pubblico e futuro n. 4 ottobre 2013
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Periodico Funzione Pubblica CGIL Piemonte - N. 4 - Ottobre 2013TRANSCRIPT
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L’Italia riparte dall’Italia.
Il Lavoro Pubblico:
coesione, sviluppo,
democrazia
Non possiamo rassegnarci. Non ci
rassegniamo!
Dal 2009 il contratto dei lavoratori pubblici
rimane fermo e immobile resta anche il salario,
senza i dovuti adeguamenti contrattuali
collegati all’aumento dell’inflazione. L’art. 36
della Costituzione parla chiaro e sancisce il
diritto a una retribuzione proporzionata alla
quantità e qualità del lavoro, oltre alla
legittimità degli adeguamenti contrattuali.
Invece, dobbiamo fare i conti con quella che è
ormai a tutti gli effetti un’emergenza vera e
propria se si considera che ai mancati
adeguamenti salariali si sommano aumenti di
tariffe e tasse che rischiano di condurre alla
fascia di povertà anche molti lavoratori
pubblici. Si è purtroppo calcolato che la perdita
salariale si aggiri, dal 2009 a oggi, tra i 6 o gli 8
mila euro.
Un’assoluta vergogna in un Paese che reclama
a gran voce la necessità di appartenere a pieno
titolo all’Unione Europea, ma non riesce ad
attuare un reale processo di rinnovamento
istituzionale basato sul decentramento che
permetta ai cittadini di partecipare alle
scelte e di usufruire di uguali servizi su tutto
il territorio.
Questo è invece un Paese che regredisce,
non punta sui propri giovani, non stabilizza i
tanti lavoratori della pubblica
amministrazione assunti da infiniti anni a
tempo determinato.
Ma non basta. È un Paese che non si limita a
disperdere una risorsa efficace e importante
come quella dei giovani, ma ritiene necessario,
in nome di salvifici tagli, diminuire la forza
lavoro nel pubblico impiego: solo in Piemonte
abbiamo perso più di cinquemila lavoratori nei
nostri servizi. Si potrebbe in pratica dire che sia
stata chiusa una grande fabbrica.
Una Nazione che gli economisti dicono stia
uscendo dalla recessione.
Non mi spiego allora come possa non
accorgermene... sarà che ogni giorno vedo
chiudere aziende manifatturiere, piccole
attività commerciali e imprese edili gestite da
tanti piccoli artigiani che non riescono più a
procurarsi lavoro.
Ciò che vedo benissimo, invece, è che la
recessione ci ha caricati di un debito pubblico
superiore a duemila miliardi ai quali vanno
aggiunti i 1400 euro che pesano in interessi
sulla vita di ogni cittadino, dal neonato al più
anziano. Gli interessi che siamo giunti a pagare
ammontano a 85 miliardi, dei quali 35 agli
investitori esteri.
Le conseguenze continuano a gravare sul
territorio, sui cittadini, sul loro diritto
all’accesso ai servizi, e sui servizi stessi.
Il primo allarme è ben evidente nelle
piccole e grandi situazioni locali: il
dissesto della città di Alessandria, o la
fantascientifica situazione di Asti, dove i
commissari chiedono ai dipendenti in
reperibilità di farsi carico delle spese
telefoniche di servizio, non contenti di aver già
loro tolto i buoni pasto e diminuito il salario di
produttività.
Il Governo ha previsto un ulteriore anno di
blocco salariale anche per il 2014,
evidentemente derogando, ormai, alla misura,
valutata come eccezionale e provvisoria, del
blocco del contratto previsto dal Governo
Berlusconi-Bossi-Fini.
Nonostante lo stato depressivo della situazione
nel suo insieme, non vogliamo e non possiamo
rassegnarci: vogliamo lottare per avere uguali
Non ci rassegniamo a un Paese senza futuro
occupazionale, senza adeguamento
contrattuale, senza rispetto per la dignità
dei lavoratori!
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diritti, uguale accesso al lavoro, uguale
tassazione, uguale sanità in ogni più sperduto
angolo di questo martoriato Paese.
E vogliamo fortemente ribadire l’importanza
fondamentale del pubblico impiego per
ottenere quell’equità di diritti che non può
essere cancellata.
Nel grande incontro annuale della Funzione
Pubblica CGIL, che quest’anno si è tenuto a
Salerno, abbiamo appunto messo al centro del
dibattito il lavoro pubblico, che è diventato
capro espiatorio di uno Stato ormai assente e
concentrato su personalismi e interessi
circoscritti, utilizza per i tagli più indiscriminati
in nome del rilancio di un’economia che
sembra debba forzatamente sopravvivere sulla
pelle dei lavoratori pubblici; lavoro pubblico
sminuito e ridotto dalle leggi e leggine sui
servizi essenziali.
Lavoro pubblico che paga un prezzo veramente
troppo alto ormai addirittura con la morte: non
dimentichiamo le nostre lavoratrici uccise mentre
svolgevano il proprio lavoro al servizio dei
cittadini.
Anche per questo, non possiamo e non
vogliamo rassegnarci.
Non ci rassegniamo a un Paese senza futuro
occupazionale, senza adeguamento
contrattuale, senza rispetto per la dignità dei
lavoratori!
Perchè, sarà banale ricordarlo, ma senza
lavoro non esiste più la dignità.
Vogliamo continuare con forza a difendere il
lavoro pubblico nei territori, rivendicando tutte
le risorse necessarie per mantenere efficienti e
vivi i servizi alle persone.
In Piemonte tra pochi giorni appariranno dei
manifesti giganteschi che nelle dimensioni
ricordano la grandezza del grido di vergogna
che la FP Cgil lancia davanti all’irresponsabile
comportamento dei Governi nei confronti della
dignità delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici:
per loro è ora di un nuovo contratto, per loro è
ora di difenderne la dignità di lavoratori e di
cittadini a loro volta quotidianamente al
servizio della cittadinanza.
Riprendiamoci il bene pubblico, la sua qualità,
la dignità dei suoi lavoratori.
GIOVANNI ESPOSITO
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N. 4 – ottobre 2013 In attesa di autorizzazione richiesta al Tribunale di Torino in data 29/1/2013
Il quarto numero di PubblicoeFuturo è nato dai pensieri e dalle penne di:
ROSSANA DETTORI Segr. Gen. Naz.le FP CGIL
GIOVANNI ESPOSITO Segr. Gen. Reg.le Fp Piemonte
DEBORAH LUGLI Redattore
SERGIO NEGRI Giornalista
ITALO PEDACI Apparato FP Reg.le
MARA POLITI Segreteria Reg.le
GRAZIELLA ROGOLINO Segr. Reg.le Conf.le CGIL Piemonte
GABRIELLA SEMERARO Segreteria Reg.le
DONATELLA TURLETTI Segreteria Reg.le
Le fotografie sono prodotte dalle compagne e dai compagni della categoria
Tutte le altre immagini sono prelevate dal web nel rispetto delle normative vigenti
Grafica e impaginazione Deborah Lugli Prodotto in proprio Funzione Pubblica CGIL PIEMONTE 10152 Torino, Via Pedrotti, 5 Chiuso l’ 8 ottobre 2013
SOMMARIO
• L’ITALIA RIPARTE DALL’ITALIA. Il lavoro pubblico: coesione, sviluppo, democrazia. Giovanni Esposito 2
• Lo sguardo di Rossana – Rossana Dettori 5
• PROVINCE, UNIONI DEI COMUNI, AREE METROPOLITANE:riforma o pasticcio? Graziella Rogolino 7
• DALLA FORNERO ANCORA UNA FREGATURA PER I DIPENDENTI PUBBLICI Donatella Turletti 8
• VERGOGNA Italo Pedaci 10
• UNA STORIA DI LAVORO E DI CORAGGIO Gabriella Semeraro 12
• DIFENDIAMO L’INPS (N.d.R) 15
• PROPOSTA DI L.R. 350 del 13/7/13. La Cgil Fp Piemonte esprime la propia contrarietà Mara Politi 16
• LA LOTTA NELLE CAMPAGNE E NELLE FABBRICHE Sergio Negri 17
• SOLO VOY CON MI PENA Deborah Lugli 20
• Taccuino 22
• Pubblico in rete
5
Lo sguardo di Rossana “Ora il congresso della Cgil fonderà in una grande sintesi nazionale le linee di politica economica uscite dalla grande consultazione democratica e indicherà al Paese la strada da seguire. Il congresso farà così, delle rivendicazioni dei lavoratori di tutte le regioni e di tutte le categorie, la rivendicazione comune di tutti i lavoratori italiani chiamando tutto il popolo lavoratore a unirsi attorno alla grande bandiera di rinascita economica, di progresso e di pace della Cgil” Giuseppe Di Vittorio – “Lavoro” 6 dicembre 1952.
