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Università degli Studi del Molise Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dottorato di ricerca in Biochimica e Chimica Applicate SVILUPPO DI METODI ANALITICI PER DETERMINAZIONI AFFIDABILI IN CAMPO AMBIENTALE ED ALIMENTARE Coordinatore Tutor Ch.mo prof. S. Passarella Ch.mo prof. M.V. Russo Dottorando Dr. Ivan Notardonato XXII CICLO

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Università degli Studi del Molise

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

dottorato di ricerca in

Biochimica e Chimica Applicate

SVILUPPO DI METODI ANALITICI PER DETERMINAZIONI AFFIDABILI

IN CAMPO AMBIENTALE ED ALIMENTARE Coordinatore Tutor Ch.mo prof. S. Passarella Ch.mo prof. M.V. Russo

Dottorando Dr. Ivan Notardonato

XXII CICLO

I  

Sommario Introduzione 2 Tecniche di separazione: principi generali 4 Estrazione in fase solida: SPE 6

Legame ionico 6Legame idrogeno 9Interazione dipolo-dipolo 9Interazione dipolo-dipolo indotto o forze di Wan der Waal 10Legame dipolo istantaneo-dipolo indotto o forze di dispersione di London 11

Vantaggi della Solid Phase Extraction 11

Fasi solide: caratteristica e scelta dell’adsorbente 14

Adsorbenti polari non derivatizzati 14Adsorbenti polari, chimicamente legati, nella cromatografia a fase normale 15Adsorbenti non polari, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a fase inversa 16Adsorbenti carichi, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a scambio ionico 17Adsorbenti polimerici 17Il carbone attivo 18Il Carobograph 18

Scelta della fase adsorbente 20

Gas cromatografia 22

Principi della gas cromatografia 22La colonna cromatografica 23Velocità di flusso del gas di trasporto 26L’effetto della temperatura 27

Rivelatori 29

Il rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID) 29Il rivelatore a conducibilità termica (TCD) 30Il rivelatore azoto-fosforo (NPD) 30Il rivelatore a cattura di elettroni (ECD) 30

Le tecniche ifenate 31

II  

La spettrometria di massa 33Sistema pompa da vuoto 33Introduzione del campione 33Camera di ionizzazione 33

Sorgenti 35

Impatto elettronico (EI) 35Ionizzazione chimica (CI) 36Ionizzazione a elettrospray (ESI) 37

Analizzatore 37

Analizzatore magnetico 38Analizzatore a doppia focalizzazione 38Analizzatore a quadrupolo 39Analizzatore a trappola ionica 40Analizzatore a tempo di volo (TOF) 41

Rivelatore 42

Lo spettro di massa 42

Bibliografia 44 Abstract 47 Ftalati in matrici idroalcoliche: preconcentrazione su “Carbograph 1” ed analisi mediante GC-FID o GC-MS 48

Introduzione 48

Obiettivo 50

Materiali e metodi 51Materiali 51Metodi 54

Isoterme di adsorbimento 55

Preparazione delle soluzioni 55Estrazione delle soluzioni 55Preparazione dello standard interno 56Costruzione delle isoterme di adsorbimento 57

Volumi di breakthrough 62

Preparazione delle soluzioni e della fase adsorbente 62Estrazione dei soluti e concentrazione delle soluzioni 62Costruzione delle curve di breakthrough 63

Determinazione del solvente di estrazione 67

III  

Applicazione del metodo a campioni reali 69 LOD e LOQ ottenuti in GC-FID 71

Errore intraday ed interday in GC-FID 72

Analisi allo spettrometro di massa degli ftalati 73

LOD e LOQ ottenuti in GC-MS 78

Errore intraday ed interday in GC-MS 79

Conclusioni 80

Bibliografia 81 Determinazione dell’acrilammide in prodotti da forno mediante GC-ECD e GC-MS 83

Introduzione 83

Obiettivo 84

Caratteristiche della molecola 85

Metodi analitici in uso per la determinazione dell’acrilammide nei prodotti alimentari 86

Materiali e metodi 87

Materiali 87Metodi 88

Reazione di derivatizzazione 89

LOD e LOQ ottenuti in GC-ECD 91

Errore intraday ed interday in GC-ECD 91

Retta di taratura ottenuta in GC-ECD 92

Analisi del campione alimentare mediante GC-ECD 93

Analsi allo spettrometro di massa dell’acrilammide derivatizzata 94

LOD e LOQ ottenuti in GC-MS 105

Errore intraday ed interday in GC-MS 105

IV  

Schema riassuntivo frammentazione 106

Determinazione quantitativa dell’acrilammide in spettrometria di massa 107

Conclusioni 109

Bibliografia 110 Allegato 1: vino bianco 111 Allegato 2: vino rosso 113 Allegato 3: dimetyl phtalate 115 Allegato 4: dietyl phtalate 116 Allegato 5: dibutyl phtalate 117 Allegato 6: isobutyl-cicloesyl phtalate 118 Allegato 7: benzil-butyl phtalate 119 Allegato 8: bis(2-etil-exil) phtalate 120 Allegato 9: MS-MS del di-derivato dell’acrilammide 121 Allegato 10: MS-MS del tri-derivato dell’acrilammide 123

1

p a r t e b i b l i o g r a f i c a

2

INTRODUZIONE

La presenza di sostanze tossiche nel nostro ecosistema è stato sempre un problema

di grande rilevanza e influenza sociale sia per la natura sia per l’uomo.

Nel corso degli anni chimici, biologi e scienziati di varia natura, hanno

evidenziato diverse sostanze tossiche presenti nell’ambiente, derivanti sia da fonti

naturali sia da fonti industriali. Soprattutto da queste ultime, si continuano a

produrre e rilasciare, ogni anno, migliaia di sostanze, la cui tossicità, impatto

sanitario ed ambientale resta in alcuni casi ancora da definire [1].

Alcune di queste sostanze si presentano molto pericolose per la natura e per la

salute pubblica; infatti, sono caratterizzate da elevata o probabile tossicità,

persistenza, bioaccumulabilità e bioconcentrazione.

La tossicità è spesso legata alla struttura molecolare di questi composti. Infatti, il

grado di tossicità dipende dal modo in cui queste molecole possono interferire e/o

interagire con i meccanismi del corpo umano o della vita.

La persistenza, come la tossicità, di queste sostanze è legata alla loro struttura

molecolare [2, 3, 4].

La bioaccumulabilità è legata alla maggiore affinità che queste sostanze

presentano per i sistemi apolari o poco polari di quanto non lo siano per l’acqua.

In altre parole, diffondono nei tessuti grassi dove sono adsorbiti e concentrati [5,

6, 7, 8, 9].

La bioconcentrazione, invece, è legata all’aumento, in modo consistente, della

concentrazione media di molte sostanze procedendo lungo la catena alimentare.

Analizzando la catena alimentare, o meglio il complesso delle interazioni delle

3

catene alimentari all’interno di un ecosistema, notiamo che un essere vivente

tende a nutrirsi con quantità di cibo che attinge da livelli inferiori. Purtroppo, in

questa serie di passaggi, si tende a trattenere, piuttosto che ad eliminare, la

maggior parte delle sostanze tossiche assunte con il cibo [10, 11, 12]. Una

sostanza chimica la cui concentrazione aumenta lungo la catena alimentare, è

definita sostanza biomagnificata e il fenomeno è chiamato biomagnificazione o

amplificazione biologica [1].

Per la maggior parte, le sostanze tossiche o potenzialmente pericolose presenti

nell’ambiente o negli alimenti sono state studiate ed analizzate, per cercare di

caratterizzarne il comportamento e/o ridurne la concentrazione a livello

ambientale.

È da tener presente che, in una determinazione quantitativa, il problema di queste

sostanze è la loro bassissima concentrazione, infatti si parla molto spesso di ppm,

ppb o addirittura ppt; concentrazioni molto piccole anche per strumenti attuali

molto costosi. Nasce, quindi, l’esigenza di preconcentrare queste sostanze in

modo da renderle determinabili anche con strumenti poco costosi o presenti nella

maggior parte dei laboratori.

In questi anni mi sono occupato di mettere a punto e validare metodi analitici per

diverse sostanze di interesse ambientale ed alimentare.

Nella presente tesi viene affrontato il problema degli ftalati nel vino e

l’acrilammide in prodotti da forno.

4

TECNICHE DI SEPARAZIONE: PRINCIPI GENERALI

L’esigenza di separare e/o determinare singoli componenti di miscele complesse,

ha portato allo sviluppo di numerose tecniche di separazione. Ne sono esempio la

distillazione frazionata, la cristallizzazione, la filtrazione, la centrifugazione,

l’elettroforesi capillare, l’estrazione con solvente, e così via.

Tali tecniche sfruttano ed amplificano differenze, anche minime, fra le diverse

specie chimiche in modo da consentire una separazione efficiente.

Tra le tecniche sopra menzionate, quella più utilizzata nella preparazione del

campione analitico, specialmente da soluzioni acquose, è l’estrazione liquido-

liquido. Tale tecnica si esegue portando a contatto con la soluzione in cui si trova

un certo soluto, un solvente che sia praticamente immiscibile con il primo, in

modo che il soluto possa distribuirsi tra i due solventi in ragione della sua e della

loro natura o delle condizioni sperimentali.

La legge con cui avviene la distribuzione di un soluto tra due solventi è la legge di

Nerst , che può così enunciarsi: “un soluto si distribuisce fra due solventi

immiscibili tra loro, quando non ci sono interazioni soluto-solvente, in modo che

il rapporto tra le sue concentrazioni è costante”. Il parametro che meglio esprime

l’enunciato di Nerst è il coefficiente di distribuzione o di ripartizione (KD). Al fine

di chiarire il significato del coefficiente di ripartizione si consideri il sistema

costituito dal soluto A e da due solventi immiscibili tra loro: solvente polare (S1);

solvente apolare (S2). Se la sostanza A si trova inizialmente nella soluzione S1

quando quest’ultima viene dibattuta con il solvente S2, si ha il seguente equilibrio:

AS1 ↔ AS2

5

La frazione del composto A che solubilizza nella fase S2 è tale che è sempre

costante il rapporto

1

2

S

SD A

AK =

in cui AS1 ed AS2 rappresentano le concentrazioni del soluto nei due solventi e KD è

il coefficiente di distribuzione della specie in considerazione. Esso è costante a

temperatura costante. La legge della distribuzione così espressa non è però

termodinamicamente rigorosa, poiché nell’espressione sopra riportata si è fatto

uso delle concentrazioni invece delle attività; ma questa approssimazione è del

tutto lecita ai fini pratici.

Nonostante l’estrazione liquido-liquido sia una delle tecniche separative più

utilizzate, essa comporta notevoli problemi; ad esempio: impiego di grossi

quantitativi di solventi spesso tossici; potenziale contaminazione per l’uso di

molta vetreria; elevato tempo di analisi necessario per l’estrazione; concentrazione

di volumi elevati di solvente con relativa esaltazione delle impurità in esso

contenute; elevato numero di travasi con possibilità di errori da parte

dell’operatore; probabili perdite per evaporazione; costi di trasporto, considerando

che tale operazione è eseguibile solo in laboratorio.

Per questi, ed altri motivi, nasce l’esigenza di studiare nuove tecniche per il

campionamento, in modo da minimizzare i problemi d’analisi sopracitati ed

ottenere risultati altrettanto affidabili.

Una tecnica attualmente in via di grande sviluppo, utilizzata in questo lavoro, è la

Solid Phase Extraction (SPE).

6

ESTRAZIONE IN FASE SOLIDA: SPE

Un processo molto comune a cui di solito un campione è sottoposto quando si

devono analizzare componenti presenti in tracce è il processo di arricchimento o

preconcentrazione.

Molte delle sostanze inquinanti oggetto di analisi chimiche, infatti, sono in genere

disperse in matrici complesse e sono presenti a livello di concentrazioni molto

basse, si tratta quasi sempre di mg/L (ppm) e µg/L (ppb) o addirittura valori

inferiori.

Queste basse concentrazioni non permettono di analizzare direttamente il

campione, poiché sono molto vicine ai limiti di rilevabilità dello strumento. Per

cui nasce l’esigenza di trattare il sistema per disporre di soluzioni a

concentrazione adeguate alla sensibilità strumentale.

La manipolazione del campione, quindi, diventa una necessità inderogabile che

però ha il difetto di modificare il sistema, per questo si rischia di avere una non

perfetta rispondenza dei valori misurati ai valori reali.

Per mantenere la fase di preconcentrazione abbastanza attendibile, in primo luogo

vanno ridotte al minimo le perdite degli analiti nei passaggi del processo. La

condizione ideale si otterrebbe qualora la quantità di sostanza recuperata fosse

uguale alla quantità di partenza. In tutti gli altri casi si commettono errori, anche

rilevanti, nella determinazione quantitativa. In secondo luogo, bisogna assicurarsi

un’adeguata efficienza di concentrazione. Un sistema di arricchimento valido

deve portare a incrementi della concentrazione adeguati alle metodologie

strumentali impiegate per le successive analisi. Infatti, per composti presenti in

7

ppb o quantità inferiori, bisogna avere incrementi di concentrazione di un fattore

maggiore di 1000. Infine, particolare cura, va posta nel non introdurre impurità ed

artefatti nelle soluzioni finali.

Le tecniche preparative di estrazione in fase solida si stanno sempre più

diffondendo in campo ambientale ed alimentare, in risposta alla crescente

domanda di metodi pratici, riproducibili, veloci e altamente selettivi. La

tecnologia di estrazione in fase solida è una tecnica ampiamente utilizzata per la

preparazione di campioni di diversa natura, come i pesticidi clorurati, PCBs,

diossine ecc. ottenuti da campioni ambientali. La tradizionale SPE utilizza

colonnine in polipropilene contenenti un materiale adsorbente (fase solida)

impaccato, a cui si lega in modo specifico il soluto che si vuole purificare e/o

determinare. Con uno o più lavaggi si eliminano dalla fase solida adsorbente i

composti interferenti e con l'aggiunta di un solvente adatto si riesce a recuperare il

soluto o i soluti di interesse.

Un momento importante dello studio è rappresentato dalla scelta dell’ adsorbente,

poiché permette di minimizzare le interferenze senza influenzare la sensibilità del

metodo. Sono apprezzabili anche il condizionamento della cartuccia, il lavaggio

della cartuccia e l’eluizione dell’analita. Il condizionamento prepara la fase

stazionaria in modo da garantire una ritenzione ottimale dell’analita. Il solvente di

lavaggio deve essere scelto in modo da eliminare le interferenze permettendo

all’analita di rimanere adsorbito sulla fase stazionaria. Una buona soluzione è

spesso rappresentata dall’utilizzo di un solvente in cui l’analita è insolubile o poco

solubile. Nella riestrazione dell’analita dalla fase stazionaria, il solvente stabilisce

un legame più forte con il soluto rispetto al precedente e quindi lo eluisce. Il

8

solvente utilizzato nella riestrazione dei soluti deve avere una forte affinità per

gli analiti, in modo da stabilire con essi un legame più forte rispetto al precedente.

Qui di seguito viene schematizzata una colonna usata per la S.P.E.

Nel meccanismo di una SPE la fase solida viene in contatto diretto con la fase

liquida e con i soluti in essa contenuti. Affinché si verifichi la separazione

dell’analita dalla fase liquida, occorre che l’analita si leghi alla fase solida, o

meglio al sito attivo della fase solida, occorre quindi che la forza di legame fra

analita (A) e sito dell’adsorbente (F) sia più elevato di quello esistente fra analita

(A) e fase liquida (S).

Si

O

Si

O

Si

O

Si

O

Si

F

F A

A

F

F

AF

A

A

A

A

A

A

A

A

A

S

S

S

S

S

S S

S

S

S

S

S

S

S

setti porosifase adsorbente

eluizione

9

Le forze che si possono istaurare sono legami ionici, legami idrogeno, interazione

dipolo-dipolo, interazione dipolo-dipolo indotto (o forze di Van Der Waals) e

forze di dipolo-dipolo istantaneo ( o di dispersione di London). Di seguito, darò

una breve descrizione dei legami che caratterizzano la SPE:

Legame ionico

Alcuni atomi raggiungono l'ottetto stabile acquistando o cedendo degli elettroni.

In questo modo l'atomo acquista una carica elettrica positiva o negativa, a seconda

che ceda o acquisti un elettrone. Un atomo che cede uno o più elettroni verrà ad

avere un numero di protoni maggiore di quello degli elettroni; non risulterà quindi

neutro ma elettricamente positivo. Si dice che è diventato uno ione positivo. Un

atomo che acquista uno o più elettroni verrà ad avere un numero di elettroni

maggiore di quello dei protoni; non è più neutro, ma elettricamente negativo. Si

dice che è diventato uno ione negativo. Il legame che si stabilisce tra due atomi di

questo tipo si dice legame ionico ed è dato dalle forze elettriche opposte che si

attraggono. Il legame ionico consiste proprio nell'attrazione elettrostatica tra ioni

di segno opposto.

Legame idrogeno

E’ un tipo di legame che si instaura quando un atomo di idrogeno è legato

chimicamente ad un atomo molto elettronegativo. In queste condizioni, si

sviluppa una frazione di carica positiva sull'idrogeno che si polarizza (δ+) ed una

frazione negativa sull'altro atomo (δ-). Inoltre è necessario che sul secondo atomo

sia presente almeno una coppia di elettroni di non legame. Quando una seconda

molecola si avvicina, si orienta in modo da esporre la propria coppia di elettroni

liberi verso l'idrogeno ed in questo modo si genera una grande forza di attrazione

10

elettrostatica. Tipici atomi molto elettronegativi sono Ossigeno, Azoto, ecc. Il

legame idrogeno è la più forte delle interazioni tra molecole in termini di energia.

L 'intensità della forza di legame dipende dall'atomo legato all'idrogeno e dalla

coppia di elettroni libera. Il legame idrogeno può risultare una forza di legame

importante e discriminante rispetto ad altre forze di legame che si verificano sulle

superfici dei solidi adsorbenti.

Interazione dipolo-dipolo

Quando due atomi generici differenti (X,Y) sono legati chimicamente, a causa

della loro differente capacità di attrarre gli elettroni, si instaura tra loro una

differenza di posizione tra il baricentro delle cariche positive (+) e negative (-)

generando un dipolo elettrico e la molecola si dice polare. Due dipoli elettrici

vicini tendono ad orientarsi in modo che il baricentro del primo dipolo (+) sia

vicino a quello (-) del secondo dipolo e ad attrarsi elettrostaticamente. L'effetto è

simile al precedente, difatti il legame idrogeno non è che un tipo particolare di

interazione dipolo-dipolo, ma in questo caso l'attrazione non è potenziata dalla

presenza di elettroni liberi. Dopo il legame idrogeno, le interazioni dipolo sono le

forze di attrazione intermolecolare maggiori. La loro intensità dipende

dall'intensità del dipolo elettrico.

Interazione dipolo-dipolo indotto o forze di Van Der Waals.

Quando una molecola polare si avvicina ad una non polare induce in quest'ultima

un dipolo elettrico di minore intensità che perdura fintanto che le due molecole

restano vicine. Si genera così attrazione come per il dipolo-dipolo. L'intensità è

proporzionale al dipolo che induce polarizzazione e dalla polarizzabilità della

11

seconda molecola, grandezza che a sua volta cresce con la superficie della

molecola.

