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RACCONTI DI VIAGGIO | Sudan Nubia Testo e foto di Simona Zati e Francesco Avogadro Da un Nubia gruppo Zati P rima di ideare questa nuova combinazione: deserto della Nubia e Reef di Port Sudan, con itinerario strutturato e ruotante tutto intorno al venerdì dei Dervisci; tutti mi dicevano “la strada da Atbara attraverso le montagne è brutta, forse interrotta, ci vuole più di un giorno per arrivare a Port Sudan, lascia perdere”, chiamo l’Ambasciata e persino loro restano vaghi, chiedo informazioni sui voli interni e i meno fiduciosi di nuovo mi dicono: “no, guarda i voli interni non ci sono più, lascia perdere…….”. E invece ancora una volta ha vinto l’ostinazione dell’appassionato richiamo delle mete più insolite e lontane dal turismo di massa: volo interno trovato, acquistabile solo in loco tramite il corrispondente, perfetto, comodissimo e puntuale! E così il 26.12.2017 siamo pronti a partire, rigorosamente in tenda e con la ns. cucina da campo ….. viaggio bellissimo! Il viaggio si snoda attraverso tre diversi deserti, il piatto Beyuda desert, il sabbioso Atmur Desert, e infine il Nubian Desert, e si SUDAN NUBIA DESERTI, TRADIZIONI, ANTICHE CITTA’ E IL REEF avventu.re/1480

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Page 1: RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa SUDAN NUBIA€¦ · RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa RACCONTI DI VIAGGIO | Sudan Nubia Testo e foto di Simona Zati e Francesco Avogadro Da un Nubia

RACCONTI DI VIAGGIO | East Africa RACCONTI DI VIAGGIO | Sudan Nubia

Testo e foto di Simona Zati e Francesco AvogadroDa un Nubia gruppo Zati

Prima di ideare questa nuova combinazione: deserto della Nubia e Reef di Port Sudan, con

itinerario strutturato e ruotante tutto intorno al venerdì dei Dervisci; tutti mi dicevano “la strada da Atbara attraverso le montagne è brutta, forse interrotta, ci vuole più di un giorno per arrivare a Port Sudan, lascia perdere”, chiamo l’Ambasciata e persino loro restano vaghi, chiedo informazioni sui voli interni e i meno fiduciosi di nuovo mi dicono: “no, guarda i voli interni non ci sono più, lascia perdere…….”.E invece ancora una volta ha vinto l’ostinazione dell’appassionato richiamo delle mete più insolite e lontane dal turismo di massa: volo interno trovato, acquistabile solo in loco tramite il corrispondente, perfetto, comodissimo e puntuale! E così il 26.12.2017 siamo pronti a partire, rigorosamente in tenda e con la ns. cucina da campo ….. viaggio bellissimo!Il viaggio si snoda attraverso tre diversi deserti, il piatto Beyuda desert, il sabbioso Atmur Desert, e infine il Nubian Desert, e si

SUDANNUBIA

DESERTI, TRADIZIONI, ANTICHE CITTA’ E IL REEF

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102 - Avventure nel mondo 2 | 2019

