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Sapienza Università di Roma CF 80209930587 PI 02133771002 Capo Ufficio Stampa: Alessandra Bomben Addetti Stampa: Christian Benenati - Marino Midena - Barbara Sabatini - Stefania Sepulcri Addetto Comunicazione: Danny Cinalli Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma T (+39) 06 4991 0035 - 0034 F (+39) 06 4991 0399 [email protected] [email protected] www.uniroma1.it Roma, 11/03/2015 COMUNICATO STAMPA Schiuma spazio-temporale: prime informazioni sperimentali Si restringe l’identikit dell’affascinante scenario ipotizzato dalle teorie quantistiche per descrivere la struttura microscopica dello spazio-tempo. I risultati della ricerca, ottenuti grazie ad osservazioni del telescopio Fermi, sono pubblicati sulla rivista Nature Physics Pensare lo spazio-tempo come una schiuma. È quanto hanno fatto i fisici per conciliare due teorie rivoluzionarie della fisica moderna: la teoria generale della relatività che spiega la gravitazione su larga scala e la teoria quantistica che disciplina il comportamento degli elementi più piccoli della meccanica dell'universo, come le particelle microscopiche studiate al CERN di Ginevra. Per decenni è stato impossibile esplorare sperimentalmente l’ipotesi di questo affascinante scenario perché gli effetti del fenomeno, essendo generati a scale di lunghezza estremamente piccole (dell’ordine di 10-35 metri), sono difficilissimi da rilevare. La ricerca condotta dal fisico della Sapienza Giovanni Amelino Camelia in collaborazione con gli astrofisici Vlasios Vasileiou (Universitè Montpellier), Jonathan Granot (University of Israel) e Tsvi Piran (University of Jerusalem), rappresenta finalmente un primo passo nella esplorazione sperimentale della schiuma spazio-temporale. Il lavoro, pubblicato nell’ultimo numero della prestigiosa rivista Nature Physics, ha utilizzato i dati ottenuti dal telescopio spaziale Fermi, un telescopio finanziato principalmente dalla NASA a cui collaborano anche le agenzie spaziali di Italia, Francia, Giappone e Svezia. Lo studio mostra che alcune osservazioni condotte dal telescopio Fermi forniscono indirettamente informazioni sulle proprietà di propagazione dei fotoni (particelle di luce) e quindi sulla possibilità che queste proprietà possano essere influenzate dalla schiuma spaziotemporale. “Ci è stato possibile raggiungere livelli di precisione inattesi - spiega Amelino-Camelia perché i tempi lunghissimi di propagazione dalle sorgenti astrofisiche osservate dal telescopio Fermi, tempi di miliardi di anni, di fatto amplificano gli effetti piccolissimi della schiuma spaziotemporale, portando a un effetto complessivo che è potenzialmente osservabile”. Gli esiti dell’analisi hanno dimostrato l’infondatezza di alcuni modelli formulati dai fisici quantistici per tentare di spiegare la struttura di schiuma spazio-temporale. “Il fatto che per la

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Sapienza Università di Roma

CF 80209930587 PI 02133771002 Capo Ufficio Stampa: Alessandra Bomben Addetti Stampa: Christian Benenati - Marino Midena - Barbara Sabatini - Stefania Sepulcri Addetto Comunicazione: Danny Cinalli Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma T (+39) 06 4991 0035 - 0034 F (+39) 06 4991 0399 [email protected] [email protected] www.uniroma1.it

Roma, 11/03/2015

COMUNICATO STAMPA

Schiuma spazio-temporale: prime informazioni sperimentali Si restringe l’identikit dell’affascinante scenario ipotizzato dalle teorie quantistiche per descrivere la struttura microscopica dello spazio-tempo. I risultati della ricerca, ottenuti grazie ad osservazioni del telescopio Fermi, sono pubblicati sulla rivista Nature Physics

Pensare lo spazio-tempo come una schiuma. È quanto hanno fatto i fisici per conciliare due teorie rivoluzionarie della fisica moderna: la teoria generale della relatività che spiega la gravitazione su larga scala e la teoria quantistica che disciplina il comportamento degli elementi più piccoli della meccanica dell'universo, come le particelle microscopiche studiate al CERN di Ginevra. Per decenni è stato impossibile esplorare sperimentalmente l’ipotesi di questo affascinante scenario perché gli effetti del fenomeno, essendo generati a scale di lunghezza estremamente piccole (dell’ordine di 10-35 metri), sono difficilissimi da rilevare. La ricerca condotta dal fisico della Sapienza Giovanni Amelino Camelia in collaborazione con gli astrofisici Vlasios Vasileiou (Universitè Montpellier), Jonathan Granot (University of Israel) e Tsvi Piran (University of Jerusalem), rappresenta finalmente un primo passo nella esplorazione sperimentale della schiuma spazio-temporale. Il lavoro, pubblicato nell’ultimo numero della prestigiosa rivista Nature Physics, ha utilizzato i dati ottenuti dal telescopio spaziale Fermi, un telescopio finanziato principalmente dalla NASA a cui collaborano anche le agenzie spaziali di Italia, Francia, Giappone e Svezia. Lo studio mostra che alcune osservazioni condotte dal telescopio Fermi forniscono indirettamente informazioni sulle proprietà di propagazione dei fotoni (particelle di luce) e quindi sulla possibilità che queste proprietà possano essere influenzate dalla schiuma spaziotemporale. “Ci è stato possibile raggiungere livelli di precisione inattesi - spiega Amelino-Camelia – perché i tempi lunghissimi di propagazione dalle sorgenti astrofisiche osservate dal telescopio Fermi, tempi di miliardi di anni, di fatto amplificano gli effetti piccolissimi della schiuma spaziotemporale, portando a un effetto complessivo che è potenzialmente osservabile”. Gli esiti dell’analisi hanno dimostrato l’infondatezza di alcuni modelli formulati dai fisici quantistici per tentare di spiegare la struttura di schiuma spazio-temporale. “Il fatto che per la