“Sono state avviate in questi giorni tutte le
procedure propedeutiche all’apertura del 17°
Congresso della Cgil che terminerà i suoi
lavori la prossima primavera.
Sei mesi di intenso lavoro, di assemblee di
posto di lavoro, aziendali, territoriali e di
categoria il cui obiettivo principale è
coinvolgere il più alto numero possibile di
lavoratrici e lavoratori iscritti: farli partecipare,
confrontarsi, a loro chiedere forza e tensione
per riaffermare i valori e i principi di civiltà di
una Repubblica che deve tornare ad essere
“fondata sul lavoro”; questo deve essere il
congresso della Cgil.
Una straordinaria occasione nella quale
dobbiamo saper chiamare a raccolta quel
sentimento collettivo di solidarietà, di
comunione e progresso che ha fatto grande il
sindacato di Corso d’Italia e che lo lega
indissolubilmente alle lavoratrici e ai
lavoratori iscritti.
Abbiamo bisogno di riaffermare con forza i
termini di un progetto di miglioramento del
nostro vivere comune, di rilanciare una
piattaforma complessiva per riordinare il
Paese dopo anni e anni di disastri e di
mancate occasioni.
Una nuova Europa, differenti politiche di
redistribuzione fiscale, scuola e formazione,
green economy, ruolo del pubblico, riforma
degli assetti istituzionali, ma anche diritti di
cittadinanza, reddito e politiche di sostegno,
pensioni e sistema di welfare, livelli essenziali
di assistenza e contrattazione: questi solo
alcuni dei temi sul quale il congresso dovrà
sperimentarsi, consapevoli del fatto che non
sperimentarsi, consapevoli del fatto che non
veniamo dall’anno zero.
Consapevoli, cioè, che aveva ragione la Cgil
quando, inascoltata e spesse volte
marginalizzata dalla cattiva politica (a volte
con qualche “complicità esterna” di troppo),
denunciava con scioperi e mobilitazioni
l’infondatezza e l’iniquità delle politiche
economiche assunte dai governi negli ultimi
15 anni. Le nostre piattaforme erano e
restano giuste, le scelte politiche, al contrario,
erano e restano sbagliate.
Ci sono, però, dei rischi che dobbiamo evitare
in tutti i modi, se non vogliamo che, pur solo
inconsapevolmente, quel confronto che
intendiamo rivolgere al Paese si chiuda prima
di iniziare, che si incammini, cioè, verso una
interlocuzione più attenta al nostro io,
piuttosto che al noi e a ciò che fuori di noi si
muove e si realizza.
Ecco, innanzitutto, il Congresso che abbiamo
di fronte non deve cedere alla tentazione di
trasformarsi in un dibattito fra gruppi dirigenti:
abbiamo già rischiato in passato di non
essere pienamente compresi dagli iscritti ai
quali ci rivolgiamo in queste occasioni e non
possiamo permetterci di rifare quello stesso
errore.
Il passaggio entro il quale si collocano le
nostre assemblee congressuali è, oltretutto,
uno fra i più delicati per il Paese e per l’intero
mondo del lavoro: ciò non consente
tentennamenti e ambiguità di sorta.
Quel forte sentimento di indignazione che
promanerà anche dalle migliaia e
migliaia di assemblee che ci apprestiamo
a fare, ad esempio, deve essere il punto
di forza dell’intera organizzazione, il
patrimonio collettivo sul quale fare leva
anche in prospettiva di mobilitazioni
generali e del lavoro pubblico che
sembrano sempre più vicine; non
possiamo permetterci di interpretarlo
malevolmente o, peggio, usarlo per
obiettivi diversi dal bene comune.
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Dobbiamo saper resistere, cioè, proprio a
quelle tentazioni popolari/populiste che
abbiamo aspramente criticato nei partiti e
sulle quali la politica ha mostrato e continua a
mostrare il suo volto peggiore.
Ciò, io credo, passa principalmente attraverso
il riconoscimento pieno e condiviso della
parola “pluralismo”: lo dico con chiarezza, il
pluralismo, in una organizzazione come la
nostra, deve continuare a essere considerato
come uno dei valori irrinunciabili, uno dei
punti fondanti del nostro vivere la Cgil.
Dobbiamo agire con determinazione il valore
di quella parola, di quel principio; solo così
ognuno di noi, sia pur con le sensibilità e le
diversità che rappresenta, potrà tornare ad
interpretare la parola noi, in maniera sempre
più estensiva, sempre più inclusiva.
Perché è quel sentire, quel nostro NOI
contrapposto all’IO, che ci ha consentito di
crescere e vivere in una organizzazione
pluralista e democratica. E sarà ancora quel
NOI, come risposta ai tanti IO, che permetterà
all’insieme delle donne e degli uomini che la
rappresentano di continuare a lavorare con
passione e determinazione per l’unico grande
obiettivo che (NOI) ci siamo dati: il lavoro
prima di tutto”.
http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/economia/2013/09/24/io-vorrei-un-congresso-del-noi/
ROSSANA DETTORI
A Salerno, durante la festa annuale, laA Salerno, durante la festa annuale, laA Salerno, durante la festa annuale, laA Salerno, durante la festa annuale, la Segretaria Generale della Funzione Pubblica Nazionale, Rossana Segretaria Generale della Funzione Pubblica Nazionale, Rossana Segretaria Generale della Funzione Pubblica Nazionale, Rossana Segretaria Generale della Funzione Pubblica Nazionale, Rossana Dettori, iDettori, iDettori, iDettori, insieme alla Segretaria Generale CGIL, Susanna Camusso, nsieme alla Segretaria Generale CGIL, Susanna Camusso, nsieme alla Segretaria Generale CGIL, Susanna Camusso, nsieme alla Segretaria Generale CGIL, Susanna Camusso, porge al compagno Francesco Candido, porge al compagno Francesco Candido, porge al compagno Francesco Candido, porge al compagno Francesco Candido,
della Provincia di Torino, il dovuto riconoscimento per la sua lunga e impegnata militanzadella Provincia di Torino, il dovuto riconoscimento per la sua lunga e impegnata militanzadella Provincia di Torino, il dovuto riconoscimento per la sua lunga e impegnata militanzadella Provincia di Torino, il dovuto riconoscimento per la sua lunga e impegnata militanza
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Province, Unioni dei
Comuni, Aree
metropolitane: riforma
o pasticcio?
