesso banali si sono tra-sformati in veri agenti del male. La percezione dell’orrore era solo delle vittime che lo subivano. “Gli addetti ai forni crematori per aumentarne l’efficienza mettevano nei forni un adulto e almeno 3 bambini - ci ha detto il preside - immaginate tutti i giorni quest’o-dore acre che invadeva tutto il vicinato... la “storiella” che nessuno sapesse di quello che accadeva nei campi di concentramento è falsa”. L’importanza di questa assemblea d’istituto sta nel fatto che non si vuole dimenticare una tale catastofe. A tal proposito la scuo-la quest’anno ha aderito a una delle più belle operazioni contro il negazionismo “Il treno della memoria”. Alcuni alunni hanno avuto l’opportunità di vedere uno dei campi di concentramento

più tristemente famosi: Auschwitz. Bisogna far conoscere a tutte le generazioni che verranno, anche a quelle che non potranno ascoltare con le proprie orecchie i racconti dei sopravvissuti, quell’immane tragedia che fu l’Olocausto, perchè dal passato si può imparare per non sentirsi colpevoli, per non ripetere gli stessi errori.

Gabriella Cassiano (4ªAL)

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LA MEMORIA CUSTODE DEL TEMPO … E DELL’UOMO

Si dice che l’individuo sia la somma di tutte le esperienze vissute in prima persona o come testimone.Ma qual è quella facoltà che ci permette di ricordare tutto ciò che facciamo o diciamo? Qual è il “ripostiglio” in cui tutti i nostri ricordi sono depositati?Facile, la memoria. Quella memoria che ci permette di conservare informazioni, quella memoria che ci permette di distinguere il canto di un uccello dal miagolio di un gatto, quella memoria che è come una grande distesa, un grande spazio posto nella profondità del nostro animo in cui tutti i pensieri, le

immagini, i suoni, i sapori e gli odori si confondono ma, nel momento in cui dobbiamo ricordare, affluiscono lentamente uno ad uno, per permetterci di scegliere quello adeguato.

Non è un caso che per i Greci la dea Mnemosine, la dea della memoria, sia raffigurata come la madre di tutte le muse, la generatrice delle arti. La danza, la musica, il disegno sono un insieme di ricordi: il ricordo del suono di una nota ci permette di comporre una melodia, il ricordo di una successione di passi e movimenti ci permette di ballare e il ricordo di un paesaggio, di un colore o di un viso ci permette di disegnare.Ma come mai riusciamo a ricordare bene alcune cose e altre meno?Ricordiamo per certo la data della scoperta dell’America, o la data del compleanno di un nostro amico, o il primo amore, che “non si scorda mai”, ma anche compiendo un grande sforzo non riusciremmo a ricordare cosa abbiamo mangiato giovedì scorso.Perché questo?Il nostro intelletto è “impostato” per ricordare le cose utili. Allo stesso tempo, il cervello respinge, nella parte incosciente della psiche, tutto ciò che al momento non serve, ma non lo distrugge del tutto. In questo modo, le cose irrilevanti ci sfuggono, vengono accantonate in un angolo della nostra memoria e per recuperarle bisogna cercarle più a lungo. Non esiste, di conseguenza, la “dimenticanza”. E’ soltanto un’ accumulo di informazioni che non rite-niamo importanti ricordare e che lasciamo da parte.Tutto questo procedimento però, fa parte di quella memoria che chiamiamo “individuale”, cioè la memoria di even-ti che abbiamo vissuto in prima persona. La memoria “collettiva”, invece, è per definizione la memoria di un gruppo di persone, di un intero paese o addirittura dell’intero globo. Questa memoria riguarda soprattutto gli eventi storici.Spesso ci chiediamo perché tendiamo continuamente a ricordare eventi passati. Forse perché da eventi che ci han-no scosso particolarmente ricaviamo un insegnamento, un modello da seguire o un monito.Abbiamo mai pensato al perché sia stata istituita una “Giornata della Memoria” ogni 27 gennaio, per commemorare il crudele evento della Shoah? O perché ogni 10 febbraio c’è il “Giorno del Ricordo” per rievocare i massacri nelle Foibe?Perché abbiamo bisogno di ricordare. Dobbiamo ricordare. Per tanti motivi, per non commettere gli stessi errori,

per non ricadere nelle debolezze, per non tornare a comportarci in maniera sbagliata e soprattutto per rivivere e immedesimarci nel dramma che milioni di persone hanno vissuto. È questa la cosa importante. È questo il motivo per cui almeno una volta all’anno dobbiamo ricordare. Riportare alla mente, meminisse nella lingua latina, un processo che inizia nel passato ma i cui effetti perdurano nel presente: ricordare serve a renderci delle persone migliori.

Valeria Potenza, disegno di: Camilla Conversno (3ªAL)

Per ricordare...“Il vento portava dal vicino campo di sterminio la puzza

dei forni crematori, odore acre di carne bruciata. Uma-na.”

Sono testimonianze vissute da persone in carne ed ossa, da conservare come patrimonio prezioso della memoria storica. Vicende spesso sconosciute, non raccontate per troppo dolore, perchè ricordare il passato fa male.In occasione del giorno della memoria gli studenti del liceo polivalente di Cisternino hanno pensato fosse giusto che il tema dell’assemblea d’istituto fosse la Shoah.Per fare in modo che ciò accadesse il giorno 30/01/2012 si sono recati presso il teatro di Cisternino per assistere alla visione del film “La chiave di Sara”.Sara è una bambina dal viso roseo ricoperto da folti capelli biondi e lisci che le scendono dolcemente sulle spalle. Nei suoi occhi grandi e azzurri si intravedono allegria e spensieratezza, emozioni portate via brutalmente da uomini che, per il troppo orgoglio, hanno provocato lo sterminio di gente innocente la cui unica colpa era quella di essere nata ebrea.Quella mattina Sara giocava con il suo fratellino, quando un soldato ad un tratto bussò alla porta e ordinò alla famiglia di fare le valige e seguirlo.Lei, per salvare il fratello, lo rinchiuse nell’armadio portando con sé la chiave e dicendogli che sarebbe presto tornata a pren-derlo.Sara riuscì a tornare in quella casa molto tempo dopo e si trovò davanti una scena che non avrebbe mai voluto vedere.Finito il film, durante il tragitto verso la scuola si rifletteva su

quello che l’ uomo era arrivato a fare, si rifletteva con sgomento sulla Shoah.Dopo una breve pausa ricreativa gli studenti hanno preso posto in auditorium e hanno ascoltato le testimonianze di alcuni anziani che hanno vissuto in prima persona la guerra. Gianna Caroli, responsabile dell’ Università popolare della terza età di Cisternino, ha intro-dotto nella sala i due ospiti e li ha presenta-ti agli studenti.Uno di loro, Pietro Parisi, per la gente di Cisternino è pro-prio un personaggio speciale: già all’alba capita di incontrarlo con i suoi calzoncini corti, la maglietta su-data, le gambe magre scattanti nella corsa mattutina.Sì, perchè alla veneranda età di 88 anni è ancora un maratoneta. Correndo, ha attraversato anche la seconda guerra mondia-le uscendone illeso e portandosi dentro tanti ricordi, spesso dolorosi.La campanella è suonata, gli studenti si affrettano ad uscire, ma giornate di questo tipo servono per rinnovare il ricordo di eventi che si vorrebbe non fossero mai accaduti.

