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ROTTURA SPONTANEA DI SIMMETRIA: DAL FERROMAGNETISMO ALLA FISICA DELLE PARTICELLE

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ROTTURA SPONTANEA DI SIMMETRIA: DAL FERROMAGNETISMO ALLA FISICA

DELLE PARTICELLE

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2 Indice

Indice Indice ............................................................................................................................................................ 2

Introduzione ..................................................................................................................................................... 3

Bosoni massivi in fisica della particelle ......................................................................................................... 3

Correnti schermanti: la “massa del fotone” ................................................................................................. 6

Risoluzione del problema ................................................................................................................................. 7

Diamagnetismo e Superconduttività ............................................................................................................ 7

Modello di Higgs U(1) ................................................................................................................................. 10

Rottura spontanea di simmetria: il caso del ferromagnetismo .............................................................. 10

Rottura spontanea di simmetria: il modello di Higgs U(1) ...................................................................... 12

Dove finisce la Gauge invarianza quando la simmetria è rotta? ................................................................. 14

Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale ................................................................................. 15

Bibliografia ..................................................................................................................................................... 18

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3 Bosoni massivi in fisica della particelle

Introduzione

Bosoni massivi in fisica della particelle All’epoca della formulazione della meccanica quantistica, l’unico bosone mediatore conosciuto era il

fotone. Esso è il mediatore del campo elettromagnetico. Le equazioni di Maxwell prevedono che esso sia

una particella a massa nulla, e di ciò si hanno evidenze sperimentali.

In seguito, con lo studio delle interazioni forti, è stato ipotizzato, e poi confermato indirettamente dai dati

sperimentali, che anche l’interazione forte è descrivibile con una teoria di gauge e che essa possiede 8

bosoni mediatori, anche essi a massa nulla.

Ci si può dunque chiedere se l’assenza di massa sia una caratteristica di tutti i bosoni mediatori di un campo

di gauge. Tuttavia, quando analizziamo i dati sperimentali di processi dovuti ad interazioni deboli, vediamo

che essi non sono compatibili con bosoni mediatori a massa nulla, anzi i bosoni mediatori di tale interazione

devono avere una massa molto maggiore di quella del protone!

Nasce allora il problema dell’invarianza di gauge.

In meccanica quantistica una particella elementare è descrivibile con una funzione d’onda, che associa ad

ogni punto dello spazio un numero complesso. Tale funzione d’onda deve soddisfare l’equazione di

Schrödinger.

In assenza di altre particelle o campi però l’unica osservabile è la densità di probabilità di osservare la

particella in un dato punto, ovvero il modulo di tale funzione d’onda. Nasce allora spontanea la domanda:

posso scegliere la fase della funzione d’onda arbitrariamente in ogni punto dello spazio tempo, se essa non

contiene nessuna informazione fisica?

Deve continuare a valere è l’equazione di Schrödinger: la nuova funzione d’onda dovrà sempre essere

soluzione dell’equazione di Schrödinger. Tuttavia si osserva subito che se è soluzione, allora

non lo è, infatti

e i termini aggiuntivi che compaiono fanno si che l’equazione di Schrödinger scritta in questa forma non sia

soddisfatta. Possiamo allora introdurre un campo di gauge, per esempio quello elettromagnetico. In questo

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4 Bosoni massivi in fisica della particelle

caso l’Hamiltoniana cambia, e il suo cambiamento rende covariante l’equazione di S. sotto trasformazioni

arbitrarie di fase:

Infatti se

allora la funzione d’onda trasformata

soddisfa l’equazione di S. trasformata in modo covariante se i campi trasformano in questo modo:

Infatti:

In quanto:

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5 Bosoni massivi in fisica della particelle

L’equazione diventa allora

che è equivalente a quella di partenza.

