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  • J. D. Salinger

    Franny e Zooey

    traduzione di Romano Carlo Cerrone

    e Ruggero Bianchi

    Einaudi

  • L'Arcipelago Einaudi

    26

    Titolo originale Franny and Zooey

    Little, Brown and Company Copyright 1955 e 1957, 1961 J. D. Salinger

    1963 e 2003 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

    www.einaudi.it

    ISBN 978-88-06-16661-8

  • Franny

  • Anche se c'era un bel sole, sabato mattina era di nuovo tempo da cappotto, non da soprabito, com'era stato tutta la settimana e come tutti avevano sperato continuasse durante il gran week-end, il week-end dell'incontro con lo Yale. Dei venti e pi giovanotti in attesa alla stazione che le loro ragazze arrivassero col dieci-e-cinquantadue, non pi di sei o sette erano fuori sul marciapiede freddo e scoperto. Gli altri, senza cappello e avvolti nel fumo, erano sparsi in gruppetti di due, di tre o di quattro, per la sala d'aspetto riscaldata. Parlavano con voci nelle quali, quasi senza eccezione, risuonava l'accento dogmatico dei college, come se ciascuno di quei giovanotti, nelle sue stridule battute, stesse liquidando una volta per tutte un qualche profondissimo problema che il mondo degli estranei, dei profani, aveva, magari apposta, inutilmente complicato per secoli.

    Lane Coutell, che doveva avere una fodera di lana abbottonata sotto il Burberry, era uno dei sei o sette ragazzi in attesa sul marciapiede scoperto. Cio, era e non era uno di loro. Per dieci minuti o anche pi era rimasto ostentatamente in disparte dalla conversazione degli altri ragazzi, la schiena appoggiata alla rastrelliera degli opuscoli gratuiti della Christian Science, le mani senza guanti infilate nelle tasche dell'impermeabile. Portava una sciarpa marrone di cashmere che gli si era arrampicata sul collo, lasciandolo quasi senza riparo. Improvvisamente, con aria di noncuranza, tir fuori la mano destra dalla tasca e si mise ad aggiustarsi la sciarpa, ma prima che fosse a posto cambi parere e adoper la stessa mano per pescare una lettera dalla tasca interna della giacca. Cominci subito a leggerla, la bocca semiaperta.

    La lettera era scritta - scritta a macchina - su carta azzurro pallido. Era stropicciata, sgualcita, come se fosse stata tolta dalla busta e letta gi parecchie volte.

    Marted, credo

    Carissimo Lane,

    Non ho la pi pallida idea se ce la farai a decifrare questo foglio, ma qui nel dorm stasera c' un chiasso pazzesco e non riesco quasi a sentirmi pensare. Perci se faccio degli errori di ortografia, per piacere, sii cos cortese da lasciar correre. Tra l'altro ho seguito il tuo consiglio e ho fatto un gran uso del dizionario in questi ultimi tempi, cos se il mio stile impacciato la colpa tua. Comunque ho appena ricevuto la tua bellissima lettera e ti voglio un bene da morire ecc. e non sto pi nella pelle per il week-end. Peccato che tu non possa sistemarmi alla Croft House ma non importa molto dove star, purch sia caldo e non ci siano cimici e ti possa vedere qualche volta, cio ogni minuto. Sto diventando cio cretina. Adoro la tua lettera, specialmente la parte che riguarda Eliot. Credo di cominciare a schifare tutti i poeti, eccetto Saffo. Mi sono messa a leggerla come una matta, e sei pregato di non fare commenti volgari. Pu anche darsi che faccia l'esercitazione su Saffo, se mi decider a darci dentro per prendere la lode e se quello scemo che mi hanno affibbiato come assistente me la lascia fare. Muore il tenero Adone, o Citerea, e noi che faremo? Battetevi i seni, o fanciulle, e laceratevi le vesti. Non meraviglioso? Ed tutto cos. Mi vuoi bene? Non me l'hai detto neppure una volta nella tua orribile lettera. Ti odio quando vuoi fare il supermaschio impassibile e retiscente (scritto giusto ?) Non che ti odio proprio, solo che io di natura sono contro gli uomini forti e silenziosi. Non che tu sia forte ma insomma, sai cosa voglio dire. Stanno facendo un tale fracasso qui dentro che non riesco quasi a sentirmi pensare. Comunque ti voglio bene e ti spedisco questa lettera per espresso, cos la ricevi di sicuro in tempo, se riesco a trovare un francobollo in questo manicomio. Ti amo, ti amo, ti amo. Lo sai che ho ballato con te appena due volte in undici mesi ? Senza contare quella volta al Vanguard quando eri sbronzo. Pu darsi che io sia incurabilmente inibita. Se mi mandi soltanto una riga di risposta, succede che t'ammazzo. A sabato, cuoricino mio! !

    Ti amo,

    FRANNY

  • PS. Pap ha ritirato la radiografia dall'ospedale e siamo tutti pi tranquilli. un polipo, ma non maligno. Ho telefonato a mia madre, ieri sera. Tra l'altro mi ha detto di salutarti, cos puoi star tranquillo per quel venerd sera. Credo che non ci abbiano neppure sentiti entrare.

    PPS. Mi sento cos sciocca e ignorante quando ti scrivo. Perch? Ti autorizzo ad analizzare il fenomeno. Per, domenica prossima cerchiamo semplicemente di divertirci. Cio, per una volta sola, se possibile, vediamo di non analizzare tutto fino alla pazzia, nemmeno me. Ti voglio bene.

    FRANCES (sigla)

    Lane era quasi a met di quest'ennesima lettura, quando sub l'interruzione - l'intrusione, la profanazione - di un giovanotto ben piantato, Ray Sorenson, che voleva sapere se Lane ci aveva capito qualcosa di quel che diceva quel bastardo di Rilke. Sorenson e Lane erano entrambi nel Corso di letteratura europea moderna n. 251 (solo per studenti dell'ultimo anno o del Corso di perfezionamento) e dovevano studiare per luned la quarta elegia duinese di Rilke. Lane, che conosceva appena Sorenson ma aveva un'indefinibile, categorica avversione per la sua faccia e i suoi modi, mise via la lettera e disse che non era proprio sicuro ma pensava di aver capito quasi tutto.

    - Beato te, -disse Sorenson. - Sei proprio un uomo fortunato La sua voce arrivava quasi spenta, con appena un soffio di vitalit, come se si fosse rivolto a Lane solo per ammazzare la noia o per dominare l'eccitazione, e non per stabilire un contatto umano. - Cristo, che freddo, - disse, e tir fuori un pacchetto di sigarette dalla tasca. Sul risvolto del cappotto di cammello di Sorenson, Lane not una sbavatura di rossetto quasi svanita ma tale da attrarre ancora l'attenzione. Sembrava che il rossetto fosse l da settimane, forse da mesi, ma Lane conosceva Sorenson troppo poco per parlargliene, e d'altronde non gliene importava un accidente. E poi il treno era in arrivo. I due ragazzi fecero un mezzo giro a sinistra, per mettersi di fronte alla locomotiva. Quasi nello stesso istante, la porta della sala d'aspetto si spalanc con fracasso e i ragazzi che erano rimasti al caldo cominciarono a uscire incontro al treno. Davano l'impressione di avere almeno tre sigarette accese in ogni mano.

    Anche Lane accese una sigaretta mentre il treno entrava in stazione. Come tanti, che avrebbero forse bisogno di un corso preliminare d'attesa ferroviaria, anche Lane cerc di svuotare il proprio volto di qualsiasi espressione che potesse rivelare con semplicit e magari con grazia quali fossero i suoi sentimenti per la persona che arrivava.

    Franny fu tra le prime a scendere dal treno, da un vagone all'estremit nord del marciapiede. Lane la individu subito, e a dispetto di tutto quel che cercava di fare della propria faccia, il braccio che gli scatt in aria espresse tutta la verit. Franny vide il braccio e vide Lane, e rispose con un'alzata di mano tutta sua. Portava una pelliccia di orsetto rasato e Lane, camminando verso di lei in fretta ma con l'aria di chi va adagio, rimugin tra s, cercando di reprimere l'eccitazione, che era l'unico su quel marciapiede a conoscere veramente la pelliccia di Franny. Si ricord che una volta, su una macchina che gli avevano imprestato, dopo aver baciato Franny per pi di mezz'ora, le aveva baciato anche il risvolto della pelliccia, come se si trattasse di un'appetibilissima estensione organica della sua persona.

    - Lane! - Franny lo salut contenta: lei non apparteneva certo alla categoria di quelli che svuotano la faccia di qualsiasi espressione. Gli butt le braccia al collo e lo baci. Era un bacio da banchina ferroviaria, abbastanza spontaneo come impostazione, ma piuttosto inibito nello svolgimento, e un po' come uno scontro ripetuto di fronti. -Hai avuto la mia lettera ? - gli chiese, e aggiunse senza quasi prender fiato: - Sei intirizzito, poverino ! Perch non hai aspettato dentro ? Hai avuto la mia lettera ?

  • - Quale lettera ? - disse Lane prendendole la valigia. Come un'altra mezza dozzina di valige appena scaricate dal treno, anche questa era blu scuro con le bordature di cuoio bianco.

    - Non l'hai avuta? L'ho imbucata mercoled. Dio mio! L'ho persino portata alla posta...

    - Ah, quella. S, m' arrivata. Tutti qui i tuoi bagagli ? Cos' quel libro?

    Lo sguardo di Franny corse gi alla mano sinistra. Teneva un libriccino rilegato in tela verde pisello. - Questo? Oh, niente di speciale, - disse. Apr la borsetta, vi cacci dentro il libro e segui Lane per il lungo marciapiede, verso la stazione dei taxi. Gli diede il braccio e parl quasi sempre lei. Prima fu qualcosa a proposito di un vestito messo in valigia che doveva essere stirato. Aveva comprato un piccolo ferro da stiro proprio carino, che sembrava fatto per una casa di bambola, ma aveva dimenticato di prenderlo. Di tutte le ragazze del treno, disse, ne avr conosciuto tre a dir tanto: Martha Farrar, Tippie Tibbet ed Eleanor qualcosa, che aveva gi incontrato anni fa, quando era al convitto a Exeter o da qualche parte. Le altre ragazze del treno, disse Franny, avevano tutte un'aria molto Smith, tranne due che erano proprio alla Vassar e una che era proprio un tipo Bennington o Sarah Lawrence. Il tipo Bennington - Sarah Lawrence dava l'impressione di aver fatto tutto il viaggio al gabinetto, a dipingere o scolpire o gi di l: capace di portare una calzamaglia sotto il vestito. Lane, camminando un po' troppo in fretta, disse che purtroppo non aveva potuto sistemarla alla Croft House - non c'era niente da fare, naturalmente - ma le aveva trovato un posticino proprio bello e accogliente. Piccolo, ma pulito e tutto quanto. Le sarebbe piaciuto, disse, e subito Franny si vide una pensione con la facciata di legno bianco. E tre ragazze che non si conoscevano, in un'unica stanza. La prima ad arrivare si sarebbe presa il divano-letto tutto bozzi, e le altre due avrebbero diviso un letto a due piazze con un materasso assolutamente fantastico. - Ottimo, - disse lei con entusiasmo. Certe volte era duro per Franny nascondere il proprio fastidio per l'incapacit caratteristica della razza maschile e di Lane in particolare. Le ritorn in mente una serata piovosa a New York, appena usciti da teatro, quando Lane, con un sospetto eccesso di carit pedonale, s'era lasciato soffiare il taxi da quell'orribile individuo in smoking. Allora non ci aveva fatto molto caso - Dio mio, sarebbe tremendo essere un uomo e dover fermare un taxi sotto la pioggia - ma ricord l'occhiata terribile e ostile che Lane le aveva rivolto ritornando da lei sul marciapiede. Adesso, sentendosi stranamente in colpa a pensare a quella e altre cose, strinse il braccio di Lane con una pressione lieve e speciale, di finta tenerezza. Salirono su un taxi, e la valigia blu con le bordature di cuoio bianco rimase davanti, accanto all'autista.