Interazione dipolo istantaneo-dipolo indotto o forze di dispersione di London.

Gli elettroni che si muovono continuamente attorno ad un nucleo creano

piccolissimi dipoli istantanei, che inducono a loro volta dipoli istantanei su

molecole vicine. Queste forze sono debolissime, ma la loro somma genera una

risultante che tiene assieme molecole non polari. Sono proporzionali alla

superficie delle molecole interagenti.

VANTAGGI DELLA SOLID PHASE EXTRACTION

La tradizionale tecnica preparativa di estrazione con solvente costituisce, in molte

metodiche, una tappa di congestione e rallentamento; in molti casi, questa tecnica

non porta ad un campione da analizzare adeguato, per recupero e compatibilità

analitica, alle sempre più sofisticate strumentazioni analitiche. Inoltre, l’uso di

grosse quantità di solventi, tossici e volatili, costituisce un serio pericolo per gli

operatori e per l’ambiente.

L’estrazione in fase solida, al contrario, condotta su colonnine preimpaccate, è in

grado di unire al concetto di selettività quello di una certa e sostanziosa

diminuzione del solvente estraente. Altre caratteristiche favorevoli, nella scelta

della tecnica SPE, sono i tempi rapidi d’analisi; la buona selettività, dovuta alla

varietà dei solidi adsorbenti; l’assenza o quasi di evaporazioni del solvente in

quanto gli analiti sono riestratti con piccole quantità di solventi; la scarsa necessità

di trasporto in laboratorio, poiché il campione può essere preparato già sul posto

12

di prelievo; l’elevata automazione in grado di trattare lo stesso campione con

diverse colonnine e con diverse combinazioni di solventi.

Le principali funzioni dell’estrazione in fase solida sono riconducibili

all’arricchimento di tracce, al clean up ed alla conservazione del campione. Nel

primo caso, per una specie con forte affinità (attrazioni relative dei componenti in

soluzione, sia per il solvente sia per la superficie dell’adsorbente) l’adsorbimento

avverrà in una piccola superficie del letto adsorbente. Nel secondo caso, le

interazioni più o meno selettive che si verificano tra i diversi costituenti di un

campione e l’adsorbente, permette, in alcuni casi, la separazione di un certo

gruppo di sostanze da altre durante lo step dell’arricchimento. Nel terzo caso,

grazie al carattere relativamente inerte dei diversi materiali adsorbenti, un analita

adsorbito può rimanere inalterato per un periodo di tempo molto lungo se è tenuto

nelle condizioni opportune. Questo aspetto è fondamentale perché riduce

notevolmente la quantità di campione da trasportare in laboratorio e dà la

possibilità di effettuare campionamenti in situ, specialmente in luoghi dove non è

facile il trasporto di notevoli quantità di campioni.

Per queste ed altre ragioni, in questi ultimi anni, l’estrazione in fase solida si

identifica nella tecnica di separazione più ampiamente usata, che ha segnato una

svolta nei metodi di preconcentrazione e arricchimento.

13

Il meccanismo di azione di una SPE è riportato nel seguente schema:

stadio 1

stadio 2

stadio 3

lavaggio con solvente idoneo: rimozione delle impurezze

stadio 5

condizionamento della cartuccia: solventi idonei

aggiunta del campione: analita ed impurezze

aspirazione del solvente: intrappolamento delle sostanze sull’adsorbente

stadio 4

eluizione con solvente adatto: recupero dell’analita

14

FASI SOLIDE: CARATTERISTICHE E SCELTA DELL’ADSORBENTE

Adsorbenti polari non derivatizzati

Con tale termine s’intende una sostanza solida, senza modifiche di sorta, che sia

in grado di interagire con le molecole di soluto presenti in soluzione, che viene a

contatto con la fase solida stessa. Le fasi solide non modificate più utilizzate sono

la Silice, l’Allumina e il Florosil. Esse sono particolarmente adatte a separare

composti polari (aldeidi, alcoli, alogenuri organici) da solventi non polari.

La silice non modificata può essere strutturalmente schematizzata:

I gruppi silanolici possono dar luogo a legami idrogeno con molecole opportune

come, ad esempio, la benzilammina:

Se la benzilammina è solubilizzata nella miscela binaria esano/dietiletere (3:1),

l’interazione benzilammina-gel di silice risulta più forte dell’interazione solvente-

SiHO

SiHO

HSi

OH OH OH

SiHO

SiHO

HSi

OH OH O

CH2NH

H

H

15

gel di silice. Tale fenomeno spiega come l’ammina si trattiene sulla fase

stazionaria ed il solvente fluisce attraverso il gel di silice. Per questa ragione,

l’eluizione dei soluti trattenuti è effettuata con solventi che hanno la capacità di

instaurare interazioni più forti con la fase fissa rispetto ai soluti stessi. In generale,

si può affermare che i composti basici sono trattenuti con più efficacia dalla silice,

la quale risulta leggermente acida, mentre i composti acidi sono fortemente

adsorbiti da fasi solide basiche, come l’allumina. Nel caso dell’esempio sopra

riportato, l’eluizione del soluto sarà effettuata con metanolo poiché esso formerà

legami idrogeno più forti con il gruppo silanolico rispetto a quelli stabiliti dagli

stessi con la benzilammina:

Anche l’acqua è in grado di interagire con i gruppi silanolici per formare legami

idrogeni perciò l’attività dell’adsorbente è funzione del grado della sua umidità.

Adsorbenti polari, chimicamente legati, nella cromatografia a fase normale

Derivatizzando i gruppi silanolici con mono-, di- e trialogenosililderivati, o con

mono-, di-, e trialcossisililderivati si ottengono i silossani:

SiH

O

SiH

O

SiH

OH

O

OH

Si

CH3

CH3

(CH2)xR

SiHO

SiHO

HSi

OH OH OCH2H2N

H

H O CH3

16

Nel caso poi, che la fase solida venga trattata con un derivato trifunzionale

(triclorosililderivato) il risultato è il seguente:

Come si può notare, in entrambi i derivati è possibile notare la presenza di gruppi

silanolici (-SiOH) liberi. Questi ultimi possono essere derivatizzati con

trimetilclorosilano. La fase solida adsorbente ottenuta, non presenta nessun

gruppo silanolico ed il responsabile dell’adsorbimento è a carico del gruppo R. La

fase solida di silice modificata offre una diversa forza di ritenzione nei confronti

degli analiti e consente una maggiore duttilità. I carboidrati, ad esempio, si legano

troppo fortemente alla silice tal quale e perciò non ne sarebbe possibile la

successiva eluizione.

La cromatografia a fase normale con adsorbenti polari legati si ha quando il

gruppo R è costituito da un gruppo ciano (-CN), da un gruppo ammino (-NH2) o

da un gruppo diolo (OH OH).

Adsorbenti non polari, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a fase

inversa

Sono adsorbenti costituiti da silice modificata con gruppi R1 (radicali alchilici),

che risultano meno polari del solvente in cui sono solubilizzati gli analiti. La

dinamica dell’adsorbimento è la seguente: il soluto con parte meno polare,

solubilizzato in un solvente polare, si lega ad un gruppo R1 non polare, sulla fase

solida. Le interazioni fra gruppi non polari sono le interazioni di Van Der Waals. I

SiHO

SiHO

HSi

OH O O

Si

Rx(H2C) OH

17

gruppi R1 non polari legati alla silice possono essere: l’ottadecile, l’ottile, il

cicloesile, il fenile, il butile ed altri. L’analita viene eluito dalla colonna con

solventi apolari.

Adsorbenti carichi, chimicamente legati, impiegati nella cromatografia a scambio

ionico

Queste fasi di silice modificata, hanno un radicale R2 costituito da un gruppo

funzionale carico, i più utilizzati sono il gruppo –SO3- ed il gruppo -N+(CH3)3.

Tali fasi fisse, in genere, sono impiegate per l’estrazione di acidi e basi da

soluzioni acquose. Il gruppo –SO3- è un forte scambiatore cationico ed è

impiegato per l’estrazione di analiti basici dalle soluzioni mentre il gruppo

-N+(CH3)3 è un forte scambiatore anionico ed è usato per analiti acidi. I parametri

da ottimizzare per condurre un’analisi cromatografia a scambio ionico con silice

modificata sono molto importanti, tra cui ricordiamo il pH, il controione, la forza

ionica ed il flusso.

Adsorbenti polimerici

Oltre ai materiali adsorbenti fino ad ora osservati, sono stati messi a punto, per

specifiche esigenze, altri tipi di adsorbenti aventi struttura polimerica.

Tali adsorbenti, spesso, permettono di ottenere un’alta selettività, difficilmente

ottenibile con i materiali adsorbenti esaminati precedentemente. Witzenbacher ed

altri [13], nella preconcentrazione di metabolici dell’atrazina hanno affrontato tale

questione. In prima istanza hanno utilizzato l’ottadecile legato (cromatografia a

fase inversa). Tale sistema, pur risultando valido per l’analita in questione, si è

dimostrato inefficiente per i suoi metaboliti (composti altamente polari). La

18

difficoltà è stata superata impiegando un adsorbente polimerico: resina di

polistirene-divinilbenzene.

Il carbone attivo

Il carbone ha la proprietà di rimuovere le impurezze da soluzioni e da gas.

Le impurezze sono adsorbite sul carbone, precedentemente attivato. La natura

porosa di questo materiale è, in gran parte, la causa delle sue caratteristiche

adsorbenti. Industrialmente il processo di attivazione implica il riscaldamento di

un materiale carbonioso di partenza, parzialmente ossidato, per rimuovere le

impurezze non carboniose. La fase gassosa ossidante, impiegata nella fase di

attivazione, può contenere ossigeno, anidride carbonica ed acqua [14]. La natura

dei siti del carbone attivo è stata ampiamente studiata e le caratteristiche dei siti,

in genere, riflettono quelle dei composto aromatici ossigenati. Quasi sempre vi

sono gruppi carbossilici, forme enoliche di 3-dichetoni, gruppi fenolici, legami

C-O e C-O-C.

Il Carbograph

L'utilizzo del Carbograph come adsorbente per preconcentrare tracce di sostanze

inquinanti presenti in campioni ambientali, è in continuo aumento. Da diversi anni

si è dimostrato come le sue caratteristiche soddisfano pienamente le esigenze di

laboratori privati, enti di ricerca ed università.

Le diverse aree superficiali delle varie tipologie di Carbograph consentono

l'intrappolamento e il rilascio efficiente di un vasta gamma di composti, dai più

volatili ai medio-alto bollenti essendo possibile l'utilizzo simultaneo di 2 o 3 tipi

di Carbograph nello stesso tubo adsorbente.

19

Tabella: riepilogo fasi adsorbenti commerciali

ADSORBENTE POLARE

NON MODIFICATO

STRUTTURA SITO

DELL’ADOSORBENTE

SILICE

FLORISIL

ALLUMINA

-SiOH

Mg2SiO3

Al2O3

ADSORBENTE MODIFICATO

CON R POLARE:

CROMATOGRAFIA A FASE NORMALE

STRUTTURA SITO

DELL’ADOSORBENTE

SILICE CON GRUPPO CIANO

SILICE CON GRUPPO AMMINO

SILICE CON GRUPPO DIOLO

-CH2-CH2-CH2-CN

-CH2-CH2-CH2-NH2

-(CH2)3-O-CH2-CH-CH2

OH OH

ADSORBENTE MODIFICATO

CON R APOLARE:

CROMATOGRAFIA A FASE INEVRSA

STRUTTURA SITO

DELL’ADOSORBENTE

SILICE CON OTTADECILE

SILICE CON OTTILE

SILICE CON ETILE

SILICE CON CICLOESILE

-C18

-C8

-C2

-CH2-CH2-

ADSORBENTE MODIFICATO

CON R CARICO:

CROMATOGRAFIA A SCAMBIO

IONICO

STRUTTURA SITO

DELL’ADOSORBENTE

Si CON AMMINA QUATERNARIA

Si CON Ac. CARBOSSILICO

Si CON Ac. SOLFONICO

-CH2-N+(CH3)2-C18

-CH2-CH2-COOH

-(CH2)3-SO2H

20

SCELTA DELLA FASE SOLIDA ADSORBENTE

La scelta dell’adsorbente, per l’estrazione di un dato analita, rappresenta lo step

fondamentale negli studi della separazione in fase solida.

I concetti affrontati in precedenza non possono che essere solo orientativi.

Ciò dipende dal fatto che quando si esaminano casi reali, le variabili coinvolte in

tali applicazioni sono molteplici e di importanza non trascurabile. Basti solo

pensare alla complessità delle strutture molecolari delle sostanze organiche che si

analizzano. La maggior parte di queste è caratterizzata da una parte con carattere

polare un’altra con carattere apolare. In questo caso, quale sarà l’adsorbente

adatto? Ci sono molecole non polari, solubili in solventi apolari e viceversa.

Inoltre la quantità di fase adsorbente, la sua granulometria ed il suo

condizionamento influenzano l’adsorbimento. Spesso è necessario valutare le

interazioni “secondarie” dell’analita, che si instaurano attraverso zone della

molecola e non con il sito principale. Bisogna stabilire, con margini molto

ristretti, la velocità di flusso, la possibilità che siano presenti contemporaneamente

altre sostanze ed il solvente, che potrebbe legarsi fortemente con il soluto e quindi

non consentire l’adsorbimento, oppure il solvente potrebbe competere con

l’analita stesso per l’adsorbimento. In sintesi, la complessità del problema riflette

la complessità della struttura chimica stessa della molecola. E’, perciò, molto

difficile indicare con assoluta certezza, a priori, l’adsorbente adatto e le condizioni

d’analisi. Ciò richiede uno studio particolareggiato in cui, sempre considerando i

concetti basilari della separazione in fase solida, il ruolo principale è svolto dalle

21

prove preliminari con sostanze a titolo noto. Solo dopo l’ottimizzazione del

processo si può passare ai campioni reali.

In generale, si può affermare che gli analiti dotati di elevata polarità solubilizzati

in solventi non polari saranno trattenuti da adsorbenti aventi funzioni polari non

derivatizzate e funzioni polari chimicamente legate mentre i soluti apolari

solubilizzati in solventi polari saranno adsorbiti, facilmente, da fasi solide aventi

funzioni apolari chimicamente legate.

In ultimo, gli analiti ionici o ionizzabili preferiscono come fasi solide adsorbenti

quelle che presentano una netta separazione di carica.

22

GAS CROMATOGRAFIA

PRINCIPI DELLA GAS CROMATOGRAFIA [15-16-17]

La gas cromatografia (GC) è una tecnica cromatografica di grande importanza per

la separazione e l’analisi di miscele gassose o gassificabili.

Solitamente tale tecnica cromatografica si divide in due sottogruppi e cioè la

cromatografia gas-solido e la cromatografia di gas-liquido.

Queste due tecniche sono simili nei loro aspetti generali ma differiscono nelle

caratteristiche della fase stazionaria. Nella cromatografia gas-solido la fase

stazionaria è costituita da un solido adsorbente, mentre nella cromatografia di

ripartizione gas-liquido la fase stazionaria è costituita da un supporto inerte sul

quale è stato depositato un film di un liquido di ripartizione. La fase mobile è

costituita in ambedue i casi da un gas inerte.

La gas cromatografia è in grado di analizzare e separare non solo campioni

gassosi, ma anche liquidi o solidi purché siano sufficientemente volatilizzabili e

stabili in stato vapore. La fase stazionaria assorbe parzialmente o adsorbe il

campione mentre la fase gassosa lo trasporta lungo la colonna impaccata o

capillare. La separazione dei componenti, di una miscela iniettata, procede

attraverso una ripartizione tra la fase gassosa e la fase liquida adsorbita sul

supporto solido inerte. Le differenti caratteristiche delle fasi stazionarie e le

molteplici interazioni che si instaurano fra queste ultime e gli analiti, costituenti

le miscele, sono i responsabili della separazione. I componenti che vengono

23

maggiormente trattenuti (elevata interazione chimico-fisica dei soluti con la fase

stazionaria) dalla fase stazionaria si muovono più lentamente con il flusso della

fase mobile. Al contrario, i componenti che vengono debolmente trattenuti dalla

fase stazionaria, si muovono più rapidamente. In conseguenza di queste differenze

di mobilità i componenti del campione vengono separati.

Il gas inerte o la fase mobile passa attraverso un rivelatore. Il segnale del detector

è continuamente monitorato attraverso un registratore in cui i picchi dei singoli

componenti sono relazionati al tempo di eluizione degli stessi. L’area dei rispettivi

picchi è proporzionale alla quantità relativa di ciascun analita costituente il

campione in esame. Tuttavia, il tempo di ritenzione, il tempo che intercorre tra

l’iniezione del campione e il centro di uno specifico picco, può essere usato come

conferma per la identificazione di un determinato analita utilizzando un campione

noto con le stesse condizioni sperimentali ed osservando il medesimo tempo di

ritenzione. Tale raffronto potrebbe essere ripetuto utilizzando una colonna a

differente polarità al fine di convalidare il precedente accordo dei tempi di

ritenzione. Il tempo di ritenzione è influenzato da diverse variabili come il flusso

del gas di trasporto, la temperatura della colonna, la lunghezza e la composizione

della colonna.

LA COLONNA CROMATOGRAFICA

Il maggior impiego della gas cromatografia rispetto a tutte le altre tecniche di

separazione è dovuto alla sua alta selettività e capacità di separare componenti

volatili in una miscela, anche complessa. Un elevato numero di separazioni

24

possono essere ottenute con appropriate condizioni di esperimento. Probabilmente

il parametro critico, nella conduzione di un’analisi gas cromatografica (gas-

liquido), è la scelta del liquido della fase stazionaria della colonna.

La colonna cromatografica rappresenta la parte essenziale dell’apparecchio: il suo

dimensionamento, la scelta appropriata del materiale di riempimento e le modalità

usate per riempirla, sono determinanti ai fini dell’efficienza che se ne potrà

ottenere. Compito della colonna è di contenere la fase stazionaria ed al tempo

stesso essere permeabile al gas vettore.

A seconda del modo in cui la fase fissa è disposta all’interno della colonna

possiamo distinguere:

- colonne a riempimento (o impaccate), in cui la fase stazionaria si presenta come

un mezzo poroso al flusso del gas vettore. Nella cromatografia gas-liquido, il

liquido di ripartizione è disperso su di un supporto inerte, mentre nella gas-solido,

l’adsorbente è un solido granulare o una polvere fine supportata.

- colonne capillari (open tubular columns) in cui la fase stazionaria è disposta

sulle pareti come un film sottile o polvere.

La trattazione che segue riguarda le colonne di ripartizione gas-liquido.

La funzione del solvente (fase liquida) è di determinare la ripartizione

differenziale dei componenti la miscela in esame (analiti); la sua scelta viene

quindi fatta sulla base dell’intervallo di ebollizione dei soluti e della loro natura

chimica. Una via di classificazione della fase liquida, quindi della fase stazionaria,

è quella relativa alla diversa polarità. La scelta della fase liquida segue alcune

regole generali. Una colonna non selettiva o non polare riesce

approssimativamente a separare soluti simili, in accordo con il loro punto di

25

ebollizione mentre una colonna polare separerà componenti in base alla loro

polarità, piuttosto che al loro punto di ebollizione.