La valutazione che l’Italia abbia uno Stato non
adeguato alle esigenze dei cittadini e delle
imprese nelle sue articolazioni di poteri,
funzioni e territori, è comune a tutte le analisi
economiche e sociali ed è opinione in larga
parte condivisa, in primo luogo da coloro che
di questa grande burocrazia fanno parte.
Il Disegno di legge 1542 presentato dal
Governo dopo la decadenza della legislatura
precedente e la sentenza della Corte
Costituzionale dal titolo “Disposizioni sulle
Città metropolitane, sulle Province, sulle
unioni e fusioni di Comuni” , ha il dichiarato
obiettivo di “semplificare” i livelli decisionali
dello Stato Democratico.
Da sempre e non solo tra gli specialisti di
diritto pubblico, una delle più discusse
materie è proprio quella dell’articolazione
territoriale e funzionale dell’Amministrazione:
quanti enti locali, con quali attribuzioni ed
eletti da chi? Già negli anni Settanta, con
l’introduzione delle Regioni previste dalla
Carta Costituzionale del 1948, ci si pose,
autorevolmente, il problema di un riordino.
In realtà, vari sono stati i provvedimenti, ma
spesso i poteri e le funzioni sono stati spezzettati
e/o duplicati con il risultato di complicare la vita
ai cittadini e aumentare le spese di gestione.
"Se vogliamo che tutto rimanga come è,
bisogna che tutto cambi" diceva il Principe di
Salina nel Gattopardo e sembra l’emblema
dell’Italia che, in 50 anni di riforme, insieme a
rilevanti e positivi effetti in materia di
decentramento, ha spesso appesantito e reso
meno efficace il servizio pubblico
complessivamente inteso. È in questo quadro
che si deve leggere l’avviata riforma delle
Province, delle Unioni
dei Comuni e delle Aree metropolitane? O si
può finalmente dire che ci sono prospettive
chiare e coerenti? Purtroppo il pasticcio
giuridico-costituzionale messo in atto con i
recenti disegni di legge parla da solo ed è già
oggetto di lettura molto controversa.
La semplificazione dei livelli decisionali dello
Stato e delle Autonomie locali può contribuire
efficacemente alla valorizzazione del lavoro
pubblico e dell’efficienza della Pubblica
amministrazione se è chiaro il percorso
istituzionale e si sa chi e in che modo eserciti
le funzioni pubbliche. In realtà non sembra
affatto questo il contenuto della riforma delle
autonomie locali che il Governo ha ripresentato
dopo lo smacco del Governo Monti.
Le nostre domande sono semplici ma, al
momento, senza risposta:
• Come si tiene conto della diffusione e
distribuzione nel territorio dei servizi per
migliorarne la fruizione?
• Come si darà continuità alla funzione
istituzionale delle Province nelle future
Aree vaste e Città metropolitane?
• Come si potrà consentire una
programmazione dello sviluppo che possa
favorire il riequilibrio economico, sociale e
culturale del territorio?
• Come si affrontano le problematiche del
lavoro in relazione all’occupazione e alla
mobilità anche professionale degli addetti?
Nessuna riforma si farà
davvero e tutto cambierà
per non cambiare se i livelli
decisionali saranno
sovrapposti, se le funzioni
saranno frammentate, o
peggio ancora, non definite
e, soprattutto, se gli addetti
al Servizio Pubblico non avranno chiarezza del
loro destino lavorativo.
GRAZIELLA ROGOLINO
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Dalla Fornero ancora
una fregatura per i
dipendenti pubblici Così abbiamo intitolato il volantino per
un’iniziativa di informazione e assistenza a
tutte e a tutti i dipendenti pubblici che
andranno in pensione “anticipata”.
Dal 2012 al 2017 é sospesa l'applicazione delle
penalizzazioni per chi, raggiunta l'anzianità
contributiva (41 o 42 anni di versamenti), si trova
in regime di calcolo “retributivo” (18 anni di
contributi entro il 1995) ma non
ha ancora compiuto i 62 di età.
In realtà, per questo stesso periodo,
sono state stabilite molte altre
penalizzazioni che abbassano il
valore della nostra pensione con percentuali
molto forti. Il tutto nasce da una pessima
scrittura del testo di Legge che la CGIL cerca
da tempo di far correggere.
Le penalizzazioni si applicano ai periodi
considerati di assenza dal lavoro, e per evitarle
bisogna recuperare quegli stessi periodi con un
prolungamento del servizio effettivo.
Quello che non va assolutamente bene é che
tali periodi sono legati a diritti conquistati per il
lavoro e per il wellfare della cittadinanza. Per
esempio: se la Legge 104/92 è stata pensata
come strumento di miglioramento del wellfare,
affiancando l'assistenza famigliare all'assistenza
pubblica, non si può poi presentare un conto
finale a chi ha utilizzato questi permessi,
chiedendogli di scegliere tra continuare il
periodo lavorativo per recuperare le ore
dedicate all'assistenza, o vedere il proprio
reddito pensionistico decurtato in percentuale.
Stesso trattamento viene riservato a molti altri
“periodi di assenza”, e lo scrivo tra virgolette,
come per esempio la maternità facoltativa: una
vera vergogna che fa il paio con il tema del
paragrafo L.104, perchè entrambi vanno a
penalizzare in grandissima parte le donne!
Di seguito vi elenco i titoli delle penalizzazioni
affinché possiate controllare le vostre posizioni
nel caso siate molto prossimi alla pensione.
Bisogna anche tenere in considerazione che
molti dipendenti sono abituati a ricorrere al
proprio ufficio Amministrazione per i calcoli
pensionistici, si deve quindi prestare molta
attenzione e non rassegnare dimissioni senza
aver controllato queste particolarità, nel caso
doveste scegliere di prolungare il servizio.
Ma non finisce qui: alcuni capitoli dell'elenco
sottoindicato danno risultati particolarmente
negativi per i dipendenti pubblici.
Nei settori privati l'accredito della
contribuzione avviene su base settimanale,
mentre nei settori pubblici su base giornaliera.
Se parliamo, per esempio, di L.104,
donazione sangue e aspettative senza
assegni, per le lavoratrici e i lavoratori pubblici
la penalizzazione scatta anche solo per 1
giorno. C'è una bella differenza se
consideriamo che questi sono permessi che in
larga parte vengono utilizzati a giornate
singole.
Ancora una cattivo trattamento sfuggito alla
penna del Legislatore incompetente o
dobbiamo prendere atto di una persecuzione
continua?
La CGIL nazionale è in attesa di risposta alla
sua richiesta di un tavolo sulla previdenza.
Nella nostra proposta sono evidenziate tutte
le disparità e le difficoltà che questa legge ha
creato, non dimentichiamo mai le vicende di
esodati ed esonerati del pubblico impiego.
E non sono riusciti nemmeno a convincerci
che tutta la nostra popolazione sia
improvvisamente invecchiata così tanto e così
bene da poter resistere al lavoro con buon
rendimento fino e oltre i 67/70 anni.
La CGIL chiede semplicemente una riforma
previdenziale più equa, più graduale, più
attenta alla realtà lavorativa italiana
9
DONATELLA TURLETTI
La CGIL chiede semplicemente una riforma
previdenziale più equa, più graduale, più
attenta alla realtà lavorativa italiana
PENALITÀ Legge Fornero – comma 10, art. 24 L.214/2011 + Milleproroghe L.14/12, art. 6, comma 2/q. − Maternità facoltativa
− Permessi/riscatti per periodi di aspettativa
− Riscatti per periodi di studio
− Maggiorazioni per invalidità
− Donazione di sangue
− Aspettative senza assegni
− Permessi Legge 104/92
− Disoccupazione–mobilità–cassa integrazione straordinaria (anche se già ricongiunti con Legge 29/79 art. 2)
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Non siamo più disponibili a sacrificare
lavoro, stipendio, sicurezza delle nostre
famiglie sull’altare del risanamento dei
conti pubblici: abbiamo già dato.