La stessa cosa avviene in una teoria di gauge come la QED:

Se partiamo dalla densità lagrangiana di Dirac:

e cambiamo la fase del campo spinoriale

allora

Se introduciamo però un campo di gauge (campo elettromagnetico) con l’accoppiamento minimale la

densità lagrangiana diventa:

che è invariante sotto trasformazioni del tipo:

Infatti

Il ruolo di tale campo di gauge sembra quello di “riconciliare” i cambiamenti di fase che possono riferirsi, in

linea di principio, a particelle molto distanti nello spazio. Tuttavia solitamente c’è una connessione fra il

raggio di azione di un campo e la massa del suo mediatore. Nel caso dei campi di gauge la “riconciliazione”

della fase deve essere fatta su distanze spazio-temporali arbitrariamente grandi, e quindi sembrerebbe

allora necessario richiedere che i quanti mediatori siano a massa nulla.

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6 Correnti schermanti: la “massa del fotone”

Si può vedere matematicamente che i quanti di gauge dovrebbero essere a massa nulla nel modo seguente.

L’equazione di Maxwell per il campo elettromagnetico è

ed è invariante sotto la trasformazione

Invece l’equazione per un bosone massivo è

manifestamente non invariante sotto la trasformazione precedente, e il termine di rottura è proprio quello

di massa.

Sembra quindi che abbiamo raggiunto un vicolo cieco nel tentativo di applicare una teoria di gauge alle

interazioni deboli.

Correnti schermanti: la “massa del fotone” L’unico modo per cui le due equazioni possono essere fra loro consistenti è il seguente:

prendendo la divergenza dell’equazione per il bosone massivo otteniamo la condizione

per cui le due equazioni diventano

e possono essere consistenti se e solo se

cosa che ovviamente non è una condizione gauge invariante. Ciò era presumibile: siamo partiti

dall’equazione per il bosone massivo che non era gauge invariante, e la condizione che abbiamo trovato

sulla divergenza di può essere interpretata come una scelta di gauge per il campo .

Vediamo ora perché questa condizione è chiamata di corrente schermante partendo dalle equazioni di

Maxwell.

Considerando il caso statico

dato che

si ottiene (usando la corrente schermante):

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7 Diamagnetismo e Superconduttività

che ha come soluzione accettabile solo l’esponenziale decrescente con lunghezza di decadimento ,

detta lunghezza di schermaggio. Questo significa che in un mezzo in cui valgono le precedenti equazioni, il

campo magnetico può penetrare sol per una lunghezza pari a .

Cos’è che scherma il campo? È il campo stesso che genera correnti indotte le quali generano a loro volta un

campo indotto che cancella quello esterno.

Risoluzione del problema

Diamagnetismo e Superconduttività Consideriamo il problema del Diamagnetismo in meccanica quantistica. Dobbiamo usare la corrente di

probabilità quantistica modificata per la presenza del campo elettromagnetico (in unità naturali)

corrente ottenuta da quella standard costituendo l’operatore con la derivata covariante .

La funzione d’onda è ovviamente la funzione d’onda dell’elettrone.

Ponendo

otteniamo una corrente effettivamente invariante per trasformazioni del tipo

Abbiamo allora da risolvere le seguenti equazioni accoppiate

dove ci siamo ridotti al caso statico e alla gauge trasversa.

Osserviamo che esiste una soluzione dove la funzione d’onda è costante:

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8 Diamagnetismo e Superconduttività

da cui risulta che la lunghezza di schermaggio è (andando a ripristinare le costanti universali con l’analisi

dimensionale):

Se consideriamo poi una distribuzione uniforme di elettroni allora

dove è il raggio di Bohr, e risulta

Questo effetto và applicato singolarmente ad ogni atomo, il quale avendo dimensioni di circa

sentirà un’attenuazione massima pari a

e pertanto il Diamagnetismo è un effetto molto debole.

Alcune note:

nella soluzione del sistema, per la prima equazione basta considerare l’approssimazione di campo

debole, per cui si vede che trascurando il termine in la funzione d’onda rimane imperturbata e

l’energia subisce uno schift dovuto a , che non è altro che il contributo orbitale al

paramagnetismo. Per questa ragione una seconda semplificazione sta nel porre , ottenendo

che così anche l’energia non cambia di valore.