Clarissa Cofano (1ªAL)

memorie

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CReATIVITA'

INTERvISTA AL SOMMO POETA

DANTE ESCE ALLO ”SCOPERTO”U: Insigne Dante, è venuto a conoscenza del colloquio tra la sua amata Beatrice e lo scrittore

Umberto Eco?D: Sì, ne sono venuto a conoscenza e, sinceramente, non ho a dir nulla. Il mio amore è un amore mistico e, in quanto tale, non ho bisogno di giustificarmi in alcun modo; non vedo come possa toccarmi ciò che Lei dice di me, seppur così malamente.

U: Beatrice non l’ha infatti ritratta con benevolenza: “ Porco sciovinista maschio, il Signor Alighieri!

Mi ha messo in piazza, ha distrutto la mia vita privata”. Cosa ha da dire a proposito? Non pensa di aver “abusato” eccessivamente del suo nome e di aver esagerato ad esaltarla a tal punto da considerarla una creatura celeste?D: No, non penso proprio di aver esagerato nell’esaltarla e addirittura di aver ‘abusato’ del suo nome; penso anzi che sia ingiusta l’accusa che mi sia stata rivolta. Ho semplicemente fatto quello che doveva esser fatto: rivelare la sua vera natura, quella di creatura celeste. Beatrice è appunto ‘colei che dà beatitudine’, dunque il nome che porta rispecchia perfettamente il suo essere.

U: Non vi siete mai conosciuti personalmente. nostante questo, cosa le dà la certezza di sapere

tutto di lei? 

D: Avrebbe dovuto vederla anche lei quel giorno...apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto; Lei era lì, e la secretissima camera de lo cuore cominciò a tremare. Amore mi dominò. Ma Lei era di ‘sì nobilissima vertù che non lasciò che Amore mi sopraffasse del tutto, lasciando che la ragione venisse in mio aiuto. Perciò le dico con certezza di aver capito tutto di Lei dal primo momento in cui l’ho vista.

U: Il suo amore per Beatrice può essere considerato mutevole poiché ha avuto tre differenti concezioni

di esso: dapprima regolato da un appagamento materiale, si è tramutato poi in un amore fine a se stesso, legato alla sola contemplazione, sino ad arrivare al finale congiungimento con Dio. L’amore per questa donna lo ha in qualche modo ‘innalzato’ al cielo. Quanto questo ha segnato la sua vita?D: Be’, questo ha di certo marcato profondamente il senso della mia esistenza. Quando la diritta via era smarrita, cominciai un arduo viaggio che non condusse solo alla mia stessa salvezza, ma alla salvezza dell’intera umanità. Beatrice è stata la creatura celeste che ha permesso tutto ciò; grazie a Lei mi sono innalzato al cielo concludendo il mio viaggio ultraterreno con l’arrivo nel Paradiso. Ora mi sento finalmente libero dal peccato e da ogni fonte di perdizione, ho ritrovato la retta via e grazie al mio amore per Beatrice continuerò a percorrerla congiungendomi con Dio.

Lucia Vitale, Daniela Bellisario (3ªBL)

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creativita'

CROSSING INTERvIEw: RObINSON CRUSOE vS. LEMUEL GULLIvER

•Journalist : “Good evening, dear ladies and gentlemen! Today we have the great pleasure to interview two famous columnists: Mr. Lemuel Gulliver and Mr. Robinson Cru-soe. Well, what do you think about the man’s role and responsibilities in this moment of global crisis?”

•Gulliver: “ I believe that somehow man is guilty of ha-ving caused this situation, I mean that we have badly used our reason. We have made incredible progress but our behaviour has often been unfair and selfish. Man is a clever and sharp being, but sometimes he’s so silly!” •Journalist: “Well, what have you learned thanks to your personal experiences abroad?” •Robinson: “Nonsense! I’ve lived terrible experiences and faced them all alone, thanks to my rationality. I’ve learnt that man is able to overcome everything with his own skills.”

•Journalist: “Who, do you think, would be a perfect fellow tra-veller?”

•Gulliver: “ I would bring with me my faithful dog: I’m sure I can trust him. I would certainly leave here politicians and theoreti-cians: so many useless words… I prefer silence and solitude!”

•Robinson: “I’d choose an experienced businessman with whom to grasp and share all the good opportunities offered us. Progress is going forward and I’m ready to move with it! I strongly believe in progress!”

•Gulliver: “The only progress I can see is in ignorance and stu-pidity.”

Palma Palmisano (4ªAL)

JOkES“Would you punish a pupil for something he didn’t do?” asks a pupil. “Of course not” says the teacher.“Good! I haven’t done my homework.”

“Mum, does God use our bathroom?” “Of course not. Why?” “Because every morning Dad knocks at the bathroom door and shoots: “God, are you still in there?”

A snake says to another snake: “Are we poi-sonous?”“Why?”“Because I have just bitten my lip!”

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sCUOLA APeRTA

vISITA A MONTECITORIO: SENSAZIONI ED EMOZIONI

A te, lettore, vogliamo raccontare una delle espe-rienze più significative ed emozionanti della nostra vita. Il 14 Marzo scorso noi ragazzi del

Liceo delle Scienze umane di Cisternino abbiamo visi-tato una delle sedi principali della nostra democrazia: Palazzo Montecitorio. Siamo stati accolti in Piazza del Parlamento dall’onorevole Gero Grassi, il quale, dopo aver illustrato brevemente la storia del nostro Parla-mento, ci ha fatto capire che, nonostante tutto quello che viene riportato dai mass media, i parlamentari sono lo specchio del nostro tempo, con i loro modi di essere positivi e negativi. Come nella nostra socie-tà ci sono persone più responsabili e altre meno, così anche i parlamentari non si comportano tutti allo stesso modo. Questa considerazione, espressa in modo così semplice da parte di un membro del Parlamento, ci ha fatto molto riflettere… Siamo entrati nel palazzo, la ten-sione e l’emozione era tanta; accompagnati dalla guida, ci siamo subito recati nell’Aula ed abbiamo assistito alla parte conclusiva di una seduta parlamentare. In quel momento abbiamo preso coscienza di cosa significhi veramente la parola democrazia; abbiamo capito qual è il significato culturale ed istituzionale del Parlamento e ci siamo sentiti anche noi un po’ “deputati”. Prose-