conclude alla scoperta di uno dei fondali più belli al mondo quello del Mar Rosso, di fronte a Port Sudan coi suoi coralli e i suoi relitti sommersi; il tutto passando attraverso l’entusiasmante e coinvolgente esperienza dei dervisci di Omdurman. Ed è di questa danza che, più di tutto, voglio raccontarvi: ogni Venerdì nei sobborghi di Omdurman dalle 16/16.30 fino al tramonto, verso le 18.00 si tiene, davanti alla qubba (tomba) verde dello Sheikh Hamed el Nil (importante predicatore musulmano del 1936), dietro un cimitero locale, la danza dei Dervisci, cerimonia di notevole importanza religiosa. Ha inizio con una marcia attraverso il cimitero fino alla tomba dello sheicco, i dervisci indossano tuniche verdi o a colori tipo patchwork e spesso anche una pelle di leopardo, collane e bracciali, in netto contrasto coi sudanesi che invece indossano la caratteristica jallabiya bianca. Mentre girano in circolo, cantano, e vengono accompagnati da tamburi e cimbali e anche da moderni impianti acustici altoparlanti, anche noi veniamo invitati a partecipare al corteo e cantare con loro. I dervisci iniziano a danzare in circolo ruotando velocemente su stessi, ed entrano in uno stato di ipnosi che li avvicina a Dio. Alcuni quando gliela raccontavo mi dicevano: “Ah si come i dervisci della Turchia!”. Ecco non c’entrano niente! Non è un ballo a uso e costume dei turisti, ma è una sentitissima cerimonia religiosa locale e ancora autentica, ove su centinaia e centinaia di persone forse saremo stati 20/25 turisti al massimo.Le donne devono stare dietro, solo gli uomini possono avvicinarsi in prima fila, ma tutti sono bene accetti, e anzi a fine cerimonia un ragazzo mi avvicina e spiega: “Il verde è il colore del Paradiso e avvicina a Dio, tutti possono essere dervisci, perché tutti gli uomini nel cuore sono uguali, l’incontro con Dio è momento di gioia e di danza”! “Sai, - mi spiega il ragazzo- noi cantiamo tutti: “la allah allah” che significa “non c’è altro Dio all’infuori di Allah”. E’ insomma la prima dichiarazione di fede dei “sufi” musulmani. E poi ci invita a fare foto e riprese video per raccontare al mondo al ns rientro che l’islam è anche questo e non solo quello che distorto ci arriva. “E Voi?” mi chiede … “avete cerimonie religiose dove ballate e cantate a vi ritrovate tutti a fare festa tutti insieme?” Bella domanda! Ma quanto è bella e sana questa danza……. Qualcosa che alla ns cultura proprio manca! Tutti noi seguivamo il ritmo, battendo le mani, e si creava un’atmosfera di festa e coinvolgente. Alla fine delle danze i dervisci sono entrati nella moschea a pregare, e tutti gli altri si sono inginocchiati fuori verso la Mecca. Questo evento è stato per me la perla del viaggio, in funzione del quale avevo strutturato il resto del giro in massima libertà, grazie anche all’uso della tenda, che vi consiglio caldamente. Il ns. giro, in città, si è poi arricchito della visita all’Ospedale di Emergency, il più grande dell’Africa, un’oasi di pulizia, verde, e ordine in una città che di queste tre cose non ha nulla! Forse l’unico posto

ricco di tutto il paese. Ma soprattutto si è arricchito di una ricerca delle tradizioni che, a nord, ci ha spinto tra i bellissimi villaggi di Niertod, Olmoogal, Mulwad, e coi loro portali dai mille colori, e le loro case di fango o di intonaco bianco, su cui si stagliano cancelli in ferro sgargianti, con borchie coloratissime, disegni in ferro battuto, degni di un’opera di Gaudì. Ci siamo presi il tempo di girellare, di entrare nelle case a prendere il the, di conoscere la gente. Non sono mancate neanche le tappe ai mercati,

di Shendi, di Merowe, di Karima, di Omdurman, coi coloratissimi tessuti delle donne, e le tuniche bianche che Federico ha acquistato e indossato per confondersi tra i nubiani……..E infine, riporto nel cuore, il fascino dei pozzi nel deserto, coi cammellieri, o i pastori che si fermano

a riempire i secchi per abbeverare il gregge, tutto insomma ci riportava a migliaia di anni fa, non solo i siti archeologici dell’Antico Egitto della dinastia autoctona kushita (detta dei Faraoni Neri, del 750 a.C.) eredi e custodi della più sacra e antica tradizione egiziana. La capitale, al tempo dei faraoni neri, era Napata col suo centro religioso a Jabel Barkal, ove ancora oggi la sera al tramonto di venerdì salgono molti locali a pregare, ognuno sedendo sulla sua roccia, distante dagli altri, o a ballare ai piedi del monte, sentendo la musica accesa a tutto volume dalle loro auto. Ancora oggi Jabel Barkal conserva il suo fascino. Poco distanti abbiamo visto le piramidi di Nuri, e la necropoli con le tombe sotterranee policrome ancora perfettamente affrescate di El Kurru. Ma lo stargate che vi catapulterà a migliaia di anni fa è certamente Meroe, la successiva capitale del regno di Kush, con le sue ancora quasi intatte piramidi sepolcrali, e le vicine Musawwarat Es Sufra, piena di statue di leoni, su cui spicca anche la raffigurazione di un elefante; e Naga, col suo dio-leone con tre musi e il corpo a forma di serpente (con la selva di braccia