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prima volta dati sperimentali ci dicano qualcosa di significativo sulla schiuma – continua Amelino Camelia - anche semplicemente per escludere ciò che essa non è, rappresenta un passo molto significativo nell’esplorazione di questo scenario”. Finora i modelli teorici più accreditati hanno ipotizzato che, su scale microscopiche, la schiuma spazio-temporale presenti una struttura geometrica granulare. Tale granularità ha implicazioni importanti per le particelle fondamentali ma non lascia tracce osservabili sul moto di corpi macroscopici, quali ad esempio i pianeti e gli altri corpi celesti. Infatti per il movimento dei corpi massivi è comunque possibile basarsi sull’assunzione di “fluidità” (in gergo tecnico “continuità”) della geometria spazio-temporale che caratterizza la teoria della relatività Einsteiniana. Da un punto di vista osservativo, la situazione è paragonabile a quella di un secchio all’interno del quale è presente della sabbia. Guardando da lontano si possono apprezzare solo le caratteristiche più macroscopiche di ciò che si osserva, e quindi non si coglie la composizione granulare del contenuto del secchio che appare come un fluido indistinto. Più ci si avvicina al secchio, più i granelli diventano distinguibili. Ma, se per il secchio di sabbia è facile stimare quali livelli di precisione siano necessari per stabilire la struttura granulare del contenuto, quando si è interessati alla schiuma spazio-temporale la questione è più complessa: la grandezza degli effetti dipende non solo dalla piccolezza dei “granelli di spazio-tempo” ma anche da altre proprietà fisiche della schiuma spaziotemporale. Uscendo dalla metafora, misure di precisione sempre più avanzate sulla propagazione di particelle microscopiche potrebbero svelare manifestazioni della granularità dello spazio-tempo. È per questo motivo che il percorso verso la scoperta della schiuma spaziotemporale dovrà necessariamente progredire per stadi successivi: la ricerca pubblicata su Nature Physics ha dimostrato che il minimo livello di precisione ipoteticamente richiesto per questi studi è stato raggiunto. L’esclusione di alcuni modelli teorici e la messa a punto di una potente strategia di analisi dei dati fa ben sperare che in un futuro non lontano si arrivi alla individuazione della corretta descrizione della schiuma spazio-temporale.

Info: Giovanni Amelino Camelia [email protected]

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schiuma AnsaPrimo zoom sullo spazio-tempo,possibile osservarne la'trama'

Grazie al telescopio spaziale Fermi

(ANSA) - ROMA, 16 MAR - Primo zoom sullo spazio-tempo: dopodecenni di teorie, per la prima volta diventa possibile riusciread osservare la struttura microscopica che lo costituisce e chei fisici quantistici chiamano 'schiuma'. A compiere questo passosenza precedenti e considerato finora impossibile, è il gruppodi Giovanni Amelino Camelia, dell'università Sapienza di Roma. Pubblicato sulla rivista Nature Physics, il risultato è statoraggiunto grazie ai dati del telescopio spaziale Fermi dellaNasa, al quale l'Italia partecipa con Agenzia Spaziale Italiana(Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e IstitutoNazionale di Fisica Nucleare (Infn). La ricerca è stata condottain collaborazione con Vlasios Vasileiou, dell'universitàfrancese di Montpellier, Jonathan Granot, dell'università diIsraele, e Tsvi Piran, dell'università di Gerusalemme. ''Fino a 15 anni fa riuscire ad osservare la trama dellospazio-tempo sembrava impossibile, ora dimostriamo che si puòfare'', spiega Amelino Camelia, indicato dal periodico americanoDiscover fra i sei possibili nuovi Einstein per aver elaboratouna variante della teoria della relatività. Dopo aver lavoratonegli Stati Uniti, nell'università di Boston e nel MassachusettsInstitute of Technology (Mi), e nell'università britannica diOxford, è tornato in Italia grazie al programma sul rientro deicervelli e insegna Gravità quantistica alla Sapienza. I ricercatori hanno 'letto' in modo nuovi i dati raccolti nel2009 dal telescopio Fermi ed hanno capito che la propagazionedelle particelle di luce, i fotoni, può essere influenzata dallaschiuma dello spazio-tempo. Non si sa quando si riuscirà a 'vedere' direttamente la tramadello spazio-tempo, ma quando questo avverrà l'impatto avrà unaportata storica. ''Sarà la chiave - osserva il ricercatore -percapire come far lavorare insieme le due teorie di riferimentodella fisica moderna: quella della relatività, che spiega lagravitazione su larga scala, e la fisica quantistica, che studiail mondo dell'infinitamente piccolo''. Due teorie che sono ipilastri della fisica moderna, ma che nessuno è mai riuscito aconciliare. (ANSA).