.
VERGOGNA
Nel pubblico impiego si lavora di più e si
guadagna di meno.
È questa l’impietosa conclusione che si trae
guardando i dati relativi alla retribuzione media
dei lavoratori pubblici.
Facciamo alcuni esempi:
Comparto Retribuzione media
31/12/2010 Retribuzione
media 31/12/2011
S.S.N. 38.771 38.766
Enti Pubblici non
economici 43.507 42.029
Regioni ed autonomie
locali 29.833 29.728
Fonte: Aran (le retribuzioni medie sono calcolate tenendo conto anche degli stipendi del personale dirigente).
Il rapporto semestrale sulle retribuzioni dei
pubblici dipendenti pubblicato lo scorso giugno
dall’ARAN, mette in evidenza un altro
elemento. I provvedimenti di contenimento della
spesa pubblica, emanati dai governi che si sono
succeduti dal 2008 e che si possono riassumere
in blocco della contrattazione collettiva e in
blocco delle assunzioni, hanno provocato la
perdita di 300.000 posti di lavoro negli ultimi 5
anni. Il risparmio per lo Stato è quantificato in 6
miliardi di Euro, pari al 5% di retribuzioni
corrisposte in meno ai lavoratori pubblici.
Sempre secondo l’Aran, a questi “risparmi” “…
va aggiunto quanto nel frattempo avvenuto sul
versante inflattivo, e cioè una crescita dei
prezzi pari a 8 punti percentuali”.
Ciò significa, afferma l’ARAN “… che in
assenza di questo sforzo importante da parte
del pubblico impiego la stabilizzazione
finanziaria non sarebbe stata conseguibile”
Il contributo che abbiamo dato alla
stabilizzazione finanziaria è quindi pari a
300.000 posti di lavoro in meno e a una
perdita nel potere d’acquisto pari all’8% negli
ultimi cinque anni.
Possiamo stimare che su uno stipendio lordo
nel 2008 di 2300 euro mensili, un lavoratore
pubblico abbia contribuito alla salvaguardia
dei conti dello Stato con circa 3800 euro negli
ultimi cinque anni e che il suo stipendio abbia
perso circo 3200 euro di potere d’acquisto
rispetto al 2008.
Dunque: si lavora di più e si guadagna di meno.
Vi è poi un'altra conseguenza preoccupante
delle politiche dei governi che hanno
riguardato il mondo del lavoro. I provvedimenti
di progressivo innalzamento dell’età
pensionabile (che per il pubblico impiego
hanno elevato a 65 anni l’età pensionabile
delle lavoratrici) e il blocco del turn-over che
ormai caratterizza da anni ogni legge di
stabilità, hanno prodotto un progressivo
invecchiamento dei lavoratori pubblici. L’età
media dei lavoratori pubblici è di circa 47 anni.
Se scomponiamo questo dato per i singoli
comparti il dato è maggiormente sconfortante:
Comparto Età media
Servizio Sanitario Nazionale 47,3
Enti pubblici non economici 49,9
Regioni ed Autonomie Locali 49
Ministeri 50,9
Agenzie Fiscali 49,9
Se guardiamo poi la distribuzione per fasce d’età
nei vari comparti, risulta evidente l’urgenza di un
cambiamento radicale nelle politiche
che riguardano il pubblico impiego:
Comparto % Lavoratori sotto i 50 anni
di età
% Lavoratori di età compresa fra
i 50 e i 65 anni
Servizio Sanitario Nazionale
55,9% 44,1
Regioni e autonomie
locali
48,5 51,5
Ministeri 37,8 62,2
11
Se, in nome della stabilità finanziaria, si
dovesse perpetuare una politica che prevede la
possibilità di assumere solo il 20% del
turnover, è del tutto evidente che la pubblica
amministrazione chiuderebbe per raggiunti
limiti d’età nell’arco dei prossimi 15 anni.
Queste sono le cifre della vergogna che chi ci
ha governato fino ad oggi dovrebbe provare per
lo stato in cui ha ridotto i lavoratori pubblici e i
servizi che essi erogano al cittadini.
A partire dal 7 ottobre, in tutte le città del
Piemonte, la Funzione Pubblica CGIL affiggerà
dei manifesti che vogliono denunciare questa
situazione.
“Vergogna” sarà la parola chiave della
campagna della Funzione Pubblica del
Piemonte.
Chiediamo con forza che vengano cambiate
queste politiche vergognose.
Che si riapra una stagione di rinnovi
contrattuali per restituire il potere d’acquisto
perso dai lavoratori pubblici nel corso di
questi anni e per rafforzare e far ripartire i
processi di innovazione della pubblica
amministrazione che, anche secondo l’ARAN,
sono stati bloccati da “… misure che hanno
agito essenzialmente come tagli lineari
indifferenziati”.
Che si avvii una stagione di nuove assunzioni
nella Pubblica Amministrazione, a partire dalla
stabilizzazione dei lavoratori precari per
evitare il tracollo dei servizi pubblici.
Non siamo più disponibili a sacrificare il
nostro lavoro, il nostro stipendio, la sicurezza
delle nostre famiglie sull’altare del
risanamento dei conti pubblici: abbiamo già
dato.
È ora che altri comincino a pagare.
ITALO PEDACI
Il Mondo, 4/10/13
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Una storia di Lavoro e di Coraggio Questa non è solo una realtà di lavoro e salari
ma è una storia di grande coraggio di alcuni
Amministratori Pubblici, Sindacati e cittadinanza
che sono riusciti tutti insieme, in un'epoca
storica, a coniugare il valore del lavoro con il
valore dell'integrazione, rendendo soggetti deboli
e assistiti, persone autonome e
indipendenti. A partire dalla
metà degli anni 90, in
Piemonte, gli Enti Locali (cui
spettava la competenza per la
gestione dei servizi pulizia e sorveglianza
nelle scuole) intesero esternalizzare i servizi di
pulizia e di attività ausiliarie nelle scuole
pubbliche, procedendo con affidamenti a
cooperative sociali di tipo B del territorio
piemontese.
A norma dell'articolo 1 della L.6 novembre
1991 n. 381, le cooperative sociali di tipo B
hanno lo scopo di perseguire l'interesse
generale della comunità alla promozione
umana e all'integrazione sociale dei cittadini
attraverso lo svolgimento di attività lavorative
diverse (agricole, di servizi, commerciali, ecc.)
finalizzate all'inserimento lavorativo di persone
svantaggiate. Le cooperative sociali di tipo B,
pertanto, attraverso l'inserimento lavorativo
trasformano persone assistite dai servizi sociali
in lavoratori/contribuenti.
Tale scelta ha permesso di realizzare in ogni
scuola l'inserimento lavorativo di disabili fisici,
psichici, sensoriali e provenienti da situazioni
di disagio sociale e di altre fasce deboli del
mercato del lavoro, (donne sole con figli,
persone con bassa scolarità, over 50
disoccupati ecc.). Tutti soggetti, quindi,
difficilmente ricollocabili nel mercato del
lavoro tanto più nell'attuale situazione di crisi.