Un’ultima approssimazione necessaria per risolvere solo la seconda equazione consiste nel

supporre il modulo della funzione d’onda ovunque costante. Questa approssimazione non cambia il

risultato finale, cioè che l’effetto è molto debole.

Consideriamo ora il fenomeno della superconduttività e l’effetto Meissner.

L’effetto del diamagnetismo è piccolo perché è grande rispetto alle dimensioni atomiche. Gli orbitali degli

elettroni di conduzione nei metalli si estendono su regioni più ampie, quindi potremmo pensare che

l’effetto del Diamagnetismo in questo caso sarebbe più grande, ma le funzioni d’onda sono fortemente

perturbate dal campo e quindi la nostra approssimazione non vale.

Se però il metallo viene raffreddato al di sotto di una certa temperatura, il flusso magnetico che lo

attraversa viene espulso repentinamente, perché vengono a formarsi correnti superficiali che cancellano

esattamente il contributo del campo esterno all’interno del conduttore.

Nella superconduttività valgono esattamente le stesse equazioni che per il Diamagnetismo, dove però

bisogna reinterpretare il significato di ogni singolo termine.

La funzione d’onda diventa una funzione d’onda macroscopica, cioè di tutte le particelle, che vengono

quindi considerate coerenti fra loro, cioè aventi la stessa fase. Insomma tutte le particelle stanno nello

stesso stato. Qui sorge una domanda: se le particelle sono elettroni, che sono fermioni, come possono stare

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9 Diamagnetismo e Superconduttività

tutte nello stesso stato? La risposta è che a tale temperatura gli elettroni vanno a formare delle coppie

dette “coppie di Cooper” che sono bosoni e quindi possono stare tutte nello stesso stato.

Per quanto riguarda gli altri termini: diventa la carica di una coppia di Cooper, la massa di una coppia di

Cooper, e la densità delle coppie di Cooper per unità di volume.

Vediamo che si ottiene una praticamente uguale alla precedente:

e ponendo

Adesso però cambia un’altra cosa: prima l’elemento a cui andava applicato il singolo effetto di schermaggio

era l’atomo, ora invece è un oggetto macroscopico di dimensione

Quindi lo schermaggio è pressoché totale all’interno; infatti già a c’è uno schermaggio pari a:

Alcune note:

Stiamo assumendo che una parte degli elettroni formino coppie di Cooper (bosoni): questa è

un’assunzione non perturbativa. Usando invece la teoria delle perturbazioni non saremmo mai

potuti arrivare a uno stato dove gli elettroni formino coppie di Cooper. Inoltre queste coppie si

trovano tutte nello stesso stato quantistico. Si tratta quindi di una “condensazione” nello spazio

degli impulsi: tutte le coppie hanno lo stesso momento del centro di massa.

Non tutti gli elettroni di conduzione che si convertono in coppie cadono in questo stato

fondamentale, ma solo una frazione, che varia da nessuno (alla temperatura critica) alla totalità

(allo zero assoluto). Quindi quando abbiamo posto la densità delle coppie di Cooper pari a metà di

quella degli elettroni di conduzione abbiamo fatto l’approssimazione di essere vicini a temperatura

nulla.

Infine notiamo che siamo giunti a un’equazione

che dà massa alle sole componenti trasverse del campo . Infatti ci siamo messi nella gauge trasversa e

abbiamo assunto che la funzione d’onda fosse stabile per variazioni del campo : e questo può essere vero

solo per variazioni della parte trasversa, in quanto la parte longitudinale può variare di un termine di

gradiente che non ha nessun effetto sulla situazione fisica (non modifica né il campo, né altro).

Manca allora da capire come si fa a far assumere massa anche alla componente longitudinale, massa che

deve essere la stessa di quella delle componenti trasverse.

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10 Modello di Higgs U(1)

Modello di Higgs U(1) Vediamo ora un modello analogo in teoria dei campi. Mettendoci sempre nella gauge trasversa scriviamo

l’equazione covariante per il campo (ovviamente non possiamo più ridurci al caso statico):

Aggiungiamo al modello la presenza di un campo bosonico scalare carico, la cui corrente è:

che si ottiene come in M. Q. partendo dalla corrente standard e sostituendo la derivata normale con quella

covariante.