1agina p

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Agenzia ANSA

Canale Scienza&Tecnica

Primo zoom sullo spazio-tempo Dopo decenni, diventa possibile osservarne la'trama' 16 marzo, 18:54

Primo zoom sullo spazio-tempo: dopo decenni di teorie, per la prima volta diventa possibile riuscire

ad osservare la struttura microscopica che lo costituisce e che i fisici quantistici chiamano

'schiuma'. A compiere questo passo senza precedenti e considerato finora impossibile, è il gruppo

di Giovanni Amelino Camelia, dell'università Sapienza di Roma.

Pubblicato sulla rivista Nature Physics, il risultato è stato raggiunto grazie ai dati del telescopio

spaziale Fermi della Nasa, al quale l'Italia partecipa con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto

Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). La ricerca è stata

condotta in collaborazione con Vlasios Vasileiou, dell'università francese di Montpellier, Jonathan

Granot, dell'università di Israele, e Tsvi Piran, dell'università di Gerusalemme.

''Fino a 15 anni fa riuscire ad osservare la trama dello spazio-tempo sembrava impossibile, ora

dimostriamo che si può fare'', spiega Amelino Camelia, indicato dal periodico americano Discover

fra i sei possibili nuovi Einstein per aver elaborato una variante della teoria della relatività. Dopo

aver lavorato negli Stati Uniti, nell'università di Boston e nel Massachusetts Institute of Technology

(Mi), e nell'università britannica di Oxford, è tornato in Italia grazie al programma sul rientro dei

cervelli e insegna Gravità quantistica alla Sapienza.

I ricercatori hanno 'letto' in modo nuovi i dati raccolti nel 2009 dal telescopio Fermi ed hanno capito

che la propagazione delle particelle di luce, i fotoni, può essere influenzata dalla schiuma dello

spazio-tempo.

Non si sa quando si riuscirà a 'vedere' direttamente la trama dello spazio-tempo, ma quando

questo avverrà l'impatto avrà una portata storica. ''Sarà la chiave - osserva il ricercatore -per

capire come far lavorare insieme le due teorie di riferimento della fisica moderna: quella della

relatività, che spiega la gravitazione su larga scala, e la fisica quantistica, che studia il mondo

dell'infinitamente piccolo''. Due teorie che sono i pilastri della fisica moderna, ma che nessuno è

mai riuscito a conciliare.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

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Fisica, primo zoom sullo spazio-tempo: possibile osservarne la "trama"

E' la struttura microscopica che lo costituisce e che i fisici quantistici

chiamano "schiuma". Vsta grazie al telescopio spaziale Fermi

16 marzo 2015

ROMA - Primo zoom sullo spazio-tempo: dopo decenni di teorie, per la prima volta diventa

possibile riuscire ad osservare la struttura microscopica che lo costituisce e che i fisici

quantistici chiamano 'schiuma'. A compiere questo passo senza precedenti e considerato

finora impossibile, è il gruppo di Giovanni Amelino Camelia, dell'università Sapienza di

Roma.

Pubblicato sulla rivista Nature Physics, il risultato è stato raggiunto grazie ai dati del

telescopio spaziale Fermi della Nasa, al quale l'Italia partecipa con Agenzia Spaziale

Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

(Infn). La ricerca è stata condotta in collaborazione con Vlasios Vasileiou, dell'università

francese di Montpellier, Jonathan Granot, dell'università di Israele, e Tsvi Piran,

dell'università di Gerusalemme.

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"Fino a 15 anni fa riuscire ad osservare la trama dello spazio-tempo sembrava impossibile,

ora dimostriamo che si può fare", spiega Amelino Camelia, indicato dal periodico

americano Discover fra i sei possibili nuovi Einstein per aver elaborato una variante della

teoria della relatività. Dopo aver lavorato negli Stati Uniti, nell'università di Boston e nel

Massachusetts Institute of Technology (Mi), e nell'università britannica di Oxford, è tornato

in Italia grazie al programma sul rientro dei cervelli e insegna Gravità quantistica alla

Sapienza.

I ricercatori hanno 'letto' in modo nuovi i dati raccolti nel 2009 dal telescopio Fermi ed

hanno capito che la propagazione delle particelle di luce, i fotoni, può essere influenzata

dalla schiuma dello spazio-tempo.

Non si sa quando si riuscirà a 'vedere' direttamente la trama dello spazio-tempo, ma

quando questo avverrà l'impatto avrà una portata storica. "Sarà la chiave - osserva il

ricercatore -per capire come far lavorare insieme le due teorie di riferimento della fisica

moderna: quella della relatività, che spiega la gravitazione su larga scala, e la fisica

quantistica, che studia il mondo dell'infinitamente piccolo". Due teorie che sono i pilastri

della fisica moderna, ma che nessuno è mai riuscito a conciliare.

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18 marzo 2015

Verso una verifica sperimentale della schiuma spazio-temporale?

(Cortesia Sapienza Università di Roma)

I fotoni che provengono dagli angoli più remoti dell'universo catturati dal telescopio Fermi

della NASA possono essere studiati per confermare la validità della teoria della schiuma

spazio-temporale, elaborata per coniugare relatività generale e meccanica quantistica. Lo

afferma uno studio teorico, secondo cui la precisione delle osservazioni è già sufficiente

per escludere alcune varianti della teoria(red)

Le osservazioni del telescopio spaziale Fermi della NASA forniscono un valido metodo per verificare

sperimentalmente la teoria della schiuma spazio-temporale, elaborata per coniugare la relatività generale di

Albert Einstein con la meccanica quantistica. Lo afferma uno studio teorico pubblicato su “Nature Physics” da

Giovanni Amelino Camelia della "Sapienza" Università di Roma e colleghi.