In generale le colonne polari riescono a trattenere composti polari più fortemente

rispetto a sostanze meno polari o a sostanze non polari.

La grandezza della costante di distribuzione del campione tra la fase liquida

stazionaria e la fase gassosa è molto più importante della volatilità o punto di

ebollizione dei componenti, nel determinare l’ordine di eluizione. Tuttavia, i

campioni fluiscono in ordine crescente del punto di ebollizione se, naturalmente,

tutti appartengono alla stessa serie omologa.

Il fattore principale che determina il tempo di ritenzione per un dato componente

nella colonna (a temperatura costante) è il grado di interazione che ha luogo tra la

molecola del campione e la fase liquida.

I vari meccanismi di attrazione intermolecolare determinano il ritardo del

cammino di una data molecola trasportata lungo la colonna dalla fase mobile

gassosa. In conclusione, è opportuno che la struttura del supporto sia

macroporosa, per essere permeabile al gas di trasporto e al tempo stesso trattenere

una considerevole quantità di liquido. L’area superficiale del supporto deve essere

sufficientemente grande; tuttavia pori troppo fini sarebbero occlusi dal solvente,

per cui l’area esposta allo scambio risulterebbe diminuita. Ettre [18], a seguito di

uno studio sull’effetto dell’area superficiale, afferma che il suo valore non

dovrebbe superare 1 m2/g.

La superficie del supporto solido deve essere chimicamente inerte poiché non

deve intervenire nel processo di separazione gas cromatografico.

26

I supporti di più vasto impiego derivano dagli scheletri di diatomee, poiché questi

presentano caratteristiche di struttura e superficie che si avvicinano all’idealità.

Commercialmente si annoverano i seguenti supporti [19]: Chromosorb W;

Chromosorb P; Embacel; Gas-Chrom.

Velocità di flusso del gas di trasporto

L’efficienza di una colonna cromatografica, nella separazione dei componenti di

una miscela, dipende dal numero di equilibri che si instaurano tra la fase liquida

stazionaria e la fase mobile gassosa.

L’efficienza, generalmente, è citata in termini di altezza equivalente di un piatto

teorico (Height Equivalent Theoretical Plate – HETP), che può essere inteso come

la lunghezza minima necessaria affinché si stabilisca l’equilibrio di ripartizione

del campione tra le due fasi: liquida stazionaria e mobile gassosa inerte. In altri

termini, si può pensare che la colonna cromatografica consista di un numero di

zone adiacenti in ognuna della quali c’è spazio sufficiente affinché un soluto si

equilibri completamente tra le due fasi (piatto teorico).

Il numero, N, di questi piatti dipende dalla lunghezza della colonna e dalla

velocità di flusso del gas di trasporto. Maggiore è la lunghezza della colonna più

alto è il numero dei piatti teorici. Tuttavia, più corta è la lunghezza di HETP, più

piatti sono presenti nell’unità di lunghezza della colonna, di conseguenza

maggiore è l’efficienza di quest’ultima. Il numero N è calcolato prendendo in

considerazione il tempo di ritenzione osservato e l’ampiezza del picco

cromatografico secondo la seguente equazione:

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29

RIVELATORI

In gas cromatografia la fase mobile non prende parte al processo di separazione,

ma agisce esclusivamente quale gas vettore; può quindi essere scelto un qualsiasi

gas permanente indifferentemente per ogni tipo di separazione. Pertanto la misura

di una proprietà fisica o chimica in cui le sostanze da rilevare si differenziano dal

gas di trasporto, consente di visualizzare l’eluizione dei componenti: questa viene

tradotta per mezzo di un “detector” in un segnale, generalmente elettrico, e quindi

registrabile con un opportuno strumento. Il rivelatore ideale per la gas

cromatografia deve avere le seguenti caratteristiche: sensibilità adeguata; buona

stabilità e riproducibilità; una risposta lineare alla quantità d’analita che si estenda

per diversi ordini di grandezza; una temperatura d’esercizio che vada da

temperatura ambiente fino ad almeno 400°C; un tempo di risposta breve che

risulti indipendente dal flusso; elevata affidabilità e facilità d’uso; fattori di

risposta più o meno uniformi nei confronti di tutti gli analiti, oppure al contrario

una sensibilità specifica e prevedibile verso una o più classi di composti; metodo

di rilevazione non distruttivo.

Il rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID)

È uno dei rivelatori più diffusi e di uso più generale in gas cromatografia. La

maggior parte dei composti organici, quando viene pirolizzata alla temperatura di

una fiamma idrogeno/aria, genera ioni ed elettroni che possono condurre elettricità

attraverso una fiamma. La corrente generata viene inviata ad un amplificatore.

30

Il rivelatore FID presenta un ampio intervallo di risposta lineare e un basso

rumore di fondo; ma, essendo un rivelatore universale, non presenta una elevata

sensibilità.

Il rivelatore a conducibilità termica (TCD)

Si basa sulla variazione della conducibilità termica della corrente di gas di

trasporto prodotta dalla presenza di molecole di analita. La sensibilità di tale

rivelatore è poco inferiore a quella del FID.

Il rilevatore azoto- fosforo (NPD)

È un rivelatore selettivo nei confronti di composti organici contenenti fosforo e

azoto. Se lo si confronta con il FID risulta 500 volte più sensibile per molecole

che contengono fosforo e azoto.

Il rivelatore a cattura di elettroni (ECD)

Opera in modo molto simile a quello di un contatore proporzionale per la misura

di raggi X. In questo strumento la fase mobile effluente dalla colonna passa sopra

un emettitore di particelle β. Gli elettroni emessi dall’emettitore provocano la

ionizzazione del gas vettore e la produzione di un flusso di elettroni. Tale

rivelatore è molto sensibile, specialmente nei confronti di quelle molecole che

posseggono un gruppo elettronaccettore come un alogeno, un perossido, un

chinone ed un nitrogruppo.

31

LE TECNICHE IFENATE

La gascromatografia o la cromatografia liquida è spesso accoppiata con alcune

tecniche spettroscopiche ed elettrochimiche. Il risultato sono i cosiddetti metodi

accoppiati o tecniche ifenate. Tali tecniche rappresentano mezzi molto validi per

indagare ed identificare i componenti di una miscela complessa. Se con la tecnica

gascromatografica si riesce ad avere una opportuna separazione dei composti

presenti nel campione in esame, la spettrometria di massa è capace di dare

informazioni qualitative su ognuno dei componenti costituenti il campione.

Le metodiche ifenate di più largo utilizzo sono:

- gas cromatografia-spettrometria di massa (GC-MS);

- gas cromatografia-spettrometria infrarossa (GC-FTIR);

- gas cromatografia-emissione atomica (GC-AES);

- cromatografia liquida-spettrometria di massa (LC-MS).

La tecnica GC-MS rappresenta, attualmente, la metodica accoppiata che offre

maggiore garanzia. Molte ditte produttrici di apparecchiature scientifiche offrono

strumentazioni per gascromatografia che sono direttamente accoppiate a

spettrometri di massa di vario tipo.

La spettrometria di massa e’ una tecnica analitica di delucidazione strutturale

basata sulla ionizzazione di una molecola e sulla sua successiva frammentazione

in ioni di diverso rapporto massa/carica (M/z).

Il principio su cui si basa è il seguente: una molecola è ionizzata per espulsione di

un elettrone; il catione radicalico che si forma (ione molecolare) in parte si

frammenta dando molecole e/o radicali neutri, non rilevabili dallo strumento, in

32

parte generando cationi e/o radicali cationi (ioni frammento), rilevabili dallo

strumento. Lo ione molecolare e i vari ioni che si originano per frammentazione

vengono discriminati sulla base del loro rapporto massa/carica e rivelati da un

detector.

L’esperimento di spettrometria di massa consiste dunque nella ionizzazione di

molecole in fase gassosa, nella separazione dei diversi ioni prodotti e nella loro

rivelazione. Il risultato dell’esperimento è lo spettro di massa, che rappresenta

l’abbondanza relativa degli ioni in funzione del loro rapporto massa/carica.

Questa tecnica consente di misurare le masse molecolari e di ottenere dei profili di

frammentazione che sono specifici per ciascun composto; ogni composto ha

quindi una propria impronta digitale registrata in un database. In questo modo, si

può individuare la formula di struttura di composti sconosciuti, e dal confronto

con la banca dati, avere informazioni qualitative inequivocabili sul composto.

33

LA SPETTROMETRIA DI MASSA

Lo spettrometro di massa può essere schematizzato nel seguente modo:

Sistema pompa da vuoto

Il vuoto, che si aggira intorno ai 10-6 – 10-7 torr, è necessario per due motivi:

innanzi tutto serve ad impedire la presenza dei gas atmosferici all’interno del

sistema, che, urtando con le molecole ionizzate, ne causerebbero una perdita di

ionizzazione; inoltre è di fondamentale importanza perché elimina dal sistema di

ionizzazione tutte le molecole neutre o indesiderate che lo strumento non rileva.

Introduzione del campione

L’introduzione del campione nella camera di ionizzazione può essere fatta sia allo

stato solido, usando una sonda, che allo stato liquido o gassoso, usando un sistema

di valvole che permettono di accedere alla camera di ionizzazione senza che

questa venga a contatto con l’esterno. Attualmente, lo spettrometro di massa è

largamente utilizzato come rilevatore di sistemi cromatografici, gassosi o solidi

che sia.

Camera di ionizzazione

Se una molecola è investita in fase vapore da un fascio di elettroni di notevole

energia cinetica si può avere per urto la sua ionizzazione a ione positivo o

negativo. In genere gli strumenti sono regolati per lavorare unicamente con ioni

34

positivi, i quali possono spontaneamente o per urto decomporsi in una serie di

frammenti di massa inferiore e questi a loro volta in altri.

Ogni molecola avrà quindi una sua frammentazione caratteristica e specifica che

dipenderà sia dalla natura delle molecole sia dalle condizioni operative di

ionizzazione.

Il campione viene ionizzato in un’apposita camera di ionizzazione, in cui il fascio

di elettroni viene prodotto da una sorgente ionica che varia a seconda della tecnica

utilizzata.

In genere gli elettroni sono emessi da un filamento caldo di tungsteno o renio, e

passano attraverso un condotto, che crea il raggio, nella parte centrale della

camera che contiene il campione gassoso.

La frazione di elettroni che non urta contro le molecole è raccolta da una trappola

per gli elettroni, le molecole che non sono ionizzate sono allontanate dalla pompa

da vuoto, mentre quelle ionizzate sono accelerate e convogliate verso

l’analizzatore attraverso un campo elettrico (cono di Skimmer).

Il sistema di ionizzazione svolge un ruolo essenziale nella spettrometria di massa,

perché da esso dipende anche il numero, la natura e l’abbondanza dei frammenti

molecolari che compaiono nello spettro di massa. Per questo motivo le tecniche

utilizzate sono numerose e alcune di esse danno origine a particolari varianti nella

spettrometria di massa.

Tra i vari dispositivi alcuni consentono di analizzare solo frammenti positivi, altri

invece, permettono la rivelazione anche di ioni negativi. Inoltre alcune tecniche di

ionizzazione sono decisamente potenti, operano cioè ad alta energia e portano ad

35

una frammentazione spinta (Tecniche HARD), altre invece operano a bassa

energia producendo un numero inferiore di ioni (Tecniche SOFT).

SORGENTI

Di seguito riporto le tre tecniche di ionizzazione più comuni, con una breve

spiegazione di ognuna. In base al tipo di sorgente utilizzata la ionizzazione

primaria del campione viene realizzata in diverso modo; le tecniche più utilizzate

sono:

1) impatto elettronico (E.I.)

2) ionizzazione chimica (C.I.)

3) electrospray (E.S.I.)

Impatto elettronico (EI)

La ionizzazione per impatto elettronico è la tecnica più comune. Un filamento di

tungsteno incandescente emette un fascio di elettroni che, accelerati verso un

anodo posto dalla parte opposta al filamento, acquistano un’elevata energia (ca. 70

eV). Quando questi elettroni vengono a contatto con la sfera elettronica di una

molecola le trasferiscono la loro energia, provocando l’espulsione di un elettrone

con formazione di un radical-catione (ione molecolare) M+*.

Tutti gli ioni positivi sono respinti da una piastra, tenuta ad un potenziale positivo,

verso una serie di piastre forate, tenute a potenziale positivo crescente, dette

piastre acceleratrici. Nel loro tragitto gli ioni subiscono un’accelerazione

36

proporzionale al potenziale delle piastre acceleratrici e vengono espulsi, attraverso

una fenditura di uscita.

Questo tipo di ionizzazione è hard. Gli ioni vengono generati ad un livello

energetico molto alto e si possono avere frammentazioni estese che lasciano poco

o nulla dello ione molecolare. Per risolvere questo problema sono state messe a

punto altre tecniche di ionizzazione, dette tecniche soft (e sono le seguenti).

Ionizzazione Chimica (CI)

La ionizzazione chimica viene utilizzata quando gli ioni molecolari prodotti con il

metodo dell’impatto elettronico sono troppo poco stabili e si frammentano

completamente facendo spesso scomparire il picco molecolare.

Questa e’ una tecnica di ionizzazione più “mild”, che si basa sull’interazione del

campione vaporizzato con un reagente ionizzato, che di solito e’ un acido di

Bronsted gassoso.

I reagenti più usati sono quelli che derivano dalla ionizzazione ad impatto

elettronico del metano

CH4 + e- CH4

+˙ + 2e-

CH4+˙ + CH4 CH5

+ + CH3˙

Il CH5+ funge da acido di Bronsted, quindi se la molecola M ha un’affinità per il

protone più alta di quella del metano si avrà la formazione dello ione [M+H]+.

CH5+ + M [M+H]+ + CH4

Gli ioni [M+H]+ (detti quasimolecolari) non possiedono una energia così elevata e

quindi subiscono una minore frammentazione. In genere la ionizzazione chimica

dà dei frammenti molecolari più significativi di quanto non faccia l’impatto

elettronico.

37

La CI e’ particolarmente adatta a molecole come idrocarburi, alcoli, esteri,

ammine, amminoacidi, piccoli peptidi che in condizioni di EI darebbero una

frammentazione eccessiva.

La particolarità è che nello spettro vedremo lo ione molecolare + 1.

Ionizzazione elettrospay (ESI)

Il campione, sciolto in un solvente polare, è nebulizzato a pressione atmosferica

dentro la camera di ionizzazione attraverso un ago tenuto ad un alto potenziale

elettrico. Le goccioline di spray, che si sono caricate positivamente per azione del

campo elettrico, vengono attratte verso una "lente di estrazione di ioni", che

grossolanamente è costituito da un capillare mantenuto sotto vuoto e a un

potenziale negativo; in tal modo il sovente evapora e gli ioni carichi sono

accelerati verso l'analizzatore. Questa tecnica di ionizzazione è largamente usata

negli strumenti HPLC-MS.

ANALIZZATORE

L’analizzatore consente di differenziare gli ioni generati in base al loro rapporto

massa/carica.

I più comuni sono:

- l’analizzatore magnetico

- l’analizzatore a doppia focalizzazione

- l’analizzatore a quadrupolo

- l’analizzatore a trappola ionica

- l’analizzatore a tempo di volo

38

L’analizzatore magnetico

E' l'analizzatore più usato, perché consente di ottenere le risoluzioni migliori. E’

costituito da un tubo lungo circa 1 metro, piegato con un raggio di curvatura r' ed

immerso in un campo magnetico H. Gli ioni che escono dalla camera di

ionizzazione entrano nel tubo analizzatore e, per effetto del campo magnetico,

subiscono una deviazione dalla loro traiettoria rettilinea (deflessione). La nuova

traiettoria curvilinea ha un raggio di curvatura r che è direttamente proporzionale

alla quantità di moto dello ione e inversamente proporzionale al campo

magnetico.

Analizzatore a doppia focalizzazione

Aggiungendo dopo l'analizzatore magnetico un filtro elettrostatico il percorso

degli ioni positivi viene focalizzato ulteriormente in direzione dal campo elettrico

statico

39

Nel settore elettrostatico gli ioni non vengono separati in funzione del rapporto

massa/carica, ma solo focalizzati in base alla loro energia traslazionale; questo

perché altrimenti nel settore successivo, quello magnetico, ioni con ugual rapporto

m/z ma differente energia traslazionale seguirebbero traiettorie diverse,

diminuendo la risoluzione dello strumento. Così la risoluzione può raggiungere

100˙000 e oltre. Ciò permette di misurare la massa esatta fino alla quarta cifra

decimale. Gli spettrometri ad alta risoluzione di questo genere sono

apparecchiature complicate e costose, che solitamente non si trovano nei

laboratori di analisi

Analizzatore a quadrupolo

E’ costituito da quattro barre cilindriche metalliche, lunghe circa 20 cm., che

delimitano il "cammino" percorso dagli ioni provenienti dalla camera di

ionizzazione e diretti al detector. Le barre sono mantenute ad un potenziale

elettromagnetico oscillante, in modo che quando le due sbarre verticali hanno

potenziale positivo quelle orizzontali l’hanno negativo, e viceversa.

Gli elettroni, accelerati dalle piastre acceleratrici, entrano nel tunnel delimitato

dalle barre e vengono respinti dai poli positivi ed attratti dai negativi.

Tuttavia,

traiettoria

che, per u

tale per cu

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Operando

far uscire

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Analizzato

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41

Questa variante dell'analizzatore a quadrupolo usa tre elettrodi, un elettrodo

anulare posto fra due elettrodi semisferici di entrata e uscita, per intrappolare ed

accumulare gli ioni in una cavità di volume ristretto, la cosiddetta trappola ionica

(Ion Trap), allo scopo di ottenere una elevata sensibilità. I due elettrodi laterali

hanno un piccolo foro al centro attraverso il quale passano gli ioni. Gli ioni sono

tenuti in orbita all’interno della trappola ionica secondo il campo di stabilita della

stessa, che può essere regolato agendo sui potenziali degli elettrodi. Infatti, lo

spettro di massa è generato variando il potenziale elettrico in modo da espellere in

sequenza dalla trappola verso il rivelatore gli ioni secondo un valore m/z

crescente.

Analizzatore a tempo di volo (TOF)

Il principio su cui si basa questo analizzatore e’ che ioni di differente valore

massa/carica hanno uguale energia, ma differente velocità dopo l’accelerazione

subita nella camera di ionizzazione.

Ne deriva che il tempo che ciascuno mette per attraversare l’analizzatore è

differente e quindi arrivano con tempi diversi al rilevatore.

42

RIVELATORE

Come collettore e rivelatore degli ioni si usa comunemente un moltiplicatore

elettronico, costituito da una serie di elettrodi in cascata. Quando uno ione arriva

sul primo elettrodo questo emette un fascio di elettroni che vanno a colpire il

secondo elettrodo, il quale a sua volta emette una quantità maggiore di elettroni e

così via.

Il risultato è una forte amplificazione del segnale che viene poi digitalizzato ed

elaborato infine dal calcolatore dello spettrometro per la presentazione dello

spettro di massa.

LO SPETTRO DI MASSA

Lo spettro di massa si presenta quindi come un insieme di linee verticali (picchi)

di intensità diversa, ciascuna corrispondente al valore di massa di uno ione

frammento.

Il picco a valore di massa più elevato è quello relativo allo ione molecolare. In

genere, la corrente ionica è normalizzata a 100, ossia il picco più alto (picco base)

ha valore 100, indipendentemente dal fatto che esso sia il picco molecolare o

meno e tutti gli altri picchi sono ad esso normalizzati.