    - Adesso posiamo la valigia e la roba alla tua pensione. La sbattiamo solo dentro, e ce ne andiamo a mangiare qualcosa, - disse Lane. - Ho una gran fame -. Si sporse verso l'autista e gli diede l'indirizzo.

    - Oh, come son contenta di vederti ! - disse Franny mentre la macchina si metteva in moto. - Ho sentito tanto la tua mancanza -. Non aveva neanche finito di dirlo, che subito si accorse che non lo aveva affatto pensato. Si sent in colpa di nuovo e, stringendo forte la mano di Lane, intrecci con calore le sue dita alle sue.

    Circa un'ora dopo, Franny e Lane sedevano a un tavolo relativamente appartato da Sickler, un ristorante del centro, preferito soprattutto dalla cerchia intellettuale degli studenti: quegli stessi studenti, pi o meno, che, fossero stati di Yale o di Harvard, avrebbero forse un po' troppo casualmente dirottato la loro ragazza lontano da Mory o da Cronin. Sickler, si sarebbe detto, era l'unico ristorante della citt dove le bistecche non fossero alte cos-, pollice e indice a due centimetri di distanza. Da Sickler si mangiavano lumache. Sickler era il posto dove uno studente e la sua ragazza ordinavano un'insalata lui e un'insalata lei, o, pi spesso, non la ordinavano n lui n lei, per via dell'aglio. Franny e Lane si stavano bevendo un Martini. Dieci o quindici minuti prima, quando glieli avevano portati, Lane aveva assaggiato il

  • suo e poi, sprofondando nella sedia, aveva dato una rapida occhiata alla sala con un senso quasi palpabile di benessere a trovarsi (doveva essere sicuro che nessuno potesse contestarlo) al posto giusto con una ragazza dall'aspetto incontestabilmente giusto: una ragazza che non solo era straordinariamente carina ma, per fortuna, non era il solito tipo pullover di cashmere e gonna di flanella. Franny aveva notato quell'attimo di debolezza, e l'aveva preso per quel che era, n pi n meno. Ma per una qualche sua vecchia e radicata convenzione psichica, decise di sentirsi in colpa per averla notata, e si condann ad ascoltare la successiva conversazione di Lane, con una parvenza tutta speciale di concentrazione.

    Lane stava parlando ormai come chi monopolizza la conversazione da un buon quarto d'ora ed convinto di aver raggiunto un tono che permette di dire qualsiasi cosa. - Insomma, per parlar chiaro, - stava dicendo, - si direbbe uno senza testicolarit. Mi capisci? - Teneva la testa enfaticamente china in avanti verso Franny, il suo ricettivo uditorio, e gli avambracci puntati col Martini in mezzo.

    - Senza cosa ? - chiese Franny. Aveva dovuto schiarirsi la gola prima di parlare: era da tanto che non diceva una parola.

    Lane ebbe un momento di esitazione. - Virilit, - disse.

    - Avevo capito.

    - Comunque, questo era il succo della cosa, per cos dire, quello che cercavo di puntualizzare e approfondire, - disse Lane, seguendo attentamente il filo del proprio discorso. - Cio, Dio santo! Ti giuro, ero convinto che mi sarebbe andata malissimo; e quando me l'ha riportato con quell'A sopra alto due metri, ti giuro che per poco non svenivo.

    Franny torn a schiarirsi la gola. Era evidente che la condanna che s'era autoinflitta, di fare con onest la parte della buona ascoltatrice, era stata scontata pienamente. - Perch? - chiese.

    Lane parve vagamente interrotto. - Perch cosa?

    - Perch eri convinto che ti sarebbe andata malissimo ?

    - Te l'ho detto, no? Ho appena finito di dirlo. Questo tizio, Brughman, un gran flaubertiano. O almeno io pensavo che lo fosse.

    - Oh, - disse Franny, e sorrise. Bevve un sorso di Martini. - meraviglioso, - disse, guardando il bicchiere. - Per fortuna non di quelli venti a uno. Non mi piacciono quando non c' altro che gin.

    Lane assenti. - Comunque, quest'accidente di esercitazione devo avercela in camera mia. Se capita l'occasione durante il week-end, te la leggo.

    - Stupendo! Ho una gran voglia di sentirla.

    Lane annu di nuovo. - Cio, non che abbia detto qualcosa di cos trascendentale o gi di l -. Cambi posizione sulla sedia. - Ma non so, penso che l'importanza che ho dato al motivo per cui era attratto cos nevroticamente dal mot juste non fosse poi niente male. Alla luce di quel che sappiamo oggi, naturalmente. Non proprio psicanalisi e balle del genere, ma entro certi limiti s: sai cosa voglio dire. Io non sono un freudiano o roba simile, ma certe cose non si possono lasciar perdere solo perch sono freudiane con la F maiuscola e tirare avanti. In altri termini penso che era assolutamente legittimo da parte mia, entro certi limiti, sottolineare che nessuno di quelli in gamba davvero, Tolstoj, Dostoevskij, anche Shakespeare, perdio! erano degli spremiparole del genere. Loro scrvevano e basta. chiaro? - Lane guard Franny con una certa aria d'attesa. Aveva l'impressione che l'avesse ascoltato con un'attenzione davvero eccezionale.

  • - La tua oliva la mangi, o no ?

    Lane diede una rapida occhiata al suo Martini, poi torn a guardare Franny. - No, - disse freddamente. - La vuoi ?

    - Se non la vuoi tu, - disse Franny. Vedendo l'espressione di Lane, cap che non era quella la domanda da fare. E, quel ch'era peggio, si rese conto di colpo di non volere affatto l'oliva e si chiese che cosa le fosse saltato in mente di chiedergliela. Ma quando Lane le porse il suo bicchiere, non le rest altro da fare che accettare l'oliva e mangiarla come se ne fosse molto ghiotta. Prese poi una sigaretta dal pacchetto che Lane aveva messo sul tavolo, e lui gliela accese e ne accese un'altra per s.

    Dopo l'interruzione dell'oliva, un breve silenzio cadde sul tavolo; e quando Lane lo ruppe, fu perch non era tipo da tenere per s per troppo tempo la conclusione d'un racconto. - Questo Brughman pensa che dovrei pubblicare da qualche parte quest'accidente di esercitazione, - disse bruscamente. - Io per non so -, Poi, come se tutto a un tratto si fosse stancato, o addirittura ne avesse abbastanza delle avide richieste di un mondo che voleva i frutti del suo intelletto, cominci a massaggiarsi un lato della faccia con il palmo della mano, togliendosi con inconscia volgarit una residua cispa dall'occhio. - Voglio dire, i saggi critici su Flaubert e compagni roba da quattro soldi la dozzina -. Si mise a riflettere, con un'aria leggermente imbronciata. - A esser sinceri, non credo che si sia scritto nulla di veramente acuto su di lui negli ultimi...

    - Parli come un supplente. Ma identico!

    - Cosa? - disse Lane con calma studiata.

    - Parli esattamente come un supplente. Scusa, ma proprio cos, davvero.

    - Davvero? E come parla un supplente, di grazia?

    Franny vide che era irritato, e anche molto, ma in quel

    momento, divisa com'era tra l'autodisapprovazione e la malizia, le venne voglia di dire quel che pensava. - Be', non so come siano da queste parti, ma da noi un supplente un tipo che fa lezione quando il professore via o ha l'esaurimento nervoso o andato dal dentista eccetera. Di solito uno del Corso di perfezionamento o roba del genere. Comunque, fai conto che si tratti di un corso di letteratura russa: lui entra in classe con la camicia coi bottoni sul colletto e la cravatta a righe, e comincia a demolire Turgenev per una mezz'oretta. Poi, quando ha finito, quando ti ha rovinato definitivamente Turgenev, si mette a parlare di Stendhal o di qualcun altro su cui ha fatto la tesi di laurea. Da noi, all'istituto d'inglese ci sono una decina di supplenti che vanno in giro a demolire tutto quanto, e sono tutti cos brillanti che non riescono quasi ad aprir bocca, scusami la contraddizione. Voglio dire che se soltanto ti metti a discutere con loro, non sanno far altro che metter su quell'aria cos condiscendente...

    - Ma sei proprio nera quest'oggi, accidenti! Si pu sapere cosa diavolo hai ?

    Franny scroll la cenere della sigaretta con un colpo secco e avvicin d'un centimetro il portacenere dalla sua parte del tavolo. - Scusami, - disse. - Sono odiosa. tutta la settimana che mi sento cos distruttiva. tremendo. Sono orribile.

    - La tua lettera non era poi cos maledettamente distruttiva.

    Franny annu con solennit. Guardava una chiazza di sole piccola e calda, non pi grande di un gettone, sulla tovaglia. - Ho dovuto farmi forza, per scriverla, - disse.

    Lane cominci a rispondere qualcosa, ma il cameriere comparve all'improvviso per portar

  • via i bicchieri vuoti. -Un altro Martini? - chiese Lane a Franny.

    Ma non ebbe risposta. Franny stava osservando la piccola chiazza di sole con una strana intensit, come se studiasse il modo di sdraiarcisi dentro.

    - Franny, - disse Lane con pazienza, a uso e consumo del cameriere. - Ti va un altro Martini, o no?

    Lei sollev gli occhi. - Scusami Guard i bicchieri vuoti che il cameriere aveva preso dal tavolo e teneva in mano. - No. S. Non lo so.

    Lane rise e guard il cameriere. - Allora? - disse.

    - S, grazie, - disse Franny. Sembrava meno distratta.

    Il cameriere si allontan. Lane aspett che avesse lasciato la sala, poi torn a guardare Franny. Stava modellando la cenere della sigaretta sul bordo del portacenere pulito che il cameriere aveva portato. La sua bocca era appena socchiusa. Lane la osserv per un poco con crescente irritazione. probabile che ogni segno di distacco, in una ragazza con cui filava seriamente, fosse per lui causa di risentimento e timore. E comunque, che le lune di Franny mandassero all'aria tutto il week-end, era un'ipotesi che non gli sorrideva affatto. Si tese in avanti di scatto, poggiando le braccia sul tavolo, come se volesse liquidare la faccenda una volta per tutte, perdio!, ma Franny parl prima di lui. - Sono insopportabile, oggi, - disse. - Sono proprio gi di corda -. Si sorprese a guardare Lane come se fosse un estraneo o la reclame di un nuovo tipo di lineoleum nella metropolitana. Sent di nuovo quel brivido di slealt e di colpa che pareva essere all'ordine del giorno, e reag tendendo il braccio e coprendo con la sua la mano di Lane. La ritrasse quasi subito e se ne serv per prendere la sigaretta dal portacenere. - Un minuto e mi passa, - disse. - Parola d'onore -. Rivolse a Lane un sorriso (sincero, in un certo senso) e in quel momento un sorriso di rimando avrebbe forse potuto mitigare, almeno in parte, certi fatti che dovevano seguire. Ma Lane era tutto occupato a metter su un'aria distaccata, e decise di non rispondere a quel sorriso. Franny continu a fumare la sigaretta. - Se non fosse cos tardi e via di seguito, - disse, - e non fossi stata tanto stupida da volere la lode, penso che lascerei perdere inglese. Non so -. Scroll la cenere della sigaretta. - Ne ho cos fin sopra i capelli di tutti questi pedanti, di tutti questi piccoli demolitori boriosi che mi metterei a gridare Guard Lane. - Scusami, la smetto subito. Ti do la mia parola. .. solo che se avessi avuto un po' di fegato, quest'anno non sarei nemmeno tornata al college. Non so... Tutto soltanto una farsa cos incredibile...