giustapposte dei nemici del re) che vi ricorderà la dea Calì indiana! Questa mescolanza di culture che qui si sono sovrapposte vi aiuterà a spiegare a voi stesso quel richiamo ancestrale a questa terra che avevate prima di partire. Il Nilo ci ha accompagnato per tutto l’itinerario: alla 4° cataratta ci siamo immersi in un’oasi di pozze tra le anse del Nilo, ove non arrivano i coccodrilli, e sembra di tuffarsi in una Maldive fluviale dell’Olimpo, incastonata tra le maestose dune di sabbia che formano le sponde del Nilo in quel punto.Alla VI° Cateratta di Shabaloka abbiamo trovato un camper di uomini che ballavano con le tuniche bianche; battevano le mani e schiantavano delle frustate a terra per dar il ritmo (avevo visto un video simile su internet ma dal vivo ha tutto un altro fascino….che strano qui sono gli uomini che cantano, gli uomini che ballano….addirittura alle 15.30 del pomeriggio e da noi neanche col buio della notte si convince un uomo a ballare!). E non è finita: conosciamo degli universitari che suonavano e cantavano e al rientro dal ns. giro in barca è festa grande: tutto il villaggio si mobilita per accoglierci, viene a ballare, e cantare e fino a che il sole non tramonta dentro il Nilo sulle sue rive si è scatenata una coinvolgente festa solo per l’incontro con noi. Che bello, persino gli autisti sono increduli e ci devono tirare via perché sta facendo buio.Infine, dopo tante notti di deserto, accampati ove ci ha condotto la nostra passione e la nostra voglia di incontro col gentile e accogliente popolo nubiano, voliamo (ebbene si col tanto poco noto volo interno) a Port Sudan alla scoperta di fondali carichi di mistero e fascino in un mondo sommerso, e pieno di vita e colori. Il reef sud di Sanganeb con la sua piattaforma di 80 m di profondità, tappezzata di coralli, e di migliaia di specie diverse di pesci. Un faro costruito dagli inglesi, e ora gestito dalla marina sudanese, domina tutto il reef con una veduta mozzafiato, che non ha proprio nulla da invidiare ad un volo aereo sulla barriera corallina australiana. Da lassù la veduta dell’enorme reef è incredibile. A Wingarate reef ci immergiamo a vedere il famoso relitto dell’Umbria, la nave italiana che si autoaffondò nel 1940 per evitare di cadere nelle mani degli

RACCONTI DI VIAGGIO | Sudan Nubia

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Avventure nel mondo 2 | 2019 - 103

RACCONTI DI VIAGGIO | Sudan Nubia

inglesi. Trasportava autoveicoli, e armamenti, ancora visibili per chi si immerge con le bombole e decide di entrare nelle sue sale interne, ma non mancherà di regalare vedute emozionanti anche agli snorklers che ci nuoteranno sopra. Il relitto è vestito di coralli e contornato da branchi di pesci ed è lungo, a occhio, quasi 100 metri, giace a una profondità di 36 metri e i pali che reggevano le scialuppe di salvataggio affiorano ancora a pelo d’acqua. Ma prima di ripartire anche il molo di Port Sudan ci regala scena di vita quotidiana bellissime…. È il 1 dell’anno e ttte le famiglie fanno come dei pick nick sul molo, gli uomini formano dei cerchi e suonano e cantano, le donne non sposate occupano una panchina da sole agghindate a festa, curatissime e coloratissime in attesa forse di essere notate da uno di quei festosi uomini tutti in tunica bianca. E al mattino, al mercato, tripudio di colori…..tra frutta e verdura…. cui il famoso mercato coperto di Barcellona fa solo un baffo! Altro che spot della Benetton…. Qui partono mille scatti. Tutto il viaggio è stato poi reso speciale da un bellissimo gruppo: dalla insaziabile passione di Enzo che non voleva perdere neppure un’incisione a ogni sito archeologico, ma che aveva anche cura di svegliarci ogni mattina a ritmo del suo flauto, dalla meravigliosa cucina della Mary che ogni sera cucinava per noi, dalla notte danzante di capodanno tra le dune in cui tutti si sono scatenati con la musica delle jeep piazzate in circolo a mò di sala da ballo, e anche dalle preziose parole di chi, più silenzioso in viaggio, ci ha saputo emozionare tutti, al ns. rientro, come Francesco, che ci ha fatto dono delle sue emozionanti parole, che qui vi riporto come un racconto nel racconto: “L’Africa ha mille volti, spesso al rientro tra gli amici sentiamo il mal d’Africa. Per lo più quando i più parlano all’Africa pensano ai Safari, ad un mondo maestoso fatto di spazi enormi in cui l’uomo osserva e scruta una natura che non governa, legata alla fauna locale, molto distante dalle nostre città.Bello certo ma … diverso, molto diverso … dalla Nubia. Regione che quando la si nomina agli amici, i più storcono il naso. Dov’è? Alla risposta Sudan, anche peggio. Il volto rimane perplesso, al telegiornale questo nome è univocamente associato alle tristi vicende del Dufour. Sei in ferie perché vai proprio lì? A cacciarti magari pure nei guai …?C’è qualcosa di magico che ci chiama …. un richiamo ancestrale, la ricerca di avventura, il desiderio di spazi aperti, culture diverse e un modo di vivere il quotidiano, che non ha niente in comune con il nostro a parte i cellulari, che ormai hanno invaso il mondo, e ci rendono tutti uguali. Le donne talvolta con il burka, tutte vestite di nero, in cui scintillano solo gli occhi, il cammelliere che attraversa il deserto su un cammello, scortandone altri 7, verso una qualche destinazione che il nostro occhio non coglie, il contadino vecchio con il turbante e la barba bianca, che seduto per terra aspetta, all’ombra di un albero, l’arrivo dell’acqua pompata dal Nilo per irrigare il suo campo, sono tutti così diversi da noi, eppure il cellulare ci rende uguali. Loro lo impugnano con piacere e con orgoglio. A parte questo, attraversando il Sudan si ha la