Dallo spettro di massa si può risalire dunque alla struttura di un composto

incognito, attribuendo ai singoli ioni una composizione elementare e ricostruendo

43

i meccanismi di frammentazione seguendo schemi tipici per le varie classi di

composti.

A titolo di esempio riporto lo spettro di massa del 2-butanone con la relativa

interpretazione dei picchi:

Nell’interpretazione di uno spettro si segue una procedura abbastanza semplice:

- identificazione dello ione molecolare;

- identificazione degli ioni caratteristici;

- identificazione di processi di frammentazione caratteristici;

- ricostruzione della struttura della molecola sulla base della conoscenza di

meccanismi di frammentazione standard.

44

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46

p a r t e s p e r i m e n t a l e

47

Abstract

The presence of toxic substances in food is a current problem of great concern and

of social influence, both for nature and human beings. Over the years many new

substances present in the environment, derived from industrial processes and from

natural sources, have been studied, characterized and the majority of them are

listed as toxic compounds. Some of them are considered particularly dangerous,

hence the need of monitoring them with the aim of reducing their concentration in

the environment. In this work, two compounds classified as potential carcinogens

have been analysed: phthalates in the wines and acrylamide in the cooked food.

The study on phthalates has been developed and validated using a method of

enrichment and preconcentration, with solid-phase extraction (SPE) system and

using like adsorbent phase “carbobraph 1”. Analyses of phthalates were

conducted using chromatographic techniques like Gas Chromatography-Flame

Ionization Detector (GC-FID) systems and compounds confirmed by Gas

Chromatography-Ion Trap Mass Spectrometry (IT-GC/MS) method. The

determination of acrylamide was carried out by technique of derivatization with

halogenated agent like trifluoro-acetic anhydride (TFAA). The presence of

halogens makes the derivative of acrylamide identifiable with ECD detector. Then

the derivate of acrylamide was studied and characterized with IT-GC/MS system.

It was necessary the use of IT-GC/MS system to increase the sensitivity of the

method and to confirm the compounds. Furthermore both methods are simple,

reliable, reproducible and not expensive.

48

FTALATI IN MATRICI IDROALCOLICHE:

PRECONCENTRAZIONE SU “CARBOGRAPH 1” ED

ANALISI MEDIANTE GC-FID E GC-MS

INTRODUZIONE

Durante il mio dottorato di ricerca ho realizzato e messo a punto uno studio sulla

determinazione qualitativa e quantitativa di ftalati presenti in soluzioni

idroalcoliche mediante una tecnica di preconcentrazione in fase solida (SPE). Ho

scelto questa classe di composti perché loro sono molto utilizzati nella

fabbricazione delle plastiche, soprattutto nel polietilene tereftalato (PET), e sono

stati dichiarati probabili cancerogeni se presi in quantità elevate [1-2-3]. In

letteratura sono presenti degli elaborati che trattano gli ftalati in altre matrici

alimentari e non, ad esempio nell’acqua [4-5], nel latte [6], nei giocattoli per

l’infanzia [7], eccetera.

Sono state scelte matrici idroalcoliche, in particolar modo vini, perché la

letteratura è carente nell’argomento, infatti allo stato attuale esistono pochissimi

lavori a riguardo, uno di questi tratta il problema utilizzando la tecnica SPME [8].

Ho pensato che queste sostanze in qualche modo potessero diffondere all’interno

della soluzione che contengono, causando probabili intossicazioni.

La necessità di preconcentrare tali sostanze nasce da un bisogno strumentale,

infatti gli strumenti attuali non sono in grado di determinare concentrazioni così

basse quali quelle degli ftalati o di altri microinquinanti presenti in natura. Si parla

infatti ppm, ppb o concentrazioni inferiori.

49

Innanzi tutto, ho studiato le interazioni che si instaurano fra gli analiti scelti e la

fase adsorbente in condizioni statiche, con la relativa costruzione delle isoterme di

adsorbimento, ed in condizioni dinamiche, con la relativa costruzione della curva

di breakthrough. Una volta studiata la ripartizione, il KD, fra gli analiti e la fase

adsorbente ed il volume di rottura sono andato alla ricerca del solvente di

estrazione più idoneo, il solvente quindi che con la minima quantità recupera, per

desorbimento, quantitativamente gli analiti intrappolati.

Infine ho applicato il metodo a campioni reali di vino bianco e di vino rosso. Ho

fatto questo ultimo step per vedere innanzi tutto un applicazione del metodo

studiato su campioni reali, ed inoltre per vedere se la matrice reale, una matrice

complessa, in qualche modo va ad influenzare i risultati ottenuti in condizioni

standard.

Ho fatto uno studio preliminare utilizzando la tecnica GC-FID, cioè una tecnica

che abbina la gas cromatografia ad un rilevatore universale. Per migliorare la

robustezza e la sensibilità del metodo ho concluso lo studio utilizzando la tecnica

GC-MS, cioè una gas cromatografia abbinata alla spettrometria di massa. Diventa

necessario utilizzare uno spettrometro di massa per una questione di sensibilità e

precisione, infatti utilizzando questa tecnica si abbassa la sensibilità rispetto al

FID anche di ordini di grandezza di circa 105-106 volte. L’analisi allo spettrometro

di massa mi ha permesso di ricavare e generalizzare sperimentalmente tutte le

frammentazioni degli ftalati presi in esame. Inoltre, utilizzando questa tecnica, ho

sensibilmente abbassato i limiti di rilevabilità strumentali (LOD), effettuando

analisi in Full Scan, in SIM (Selected Ion Monitoring) ed in MS/MS.

50

OBIETTIVO

Scopo di questo lavoro è lo studio di un adsorbente apolare, il “carbograph 1”, un

carbone semi-grafitato, per la preconcentrazione di ftalati da soluzioni

idroalcoliche. La scelta è caduta su questo adsorbente perché nel nostro

laboratorio da tempo sono studiati adsorbenti polari (-CN, -diol, -NH2) e non

polari (-C8, -C18, XAD-2) per analizzare PCB, pesticidi clorurati, diossine,

furani, composti aromatici solforati e composti ritenuti tossici o potenzialmente

tossici [9-10-11-12-13-14-15-16-17-18].

Per ottimizzare le condizioni sperimentali per l’ottenimento del massimo

rendimento sono state studiate le interazioni tra l’adsorbente e i soluti esaminati in

soluzione idroalcolica (10% v/v di etanolo), allo scopo di simulare l’ambiente del

vino. Come anticipato nella parte introduttiva, a tale scopo sono state costruite

sperimentalmente le Isoterme di Adsorbimento e le Curve di Breakthrough in

condizioni controllate di flusso, temperatura, pH e salinità. Successivamente sono

stati esaminati diversi solventi per ottenere il desorbimento degli analiti nel minor

volume possibile.

Il metodo analitico studiato e messo a punto è stato applicato per l’analisi di

alcuni campioni di vino rosso e di vino bianco.

51

MATERIALI E METODI

Materiali

La fase adsorbente scelta per questo studio è un carbone semi-grafitato, il

“Carbograph 1” (80-100 Mesh, area superficiale 70, 80 m2/g).

Tutte le analisi sono state effettuate con l’aggiunta di uno standard interno:

antracene 2,4 mg/mL disciolto in acetone.

Sono state analizzate sostanze appartenenti alla famiglia degli ftalati, esteri

dell’acido ftalico, peculiari per il loro largo utilizzo come agenti plastificanti.

Dovendo scegliere fra una vasta gamma di ftalati, ho scelto alcuni standard

rappresentativi l’intera classe. Ho cercato quindi, in base alle caratteristiche

strutturali e alle limitazioni strumentali, di scegliere nel modo migliore i miei

standard in base ai gruppi sostituenti la molecola di base.

Si ricorda la struttura generale di uno ftalato.

O

O

O

O

R1

R2

La denominazione e le rispettive proprietà chimico fisiche dipendono dal tipo di

sostituente che prende il posto di R1 e di R2. In base a queste considerazioni ed in

base alle disponibilità di standard presenti in laboratorio, ho deciso di operare con

i seguenti ftalati:

52

Dimetyl phthalate, DMP

Dietyl phthalate, DEP

Dibutyl phthalate, DBP

Isobutyl-cicloesil phthalate, iBcEP

Benzil-butyl phthalate, BBP

Bis-(2etyl-exil) phthalate, DEHP

In questo modo sono riuscito a prendere tre (DMP, DEP, DBP) ftalati con

sostituenti alifatici a catena crescente, due (iBcEP, BBP) ftalati con sostituenti

differenti ed uno (DEHP) con sostituenti ramificati.

Le caratteristiche strutturali e chimiche degli analiti studiati sono riportate nella

tabella successiva.

53

Tabella ftalati presi in esame

NOME STRUTTURA MOLECOLARE FORMULA PESO

MOLECOLARE

Dimethyl Phthalate C10 H10 O4 194

Diethyl Phthalate C12 H14 O4 222

Dibutyl Phthalate C16 H22 O4 278

Isobutyl-cicloexyl Phthalate

C18 H24 O4 304

Benzyl-butyl Phthalate C19 H20 O4 312

Bis-(2-ethyl-hexyl)

Phthalate C24 H38 O4 390

54

Metodi

Per le analisi è stato impiegato un gascromatografo della DANI, modello 86.10

HT, equipaggiato con un iniettore PTV (Programmed Temperature Vaporizer),

una colonna capillare ed un rivelatore a ionizzazione di fiamma (FID).

Le programmate del PTV e del forno sono schematizzate a fondo pagina.

Il PTV e regolato in modo da aprire lo spillo dopo 1.30 min. La temperatura di

esercizio del rilevatore è fissata a 300 °C. La colonna è in silice fusa con fase

chimicamente legata (SE 54 - 5% fenile, 95 % dimetilsilossano), con L=30 m, I.D.

(diametro interno) 250 µm e df (spessore del film) di 0.25 µm, fornita dalla

Teknokroma.

La fase mobile è l’idrogeno (prodotto con un generatore di idrogeno della Packard

modello 9400) con una velocità di flusso circa 1 mL/min (rilevato

sperimentalmente). Lo strumento è interfacciato a un PC con il software di

elaborazione specifico per gas cromatografia “Clarity”.

Inoltre, tutti gli esperimenti sono stati svolti a salinità controllata, utilizzando il

cloruro di sodio all’interno delle soluzioni. Questo sale è di fondamentale

importanza, infatti essendo un sale completamente solubile in acqua, modifica la

forza ionica della soluzione, diminuendo la solubilità degli ftalati (Salting-Out

Effect) [19]

condizioni operative PTV condizioni operative del forno

800 °C/min

60°C

280°C 1’

30’’ 1’

10 °C/min

50°C

280°C4’

55

ISOTERME DI ADSORBIMENTO

Preparazione delle soluzioni

Come prima cosa è stata preparata una soluzione contenente i 6 ftalati ad una

concentrazione di 100 µg/mL. Ho usato tale soluzione come punto di partenza per

tutte le prove effettuate.

Per la costruzione delle isoterme di adsorbimento sono state preparate differenti

soluzioni a concentrazione nota e crescente dei composti. Queste concentrazioni

variano in un range compreso tra 10 e 200 ng/mL.

Per ogni concentrazione da analizzare, sono stati preparati 250 mL di soluzione, di

cui 100 mL costituiscono il riferimento (testa), altri 100 mL sono impiegati per gli

esperimenti (coda).

Tutte le soluzioni coda a diversa concentrazione sono state analizzate in beute da

100 mL aggiungendo in ognuna 100 mg di fase adsorbente. In questo modo le

soluzioni contenenti gli analiti entrano in contatto con la fase adsorbente.

L’adsorbimento delle sostanze analizzate è avvenuto in condizioni statiche,

lasciando le soluzioni in contatto con la fase adsorbente per 24 ore, a temperatura

ambiente (25 °C), a pH e salinità controllati. Una precauzione è stata quella di

tenere le beute al buio per evitare che all’interno potessero avvenire reazioni foto-

degradative.

Estrazione delle soluzioni

Dopo aver filtrato le soluzioni in modo da dividere la fase solida dalla fase

liquida, ho estratto gli analiti con esano, un solvente organico apolare immiscibile

con l’acqua. La fase d’estrazione è una delle più delicate dal punto di vista

56

operativo, poiché comporta evaporazione del solvente e a volte perdita

dell’analita. Per l’estrazione si è usato un imbuto separatore da 250 mL. In questo

imbuto sono stati versati i 100 mL di soluzione precedentemente ottenuti dalla

filtrazione. L’estrazione dei composti è stata effettuata utilizzando aliquote di 4

mL di esano, ripetendo l’operazione per 3 volte (3x4mL). Il volume raccolto di

solvente è stato concentrato sotto flusso costante di azoto fino ad un volume di

circa 100 µL.

Per avere un riscontro pratico sulla quantità di analiti adsorbiti dal carbograph 1,

oltre a preparare queste soluzioni, sono state analizzate anche le soluzioni testa.

Le soluzioni testa rispecchiano le rispettive code sotto il profilo della

concentrazione. La differenza sta solo nel fatto che la testa non subisce alcuna

manipolazione ed è quindi usata come riferimento. Le teste sono infatti preparate

prelevando 100 mL da ognuna delle soluzioni di partenza, ed estratte direttamente

utilizzando la stessa metodica descritta prima, in altre parole non subiscono

l’influenza della fase adsorbente.

Le soluzioni di riferimento sono molto importanti; infatti, dall’analisi al GC della

testa e della coda possiamo risalire per differenza alla quantità di analiti adsorbiti

dalla fase adsorbente.

Preparazione dello standard interno

Lo standard interno (SI) è un composto aggiunto in quantità nota e costante a

tutte le soluzioni da analizzare. Lo SI solitamente viene aggiunto alla soluzione

prima di effettuare l’iniezione al GC, quando il campione non subisce ulteriori

trattamenti. La funzione dello SI all’interno della soluzione è quella di dare un

57

riferimento costante, dando così la possibilità di normalizzare tutti i dati. In questo

caso lo SI è stato aggiunto dopo aver concentrato le soluzioni a circa 100 µL.

La condizione necessaria per l’utilizzo dello standard interno è che il suo picco

deve essere risolto e paragonabile con quello degli analiti presenti in soluzione.

Prima di mettere, quindi, lo S.I. all’interno delle soluzioni sono state fatte delle

prove sperimentali in modo tale da ottimizzare la sua concentrazione.

Costruzione delle isoterme di adsorbimento

Una volta concentrate le soluzioni a un volume di circa 100 µL sono state eseguite

le analisi gas cromatografiche. Delle varie concentrazioni prese in esame, è stata

analizzata sia la testa sia la coda. Tutte le analisi sono state eseguite rapportando

le aree dei picchi degli analiti con l’area del picco dello standard interno, relativo

alla stessa soluzione.

Per calcolare le quantità di ftalati presenti nelle code si è usata la semplice

proporzione:

AreaTesta : QunatitàTesta = AreaCoda : QuantitàCoda

Per cercare la quantità presente nella coda, quindi, si va a calcolare:

QuantitàCoda = (AreaCoda / AreaTesta) x QuantitàTesta

I parametri presenti a destra dell’equazione sono tutti noti: le due aree sono quelle

calcolate, l’altro parametro rappresenta la quantità di analita presente in 100 mL di

soluzione.

Una volta calcolate le quantità degli analiti presenti nelle code, conoscendo quelle

presenti nelle teste, per differenza è calcolata la quantità di analiti trattenuti dalla

fase adsorbente.

58

Non resta che scrivere la quantità nel liquido e nel solido sotto forma di

concentrazioni e riportare le due su di un grafico. Per la fase liquida sono stati

analizzati 100 ml di soluzione, mentre per la fase solida si sono utilizzati 100 mg

di “Carbograph 1”. Le concentrazioni sono state calcolate dividendo le relative

quantità per i volumi/quantità utilizzati.

Riportando in grafico la concentrazione nella fase solida in funzione della

concentrazione nella fase liquida, è possibile vedere la distribuzione dei composti

analizzati.

In questo modo ho costruito sperimentalmente 3 isoterme di adsorbimento. Nella

prima isoterma di adsorbimento sono andato a studiare le interazioni che si

instaurano tra ftalati e fase adsorbente. Nel realizzare questa curva ho messo in

contatto solo ftalati disciolti in acqua distillata e carbograph 1, tanto per

cominciare ad avere un’idea del comportamento della ripartizione.

CL (ng/mL)0 50 100 150 200

CS

(ng/

g)

0

50

100

150

200

DMPDEPDBPiBcEPBBPDEHP

59

Come si può vedere dalle curve, prevale una ripartizione a favore della fase solida.

Questo primo step convalida l’ipotesi di poter lavorare con una fase apolare, quale

il carbograph 1.

Nella seconda isoterma di adsorbimento ho modificato la forza ionica della

soluzione, mantenendola costante con l’aggiunta di cloruro di sodio in tutte le

soluzioni ad un concentrazione di 10 g/L di NaCl.

CL (ng/mL)0 50 100 150 200

C S (n

g/g)

0

50

100

150

200DMPDEPDBPiBcEPBBPDEHP

Confrontando i due grafici è possibile notare un andamento praticamente simile.

Questo porterebbe alla conclusione che è inutile/superfluo aggiungere il cloruro di

sodio. Tuttavia, tenendo conto dei riferimenti bibliografici, dei lavori

precedentemente svolti in questo laboratorio e dell’effetto Salting-Out, è

consigliabile mantenere costante la forza ionica della soluzione.

Nella terza isoterma di adsorbimento ho reso la soluzione alcolica, aggiungendo il

10% v/v di etanolo. È uno dei passaggi più importanti, infatti è possibile capire se

60

cambiando la polarità del sistema cambiano le interazione soluti-adsorbente.

Ovviamente è questa la situazione che più si avvicina al mio obbiettivo finale.

Infatti, considerando che mediamente un vino rosso commerciale ha una

gradazione alcolica che varia dal 10 al 14%, mentre un vino bianco commerciale

ha comunemente una gradazione alcolica che varia tra il 7 e 11%, ho deciso di

mettermi in una situazione intermedia, in modo tale da poter analizzare campioni

reali sia di vino bianco sia di vino rosso.

CL (ng/mL)0 50 100 150 200

C S (n

g/g)

0

50

100

150

200DMPDEPDBPiBcEPBBPDEHP

La presenza dell’etanolo modifica la ripartizione degli analiti sulla fase

adsorbente, infatti rende meno efficace l’adsorbimento degli ftalati sulla fase

stazionaria e in qualche modo ne incrementa la solubilità nella fase liquida.

Interpretando il grafico, è possibile ipotizzare una generalizzazione della

ripartizione degli analiti che varia in base al tipo di sostituente che caratterizza lo

stesso analita.

61

Infatti si può notare che il DBP presenta una ripartizione più spostata verso la fase

solida rispetto al DEP, che a sua volta presenta una ripartizione più spostata verso

la fase solida del DMP. Questa prima osservazione ha permesso di arrivare alla

conclusione che la ripartizione dei composti verso il carbograph 1 che hanno in

sostituzione catene alifatiche aumenta all’aumentare del numero di atomi di

carbonio che costituiscono la catena alifatica.

È possibile notare, inoltre, che i composti con gruppi differenti, quali iBcEP e il

BBP, presentano una ripartizione prevalentemente favorevole alla fase adsorbente.