    - Quest' buona. Quest' buona davvero.

    Franny pens di meritarsi quel sarcasmo. - Scusami, -disse.

    - Smettila di chiedere scusa, per favore. Non so se ti sei resa conto che stai maledettamente generalizzando. Se tutti quelli dell'istituto d'inglese fossero dei gran piccoli demolitori, sarebbe un altro discorso...

    Franny lo interruppe, ma in maniera quasi impercettibile. Stava guardando oltre la sua spalla di flanella antracite a un punto vuoto in fondo alla sala.

    - Cosa? - chiese Lane.

    - Ho detto che lo so, hai ragione. Sono fuori quadro, ecco. Non farci caso.

    Ma Lane non era tipo da lasciar cadere una discussione prima di averla risolta in suo favore. -Voglio dire, accidenti, - disse. - Incompetenti ce ne sono dappertutto. Questo assodato. Lasciamo perdere un momento questi maledetti supplenti -. Guard Franny. - Mi stai ascoltando, o no?

  • - S.

    - Avete due dei migliori professori del paese, nel vostro istituto. Manlius e Esposito. Dio santo, vorrei che li avessimo noi. Cristo, almeno sono dei poeti.

    - Non lo sono, - disse Franny. - Ed anche per questo che tutto cos odioso. Cio, non sono dei veri poeti. Sono soltanto gente che scrive poesie che vengono pubblicate e messe in tutte le antologie, ma non sono poeti -. Si ferm, impacciata, e pos la sigaretta. Da alcuni minuti, ormai, pareva che il suo volto si stesse sbiancando sempre pi.

    Improvvisamente anche il rossetto parve una sfumatura o due pi chiaro, come se si fosse appena passata sulle labbra un Kleenex. - Lasciamo perdere, - disse quasi svogliata schiacciando il mozzicone nel portacenere. - Sono fuori quadro. Non far altro che rovinare il week-end. Ci fosse una botola sotto la mia sedia, prendo e sparisco.

    Il cameriere s'avvicin un attimo al tavolo, e pos altri due Martini davanti a loro. Lane mise le dita - erano lunghe e sottili, e di solito bene in mostra - intorno allo stelo del suo bicchiere. - Tu non stai rovinando niente, - disse con calma. - Vorrei solo sapere cosa diavolo c' sotto. Voglio dire, c' proprio bisogno di essere un bohmien o di essere morto, Cristo, per essere un vero poeta ? Che cosa vuoi, uno di quei bastardi coi capelli ondulati ?

    - No. Non possiamo cambiar discorso ? Ti prego. Mi sento male da cani, e sto diventando terribilmente...

    - Per me a non parlare pi ci starei, ne sarei felice. Ma prima devi dirmi che cos' un vero poeta, se non ti rincresce. Mi farebbe molto piacere, davvero.

    C'era un tenue brillio di sudore sulla fronte di Franny. Forse era solo perch la sala era troppo calda, o perch aveva lo stomaco sottosopra, o perch i Martini erano troppo forti. Comunque fosse, Lane non diede segno di accorgersene.

    - Non so cosa sia un vero poeta. Vorrei che la smettessi, Lane, parlo sul serio. Mi sento molto strana, e non posso...

    - D'accordo, d'accordo, va bene. Cerca di star tranquilla, - disse Lane. - Volevo soltanto...

    - Tutto quello che so questo, - disse Franny. - Se sei un poeta, fai qualcosa di bello. Cio, la gente s'aspetta che tu lasci qualcosa di bello quando finisci la pagina e cos via. La gente di cui parli tu non lascia nulla, non una cosa sola che sia bella. Quelli che magari sono solo un tantino migliori non fanno altro che entrarti in testa e lasciartici dentro qualcosa. Ma solo perch lo fanno, solo perch sanno lasciare qualcosa, non detto che debba essere una poesia, per amor del cielo. Pu darsi che sia soltanto una specie di gocciolio sintattico terribilmente affascinante... scusa l'espressione. Come Manlius e Esposito e tutti quei poveretti.

    Lane attese d'essersi acceso una sigaretta, poi disse: -Pensavo che Manlius ti piacesse. Un mese fa, se ben ricordo, m'hai detto che era tanto simpatico e che tu...

    - S che mi piace. Ma sono stufa della gente soltanto simpatica. Dio mio, come vorrei incontrare qualcuno che m'ispirasse rispetto... Scusami un attimo, per favore Subito Franny fu in piedi, con la borsetta in mano. Era pallidissima.

    Lane spinse indietro la sedia e s'alz, la bocca quasi spalancata. - Cosa c'? - chiese. - Come ti senti? Qualcosa che non va ?

    - Torno subito.

    Usc dalla sala senza chiedere la strada, come se fosse gi stata altre volte da Sickler e sapesse dove andare.

  • Lane rimase al tavolo, fumando e dosando il Martini con cura per farlo durare fino al ritorno di Franny. Era evidente che il senso di benessere provato mezz'ora prima a trovarsi al posto giusto con la ragazza giusta - o almeno dall'aspetto giusto - se n'era andato del tutto. Diede un'occhiata alla pelliccia di orsetto rasato buttata di sghimbescio sullo schienale della sedia vuota di Franny - quella pelliccia che alla stazione l'aveva tutto eccitato, per quanto gli era familiare, - e la esamin con un disamore quasi incondizionato. Per chiss quale ragione, la fodera spiegazzata gli dava fastidio. Smise di guardarla e cominci a fissare lo stelo del bicchiere con aria preoccupata, come se avesse la vaga, spiacevole sensazione di essere vittima d'una congiura. Un fatto era certo: il week-end era cominciato in maniera maledettamente strana. Proprio in quel momento, per, distolse per caso lo sguardo dal tavolo e vide in fondo alla sala qualcuno che conosceva, uno del suo corso, con la ragazza. Lane si drizz un poco sulla sedia, e all'aria preoccupata e infelice sostitu l'espressione di uno la cui ragazza andata un momento alla toilette, lasciandolo solo con le mani in mano (come fanno le ragazze) a fumare e a guardarsi intorno annoiato, annoiato in maniera seducente, se possibile.

    La toilette, da Sickler, era grande quasi come la sala da pranzo e, a suo modo, pareva offrire agi non minori. Non c'era custode quando Franny entr, e sembrava anzi che non ci fosse nessuno. Lei si ferm un istante al centro del pavimento di maiolica, come se fosse l per un appuntamento. La sua fronte, adesso, era imperlata di sudore, e la bocca semiaperta, come allentata; ed era ancor pi pallida che in sala da pranzo.

    Poi, di colpo, si scosse e punt in fretta verso la pi lontana e anonima di quelle sette od otto cabine - per fortuna non erano a moneta - si chiuse la porta alle spalle e blocc lo scatto con un po' di sforzo. Senza curarsi di dove si trovava, si sedette e serr le ginocchia con forza, quasi a farsi pi piccola e compatta. Si port le mani agli occhi, verticalmente, e strinse forte i talloni, come a paralizzare il nervo ottico e ad annegare ogni immagine in un vuoto nero. Le sue dita tese tremavano, eppure, o forse proprio per questo, sembravano singolarmente belle e aggraziate. Per un attimo rimase in bilico in quella posizione tesa e quasi fetale, poi croll. Pianse per pi di cinque minuti, pianse senza cercar nemmeno di frenare le manifestazioni pi rumorose della confusione e del dolore, con tutti quei convulsi versi gutturali che fa un bambino isterico quando il respiro cerca di salire attraverso un'epiglottide parzialmente occlusa. Eppure, quando alla fine smise, smise semplicemente, senza quei singhiozzi penosi e lancinanti che seguono di regola uno scoppio di lacrime represse. Quando smise, fu come se nel suo animo fosse avvenuto uno straordinario mutamento di polarit, con un improvviso effetto calmante sul fisico. Con il volto rigato dalle lacrime, ma inespressivo, quasi svuotato, raccolse la borsetta dal pavimento e ne trasse un libriccino rilegato in tela verde pisello. Se lo poggi sul grembo, sulle ginocchia anzi, e chin gli occhi a guardarlo, a contemplarlo, come se quello dove lei si trovava fosse il luogo ideale per un libriccino rilegato in tela verde pisello. Poi, dopo un istante, prese in mano il libro, se lo port al petto e lo strinse forte a s, un attimo soltanto. Lo ripose nella borsetta, s'alz, usc dalla cabina. Si lav la faccia coll'acqua fredda, s'asciug con un asciugamano a rullo, si rifece le labbra, si pettin e lasci la stanza.

    Mentre traversava la sala per tornare al tavolo era davvero uno schianto di ragazza: proprio un tipo in gamba, perfettamente all'altezza di un gran week-end studentesco. S'avvicin decisa e sorridente alla sua sedia, e Lane s'alz lentamente, col tovagliolo nella mano sinistra.

    - Dio mio, scusami tanto, - disse Franny. - M'avrai creduta morta.

    - Morta no, - disse Lane scansandole la sedia. - Non sapevo cosa diavolo fosse successo -. Fece il giro del tavolo e torn alla sua sedia. - Accidenti, non abbiamo mica molto tempo, sai -. Si sedette. - Va bene adesso? Hai gli occhi un po' rossi -. La guard meglio. - Sei a posto, o c' ancora qualcosa ?

  • Franny accese una sigaretta. - Sto benissimo, adesso. Non sono mai stata cos in forma in vita mia. Hai ordinato ?

    - Aspettavo te, - disse Lane, continuando a scrutarla. -Cos' che non andava, lo stomaco?

    - No. S e no. Non lo so, - disse Franny. Diede un'occhiata al menu sul suo piatto e lo scorse senza prenderlo in mano. - Voglio solo un sandwich di pollo. E magari un bicchiere di latte... Ma tu ordina quello che vuoi. Voglio dire, pigliati lumache, polpi, e che so io. Polipi, anzi. Io non ho fame per niente, davvero.

    Lane la guard, sbuff sul piatto una nuvoletta di fumo sottile e fin troppo espressiva. - Questo week-end sar proprio una bellezza, - disse. - Dio, un sandwich di pollo!

    Franny parve seccata. - Non ho fame, Lane, scusami, accidenti. Avanti, ordina quel che vuoi, per cortesia, e io ti terr compagnia. Ma non posso mica fabbricarmi l'appetito solo per farti piacere.

    - Va bene, va bene -. Lane allung il collo e attrasse l'attenzione del cameriere. Ordin il sandwich di pollo e il bicchiere di latte per Franny, e si fece portare lumache, cosce di rana e insalata. Quando il cameriere se ne fu andato, diede un'occhiata all'orologio. - Tra parentesi, dovremmo essere a Tenbridge all'una e un quarto, l'una e mezzo. Ho detto a Wally che si poteva andare insieme a bere qualcosa, e poi magari andare tutti allo stadio con la sua macchina. Ti scoccia? Wally ti simpatico.

    - Non so nemmeno chi sia.

    - Dio santo, l'avrai incontrato cento volte. Wally Campbell, accidenti! Se lo vedi una volta, lo vedi...