La relatività generale, di cui quest'anno ricorre il centenario, e la meccanica quantistica sono due grandi teorie che

hanno avuto grande successo nel descrivere fenomeni fisici, e in effetti sono state verificate sperimentalmente più

e più volte. C'è tuttavia una grande difficoltà nel conciliarle tra loro, o meglio nell'elaborare una teoria più ampia

che le comprenda entrambe.

Le difficoltà nascono innanzitutto per la differenze di scale dimensionali: la relatività generale descrive le

interazioni gravitazionali tra i corpi macroscopici e che si svolgono su grandi distanze, mentre la teoria quantistica

riguarda oggetti microscopici, per esempio gli atomi.

Una delle proposte più affascinanti che cerca di mettere d'accordo relatività generale e meccanica quantistica è

quella della cosiddetta schiuma spazio-temporale. Lo spazio-tempo, cioè l'insieme delle tre dimensioni spaziali e

di quella temporale, è l'ente fisico-geometrico descritto dalla teoria della relatività generale come una specie di

tessuto che permea tutto l'universo.

Ogni massa deforma questo tessuto come farebbe una palla da biliardo o un qualsiasi corpo posato su un lenzuolo

fissato ai quattro estremi. Una biglia posata sul lenzuolo, cadrebbe inevitabilmente verso la concavità, finendo a

ridosso della palla da biliardo: con lo stesso principio si spiega l'attrazione gravitazionale tra corpi dotati di massa.

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Illustrazione dei fotoni che dagli angoli remoti del cosmo raggiungono il telescopio spaziale Fermi (Cortesia

"Sapienza" Università di Roma)

Proseguendo con questa analogia, è possibile pensare che qualunque tessuto visto abbastanza da lontano appaia

perfettamente liscio. Avvicinandosi invece si può capire che è dotato di una struttura fine alle scale dimensionali

più piccole. La teoria della schiuma, in termini generali, fa proprio questo: postula che il tessuto dello spazio-

tempo abbiamo una struttura "porosa" alle scale più piccole, anche dell'ordine di 10 elevato alla meno 35 metri.

Ma proprio le scale estremamente ridotte hanno rappresentato un limite insormontabile per tutti i tentativi di

trovare una conferma sperimentale alla teoria della schiuma spazio-temporale. Ora però Amelino Camelia e

colleghi hanno scoperto che c'è un modo per verificarla ed è basato su alcune osservazioni astronomiche

effettuate con il telescopio spaziale Fermi: a interessare gli autori dello studio è in particolare un lampo di raggi

gamma catturato nel 2009.

"I tempi lunghissimi di propagazione dalle sorgenti astrofisiche osservate dal telescopio Fermi, tempi di miliardi

di anni, di fatto amplificano gli effetti piccolissimi della schiuma spazio-temporale, portando a un effetto

complessivo che è potenzialmente osservabile”, ha spiegato Amelino Camelia.

Il livello di precisione delle misure di Fermi è già sufficiente per escludere alcune varianti della teoria della

schiuma spazio-temporale, ma il risultato più importante è aver stabilito un metodo di analisi dei dati di Fermi che

potrà essere affinato via via. Proseguendo su questo cammino, le osservazioni del cosmo potrebbero fornire

indicazioni "in positivo" su qual è la variante corretta della teoria.

"Il fatto che per la prima volta dati sperimentali ci dicano qualcosa di significativo sulla schiuma anche

semplicemente per escludere ciò che essa non è, rappresenta un passo significativo nell’esplorazione di questo

scenario”, ha concluso Amelino Camelia.

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Uno sguardo nella “schiuma” dello spazio-tempo 0

di Sandro Iannaccone | Pubblicato il 18 Marzo 2015

Ha appena compiuto cento anni, ma non ha neanche una ruga. La teoria della relatività

generale, formulata nel 1916 da Albert Einstein, continua incessantemente a pompare nuova linfa

nella fisica, aprendo gli orizzonti a nuovi modelli teorici e richiedendo conferme

sperimentali sempre più accurate. L’ultima novità, in ordine di tempo, è quella appena pubblicata

su Nature Physics da un’équipe di scienziati di cui fa parte anche il nostro Giovanni Amelino-

Camelia, fisico teorico della Sapienza Università di Roma, editorialista di Wired e già indicato

dal periodico americano Discover come uno dei possibili novelli Einstein per la sua teoria

della relatività doppiamente speciale.

Amelino-Camelia, in collaborazione con Vlaios Vasileiou, dell’università francese di

Montpellier, Johnathan Granot, dell’università di Israele e Tsvi Piran, dell’università di

Gerusalemme, ha analizzato i dati provenienti dal Fermi Gamma-Ray Space

Telescope della Nasa per capire come la struttura dello spazio-tempoinfluenzi le velocità

dei fotoni provenienti da esplosioni cosmiche molto distanti.

Si tratta di una questione abbastanza delicata, che investe i due pilastri della fisica moderna,

la relatività generale, per l’appunto, e la meccanica quantistica, entrambe ampiamente verificate

a livello sperimentale. Per comprendere il lavoro degli scienziati, è necessario fare un piccolo passo

indietro. La prima teoria spiega il comportamento della gravità, descrivendola in termini di una

sorta di deformazione dello spazio-tempo, la struttura quadridimensionale in cui siamo immersi. La

seconda, invece, contiene le leggi fisiche che regolano il comportamento di onde eparticelle su

scale spaziali microscopiche.