guendo la visita per le magnifiche sale del palazzo, le sorprese non erano finite: mentre stavamo percorrendo il Corridoio dei Busti, abbiamo incontrato il Presidente della Camera dei deputati, onorevole Gianfranco Fini, che si è fermato a parlare con noi, ha sottolineato l’im-portanza della scuola e delle opportunità che essa offre per la formazione culturale dei ragazzi. Il Presidente ci ha fatto notare l’importanza non solo istituzionale, ma anche artistica di Palazzo Montecitorio, che effettiva-mente si è rivelato maestoso ed imponente per le sue innumerevoli sale piene di opere artistiche ed architet-toniche. Tra queste ci hanno particolarmente colpito la Sala Aldo Moro, dove è situato il bellissimo ritratto di Napoleone Bonaparte, e la Sala della Lupa, ricordata nella storia per la secessione dell’Aventino quando nel giugno del 1924, dopo il sequestro di Giacomo Matte-otti, un gruppo di deputati si ribellò al Parlamento fa-scista, abbandonando i lavori parlamentari e ritirandosi nella suddetta Aula. Nella stessa sala il 2 giugno 1946 fu proclamato il risultato del referendum istituzionale che decretò la nascita della Repubblica Italiana. Percorrere i luoghi della nostra storia culturale ed istituzionale è stata un’ emozione unica, per questo non possiamo che ringraziare il nostro Dirigente Scolastico prof. Gennaro Boggia e le prof.sse Anna F. Amati, Grazia Forina e Na-talia Zizzi, che, con premura, responsabilità, simpatia e indubbia competenza, ci hanno accompagnati in questa unica ed irripetibile esperienza.

Classi 2ªAP, 2ªBP e 2ªDP

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Il SEGrEto DEl trUllo

La religione cr i s t iana ha antiche

origini, ma gli insegnamenti, i valori che ci tra-smette sono di ogni tempo ed è per questo che bisogna trovare il modo adatto per far accostare a tali insegna-menti soprattut-to i giovani -cre-denti e non- che

ormai sono sempre più lontani da essi, senza forzarli, ma solo facendo conoscere il vero significato dell’essere cristiani.È quello che ha tentato di fare il professor Mancone, insegnante di reli-gione di questo istituto, con l’aiuto di alcuni suoi alunni che volentieri lo hanno seguito in questa impresa, nonostante il disaccordo di altri inse-gnanti; insomma è stata un’impresa… quasi biblica!Il fulcro dell’iniziativa è stato l’adattamento di un trullo preesistente, collocato accanto all’edificio scolastico, per farne un luogo di preghiera e di riflessione, una piccola chiesa insomma. Molti di questa scuola a sentir parlare di una chiesa in un istituto scolastico che ospita ragazzi e ragazze anche di diversa religione, hanno subito pensato:”Ma che razza di idea è mai questa!”o “E le altre religioni non si accettano? la scuola è

laica!”. Senza scoraggiarsi, il professor Mancone, con l’appoggio del pre-side Gennaro Boggia e l’aiuto di un falegname, che ha costruito la bellis-sima porta, e del professore d’arte Russo, che ha riprodotto sul legno un celebre crocifisso di Cimabue, ha continuato a costruire, pietra su pietra, mattone su mattone, e a sistemare il trullo fino a realizzare una chiesa piccola, ma molto accogliente, che servirà come luogo di incontro nelle ore di religione e come laboratorio religioso.I lavori sono iniziati nei mesi di ottobre e novembre, per terminare alle porte del Natale, giusto in tempo per festeggiare la nascita di Gesù.Si pensa che quel trullo sia stato veramente un luogo sacro prima della costruzione della scuola e ci sono parecchi indizi che ci riconducono a questa ipotesi, come l’affresco di S. Francesco ritrovato quasi intatto, una croce scolpita nella pietra al centro della stanza e altri fattori. Ovviamen-te non ci sono certezze; il trullo continuerà a custodire il suo segreto.Ma una chiesa non è tale se non ha una benedizione, infatti a lavori com-pletati si è ricorsi al parroco di Cisternino Don Vanni che, il 7 dicembre, sotto gli occhi dei rappresentanti di ogni classe e di coloro che avevano contribui-to alla sistemazione, ha benedetto questo luogo di preghiera e di riflessione desti-nato ad essere sacro. Il 23 dicembre, vigilia delle vacanze di Natale, è stato realizzato un prese-pe vivente, con Madonna, Giuseppe e vere pecorelle e con l’animazione di alcuni studenti della 5^BT; l’iniziativa, come al solito, ha suscitato po-lemiche da parte di qualcuno, ma anche grande approvazione fra ragazzi, genitori e insegnanti.Concludo dicendo che se noi crediamo veramente nei nostri valori e nelle cose che facciamo e ci mettiamo amore, dedizione e soprattutto coraggio, riusciamo a raggiungere i nostri obiettivi, senza mai abbatterci, anzi dob-biamo continuare fino al raggiungimento del nostro scopo; l’allestimento di questa chiesa ne è la prova e credo che sia proprio questo ciò che si dovrebbe vedere ed apprezzare, ma soprattutto prendere come esempio.

Giovanna Falcone (5ªBP)

un’impresa… quasi biblica!

Green SoulsLa Puglia. E’ inevitabile associare a questa regione il mare, gli uliveti,

i vigneti, la macchia mediterranea e i boschetti di querce secolari. Il patrimonio naturalistico del nostro territorio è ricco, ma non sem-

pre adeguatamente conosciuto e valorizzato. Per questo la nostra scuola, durante l’ anno scolastico, ha deciso di rinnovarne l’interesse attraverso un progetto legato al territorio al fine di farne conoscere a livello interna-

zionale alcuni aspetti . Il pro-getto “Alberi in corto” ha previsto il censimento di querce secolari della Valle d’I-tria e la realiz-zazione di un cortometrag-gio che nar-rasse la loro storia.Il tutto è ini-ziato con il

sorteggio dei dieci ragazzi che avrebbero partecipato alle attività e la pre-sentazione del progetto da parte della “location manager” Teresa Zizzi. I successivi tre giorni si sono svolte le escursioni alla scoperta di alberi se-colari grazie all’aiuto dei proprietari delle masserie Monte Giannecchia, Pozio e Montereale, e si è proceduto al censimento degli alberi nel rispetto dei canoni di misurazione. Il 6 ottobre, l’esperienza ha preso concretezza grazie al contributo indispensabile del regista Alessandro Acito e del tec-nico del suono Andrea Favia, che, dopo i primi due giorni di illustrazione delle tecniche del linguaggio audiovisivo, hanno permesso ai dieci alunni partecipanti di catturare attraverso la telecamera e il microfono ( il “gatto”) le storie degli alberi che hanno fatto la storia della nostra regione. In questo