Un comportamento anomalo è seguito dal DEHP, che presenta una ripartizione

quasi al 50% fra la fase adsorbente e la fase liquida.

Lo studio delle isoterme di adsorbimento evidenzia che i soluti esaminati, nelle

condizioni sperimentali adottate, hanno una particolare affinità verso la fase

stazionaria.

Questo risultato pone il “Carbograph 1” come un buon adsorbente per

l’arricchimento degli ftalati da soluzioni idroalcoliche.

62

VOLUMI DI BREAKTHROUGH

Preparazione delle soluzioni e della fase adsorbente

La fase adsorbente è stata impaccata in una cartuccia in polipropilene, utilizzando

setti porosi specifici di bloccaggio. Tutte le cartucce sono state costruite

manualmente, avendo disponibile la fase adsorbente sotto forma di granuli

finemente macinati. Quindi, prima di ogni prova analitica, ogni cartuccia è stata

lavata, impaccata, attivata e condizionata utilizzando opportuni solventi.

Ho preparato una soluzione idroalcolica al 10% v/v di etanolo, 10 g/L di NaCl,

contenente tutti gli ftalati, ognuno ad una concentrazione di 50 ng/mL.

Ho fatto passare questa soluzione attraverso la cartuccia raccogliendo

consecutivamente frazioni di 100 mL (code), in condizioni dinamiche controllate,

ad un flusso di 6-8 mL/mim.

Estrazione dei soluti e concentrazione delle soluzioni

Come fatto per la costruzione delle curve di isoterme di adsorbimento, tutte le

soluzioni coda di ftalati sono statte estratte e concentrate (sotto flusso costante di

azoto) a 100 µl con n-esano.

Anche in questo caso per avere un riscontro sulla quantità di ftalati adsorbiti dalla

fase adsorbente, è stata preparata la soluzione testa, soluzione di riferimento. Le

teste sono state preparate direttamente dalle soluzioni iniziali preparate per le

curve di breakthrough.

63

Anche in questo caso la testa è molto importante. Infatti, dall’analisi al GC della

testa e della coda possiamo risalire al volume di soluzione che può passare

attraverso la cartuccia affinché tutti gli analiti siano quantitativamente adsorbiti.

Costruzione delle curve di breakthrough

Sono state analizzate sia la testa sia le code per via gas cromatografica. Tutti i

calcoli sono stati eseguiti rapportando le aree dei picchi degli analiti con l’area del

picco dello standard interno, relativo alla stessa soluzione.

In seguito sono state calcolate le concentrazioni degli analiti presenti in ogni coda

(Ci) e la concentrazione degli analiti presenti nella testa (C0).

Infine, riportando su un grafico la concentrazione riscontrata in percentuale nelle

code in funzione dei millilitri di soluzione passati attraverso la cartuccia,

costruiamo le curve di breakthrough dei composti analizzati.

Ho costruito 2 curve di breakthrough, in condizione dinamiche, lavorando a

temperatura ambiente (circa 25 °C), a flusso costante (controllato con una pompa

da vuoto), a forza ionica e a polarità costante, facendo passare e raccogliendo in

continuo frazioni da 100 mL di campione (code). La prima curva di breakthrough

è stata costruita impaccando una cartuccia di polipropilene con 100 mg di fase

adsorbente.

64

mL0 100 200 300 400 500

Ci/C

0*100

0

20

40

60

80

100DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP

L’estrapolazione di queste curve fornisce il volume di breakthrough, cioè il

volume massimo di soluzione che può passare attraverso la fase adsorbente prima

che essa cominci a far passare nell’eluato le prime tracce di analita: in altre parole,

prima di questo punto la fase solida trattiene completamente tutti gli analiti.

Dal grafico è possibile notare che, tranne per il DEHP, il volume di breakthrough,

in queste condizioni, è 100 mL. I risultati ottenuti sono in linea con quelli ottenuti

con l’isoterma di adsorbimento. Infatti è possibile notare che per i composti con

sostituenti alifatici aumenta la ritenzione all’aumentare del numero di atomi di

carbonio della catena alifatica (DMP, DEP, DBP); i composti con sostituenti

differenti (iBcEP e BBP) sono trattenuti quasi completamente; ed il DEHP ha un

comportamento anomalo.

Il problema di questa curva è il basso volume di breakthrough, infatti facendo

passere 100 mL la preconcentrazione è ancora poco rilevante.

65

Ho quindi deciso di provare a costruire sperimentalmente una seconda curva di

breakthrough, realizzata nelle medesime condizioni impaccando questa volta una

cartuccia di polipropilene con 250 mg di fase adsorbente.

mL0 200 400 600 800 1000

Ci/C

0*100

0

20

40

60

80

100DMP DEP DBP iBcEP BBP DEHP

Il risultato è stato notevolmente migliorato. Infatti dalla curva è possibile notare

un volume di breakthrough di circa 400 mL. Questo volume, ovviamente,

migliora notevolmente il fattore di preconcentrazione.

Dallo studio delle curve di breakthrough si deduce che i soluti esaminati in

entrambe le condizioni sperimentali, hanno subito una certa ritenzione sulla fase

adsorbente. Secondo le relazioni matematiche che regolano il fenomeno

dell’adsorbimento, descritte nella parte relativa ai principi di separazione, se si

aumenta la quantità di adsorbente cresce la quantità di soluto adsorbito e quindi si

ha uno slittamento delle curve di breakthrough, cioè si ha un aumento del volume

di breakthrough.

66

Il DHEP nei primi 500 mL di eluato viene perso costantemente per circa il 30%,

per poi essere trattenuto in quantità apprezzabili nel prosieguo dell’eluizione

(fenomeno dell’auto-adsorbimento). La spiegazione del fenomeno è che tale

composto si leghi ai siti attivi della fase adsorbente, formando uno strato liquido

monostadio (mono-layer) sul quale si solubilizza e quindi aumenta l’adsorbimento

del DHEP. In altre parole esso diventa, con il passare della soluzione attraverso il

carbone semi-grafitato, fase stazionaria di se stesso, di conseguenza aumenta la

ritenzione in modo significativo.

Anche in questo caso, come spiegato precedentemente nelle curve di breakthrough

ottenute con 100 mg di fase stazionaria, si vede come l’affinità dei soluti alla fase

stazionaria è in completo accordo con le deduzione fatte per le isoterme di

adsorbimento.

Il volume di breakthrough estrapolato per i composti analizzati è di circa 400 mL

(fatta eccezione per il DEHP) se si usano 250 mg di adsorbente.

Il volume di breakthrough così calcolato è un risultato teorico, infatti

nell’applicazione del metodo solitamente si lavora ad un volume di circa il

60-70% del volume calcolato. Questa precauzione serve a dare una certa

tranquillità nel trattenere quantitativamente tutti gli analiti presi in esame, senza

perdere nulla. Per questo motivo, per fare l’arricchimento degli ftaltati su una

cartuccia in polipropilene impaccata con 250 mg di carbograph 1 ho deciso di

utilizzare un volume di soluzione pari a 250 mL.

67

DETERMINAZIONE DEL SOLVENTE DI ESTRAZIONE

Una volta vista la ripartizione degli analiti tra la fase liquida e la fase solida e

quale è il volume massimo affinché tutti gli ftalati siano quantitativamente

trattenuti dalla fase adsorbente, ho studiato il solvente migliore per l’estrazione

dei soluti adsorbiti.

A tale scopo, ho eseguito una serie di test, con solventi a diversa polarità, facendo

di volta in volta l’arricchimento degli ftalati sul carbograph 1. Quindi dai risultati

ottenuti con l’analisi gas cromatografica, si è selezionato il solvente più idoneo,

vale a dire quello che dà un maggior recupero quantitativo utilizzandone il minor

volume possibile.

Ho testato 4 solventi, nello specifico: metanolo, n-esano, diclorometano, solfuro

di carbonio. Ho studiato ciascun solvente facendone passare quattro aliquote,

ognuna da 0.5 mL, per un totale di 2 mL, attraverso la fase adsorbente

precedentemente arricchita. Per l’analisi al GC tutte le frazioni sono state

concentrate a 100 µL ed è stato aggiunto lo SI. Le percentuali recuperate per i 4

solventi nelle varie frazioni sono le seguenti:

CH3OH C6H8

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

TOT 0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

TOT

DMP - 48,40 29,29 13,33 91,02 4,36 45,99 35,69 23,64 109,67

DEP - 22,99 23,66 7,45 54,10 6,07 33,19 20,68 12,18 72,12

DBP - 0,55 1,76 5,09 7,40 5,86 37,20 12,36 15,28 60,71

iBcEP - 0,75 2,47 5,23 8,45 3,32 29,32 20,88 13,58 67,11

BBP - 0,00 0,12 0,42 0,54 31,33 20,65 10,58 10,74 73,30

DEHF - 0,42 0,51 0,98 1,91 6,33 23,96 19,16 16,55 66,00

68

Cl2CH2 CS2

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

TOT 0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

0.5 mL

TOT

DMP 20,36 64,73 5,46 4,36 94,90 20,57 89,00 0,00 0,00 109,57

DEP 10,53 50,80 7,32 0,45 69,10 39,80 51,71 0,68 0,61 92,80

DBP 22,77 47,93 15,52 1,30 84,51 44,36 50,09 4,37 3,02 101,85

iBcEP 23,85 48,48 12,71 2,50 87,54 40,03 53,77 1,40 0,04 90,27

BBP 14,51 51,84 19,49 6,29 92,13 40,03 53,77 1,40 0,04 95,24

DEHF 20,17 34,57 11,29 7,13 73,15 31,12 33,43 2,46 1,38 68,40

Dall’analisi dei risultati ottenuti, risulta che il miglior solvente per l’estrazione

degli ftalati è il solfuro di carbonio (CS2): con 2 mL disolfuro di carbonio si ha un

recupero di tutti i composti studiati compreso tra circa il 91% e il 110%.

Per avere una stima dell’affidabilità del metodo usato, quindi della precisione e

della riproducibilità dell’esperimento, ho ripetuto l’estrazione con 2 mL di solfuro

di carbonio per altre 3 volte. Ne ho quindi calcolato la deviazione standard.

Recupero medio DS DS (%)

DMP 105,57 ± 6,9 ± 6,5

DEP 96,39 ± 5,7 ± 5,9

DBP 103,25 ± 4,9 ± 4,7

iBcEP 95,27 ± 2,7 ± 2,8

BBP 95,24 ± 2,5 ± 2,6

DEHF 65,40 ± 3,9 ± 5,9

I risultati mostrano una deviazione standard compresa tra ±2,5 e ±6,9.

69

APPLICAZIONE DEL METODO A CAMPIONI REALI

Nelle condizioni sperimentali messe a punto ho analizzato due campioni reali di

vino, uno bianco ed uno rosso. Preliminarmente ho fatto delle prove di estrazione

liquido-liquido su entrambi i campioni, per avere un bianco di riferimento.

Successivamente ho sottoposto i campioni reali a preconcentrazione, utilizzando il

metodo studiato.

Per studiare se la matrice complessa va in qualche modo ad influenzare i risultati

ottenuti in matrici standard, ho preconcentrato i due campioni di vino

addizionando ad entrambi una quantità nota di ftalati. Nella seguente tabella ho

messo a confronto i risultati ottenuti con lo standard di laboratorio e i risultati

ottenuti con i campioni reali (vino bianco e vino rosso) addizionati della stessa

quantità di ftalati (50 ppb).

Standard Vino bianco Vino rosso

DMP 105,57 100,29 95,29

DEP 96,39 98,15 94,17

DBP 103,25 101,29 93,57

iBCeP 95,27 93,59 95,79

BBP 95,24 97,49 96,45

DEHF 65,40 60,18 66,78

70

Una lettura della tabella ci dice che lo standard di laboratorio può essere

considerato come il campione reale, infatti se si considera l’errore (riportato

successivamente) i dati possono essere considerati statisticamente uguali.

Analizzando invece i campioni reali tal quali, sono stati trovati i seguenti

composti:

Concentrazione calcolata (ppb) ± DS

Vino bianco Vino rosso

DBP 40 ± 2,5 68 ± 4,3

BBP 17 ± 1,0 -

DEHP 9 ± 0,5 3 ± 0,8

I composti rinvenuti purtroppo sono quelli catalogati come i più tossici tra tutti gli

ftalati, ma questi inducono danni evidenti soltanto se somministrati in quantità

elevate. Per cui i risultati ottenuti in questa analisi non rappresentano un rischio

significativo per la salute.

I cromatogrammi relativi alle analisi svolte sul vino bianco sono nell’allegato 1,

mentre quelli relativi al vino rosso sono nell’allegato 2.

71

LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-FID

Per dimostrare la sensibilità del metodo ho calcolato sperimentalmente il limite di

rilevabilità (calcolato considerando un picco con altezza almeno 3 volte la

deviazione standard del rumore di fondo) e il limite di quantificazione (calcolato

considerando un picco con altezza almeno 7 volte la deviazione standard del

rumore di fondo) per ogni composto analizzato.

Riporto i valori ottenti nella seguente tabella.

LOD* (3 volte il noise) LOQ* (7 volte il noise)

quantità

(ng) DS

DS ( % )

quantità

(ng) DS

DS ( % )

DMP 66 ± 4.2 ± 6.40 DMP 110 ± 3.0 ± 2.74 DEP 31 ± 1.8 ± 5.71 DEP 59 ± 1.9 ± 3.14 DBP 26 ± 1.2 ± 4.52 DBP 48 ± 1.0 ± 2.24

iBcEP 30 ± 1.5 ± 4.84 iBcEP 55 ± 2.1 ± 3.76 BBP 62 ± 4.9 ± 7.09 BBP 95 ± 2.2 ± 2.29

DEHP 23 ± 1.2 ± 5.14 DEHP 45 ± 1.6 ± 3.45

* valore ottenuto sulla media di tre determinazioni

Sia i LOD sia i LOQ si dimostrano essere quantità accettabili per un rivelatore

universale quale il FID. Per scendere ulteriormente con le concentrazioni

occorrono tecniche di spettrometria di massa, come descritto successivamente.

72

ERRORE INTRADAY ED INTERDAY IN GC-FID

Per dare completezza al metodo ho calcolato sperimentalmente l’errore intraday e

l’errore interday. Riporto nelle seguenti tabelle i risultati ottenuti

Prove intraday

Giorno 1* Giorno 2*

quantità

(ng) DS

DS ( % )

quantità

(ng) DS

DS ( % )

DMP 50 ± 4.1 ± 8.12 DMP 50 ± 2.2 ± 4.30DEP 50 ± 3.4 ± 6.88 DEP 50 ± 2.1 ± 4.16DBP 50 ± 1.0 ± 1.95 DBP 50 ± 1.5 ± 2.95

iBcEP 50 ± 1.2 ± 2.48 iBcEP 50 ± 2.1 ± 4.29BBP 50 ± 6.7 ± 13.46 BBP 50 ± 5.9 ± 11.77

DEHP 50 ± 1.8 ± 3.54 DEHP 50 ± 1.7 ± 3.48

L’errore interday è stato calcolato con la formula della propagazione dell’errore

commesso nei due giorni di prova. I risultati sono i seguenti

Propagazione dell’errore interday

quantità

(ng) DS

DS (%)

DMP 50 ± 4.7 ± 9.4DEP 50 ± 4.0 ± 8.0DBP 50 ± 1.8 ± 3.6

iBcEP 50 ± 2.4 ± 4.8BBP 50 ± 8.9 ± 17.8

DEHP 50 ± 2.5 ± 5.0

* valore ottenuto sulla media di tre determinazioni

73

ANALISI ALLO SPETTROMETRO DI MASSA DEGLI FTALATI

Lo studio degli ftalati è proseguito con un’analisi con lo spettrometro di massa.

Questa tecnica ha permesso di confermare i risultati ottenuti con il rilevatore

universale FID. Inoltre la sensibilità e la precisione dello strumento hanno

permesso di abbassare notevolmente i limiti di rilevabilità della metodica

proposta.

Lo strumento utilizzato è un gas cromatografo con un rivelatore a trappola ionica,

prodotto dalla Thermofisher. L’intero strumento è interfacciato con un PC e il

software di analisi è l’Xcalibur, specifico per la spettrometria di massa.

Di seguito riporto tutte le condizioni operative dello strumento dall’iniettore, al

forno, al rivelatore. È da tener presente che i dati descritti sono frutto di uno

studio preliminare, fatto in modo tale da ottimizzare e/o massimizzare il risultato

cromatografico. Le condizioni riportate, dunque, sono quelle che hanno dato le

risposte migliori.

L’iniettore PTV è regolato in modalità splitless; la temperatura iniziale è di 60 °C;

la velocità di splittaggio è di 30 mL/min; l’apertura dello spillo è stata fissata a

1:30 min e la pulizia del setto è mantenuta sotto flusso cotante di elio ad

1 mL/min. L’iniettore è programmato secondo il seguente schema:

Pressure (kPa)

Rate (°C/min)

Temp. (°C)

Time (min.)

Flow (mL/min)

Injection 70 0.05 50 Evap. 140 14.5 200 1:00 Transfer 210 14.5 280 2:00 Cleaning 14.5 310 10:00 70

74

Come per le analisi svolte con il FID, il forno è equipaggiato con una colonna

capillare in silice fusa con fase chimicamente legata (SE 54 - 5% fenile, 95 %

dimetilsilossano), con L=30 m, I.D. (diametro interno) 250 µm e df (spessore del

film)=0.25 µm. A differenza dell’analisi al FID, dove il carrier gas era l’idrogeno,

nella spettrometria di massa la fase mobile è l’elio ultrapuro, con una velocità di

flusso di circa 1 mL/min (rilevato sperimentalmente).

Le condizioni operative del forno sono riportate nella seguente tabella:

rate (°C/min) Temp (°C) Hold time (min) Initial 50 1:00 Ramp 1 10 300 4:00

Poiché il rivelatore di massa è una parte distinta e separata dal forno, particolare

attenzione va data alla Transfer Line (TL), unità che funge da collegamento tra il

forno e la trappola ionica. Solitamente la TL viene regolata ad una temperatura di

circa 20-30 °C in meno rispetto alla temperatura di esercizio massima del forno.

Questa piccola differenza fa in modo che nell’eventualità ci fosse un problema di

condensazione dell’analita, esso andrebbe a condensare sulla TL, senza creare

otturazioni nella colonna. Per questo motivo la temperatura della TF è stata

impostata a 270 °C.

Infine la temperatura di esercizio della trappola ionica è regolata a 250 °C. La

temperatura di esercizio della trappola è inferiore a quella della TF, e questo

porterebbe ad una contraddizione, in quanto si potrebbe avere una condensazione

sulla trappola e quindi una perdita di sensibilità. Ovviamente questo non è

possibile poiché la trappola è sottoposta ad un vuoto molto spinto, in questo modo

tutte le molecole che condensano vengono risucchiate dal vuoto.

75

Lo strumento è dotato di due sistemi di ionizzazione, l’impatto elettronico (EI) e

la ionizzazione chimica (CI). In questo caso è stato utilizzando come sorgente di

ionizzazione l’impatto elettronico (EI) positivo, caratterizzato da un potenziale

standard di 70 eV. Inoltre il damping gas, un gas ausiliario (elio) all’interno della

trappola ionica, è stato fissato a 0.3 mL/min.