Assumendo quindi l’esistenza di un bosone scalare carico in aggiunta al campo , l’equazione precedente

diventa:

Ponendo poi

si ottiene:

da cui si può osservare che la seconda parte dell’equazione è gauge invariante mentre la prima parte non lo

è, avendo scelto la gauge trasversa.

Scegliendo poi si ottiene:

che dà al campo una massa .

Ora vedremo come questo è possibile, ma prima apriamo una piccola parentesi.

Rottura spontanea di simmetria: il caso del ferromagnetismo

Un semplice esempio di rottura spontanea di simmetria è il modello di un ferromagnete dove

l’Hamiltoniana che descrive le interazioni spin-spin è invariante per rotazioni. In assenza di campi esterni

non ci sono altre interazioni significative e quindi tutta l’Hamiltoniana è invariante per rotazioni. Tuttavia,

se raffreddiamo il ferromagnete al di sotto della temperatura critica, il ferromagnete presenta una

magnetizzazione spontanea non nulla. Il vettore magnetizzazione sceglie “a caso” una delle possibili

direzioni, il fatto che la sceglie fa si che lo stato fondamentale non sia rotazionalmente invariante. Il vettore

magnetizzazione può però scegliere qualsiasi direzione, ed è qui che la simmetria dell’Hamiltoniana si

ripresenta, “nascosta”. Per questo alcuni libri indicano questo fenomeno come “simmetria nascosta” invece

che rotta, perché in realtà esiste ancora, ma non si vede.

Come si può facilmente capire che può esistere uno stato fondamentale con magnetizzazione non nulla?

Prendiamo il modello di Landau.

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11 Modello di Higgs U(1)

Il potenziale termodinamico rilevante è l’energia libera di Gibbs che può essere approssimata da:

Prendendo configurazioni uniformi l’ultimo termine si annulla e il minimo del potenziale si può avere

quando vale (abbiamo indicato con il modulo della magnetizzazione, essendo la direzione arbitraria):

I punti stazionari sono quindi

dove abbiamo scartato la soluzione col segno meno in quanto significherebbe solo un cambio di verso del

vettore. Inoltre la seconda soluzione è ammissibile solo se in quanto il modello assume che si ha

sempre .

Andando a considerare la derivata seconda

si vede che il primo caso corrisponde a un minimo se , mentre il secondo è un minimo se .

Pertanto riassumendo:

Se esiste solo un punto stazionario che è di minimo e corrisponde a magnetizzazione

spontanea nulla; questo sarà il caso in cui siamo sopra la temperatura critica

Se esistono due punti stazionari, che è di massimo e quindi instabile, ed un altro

punto con che è di minimo e quindi stabile; questo sarà invece il caso in cui siamo al di sotto

della temperatura critica

Ecco di seguito un grafico dell’energia di Gibbs in funzione del modulo della magnetizzazione a temperatura

maggiore e minore di quella critica.

Energia libera di Gibbs a temperatura superiore a quella critica (blu) ed inferiore (viola). Scale arbitrarie.

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12 Modello di Higgs U(1)

Rottura spontanea di simmetria: il modello di Higgs U(1)

Il modello di Higgs assume l’esistenza di un campo bosonico scalare carico:

Dove e sono campi reali per i quali vale lo sviluppo standard in onde piane del tipo

che trasforma in questo modo:

La scelta della forma del potenziale è il passaggio che determina se c’è o meno rottura spontanea di

simmetria.

Per ragioni dimensionali, perché la teoria sia rinormalizzabile è necessario che il potenziale abbia la forma

di un polinomio del campo di grado non superiore a 4. La scelta più ovvia allora ricade su un analogo

dell’energia di Gibbs del paragrafo precedente:

dove abbiamo preso il modulo del campo invece del campo stesso in quanto il potenziale deve essere

anche gauge invariante.