    - S, s, mi ricordo... Per cortesia, non odiarmi solo perch l per l non mi ricordo di una persona. Specialmente se questa persona assomiglia a tutti gli altri e parla e veste e si comporta come tutti gli altri -. Franny s'interruppe. Si sent petulante e insopportabile e per un attimo s'odi a tal punto che la sua fronte torn a imperlarsi di sudore. Ma, suo malgrado, le parole continuarono a uscirle di bocca. -Non che lui abbia niente di terribile, o che so io, solo che da quattro anni a questa parte incontro un Wally Campbell ovunque vado. So gi prima quando stanno per fare i seducenti, quando stanno per spettegolare su una tua compagna di dorm, e quando vogliono chiedermi che cosa ho fatto quest'estate. Anche quando stanno per puntarsi sulle gambe della sedia e dondolarsi all'indietro e contar frottole a destra e a sinistra, con quella voce molto, molto tranquilla, o lasciar cadere un nome cos, con la voce terribilmente tranquilla, come se niente fosse. C' una specie di tacita legge che consente alla gente di un certo livello sociale o finanziario di far tutti i nomi che vogliono, purch dicano qualcosa di insultante su quella persona subito dopo averne fatto il nome: che un bastardo o una ninfomane o che non fa che drogarsi o altre cose orribili -. S'interruppe di nuovo, bruscamente. Rimase tranquilla un istante, rigirando il portacenere tra le dita ed evitando di alzare gli occhi a guardare la faccia di Lane. - Scusami, - disse. -Non per Wally Campbell. Me la prendo con lui solo perch tu ne hai parlato. E perch ha tutta l'aria di uno che abbia trascorso l'estate in Italia o gi di l.

    - L'estate scorsa stato in Francia, se ci tieni a saperlo, - disse Lane. - Capisco quel che vuoi dire, - soggiunse poi in fretta, - ma stai diventando maledettamente...

    - E va bene, - disse Franny in tono stanco. - In Francia -. Prese una sigaretta dal pacchetto sul tavolo. - Non per Wally, santo cielo; potrebbe anche essere una ragazza. Cio, se fosse una ragazza, magari una del mio dorm, avrebbe passato l'estate a dipingere scenari per qualche compagnia teatrale, o visitato il Galles in bicicletta. O magari avrebbe affittato una

  • stanza a New York e si sarebbe messa a lavorare per un'agenzia pubblicitaria o per un giornale. Si tratta di tutti quanti. Tutto quello che la gente fa cos... non so: non sbagliato, no. Neppure stupido, e nemmeno meschino. Solo cos insignificante, cos minuscolo, cos... deprimente. E il peggio che se ti metti a fare il bohmien o qualche altra stranezza del genere, sei conformista lo stesso, come tutti gli altri, solo in modo diverso -. Tacque. Scroll il capo un istante e per una frazione di secondo si tast la fronte con la mano: non tanto, parve, per vedere se era sudata, quanto per controllare (come se in quel momento non fosse lei, ma sua madre) se aveva la febbre. Era sbiancata. - Mi sento cos strana, - disse. - Forse sto diventando matta. Forse lo sono gi.

    Lane la guardava preoccupato, pi preoccupato che incuriosito. - Sei maledettamente pallida. Lo sai che sei proprio pallida? - le chiese.

    Franny scosse il capo. - Sto bene. Un minuto e mi passa -. Diede un'occhiata al cameriere che si avvicinava con i piatti. - Le tue lumache hanno un'aria magnifica -. La sigaretta che aveva appena portato alle labbra s'era spenta. - Dove hai messo i fiammiferi? - domand.

    Quando il cameriere si fu allontanato, Lane le accese la sigaretta. - Fumi troppo, - le disse. Prese la forchettina per le lumache, ma prima di servirsene guard un'altra volta Franny. - Mi preoccupi. Sul serio. Che diavolo t' capitato in queste due settimane ?

    Franny lo guard. Si strinse nelle spalle e contemporaneamente scosse il capo. - Nulla, proprio nulla, - disse. -Su, mangiati le lumache. Fredde, sono perfide.

    - Mangia tu.

    Franny annu e butt gli occhi sul suo sandwich di pollo. Avverti una leggera ondata di nausea e distolse lo sguardo aspirando una boccata di fumo.

    - Come va la recita? - chiese Lane, occupandosi intanto delle sue lumache.

    - Non lo so. Io non la faccio pi. Ho piantato tutto.

    - Come ? - Lane alz gli occhi. - Ci andavi matta per quella parte, se non sbaglio. Cos' successo? L'hanno data a un'altra?

    - No, era tutta per me. questo il brutto.

    - Be', cos' successo? Non hai mica piantato anche il corso di teatro ?

    Franny annu e bevve un sorso di latte.

    Lane mastic il boccone e lo trangugi, poi disse: - Ma perch, Dio santo? Credevo che quest'accidente di teatro fosse la tua passione. a momenti l'unica cosa che t'abbia sentito...

    - Ho mandato tutto al diavolo, ecco, - disse Franny. - Aveva cominciato a infastidirmi. Cominciavo a sentirmi d'un egocentrismo schifoso -. Ci pens su un momento. -Non so, mi sembrava una tale mancanza di buon gusto voler fare la protagonista. Insomma, tutto quell'ego! Quando la recita era finita e dovevo ritornare tra le quinte mi detestavo. Tutti quegli ego che correvano su e gi sentendosi cos caritatevoli e affettuosi ! Dover baciare tutti con quel trucco addosso che t'impiastrava la faccia, e cercare di essere spontanea e simpatica quando gli amici venivano a trovarti tra le quinte. Mi detestavo... E quel che peggio, quasi sempre mi vergognavo a recitare in quei lavori. Specialmente in quelli estivi -. Guard Lane. - Avevo sempre le parti migliori, che ti credi; perci non guardarmi cos. Era un'altra cosa. Era che mi sarei vergognata se qualcuno che rispetto, i miei fratelli, per esempio, fosse venuto a sentirmi recitare certe battute che dovevo dire. A certe persone scrivevo addirittura per dirgli di non venire -. Si interruppe di nuovo per riflettere. - Ecco, il personaggio di Pegeen nel

  • Playboy, l'estate scorsa: quello era diverso. Cio, avrebbe potuto essere molto bello se quel macaco che faceva Chris non avesse rovinato tutto. Era cos lirico... Dio mio, quant'era lirico!

    Lane aveva finito le lumache, e se ne stava seduto con un'aria volutamente inespressiva. - Ha avuto delle critiche formidabili. Sei stata tu a mandarmele, se ti ricordi.

    Franny sospir. - E va bene, Lane, d'accordo.

    - No, sta' a sentire! mezz'ora che parli come se fossi tu l'unica persona al mondo ad avere discernimento e capacit critiche. Scusa, se alcuni fra i migliori critici hanno giudicato che quel tizio aveva recitato in un modo fantastico, pu darsi che sia vero, pu darsi che tu abbia torto. Non t' mai passato per la testa? O credi d'essere cos matura e consumata da...

    - Si, certo, aveva del talento. Ma per fare Chris come si deve bisogna essere un genio. S, proprio; non colpa mia se cos, - disse Franny. Incurv leggermente la schiena, schiuse appena la bocca, e si mise la mano sopra la testa. -Mi sento cos strana! Come ubriaca. Non capisco proprio cosa mi stia succedendo.

    - Tu pensi di essere un genio ?

    Franny tolse la mano dal capo. - Uffa, Lane, per favore! Non trattarmi cos.

    - Io non ti sto...

    - Tutto quello che so che sto diventando matta, - disse Franny. - Sono stufa di tutti questi ego, ego, ego. Del mio e di quello di tutti gli altri. Sono stufa della gente che vuol arrivare da qualche parte, fare qualcosa di notevole eccetera, essere un tipo interessante. disgustoso, disgustoso e basta. Me ne infischio di quello che dicono.

    Lane inarc le sopracciglia e s'appoggi allo schienale per precisare meglio il suo punto di vista. - Sei certa che il tuo non sia solo timore della competizione ? - le chiese con studiata calma. - Non me ne intendo molto, ma scommetto che un buon psicanalista, uno in gamba davvero, giudicherebbe le tue affermazioni...

    - Non ho timore della competizione. proprio il contrario, non lo capisci? Ho paura di volerla la competizione, questo che mi terrorizza. Per questo ho piantato il corso di teatro, perch sono terribilmente disposta ad accettare le valutazioni degli altri. proprio perch mi piace sentirmi applaudire e acclamare, vuol dire che c' qualcosa che non va. Me ne vergogno. Ne sono stufa. Sono stufa di non avere il coraggio di essere nessuno e basta. Sono stufa di me e di tutti quelli che vogliono fare colpo, in un modo o nell'altro -. Si ferm un istante e sollev di scatto il bicchiere di latte, accostandoselo alle labbra. - Lo sapevo, -disse, posandolo di nuovo. - Questa bella. I miei denti se ne vanno per conto loro. Si mettono a battere. L'altro ieri quasi mordevo un bicchiere. Forse sono matta da legare e non me ne accorgo nemmeno -. Era arrivato il cameriere con le zampe di rana e l'insalata. Franny lo guard, e lui a sua volta diede un'occhiata al sandwich di pollo ancora intatto. Chiese se la signorina desiderava un'altra cosa invece. Franny lo ringrazi e disse di no. - solo che sono molto lenta, - soggiunse. Per un attimo il cameriere, che non era pi giovanissimo, parve notare il suo pallore e la sua fronte madida. Poi, con un inchino, si allontan.

    - Lo vuoi ? - le disse Lane all'improvviso, porgendole un fazzoletto bianco, piegato. C'era una nota di affettuosa partecipazione nella sua voce, nonostante un certo perverso tentativo di farla suonare impersonale.

    - Perch ? Ne ho bisogno ?

    - Sei sudata. Non proprio sudata, hai la fronte un po' accaldata.

  • - Davvero ? orribile, scusami... - Franny sollev la borsetta all'altezza del tavolo, l'apr e cominci a rovistarci dentro. - Dovrei avere dei Kleenex da qualche parte.

    - Non puoi adoperare il mio fazzoletto, santo Dio ? Che differenza c', accidenti!

    - No, adoro quel fazzoletto e non voglio bagnarlo tutto di sudore, - disse Franny. La sua borsetta era zeppa di roba: per vederci meglio, tir fuori alcuni oggetti e li piazz sulla tovaglia, alla sinistra del sandwich ancora intatto. -Eccoli qua, - disse. Servendosi dello specchietto del portacipria, si passo in fretta, leggermente, un foglio di Kleenex sulla fronte. - Dio mio, sembro uno spettro. Come fai a sopportarmi ?

    - Che libro ? - chiese Lane.

    Franny sobbalz, letteralmente. Guard il contenuto della sua borsetta, ammucchiato alla rinfusa sulla tovaglia. - Quale libro ? - disse. - Questo, forse ? - Prese il libretto rilegato in tela e lo rimise nella borsetta. - Niente, l'ho preso soltanto per aver qualcosa da leggere in treno.

    - Fammi vedere. Cos'?

    Franny parve non udirlo. Apr di nuovo il portacipria e si diede un'altra rapida occhiata nello specchietto. - Santo cielo! - disse. Poi raccolse il portacipria, il portafoglio, il conto della lavanderia, lo spazzolino da denti, un tubetto di aspirina e un portarossetto placcato in oro e risistem tutto quanto nella borsetta. - Non so perch mi porto sempre dietro questo ridicolo portarossetto, - disse. - Me l'ha regalato un ragazzo per il mio compleanno, quando ero al secondo anno. Era una lagna, poveretto! Secondo lui era un regalo magnifico, ispirato, e mentre aprivo il pacchetto non mi staccava gli occhi di dosso. Ogni volta decido di buttarlo via, ma non ci riesco. Finir per portarmelo nella tomba -. Riflett un momento. - Lui continuava a farmi dei grandi sorrisi e a dire che mi avrebbe portato fortuna, se l'avessi tenuto sempre con me.