Per la determinazione degli ftalati, sono state eseguite analisi in Full Scan e in

SIM. In entrambi i casi, l’acquisizione del cromatogramma è stata fatta partire da

10:00 min. Questa è una accortezza che solitamente è utilizzata in spettrometria di

massa, infatti il ritardo dell’accensione del filamento, quindi della registrazione

del cromatogramma, impedisce a spurghi di colonna ed a bande del fronte del

solvente di sovraccaricare la camera di ionizzazione, evitando possibili lesioni.

Tutte le analisi in Full Scan (FS) sono state eseguite in un range che va da 50 a

450 amu. È ovviamente inutile sovraccaricare la trappola con frammenti ancora

più pesanti considerando che il composto più grande ha una massa di 390 amu.

Oltre ad eseguire analisi in FS sono state eseguite analisi in SIM (Selected Ion

Monitoring). Lo strumento permette di fare l’analisi in SIM sia impostando il

frammento prescelto in acquisizione direttamente sulla trappola ionica, in questo

caso è il rivelatore che seleziona la corrente ionica che genera quel frammento;

oppure può essere fatto utilizzando il software, in questo caso è il software che va

a selezionare fra tutti i frammenti acquisiti quello prescelto dall’operatore. I due

modi di operare presentano vantaggi e svantaggi a seconda della situazione in cui

ci si trova. Lo studio delle frammentazioni dei vari ftalati ottenuti in FS ha

permesso di generalizzare il comportamento a cui questi composti sono soggetti

all’interno della trappola ionica, che può essere schematizzato come segue:

76

molecola di partenza frammentazione 1 frammentazione 2

frammentazione 3 frammentazione 4

Analizzando lo schema è possibile notare che le prime frammentazioni dipendono

dai gruppi R’ e R’’, mentre le successive diventano indipendenti dai sostituenti. Il

frammento più importante, presente come ione fondamentale in tutti gli ftalati è

visibile in rosso nella frammentazione 2, ed ha una massa di 149 amu. Questa

generalizzazione ha permesso di scegliere opportunamente i frammenti

caratteristici di ogni composto per fare l’acquisizione in SIM. Infatti, come si vede

nella seguente tabella, il frammento 149 è usato come base per tutti i composti,

tranne per il DMP. In questo composto, questo ione si forma ugualmente, ma solo

in questo caso il picco molecolare predomina sul frammento.

SIM Dimetyl 163Dietyl 149 + 177Dibutyl 149 + 205Isobutyl – cicloesil 149 + 223Benzyl – butyl 149 + 206Bis (2etyl – exil) 149 + 167

La massa atomica che segue il 149 rappresenta al massa della molecola iniziale

che ha perso il gruppo –OR’. Per i composti in cui R’ è uguale a R’’, la scelta del

OR'

OR''

O

O

C+

OR'

OR''

O

O

C+

OHR''

O

O

C+CH2

OH

O

O

C+

OH

O

- OR’ - R’’

- CO - COOH

77

secondo valore è obbligata, mentre per i composti in cui R’ è diverso da R’’, è

stato scelto come secondo valore il frammento con picco più alto tra i due.

Tuttavia lo schema così presentato porta ad una generalizzazione grossolana della

frammentazione degli ftalati, infatti studiando i frammentogrammi mi sono

accorto che alcuni ioni, in determinati step di frammentazione, tendono ad

assorbire per poi rilasciare una molecola di acqua. Questo fenomeno avviene

soprattutto sul frammento 2 e a volte sul frammento 1.

Tutti i frammenti ipotizzati per ogni composto sono stati confermato in

GC/MS/MS. A titolo di esempio riporto la frammentazione del DEP. Un quadro

completo dei composti analizzati è riportato negli allegati dal 3 al 9.

frammentogramma del di-etyl ftalato

I picchi caratteristici sono spiegati con le seguenti frammentazioni

prova_FS_dopo_estate #529 RT: 14.40 AV: 1 SB: 93 14.59-14.98 , 13.91-14.30 NL: 4.65E5T: + c Full ms [ 50.00-450.00]

60 80 100 120 140 160 180 200 220m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abundance

149.1

177.0

176.0

150.2121.1

105.165.0 178.0104.1 122.176.1 93.0 106.1 148.274.1 221.0133.250.9 151.194.1 195.0175.0 179.179.0 107.1 202.3

C+

O

O

O

C+

OH

O

O

C+

OH

O

- CH2CH3

+ H+

- COC

O

O

O

O

- OCH2CH3

Exact Mass: 222,09 Exact Mass: 177,05 Exact Mass: 149,02 Exact Mass: 121,03

78

LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-MS

Per dimostrare la sensibilità e la precisione dell’utilizzo di una tecnica

cromatografica abbinata alla spettrometria di massa ho calcolato

sperimentalmente il limite di rilevabilità e il limite di quantificazione, con le

stesse considerazioni fatte per il FID (LOD: almeno 3 volte la deviazione standard

del rumore di fondo; LOQ: almeno 7 volte la deviazione standard del rumore di

fondo). Ho calcolato i LOD sia in full scan che in SIM. Ovviamente nello scrivere

il risultati riporto solo quelli in SIM, poiché più bassi di quelli in full scan. Quindi

tutti i valori riportati di seguito sono stati calcolati utilizzando i frammenti

caratteristici di ogni composto descritti precedentemente. Riporto i valori ottenuti

nella seguente tabella.

LOD* (3 volte il noise) LOQ* (7 volte il noise)

quantità (pg)

DS DS

( % ) quantità

(pg) DS

DS ( % )

DMP 18 ± 1.51 ± 8.4 DMP 40 ± 1.68 ± 4.2 DEP 3 ± 0.28 ± 9.3 DEP 7 ± 0.29 ± 4.1 DBP 0.2 ± 0.03 ± 15.2 DBP 0.5 ± 0.03 ± 6.3 iBcEP 8 ± 0.79 ± 9.9 iBcEP 17 ± 0.63 ± 3.7 BBP 20 ± 1.76 ± 8.8 BBP 39 ± 1.52 ± 3.9 DEHP 0.4 ± 0.05 ±12.2 DEHP 1 ± 0.50 ± 5.8

* valore ottenuto sulla media di tre determinazioni

Sia i LOD sia i LOQ si dimostrano essere notevolmente inferiori a quelli ottenuti

in FID. Basta vedere l’ordine di grandezza: con il FID sono riuscito ad arrivare a

ng, mentre con lo spettrometro di massa arrivo a quantità anche inferiori dei pg,

quindi concentrazioni 1000 volte inferiori.

79

ERRORE INTRADAY ED INTERDAY IN GC-MS

Anche con l’analisi allo spettrometro di massa ho calcolato sperimentalmente

l’errore intraday e l’errore interday. Riporto nelle seguenti tabelle i risultati

ottenuti.

Prove intraday

Giorno 1* Giorno 2*

quantità (pg)

DS DS

( % ) quantità

(pg) DS

DS ( % )

DMP 20 ± 1.46 ± 7.3 DMP 20 ± 1.36 ± 6.8 DEP 20 ± 0.68 ± 3.4 DEP 20 ± 0.58 ± 2.9 DBP 20 ± 0.18 ± 0.9 DBP 20 ± 0.20 ± 1.0 iBcEP 20 ± 0.82 ± 4.1 iBcEP 20 ± 0.70 ± 3.5 BBP 20 ± 1.56 ± 7.8 BBP 20 ± 1.64 ± 8.2 DEHP 20 ± 0.10 ± 0.5 DEHP 20 ± 0.18 ± 0.9

L’errore interday è stato calcolato con la formula della propagazione dell’errore

commesso nei due giorni di prova. I risultati sono i seguenti

Propagazione dell’errore interday

quantità (pg)

DS DS (%)

DMP 20 ± 2.0 ± 10.0DEP 20 ± 0.9 ± 4.5DBP 20 ± 0.3 ± 1.5iBcEP 20 ± 1.1 ± 5.5BBP 20 ± 2.3 ± 11.5DEHP 20 ± 0.2 ± 1.0

* valore ottenuto sulla media di tre determinazioni

80

CONCLUSIONI

Nel corso del lavoro sono emersi molti dati sperimentali che hanno dimostrato il

funzionamento del metodo proposto e della fase adsorbente presa in esame.

Il metodo proposto si adatta molto bene alla determinazione qualitativa e

quantitativa di ftalati presenti in matrici idroalcoliche. Infatti l’applicazione a

campioni reali del metodo proposto ha permesso di dimostrare che esso è

applicabile anche a matrici complesse con risultati sufficientemente in linea con

quelli ottenuti da soluzioni standard.

Inoltre, dallo studio della ripartizione tra gli analiti e la fase adsorbente, sembra

sia possibile allargare il campo di analisi ad altri campioni alimentari.

L’utilizzo di apparecchiature poco costose e presenti nella maggior parte dei

laboratori (il gas cromatografo), la praticità e la semplicità nell’operare, la poca

manualità richiesta all’operatore, l’utilizzo di pochi solventi e l’utilizzo di

cartucce SPE reperibili in commercio a basso costo, rendono il metodo molto

economico.

Infine, il limite di rilevabilità, il limite di quantificazione, gli errori intraday ed

interday ottenuti sia con il GC-FID e confermati in GC-MS, rendono il metodo

sensibile, affidabile e riproducibile.

81

BIBLIOGRAFIA 

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[4] Cao, Xu-Liang; Determination of phthalates and adipate in bottled water by headspace solid-phase microextraction and gas chromatography/mass spectrometry; Food Researche Division, Bureau of Chemical Safety, Food Directorate, Health. Canada

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[9] M.V. Russo, G. Goretti, A. Liberti; Rapid determination of chlorinated pesticides

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82

                                                                                                                                                                    [14] M.V. Russo, P. Avino; Determination of 1,2,4- and 1,3,5-Trichlorobenzenes in water

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[15] M.V. Russo, P. Avino; SPE with cyanopropyl bonded-phase cartridge for trace

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[16] M.V. Russo, V. Di Lorenzo, G. Cinelli, I. Notardonato, P. Avino; SPE with a mixture of aminopropyl- and C18 bonded porous silica for enrichment of Aromatic Sulphur Compounds as “markers” of crude oil sea water pollution: determination by GC-FID and GC-MS; Cemepe/Secotox Conference 24-28 giugno, Skianthos Island, Grecia. (2007)

[17] M.V. Russo, P. Avino, I. Notardonato, G. Cinelli; Cyanopropyl bonded-phase cartridges for trace enrichment of dioxins and chlorinated pesticides from water sample; CHROMATOGRAPHIA, 69, 709-717. (2009)

[18] P. Avino, I. Notardonato, G. Cinelli and M.V. Russo; Aromatic sulphur compounds enrichment from seawater in crude oil contamination by solid phase extraction; Current Analytical Chemistry, 5 (4), 339-346. (2009)

[19] S. Jara, C. Lysebo, E. Lundanes; Determination of phthalates in water samples using polystyrene solid-phase extraction and liquid chromatography quantification. Departement of Chemistry, University of Oslo, Norway. (2000)

83

DETERMINAZIONE DELL’ACRILAMMIDE IN PRODOTTI

DA FORNO MEDIANTE GC-ECD E GC-MS.

INTRODUZIONE

Alcuni anni fa, un lavoro sulla presenza dell’acrilammide in alcuni prodotti

alimentari cotti, soprattutto nelle patate fritte, ha lanciato l’allarme per la salute

dei consumatori [1-2]. L’assenza di questa molecola nei cibi crudi o bolliti ha

fatto avanzare l’ipotesi della sua formazione durante i processi di trattamento

termico ad alte temperature.

La via di sintesi dell’acrilammide non è ancora del tutto chiara, ma l’ipotesi più

attendibile pare sia la stretta relazione con la reazione di Maillard, detta anche di

imbrunimento non enzimatico. In modo particolare la sintesi di acrilammide

sembra dipendere dalla presenza nella matrice alimentare di un amminoacido,

l’asparagina [3-4-5-6]. La formazione di questa molecola, inoltre, sembra essere

legata anche alla presenza di zuccheri riducenti, quali glucosio e fruttosio.

In altre parole, la quantità di acrilammide che si può formare nei prodotti

alimentari è strettamente legata alla presenza di precursori nella matrice e ad

alcuni parametri fisici, quali ad esempio la temperatura, il ph, eccetera [7-8].

L’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato

l’acrilammide come un probabile agente cancerogeno per l’uomo. Quindi, è

necessario conoscere la presenza di questo composto nei vari prodotti alimentari e

limitarne il quantitativo quanto più possibile.

84

OBIETTIVO

Scopo di questo lavoro è lo studio di un metodo quali/quantitativo, per la

determinazione dell’acrilammide in cibi sottoposti a cottura. In particolare,

l’obiettivo del lavoro è lo studio di un metodo alternativo ai metodi presenti in

letteratura, che sfrutta come tecnica di analisi la derivatizzazione con agente

alogenato abbinata alla successiva analisi gas cromatografica.

A seguito di uno studio dei più comuni agenti derivatizzanti presenti sul mercato,

allo scopo di rendere la molecola rilevabile con un rilevatore a cattura di elettroni,

ho deciso di derivatizzare l’acrilammide con l’anidride trifluoroacetica (TFAA).

L’acrilammide derivatizzata è stata rivelata in primis con l’ECD, successivamente

si è passati alla conferma ed alla caratterizzazione del derivato tramite GC-MS.

L’uso di un tale sistema presenta diversi vantaggi, quali ad esempio la semplicità

e la praticità strumentale, basata sull’utilizzo di uno strumento (il

gascromatografo) economico e presente nella maggior parte dei laboratori.

Nella messa a punto del metodo, sono andato alla ricerca e all’ottimizzazione

delle quantità e delle concentrazioni dei reagenti da impiegare.

Infine il metodo è stato applicato su alcuni prodotti alimentari con particolare

attenzione ai prodotti per la prima colazione e a patatine croccanti in busta,

largamente consumati, soprattutto dai ragazzi.

85

CARATTERISTICHE DELLA MOLECOLA

Commercialmente è prodotta come precursore nella sintesi di poliacrilammide,

sostanza usata prevalentemente come agente flocculante nella chiarificazione

delle acque potabili e nel trattamento delle acque di scarico urbane ed industriali

[9]. Altri usi comuni di questa molecola sono quelli nell’industria tessile, della

carta, della plastica e dei cosmetici [10]. L’acrilammide, inoltre, è utilizzata nella

preparazione di gel di poliacrilammide in uso nei laboratori scientifici per tecniche

elettroforetiche. L’acrilammide è anche una componente del fumo di sigarette, e

questo conferma che deriva dal riscaldamento di materiale organico.

Le caratteristiche chimiche dell’acrilammide sono riportate di seguito:

formula chimica

struttura chimica

peso molecolare DL50 (ratti)

CH2CHCONH2 71,08 g/mol 107-203 mg/Kg

Si presenta in forma di piccoli cristalli di colore bianco. È altamente solubile in

acqua e in altri solventi a polarità inferiore, come metanolo, etanolo, acetone,

acetonitrile, acetato di etile, benzene. Può polimerizzare se raggiunge il punto di

ebollizione e se esposta ai raggi UV [11].

In forma solida è stabile a temperatura ambiente, mentre le soluzioni sono stabili

fino ad un anno se conservate a basse temperature.

NH2

O

86

METODI ANALITICI IN USO PER LA DETERMINAZIONE

DELL’ACRILAMMIDE NEI PRODOTTI ALIMENTARI

Per l’analisi dell’acrilammide sono in uso diversi metodi analitici, tutti basati su

tecniche cromatografiche. Le due tecniche cromatografiche di largo impiego sono

la gascromatografia (GC) e la cromatografia liquida (LC), quasi sempre abbinate

alla spettrometria di massa.

Per l’analisi gas cromatografica dell’acrilammide il punto fondamentale è la

derivatizzazione della molecola. I metodi di derivatizzazione dell’acrilammide

riportati in letteratura si basano sul metodo EPA 8032A e, cioè, sulla

bromurazione dell’acrilammide per formare il derivato 2,3-

dibromopropionammide, che può essere analizzato attraverso GC-ECD o GC-MS

per basse concentrazioni.

Un altro metodo di derivatizzazione è quello che prevede la silanizzazione

dell’acrilammide in seguito a reazione con Bis-(trimetil-silil)trifluoroacetammide

(BSTFA) [12].

Non molto tempo fa, è stato messo a punto anche un metodo GC-MS senza

preventiva derivatizzazione dell’acrilammide [13].

A differenza della cromatografia solida, la cromatografia liquida ha il vantaggio di

poter analizzare l’acrilammide direttamente: è possibile iniettare nello strumento

l’estratto acquoso degli alimenti. Anche in questo caso si abbina la cromatografia

liquida alla spettrometria di massa [14].

Tuttavia, esistono studi che dimostrano la possibilità di analizzare l’acrilammide

anche attraverso HPLC-UV, usando una colonna specifica della Dionex. [15].

87

L’estrazione dell’acrilammide dalla matrice alimentare avviene utilizzando acqua

come solvente, vista l’elevata solubilità di questa molecola in fase acquosa. Per la

purificazione si può ricorrere a centrifugazione ed estrazione in fase solida (SPE).

Per la successiva analisi in GC, però, è necessario recuperare l’analita in un

solvente organico. L’estrazione dell’acrilammide può essere effettuata anche

tramite estrazione con solvente (Soxhlet o ASE).

MATERIALI E METODI

Materiali

Le soluzioni oggetto di analisi sono state preparate utilizzando polvere di

acrilammide, prodotto della Sigma-Aldrich, con purezza ≥ 99%.

Allo scopo di ottenere un derivato rilevabile con l’ECD, come agente

derivatizzante è stata scelta l’anidride trifluoroacetica (TFAA), fornita dalla

Supelco in confezioni da 10 fiale ognuna da 1 mL.

L’acetonitrile (CH3CN), la piridina, l’esano, il solfato di sodio anidro (Na2SO4)

sono stati acquistati da Sigma-Aldrich e da Carlo Erba Reagenti.

Anche in questo studio le analisi sono state effettuate utilizzando uno standard

interno: 1,2,3,4,5,6-cloro-cicloesano (lindane), fornito dalla Carlo Erba.

Inoltre sono stati utilizzati un Rotavapor, estrattori Soxhlet, vetreria e materiale

vario di laboratorio.

88

Metodi

Per le analisi è stato impiegato un gascromatografo della DANI, modello 86.10

HT, equipaggiato con un iniettore PTV (programmed temperature vaporizer), una

colonna capillare ed un rivelatore a cattura di elettroni (ECD).

Le programmate del PTV e del forno sono schematizzate a fondo pagina.

L’apertura dello spillo del PTV è fissato dopo 1:30 minuti. La pressione

dell’idrogeno usato come carrier gas (rilevata sperimentalmente) è pari a 1

mL/min.

Il forno è equipaggiato con una colonna in silice fusa con fase chimicamente

legata (SE 54 - 5% fenile, 95 % dimetilsilossano), con L=30 m, I.D. (diametro

interno) 250 µm e df (spessore del film)=0.25 µm, fornita dalla Supelco.

La temperatura di esercizio del rilevatore è fissata a 280°C, con un flusso costante

di azoto pari a 1,4 mL/min. Il volume iniettato è 1 μL, opportunamente prelevato.