Se ora scegliessimo

avremmo un potenziale con minimo in e quindi valore di aspettazione sul vuoto

nullo:

Plot 3D del potenziale del campo di Higgs, caso a>0

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13 Modello di Higgs U(1)

Se scegliessimo invece

Il minimo del potenziale si avrà per un valore del campo non nullo, e sarà quello il punto attorno al quale si

dovrà sviluppare il campo per applicare la teoria delle perturbazioni:

Plot del potenziale del campo di Higgs, caso a<0

Come si può vedere dal plot abbiamo un insieme continuo di minimi, costituito da una circonferenza di

raggio

. Una volta fissata la gauge, ogni punto della circonferenza è uno stato di vuoto differente; tuttavia

a noi è necessario un solo stato fondamentale da cui fare lo sviluppo perturbativo. La scelta dello stato di

vuoto da usare è indifferente dato che l’intero modello è invariante anche globalmente, ed è quindi

sempre possibile fare una trasformazione globale che renda il valore di aspettazione del campo sul vuoto

reale. Tuttavia la scelta di uno stato fondamentale fra gli infiniti possibili sulla circonferenza “rompe”

l’invarianza del modello.

Nel caso di simmetria rotta l’equazione per il campo diventa:

Alcune note:

Quanto detto inizialmente ha quindi valore se siamo nel caso di rottura di simmetria, infatti se il

potenziale ha minimo per campo nullo si ha

e il campo non acquista massa

Per far apparire la massa al campo abbiamo dovuto supporre l’esistenza di un altro campo.

Questo è detto modello di Higgs minimale in quanto lo abbiamo fatto col numero minimo di campi

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14 Dove finisce la Gauge invarianza quando la simmetria è rotta?

possibile (2 campi scalari reali). È possibile ottenere risultati analoghi usando più campi e

complicando il modello.

I campi aggiunti devono comunque essere campi bosonici, in quanto campi mediatori di una

interazione, e scalari: infatti se esistesse un campo vettoriale con valore di aspettazione sul vuoto

non nullo, avremmo una direzione privilegiata nello spazio-tempo e perderemmo quindi l’isotropia

di quest’ultimo. Considerazioni analoghe escludono di poter usare campi tensoriali di ordine

superiore.

La rottura di simmetria modifica la situazione fisica in modo non perturbativo: cambia infatti lo

stato di vuoto della teoria, che passa da uno con valore di aspettazione di tutti i campi nullo a uno

dove c’è un campo con valore di aspettazione diverso da zero. Non avremmo quindi potuto

ottenere questi risultati usando la teoria delle perturbazioni, in quanto cambia il punto attorno a

cui sviluppare il potenziale.

Dove finisce la Gauge invarianza quando la simmetria è rotta? Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricostruire tutte le equazioni in modo che siano gauge

invarianti, il modo migliore è scrivere la lagrangiana che abbiamo ottenuto includendo tutti i campi che

abbiamo preso in considerazione.

Tale Lagrangiana finale risulta essere:

dove così scritta è ovvia la gauge invarianza ma si visualizzano male i singoli termini. Sviluppando attorno al

minimo del potenziale, facendo varie sostituzioni e ponendo

otteniamo:

Vediamo che se facciamo la trasformazione di gauge

Essendo invariante per trasformazioni di gauge la lagrangiana assume la forma

Dove è scomparso il grado di libertà associato a .

Se scriviamo le equazioni del moto per il campo otteniamo l’equazione

Che, con la stessa trasformazione di gauge proposta in precedenza, diventa

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15 Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale

che è l’equazione che avevamo scritto nella gauge trasversa per cui . La trasformazione di gauge

presa in considerazione cambia la divergenza di , che non sarà quindi più trasverso, ma avrà una

componente longitudinale. Tale componente è acquisita tramite trasformazione di gauge perdendo il grado

di libertà di fase .

Analizziamo ora i rimanenti termini della lagrangiana (abbiamo tralasciato il termine costante):

I primi due termini sono quelli di un campo bosonico massivo libero per il fotone, come abbiamo appena

detto, con massa

Il terzo e il quarto sono termini di un campo bosonico massivo scalare, con massa

accoppiato in modo minimale con il campo elettromagnetico del fotone. Questo è il campo di Higgs per il

modello .