Attualmente, su questa tipologia di servizi sono
impiegati, nella Regione Piemonte, con regolare
CCNL di settore oltre 1.000 persone di cui
almeno il 45% sono lavoratori svantaggiati
rientranti nelle categorie precedentemente
descritte (dati trasmessi dalle Centrali
Cooperative). Tutti risultati occupazionali e,
conseguentemente, di inclusione sociale, che
si sono potuti raggiungere attraverso le
specifiche caratteristiche delle imprese
coinvolte e le capacità professionali del
personale impiegato dalle cooperative che,
oltre all'espletamento dei compiti relativi al
servizio in oggetto, garantiscono anche
l'affiancamento e il sostegno più appropriato ai
colleghi svantaggiati. Lo sviluppo registrato
negli anni dalle cooperative sociali di tipo B
nei diversi ambiti di attività testimonia la loro
capacità di coniugare
l'efficienza di impresa con
le finalità solidaristiche di
inclusione sociale. Nel
2000 il passaggio delle
competenze al Ministero
dell'Istruzione ha sospeso i
rinnovi delle gare di appalto
per l'affidamento dei servizi
in scadenza introducendo
un regime vigente nel caso
della Regione Piemonte.
Amministratori Pubblici, Sindacati e cittadinanza
sono riusciti a coniugare il valore del lavoro con
quello dell'integrazione rendendo soggetti deboli
e assistiti, persone autonome e indipendenti
13
Infatti, mentre nel resto del territorio
nazionale le Direzioni Regionali, a partire dal
2005 hanno esperito le gare di appalto
affidando i servizi (al fine di adeguare le
tariffe ai costi reali, considerando che in
questo tipo di servizi il 90% dei costi è legato
al costo del lavoro, e già allora la direzione
regionale aveva previsto un incremento delle
tariffe a base d'asta di circa il 40% rispetto al
corrispettivo attualmente in essere), in
Piemonte la procedura di gara non è arrivata
a compimento a livello nazionale si è
proceduto allo stralcio del nostro territorio
dalla gara CONSIP a seguito di un ricorso), e
solo dal 2005 è stato riconosciuto
l'incremento ISTAT sugli importi d'asta del
1999 (questa situazione non solo ha coinvolto
le cooperative sociali di tipo B ma anche le
imprese di pulizie facenti capo agli appalti
storici nelle scuole pubbliche).
La situazione piemontese già problematica
per il mancato adeguamento delle tariffe con
la circolare del 14 dicembre 2009 del Ministro
Gelmini ha proceduto a un primo taglio del
25% sui servizi in appalto.
Tale taglio ha inciso, in parte, anche sul
personale svantaggiato con le inevitabili
ricadute sui servizi socio assistenziali e
sanitari, sia sotto il profilo
terapeutico/riabilitativo, sia sotto quello di
sostegno/assistenza economica.
Da qui è partita la grande vertenza sindacale
piemontese che ha visto più volte lavoratori e
lavoratrici scendere in piazza per difendere il
proprio lavoro. Infatti, attraverso un tavolo con
la Regione Piemonte, CGIL CISL UIL delle
categorie Funzione Pubblica e Multiservizi a
luglio 2010 ottenevano un finanziamento con
atto deliberativo da destinare a integrazione del
taglio del 25% per l'anno scolastico 2010/2011
e 2011/2012. Purtroppo l'avanzare degli effetti
di questa crisi ha determinato un dietrofront da
parte della Regione la quale, in assenza di
risorse economiche, ha annullato l'erogazione
delle risorse.
Anche il Governo ha fatto la sua parte: dopo i
tagli del Ministro Gelmini si è proceduto
all'applicazione della spending review per poi
concludersi con i dettami del “Decreto del
Fare” che impone l'individuazione del costo
dell'appalto attraverso il costo del personale
pubblico accantonato.
Ma, partendo dall'accantonato (che risulta
essere il numero della pianta organica non
occupato da dipendenti pubblici), il Governo ha
omesso di inserire i costi vivi derivanti dalla
contribuzione che una cooperativa sociale di
tipo B deve sostenere e l'aumento dell'IVA
entrato in applicazione proprio in questi
giorni.
Questa situazione ha messo in allarme tutto
il settore imprenditoriale che di fatto sta
rispondendo, in alcune scuole, attraverso
l'attivazione della procedura di licenziamento.
Gli effetti di questo ultimo provvedimento, se
non ritirato, produrranno una nuova crisi del
settore caratterizzata da una seria perdita di
posti di lavoro.
Il tavolo politico, costituitosi circa un anno fa, al
Ministero dell'Istruzione con CGIL CISL UIL di
categoria, è, in questo momento, in situazione
di stallo perché non in grado di trovare soluzioni
adeguate nella Regione Campania, dove la
situazione sta degenerando con l’alto rischio di
Renato Guttuso
14
GABRIELLA SEMERARO
tenuta sociale e dove, contestualmente, non si
è in grado di avviare celermente la Gara Consip
per la gestione dei servizi ferma, alle
aggiudicazioni provvisorie.
In questo contesto, caratterizzato da
confusione e precarietà, il 30 settembre CGIL
FP, FILCAMS CGIL, CISL FISASCAT UIL FPL
Piemonte, insieme ai lavoratori e le lavoratrici
delle cooperative sociali di tipo B hanno
manifestato davanti all'Ufficio Scolastico
Regionale chiedendo un intervento puntuale
dello stesso nei confronti del Ministero affinché
intervenga nei confronti del Governo per
assicurare lavoro e salario.
Il 14 ottobre è stato convocato al Ministero il
tavolo politico: la vertenza è in continua
evoluzione attraverso l'organizzazione di
iniziative sindacali.
15
Difendiamo l’INPS
Un forte presidio, a sostegno della vertenza in
corso all’INPS, è stato organizzato il 4 ottobre
da CGIL FP CISL FP UILPA e FIALP CISAL in
Piazza Castello a Torino, negli spazi antistanti
la Prefettura.
Centinaia di lavoratori, coscienti della giornata
di lutto nazionale e solidali con i migranti,
hanno perciò manifestato silenziosamente per
affermare il loro diritto a un lavoro di qualità ed
equamente retribuito, contro ogni ipotesi di
tagli ai servizi e alle retribuzioni, tagli
minacciati dalle recenti decisioni della
Ragioneria Generale dello Stato.
I lavoratori hanno approvato l’Ordine del Giorno
sotto stampato, e ne hanno consegnato copia al
Prefetto che ha ricevuto una delegazione delle
Organizzazioni Sindacali promotrici dell’iniziativa.
CGIL FP CISL FP UILPA FIALP CISAL
PIEMONTE
ODG
I lavoratori dell’INPS del Piemonte, riuniti in
presidio davanti la Prefettura di Torino per
sostenere la vertenza in atto contro il taglio dei
servizi e del salario,
ESIGONO CHE L’AMMINISTRAZIONE
• operi i risparmi previsti dalle leggi di stabilità
intervenendo sulle spese improduttive, sui
milionari contratti di consulenza e
reinternalizzando quanto in questi anni, con
una sciagurata politica di impoverimento delle
risorse umane interne, è stato affidato a società
esterne all’INPS;
• definisca un credibile piano industriale e
occupazionale che migliori i servizi e le attività
lavorative;
• intervenga sul problema dei lavoratori
comandati, risorsa in molti casi insostituibile,
evitando le facili scorciatoie che vuole adottare;
• adotti tutte le soluzioni assunzionali per evitare
che il pensionamento obbligato di migliaia di
dipendenti metta in ginocchio le attività
lavorative e aumenti in maniera non più
sostenibile i carichi di lavoro;
• rispetti gli accordi contrattuali in tema di
salario, ricordando che solo grazie allo
straordinario impegno lavorativo dei
dipendenti, l’INPS è potuto diventare un ENTE
efficiente ed all’avanguardia in Europa
rispetto alle innumerevoli attività ad esso
affidati.