Lo strumento è interfacciato a un PC con il software di elaborazione specifico dei

dati sperimentali “Clarity”.

Inoltre, tutti gli esperimenti sono stati svolti aggiungendo solfato anidro di sodio

alle soluzioni da iniettare. Essendo il solfato di sodio un sale che tende fortemente

ad idratarsi, cattura l’eventuale presenza di acqua e fa in modo che la stessa non

va a rompere il derivato formato.

Programmata PTV Programmata forno

800 °C/min

60°C

280°C 1’

30’’

30’’

8 °C/min

1’

5 °C/min

70°C

280°C4’

130°C

89

REAZIONE DI DERIVATIZZAZIONE

Il protocollo di analisi per la derivatizzazione della molecola, ottenuto in vial

ambrate da 2 mL, è riportato sinteticamente nello schema seguente:

• 50 µL della soluzione di acrilammide disciolta in acetonitrile;

• 3 µL di piridina pura, necessaria a prevenire l’acidificazione della

soluzione;

• 10 µL di anidride trifluoro-acetica (calcolata stechiometricamente in forte

eccesso);

• reazione a 65 °C per 30 minuti a bagnomaria;

• 50 µL di una soluzione di MeOH/NaOH (170 mg/L), per neutralizzare

l’eccesso di TFAA;

• essiccamento del campione sotto flusso di N2

• recupero con 100 µL di toluene ed aggiunta dello standard interno, 10µL

(lindane, 0.47 ppm)

• Analisi in GC-ECD o GC-MS (1 μL).

Tutte le quantità che ho descritto nel protocollo per la determinazione

dell’acrilammide sono state vagliate e calcolate in base a prove sperimentali, al

fine di ottimizzare il risultato cromatografico. A tale scopo, ho calcolato

sperimentalmente l’effetto quantitativo del volume iniziale, la concentrazione e il

volume della piridina, il volume di TFAA, il tempo e la temperatura di reazione,

la soluzione per meglio ottenere la neutralizzazione, quale e quanto solvente

utilizzare per il recupero del composto derivatizzato e la concentrazione ottimale

dello S.I.

Oltre alle prove di ottimizzazione ho fatto anche prove di cinetica di formazione e

di degradazione.

90

A titolo di esempio riporto le tre cinetiche di formazione del derivato

dell’acrilammide, ottenute rispettivamente a 50, 65 e 80 °C. Sull’asse y è riportato

il rapporto tra area dell’acrilammide derivatizzatata e area dello standard interno,

mentre sull’asse x sono riportati i minuti trascorsi.

min0 20 40 60 80 100 120 140

R

0

5

10

15

20

25

30

3550 °C65 °C80 °C

Analizzando il grafico si può notare come la velocità di formazione del derivato

dell’acrilammide aumenta all’aumentare della temperatura.

Considerando che il punto di ebollizione dell’acetonitrile è di circa 82 °C, non

conviene lavorare a 80 °C, anche se il derivato si forma più velocemente, poiché

si può incappare in una perdita dell’analita dovuto all’evaporazione del solvente.

Si è scelto, quindi, che la temperatura ottimale di lavoro è 65 °C e sono necessari

almeno 30 minuti.

Applicando il protocollo è possibile notare la formazione di un “gel”, che sembra

in qualche modo trattenere quantitativamente l’acrilammide derivatizzata.

91

LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-ECD

Nelle condizioni sviluppate e messe a punto, sono andato alla ricerca del LOD e

del LOQ utilizzando come rivelatore l’ECD. I dati ottenuti sono il linea con le

risposte di un rivelatore ECD, infatti il limite di rilevabilità è di 10 pg in quantità

assoluta e il limite di quantificazione è 78 pg in quantità assoluta. Nel seguente

schema riporto il LOD e il LOQ con la relativa deviazione standard calcolata su

tre determinazioni.

LOD LOQ

quantità

(pg) DS*

DS* (%)

quantità (pg)

DS* DS* (%)

acrilammide derivatizzata

10 ±

1.68 ±

16.8 78

± 3.25

± 4.16

ERRORE INTRADAY ED INTERDAY AL GC-ECD

Considerando che il limite di quantificazione è di 78 pg/µL, quindi 78 ppb, ho

calcolato l’errore intraday ed interday considerando una concentrazione di 100

ppb. Ho ripetuto tre analisi in due giorni differenti. Riporto le stime degli errori

nelle seguenti tabelle, calcolate sulla media di tre determinazioni giornaliere

giorno 1 giorno 2 interday

quantità

(pg) DS*

DS* (%)

DS* DS* (%)

DS DS (%)

acrilammide derivatizzata

100 ±2.13 ±2.13 ±2.94 ±2.94 ±3.63 ±3.63

*DS calcolata su tre determinazioni

92

RETTA DI TARATURA OTTENUTA IN GC-ECD

Il metodo messo a punto è stato utilizzato per la costruzione di una retta di

taratura. In questo modo sono riuscito a caratterizzare un range di linearità

dell’acrilammide derivatizzata usando come rivelatore l’ECD.

Ho deciso di costruire la retta di taratura utilizzando concentrazioni di

acrilammide man mano crescenti, comprese tra 0.1 e 50 µg/mL (ppm).

Nel seguente grafico ho riportato R, rapporto area acrilammide/area S.I., in

funzione della concentrazione.

Il grafico presenta una buona linearità, considerando le basse concentrazioni,

quindi è possibile fare un’indagine quantitativa sulla presenza di acrilammide in

campioni reali.

0

5

10

15

20

25

30

0 10 20 30 40 50 60

R

µg/mL

93

ANALISI DEL CAMPIONE ALIMENTARE MEDIANTE GC-ECD

Parallelamente all’ottimizzazione del nuovo metodo proposto per la

determinazione dell’acrilammide, ho condotto un’indagine sul contenuto

dell’acrilammide in alcuni prodotti alimentari, in particolare su tre tipi di biscotti

secchi (A,B,C). Per precauzione, preferisco omettere i nomi dei biscotti utilizzati.

Per l’estrazione dell’acrilammide da questi biscotti è stato utilizzando come

solvente l’acetonitrile e come estrattore un Soxhlet. La quantità di biscotti pesata,

circa 1 grammo per ognuno, è stata finemente macinata ed omogeneizzata

utilizzando un mortaio. Una precauzione è stata quella di aggiungere una piccola

quantità di Na2SO4 anidro per assorbire l’eventuale umidità. La quantità di

campione macinata è stata posta nel Soxhlet ed estratta per circa 8 ore con

acetonitrile. L’estratto così ottenuto è concentrato al Rotavapor fino ad un volume

di circa 2 mL. 50 µL di questa soluzione vengono derivatizzati secondo il metodo

messo a punto.

Per la determinazione quantitativa dell’acrilammide è stata utilizzata la retta di

taratura precedentemente calcolata. Riporto nella seguente tabella i valori ottenuti

espressi in µg/Kg, unità imposta dalla letteratura:

campione peso (g)

acrilammide(µg/Kg)*

± DS* ± DS (%)

A 1.007 413 4.7 1.1 B 1.017 350 12.0 3.4 C 1.075 426 9.1 2.1

* valore ottenuto sulla media di 3 determinazioni

94

I valori ottenuti per questi campioni rientrano nei range riportati in letteratura,

quindi danno conferma sulla validità ed affidabilità del metodo sviluppato.

ANALISI ALLO SPETTROMETRO DI MASSA

DELL’ACRILAMMIDE DERIVATIZZATA

Una volta confermata la presenza di un derivato dell’acrilammide, ho cercato di

determinare qualitativamente questa molecola usando lo spettrometro di massa.

Questa tecnica ha permesso di confermare i risultati ottenuti con l’ECD e mi ha

permesso di studiare e caratterizzare il derivato che si forma.

Lo studio sulla formazione del derivato dell’acrilammide è stato effettuato con

uno spettrometro di massa, con sistema a trappola ionica (Polaris Q), collegato ad

un gas cromatografo (Trace GC Ultra), il tutto interfacciato ad un PC dotato di un

software d’elaborazione specifico (Xcalibur).

Di seguito riporto tutte le condizioni operative dello strumento dall’iniettore, al

forno, al rivelatore. L’iniettore PTV è regolato in modalità splitless; la

temperatura iniziale è di 50 °C; la velocità di splittaggio è di 30 mL/min;

l’apertura dello spillo è stata fissata a 1:30 min e la pulizia del setto è mantenuta

sotto flusso costante di elio ad 1 mL/min. L’iniettore è programmato secondo il

seguente schema:

Pressure

(kPa) Rate

(°C/min) Temp. (°C)

Time (min.)

Flow (mL/min)

Injection 70 50 0.05 50 Evap. 140 14.5 280 1:00

Transfer 210 14.5 280 2:00 Cleaning 14.5 310 10:00 70

95

Tutte le analisi sono state effettuate utilizzando una colonna da 60 metri AT-5MS

con un diametro interno (I.D.) di 0,25 mm e uno spessore di fase di 0,25 µm. Il

carrier gas utilizzato in questo sistema è l’elio 5.5 (elio ultrapuro).

Il forno è regolato in modo tale da seguire la seguente programmata:

rate (°C/min) Temp (°C) Hold time (min) Initial 50 1:00 Ramp 1 10 300 5:00

La temperatura del rivelatore è fissata a 250°C; la temperatura della transfer line è

stata settata a 270°C.

Lo studio sulla frammentazione dell’acrilammide comincia con un’acquisizione in

full scan di una soluzione contente acrilammide derivatizzata, ottenuta applicando

la metodica proposta. In questo primo cromatogramma è possibile individuare il

composto ad un tempo di ritenzione di 18.10 minuti. Il picco in questione si

presenta molto basso rispetto ad altri picchi, dovuti probabilmente a bleed di

colonna o ad interferenti vari, ma è normale considerando che il software

automaticamente normalizza il cromatogramma rispetto al picco più alto.

Tuttavia, il problema e risolvibile se si imposta una visualizzazione in SIM con un

valore di massa atomica tipico dell’acrilammide derivatizzata (212). In questo

RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

200000

400000

600000

800000

1000000

1200000

1400000

1600000

1800000

2000000

2200000

2400000

2600000

2800000

3000000

3200000

3400000

3600000

3800000

4000000

4200000

Counts

29.4429.13

26.98

26.79

26.39

26.27

25.3225.17

24.90

24.7524.53

23.92

23.7817.69 22.9715.4110.38

22.54

22.43

21.438.5019.71

12.88

12.15 17.4714.699.43

NL:4.25E6TIC F: MS EI_Acry_62ppm_1,5

18:10 min

96

modo è possibile amplificare il segnale dovuto solo alla corrente ionica dovuta al

frammento scelto. È possibile identificare in maniera univoca il picco tipico

dell’acrilammide derivatizzata e il suo tempo di ritenzione (18.10 min).

Il picco cromatografico messo in evidenza presenta la seguente frammentazione:

La prima ipotesi, elaborata sulla base di questa frammentazione, porta alla

formazione di un di-derivato.

Mass: 281.01

RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

16000

18000

20000

22000

24000

26000

28000

30000

Counts

18.10

30.6129.1427.12

26.67

9.43 25.5924.86

24.4823.1110.38

22.2821.0310.58 12.92 17.47

NL:3.15E4m/z= 211.5-212.5 F: MS EI_Acry_62ppm_1,5

EI_Acry_62ppm_1,5 #1002 RT: 18.10 AV: 1 SB: 219 18.24-19.34 , 16.84-17.99 NL: 3.74E4T: + c Full ms [ 50.00-650.00]

50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abundance

212.1

281.0

192.1

184.2

164.1213.2

144.1 282.1134.192.250.8 230.1 399.1308.1 488.0377.0 460.4 580.5513.2 613.7

CF3O

F3C

O

N

O OH

97

I picchi più significativi che possono essere notati sul frammentogramma hanno

un segnale m/z relativamente di 281, 262, 212, 192, 184 e 164. Tali frammenti

sono stati spiegati con la seguente frammentazione:

• 281, ione molecolare; ottenuto con l’inserimento di 2 gruppi –COCF3, con

l’apertura del doppio legame e l’inserimento di un gruppo –OH

• 262, ottenuto con la perdita di un fluoro dal 281

• 212, ottenuto con la perdita di un gruppo –CF3 dal 281

• 192, ottenuto con la perdita di un HF dal 212 o dalla perdita di un –CF3 e

di un HF dal 281

• 184, ottenuto con la perdita di un CO dal 212 o dalla perdita di un –CF3 ed

un CO dal 281

• 164, ottenuto con la perdita di un HF dal 184 o con la perdita di un CO dal

192

98

Tutta la frammentazione ipotizzata è riportata nel seguente schema:

CF2O

F3C

O

N

O OH

O

F3C

O

N

O OH

F3C

O

N

O OH

O

F2C

O

N

O O

F2C

O

N

O O

- COCF3 (97)

- F (19)

- CF3 (69)

- CF2 (50)

- CO (28) - HF (20)

- HF (20) - CO (28)

- CO (28)

- HF (20)

CF3O

F3C

O

N

O OH

- CF3 (69)

- HF (20)

Exact Mass: 281,01

Exact Mass: 262,01

Exact Mass: 212,02

Exact Mass: 184,02Exact Mass: 192,01

Exact Mass: 164,02

99

Per ottenere la conferma che i frammenti risultanti dal primo frammentogramma

sono caratteristici della molecola di-derivata dell’acrilammide e per avere

conferma della frammentazione ipotizzata, sono state acquisite prove in MSMS su

ogni frammento caratteristico. I risultati ottenuti sono riportati nell’allegato 9.

Nell’allegato è possibile vedere la corrispondenza tra il tempo di ritenzione

dell’acrilammide derivatizzata (18.10 minuti) e i rispettivi frammentogrammi

ottenuti in MSMS con ione precursore specifico. Tutti i cromatogrammi sono stati

acquisiti in SIM 212 (frammento più abbondante). Inoltre l’acquisizione dei vari

cromatogrammi parte da 15 minuti e finisce a 20 minuti per una questione di

comodità.

I frammentogrammi riportati sono quelli che meglio rendono l’idea di

frammentazione in MSMS (ione precursore circa un decimo dei vari ioni figli).

Per ottenere questi risultati ogni frammentogramma riportato è stato provato con

vari filtri (funzione disponibile sul software di elaborazione Xcalibur). Purtroppo

non è possibile generalizzare il valore del filtro applicato, poiché ogni frammento

preso in considerazione risponde in maniera differente, quindi ad ogni frammento

va associato un valore che deve essere determinato sperimentalmente di volta in

volta. La determinazione del valore di questo filtro è rapida e semplice e può

essere fatta con un’unica iniezione del composto e va chiaramente ripetuta per

ogni frammento considerato.

Tutti i frammentogrammi in MSMS dei vari frammenti analizzati concordano

sulla frammentazione ipotizzata precedentemente, quindi in una prima analisi

sembra essere confermata la formazione del di–derivato dell'acrilammide. Ma . . .

100

Il problema su quale derivato dell’acrilammide si viene a formare durante la

reazione è nato quando si sono provati ad analizzare gli spettri di massa ottenuti in

ionizzazione chimica (CI). Utilizzando le stesse condizioni strumentali

precedentemente elencate, sono state condotte analisi sia in ionizzazione chimica

negativa sia in ionizzazione chimica positiva, che hanno sconvolto la precedente

ipotesi di frammentazione. Sono di seguito riportati i cromatogrammi ottenuti ed i

relativi frammentogrammi risultanti al tempo di ritenzione dell’acrilammide

cromatogramma acquisito in Ionizzazione Chimica Negativa (NCI)

cromatogramma acquisito in Ionizzazione Chimica Positiva (PCI)

Tutti e due i frammentogrammi acquisiti in ionizzazione chimica hanno dato

risultati abbastanza significativi, ma particolare attenzione è stata data al

RT: 0.00 - 31.03 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

10000

11000

12000

13000

14000

15000

16000

17000

18000

19000

20000

21000

22000

23000

Cou

nts

21.36

18.08 20.609.30

13.31 24.8524.5113.5712.21 20.44 26.71 28.92

NL:2.32E4TIC F: MS NCI_acry2ppm_derivatizzata

NCI_acry2ppm_derivatizzata #1127 RT: 18.08 AV: 1 SB: 123 18.20-18.72 , 17.40-17.97 NL: 1.15E3T: - c Full ms [ 50.00-550.00]

50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ativ

e A

bund

ance

376.9

296.8

282.0 377.9

281.0357.4276.7 310.2 378.9245.0211.7 340.3

RT: 0.00 - 31.01 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

10000

11000

12000

13000

14000

15000

16000

17000

18000

19000

Cou

nts

29.5029.09

28.4728.16

27.6727.36

27.0426.84

26.59

26.29

25.86

25.1525.07

24.8510.62

24.068.24 23.7318.08

23.238.62 21.3515.4017.6712.85

19.6913.33 15.77

NL:1.91E4TIC F: MS PCI_acry2ppm_derivatizzata

PCI_acry2ppm_derivatizzata #1066 RT: 18.10 AV: 1 SB: 264 18.15-19.40 , 16.80-18.01 NL: 5.15E2T: + c Full ms [ 50.00-550.00]

50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ativ

e A

bund

ance

262.1

51.1

263.2282.1

52.2 212.3331.0 397.1310.1227.3158.891.4 143.4 181.5 380.1 432.966.6 451.1

acrilammide derivatizzata

acrilammide derivatizzata

101

cromatogramma acquisito in ionizzazione chimica negativa. Infatti analizzando

questo cromatogramma in corrispondenza del tempo di ritenzione tipico

dell’acrilammide derivatizzata (18.10 minuti), è possibile notare un frammento

molto alto rispetto a tutti gli altri, con un rapporto m/z di 377. Questo frammento

ha dato l’input ad ipotizzare la formazione di un tri-derivato dell’acrilammide.

L’analisi dei due cromatogrammi ha portato, quindi, all’ipotesi di una seconda

frammentazione, dovuta alla formazione del tri-derivato dell’acrilammide:

mass: 376.99

La spiegazione della seconda ipotesi, vale a dire della formazione del tri-derivato

dell’acrilammide, è stata ricercata partendo da due cromatogrammi

Cromatogramma A Cromatogramma B

CF3O

O

N

O O CF3

O

F3C

RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

40000

45000

50000

55000

60000

Cou

nts

18.09

28.92

28.0626.86

25.509.44 25.38

24.1822.99

10.26 21.1015.7212.14

NL:6.17E4m/z= 211.5-212.5 F: MS Acry2h

RT: 0.00 - 31.02 SM: 5G

0 5 10 15 20 25 30Time (min)

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

40000

45000

50000

55000

60000

65000

70000

75000

80000

85000

90000

95000

100000

105000

110000

115000

120000

125000

130000

135000

Cou

nts

18.09

28.5127.3526.389.44 25.53

24.9523.6610.26 22.0012.15 15.73

NL:1.38E5m/z= 211.5-212.5 F: MS Ei_Acry3minuti_fullscan

Acry2h #1360 RT: 18.09 AV: 1 SB: 103 18.19-18.53 , 17.53-17.94 NL: 6.89E4T: + c Full ms [ 40.00-400.00]

50 100 150 200 250 300 350 400m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abundance

212.1

281.0

192.1258.0

308.0184.1

164.1213.2

262.1377.0

144.1 230.0 282.0 309.1134.178.0 106.2 358.051.1 253.1 378.0307.1 332.0

102

Il cromatogramma A preso in considerazione è relativo al campione acrilammide

derivatizzata, dove la reazione si è prolungata a 2 ore, ma è possibile fare le stesse

considerazioni anche su campioni dove il tempo di reazione è stato inferiore (3

minuti, cromatogramma B). L’unico picco visibile in modalità SIM a 212, che

rappresenta il frammento comune sia alla acrilammide di-derivatizzata sia tri-

derivatizzata, è quello a RT di 18.09. Tutti gli altri picchi sembrano essere bleed

di colonna. Relativamente a questo picco, oltre ai frammenti indagati e spiegati

(frammentazione del 281) è possibile notare anche altri frammenti, in particolare

il 377, 358, 308, 258, 230 e il 202. Nel frammentogramma è possibile notare la

presenza del frammento 378 con altezza del 10% rispetto al frammento 377, tale

rapporto è compatibile con l’abbondanza isotopica complessiva della molecola.