senso è doveroso ringraziare i proprietari delle masserie visitate, poiché hanno voluto dedicarci il loro tempo, raccontandoci delle loro vite profon-damente intrecciate alla figura dell’albero e all’importanza che esso assume nella vita lavorativa e personale. Importantissima è stata la testimonianza di Angela, che ci ha mostrato la positività che un albero può infondere a chiunque riesca a comprendere la sua vera essenza. Vanno poi ricordate le parole, donateci spontaneamente da “nonno Peppe”, che ci hanno con-fermato come un albero racchiuda in sé uno spirito che vivifica l’anima dell’uomo che riesce a cogliere i suoi messaggi. Per questo abbiamo voluto incentrare la storia del cortometraggio sulla vita della quercia di Marinelli, solitaria al centro della piazza, che si staglia imponente e materna e che ab-braccia tutti i cittadini della frazione, testimonianza di un’ eterna e storica simbiosi tra albero e uomo. Il progetto si è svolto in sole due settimane, fra fine settembre ed inizio ottobre, ma i risultati sono stati eccezionali: il cor-tometraggio è risultato, infatti, vincitore di una gara che ha coinvolto tutto il ter-ritorio italiano e alcuni alunni del nostro liceo si recheranno a maggio a Milano, dove rivestiranno il ruolo di giudici nel “The Village Doc Festival”. La cosa che ha dato più soddisfazione ai ragazzi è stata quella di aver avuto successo nonostante fossero dei “registi” e “tecnici dell’audio” alle prime armi. Quest’esperienza esclusiva che i dieci ra-gazzi hanno avuto la fortuna di fare, non sarebbe nata senza la sponsor Mariapia Moggia, che ha partecipato attivamente al progetto, così come Teresa Zizzi che ha trasmesso a noi ragazzi il suo amore per la natura. Un grazie anche all’attrice Renza De Cesare, che ha prestato la sua voce al no-stro albero, permettendogli di esprimere quello che le sue “foglie mosse dal vento” vogliono comunicarci, e all’associazione culturale Cubos, che ci ha fornito lo spazio per realizzare il montaggio. Infine, grazie ad Alessandro Acito ed Andrea Favia, che hanno compiuto un lungo viaggio da Milano permettendoci di vivere quest’avventura fuori dal comune.

Giulia Semeraro e Angelica Mastro (3ªAL)

Ciak,si gira! La natura

messa a fuoco da giovani

registi

scuola aperta

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GIOCHI STUDENTESCHI A SCUOLAAnche quest’anno il Liceo Polivalente di Cisternino ha par-

tecipato ai giochi studenteschi, ovvero quei giochi organiz-zati dal ministero della pubblica istruzione mirati alla va-

lorizzazione del senso educativo e formativo dello sport. La nostra scuola ha avuto un ruolo centrale nell’ambito dei giochi svoltisi nella provincia di Brindisi. Infatti, è stata scelta per ospitare i numerosi ragazzi provenienti da diverse scuole che hanno voluto cimentarsi in sport d’ogni tipo; in particolare sono stati svolti dei tornei di pal-lavolo e delle gare di atletica leggera.Al torneo femminile di pallavolo hanno ade-rito alunne di primo, secondo e terzo anno (la cosiddetta categoria delle “allieve”). La squadra era così composta: Maria Semeraro (IVAT), Antonella Posa, Martina Marangi (IIIAP), Antonella Cuppone (IIAT), Clara Punzi (IIBT), Alessia Semeraro, Monica Fer-rara, Anna Marangi (IAT), Marika Caliandro (IAP) e Silvia Greco (IBT). Le partite sono state suddivise in tre giornate: la prima ha avuto luogo nella palestra della nostra scuola, la seconda ad Ostuni e l’ultima nuovamente a Cisternino. La nostra squadra è stata battuta solo da quella del Mesagne e si è aggiudsicata il 2° posto a livello provinciale.La squadra maschile ha partecipato invece al torneo di pallavo-lo nella categoria degli “juniores”, ovvero degli alunni di quarto e quinto anno. I risultati sono stati ottimi: il gruppo è riuscito infatti a prevalere su tutti gli avversari ed ha conquistato il 1° posto a li-vello provinciale. Hanno partecipato a questo torneo: Gianluca Lo-parco, Salonna Roberto (VAT), Barletta Piero, Fabio Curri, Donato Convertino, Pepe Pietro, Carlucci Rocco (VBT), Cantanna Rodolfo (IVAT), e Chisari Matteo (IVBT).Per quanto riguarda invece l’atletica leggera, tutte le gare sono sta-te disputate nelle giornate del 28 e 29 marzo sulla pista della no-

stra scuola e nel campo sportivo di Cisternino. Ogni istituto della provincia di Brindisi ha potuto partecipare con un solo alunno per ognuna delle discipline previste e solo le scuole coinvolte nelle di-verse specialità hanno potuto concorrere per la classifica d’istituto. Il nostro liceo si è aggiudicato il 2° posto con la squadra femminile, ma non ha potuto classificarsi con quella maschile non avendo proposto un concorrente nella categoria del salto in alto. Le componenti della squadra femminile soo state : Francesca Galizia (IIBP, 100m osta-coli), Monica Ferrara (IAT, 100m), Laura Turnone (IIIAP, 400m),

Ilenia Punzi (IAT, salto in alto), Lucia Pepe (IAL, 1000m), Simona Rendini (IICP, salto in lungo) e Antonella Cuppone (IIAT, lancio del peso); tra queste Ferrara e Turnone si sono piazzate al 1° posto nella rispettiva categoria, Antonella Cuppone al 3° e, per la staffetta 4x100, sono arrivate quarte Ferrara, Turno-

ne, Rendini e Punzi. Alle gare maschili hanno invece partecipato gli alunni: Giuseppe Pecere (IBT, 100m ostacoli), Francesco Petraroli (IIIAT, 100m), Davide Semeraro (IIIAT, 400m), Antonio Semeraro (IAT, 1000m), Giuseppe Pentassuglia (IAT, salto in lungo) e Riccar-do Carriero (IIIBT, lancio del peso); Semeraro D., Pentassuglia, Pe-cere e Petraroli hanno gareggiato anche per la staffetta 4x100. Invece sono saliti sul podio per la loro categoria Semeraro D. (3° posto) e Semeraro A. (2°posto).I giochi studenteschi costituiscono un evento importante nella vita scolastica giacché permettono agli studenti interessati di concedersi un momento ricreativo, pur restando all’interno dell’ambito scola-stico. Non va inoltre dimenticato il ruolo fondamentale dello sport, attraverso cui è possibile dare libero sfogo alle proprie energie e cre-are nuovi rapporti sociali. Il tutto in una bella dose di divertimento incondizionato.

Clara Punzi (2ªBT)

Una buona dose di divertimento incondizionato

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UNA bIbLIOTECARIA STRAORDINARIA

Cosa c’è di meglio di un buon libro per rilassarsi? Nulla! Sono moltissimi gli alunni del nostro liceo che non perdono occasione per scegliere qualcosa

da leggere in biblioteca. Ma chi si è mai chiesto da quanto tempo e come mai questa biblioteca esista? Per scoprirlo abbiamo intervistato la professoressa Bini, che si occupa volontariamente della biblioteca da quando è in pensione. Prima di cominciare a custodire la biblioteca, tenendola in ordine e registrando i nuovi testi acquistati o quelli che sono presi in prestito, la signora Bini ha insegnato nel nostro istituto.