AL GOVERNO ED AL PARLAMENTO RICORDANO
CHE
anni di blocco contrattuale non hanno solo
impoverito i lavoratori pubblici ma, insieme al
blocco del turn-over lavorativo, hanno
impoverito anche la qualità e la quantità di
servizi erogati. Una politica fatta solo ed
esclusivamente di tagli sconsiderati non aiuta il
paese ad uscire dall’emergenza economica
ma, anzi, aggrava le diseguaglianze tra quanti
hanno necessità di un servizio pubblico efficiente
e quanti, privilegiati, possono farne a meno;
è necessario aprire una nuova stagione di
rinnovi contrattuali, normativi ed economici,
rimettendo al centro di essi salari dignitosi,
lavoro decoroso e soddisfacimento dei bisogni
dei cittadini.
ALLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI NAZIONALI
CHIEDONO
che se la vertenza in corso non dovesse avere
immediata e positiva soluzione, di individuare
nuove forme di lotta non limitandosi alle pur
necessarie iniziative quali assemblee e presidii.
(N.d.R.)
16
Proposta di legge
regionale n. 350 del
13/07/2013. La CGIL FP Piemonte esprime
la propria contrarietà
Facendo seguito all’incontro tenutosi presso
la sala del Consiglio Regionale del Piemonte
in data 13/09/2013, avente per oggetto la
proposta di legge regionale nr. 350 che
intende estendere la figura del Garante per la
protezione delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale anche al
personale di Polizia Penitenziaria, come CGIL
FP Piemonte abbiamo espresso in quella sede
la nostra contrarietà. Abbiamo infatti ricordato
che la Polizia Penitenziaria è una forza di
polizia tenuta a prevenire, perseguire e
reprimere le violazioni della legge penale.
È di tutta evidenza che il personale opera con
queste funzioni all’interno degli Istituti di pena
nei confronti dei ristretti, ma anche nei
confronti di coloro che a vario titolo accedono
ai penitenziari.
Riteniamo pertanto improbabile che una
figura terza, che abbia come ruolo quello di
tutelare le persone detenute, possa farsi
portavoce delle istanze degli operatori di
Polizia che abitualmente sono sottoposti a
situazioni di stress, il più delle volte
determinate dagli stessi detenuti.
Senza contare la situazione paradossale e di
incompatibilità che si verrebbe a creare con il
personale operante in caso di accertamenti.
Soluzioni praticabili affinché si superino al più
presto le oggettive difficoltà del personale del
Comparto sicurezza operante in Piemonte.
Per sua natura l’attività del Garante dovrebbe
estrinsecarsi anche agli altri luoghi nei quali i
soggetti privati della libertà personale siano
collocati, pensiamo alle camere di sicurezza
presso altre forze di polizia.
Non si comprende, quindi, per quale motivo
allora il Garante non dovrebbe essere figura di
tutela anche per questi operatori.
Il personale di Polizia Penitenziaria si
sentirebbe maggiormente riconosciuto dalla
collettività e dalla politica se ricevesse segnali
concreti di vicinanza e attenzione, attraverso
misure dirette a risolvere definitivamente il
drammatico problema del sovraffollamento
delle carceri e a diminuire il disagio lavorativo
degli addetti.
La scrivente O.S., in quella sede, si è resa
disponibile all’apertura di un confronto per
individuare soluzioni praticabili affinché si
superino al più presto le oggettive difficoltà
del personale del Comparto sicurezza
operante in Piemonte.
MARA POLITI
17
La lotta nelle campagne
e nelle fabbriche Riflettendo sulla storia delle lotte contadine,
dalla conquista delle otto ore a Vercelli
all’occupazione delle terre in molte regioni del
sud Italia, mi sono chiesto spesso se quella
che noi consideriamo una importante
affermazione di un diritto di civiltà, che ha un
rapporto molto stretto con la democrazia, non
sia un contributo, fra i più alti, che il mondo del
lavoro ha dato al nostro Paese e ai suoi abitanti.
Il primo accordo sulle otto ore, firmato a
Vercelli l’1 giugno 1906, segna la fine di un
sistema ancora feudale, almeno nei rapporti
di lavoro, ancorato a un legame servile tra
lavoratori e datori di lavoro, perpetuato dall’uso
spesso crudele delle braccia e del corpo dei
salariati, affidato a propositi di sfruttamento
della manodopera alla quale si riconosceva una
retribuzione inadeguata e insufficiente per
vivere. Quell’accordo segna l’inizio dell’era
moderna, nella quale, per la prima volta, sono
riconosciuti alcuni diritti fondamentali e con
essi la dignità di chi lavora.
Questa straordinaria affermazione del
principio umanista è ottenuta grazie a
uomini di immenso valore. Uomini di
assoluta grandezza che tuttavia non
avrebbero ottenuto questi risultati senza
determinazione, grazie anche a una solida
rete di relazioni, alla partecipazione di un
esercito di contadini, di cittadini e di lavoratori
delle manifatture, di cantieri e costruzioni, delle
mondariso e di molte altre donne che hanno
sfidato con coraggio l’intemperanza di molti
agrari, la prepotenza della Regia Cavalleria e
l’arroganza di una classe politica senza scrupoli.
Un risultato ottenuto con la tenacia, con la
pazienza, con la forza che in certe occasioni
solo le donne sanno avere. Una moderna
prova di democrazia, una straordinaria
possibilità per migliaia di uomini e di donne di
divenire protagonisti, parte di un progetto
ambizioso che offriva l’occasione di migliorare
la qualità della loro vita e del loro lavoro. Una
battaglia di civiltà che raggiunse il più alto
risultato mai conseguito in tutta Europa. Ma fu
anche una grande prova di solidarietà, la
testimonianza di un sodalizio fra lavoratori e
cittadini, fra le mondariso locali con le
“forestiere” che erano giunte dalle vicine
regioni e che erano spesso reclutate per
contrastare gli scioperi. Ma il fondamento
della solidarietà era già evidente nel mondo
del lavoro fin dalla nascita delle sue
organizzazioni: le SOMS, le Camere del Lavoro.
Non a caso il primo sciopero generale
nell'autunno del 1904, nel pieno della
battaglia per le otto ore nelle campagne
vercellesi, indetto dalle sole camere del lavoro
di Monza e di Milano, fu proclamato per
solidarietà nei confronti dell'uccisione di
alcuni minatori in una zona mineraria della
Sardegna occidentale e dopo eccidi di
braccianti nelle campagne siciliane.
Il primo sciopero generale che unirà i
lavoratori di tutto il Paese all'inizio del secolo
ha come oggetto un'azione di solidarietà e di
richiesta di libertà. Lo sciopero riesce. È uno
sciopero strano. Nelle città dove il
coordinamento camerale non
esisteva venne proclamato dalle
forze politiche presenti, socialisti e
anarchici. Ma è straordinario il
fatto che tutti scioperino. Dopo una
settimana di astensione al lavoro, a Milano gli
organizzatori dovettero convocare
un'assemblea permanente con 5000 persone
per decidere se continuarlo. In
quell'assemblea, a difendere le ragioni dei
riformisti, c'erano Filippo Turati e gli esponenti
più radicali del movimento operaio.