    Lane aveva attaccato con le cosce di rana. - Non m'hai detto cos'era quel libro. O un segreto o roba del genere ?

    - Il libro che avevo nella borsetta? - chiese Franny. Lo guard sezionare un paio di cosce di rana, poi prese una sigaretta dal pacchetto sul tavolo e se l'accese. - Oh, non so, - disse. - una cosa intitolata Viaggio d'un pellegrino-. Rimase un momento a osservare Lane che mangiava, poi soggiunse: - L'ho preso in biblioteca. Ne ha parlato quello che insegna questa Storia delle Religioni, che sto frequentando adesso -. Aspir una boccata di fumo. - Ce l'ho da quattro settimane e mi scordo sempre di restituirlo.

    - Chi l'autore ?

    - Non so, - rispose Franny con noncuranza. - Dev'essere un contadino russo -. Continuava a osservare Lane che mangiava le sue cosce di rana. - Non dice mai il suo nome. Fino alla fine della storia non sai mai come si chiama, lui. Ti dice soltanto che un contadino, che ha trentatr anni e che ha un braccio anchilosato. E che sua moglie morta. Si svolge nell'Ottocento.

    Lane aveva appena abbandonato le cosce di rana per dedicarsi all'insalata. - interessante? - disse. - Di che cosa parla ?

    - Non so, una cosa tutta a s. Cio, soprattutto un libro religioso. In un certo senso si potrebbe dire che terribilmente fanatico, ma in un certo senso non lo . Cio, comincia con questo contadino, il pellegrino, che vuol scoprire cosa intende la Bibbia quando dice che bisogna pregare ininterrottamente. Sai, senza fermarsi. Sta nei Tessalonicesi o in qualche altro punto. Cos lui si mette a girare tutta la Russia a piedi, in cerca di qualcuno che gli sappia

  • dire come s fa a pregare ininterrottamente, e che cosa si deve dire pregando -. Franny pareva molto interessata al modo come Lane smembrava le zampe di rana. Mentre parlava, continuava a tenergli gli occhi fissi sul piatto. - Si porta dietro solo una bisaccia con dentro pane e sale. Poi, un giorno, incontra questo staretz (una specie di religioso molto approfondito), e lo staretz gli parla di un libro chiamato la Philokalia. Un libro, pare, scritto da un gruppo di monaci molto approfonditi che, insomma, dicevano che bisogna pregare con questo metodo formidabile.

    - Ferme l! - disse Lane a un paio di cosce di rana.

    - Cos il pellegrino impara a pregare secondo le regole di queste persone tanto mistiche. Cio, insiste finch non arrivato alla perfezione e tutto quanto. Poi continua a girare per la Russia e incontra un mucchio di persone straordinarie e gli insegna a pregare con questo metodo incredibile. Insomma, questo il succo del libro.

    - Preferirei non dirtelo, ma ti annuncio che tra poco puzzer di aglio, - disse Lane.

    - Poi in uno dei suoi viaggi incontra una coppia di sposi: i personaggi pi fantastici che io abbia mai trovato in un libro, - disse Franny. - Lui sta camminando per una strada di campagna, con la sua bisaccia sulle spalle, ed ecco questi due ragazzini che gli corrono dietro gridando: Senti, poverello! Senti, poverello! Devi venire a casa dalla mamma. A lei piacciono i poverelli. Lui allora segue i bambini fino a casa, e la madre, che una donna proprio simpatica, esce di casa tutta di corsa e lo vuole aiutare a tutti i costi a togliersi quelle scarpacce scalcagnate, e gli offre una tazza di t. E poi arriva il padre, e a quanto pare anche lui vuol bene ai mendicanti e ai pellegrini, e cos si siedono a tavola tutti insieme. E mentre stanno pranzando, il pellegrino vuole sapere chi sono tutte quelle signore sedute intorno al tavolo, e il marito gli dice che sono tutte domestiche ma che mangiano sempre con lui e sua moglie, perch sono sorelle in Cristo -. Di colpo, Franny si raddrizz un poco sulla sedia, come imbarazzata. - Insomma, m' piaciuto proprio quando il pellegrino domanda chi erano quelle signore -. Stette a guardare Lane che s'imburrava una fetta di pane. - In ogni modo, il pellegrino si ferma l per la notte, e lui e il marito stanno alzati fino a tardi a discutere di questo metodo per pregare senza fermarsi mai. Il pellegrino gli insegna. Poi al mattino se ne va e parte in cerca di nuove avventure. Incontra gente di ogni genere (cio, il libro proprio questo) e parla a tutti di questo modo speciale di pregare.

    Lane annu e piant la forchetta nell'insalata. - Speriamo di trovare un po' di tempo nel week-end per dare un'occhiata a quella maledetta esercitazione di cui t'ho parlato, - disse. - Non so, pu darsi che non ne cavi un accidente, che non la pubblichi o altro, ma mi piacerebbe che tu la sfogliassi, gi che sei qui.

    - Volentieri, - disse Franny, e lo guard mentre imburrava un'altra fetta di pane. - Forse questo libro ti piacerebbe, - soggiunse di colpo. - Voglio dire, cos candido...

    - Sembra interessante. Il tuo burro non lo vuoi ?

    - No, prendilo pure. Non te lo posso imprestare, perch gi un bel po' che lo devo restituire. Ma probabilmente l'avete anche voi in biblioteca. Sono sicura che potresti trovarlo.

    - Non hai neanche toccato quel tuo maledetto sandwich, - disse Lane tutt'a un tratto. - Te ne sei accorta? Franny chin gli occhi sul piatto, come se glielo avessero appena portato. - Un minuto e lo mangio, - disse. Per un istante rimase immobile, tenendo la sigaretta con la sinistra senza per fumare, la mano destra stretta con forza alla base del bicchiere di latte. - Vuoi sapere qual il metodo speciale di pregare che lo staretz gli ha insegnato ? -domand. - In un certo senso interessante.

  • Lane affond il coltello nell'ultimo paio di cosce di rana e fece di s con la testa. - Certo, - disse. - Certo.

    - Be', come t'ho detto, il pellegrino, questo semplice contadino, incomincia tutto il suo pellegrinaggio per scoprire cosa intende la Bibbia quando dice che bisogna pregare senza smettere mai. E poi incontra questo staretz, questo religioso molto addentro che t'ho detto, quello che ha studiato la Philokalia tanti e tanti e tanti anni -. Franny si ferm di colpo per riflettere, per ordinare le idee. - Be', prima di tutto lo staretz gli dice della preghiera a Ges, Ges Cristo, mio Signore, abbi piet di me. Cio, questa la preghiera. E gli spiega che queste sono le parole migliori che si possano dire quando si prega. Soprattutto la parola piet, perch una parola proprio immensa e pu voler dire tante cose. Cio, non detto che significhi soltanto piet -. Franny si ferm un'altra volta per pensare. Non guardava pi il piatto di Lane, ma un punto oltre la spalla di lui. - Ad ogni modo, - riprese, - lo staretz dice al pellegrino che se si continua a ripetere la preghiera senza interruzione (in principio basta anche solo che tu lo faccia con le labbra), poi succede che la preghiera diventa autoattiva. Accade qualcosa, dopo un po' di tempo. Non so cosa, ma qualcosa succede, e le parole si sincronizzano coi battiti del cuore, e allora preghi davvero senza fermarti mai. questo ha un formidabile effetto mistico su tutto il tuo modo di pensare. Voglio dire, questo pi o meno il succo di tutto quanto.

    Cio, tu preghi per purificarti completamente e avere una visione tutta nuova del significato delle cose.

    Lane aveva finito di mangiare. Approfittando della nuova pausa di Franny, si allung sulla sedia, accese una sigaretta e studi attentamente il volto della ragazza. Franny aveva ancora lo sguardo assorto e fisso davanti a s, oltre la spalla di Lane, e pareva non s'accorgesse nemmeno della sua presenza.

    - Ma la cosa pi straordinaria che quando cominci a pregare non hai nemmeno bisogno di aver fede in quello che stai facendo. Cio, anche se sei confuso o imbarazzato, non importa. Voglio dire, non insulti niente e nessuno. Nessuno ti chiede di credere a qualche cosa, quando cominci. Non sei nemmeno obbligato a pensare a quello che stai dicendo, diceva lo staretz. All'inizio conta solo la quantit. Poi, pi avanti, questa diventa automaticamente qualit. Per virt propria o pressappoco. Dice che qualsiasi nome di Dio, o meglio, un nome qualunque, ha questo particolare potere autoattivo, che comincia a funzionare subito dopo che tu lo hai, come dire, messo in moto.

    Lane si rannicchi sulla sedia, fumando, mentre i suoi occhi continuavano a scrutare il volto di Franny. Era ancora pallida, ma non cos pallida, come poco prima.

    - Se ci pensi bene, tutto molto logico, - disse Franny, - perch i seguaci del Buddismo Nembutsu ripetono continuamente Namu Amida Butsu, che vuol dire Buddha sia lodato o pressappoco, e succede proprio la stessa cosa.

    Proprio quello...

    - Calma, non agitarti, - la interruppe Lane. - In primo luogo fa' attenzione a non scottarti le dita.

    Franny degn appena di uno sguardo la propria mano sinistra, e lasci cadere nel portacenere il mozzicone ancora acceso. - Proprio quello che succede anche nella Nube dell'ignoranza. Basta la parola Dio. Cio, basta soltanto che tu ripeta la parola Dio -. Guard Lane pi direttamente di quanto non facesse da parecchi minuti. - Cio, il punto questo: hai mai sentito qualcosa di pi affascinante in vita tua ? Voglio dire, non si pu affermare che si tratti soltanto di una coincidenza e liquidarla cos. questo che mi affascina.

  • Almeno, questo che cos straordinariamente... - S'interruppe. Lane si stava agitando sulla sedia, e la sua faccia aveva assunto un'espressione - soprattutto grazie a un modo tutto particolare di alzare le sopracciglia - che Franny conosceva assai bene. - Cosa c'? - gli chiese.

    - Ma tu ci credi sul serio a tutte queste storie ?

    Franny prese una sigaretta dal pacchetto. - Non ho detto che ci credo o che non ci credo, - disse mentre cercava i fiammiferi sul tavolo. - Ho detto che affascinante - Lasci che Lane le accendesse la sigaretta. - Penso soltanto che una coincidenza molto strana, - disse, esalando fumo, - che ci si imbatta sempre in questo stesso consiglio: voglio dire, tutti questi religiosi cos addentro e niente affatto fasulli che continuano a dirti che se ripeti senza sosta il nome di Dio qualcosa deve succedere. Persino in India. In India ti dicono di meditare sull'Om, che significa la stessa cosa, e il risultato identico. Capisci, non si pu liquidare tutto razionalmente senza nemmeno...

    - E quale sarebbe il risultato? - tagli corto Lane.

    - Come?

    - Ho detto, quale sarebbe il risultato di tutta questa sincronizzazione e di tutte queste cantilene ? Viene un mal di cuore ? Non so se te ne rendi conto, ma potresti farti, o qualcuno si potrebbe fare, un sacco di...

    - Il risultato che riesci a vedere Dio. Qualcosa succede in una parte assolutamente non fisica del cuore, dove gli

    Ind dicono che risieda Atman, se hai studiato Storia delle religioni, e tu vedi Dio. tutto qui -. Scosse la cenere dalla sigaretta con imbarazzo, e manc il portacenere. Prese la cenere con le dita e la mise a posto. - E non chiedermi chi o che cosa Dio. Voglio dire, non so nemmeno se esista. Da piccola, pensavo che... - Si ferm. Il cameriere era venuto a portar via i piatti e a ridistribuire i men.