La biblioteca è nata con la scuola?

La biblioteca è sempre esistita, almeno in parte. Non potendo nascere autonomamente come magistrale, la scuola è nata come dipendente dall’Istituto Statale Magistrale di Matera. In seguito la scuola, staccatasi da Matera, fu aggregata all’Istituto Magistrale di Brindisi. Buona parte dei libri proviene proprio da questi due istituti, mentre gli altri sono stati acquistati o donati, non ultima la donazione da parte del nostro Preside, prof. Gennaro Boggia dei giornali di guerra (“Giornale della Seconda Guerra Mondiale” e “Giornale di guerra e della ricostruzione 1939-1949”), di una serie di “cinegiornali di guerra” in videocassette e di altri testi storici.

La biblioteca è rifornita regolarmente?

No, non è rifornita regolarmente; l’aggiornamento della biblioteca è un’iniziativa che deve partire dagli insegnanti. Quando loro richiedono dei testi nuovi, se c’è disponibilità economica, se ne effettua l’acquisto. In ogni caso in biblioteca si può trovare praticamente di tutto ed è raro che i ragazzi non trovino il libro che cercano.

Cosa possiamo trovare in biblioteca?

Ci sono circa 6000 volumi distinti per settori, ognuno dei quali ha un suo codice. Troviamo in abbondanza libri di narrativa, critica letteraria, e classici di filosofia e pedagogia, poiché in origine nell’istituto c’era solo l’indirizzo pedagogico; con l’aggiunta degli altri indirizzi la biblioteca è stata aggiornata e sono stati aggiunti molti testi di carattere scientifico e libri in lingua straniera.

I ragazzi frequentano assiduamente la biblioteca? Si comportano responsabilmente?

Alcuni giorni la biblioteca è alquanto frequentata, altri meno. Per quanto riguarda il loro comportamento, non tutti i ragazzi hanno lo stesso rapporto con i libri. Alcuni leggono solo se sollecitati dagli insegnanti ed a volte perdono addirittura i libri che hanno preso in prestito, ma fortunatamente si tratta di casi isolati: la maggior parte degli studenti è abituata a leggere e fa attenzione alla cura dei testi. In ogni caso tutti dovrebbero essere resi responsabili, poiché da come una persona tratta i libri si capisce qual è la sua personalità.

Qual è il genere che ha più successo tra i ragazzi?

I romanzi moderni, specialmente quelli acquistati ultimamente, sono i più richiesti. Comunque la scelta è influenzata anche dagli insegnanti. Sono molto richiesti anche libri di letteratura universale, di francese e di inglese, ma anche tanti altri.

Da quando si occupa della biblioteca ha notato un cambiamento nei gusti dei ragazzi?

Nel corso del tempo i gusti cambiano, ma influiscono sempre molto le sollecitazioni della scuola e della famiglia. In particolare ho notato che l’interesse verso la letteratura classica sta maturando. Questo è qualcosa di davvero positivo perché questi testi appartenenti alla letteratura del passato, insegnano anche a parlare e a scrivere. Tutti i ragazzi dovrebbero sapere quant’è importante conoscere i grandi del pensiero perché la storia di oggi dipende dalla storia di ieri.

Cosa fa per indirizzare i ragazzi nella scelta?

Con l’arrivo dei primi libri è stato formulato l’inventario generale della biblioteca. In quest’elenco sono indicati l’autore, il titolo ed altre informazioni che possono aiutare nella scelta. Alcuni si orientano dandoci uno sguardo e magari scegliendo un libro che incuriosisce per il suo titolo. Io invito sempre a leggere l’inventario, ma alcuni non ne hanno bisogno o perché preferiscono scegliere diversamente, o perché sono già stati orientati nella scelta dagli insegnanti. Quando qualcuno chiede un consiglio comunque sono sempre pronta a darlo, ma se non chiedono preferisco non interferire nella loro scelta.

Giulia Semeraro e Angelica Mastro(3ªAL)

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INIZIATIvA E RESPONSAbILITà: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Quando la “generazione x”

decide di mettersi in gioco

Autogestirsi significa avere la capacità di go-vernare e governarsi autonomamente. Ed è proprio ciò che è avvenuto al Liceo Don

Quirico Punzi il 17 Novembre 2011.In occasione della giornata dello studente, il Comi-tato Studentesco ha deciso di  impegnarsi nell’or-ganizzazione di una giornata dedicata ad attività alternative rispetto a quelle didattiche ordinarie, da gestire in piena autonomia. Tutte le classi sono state coinvolte in laboratori organizzati e diretti dagli alunni stessi. Le sei ore scolastiche, infatti, sono state suddivise in modo tale che ogni alunno potesse partecipare a due dei sei laboratori propo-sti: il ’68, la primavera araba, il ruolo della donna, le dipendenze, il cineforum, la stesura di articoli di giornale. I laboratori preferiti sono stati quelli sul ’68, sul ruolo della donna e il cineforum. I ragaz-zi hanno orientato le loro preferenze in base alle fasce d’età. In maniera specifica si è notato che i ra-gazzi  delle prime e seconde classi hanno preferito rispettivamente le dipendenze e il laboratorio sul ruolo della donna. I ragazzi del terzo anno hanno scelto soprattutto illaboratorio sul ’68 e invece i

ragazzi del quarto e del quinto anno hanno nella maggior parte dei casi optato per il cineforum.Operate le scelte, si sono formate classi aperte, in ognuna delle quali un referente è stato incaricato di dare spunti di riflessione riguardanti il tema spe-cifico. I ragazzi hanno potuto provare l’ebrezza di trovarsi dall’altro lato della cattedra ! Di certo non un compito da poco, se si pensa che i referenti han-no dovuto trovare il modo per soddisfare le aspet-tative dei partecipanti e allo stesso tempo gettare le basi per un dibattito vivo e costruttivo. Ognuno ha potuto dire la sua liberamente, con un’unica rego-la: rispettare le opinione degli altri. La giornata è trascorsa in un clima di assoluta serenità e nessun inconveniente ha minato la solida organizzazione. Tutti soddisfatti, studenti, docenti ed il dirigente stesso, che ha voluto poi congratularsi per l’esito dell’iniziativa.La buona riuscita dell’autogestione ha dimostrato che noi ragazzi sappiamo adoperarci per il rag-giungimento di un fine comune. Ed è risaputo che per raggiungere un obiettivo bisogna prima di tutto impegnarsi attivamente e unire le forze.