Semplificando all’estremo, potremo dire che le due teorie si occupano, rispettivamente,

dell’enormemente grande e dell’enormemente piccolo. Separatamente, meccanica quantistica e

relatività generale funzionano alla perfezione. Il problema è che, quando i fisici provano a inserirle

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in un unico quadro, le teorie non combaciano. In altre parole, usando un linguaggio caro agli

scienziati, non è ancora possibile quantizzare la gravità.

Una delle strade attualmente più promettenti per conciliare le due teorie prevede l’esistenza di una

sorta di schiuma di spazio-tempo: si tratta di una predizione comune a parecchi modelli teorici,

secondo la quale su scale microscopiche lo spazio non sarebbe continuo, ma avrebbe, per l’appunto,

una struttura schiumosa. “Si tratta di un concetto complesso”, ha spiegato Amelino-Camelia, “ma

un’analogia può forse aiutarci a intuirlo. Consideriamo per esempio la nostra attuale descrizione

geometrica dello spazio-tempo: ricorda un po’ la geometria di un telo ideale. Un telo che risponde

alle sollecitazioni piegandosi, diventando più teso, restando però liscio, caratterizzato da una

geometria continua. Ebbene, noi ci aspettiamo che questa sia solo una prima approssimazione,

un’immagine rozza. In una descrizione microscopia più accurata, quel telo dovrebbe essere in un

certo senso poroso, come una schiuma. E con porosità la cui grana cambia rapidamente e

drammaticamente quando le distanze si fanno corte”.

Il problema è che la dimensione degli elementi che comporrebbero tale schiuma è troppo piccola

per poter essere misurata direttamente. Per accedervi in modo indiretto si potrebbe, per esempio,

cercare di capire se e come le particelle elementare (i fotoni, per esempio) interagiscono con la

schiuma. Esattamente ciò che ha fatto l’équipe di Amelino-Camelia, analizzando gli effetti della

schiuma sulla propagazione di fotoni lontani – quelli che provengono dai cosiddetti gamma ray

bursts, violentissime esplosioni in galassie distanti. Effetti che, continua il fisico, sono

estremamente piccoli e dunque, a loro volta, difficili da misurare.

“Ci aspettiamo che una delle implicazioni della schiuma”, ci racconta lo scienziato, “sia che

la legge di propagazione dei fotoni riceverebbe un nuovo contributo di fluttuazione statistica:

fotoni emessi simultaneamente raggiungerebbero il rilevatore non simultaneamente, con differenza

nei tempi di arrivo governata da una legge di fluttuazione statistica/casuale”. Che vuol dire? Le

particelle di luce, in linea di principio, dovrebbero muoversi tutte alla stessa velocità.

Ma se l’Universo è davvero fatto di una schiuma infinitesima e irregolare, quest’ultima potrebbe

modificare traiettorie e velocità dei fotoni, che quindi non arriverebbero simultaneamente sulla

Terra, ma a tempi diversi. “Ci sono diversi modelli teorici che studiano la propagazione dei fotoni:

noi ne abbiamo testato uno che assume che l’effetto della ‘schiuma’ cresca al crescere dell’energia

di due fotoni identici emessi simultaneamente”.

Lo scenario, come avrete capito, non è dei più semplici. Grazie all’analisi dei dati che arrivano dal

telescopio Fermi, gli scienziati sono riusciti a escludere i modelli di schiuma più ottimistici, cioè

quelli che prevedevano fluttuazioni deboli (ma non troppo) nelle velocità dei fotoni. Un risultato

solo apparentemente “negativo”, precisa ancora Amelino-Camelia, che rappresenta invece una

tappa fondamentale per la ricerca nel campo. Finora, infatti, era sperimentalmente impossibile

verificare le teorie più ottimistiche: la sfida è stata ora superata e si può cominciare a pensare a

come attaccare i modelli più pessimistici, quelli che prevedono fluttuazioni ancora più

impercettibili.

“Fino a 15 anni fa”, sottolinea Amelino-Camelia, “riuscire a osservare la trama dello spazio-tempo

sembrava impossibile, ora abbiamo dimostrato che si può fare”. Quello che abbiamo capito,

sostanzialmente, è che la schiuma è ancora più impalpabile di quanto pensassimo. Una cosa,

comunque, è certa, secondo lo scienziato: quando riusciremo a osservare, direttamente o

indirettamente, la trama dello spazio-tempo, avremo finalmente in mano la chiave per capire come

conciliare meccanica quantistica e relatività generale. Un risultato niente male.

Credits immagine: Nasa/Sapienza Università di Roma

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Il primo sguardo nella trama

dello spazio-tempo Un’équipe internazionale di scienziati, tra cui il fisico italiano

Giovanni Amelino-Camelia, ha analizzato le traiettorie di fotoni

lontanissimi per scoprire la struttura più intima dell’Universo

(Immagine: Nasa/Sapienza Università di Roma)

Ha appena compiuto cento anni, ma non ha neanche una ruga. Lateoria della

relatività generale, formulata nel 1916 da Albert Einstein, continua

incessantemente a pompare nuova linfa nella fisica, aprendo gli orizzonti a

nuovi modelli teorici e richiedendo conferme sperimentali sempre più accurate.