Gli ultimi due termini sono termini di auto-interazione del campo di Higgs con sè stesso.

Andiamo a trarre le conclusioni:

Il cambio di gauge che abbiamo mostrato rende possibile scegliere un reale. Il grado di libertà

apparentemente perso (dato che era inizialmente complesso) viene in realtà trasformato nel

terzo grado di libertà del campo del fotone che, essendo ora massivo, ha tre componenti

indipendenti invece di due

Se scegliamo di lavorare in altre gauge, dove non scompare, le equazioni del moto, le regole e i

diagrammi di Feynmann sono differenti, includendo anche propagatori e vertici per il campo non

fisico dovuto al grado di libertà aggiuntivo contenuto in .

La rottura di simmetria si è potuta verificare solo grazie a un insieme di precise relazioni fra i

parametri della lagrangiana. Attraverso la verifica sperimentale che tali relazioni valgono

effettivamente possiamo capire la veridicità del modello e della presenza della rottura di simmetria

Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale Il modello di Higgs per il gruppo di isospin debole non ha concettualmente nessuna differenza

rispetto a quello :

Il campo da scalare complesso diventa un doppietto di isospin debole complesso, la fase diventa una

matrice hermitiana:

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16 Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale

e il campo di gauge diventa un campo a 3 componenti

dove le sono le matrici di Pauli.

Di conseguenza si ridefinisce

e il potenziale diventa

Di conseguenza si ottiene che la parte di gauge per il modello elettrodebole è

Una prima relazione fra i coefficienti si ottiene quando si va ad imporre che la rottura di simmetria sia

esattamente per la parte e che la simmetria rimanga quindi esatta:

mentre dalla lagrangiana così scritta ricaviamo altre relazioni con dati misurabili:

Queste sono 5 equazioni in 5 incognite: . Se conoscessimo i valori di tutte le altre costanti

che compaiono nelle equazioni potremmo trovare i valori di tutte le incognite, ma non sarebbe una verifica

in quanto per ogni set di dati misurati posso trovare una soluzione al sistema. Aggiungiamo allora anche un

altro vincolo, ottenibile confrontando gli accoppiamenti con i leptoni:

Usando questo ulteriore vincolo calcoliamo le masse previste dei bosoni:

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17 Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale

e dai risultati sperimentali risulta:

L’accordo dei dati migliora andando a fare il calcolo delle masse dei bosoni a 2 loop*:

Purtroppo non conosciamo né né (e nemmeno se tale particella effettivamente esiste!), altrimenti

potremmo andare a fare anche un confronto ulteriore sul valore della sua massa.

I risultati sperimentali finora ottenuti sono comunque in buon accorto con tale modello teorico, infatti le

correzioni dalle sezioni d’urto dovute ai diagrammi contenenti il bosone di Higgs migliorano l’accordo fra

previsioni teoriche e dati sperimentali se attribuiamo a tale bosone una massa compresa fra e

.

Per concludere riporto alcuni dati sul range delle possibili masse del bosone di Higgs:

da argomenti teorici (Lee et al 1977) deve valere

mentre un risultato del assicura un limite inferiore, a livello di confidenza del , pari a

*Poiché a questo livello la massa dei bosoni e dipende dalla massa del bosone di Higgs, riporto dati per il caso

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18 Modello di Higgs SU(2)xU(1) e verifica sperimentale

Bibliografia I.J.R. Aitchison, A.J.G. Hey, Gauge Theories in Particle Physics Vol 2: QCD and the Electroweak

Theory, 1989 Taylor and Francis Group

I.J.R. Aitchison, A.J.G. Hey, Gauge Theories in Particle Physics Vol 2: QCD and the Electroweak

Theory, 2004 Taylor and Francis Group

Enore Guadagnini, Fisica Teorica: Lezioni per il corso di Dottorato in Fisica, Cap. 13, 1999 ETS

F.Mandl, G. Shaw, Quantum Field Theory, 1993, John Wiley & Sons

Georg Weiglein, Precise Predictions for the W-Boson Mass, 1997

Grafici realizzati con il software Wolfram Mathematica 7