    - Vuoi qualche dolce, o il caff? - chiese Lane.

    - Grazie, penso che finir soltanto il latte. Ma tu prendine pure, - disse Franny. Il cameriere aveva appena portato via il piatto con il sandwich di pollo ancora intatto. Lei non os guardarlo.

    Lane diede un'occhiata all'orologio. - Dio mio, come s' fatto tardi. Se arriviamo in tempo alla partita siamo gi fortunati -. Guard il cameriere. - Solo un caff per me, per favore -. Aspett che il cameriere se ne fosse andato, poi si chin in avanti con le braccia poggiate sul tavolo, rilassato, sazio, col caff che stava per arrivare, e disse: - Be', comunque interessante. Tutta quella faccenda... Mi sembra che tu non lasci alcun margine alla psicologia pi elementare. Voglio dire, mi sembra che tutte queste esperienze religiose abbiano un evidentissimo sostrato psicologico, capisci... Per interessante. Eh si, innegabile -. Guard Franny e le sorrise. - Tra parentesi, caso mai mi sia dimenticato di dirtelo, ti amo. Te l'avevo gi detto?

    - Lane, mi scusi di nuovo per un secondo solo ? - disse Franny. S'era alzata prima ancora di finire la frase.

    Anche Lane si alz, lentamente, guardandola. - Qualcosa non va? - le chiese. - Ti senti male di nuovo? Cosa c'?

    - Mi gira un po' la testa. Torno subito.

    Attravers decisa la sala da pranzo, ripetendo lo stesso percorso della prima volta. Ma

  • giunta davanti al bar, al lato opposto della sala, si ferm. Il barista, che stava asciugando un bicchiere da sherry, la guard. Lei s'appoggi al banco con la mano destra, abbass il capo, lo chin e si port la sinistra alla fronte, toccandola appena con la punta delle dita. Ondeggi lievemente, poi svenne, abbattendosi a terra.

    Ci vollero quasi cinque minuti, prima che Franny tornasse completamente in s. Era distesa su un divano nell'ufficio della direzione e Lane le sedeva accanto. Adesso il suo volto, ansiosamente chino su quello di lei, era notevolmente pallido.

    - Come stai ? - le disse, con una voce alquanto da ospedale. - Ti senti meglio?

    Franny annu. Chiuse un attimo gli occhi per difendersi dalla luce, e subito li riapr. - Dovrei chiedere dove sono? - disse. - Dove sono?

    Lane rise. - Nell'ufficio della direzione. Sono tutti l che corrono per trovare un po' di ammoniaca, un dottore e altre cose per farti rinvenire. A quanto pare, hanno finito l'ammoniaca. Scherzi a parte, come ti senti?

    - Bene. Stupida, ma bene. Sono svenuta davvero?

    - Eccome! Partita del tutto, - disse Lane. Le prese una mano. - Si pu sapere cosa ti succede ? Sembravi cos... si, cos a posto, quando ti ho telefonato l'altra settimana. Non hai fatto colazione stamattina, o cosa ?

    Franny si strinse nelle spalle e guard in giro per la stanza. cos imbarazzante, - disse. - Hanno dovuto portarmi qui?

    - Mi ha aiutato il barista. Ti abbiamo quasi portata a spalla. Mi hai fatto prendere un bello spavento, sul serio.

    Mentre Lane le teneva la mano, Franny guard il soffitto pensosamente, senza batter ciglio. Poi si volse, e con la mano libera fece un gesto come per sollevare il polsino della camicia di Lane. - Che ore sono? chiese.

    - Non pensarci, - rispose Lane. Non c' nessuna fretta.

    - Non volevi andare a quel cocktail?

    - Al diavolo il cocktail !

    - troppo tardi anche per la partita? - chiese Franny.

    - Sta' a sentire, ho detto al diavolo, no ? Adesso te ne torni nella tua camera al comesichiama, s alle Persiane azzurre, e ti riposi un po'. Questo l'importante, - disse Lane.

    Le sedette un po' pi vicino, si chin e le diede un breve bacio. Si volt, diede un'occhiata alla porta, poi torn a guardare Franny. - Quest'oggi devi riposarti e basta -. Le carezz il braccio un momento. - Poi pi tardi, se ti sei riposata, pu darsi che riesca a venire su da te. Ci sar bene una scala di servizio. Me la vedr io.

    Franny non rispose. Guardava il soffitto.

    - Sai da quanto tempo ? - disse Lane. - Quand' stato quel venerd sera ? Accidenti, era al principio del mese scorso, no? - Scosse il capo. - Cos non va. Troppo tempo tra un sorso e l'altro, per parlar chiaro -. Guard Franny pi da vicino. - Stai meglio davvero ?

    Lei annu e si volse verso di lui. - Ho solo una sete tremenda, davvero. Chiss se potrei avere un po' d'acqua. Sarebbe troppo disturbo ?

    - Nemmeno per sogno. Stai tranquilla, se ti lascio un momento? Sai cosa faccio?

  • Franny scosse il capo a questa seconda domanda.

    - Ti faccio portare un bicchiere d'acqua. Poi chiamo il capocameriere e gli dico di lasciar perdere l'ammoniaca, e tra l'altro pago il conto. E poi vado a chiamare un taxi, cos non dobbiamo cercarlo dopo. Pu darsi che ci voglia qualche minuto, perch sono quasi tutti in giro per via della gente che va alla partita -. Lasci andare la mano di Franny e si alz. - D'accordo? - disse.

    -S.

    - Benissimo. Torno subito. Non ti muovere -. Usc dalla camera.

    Rimasta sola, Franny giacque immobile, lo sguardo al soffitto. Poi le sue labbra cominciarono a muoversi, formando parole senza suono, a muoversi, e non smettevano pi.

  • Zooey

  • I fatti parlano da s, si dice, ma i fatti che ci toccano da vicino parlano, mi pare, una lingua un po' pi volgare degli altri. Quindi, se qui si inizia con quel sempre provocante oggetto di biasimo che l'introduzione ufficiale dell'autore, per far da contrappeso al resto. L'introduzione che ho intenzione di scrivere non soltanto meticolosa e prolissa, ma oltretutto una tormentosa confessione. Se, fortuna aiutando, ce la far a portarla a termine, la si potr paragonare a una forzata visita collettiva in una sala macchine, con me per cicerone, vestito di un vecchio costume da bagno Jantzen.

    Per venir subito al peggio, quello che sto per presentarvi non un racconto vero e proprio, ma solo una specie di pellicola familiare, e tutti quelli che hanno visto il materiale da montare mi hanno sconsigliato caldamente di pensare a far progetti di distribuzione. L'opposizione - ho l'onore e l'onere di dirlo - formata dai tre protagonisti del film in persona, due femmine e un maschio. Parleremo subito della primadonna, che, credo, sarebbe felice di esser descritta in poche parole come un tipo languido e sofisticato. Secondo lei, le cose sarebbero andate abbastanza bene se solo io avessi risolto in qualche modo una certa scena di quindici-venti minuti, in cui lei si soffia il naso diverse volte: risolto tagliandola, credo. Dice che disgustoso vedere una che passa il tempo a soffiarsi il naso. La seconda dama della compagnia, un'agile soubrette tramontata, mi rimprovera di averla, per cos dire, fotografata con addosso la sua vecchia vestaglia. N l'una n l'altra di queste due bellezze (appellativo che pare esse gradiscano) insistono troppo contro i miei propositi di sfruttamento del film. La ragione semplice, anche se mi fa un po' arrossire. Sanno per esperienza che basta una parola dura o un rimprovero per farmi scoppiare in lacrime. E per il protagonista maschile che mi ha rivolto l'appello pi eloquente per convincermi a sospendere la produzione. convinto, lui, che la storia sia imperniata sul misticismo o sulla mistificazione religiosa o comunque (e me lo dice senza peli sulla lingua) su un elemento trascendente che, quale che sia, fin troppo palese, e teme che questo possa soltanto accelerare e anticipare il giorno e l'ora del mio fallimento professionale. Ormai, quando si parla di me, la gente scuote la testa, e un ulteriore uso professionale da parte mia della parola Dio (sempre che non sia intesa come una sana, familiare interiezione americana) sar ritenuto un blatero della peggior specie, un sintomo sicuro che sto andando dritto dritto in malora. Quanto basta, insomma, per rendere titubante chiunque, e soprattutto uno scrittore. Ed effettivamente ci riesce, ma solo a farlo titubare, giacch un'obiezione, per eloquente che sia, vale fin tanto che tiene. Il fatto che io di queste pellicole di famiglia ne ho girate fin da quando avevo quindici anni. In un punto de The Great Gatsby (che era il mio Tom Sawyer, quando avevo dodici anni), il giovane narratore fa notare come tutti quanti pensino di avere una almeno delle virt cardinali, e prosegue dicendo che secondo lui, il cielo lo benedica, la sua l'onest. La mia, credo, quella di sapere quale sia la differenza fra una storia mistica e una storia d'amore. Le storie che metto in circolazione, in altre parole, non sono n mistiche n religiosamente mistificatrici, lo sostengo che si tratta di pure e complicate storie d'amore, d'un amore multiplo o composito.

    L'intreccio stesso, per concludere, in buona parte il frutto di un assai profano sforzo collettivo. Quasi tutto lo sviluppo degli avvenimenti (uno sviluppo lentissimo, tranquillo) mi fu dapprima presentato a puntate e a lunghissimi intervalli dai tre personaggi in questione, in sedute private che per me sono uno strazio. E potrei anche aggiungere che nessuno dei tre rivel una spiccata tendenza all'economia dei particolari o alla stringatezza della narrazione. Un difetto, temo, che si ritrover anche in questa versione finale, destinata al pubblico. Non

  • che voglia giustificarmi, cerco solo di spiegare il perch. Noi siamo, tutti e quattro, parenti stretti, e usiamo una specie di esoterico linguaggio familiare, una specie di geometria semantica nella quale la distanza pi breve tra due punti qualsiasi un circolo di 360 gradi.

    Un ultimo avvertimento: noi di cognome ci chiamiamo Glass. Tra un attimo, potrete vedere un ragazzo, il pi giovane dei Glass, intento a leggere una lettera lunghissima (che sar riprodotta in queste pagine per esteso, vi do la mia parola) scrittagli da Buddy Glass, il maggiore dei suoi fratelli viventi. Lo stile di questa lettera, a quanto mi dicono, presenta delle analogie ben pi che casuali con lo stile, o con i vezzi e modi di scrivere, del narratore di questa vicenda; e il lettore comune potr trarne la esaltante conclusione che l'autore della lettera e io siamo un'unica identica persona. S, potr trarla, anzi, dovr trarla, ho paura. Comunque, d'ora in poi, questo Buddy Glass lo lasceremo in terza persona. Del resto non vedo perch lo dovremmo togliere di l.

    Alle dieci e trenta d'un luned mattina, nel novembre 1955, Zooey Glass, un giovanotto di venticinque anni, se ne stava seduto in una vasca da bagno piena fino all'orlo, leggendo una lettera scritta quattro anni addietro. La lettera, composta com'era di molte pagine dattiloscritte su veline gialle, sembrava interminabile, e il giovane faticava un po' a tenerla appoggiata contro le due isole asciutte delle sue ginocchia. Alla sua destra, una sigaretta dall'aria umidiccia stava in bilico sull'orlo del portasapone di smalto incorporato nella vasca, ma riusciva a mantenersi accesa, dato che ogni tanto lui la prendeva e tirava una boccata, senza staccare lo sguardo dalla lettera. La cenere cadeva nell'acqua, o direttamente oppure scorrendo su una pagina della lettera. Sembrava che il giovane non si rendesse conto della precariet della sua positura, se non per una sia pur vaga coscienza del fatto che il calore dell'acqua cominciava ad avere sul suo corpo un effetto disidratante. Pi andava avanti nella lettura - o rilettura - e pi gli veniva da tergersi la fronte e il labbro superiore con il rovescio della mano.