I frammenti più abbondanti per questa seconda ipotesi di frammentazione sono

stati spiegati nel seguente modo:

• 377, ione molecolare, ottenuto con inserimento di 3 molecole di –COCF3

ed una molecola d’acqua

• 358, ottenuto con la perdita di –F dal 377

• 308, ottenuto con la perdita di un –CF3 dal 377

• 280, ottenuto con la perdita di –CO dal 308 o dalla perdita di un –CF3 ed

un CO dal 377

• 258, ottenuto con la perdita di un –CF2 dal 308 o dalla perdita di un –CF3

ed un –CF2 dal 377

• 230, ottenuto dalla perdita di un –CO dal 258

• 202, ottenuto dalla perdita di un –CO dal 230

103

È da notare che tutte queste frammentazioni non danno il frammento 281. Il 281 e

tutte le sue frammentazioni sono spiegabili se il frammento 280 lega un idrogeno.

Per rendere valida anche la prima ipotesi di frammentazione occorre che il tri-

derivato perde complessivamente un gruppo trifluoroacetato (-COCF3) e lega un

H+, formando il di-derivato.

Considerando però che il tempo di ritenzione dei due composti è praticamente lo

stesso, è un controsenso, in cromatografia, affermare che si tratta di due composti

differenti che vengono rilevati con lo stesso tempo di ritenzione.

Tuttavia l’ipotesi sulla formazione del di-derivato dell’acrilammide è spiegabile e

plausibile se lo si intende come prodotto secondario del tri-derivato per reazioni

non controllabili che avvengono all’interno della trappola ionica stessa.

Anche in questo caso, per dare senso e conferma, alle frammentazioni ipotizziate

nella formazione del tri-derivato, sono stati condotti esperimenti MSMS. Tutti i

risultati ottenuti sono riportati nell’allegato 10.

L’analisi MSMS ha dato conferma della frammentazione ipotizzata quindi della

formazione del tri-derivato dell’acrilammide.

104

L’intera frammentazione ipotizzata è riportata nel seguente schema:

- COCF3 (97)

- F (19)

- CF3 (69)

- CF2 (50)

- CO (28)

- CF2 (50) - CO (28)

- CO (28)

- CF3 (69)

- HF (20)

CF3O

O

N

O O CF3

O

F3C

CF3O

O

N

O O CF2

O

F3C

CF3O

O

N

O O

O

F3C

CF3O

O

N

O OH

F3C

Exact Mass: 280,00

Exact Mass: 308,00

Exact Mass: 358,00

Exact Mass: 376,99

FO

O

N

O O

O

F3C

Exact Mass: 258,00

FO

O

N

O OH

F3C

Exact Mass: 230,01

- CF2 (50)

- CF2 (50)

105

LOD E LOQ OTTENUTI IN GC-MS

Nelle condizioni sviluppate e messe a punto, sono andato alla ricerca del LOD e

del LOQ utilizzando come rivelatore lo spettrometro di massa. Tutte le

acquisizioni sono state fatte in modalità SIM con un frammento base di 212. Nel

seguente schema riporto il LOD e il LOQ con la relativa deviazione standard

calcolata su tre determinazioni.

LOD LOQ

quantità

(pg) DS*

DS* (%)

quantità (pg)

DS* DS* (%)

acrilammide derivatizzata 6 ± 1.1 ± 18.8 52 ± 3.25 ± 6.25

ERRORE INTRADAY ED INTERDAY AL GC-MS

Considerando che il limite di quantificazione è di 52 pg/µL, quindi 52 ppb, ho

calcolato l’errore intraday ed interday considerando una concentrazione di 100

ppb. Ho ripetuto tre analisi in due giorni differenti. Riporto le stime degli errori

nelle seguenti tabelle, calcolate sulla media di tre determinazioni giornaliere

giorno 1 giorno 2 interday

quantità

(pg) DS*

DS* (%)

DS* DS* (%)

DS* DS* (%)

acrilammide derivatizzata

100 ±4.80 ±4.80 ±3.94 ±3.94 ±6.21 ±6.21

*DS calcolata su tre determinazioni

106

SCHEMA RIASSUNTIVO FRAMMENTAZIONE

Acr

y2h

#136

0R

T:18

.09

AV

:1

SB

:83

618

.41-

21.3

9 , 1

4.46

-17.

70N

L:6.

87E

4T:

+ c

Ful

l ms

[ 40.

00-4

00.0

0]

5010

015

020

025

030

035

040

0m

/z

05101520253035404550556065707580859095100

Relative Abundance

212.

1

281.

0

192.

125

8.0

308.

018

4.1

164.

121

3.2

262.

137

7.0

144.

123

0.0

282.

030

9.1

78.0

134.

110

6.2

51.1

358.

037

8.0

69.1

307.

123

1.1

332.

0

CF3

OO

N

OO

CF3

O

F 3C

CF3

OONO

OCF

2

O

F 3C

CF3

OO

N

OO

O

F 3C

CF3

O

F 3C

O

N

OO

H

FOO

N

OO

O

F 3C

CF2

O

F 3C

O

N

OOH

O

F 3C

O

N

OOH

O

F 2C

O

N

OO

F 3C

O

N

OOH

F 2C

O

N

OO

107

DETERMINAZIONE QUANTITATIVA DELL’ACRILAMMIDE

IN SPETTROMETRIA DI MASSA

Come prima cosa ho costruito una retta di taratura per avere una corrispondenza e

una riproducibilità dei dati ottenuti con l’analisi in ECD, avendo conservato gli

estratti di biscotto. I risultati ottenuti sono riportati nel seguente schema:

campioneGC-ECD

(µg/Kg ± DS)GC-MS

(µg/Kg ± DS)A 413 ± 4.7 381 ± 19.2 B 350 ± 12.0 226 ± 24.6 C 426 ± 9.1 395 ± 18.9

E’ possibile notare i valori di acrilammide determinati con i due sistemi possono

essere considerati dello stesso ordine di grandezza. Con questa approssimazione

ho deciso di effettuare una determinazione con un altro campione alimentare.

La determinazione dell’acrilammide con lo spettrometro di massa è stata fatta su

patatine fritte in busta. L’acrilammide è stata estratta dal campione reale

utilizzando l’estrattore Soxhlet, utilizzando i tempi e le modalità previste dalla

metodica.

È stata costruita una retta di taratura utilizzando soluzioni standard di acrilammide

derivatizzata a concentrazione crescente comprese tra 0.1 e 10 ppm.

Inoltre tutti i cromatogrammi sono stati acquisiti in modalità SIM, settando

opportunamente lo strumento in base ai tempi di ritenzione e ai frammenti

caratteristi sia dell’acrilammide sia dello standard interno.

108

Il campione reale è stato analizzato e trattato come tutti i campioni di riferimento.

L’operazione di derivatizzazione è stata fatta contemporaneamente sia per gli

standard di riferimento sia per il campione reale. Riporto la retta di tararura

ottenuta in spettroemtria di massa:

In base a questa retta di taratura il valore di acrilammide stimato nelle patatine è:

media

(µg/Kg)DS

DS (%)

acrilammide 1640 ± 160 ± 9.8

Il valore ottenuto è in linea con quelli riportati in letteratura sulla eventuale

presenza dell’acrilammide nei composti tipo le patatine, per questo motivo

l’analisi è da considerare affidabile ed attendibile.

0

5

10

15

20

25

30

0 2 4 6 8 10 12

R

µg/mL

109

CONCLUSIONI

Il metodo proposto permette di determinare in modo attendibile l’acrilammide nei

prodotti alimentari.

La derivatizzazione della molecola con composti alogenati aumenta la sensibilità

del metodo ed è particolarmente adatta per essere applicata a matrici complesse

quali quelle alimentari.

Il metodo, applicato sia su soluzioni standard che su campioni reali, ha mostrato

una elevata precisione e accuratezza analitica.

Il metodo innovativo standardizzato ha consentito l’eliminazione della fase di

clean-up nella preparazione del campione con una significativa riduzione del

tempo di analisi e del costo analitico legato all’impiego delle cartucce per

l’estrazione in fase solida.

Inoltre, sono sufficienti per l’analisi pochi grammi di campione e piccoli volumi

di solventi con riduzione di costi per l’acquisto dei reagenti e per lo smaltimento

dei residui.

Il metodo sviluppato può essere applicato per le analisi routinarie

dell’acrilammide per la valutazione della qualità e della sicurezza d’uso degli

alimenti vista l’elevata sensibilità strumentale e la praticità di applicazione.

110

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slices during frying; Lebensm.–Wiss. u. –Technol., 37, 679–685, (2004)

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Critical Factors for Formation and Possible Ways for Reduction; Journal of Agricultural and Food Chemistry, 52, 4282-4288. (2004)

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Agricultural and Food Chemistry, 51, 4504-4526. (2003) [7] J. S. E. Williams; Influence of variety and processing condition on acrylamide levels in

fried potato crisps; Food Chemistry, 90, 857-881. (2005) [8] D. Taubert, S. Harlfinger, L. Henkes, R. Berkels, E. Schömig; Influence of

Processing Parameters on Acrylamide Formation during Frying of Potatoes; Journal of Agricultural and Food Chemistry, 52, 2735-2739. (2004)

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[15] Dionex, Application Note 409. Fast determination of Acrylamide in Food Samples Using Accelerated Solvent Extraction (ASE) Followed by Ion Chromatography with UV or MS Detection

 

 

Gas crom

Gas crom(bianco de

matogramm

matogrammel campione

ALLEGA

ma A: standa

ma B: campie reale)

ATO 1: VI

ard di labora

one reale ot

INO BIAN

atorio

ttenuto con

NCO

estrazione liquido-liqu

111

 

 

uido

 

Gas cromnota di ana

 

Gas cromstudiato

DM

- iB

matogrammaliti e passa

matogramm

MP: dimetyl;

cEP: isobut

ma C: campiati attraverso

ma D: campi

; - DEP: die

tilcicloesil -

ione reale do la fase ad

ione reale d

LEGEN

etyl; - S.I.: s

- BBP: benz

i vino biancsorbente 

i vino bianc

NDA

standard int

zilbutil; - D

co arricchito

co sottopost

terno; - DBP

DEHP: bis-(

o di una qua

to al metodo

P: dibutyl;

2-etyl-exil)

112

 

antità

 

o

 

 

Gas crom

 

 

Gas crom(bianco de

matogramm

matogrammel campione

ALLEG

ma A: standa

ma B: campie reale)

GATO 2: V

ard di labora

one reale ot

VINO ROS

atorio

ttenuto con

DIB

P

SSO

estrazione liquido-liqu

113

 

 

uido

 

Gas cromnota di ana

 

Gas cromstudiato

 

DM

- iB

matogrammaliti e passa

matogramm

MP: dimetyl;

cEP: isobut

ma C: campiati attraverso

ma D: campi

; - DEP: die

tilcicloesil -

ione reale do la fase ad

ione reale d

LEGEN

etyl; - S.I.: s

- BBP: benz

i vino biancsorbente 

i vino bianc

NDA

standard int

zilbutil; - D

co arricchito

co sottopost

terno; - DBP

DEHP: bis-(

o di una qua

to al metodo

P: dibutyl;

2-etyl-exil)

114

 

antità

 

o

115  

ALLEGATO 3: DIMETYL PHTALATE

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O

O

O

OExact Mass: 194.06

C+

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O

O

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O

O

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C+

O

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116  

ALLEGATO 4: DIETYL PHTALATE

 

 

   

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O

O

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O

O

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117  

ALLEGATO 5: DIBUTYL PHTALATE

 

 

   

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O

O

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O

O

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C

O

O

O

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OH

O

O

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118  

ALLEGATO 6: ISOBUTYL-CICLOESYL PHTALATE

 

 

   

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OO

O

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- H2O

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OO

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O

O

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C+O

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20.07

NL:9.58E1TIC F: MS MSMS_isobcicloe205_energihigt

MSMS_isobcicloe205_energihigt #62 RT: 20.47 AV: 1 SB: 108 20.50-20.92 , 20.05-20.44 NL: 1.23E1T: + c SRM ms2 [email protected] [ 102.00-207.00]

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MSMS_isobcicloe231_energihigt #63 RT: 20.48 AV: 1 SB: 103 20.51-20.89 , 20.06-20.47 NL: 9.88T: + c SRM ms2 [email protected] [ 115.00-233.00]

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MSMS 231

119  

ALLEGATO 7: BENZIL-BUTYL PHTALATE

 

 

   

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MSMS_benzilbutyl149_energihigt #133 RT: 21.96 AV: 1 SB: 50 22.04-22.47 , 21.29-21.93 NL: 1.15E2F: + c SRM ms2 [email protected] [ 74.00-150.00]

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MSMS 149

120  

ALLEGATO 8: BIS(2-ETYL-EXIL) PHTALATE

 

 

 

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MSMS 261

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MSMS 279

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MSMS_bis167_energihigt #66 RT: 23.48 AV: 1 SB: 114 23.61-24.01 , 23.02-23.45 NL: 2.87E3T: + c SRM ms2 [email protected] [ 83.00-168.00]

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MSMS 167

121  

ALLEGATO 9: MSMS DEL DI-DERIVATO DELL’ACRILAMMIDE

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 281

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 262

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 212

 

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EI_Acry_62ppm_MSMS281_@1,1_0,3 #395 RT: 18.09 AV: 1 SB: 178 18.47-19.85 NL: 1.56E3T: + c SRM ms2 [email protected] [ 140.00-285.00]

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122  

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 192

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 184

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 164

 

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70

75

80

85

90

95

100

Rel

ative

Abu

ndan

ce

144.1

164.1

124.2

123.1

117.1134.2 192.2163.2 166.0137.2 182.0114.2 179.1145.198.1 162.2133.2102.0 186.5154.2119.2

RT: 0.00 - 20.01 SM: 5G

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20Time (min)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ative

Abu

ndan

ce

18.10

16.79 18.35

NL: 8.05E2TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 92.00-190.00] MS EI_Acry_62ppm_MSMS184_@1,1-1,3-1,5_0,3

EI_Acry_62ppm_MSMS184_@1,1-1,3-1,5_0,3 #413 RT: 18.10 AV: 1 SB: 79 15.60-17.37 NL: 4.05E2F: + c SRM ms2 [email protected] [ 92.00-190.00]

100 110 120 130 140 150 160 170 180 190m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ative

Abu

ndan

ce

124.1

144.1

164.2

123.1

137.2134.2

107.1 117.2 184.2162.298.1

142.2126.8 158.2110.9 182.293.0 167.0149.4

RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18Time (min)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ative

Abu

ndan

ce

18.11

15.4715.85 19.60

NL: 3.82E2TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 82.00-170.00] MS EI_Acry_62ppm_MSMS164_@1,1-1,3-1,5_0,3

EI_Acry_62ppm_MSMS164_@1,1-1,3-1,5_0,3 #421 RT: 18.11 AV: 1 NL: 2.94E2F: + c SRM ms2 [email protected] [ 82.00-170.00]

90 100 110 120 130 140 150 160 170m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Rel

ative

Abu

ndan

ce

124.1

144.2

137.1

123.2 124.7114.1 163.3134.193.1 164.1100.1 117.183.1 162.098.1

123  

ALLEGATO 10: MSMS DEL TRI-DERIVATO DELL’ACRILAMMIDE

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 377

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 308

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 281

 

RT: 0.00 - 20.01 SM: 5G

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20Time (min)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

18.07

19.32

17.6816.7515.30

NL: 1.99E3TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 188.00-380.00] MS EI_Acry2h_MsMs_377_1,5altro_voltaggio

EI_Acry2h_MsMs_377_1,5altro_voltaggio #357 RT: 18.07 AV: 1 SB: 101 18.31-19.47 , 16.37-17.80 NL: 2.90E3F: + c SRM ms2 [email protected] [ 188.00-380.00]

200 220 240 260 280 300 320 340 360 380m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

308.0

377.0

307.2258.2245.1 360.9355.2267.7192.7

RT: 0.00 - 20.01 SM: 5G

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0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

18.09

15.40

17.69 19.32

NL: 1.94E3TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 154.00-310.00] MS EI_Acry2h_Ms2_308_nuove_E

EI_Acry2h_Ms2_308_nuove_E #377 RT: 18.09 AV: 1 SB: 129 18.36-19.74 , 16.14-17.90 NL: 2.73E3F: + c SRM ms2 [email protected] [ 154.00-310.00]

160 180 200 220 240 260 280 300m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

258.1

307.9

280.0

257.3 266.2229.8178.4 192.9 280.7 289.4201.5 307.2

RT: 0.00 - 20.01 SM: 5G

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0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

18.10

15.73 18.3615.9115.03

NL:1.70E4m/z= 211.5-212.5 F: MS EI_Acry2h_Ms2_281

EI_Acry2h_Ms2_281 #384 RT: 18.10 AV: 1 NL: 1.98E4T: + c SRM ms2 [email protected] [ 140.00-284.00]

140 160 180 200 220 240 260 280m/z

0

5

10

15

20

25

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45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

212.1

265.0

281.0

249.0192.2 266.1184.0 213.0164.0 248.0 253.1236.9221.1211.2179.0151.0

124  

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 258

 

 

cromatogramma e frammentogramma relativi al frammento 230

 

RT: 0.00 - 20.01 SM: 5G

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20Time (min)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

18.08

19.6015.90 17.08

NL:3.29E3TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 129.00-260.00] MS EI_Acry2h_Ms2_258

EI_Acry2h_Ms2_258 #390 RT: 18.08 AV: 1 NL: 2.44E3F: + c SRM ms2 [email protected] [ 129.00-260.00]

130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 230 240 250 260m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

258.0

230.0

202.1

192.1250.2163.7 228.3186.0 208.2 231.1143.3131.5 179.2

RT: 0.00 - 20.00 SM: 5G

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18Time (min)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

18.09

19.8615.13 16.65

NL:7.36E2TIC F: + c SRM ms2 [email protected] [ 115.00-232.00] MS EI_Acry2h_Ms2_230

EI_Acry2h_Ms2_230 #399 RT: 18.09 AV: 1 SB: 95 18.21-19.24 , 16.79-17.96 NL: 5.68E2F: + c SRM ms2 [email protected] [ 115.00-232.00]

120 130 140 150 160 170 180 190 200 210 220 230m/z

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

60

65

70

75

80

85

90

95

100

Relative Abu

ndan

ce

202.0

230.1

210.0

182.0

229.3152.0 178.9161.1126.7 142.3 219.3131.6 165.5116.1