L’ultima novità, in ordine di tempo, è quella appena pubblicata su Nature

Physics da un’équipe di scienziati di cui fa parte anche il nostro Giovanni

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Amelino-Camelia, fisico teorico della Sapienza Università di

Roma,editorialista di Wired e già indicato dal periodico americano

Discover come uno dei possibili novelli Einstein per la sua teoria della relatività

doppiamente speciale.

Amelino-Camelia, in collaborazione con Vlaios Vasileiou, dell’università

francese di Montpellier, Johnathan Granot, dell’università di Israele e Tsvi

Piran, dell’università di Gerusalemme, ha analizzato i dati provenienti dal Fermi

Gamma-Ray Space Telescope della Nasa per capire come la struttura

dellospazio-tempo influenzi le velocità dei fotoni provenienti da esplosioni

cosmiche molto distanti.

Si tratta di una questione abbastanza delicata, che investe i due pilastri della fisica

moderna, la relatività generale, per l’appunto, e la meccanica quantistica,

entrambe ampiamente verificate a livello sperimentale. Per comprendere il lavoro

degli scienziati, è necessario fare un piccolo passo indietro. La prima teoria spiega

il comportamento della gravità, descrivendola in termini di una sorta

di deformazione dello spazio-tempo, la struttura quadridimensionale in cui siamo

immersi. La seconda, invece, contiene le leggi fisiche che regolano

il comportamento di onde e particelle su scale spaziali microscopiche.

Semplificando all’estremo, potremo dire che le due teorie si occupano,

rispettivamente, dell’enormemente grande e dell’enormemente piccolo.

Separatamente, meccanica quantistica e relatività generale funzionano alla

perfezione. Il problema è che, quando i fisici provano a inserirle in un unico

quadro, le teorie non combaciano. In altre parole, usando un linguaggio caro agli

scienziati, non è ancora possibile quantizzare la gravità.

Una delle strade attualmente più promettenti per conciliare le due teorie prevede

l’esistenza di una sorta di schiuma di spazio-tempo: si tratta di una predizione

comune a parecchi modelli teorici, secondo la quale su scale microscopiche lo

spazio non sarebbe continuo, ma avrebbe, per l’appunto, una

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struttura schiumosa. “Si tratta di un concetto complesso”, ha spiegato Amelino-

Camelia,“ma un’analogia può forse aiutarci a intuirlo. Consideriamo per

esempio la nostra attuale descrizione geometrica dello spazio-tempo: ricorda un

po’ la geometria di un telo ideale. Un telo che risponde alle sollecitazioni

piegandosi, diventando più teso, restando però liscio, caratterizzato da una

geometria continua. Ebbene, noi ci aspettiamo che questa sia solo una prima

approssimazione, un’immagine rozza. In una descrizione microscopia più

accurata, quel telo dovrebbe essere in un certo senso poroso, come una schiuma.

E con porosità la cui grana cambia rapidamente e drammaticamente quando le

distanze si fanno corte”.

Il problema è che la dimensione degli elementi che comporrebbero tale schiuma è

troppo piccola per poter essere misurata direttamente. Per accedervi in modo

indiretto si potrebbe, per esempio, cercare di capire se e come le particelle

elementare (i fotoni, per esempio) interagiscono con la schiuma. Esattamente ciò

che ha fatto l’équipe di Amelino-Camelia, analizzando gli effetti della schiuma

sulla propagazione di fotoni lontani – quelli che provengono dai cosiddetti gamma

ray bursts, violentissime esplosioni in galassie distanti. Effetti che, continua il

fisico, sono estremamente piccoli e dunque, a loro volta, difficili da misurare.

“Ci aspettiamo che una delle implicazioni della schiuma”, ci racconta lo

scienziato, “sia che la legge di propagazione dei fotoni riceverebbe un nuovo

contributo di fluttuazione statistica: fotoni emessi simultaneamente

raggiungerebbero il rilevatore non simultaneamente, con differenza nei tempi di

arrivo governata da una legge di fluttuazione statistica/casuale”. Che vuol dire?

Le particelle di luce, in linea di principio, dovrebbero muoversi tutte alla stessa

velocità.

Ma se l’Universo è davvero fatto di una schiuma infinitesima e irregolare,

quest’ultima potrebbe modificare traiettorie e velocità dei fotoni, che quindi non

arriverebbero simultaneamente sulla Terra, ma a tempi diversi. “Ci sono diversi

modelli teorici che studiano la propagazione dei fotoni: noi ne abbiamo testato

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uno che assume che l’effetto della ‘schiuma’ cresca al crescere dell’energia di due

fotoni identici emessi simultaneamente”.

Lo scenario, come avrete capito, non è dei più semplici. Grazie all’analisi dei dati

che arrivano dal telescopio Fermi, gli scienziati sono riusciti a escludere i modelli

di schiuma più ottimistici, cioè quelli che prevedevano fluttuazioni deboli (ma

non troppo) nelle velocità dei fotoni. Un risultato solo apparentemente “negativo”,

precisa ancora Amelino-Camelia, che rappresenta invece una tappa fondamentale

per la ricerca nel campo. Finora, infatti, era sperimentalmente impossibile

verificare le teorie più ottimistiche: la sfida è stata ora superata e si può cominciare

a pensare a come attaccare i modelli più pessimistici, quelli che prevedono

fluttuazioni ancora più impercettibili.