sensazione che tanti cambiamenti nei secoli qui non siano intervenuti: si va ancora sugli asini, si coltiva il campo vicino al fiume Nilo, a mano, con strumenti di una volta, si garantisce l’acqua al viandante, con enormi orci di terracotta, l’acqua traspira e si mantiene fresca. Le strade dei piccoli paesi sono di sabbia e terra, la carenza dell’acqua si percepisce ovunque, la mancanza di servizi igienici è quasi completa nelle campagne. La gente è bella, cordiale, regale, con le vesti dell’Islam, tutti in bianco col turbante gli uomini, sovente colorate le donne. Le donne sono incantevoli, begli occhi neri sapientemente truccati, sorrisi dolci, accattivanti. La povertà è ovunque, ma talmente diffusa che sembra che i ricchi non ci siano. Le macchine sono per lo più scassate ed emettono fumi intossicanti ed inquinanti. Le strade asfaltate poche, il traffico caotico. Sul bordo strada due mondi paralleli: i camion tra Port Sudan e Khartoum che scorrono incessanti e la vita quotidiana fatta di bancarelle e carretti, persino capretti ed asini in cerca di “erba”. Riemergono, affascinanti, le rovine del passato nubiano, egiziano, nubiano dei faraoni neri: belle colonne color giallo caldo nel deserto, tombe decorate, muri dipinti. Anche migliaia di anni fa si cercava di esorcizzare la morte prefigurando vite nell’aldilà e bisogni simili a quelli in vita. Amon accoglieva i faraoni, come Dio o Allah accolgono i credenti di oggi. L’Islam non è terrorismo, questo ci ha insegnato un popolo costantemente sorridente. A dispetto del contrasto continuo tra il povero contesto locale ed i ricchi nel mondo. La televisione è arrivata con parabole montate anche nei posti più sperduti. Eppure si respira (consapevole) serenità. Non superficialità. Caso mai curiosità.Qui è dove la gente va a letto presto, qui è dove il tempo si è fermato, qui è dove si vive in pace, qui è

dove la luce è scandita dal sole e (talvolta) poche ore in più di corrente, poi si va a dormire perché tutto si spegne. Tutto rincomincia la mattina dopo.Paradisi allora, paradisi oggi. Il Nilo: quando e quanto l’abbiamo studiato a scuola, con il suo mitico limo! Lo attraversiamo, lo riattraversiamo, lo vediamo dall’alto delle cateratte, che bloccavano il passo ai faraoni, quando andavano a conquistare l’oro della Nubia. Poi il bel percorso, attraverso il deserto. E poi l’arrivo al mare: grande turchese e blu che subito ti porta echi di mondi lontani e ti da il senso della libertà cosa ci sarà al di là del mare? E sotto negli abissi del nostro snorkling in superficie … figuriamoci che mondi ignoti. Anche al faro di Sanganeb il tempo si è fermato: un tavolo, le carte da gioco, mesi che devono trascorrere

prima di un cambio turno. Un contesto talmente bello che in qualunque altro posto del mondo sarebbe invaso di turisti e mega barche, qui no. Solo noi e un sole che tramontava, spettatori preferenziali con la fortuna di potere scegliere tempi e modi di questo nostro transitare.

Da poche ore abbiamo lasciato il Sudan, un paese sconosciuto, quasi ignorato dal turismo, addirittura sconsigliato dai media, anche il ministero degli esteri italiano, a torto ne sconsiglia la visita. A discapito di qualche lamentela e brontolio in famiglia, fortunatamente noi abbiamo ignorato i falsi allarmi, questo ci ha permesso di fruire di questa ricchissima esperienza. Abbiamo apprezzato l’ospitalità della gente nubiana, l’accoglienza fraterna, l’indescrivibile immensa ricchezza archeologica, il grande fascino del deserto, l’esistenza del Nilo, come linfa vitale, i meravigliosi fondali del Mar Rosso. Grazie Sudan, torneremo di certo a trovarti. E vogliamo anche conoscere per nome ogni pesciolino del tuo reef, sicuri che ci ospiterai come in una casa nubiana!”