Simona Poteza (3ªAL)

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MICHELA MARZANO, PICCOLA GRANDE DONNA

Non è facile raccontarsi pubblicamente , né tanto meno mettere a nudo il proprio “male di vivere”. Ma quando questo male di vivere svuota la propria vita di ogni tipo di serenità, raccontare

diventa una maniera per chiedere aiuto, dando sfogo a quell’urlo muto alle orecchie degli altri che tormenta invece la nostra anima. Chissà che a quel punto qualcuno non ci senta e venga in nostro aiuto, dedican-doci quel minimo di attenzioni che metterà fine al nostro disagio. E’ proprio ciò che è accaduto a Michela Marzano, docente universitaria di

filosofia a Parigi, autrice di vari libri tra i quali “Volevo essere una farfalla”, pubbli-cato recentemente. Per presentare il suo libro, la scrittrice ha tenuto un incontro con alcune classi

del nostro liceo, offrendo l’opportunità di riflettere assieme su temati-che contemporanee, vicine al mondo giovanile. Il “meeting” si è svolto nell’auditorium dell’istituto ed è servito a confermare l’idea che gli alunni si erano fatti dell’autrice dopo aver divorato le pagine del suo nuovo best-seller. Piccola fuori, grande dentro. Non potrebbero esistere parole migliori per descrivere questa donna. Del resto basta guardare la fotografia nel retro copertina del libro per notare i suoi occhi, neri ed espressivi, carichi di forza d’animo e smisurato coraggio. Insomma, una di quelle persone che riesce a farti immergere nel suo mondo in poche ore, impartendo allo stesso tempo una lezione importante su un tema non facile da affrontare: l’anoressia. E’ proprio questo il “sintomo” (così come l’autrice lo definisce) che ha caratterizzato la fase giovanile della sua vita. Una vita regolata dal dovere e dalla tendenza ad esigere da se stessa sempre di più. Una volontà ferrea, certo, ma una costante violenza esercitata sul proprio corpo. Di qui il desiderio di diventare

leggera come una farfalla, per non essere di peso a nessuno e fuggire da una dura realtà. Viene naturale domandarsi quale sia la causa di questo male. Michela Marzano ne parla all’inizio del libro: è il rapporto conflittuale con il padre, figura fondamentale in tutto il vissuto della scrittrice. Proprio per non deludere le sue aspettative Michela cerca sempre di mettere tutta sé stessa in ogni cosa che fa. Ma che fare quando tutto non è suf-ficiente? E’ a questo punto che l’anoressia, i cui sintomi aveva-no già messo radici nell’animo della Marzano, si manifesta con tutte le sue dolorose conse-guenze. “Ma l’anoressia non è come un raffreddore. Non passa così da solo. […] E’ un modo per proteggersi da tutto ciò che sfugge al controllo. Anche se a forza di proteggersi si rischia di morire. Io non sono morta. Oggi ho 40 anni e tutto va bene. Sto bene.”Sì, adesso l’autrice sta bene. Ma non pensiate che a questo risultato sia giunta con poche difficoltà. La psicoanalisi, la riflessione, l’affetto delle persone che ama e una grandissima forza di volontà sono stati gli elementi necessari a guarirla. A cacciare per sempre il mal di vivere dal suo cuore. Insomma, davvero una piccola grande donna, che grazie alla sua spontaneità è riuscita a guadagnarsi la stima e il rispetto di tantissimi ragazzi, guidandoli attraverso la dura strada dell’analisi interiore alla scoperta del proprio male, che molto spesso è il male di tutti.

Simona Potenza (3ªAL)

Una grande prova di forza: mettere la propria

esperienza a servizio degli altri

scuola aperta

PROGETTO COMENIUS

“Different Stories-Some Values”, ossia “Storie Diverse-Stessi Valori”, è questo il logo e il messaggio fondamentale del progetto Come-

nius, iniziativa europea che coinvolge studenti e docenti dei diversi paesi membri dell’UE, a favore di uno scambio culturale volto a conoscere persone e realtà profonda-mente differenti dalle proprie. Difatti, lo scorso novem-bre, venticinque alunni del nostro Liceo hanno scelto di partecipare al progetto mettendosi a disposizione di altri venticinque ragazzi provenienti dalla Germania, dalla Grecia e dalla Svezia, offrendo loro ospitalità nelle proprie case e famiglie. In questo modo per un’intera settimana genitori e ragazzi italiani hanno condiviso le loro abitu-dini quotidiane con i ragazzi stranieri, cosi da sentirsi appartenenti ad un unico e grande stato, arginando l’ap-parente insormontabile scoglio delle differenze culturali. Lo stesso abbiamo fatto noi, andando successivamente nel mese di marzo a Essen, in Germania, vivendo nelle loro famiglie, nella loro scuola, portando testimonianza anche del nostro patrimonio culturale, artistico e letterario, pre-sentando una versione del famoso romanzo di Alessandro Manzoni “I Promessi Sposi” in inglese.Alla base dell’intero progetto vige l’obbligo, o per meglio dire la necessità di interagire l’un l’altro utilizzando total-mente la lingua inglese, unico mezzo di comunicazione

usuale.L’obiettivo principale del Comenius è quello di favorire la conoscenza di diversi usi e costumi europei, abbattendo i pregiudizi esistenti nei confronti delle varie culture e abbandonando vecchi “clichès” che da sempre non hanno fatto altro che separare le popolazioni delle diverse nazio-nalità.Alle finalità didattiche del progetto si aggiungono gli arricchimenti istruttivi dovuti ad uno scambio di tale por-tata e, cosa più essenziale e che più sta a cuore dei ragazzi partecipanti, la possibilità di avere un corrispondente straniero con cui parlare, scambiarsi opinioni; legame che inevitabilmente potrà trasformarsi nel tempo, con una lunga amicizia.

Valentina Vasta e Federica Siliberti (3ªBL)

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RENZO E LUCIA SUL PALCO DEL TEATRO TEAM DI bARI

“Il tempo passa la vita si ripete. Corsi e ricorsi...

tornano le storie”Sono trascorsi quasi due secoli dalla pubblica-zione del romanzo sto-

rico più famoso della lette-ratura italiana, “I promessi sposi”, ma la storia narrata da Manzoni non smette di solleticare la fantasia di sceneggiatori e registi che di continuano la rivisitano e la innovano. Il 12 gennaio a Bari sul palco del Teatro Team, nell’am-bito della stagione teatrale 2011-2012, è andato in scena un musical dell’opera manzoniana, a cui noi studenti del Polivalente di Cisternino abbiamo avuto la possibilità di assistere grazie al tempestivo interessamento della prof. Magno.Nonostante l’affollatissima e vivace platea di stu-denti pugliesi, all’apertura del sipario si è imposto subito il silenzio. La scena maestosa, le musiche coinvolgenti, le voci prorompenti degli attori han-no catalizzato immediatamente l’attenzione del pubblico. La riduzione teatrale del testo manzo-niano operata da Michele Guardì ha isolato gli episodi salienti e più noti del romanzo a partire dall’incontro di don Abbondio con i bravi sino alla diffusione della peste. Gli interpreti hanno mo-strato un notevole temperamento: appassionato ed energico Giò di Tonno, nei panni del temuto Don