“Fino a 15 anni fa”, sottolinea Amelino-Camelia, “riuscire a osservare la trama

dello spazio-tempo sembrava impossibile, ora abbiamo dimostrato che si può

fare”. Quello che abbiamo capito, sostanzialmente, è che la schiuma è ancora

più impalpabile di quanto pensassimo. Una cosa, comunque, è certa, secondo lo

scienziato: quando riusciremo a osservare, direttamente o indirettamente,

la trama dello spazio-tempo, avremo finalmente in mano la chiave per capire

come conciliare meccanica quantistica e relatività generale. Un risultato niente

male.

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Lampi gamma sulla schiuma quantistica Calcolati grazie all’osservazione di un GRB con il satellite Fermi, escono su Nature Physics i primi vincoli mai

ottenuti sulle variazioni stocastiche della velocità della luce indotte dalla schiuma spaziotemporale. Giovanni

Amelino-Camelia: «È un risultato significativo: dimostra che questa ricerca si può fare» di Marco Malaspina

lunedì 16 marzo 2015 @ 17:16

Rappresentazione artistica d’un lampo di raggi gamma. Crediti: NASA/Swift/Mary Pat Hrybyk-Keith

e John Jone

Era il 10 maggio del 2009 quando alcuni fotoni provenienti dagli abissi del tempo, dopo un viaggio durato circa sette miliardi di anni, andarono a concludere la loro avventura schiantandosi contro i rivelatori per raggi gamma a bordo del satellite Fermi della NASA, in orbita attorno alla Terra. Luogo di provenienza delle impalpabili particelle, il GRB090510: un lampo di raggi gamma – dunque uno dei fenomeni più violenti dell’universo, big bang a parte – molto distante (a redshift 0.903, per dirla con i cosmologi), nonché uno fra i più brillanti mai rilevati.

Particelle impalpabili, dicevamo, ma pur sempre testimoni – solo a saperle interrogare – di cose che noi umani non potremmo neanche immaginare. Cose come la schiuma quantistica, quell’altrettanto impalpabile porosità del vuoto spaziotemporale all’interno della quale, suggeriscono alcuni modelli, le fondamenta stesse della fisica – dalla relatività generale alla simmetria di Lorentz – cominciano a traballare. Ebbene, fra coloro che le sanno interrogare, e che sanno quali domande porre a questi fotoni viaggiatori, c’è Giovanni Amelino-Camelia.

Tra i primi al mondo a ipotizzare la presenza d’un effetto misurabile della quantizzazione dello spaziotempo sulle particelle relativistiche (in un lavoro pubblicato su Nature nel 1998 dal titolo “Tests of

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quantum gravity from observations of big gamma-ray bursts”), Amelino-Camelia è oggi professore al dipartimento di fisica dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ed è fra i coautori d’uno studio, pubblicato sull’ultimo numero di Nature Physics, nel quale per la prima volta, grazie proprio all’osservazione compiuta da Fermi dei fotoni prodotti dal lampo gamma GRB090510, viene posto un limite inferiore alla scala energetica alla quale deve presentarsi, se la schiuma quantistica davvero esiste, uno degli effetti dovuti alla sua fuzziness: la perturbazione della velocità della luce nel vuoto. Altrettanto rilevante, questo limite inferiore risulta piuttosto elevato: 2.8 volte l’energia di Planck. Un valore sufficiente a escludere alcuni modelli. E per comprendere qualcosa di più sulla rilevanza di questo risultato, Media INAF ha intervistato lo stesso Amelino-Camelia.

Professor Amelino-Camelia, partiamo dalla responsabile dei risultati descritti nel vostro studio: che cos’è, questa “schiuma”?

«Con schiuma spaziotempolare si denomina la descrizione fondamentale dello spaziotempo, quella che dovrà emergere dall’unificazione fra meccanica quantistica e descrizione generale relativistica dei fenomeni gravitazionali. Si tratta di un concetto complesso, ma un’analogia può forse aiutarci a intuirlo. Consideriamo per esempio la nostra attuale descrizione geometrica dello spaziotempo: ricorda un po’ la geometria di un telo ideale. Un telo che risponde alle sollecitazioni piegandosi, divenendo più teso, restando però “liscio”, caratterizzato da una geometria continua, fluida. Ebbene, noi ci aspettiamo che questa sia solo una prima approssimazione, un’immagine rozza. In una descrizione microscopica più accurata, quel telo dovrebbe essere in un certo senso poroso, come un schiuma. E con porosità la cui grana cambia rapidamente e drammaticamente quando le distanze si fanno corte».

In che modo fenomeni come i lampi di raggi gamma possono dirci se questa schiuma è realtà?

«L’immagine della geometria dello spaziotempo che ho appena suggerito descrive uno scenario che comporta inevitabilmente alcune conseguenze sul modo in cui si propagano le particelle, visto che la loro propagazione deve conformarsi, è ovvio, alle proprietà dello spaziotempo in cui si propagano. Ora, quelli che ci attendiamo sono effetti piccolissimi: per la propagazione su distanze terrestri, per esempio, non è possibile che questi effetti si accumulino a livello osservabile. Ma se la propagazione avviene su distanze cosmologiche, com’è appunto il caso dei lampi di raggi gamma, l’effetto cumulativo potrebbe essere osservabile».

E lo è?