    Con Zooey, meglio dirlo subito, ci troviamo alla presenza del complesso, del sovrapposto, del dilacerato, e a questo punto sarebbe necessario introdurre almeno due paragrafi che servano in qualche modo a classificarlo. Tanto per cominciare, era un giovanotto piccolo, dal corpo estremamente esile. Da dietro (soprattutto dove gli si vedevano le vertebre) sarebbe quasi potuto passare per uno di quegli sparuti bambini di citt che ogni estate vengono spediti alle colonie a ingrassarsi e prendere il sole. Visto in primo piano, di faccia o di profilo, era straordinariamente, spettacolosamente bello. La sorella maggiore mi ha pregato di dire che assomigliava all'esploratore mohicano ebreo-irlandese dagli occhi azzurri che mori tra le vostre braccia al tavolo della roulette di Montecarlo. Secondo un'opinione pi generale e meno campanilistica, a salvare in extremis quel volto dall'eccessiva bellezza, se non addirittura dallo splendore, era un orecchio che sporgeva leggermente pi dell'altro. Per conto mio, comunque, non condivido affatto n l'uno n l'altro di questi punti di vista. Ammetto che il volto di Zooey fosse un volto bellissimo, quasi perfetto. Come tale, naturalmente, era passibile di quella stessa variet di giudizi scorrevoli, imperterriti e spesso capziosi cui soggetta ogni autentica opera d'arte. Penso resti solo da aggiungere che una qualunque delle cento minacce giornaliere - un incidente d'auto, un raffreddore di testa, una bugia prima di colazione - avrebbe potuto deturpare o imbruttire la sua generosa bellezza nel giro di un giorno o di un minuto. Ma quello ch'era indeteriorabile, quello che qualcuno ha categoricamente definito una gioia di tipo imperituro, era un autentico esprit impresso su tutto il suo viso, specie negli occhi, dove attirava l'attenzione come una maschera di Arlecchino, e a volte disorientava.

    Di professione, Zooey faceva l'attore: attore alla televisione, di prima categoria. Si pu dire anzi che fosse quotato (e, stando almeno alle vaghe notizie di seconda mano che pervenivano

  • alla sua famiglia, profumatamente pagato) al massimo, per uno che non un divo di Hollywood o di Broadway gi famoso in partenza in tutto il paese. Detto questo per, bisogna dare alcuni chiarimenti, se no pu nascere un seguito d'equivoci. Di fatto, Zooey aveva debuttato ufficialmente in pubblico come attore all'et di sette anni. Era il penultimo di una schiera formata in origine da sette tra fratelli e sorelle1 (due femmine e cinque maschi) che da bambini erano andati tutti alla radio, a intervalli opportunamente spaziati, per partecipare a un programma di quiz intitolato Ecco un Bambino Eccezionale. La differenza d'et di quasi diciott'anni tra Seymour, il maggiore dei Glass, e Franny, la pi piccola, aveva aiutato notevolmente la famiglia a riservarsi una specie di diritto dinastico ai microfoni del Bambino Eccezionale, una trasmissione che dur poco pi di sedici anni, dal 1927 al 1943: uno spazio di tempo sufficiente a congiungere l'epoca del Charleston con quella dei B-17. (Tutti dati abbastanza importanti, mi pare). Tra un apogeo radiofonico e l'altro passava magari qualche anno, ma si pu dire che sempre (le eccezioni alla regola sono irrilevanti) tutti e sette i ragazzi erano riusciti a rispondere a un numero incredibile di domande poste dagli ascoltatori (a volte spaventosamente pedanti, a volte spaventosamente astute) con una freschezza e un aplomb ritenute uniche nei programmi commerciali. L'accoglienza del pubblico era stata spesso calorosissima e non era mai scesa al tiepido. Gli ascoltatori di solito erano divisi in due gruppi curiosamente ostinati: quelli per i quali i Glass erano un branco di piccoli bastardi insopportabilmente superiori che sarebbe stato meglio affogare o gassare appena nati, e quelli per i quali essi erano dei piccoli geni sapienti di una specie rara anche se non invidiabile. Ancor oggi (1957) ci sono degli ex ascoltatori di Ecco un Bambino Eccezionale che ricordano, con una precisione tutto sommato straordinaria, molte esibizioni di ciascuno dei sette bambini. Questo gruppo, che si va assottigliando ma che conserva un suo strano carattere di consorteria, concorde nel ritenere Seymour, il maggiore dei Glass, presentatosi tra la fine degli anni venti e l'inizio degli anni trenta, il migliore da sentire, quello che pi dava soddisfazione. E, dopo Seymour, Zooey, il pi giovane maschio della famiglia, ad avere il secondo posto nell'ordine delle preferenze. E siccome qui chi ci interessa in modo precipuamente pratico Zooey, si pu aggiungere che, come ex campione di Ecco un Bambino Eccezionale, egli vantava tra (o su) i suoi fratelli e sorelle una preminenza degna di passare agli annali. Di quando in quando, durante i loro anni di gloria radiofonica, tutti e sette i ragazzi erano stati presi di mira da quella categoria di educatori e di specialisti in psicologia dell'infanzia che nutre un particolare interesse per i bambini ultraprecoci. A servizio di questa causa, Zooey, tra tutti i Glass, era stato il pi voracemente esaminato, intervistato, analizzato. Ognuna di queste sue esperienze nei campi apparentemente divergenti della psicologia clinica, sociale e giornalistica gli erano costate care, come se i luoghi in cui veniva esaminato fossero tutti brulicanti di traumi contagiosissimi o di semplici germi tradizionali. Nel 1942, per esempio (con la costante disapprovazione dei due fratelli maggiori, che allora erano entrambi sotto le armi) era stato esaminato da un solo gruppo di ricerche, a Boston, in cinque diverse occasioni. (All'epoca di quasi tutte quelle sedute aveva dodici anni e probabilmente quei viaggi in treno, dieci in tutto, esercitarono su di lui una certa attrazione, almeno in principio). Per quanto era dato di capire, lo scopo principale di quei cinque esami era di isolare e studiare, se possibile, l'origine della sua precocit d'ingegno e fantasia. Al termine della quinta prova, il soggetto fu rispedito a casa a New York con tre o quattro aspirine per un raffreddore, che si rivel in seguito una broncopolmonite. Poi, circa sei settimane dopo, ci fu un'interurbana da Boston alle undici e mezzo di sera, con gran rumore di monete introdotte in quantit in un telefono pubblico e una voce non identificata (che presumibilmente non aveva nessuna intenzione di suonare pedantescamente faceta) inform il signore e la signora Glass che loro figlio Zooey, a dodici anni, aveva la stessa ricchezza di vocabolario di Mary Baker Eddy, se solo si riusciva a fargliela usare.

  • Riassumendo: la lunga lettera dattiloscritta quattro anni prima che Zooey aveva portato con s in bagno per rileggerla, quel luned mattina del novembre 1955, era stata probabilmente tolta dalla busta, spiegata e ripiegata in troppe occasioni private nel corso di quei quattro anni, e aveva quindi non soltanto un aspetto assolutamente unappetitlich, ma era addirittura strappata in parecchi punti, soprattutto lungo le piegature. L'autore della lettera, come gi s' detto, era Buddy, il maggiore dei fratelli di Zooey ancora in vita. Quanto alla lettera stessa, era virtualmente interminabile, fittissima, istruttiva, ridondante, dogmatica, rimostrante, condiscendente, imbarazzante e satura di affettuosit fino alla nausea. In breve, era proprio quel tipo di lettera che il destinatario, lo voglia o no, si porta dietro per un po' di tempo nella tasca posteriore dei calzoni, e che un certo tipo di scrittore di professione ama riprodurre testualmente:

    Caro Zooey, 18-3-51.

    Ho appena finito di decifrare una lunga lettera della mamma che mi arrivata stamattina, dove non fa che parlare di te e del sorriso del generale Eisenhower e dei ragazzini sul Daily News che cadono nella tromba dell'ascensore e di quando mi decider a far togliere il telefono da New York e farmene mettere uno qui in campagna, dove mi serve davvero. Certo mamma l'unica donna che sappia scrivere una lettera con dei corsivi invisibili. Cara Bessie! Ogni tre mesi, puntuale come un orologio, mi manda cinquecento parole a proposito del mio povero vecchio telefono personale e di quanto stupido pagare tutti i mesi in moneta buona per qualcosa che nessuno si sogner mai pi di usare. Il che tra l'altro tutta una balla, perch quando sono in citt me ne sto seduto a parlare per ore col mio vecchio amico Yama, il Dio della Morte, e un telefono personale indispensabile per le nostre chiacchierate. Comunque, di' per favore alla mamma che non ho cambiato idea. Adoro quel vecchio telefono. Era la sola autentica propriet privata che Seymour e io abbiamo mai avuto in tutto il kibbutz di Bessie. E poi per il mio equilibrio interiore essenziale vedere il nome di Seymour ogni anno in quel dannato elenco telefonico. Mi piace sfogliare fiduciosamente le pagine della G. Sii buono, trasmettile il messaggio a nome mio. Non proprio parola per parola, ma per bene. Sii pi gentile con Bessie, Zooey, quando ci riesci. Non perch nostra madre, ma perch stanca. Sono sicuro che quando avrai trent'anni o gi di l, quando tutti mollano un po' (anche tu, forse), diventerai gentile con lei, ma intanto provatici adesso. Non basta trattarla con la tenera brutalit di un apache nei confronti della sua compagna di danza. Lei, tra parentesi, lo capisce, che tu lo creda o no. Tu dimentichi che lei nel sentimentalismo ci sguazza quasi quanto Les.

    A parte il problema del mio telefono, l'ultima lettera di Bessie non fa che parlare di Zooey. Io devo scriverti per dirti che hai Tutta La Vita Davanti e che un Delitto se non prendi la laurea prima di metterti a fare l'attore in grande stile. Non dice in che cosa le piacerebbe che tu ti laureassi, ma io credo in matematica, pi che in greco, mio schifoso topo di biblioteca. Ad ogni modo, mi sembra di capire che vuole che tu abbia le Spalle Al Sicuro caso mai ti andasse male la carriera di attore. Pu darsi che sia una cosa molto giusta, e probabilmente lo , ma non me la sento di venir fuori tutt'a un tratto a dirtelo. Il caso vuole che oggi sia una di quelle giornate in cui vedo tutti i membri della famiglia, me compreso, dalla parte sbagliata del telescopio. Questa mattina, davanti alla cassetta della posta, ho dovuto fare una fatica del diavolo per ricordarmi chi era Bessie, quando ho visto il nome del mittente sulla busta. Per qualche sua buona ragione, il Corso avanzato di composizione letteraria 2 4-A mi ha scaricato addosso trentotto racconti da trascinarmi penosamente a casa per il week-end. E ce ne sono trentasette che trattano di una olandese della Pennsylvania, ritrosa, solitaria, lesbica e aspirante scrittrice, tutti scritti in prima persona da una mano lasciva e mercenaria. In dialetto.