La vera forza degli uomini è ancora quella
di riunirsi, sorreggersi reciprocamente,
guardarsi intorno e credere che la
situazione possa essere cambiata.
18
Due mesi dopo, Giolitti indisse elezioni
politiche anticipate e utilizzò lo sciopero per i
propri fini. Votarono il governo del Paese
1.800.000 cittadini a fronte di una
popolazione italiana di circa 35 milioni di
persone.
Tra gli assenti, le donne che fino alla Costituente
non avranno diritto al voto. Ma,
soprattutto, non votarono tutti
coloro che lo sciopero lo avevano
fatto: gli operai, i braccianti, la
povera gente verso la quale non
c'era nessun riconoscimento di
cittadinanza, di uguaglianza, di
rispetto. Chissà se anche i
componenti del Governo di allora
ebbero il coraggio di affermare di
essere stati eletti dal popolo come,
molti anni dopo, faranno alcuni loro
colleghi?
Se osserviamo la storia utilizzando lo specchio
del mondo del lavoro, dalle prime
rivendicazioni a oggi, democrazia e libertà
restano i temi unificatori.
Leggendo gli statuti fondativi delle Camere del
Lavoro troviamo importanti principi di
solidarietà: “Tutti i lavoratori possono far parte
della Camera del Lavoro senza distinzione di
fede religiosa, di rappresentanza politica, di
colore della pelle”.
E, al secondo punto, la democrazia: “Solo ai
lavoratori spetta il compito di decidere le sorti
delle loro condizioni di vita e di lavoro”. La
democrazia intesa come partecipazione, diritto
di cittadinanza e, in questa visione, come
fattore di giustizia sociale.
Questo è il contributo più alto che generazione
dopo generazione, lavoratore dopo lavoratore,
sciopero dopo sciopero, il mondo del lavoro ha
offerto al nostro Paese.
E non sono soltanto gli statuti, lo sciopero
generale e la conquista delle 8 ore a
testimoniarlo ma anche che, in seguito, il
fascismo colpisca, insieme alla libertà di
informazione, anche il sindacato italiano.
Le leggi fasciste del ’26 aboliscono il 1 Maggio,
impediscono la contrattazione collettiva nazionale,
inibiscono la libertà e il pluralismo sindacale. A
testimoniarlo, sia il fatto che il regime giochi la
carta dell’obbligo di iscrizione ai sindacati fascisti,
sia che la democrazia rinasca dalla Resistenza
attraverso il contributo del lavoro.
Accanto alla Resistenza in Italia ci fu un
grande movimento di scioperi (e non solo nel
triangolo industriale Torino-Milano-Genova,
ma in Toscana, nelle Marche e in diverse altre
regioni italiane), organizzazioni di lavoratori
battutesi per la fine della guerra, per i diritti,
per la sicurezza, per la libertà, per la
democrazia. Ancora, lo testimonia il fatto che
di tutti i deportati italiani della Resistenza,
molti siano ebrei, lavoratrici e lavoratori, molti
dei quali non han più fatto ritorno dai campi di
lavoro coatto e di concentramento.
Ci saranno poi le lotte dell’autunno caldo per
la difesa di diritti conquistati spesso a duro
prezzo. Ma questa è storia recente. Ancora
oggi i lavoratori sono in lotta per affermare i
diritti dei più deboli.
Gli immigrati moderni, che arrivano dai Paesi
poveri del sud del mondo, subiscono le stesse
ingiustizie di allora, il caporalato e metodi
repressivi simili a quelli della Regia Cavalleria
che disperdeva le manifestazioni delle
mondariso.
Le privazioni in materia di sicurezza sul lavoro
nei cantieri e nelle campagne assomigliano a
quelle di un tempo.
19
Non siamo in presenza di corsi e di ricorsi
storici di vichiana memoria. È, però, la stessa
concezione retrograda degli agrari di quel
tempo. È lo stesso desiderio di ostacolare
l’emancipazione, usando spesso la leva della
crisi, per impedire l’affermazione della dignità
delle persone e del lavoro.
Un’intera generazione di giovani oggi non ha
futuro e si vede negare il più fondamentale
dei diritti: programmare la propria vita, dare
certezza alla propria esistenza.
Per questo è ancora attuale la battaglia dei
contadini nelle terre del Mezzogiorno d’Italia e
delle mondariso piemontesi.
Dobbiamo recuperarne lo spirito, la passione,
l’insegnamento che proviene da quelle lotte,
dalle straordinarie battaglie di civiltà per
affermare il valore del lavoro che trova il suo
massimo riconoscimento nella nostra
Costituzione e che oggi si tenta ancora di
negare o di privare d’importanza.
La vera forza degli uomini è ancora quella di
riunirsi, sorreggersi reciprocamente, guardarsi
intorno e credere che la situazione possa
essere cambiata.
La forza degli uomini consiste nel fatto che
essi comprendano che la loro voce, da sola,
può passare sotto silenzio, ma tante voci
insieme formano un coro.
Che forse non sposta le montagne, ma può
contribuire a cambiare il mondo.
SERGIO NEGRI
20
arricchendomi e di dare ogniqualvolta
prendessi. Ma le troppe parole di questi giorni
hanno ravvivato un altro insegnamento
ricevuto: indìgnati davvero, compatisci nel
senso più vero, non voltare la faccia mai. E non
so più se sia stato un filosofo settecentesco, la
mia famiglia, o il prete di quartiere a farmi
sentire così rabbiosamente impotente. Nessuno
di essi. Qui si tratta di umanità.
Mi domando cosa sarebbe successo se quelle
bare fossero state messe tutte in fila in una
qualunque piazza di una qualunque città.
Senza sapere chi vi fosse adagiato. Senza
conoscerne il motivo. Sapendo solo che si
trattava di gente assassinata.
Perché di gente assassinata si tratta. E non
devo elencare i carnefici. A nessuno può più
sfuggire cosa sia a spingerli in odissee
spaventose, e nessuno può negare che non
abbiano altra via di uscita.
Ma dato che invece per molti sono
incomprensibili la paura, la solitudine,
l'umiliazione, gli stenti e la fatica immani che
aspettano questi disperati all'approdo,
quando un approdo c'è, io avrei voluto vedere
la reazione generale davanti a bare ignote.
Avrei voluto vedere lo sconforto, la commozione,
i discorsi accorati e la solidarietà sbandierata
dalle stesse persone che ho sentito, dopo il
terribile naufragio, dire “se fossero rimasti a
casa loro, sarebbero ancora vivi”. Di costoro,
mi vergogno, perché avrebbero il coraggio di
distinguere la razza anche dentro alle bare,
poiché distinguono tra dolore lecito e dolore
illecito. E mi vergogno che siano lo specchio di
un Paese che chiama clandestino un essere
umano, negando, con una sola parola, il suo
diritto alla vita. Un Paese che suffraga
l'indifferenza e l'odio, incriminando e punendo le
vittime del suo stesso disimpegno e coloro
“ Solo voy con mi pena” “Io sono un uomo e non considero nulla che sia umano estraneo a me” Lucio Anneo Seneca
“Domattina mi volterò a guardarlo negli occhi.
Lo rassicurerò con un sorriso e poche parole
'presto verrò a prenderti'. Capirà, un giorno,
che non potevo fare altrimenti”.
Io non lo so cosa pensi un uomo che parte su
un barcone. Non conosco la dimensione della
paura, né della speranza nata dalla
disperazione. Non so che rumore faccia una
bomba, né uno stomaco affamato. Non riesco a
immaginarlo, il coraggio di una ragazza gravida
che non può sognare il proprio figlio nascere
nella sua stessa terra. E quanto alto sia il prezzo
che la fiducia nel domani chieda al dolore. So solo che una serie di bare tutte in fila così non
avrei mai voluto vederla.