Rodrigo, Vittorio Matteucci, nel ruolo dell’Innominato, Graziano Galatone nelle ve-sti di Renzo Tramaglino in coppia con Noemi Smorra,

ossia Lucia Mondella. Per non parlare poi di Ger-trude, la monaca di Monza, interpretata dall’affa-scinante Rosalia Misseri. Al cast degli interpreti principali vanno aggiunti gli altri: don Abbondio, Perpetua, fra’ Cristoforo...e un folto gruppo di ballerini, che hanno animato la scena con i movimenti del rinomato coreografo Mauro Astolfi. Hanno danzato e cantato circonda-ti da una scenografia che ha lasciato tutti a bocca aperta. Molte le ovazioni anche a scena aperta, una in particolare all’entrata di Renzo a Milano, con la realistica proiezione del Duomo sullo sfondo.E dunque “tornano le storie”: luci della ribalta su Manzoni e il suo racconto si ritinge di quel colore a volte un pò sbiadito dal tempo e...dalla consun-zione scolastica! Riacquista un fascino a cui nessu-no riuscirebbe a resistere. Forse neanche lo stesso Manzoni.

Federica Amati (3ªAL)

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IL CORSO DI bIOETICA E IL PROF.

CAvA

Nel periodo tra novembre e gennaio si è svolto, nella nostra scuola, un corso POF di Bioeti-ca rivolto a tutte le classi quinte dell’istituto.

Il corso, occasione di approfondimento interdiscipli-nare, è stato tenuto dalle professoresse Anna Amati e Isabella Cofano, nonché da un esperto esterno, l’otti-mo professor Francesco Cava. Il prof. Cava si è laureato in biologia all’università di Firenze ; ha tenuto 2 corsi di perfezionamento sulla do-cenza, 2 corsi di specializzazione all’università di Ferrara, un cor-so di perfeziona-mento triennale di bioetica; ha insegnato per diversi anni all’i-stituto Leonardo Da Vinci di Mar-tina, ricoprendo anche l’incari-co di vicepresi-de negli ultimi anni di attività; è intervenuto in molti congressi.Parecchie ragazze che hanno partecipato al corso sono state entusiaste degli argomenti affrontati e del docente; per questo abbiamo pensato di fare una bre-ve intervista all’esperto.

1. Per prima cosa le chiediamo di dare una de-finizione di bioetica, che può essere utile soprattutto agli studenti che non hanno seguito il corso.“La Bioetica, dal greco bios, vita, ed ethikos, teoria del vivere, è una disciplina molto recente, che applica la riflessione etica alla scienza ed alla biomedicina. Pre-vede dunque l’interazione dell’etica con le scienze, in una modalità più moderna rispetto a quella tradizio-nale e religiosa, con lo scopo di affrontare e valutare anche a livello morale alcuni processi medici come il trapianto di organi, la fecondazione artificiale e me-dicalmente assistita, l’eutanasia, la clonazione umana. Molti studiosi (filosofi, ricercatori, psicologi) hanno sentito la necessità di regolare alcuni procedimenti e tecniche secondo una linea etica comune. Attualmen-

te però ogni Nazione ha un proprio e specifico codice di bioetica che disciplina le pratiche medico-scienti-fiche.2. Che cosa l’ha spinta a tenere un corso di bioe-tica nella nostra scuola? “Be’, tenendo presente che la bioetica è la mia ma-teria, è chiaro che –in generale- mi fa piacere avere occasione di tenere dei corsi su tale disciplina. In più in questo caso sono stato invitato dalla professoressa Cofano, che mi ha espresso la sua stima, ed è sempre gratificante lavorare tra amici e con persone con cui c’è una buona intesa”.3. Vista la complessità di alcuni argomenti af-frontati, ha incontrato difficoltà per quanto concerne il linguaggio da utilizzare con le allieve di questo cor-

so? Se sì,quali?“Mi rendo conto che capire questi argomen-ti non è facile, perciò ho cercato di spiegare in termini semplici, aiutato dalla mia pro-fessione e dalle molte esperienze fatte negli anni”.4. Qual è il mes-saggio più importante che ha cercato di tra-smettere alle corsiste?“Il mio messaggio principale è stato quel-lo di darsi e dare la possibilità di scelta tra

diverse opportunità nelle situazioni della vita in cui di volta in volta ci si trova; cioè di avere la consapevolez-za di essere liberi di scegliere il meglio per se stessi”.5. Complessivamente si ritiene soddisfatto di questo POF? Che impressione ha avuto della nostra scuola e delle studentesse a cui ha tenuto il corso?“Sono molto contento e soddisfatto per il corso e per l’attenzione che hanno avuto tutte le corsiste; sono meno felice che ci siano state poche domande e curio-sità, ma ci sono state anche molte sollecitazioni signi-ficative e soprattutto una buona partecipazione. Inol-tre sono dispiaciuto per il poco tempo a disposizione: infatti c’era la necessità di almeno uno o due incontri in più rispetto ai dieci effettuati poiché qualche altra ora ci avrebbe aiutato ad approfondire meglio gli ar-gomenti, ad arricchire i riferimenti alla filosofia e alla legislatura, ma anche ad andare più a fondo nella par-te biologica”. Giovanna Falcone e Graziana Galiulo (5ªBP)

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CINeMA Progetto David di Donatello 2012

IL PRIMO INCARICOCISTERNINO SET DI UN FILM

“Non so perché l’ho fatto. Ho pensato che dovevo esserne capace. Mi sono ricordata quello che mi hai detto, che sono la ragazza più in gamba che conosci”.

La triste condizione di precarietà degli insegnanti oggi, viene contrapposta all’ambizione di chi, un tempo, si indirizzava a questa professione. Anni ’50: Nena, giovane insegnante, piena di aspirazioni e di idee forti, rice-ve il suo primo incarico nel nord salentino. Fa le valigie, lascia la madre, la sorellina, il suo fidanzato colto e benestante, con il quale aveva una solida ed intensa relazione, e che promette di aspettarla.Lascia il suo paese natio e si mette in viaggio; ciò che l’aspetta sarà una realtà totalmente differente, che farà sentire la Signora Maestra inadatta a vivere in quella società.Malgrado difficoltà e risvolti negativi, con determinazione la protagonista tenterà di ambientarsi, portando la storia, la sua storia a conseguenze inat-tese.Opera prima della regista Giorgia Cecere, il film nella sua semplicità intro-duce a chi lo visiona, nel mondo di 50 anni fa e nelle sue dinamiche.Al centro del quadro, campeggia la figura della donna. Una figura insolita per quel tempo, ma se riflettiamo a fondo, ancora più insolita ai gironi no-stri. Sebbene la società di allora fosse prevalentemente maschilista, e nel film viene evidenziato questo predominio, va ricordato che c’erano tante donne come Nena: “mosche bianche” le definirà in un intervista l’attrice Isabella Ragonese interprete del ruolo. Acculturate, consce di sé e pronte ad affer-mare la propria identità. Donne che sempre meno compaiono nella nostra realtà odierna, e che, anzi spesso, si cullano sulle conquiste passate. La protagonista per questa sua diversità si sentirà emarginata, sola, spesso inquadrata nella ripresa al limite della scenografia: vicino agli usci delle por-te, vicino alle finestre, proprio per accentuare questo suo malessere. Ancora più frustrata, quando scoprirà che il suo fidanzato si vede con un ‘altra don-na. Ciò non rappresenta solo un tradimento, ma il crollo di una sicurezza, identificata nella vita che aveva momentaneamente lasciato.Il film, inoltre, mette in risalto il divario tra il sud ed il nord della stessa