    Saprai certamente che pur avendo trasferito per molti anni il mio cubicolo di prostituta letteraria di college in college, non ho ancora preso nemmeno il baccalaureato. Mi sembra che siano passati cent'anni, ma penso che in principio i motivi per cui non ho preso la laurea fossero due. (Per favore, stattene buono. Sono anni che non ti scrivo). Primo, io ero un vero e proprio snob al college, come pu esserlo soltanto un ex Bambino Eccezionale e un futuro specialista d'inglese vita natural durante, e non volevo nessun titolo perch sapevo che tutti i letterati da strapazzo, gli annunciatori della radio e quei pagliacci di pedagoghi ne avevano a dozzine. E, secondo, Seymour s'era laureato all'et in cui la maggior parte dei giovani americani hanno appena finito le superiori, e siccome era troppo tardi per raggiungerlo, allora decisi di non prendere niente. E poi, naturalmente, quando avevo la tua et, ero convintissimo che non sarei mai stato costretto a insegnare, e che se la mia Musa non fosse riuscita a darmi di che vivere, sarei andato a molare lenti da qualche parte, come Booker T. Washington. Penso comunque di non avere rimpianti accademici di nessun genere. A volte, quando sono particolarmente nero, mi dico che se avessi fatto una provvista di lauree quando potevo, adesso forse non insegnerei a della gente cos disperante come quella del Corso avanzato di composizione letteraria 24-A. Ma probabilmente una balla. Contro gli esteti di professione si gioca con carte truccate (e ben truccate, immagino) ed un fatto che tutti noi

  • meritiamo quelle morti oscure, verbose, accademiche di cui prima o poi moriremo.

    Penso sul serio che il tuo caso sia molto diverso dal mio. Comunque, non credo di stare proprio dalla parte di Bessie. Se la Sicurezza che vuoi, o che Bessie vuole per te, il tuo diploma ti permetter sempre di distribuire le tavole dei logaritmi in una tetra scuola media di campagna e anche in certe scuole superiori. D'altra parte, il tuo greco non ti servir per nessun istituto universitario che si rispetti, se non hai la laurea, in questo mondo gallonatissimo di tocchi e palandrane. (Naturalmente puoi sempre andartene ad Atene. Cara vecchia Atene solatia). Ma pi ci penso, pi mi dico al diavolo la tua laurea. Se vuoi proprio saperlo, non posso fare a meno di pensare che ti sentiresti molto pi inserito come attore se, quando tu eri piccolo, Seymour e io non avessimo aggiunto gli Upanishad, e il Diamond Sutra, e Eckhart e tutti gli altri nostri vecchi amori alle letture che ti assegnavano da fare a casa. Un attore dovrebbe viaggiare con un bagaglio abbastanza leggero. Quand'eravamo bambini, S. e io facemmo una volta un pranzo bellissimo con John Barrymore. Era un accidente d'intelligenza, e anche un pozzo di scienza, ma non aveva addosso il bagaglio ingombrante di un'educazione troppo formale. Ti dico questo, perch durante il week-end ho parlato con un orientalista piuttosto ampolloso, e a un certo punto, durante una pausa di profondissimo silenzio metafisico, gli ho detto di un mio fratellino che una volta aveva dimenticato una delusione amorosa traducendo in greco classico la Mudaka Upanishad. (Lui scoppiato in una risata fragorosa: sai come ridono gli orientalisti).

    Vorrei proprio avere un'idea di quel che sar di te come attore. un fatto che sei un attore nato. Anche la nostra Bessie lo sa. E certo tu e Franny siete le due sole bellezze di famiglia. Ma dove reciterai ? Ci hai pensato ? Nel cinema ? L, ho una paura matta che se appena appena ti ingrassi un po' ti sacrificano come un qualunque attor giovane sull'altare del rispettabile amalgama hollywoodiano di pugile e di mistico, di pistolero e di ragazzo infelice, di vaccaro e di Coscienza Umana e cos via. Sarai soddisfatto di questo standardizzato schmalz da cassetta ? O sognerai qualcosa di un po' pi cosmico: zum Beispiel di far la parte di Andrej in una produzione in technicolor di Guerra e pace, con colossali scene di battaglia, e senza sfumature di caratterizzazione (perch sono letterarie e non traducibili in immagini), e Anna Magnani audacemente scelta per fare Natascia (tanto per conservare alla produzione una certa classe e dignit), e uno scintillante commento musicale di Dmitri Popkin e tutti i protagonisti maschili a contrarre di quando in quando i muscoli della mascella per far vedere che sono in preda a una grande tensione emotiva, e la Prima Mondiale al Winter Garden, sotto le luci dei riflettori, con Molotov e Milton Berle e il governatore Dewey a presentare le celebrit mano a mano che entrano in teatro. (Quando parlo di celebrit, mi riferisco naturalmente ai vecchi appassionati di Tolstoj: il senatore Dirksen, Zsa Zsa Gabor, Gayelord Hauser, Gergie Jessel, Charles del Ritz). Ti alletta l'idea? E se ti darai al teatro, ti farai mica delle illusioni ? Hai mai visto un'edizione veramente bella di, diciamo, Il giardino dei ciliegi? Non dirmi di si. Nessuno l'ha vista. Forse avrai visto delle edizioni ispirate, delle edizioni oneste, non certo qualcosa di veramente buono. Non una in cui gli attori fossero all'altezza del talento di Cechov, capaci di renderne tutte le sfumature e le peculiarit espressive. Tu mi preoccupi maledettamente, Zooey. Scusa il mio pessimismo, se non l'altisonanza. Ma so quanto sei esigente, mio piccolo bastardo. Ho gi fatto l'esperienza diabolica di sederti accanto a teatro. Ti vedo gi a pretendere dall'arte drammatica qualcosa che ormai non c' pi, e basta. Per amor del cielo, sta' attento a quel che fai.

    Oggi sono decisamente fuori quadro. Tengo un bel calendario da nevrotico, e son tre anni oggi che Seymour s' ucciso. Ti ho mai raccontato quel che accadde quando andai in Florida per riportare il suo corpo a casa? Piansi come uno scemo per cinque ore di fila, sull'aereo. E di tanto in tanto sistemavo bene la tendina perch non mi potessero vedere dall'altra fila di poltrone. Non avevo nessuno accanto, grazie a Dio. E poi, cinque minuti prima che l'aereo atterrasse, mi accorsi che c'erano delle persone che parlavano nel sedile dietro al mio. Una voce di donna con tutta la Back Bay di Boston e tre quarti di Harvard Square nell'accento, stava dicendo: ... e il mattino dopo, sta' a sentire, le tolsero mezzo litro di pus da quel suo bel corpo cos giovane. Non ricordo di aver sentito altro, ma quando scesi dall'aereo pochi minuti dopo e la Vedova Orbata mi si avvicin con tutto quel nero di Bergdorf Goodman, io avevo proprio la Faccia che Non ci Voleva. Sghignazzavo. Ed proprio cos che mi sento oggi, senza nessun logico motivo. Contro ogni ragionamento, ho la certezza che da qualche parte, vicinissimo a qui - nella prima casa qui a fianco, magari - c' un bravo poeta che sta morendo; ma sempre vicinissimo a qui, da qualche parte, c' anche una che si fa togliere un allegro mezzo litro di pus dal suo bel corpo giovane. E non posso andare avanti a far eternamente la spola tra l'angoscia e la gioia sublime.

    Il mese scorso, il Preside Sheeter (quando faccio il suo nome, Franny va sempre in brodo di giuggiole) mi si avvicinato col suo sorriso benevolo e il suo pugno di ferro; e adesso tutti i venerd faccio conferenze sul Buddismo Zen e Mahayana ai professori, alle loro mogli e a qualche opprimente studente di quelli tanto profondi. Un'impresa, ne sono certo, che alla fine mi dar la cattedra di filosofia orientale all'inferno. La conclusione che adesso devo stare a scuola cinque giorni alla settimana invece di quattro, e con in pi il mio lavoro da fare la sera e nel week-end, non ho praticamente tempo per i pensieri facoltativi. Il che un querulo modo per dirti che mi preoccupo si di te e di Franny quando mi possibile, ma non cos spesso come vorrei.

  • Quello che sto veramente cercando di dirti che la lettera di Bessie c'entra ben poco con la mia decisione di mettermi qui oggi in mezzo a un mare di portaceneri a scriverti. Bessie mi passa ogni settimana qualche primizia su te e Franny e io non intervengo mai. Dunque, come vedi, non si tratta di questo. Il motivo di questa lettera stato quel che mi successo oggi al supermercato. (Niente a capo. Te lo risparmio). Ero al banco della carne, in attesa che tagliassero le cotolette di agnello. E c'era anche una giovane madre con la sua bambina, che aspettava. La bambina avr avuto un quattro anni, e per passare il tempo se ne stava appoggiata con le spalle alla vetrina e guardava in su la mia barba lunga. Le ho detto che era forse la bambina pi carina che avessi visto in tutta la giornata. Lei ha afferrato benissimo e mi ha fatto di si con la testa. Poi le ho detto scommetto che hai un sacco di ragazzi. E lei ha fatto di nuovo segno di si con la testa. Allora le ho chiesto quanti ne aveva. Lei ha alzato due dita. - Due! - ho detto io. - un bel po'. E come si chiamano, bellezza? - E lei, con una voce in falsetto - Bobby e Dorothy -. Io ho agguantato le mie cotolette d'agnello e sono corso via. Ma questa la vera ragione della mia lettera, molto pi che non le insistenze di Bessie perch ti scrivessi della laurea e della recitazione. Questa, e una poesia in stile haiku che trovai nella stanza d'albergo dove Seymour si sparato. Era scritta a matita sulla cartella di carta assorbente della scrivania: La bambina in aeroplano che gir la testa della sua bambola per guardarmi. In macchina, mentre tornavo a casa dal supermercato con queste due cose in mente, ho pensato che potevo finalmente scriverti dopo tanto tempo e spiegarti perch S. e io ci assumemmo l'educazione tua e di Franny cos presto e cos tirannicamente. Non te l'abbiamo mai spiegato bene, e penso che sia proprio l'ora che uno di noi lo faccia. Ma adesso non sono poi cos sicuro di saperlo fare. La bambina che c'era al banco della carne se n' andata e non riesco proprio a vedere il volto gentile della bambolina sull'aereo. E il vecchio orrore di essere uno scrittore di professione e tutto il tanfo di parole che di regola l'accompagna, comincia a spingermi via dalla sedia. Per devo provare: mi sembra una cosa terribilmente importante.

    Le differenze d'et della nostra famiglia si direbbe che abbiano sempre complicato inutilmente e perversamente i nostri problemi. Non tanto tra S. e i gemelli e tra Boo Boo e me, ma tra te e Franny da una parte e S. e me dall'altra. Quando tu e Franny imparaste a leggere, Seymour e io eravamo gi grandi: lui addirittura aveva finito da tempo il college. Allora non sentivamo l'impulso di mettervi i nostri classici prediletti sotto il naso. Non con lo stesso slancio, almeno, con cui lo facevamo coi gemelli o Boo Boo. Sapevamo che non si pu tenere nell'ignoranza uno studioso nato, e in fondo, penso, non lo volevamo affatto; ma le statistiche sui bambini eruditi e i weisenheimer accademici che da grandi diventano gli oracoli della sala dei professori, ci preoccupavano, ci atterrivano addirittura. La cosa molto, molto pili importante, per, era che Seymour si stava ormai convincendo (e io ero d'accordo con lui, almeno per quanto ne capivo) che l'educazione, comunque la si chiamasse, poteva apparire ugualmente allettante, forse molto pi allettante, se non veniva intrapresa come ricerca della conoscenza, ma come ricerca (per dirla con lo Zen) della non-conoscenza. Il dottor Suzuki dice da qualche parte che l'essere in uno stato di pura consapevolezza -satori - come essere con Dio prima che Egli dicesse Sia la luce. Seymour e io pensavamo che f