Me ne sarebbe bastata una. E neppure.
Mi basta sapere che un solo uomo abbandoni
tutto, non per vivere felice, ma semplicemente
per vivere. E si tratta di un principio di umanità.
I discorsi sui Lampedusa e sull'immigrazione
son spesso semplicistici. E scriverne anche
solo poche righe è arduo, perchè è invece
facilissimo cadere nel “buonismo” e
semplificare non rende onore alla questione.
Di soluzioni e scelte necessarie si
deve discutere in altre sedi, e questo
mi permette di concentrarmi solo
sulle sensazioni.
Due. Nette: Vergogna. Rabbia.
Mi capita spesso di chiamare ignoranza la
mancanza di compassione. Spontaneamente
penso sia merito dello studio dell'Illuminismo
– con le dovute considerazioni – se oggi mi
ritengo aperta al mio prossimo. E talvolta mi è
anche capitato di pensare che l'infanzia
catechizzata abbia giocato la sua parte.
All'educazione dò il merito più alto: in famiglia
ho imparato ad ascoltare, a pormi domande, a
tentare di comprendere, immedesimarmi,
accettare e condividere, in modo da crescere
Il nostro bellissimo mare,
che fu padre della civiltà, si riempie di
sangue e allora anche la mia casa
21
che offrono doveroso aiuto. Un Paese dove si
proclama il lutto nazionale ma non si concede lo
status di italiano a chi in Italia vive e produce, e
alle generazioni nate su questo stesso suolo.
Mi indigna (e vorrei trovare un termine
diverso, perchè anche questo, come sempre
avviene con le parole, a forza di usarlo sta
perdendo il senso profondo che ha...), più
della mancanza di comprensione, la
mancanza di compassione.
Se essere all'oscuro di quante guerre siamo
complici, ignorare quali danni irreversibili un
certo tipo di progresso e di economia
infliggano, se l'istintivo timore dello
“sconosciuto”, siano tutte cose tollerabili e
forse in piccola parte giustificabili, dovremmo
però chiederci cosa spieghi e motivi la perdita
di umanità e di pietà.
Perchè io mi vergogno di quello che è
successo, e mi vergogno che succeda
continuamente. Non abbiamo bisogno della
terribile conta di questi giorni, stragi così
avvengono quotidianamente e non sono solo
coloro che muoiono, le vittime. Sono i fuggitivi,
per qualunque motivo e di qualunque terra,
che scappano anche per colpa nostra. Sono
quelli che restano, senza futuro. Mi vergogno
per ogni testa che si volta dall'altra parte, per
tutte le scelte che lasciamo siano altri a
compiere, per ogni volta che capire ci stanca,
o ascoltare ci annoia. Mi vergogno perché
piangere adesso è irrispettoso. Mi vergogno
perché molti non piangono affatto. Mi vergogno
quando sento parlare di lavoro rubato, di diritti
diversi, di presunte qualità innate o di incapacità
presunte a seconda della “razza”. Perchè ancora
si pensa all'altro come ostile, pericoloso nemico.
Non è più questione di educazione, né di cultura.
Non lo è nemmeno più di religione, se nemmeno
i principali precetti cristiani di misericordia, in
fondo così meravigliosamente ecumenici, son
negati: amare il prossimo, sfamare, dissetare,
accogliere, curare, consolare.
Laddove allo Stato manca la determinazione
necessaria a risolvere un problema gigantesco
come quello dell'immigrazione, noi cittadini
non abbiamo attenuanti per il principale
assassinio, quello della nostra condizione di
esseri umani.
Di tutto questo mi vergogno. Dell'impassibile
ferocia del disinteresse, della scandalosa
volgarità del qualunquismo, della banale
arroganza dell'egoismo.
Dividere l'umanità in
razze, e poi nei
sottoinsiemi di aventi
diritto o reietti, è un peccato mortale che la
religione forse non prevede, ma è l'ultimo
passo che ci separa definitivamente dalla
civiltà. Il nostro bellissimo mare che ne fu
padre, si riempie di sangue e allora anche la
mia casa, mentre l'orribile mattanza continua.
Della rabbia non ho parlato.
Perché non c'è nulla da dire.
Nella rabbia che provo davanti all'impotenza
della ragione e dell'anima sta il mio errore
personalissimo: non credere più alle possibili
libertà, uguaglianza, fraternità, finché anche
io, nel mio prossimo, continuerò a riconoscere
e a detestare questa colpevole, ignobile,
malvagia indifferenza.
Il sangue non è indio, polinesiano o inglese.
Nessuno ha mai visto sangue ebreo, sangue cristiano, sangue mussulmano, sangue buddista
Il sangue non è ricco, povero o benestante. Il sangue è rosso
Disumano è chi lo versa Non chi lo porta
Ndiock Ngana
La zattera della Medusa Théodore Géricault
(1818-19)
DEBORAH LUGLI
22
Taccuino
TORINO
9 OTTOBRE
Assemblea Regionale RLS
TORINO 10
OTTOBRE
2013
Convegno “SerT: tra salute degli operatori e qualità dei servizi”
La FP-CGIL ha organizzato per il 10 di ottobre, a Torino, presso la sede della CGIL in via Pedrotti 5, un convegno per presentare i risultati della ricerca nazionale su "Lo stato di salute delle operatrici e degli operatori dei SERT e del Sistema dei Servizi per le Dipendenze" a cui il Piemonte ha fattivamente partecipato. Per l'occasione abbiamo invitato l'Assessore alla Sanità, che ci ha assicurato la sua presenza, Direttori Generali, Lavoratori ed esperti del settore per realizzare una giornata di approfondimento e di riflessione sulle politiche socio-sanitarie volte al potenziamento e alla valorizzazione dei servizi territoriali, in particolar modo di quelli rivolti a fasce di cittadinanza particolarmente deboli ed esposte a rischi di marginalizzazione sociale, convinti sempre più della necessità di uscire da una visione del SSN incentrata sull'ospedalizzazione. Al convegno sono stati riconosciuti 4 crediti ECM
ROMA 15 OTTOBRE 2013
Piazza Montecitorio Assemblea- Presidio Nazionale per la modifica del Decreto 101
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Il blog di Rossana Dettori
http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/
Il sito web della Funzione Pubblica Piemonte
http://www.piemonte.fp.cgil.it/in-evidenza.asp
il sito della CGIL Nazionale....
http://www.cgil.it/
...e quello della Funzione Pubblica Nazionale
http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1
Polizze Responsabilità civile per colpa grave http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22439
Corsi formazione ECM FAD
http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24531
Ai seguenti link è possibile scaricare slides informative
sui fondi previdenziali Perseo e Sirio
http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/SIRIO-pensioni-Completo%20new.pdf
http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/PERSEO-pensioni%20-CompletoNew.pdf
Dichiarazione di sostegno alla proposta
d'iniziativa dei cittadini europei.
http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22740
CONVENZIONE Università UNINT - CGIL - master telematici a costi ridotti per gli iscritti http://www.unint.eu/obj.aspx?lang=IT&id=0c230c5b-a725-4be4-96a6-9b8cb0ba8cfc
ABC DEI DIRITTI ONLINE!
http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7040 NEL – Notiziario Enti Locali FP CGIL PIEMONTE http://issuu.com/nel_fpcgilpiemonte https://www.facebook.com/groups/163893953717227/?fref=ts https://twitter.com/NEL_FPCGIL
Pubblico in Rete