«Le previsioni su quanto la schiuma spaziotemporale condizioni la propagazione di particelle su distanze cosmologiche hanno forte dipendenza dai diversi modelli ai quali si rifanno. C’è quindi una gamma di predizioni, da quelle dei modelli più ottimistici (che contemplano effetti comunque ridottissimi ma meno deboli che in altri modelli) via via, a scendere, a quelle dei modelli più pessimistici, che dunque prevedono effetti ancora più deboli. Fino a oggi non si era mai riusciti a raggiungere nemmeno la sensibilità necessaria a mettere alla prova i modelli più ottimistici, quindi l’intero programma di ricerca era in limbo».

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Giovanni Amelino-Camelia

Ora cosa cambia, con il risultato descritto nel vostro articolo?

«La nostra analisi sblocca la situazione: abbiamo sviluppato una strategia di analisi dei dati del telescopio Fermi che consente d’escludere i modelli di schiuma spaziotemporale più ottimistici. Un risultato quindi “negativo”, nel senso che falsifica alcuni modelli, ma che rappresenta non di meno una tappa importante, una milestone: mostra che questa ricerca si può fare. In altre parole, abbiamo fatto compiere a questo programma di ricerca il primo passo. Ora finalmente si può avviare il meccanismo salutare della scienza, con successivi miglioramenti della qualità dei dati e raffinamenti delle tecniche di analisi che porteranno, prima o poi, alla scoperta della schiuma spaziotemporale».

Tutto grazie a un lampo gamma… ma allargando lo sguardo anche ad altre sorgenti oltre ai GRB, oppure ad altri strumenti oltre a Fermi, quali sono concretamente i passi che ci attendono, le prospettive più interessanti per lo studio della struttura quantistica dello spaziotempo attraverso osservazioni astrofisiche e cosmologiche?

«Per questo genere di studi, l’ideale sono proprio telescopi spaziali come Fermi, ma anche la realizzazione di un osservatorio terrestre come il CTA, il Cherenkov Telescope Array, apre prospettive interessanti. Certo, un nuovo telescopio di “tipo Fermi”, anche se dovesse migliorare ad esempio solo di un fattore 3 in sensibilità e ampiezza del range d’energie rilevabili, potrebbe fare davvero la differenza per questo programma di ricerca: potremmo essere ad un passo da una scoperta d’importanza fondamentale, che rischiamo di mancare se non viene realizzato, in qualche forma, una sorta di “telescopio Fermi upgraded”, potenziato. Con il CTA si aprono comunque prospettive interessanti: avremo dati su fotoni d’energie più elevate rispetto a quelli rilevati da Fermi, e questo aiuta gli obiettivi dello studio della schiuma spaziotemporale. Anche se, tipicamente, saranno dati derivati da sorgenti relativamente più vicine rispetto ai gamma-ray bursts più lontani osservati da Fermi. Insomma, con il CTA ci sarà da gestire una situazione un po’ di compromesso, occorrerà vedere se l’accesso a energie più alte sarà sufficiente a compensare il minor accumulo d’effetti lungo la propagazione».

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Scienza: primo zoom sullo spazio-tempo, adesso è possibile osservarne la

“trama”

lunedì 16 marzo 2015, 17:48 di Peppe Caridi

Primo zoom sullo spazio-tempo: dopo decenni di teorie, per la prima volta diventa possibile riuscire

ad osservare la struttura microscopica che lo costituisce e che i fisici quantistici chiamano ‘schiuma’.

A compiere questo passo senza precedenti e considerato finora impossibile, è il gruppo di Giovanni

Amelino Camelia, dell’università Sapienza di Roma. Pubblicato sulla rivista Nature Physics, il

risultato è stato raggiunto grazie ai dati del telescopio spaziale Fermi della Nasa, al quale l’Italia

partecipa con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Istituto

Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). La ricerca e’ stata condotta in collaborazione con Vlasios

Vasileiou, dell’università francese di Montpellier, Jonathan Granot, dell’università di Israele, e Tsvi

Piran, dell’università di Gerusalemme. ”Fino a 15 anni fa riuscire ad osservare la trama dello spazio-

tempo sembrava impossibile, ora dimostriamo che si può fare”, spiega Amelino Camelia, indicato

dal periodico americano Discover fra i sei possibili nuovi Einstein per aver elaborato una variante

della teoria della relatività. Dopo aver lavorato negli Stati Uniti, nell’università di Boston e nel

Massachusetts Institute of Technology (Mi), e nell’università britannica di Oxford, e’ tornato in Italia

grazie al programma sul rientro dei cervelli e insegna Gravità quantistica alla Sapienza. I ricercatori

hanno ‘letto’ in modo nuovi i dati raccolti nel 2009 dal telescopio Fermi ed hanno capito che la

propagazione delle particelle di luce, i fotoni, può essere influenzata dalla schiuma dello spazio-

tempo. Non si sa quando si riuscirà a ‘vedere’ direttamente la trama dello spazio-tempo, ma quando

questo avverrà l’impatto avrà una portata storica. ”Sarà la chiave – osserva il ricercatore -per capire

come far lavorare insieme le due teorie di riferimento della fisica moderna: quella della relatività,

che spiega la gravitazione su larga scala, e la fisica quantistica, che studia il mondo dell’infinitamente

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piccolo”. Due teorie che sono i pilastri della fisica moderna, ma che nessuno e’ mai riuscito a

conciliare.