regione, molto più realisticamente, e con risultati migliori di altre pellicole, che hanno trattato lo stesso tema.La bellezza di questa pellicola sta proprio in questo: la civiltà rurale sebbe-ne più arretrata, grazie ad una stupenda fotografia animata da alberi, fiori, ulivi, trulli, muretti a secco, avvolge il salento nella sua reale essenza. Un paesaggio rustico, ma idilliaco, visto quasi con gli occhi dei romantici e del poeta Leopardi.Terzo punto di forza, è sicuramente la recitazione. La brillante performance della protagonista, riesce a far trapelare, fuori dallo schermo, le incertezze di tutte quelle insegnanti alle prime armi, un po’ impacciate, ancora forse legate più al ruolo di studente che di insegnante.Nel cast solo Isabel-la è un ‘attrice pro-fessionista. Questa peculiarità del film, che sebbene in alcu-ne parti può averlo penalizzato, in altre richiama una patina neorealista, che ha dello straordinario. Può risultare una considerazione ba-nale, ma i bambini sono stati i personaggi migliori: probabilmente grazie al loro mondo fatto di giochi, la recitazione è molto più naturale di quella di tanti attori con alle spalle anni di studio.Le tematiche, la recitazione, la scenografia di Sabrina Balestra, i costumi, la scelta appropriata della colonna sonora, preferendo suoni naturali a musi-che più pedanti ( che avrebbero forse dato più enfasi, tradendo il realismo del film), sono le scelte della regista che hanno prodotto, come risultato finale, un lavoro completo, sobrio ed allo tesso tempo profondo.Non si tratta solo della crescita interiore di una donna, ma di un intera so-cietà fondamento della nostra realtà. E per migliorare il presente, è bene ricordacene più spesso.

Sonia Convertini (5ªAL)

ACAb All Cops Are bastards

Se un po’ di anni fa tale motto veniva spregiudicatamente e rabbiosamente gridato dagli skinhead inglesi, oggi, a partire da numerosi fatti di cronaca, attraversa anche altri ambiti, che vanno dal mondo dello stadio a quello

urbano delle manifestazioni e dei cortei. Insomma in tutti quei luoghi dove ri-corre la necessaria presenza di forze dell’ordine. Un appellativo, questo, spesso un po’ paradossale, se pensiamo ai recenti e passati avvenimenti che hanno visto protagonisti violenza, botte e pestaggi. Ed è proprio su quelle figure, i bastardi poliziotti, che Stefano Sollima, proveniente dal non meno perforante “Romanzo Criminale – La serie”, vuole soffermarsi e indagare i loro intricati universi.E’ la storia di Cobra, Negro e Mazinga interpretati rispettivamente dai fantastici Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini, la cui vita è profonda-mente influenzata dal loro mestiere, sino a farne un vero e proprio codice vitale. Insieme, accomunati da un’inestricabile senso di fratellanza, e appartenenza al gruppo, ogni giorno fanno i conti con una società disperata e violenta, che mette a dura prova le loro coscienze; quello della Celere è un reparto che non si sceglie, ma in cui una volta dentro bisogna attenersi alle sue dure regole, che portano ad un’impossibilità di crearsi una vita personale. Ed è proprio per questo che si vengono a formare degli uomini che sembrerebbero quasi mostri, dei piccoli superuomini, che Sollima carica di una struggente energia.Cobra, è colui che ha al meglio il senso di appartenenza alla squadra: non ha famiglia ed è quindi portato a considerare fratelli i suoi compagni, “e solo su quei fratelli puoi contare”.Negro è, a detta di Sollima, un “coatto maturo”, con una famiglia alle spalle che non sa gestire, e per questo rigetta la sua rabbia sul lavoro.Mazinga, è il celerino più anziano, ormai stanco di tutta quella violenza ed esa-sperato dal non aver saputo educare un figlio, ormai “teppista”.E poi c’è Adriano (Domenico Diele), il principiante che inserito nella nuova squa-dra non può che sottoporsi ai precetti dei suoi fratelli maggiori e ascoltare le drastiche esperienze di un G8 di Genova che li ha marchiati.Tratto liberamente dall’omonimo libro di Carlo Bonini, la sceneggiatura, a cura di Daniele Cesarano, Barbara Petronio e Leonardo Valenti, si accende di forti accenti della realtà di alcune pagine nere della cronaca italiana, dalla scuola Diaz

alla morte di Sandri.E’ una scelta pericolosa, quella del regista, di rappresentare tali fatti, da un altro occhio, quello di chi obbedisce al Sistema; l’intestino, che deve fare il lavoro spor-co in un apparato che più che frequentemente fa acqua da tutte le parti.In questo scenario tutto romano, i dialoghi restano fedeli al loro contesto, ca-ratterizzati da parlate e termini romane, attività non molto difficili per i loro interpreti, specialmente per Favino e Giallini, che sembrano saltellare con grande professionalità da ruoli dram-matici (come questo) a ruoli comici (nel caso di “Posti in piedi in Paradi-so” di Verdone nelle sale a pochi mesi di distanza).Allo stesso modo al forte impatto emotivo contribuiscono le musiche tipicamente rockeggianti, e le co-lonne sonore (come “Seven Nation Army” de “The White Stripes” all’ini-zio della pellicola), inglobando, ma-gari, anche il provocante motivetto più volte fischiettato da Cobra, non-ché le inquadrature, di cui spiccano gli espressivi primi piani.Ad ogni modo, il film non è una presa di posizione da parte del regista, né l’illustrazione di una tesi per portare un grande pubblico a cambiar idea.E’ un film che lascia impietriti, e se-condo la mia esperienza, l’altalenarsi continuo di pro e contro di questo mondo così controverso, quello dei celerini, porta sì ad un arricchimento di informazioni a noi spesso sconosciute, ma tutta-via ci lascia con la stessa idea iniziale, che tutti gli sbirri sono bastardi. All Cops are Bastards.

Chiara Sabatelli (5ªAL)

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SONDAGGIO DELLA REDAZIONE “SPECULA” NELLA NOSTRA SCUOLA

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